Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

La Salle des Roses Fanées

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- Madhatter -
view post Posted on 23/12/2009, 12:22










Dalla sua postazione sopraelevata,
il Cappellaio dominava con gli occhi tutti gli ingressi della sala,
al pari di un falco... o forse di un avvoltoio.

Era il Maestro di Cerimonia di quella sera, dopotutto:
era suo preciso dovere supervisionare la sala affinché tutto andasse secondo i piani:
i camerieri e i paggi dovevano fare il loro lavoro col massimo stile,
le guardie mantenere un tono confacente a rispecchiare la grandezza del sovrano,
i musici intonare le melodie concordate per il repertorio senza lasciare buchi di silenzio,
e lui stesso -pierrot dal volto bianco e nero- vigilare e vegliare sugli ospiti,
perché ciascuno trovasse il suo accomodamento senza creare scompiglio.

Lo sguardo ceruleo del pagliaccio passò in rassegna ancora una volta
la piccola folla di convitati sottostante, che iniziava a radunarsi;
i più erano -come a tutte le feste, da che mondo è mondo- interessati al cibo,
e nessuno ancora volteggiava sulla pista da ballo della navata centrale.

Tuttavia, fu proprio mentre indugiava in quel settore
che la sua attenzione fu attirata dall’ingresso di due donne nel proprio campo visivo;
la prima era l’elfa dalla pelle d’ambra che aveva incontrato alla Reception
-avanzava verso la scala, e probabilmente verso di lui avendo riconosciuto un volto familiare-
mentre la seconda, che pure condivideva il retaggio degli Eldar,
era qualcuno che conosceva solo di fama,
un ospite illustre che non poteva venir lasciato a se stesso.

Si avviò giù per le scale a passo spedito, fluido ed elegante;
raggiunse la Stella del Deserto, ma non si fermò ad accoglierla,
quanto più a
raccoglierla.

Le passò affianco, agganciandola per uno degli arti superiori;
rapidamente le fece compiere una piroetta aggraziata tra le sue braccia sottili,
a conclusione della quale l’organizzatore e l’atleta
si trovarono affiancati e sottobraccio, come dama e cavaliere.


image
"Buonasera, Miss: la prego di accompagnarmi per un tratto."

Naturalmente, le parlò in elfico
-ricordava i problemi di comunicazione di quella graziosa signorina-,
e con un cenno del capo le indicò la Signora del Clan Sorya
che avanzava poco più indietro con incedere magnifico,
per fermarsi al cospetto del Trono del Re, nel centro esatto della stanza,
bella, soave, leggiadra ed elegante nonostante avanzasse scalza sul marmo,
come una ninfa boschiva trapiantata in altri lidi estranei.

Con la dama improvvisata sottobraccio,
il Cappellaio raggiunse l’ospite illustre e l’omaggiò di un profondo inchino,
dando dimostrazione che -seppur straniero- sapesse bene chi lei fosse:
si sfilò il copricapo, e si piegò su un ginocchio
prendendo un attimo congedo dalla donna che l’accompagnava,
e si esibì in un perfetto baciamano

"Onorato di godere della sua presenza, Lady Eitenel.
Benvenuta...!
"

Risollevandosi, e tornando a sostenere col braccio l’equilibrio precario di Elen,
si rivolse alla leader nello stesso inconsueto idioma
che immaginava più familiare e comune ad entrambe le signore.


"Posso fare qualcosa per lei?
Portarla ad una postazione più adatta...magari al fianco del Re?"
 
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- Destino -
view post Posted on 23/12/2009, 12:56




image
~ PNG

Nome: ????
Status: Dandy da bisboccia
Fisico: Sempre Perfetto
Mente: Divertito
Maschera: Mistero...!
Interlocutore: Dalys



Non dismise il suo sorriso da seduttore per un solo istante;
solo, accenò un assenso col capo, mentre i folti ricci neri dondolavano sotto la tuba immobile.
La
partita era cominciata, e -se ne rese subito conto-
seduta dall'altra parte del metaforico tavolo di quel gioco non c'era una principiante.


Lei gli aveva sfiorato la mano,
e gli sorrideva già languida e con disinvoltura, cercando di irretirlo.

Si profilava una serata interessante.

CITAZIONE (~ D a l y s @ 23/12/2009, 12:16)

La maschera di Biancaneve, ma immagino non molti la conoscano.
O forse sono io che non la rappresento opportunamente. La fanciulla più candida del reame…


L'uomo dalla pelle bronzea sollevò di poco l'arco perfetto delle sopracciglia,
avvicendando sul volto avvenente e giovane un moto di comprensione illuminata.


"Oh, sì, Biancaneve.
Conosco la storia: una principessa bianca come la neve..."


Esordì con la sua voce profonda, bassa e calda,
osando l'adire di sollevare la destra inguantata nella seta bianca
per afferrare delicatamente una lunga ciocca dei capelli neri della geisha,
e portarla alle labbra ben disegnate per deporvi un bacio fugace.


"...nera come l'ebano..."

Con movimenti veloci e leggeri, da provetto ballerino,
si spostò alle sue spalle, posando la testa nell'incavo del suo collo
per avvicinare un ultimo sussurro al suo orecchio.


"...e rossa come il sangue."

Con disinvoltura si allontanò, non prolungando oltre il loro contatto,
e torno a prender posto davanti a lei, ed esibendosi in un inchino formale,
che tanto si discostava dallo slancio audace che aveva avuto.


"Tutti colori che vi donano molto, se me lo concede, mia bella Signora."

CITAZIONE (~ D a l y s @ 23/12/2009, 12:16)

E lei, gentile cavaliere misterioso,
che maschera ha deciso di vestire?


A quella domanda, il Dandy in nero fece una leggera piroetta su se stesso,
mettendo in mostra il completo elegante da nobiluomo di tardo periodo ottocentesco.


"Scommetto che non indovinereste."
 
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view post Posted on 23/12/2009, 13:01

戯け者
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Narrato
*Pensato*
"Parlato"

Asgradel, La Salle des Roses Fanées

Era lì ad ingozzarsi, quando qualcuno o qualcosa gli rivolse la parola.

“Gnao (Ciao)”

Rispose, senza neanche inghiottire il boccone di cioccolato o voltarsi per cercare il suo interlocutore. Lo annoiavano tutte quelle interazioni tra persone; in fondo era venuto lì principalmente per mangiare.

Solo dopo pochi attimi si rese conto che la voce proveniva dal basso, precisamente da sotto la tovaglia del buffet. Una ragazza dai lunghi capelli nivei, con una rosa al posto di un occhio, fece capolino tentando di imbastire una conversazione.

Edward rimase rapito dalla visione per qualche istante, prima di inghiottire ciò che aveva in bocca.

image

“Brownies, Carrot Cake, Cornmeal Cake, Charlotte Cake, Lemon Meringue Pie, Apple Pie, Pudding…”

Continuò ad elencare con un sorriso infantile, nascosto dalla maschera, ed un leggero filo di bava che scendeva dalle labbra. Quando si rese conto di tutto, ormai era passato più di un minuto.

Si guardò intorno, scuotendo la testa, e poi in basso per controllare che la ragazza fosse ancora lì. Afferrò due piattini, con fette di Red Velvet Cake, ed un paio di piccole forchette in argento. Uno lo posò davanti alla ragazza, l’altro lo tenne saldamente con la destra, mentre con la sinistra scostava il lembo della tovaglia.

Senza troppi complimenti, si distese al di sotto, imitando la posizione dell’invitata e lasciando fuoriuscire unicamente la testa e le dita, che già avide impugnavano la posata.

“Io mi chiamo Edward ed ho dieci anni…”

Ruppe il ghiaccio con una punta di imbarazzo, anche perché di anni ne mostrava chiaramente una ventina.

“Te, invece, come ti chiami Onee-chan?”

Un conte sotto una tovaglia che si metteva a parlare con una ragazza, il cui occhio era sostituito da una rosa. Il tutto in una sala da ballo, ove erano presenti i migliori combattenti dei piani ed un Re che si diceva non perdeva mai.

Cos’altro mancava per rendere ancora più surreale il tutto?


SPOILER (click to view)
Sò che non è molto inglese l'onee-chan, ma morivo dalla voglia di farlo dire ad edward XD ah ovviamente si riferisce a lei come "sorellona" perchè l'età mentale di edward è quella di un bambino di dieci anni, mentre il corpo è di un vent'enne, ma lui non se ne cura ù_ù


Edited by † Luxifer † - 23/12/2009, 16:30
 
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Hatta.
view post Posted on 23/12/2009, 13:13




Tanto tempo prima.
Mondo delle Fiabe, dintorni di Wonderland


Era circondata. Ghignanti, i mostri dell'Oblio avanzavano come squali attorno alla preda, desiderosi di cibarsi, di consumare, di distruggere...
Desiderosi di dimenticare.

Aiuto...

Mormorò la ragazza, cercando un riparo che la notte, impietosa, non voleva donare. La schiena nell'indietreggiare toccò il tronco di un albero, sotto al quale ella s'accasciò, nascondendo il giovane e grazioso volto tra le mani sottili. Chiuse gli occhi azzurri nelle maniche turchesi del bel vestito, sognando, rifiutando quell'incubo.
Chi erano quelle bestie? Cosa volevano da lei??
E perchè... Perchè sentiva, poco a poco, il ricordo di lei svanire dentro di sè??

AIUTO!

Gridò, esasperata. E l'aiuto venne.

Avete chiamato, Alice?

La voce, calda e sicura, l'abbracciò con il proprio tepore.
Alzò gli occhi rossi dal pianto, osservando di profilo la sagoma di un giovane in sgargianti abiti cremisi, arruffati capelli neri e lo sguardo allegro di una persona che, ne era certa, stava per dire "non hai di che aver paura, piccola".
Non aveva alcuna cicatrice sulla guancia sinistra, non ancora. E le sue iridi, quelle gioiose iridi scarlatte, non erano ancora state possedute dalla distruzione dell'Oblio. Non ancora.

...Il Cappellaio Matto...

Disse, riconoscendo la figura di cui solo aveva letto in un libro.
E da lì, tutto ebbe inizio.




Ore immediatamente precedenti al Ballo,
Stanza Grigia, Alloggi del Warrior Day V


Quando si svegliò di soprassalto, s'accorse d'essere solo.
Solo, sì, ma non fisicamente; certo, sia il Gatto che lo Specchio se ne erano andati, per ora, e forse li avrebbe rivisti più tardi. No, ciò che più lo frastornò fu il constatare di trovarsi solo nella sua mente.
Le altre personalità della follia erano scomparse.
Si alzò dal giaciglio, portando una mano tremante al ciuffi ribelli della chioma corvina. Si sentiva spaesato e timoroso, come l'uomo che, dopo tanto vagare, è finalmente tornato alla casa che tuttavia non riesce a riconoscere come la propria.
Ridacchiò, poi, conscio del miracolo accaduto; dire che quei momenti fossero rari era dire poco. Quando era stata l'ultima volta che era stato padrone del suo stesso corpo, e non in balìa di una miriade impazzita di senza raziocinio.

Curioso.
Proprio poco prima del Ballo...


Scosse il capo, ancora incredulo.
Sarebbe stato divertente conoscere i partecipanti del Torneo, ora che aveva pieno controllo delle sue facoltà mentali; era sempre stato un chiacchierone, in fondo. Quella caratteristica non era dovuta alla sua pazzia...
Pazzia.
Il sogno - ricordo? - dal quale s'era appena svegliato lo inquietò. Non voleva rivivere quei momenti, gli istanti in cui aveva perso la sua essenza, smembrata dall'Oblio.
Non voleva rivivere l'assedio al Palazzo delle Carte, o la nascita dell'Agenzia.
A ben pensarci, la nascita dell'Agenzia non se la ricordava: probabilmente era già stato consumato, all'epoca. E allora perchè le memorie riguardanti le vicende del Torneo risultavano perfettamente intatte?


Domande senza risposta.
Credo sia ora di andare.


Si preparò, lentamente, con la calma di chi vuole assaporare ogni gesto, ogni istante. Perchè quei gesti, quegli istanti possono essere gli ultimi, prima di ripiombare in una follia priva d'identità.
Uscendo, l'attenzione cadde su un particolare oggetto, chissà come giunto sul ripiano di un tavolino della camera.
Sorrise. Dopotutto, non poteva negare la sua natura.
Afferrò quella curiosa maschera ritraente un cactus sorridente - il kyactus di Final Fantasy - ed uscì, chiudendo la porta dietro di sè.

La Salle der Roses Fanées,
Ora


Entrò, e il suo ingresso non fece notizia.
Non fu nè trionfale, nè maestoso, nè squillante.
Certo, le sue ricche vesti colorate potevano averlo evidenziato agli occhi di questo o di quel commensale, o magari era stato notato da qualche conoscenza del suo vecchio io, ma l'Hatta attuale, l'Hatta originale, non era solo e solamente una persona amante del gioco e delle facezie: no, il Cappellaio Matto, ora, era molto, molto di più. Arguto, galante, attengo, persino timoroso e inquieto davanti alle grandi personalità riunite in quell'alcova.
Era più umano.
Sospirò, inebriandosi dei rumori, delle luci, dei profumi, dell'intensa atmosfera regale.

Non pare poi tanto diverso
dalle Ore del Thè con la Regina.


Nominò la Regina, e, come al solito, un brivido spaventato gli scosse la spina dorsale. Ci sono timori che, purtroppo, nè la follia nè la razionalità possono sopprimere.
Assicurò il paggio, giunto celere, della sua inoffensività: Rippner era stato lasciato nelle stanze, e, benchè privo di un pregevole bastone da passeggio, ora Hatta poteva davvero definirsi disarmato.
Poi, l'occhio spaziò su tavoli imbanditi, orchestre sfavillanti, incantevoli dame.
E poi rose, rose, rose. Un'onnipresenza purpurea che tingeva l'intero salone di uno sfarzo quasi mistico.
Riconobbe uno o due personaggi, ma non si mosse dall'ingresso.
Era un ottimo punto d'osservazione, dopotutto. E lui, prima di gettarsi nelle danze, amava osservare.
Le dita guantate della mano sinistra sfiorarono la curiosa maschera verde, assicurata alla vita con una corda.

No, niente maschere.
Oggi sono me stesso, e nessun altro.


Mormorò, sorridendo.
Non esiste sensazione migliore della protezione della propria casa.


CITAZIONE
~ Maschera: Kyactus, riposta alla cintola.
~ Note: Non porta la Cravatta del Potere (anche se ne indossa una replica). Non vuole turbare il Ballo xD

 
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view post Posted on 23/12/2009, 14:05
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Esempio
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Racconti del Warrior Day e successivi
Interludio II~III, Scena Seconda ~ L'arrivo del Cappellaio e della Dama


Una mano forte, sicura, l'afferra per il braccio proprio mentre sta per perder l'equilibrio e cadere e con grazia fa compiere al suo corpo flessuoso una piroetta, fino a farla rimettere in piedi, tenendola sottobraccio. Prima ancora di vedere in viso il suo salvatore, ne riconosce la voce: il "faccia-dipinta" che l'aveva accolta alla reception, che le chiede ora di accompagnarlo, fino a raggiungere un'altra elfa, entrata anch'ella da poco.

Farò come desidera, ma prima mi permetta almeno di ringraziarla signor...
Mi rendo conto solo ora di non sapere neppure il suo nome, mio gentil cavaliere.

Acconsente comunque ad avanzare con lui, fino a raggiunger la dama. Ed è solo quand'egli si inchina e ne pronuncia il nome con fare ossequiante, che capisce di esser al cospetto della sua Signora, l'Inquisitrice di Elhonna, la Regina dell'Eden. Sbianca in volto, confusa e allo stesso tempo estasiata dell'onore concessole di vedere la Capo Clan. Abbozza pure lei un inchino, rischiando così di finire nuovamente a terra, senza però pronunziare parola alcuna, troppo emozionata per anche solo tentare di schiudere le labbra, che paiono improvvisamente secche e asciutte.
Cerca quindi nuovamente il braccio del Cappellaio - come fosse un'ancora di salvezza in grado di permetterle di riassestarsi su quei dannati tacchi - che nel frattempo si è rialzato e si è offerto di condurre la Dama al fianco del Re. Alla parola "Re", sottolineata con una certa enfasi come a ribadirne l'importanza, cresce ulteriormente il suo imbarazzo e comprende che in quel luogo non si svolge una normale festa indetta per lo svago e l'intrattenimento degli atleti del torneo, ma che -anzi - è più una cerimonia atta a riunire tutti assieme i personaggi di maggior spicco di Asgradel.
Intontita ed al tempo stesso estasiata dalla figura solenne della donna di fronte a lei, come bambola di pezza ormai priva di vita e volontà, è ora pronta a lasciarsi condurre ovunque dal suo cavaliere.

 
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Tristan Gawain
view post Posted on 23/12/2009, 14:15




"Lo sai che non amo le cerimonie"
Lo guardò, al limite dello stupore. Una creatura, come lui, non poteva provare stupore.
"Sei stato un Re...è impossibile che tu odi le cerimonie!"
Silenzio. Due passi, quattro. Due mani, unite.
"Essere un Re non vuol dire amare le cerimonie."



Doveva seguire ogni regola per poter ricevere
la ricompensa.
Da Re a Mercenario, il passo era stato...

...brevissimo.
Immediato, e per nulla doloroso.
(purtroppo)

Scostò il drappo rosso, lasciando che ricadesse dietro le sue spalle
incurante di aver forse oscurato la vista del salone
a coloro i quali, nell'eventualità, lo stavano seguendo
nel teatrale ingresso.
La squisita fattura e l'eleganza del palco,
la maestosa e sontuosa atmosfera aleggiante fra le colonne
e i capitelli
davano solamente un'idea sommaria di quanta regalità
l'organizzatore avesse avuto in mente
nel momento in cui aveva concepito tale luogo.

A lui, in verità,
tutto ciò interessava marginalmente.
L'unica necessità del momento era trovare lo strano
individuo
che gli aveva proposto l'affare.
Si lasciò lì, abbandonò la volontà di muoversi
fissandosi a pochi metri da una colonna che,
imbandita di nastri rossi,
delineava la navata centrale.
E attese, privo d'armatura e d'arma

(un senso di inadeguatezza)
che la sorte facesse il suo corso.
Attese
come oramai faceva sempre.
Ed ovunque.

 
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view post Posted on 23/12/2009, 14:57
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C a t a r s i

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Daresti un prezzo ai tuoi sogni?
Daresti un limite alla tua fantasia, alla capacità di immaginare mondi sempre nuovi in un susseguirsi infinito di storie? E decine di storie sembrano volersi intrecciare tra di loro nei complessi passi di un ballo in maschera.

Come prendendo vita in quel momento Shivian fece la sua lenta comparsa pochi passi prima del punto in cui diversi paggi avevano il compito di custodire le armi dei partecipanti al ballo così da permetterli l’accesso. Esattamente com’era entrato nell’arena durante il primo turno, anche questa volta aveva preso forma dall’aria stessa mostrandosi già perfettamente abbigliato per la festa.
Lo ricopriva un candido abito elegante dello stesso immacolato colore della veste usate nell’arena, unica nota di colore era la corta cravatta di uno scuro color porpora. I capelli erano tenuti tirati indietro in una corta coda così che nessun ciuffo andasse a coprirne il volto.

Con un semplice gesto della mano fece capire al paggio che non portava nessun’arma con sé e con estrema calma varcò la soglia dell’immensa sala in cui gli ormai numerosi invitati si dilettavano chi nella conversazione, chi del buffet e chi semplicemente si riempiva gli occhi dello splendore di quella sala.


Il castello del Toryu. Il castello del Re che non perde mai. Ray.
Non si sarebbe perso l’occasione di incontrare nuovamente il sovrano per nulla al mondo. Per celare la sua identità portava una maschera molto semplice completamente bianca la cui unica particolarità era il lungo naso a punta. Molte altre erano le maschere indossate dagli altri partecipanti, da quelle riccamente decorate a quelle che facevano della semplicità il loro punto di forza. Lo sguardo di Shivian vagava da un corpo all’altro soffermandosi solamente su pochi tra di loro.
Un brivido solo colse solamente quando incontrò lo sguardo di una scalza dama solitaria al centro della sala. Un’altra figura che, come lui e molti dei presenti, era giunta li seguendo il filo della propria storia. Affianco a lei altre due figure. La prima sapeva di certo essere una partecipante a quel torneo mentre il secondo, impossibile non riconoscerlo, era l’organizzatore dell’evento. Un gruppo senza dubbio interessante che valeva la pena di conoscere in maniera più approfondita.
Se questa storia finirà bene o no, non possiamo garantirlo!






Shivian °}



± Fisico__ Illeso
± Mente__ Incuriosito da Eitinel, Elen en Erda e Madhatter
± Maschera__ Maschera bianca veneziana.
± Interlocutore__ Nessuno

± Note__ Per questa festa rendo omaggio al bellissimo film di Terry Gilliam "Parnassus". L'Abito e la Maschera sono le stesse di Antonhy "Tony" Shepard.
 
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view post Posted on 23/12/2009, 15:40
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Darth Side
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Per un attimo gli sembrò di essere a casa.
Poi allontanò dalla testa i ricordi di quel posto sgradevole e meschino.
Lo sfarzo, il ballo in maschera, la festa in presenza del Re. Ricordi di un'infanzia triste, passata a feste cui non aveva desiderato prendere parte, ricevimenti dove l'unico scopo era parlare di cose inutili e vuote, dove il suo unico compito era presenziare stando seduto accanto allo scanno del padre Latros. Per lui quelle feste non si erano mai rivelate tali. E fu felice di partecipare a una di esse godendo della completa libertà di agire. Con la mschera indosso a coprire metà volto, si disse capace di essere chiunque volesse e fare qualsiasi cosa.
Vestiva una semplice camicia bianca come la maschera, pantaloni cobalto ornati da una cintura nera e nivei stivali in pelle. Niente di eccessivamente nobile in effetti, vestito così sarebbe apparso come una comune persona che aveva il gusto di vestirsi a modo per un ballo. L'aveva fatto solamente per la nobiltà che lui stesso s'imponeva di tenere sempre e comunque, dolorosa imposizione di un'infanzia ormai sfumata che si rifletteva anche sul carattere adulto.
Scorgendo le guardie a protezione del portone prima e del drappo rosso che celava la sala poi, le degnò di un cenno lasciandosele alle spalle senza nemmeno guardarli in viso.
Arrivò nella stanza accompagnato dal profumo di rose che inebriavano le narici e la lieta musica orchestrale a lambire i timpani. Semplicemente stupendo. Pavimento di marmo bianco e lampadari dorati davano solo una caga idea della dimostrazione di ricchezza e potenza messa in atto dal Re detto Invincibile che, seduto sul trono, si godeva dall'alto la vista della sala, ormai gremita di persone giunte a rendere omaggio a lui e all'intero Clan.
Ritrasse le ali dietro la schiena, e liberò un leggero inchino che il Re difficilmente avrebbe scorto tra la folla. Sentiva il bisogno e la necessità di ringraziarlo, non solo per rispettare l'etichetta di corte, ma per il semplice fatto di avergli dato la possibilità di dare libero sfogo al suo io e liberarlo dalle aristocratiche impiosizioni di Kreuvall.
Gli dava modo di godersi la festa. E poteva fare ciò che voleva.
Il resto non aveva importanza.
Poi si accorse di avere fame.
Accadeva sempre ai ricevimenti. Quando tutti avevano lo stomaco chiuso per l'emozione di trovarsi in mezzo a persone potenti e importanti, Keros, avvezzo alla vita di corte, sentiva crampi allo stomaco che lo invitavano a prendere parte al buffet. E così fece, raggiungendo a grandi passi i tavoli imbanditi di preziose e rare delizie, prendendosi la propria rivincita su Frederick, il suo tutore, la persona che, quando era piccolo, gli impediva praticamente qualsiasi divertimento alle feste di corte.
Poteva mangiare a volontà e bere tutto il vino che desiderava. Nel lontano Toryu nessuno gli avrebbe mai detto come comportarsi.
Arrivato al tavolo scorse la sagome di un umano che sicuramente non aveva preso sul serio l'eleganza nel vestire.
Lo vide prendere una tartina senza accorgersi di avere la maschera a coprirgli la bocca, e dopo che questi ebbe imprecato si lasciò sfuggire uno sbuffo sommesso e divertito, allargando imprecettibilmente il sorriso.
Completa libertà
finalmente.

SPOILER (click to view)
Scusa Andre non volevo prenderti in giro :gk?:


SPOILER (click to view)
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Allea
view post Posted on 23/12/2009, 16:20




Piccoli passetti nel vuoto, una corsetta affannata, manicotte che svolazzano nel vento.
E’ tardi, è tardi, pensava la piccola correndo. «E’ tardi, è tardi» disse, senza alcun motivo apparente.
«E’ tardi, E’ tardi» urlacchiò ridendo, Berzenev in braccio e il cappuccio che faceva su e giù.




Alle feste ci si doveva vestire bene, dicevano, ma Noki proprio non la capiva questa cosa, forse che il suo cappottino non fosse estremamente adorabile? Il suo cappottino era la cosa più bella che avesse mai visto, fueh! Quindi beh, era adattissimo ad una qualsiasi festa – checché ne dicessero tutti.
Perché era proprio lì che stava andando Noki-chan, ad una festa! Una festa sontuosissimissima! Mica una cosa da nulla, eh, una di quelle feste sfarzose e bellissime a cui erano invitate solo le persone importanti. Beh, non è che Noki fosse propriamente invitata, eh, ma beh, Noki era una persona importante, no? Quindi era invitata per forza, neh! E poi, come avrebbero potuto divertirsi senza Noki-chan? In nessun modo, appunto!
Ridacchiando, dunque, la bambina si aggiustò meglio la maschera sul viso, saltellando felicemente verso la sala. E poi, appena l’avrebbero vista, l’avrebbero fatta entrare per forza! Lei era così carina e coccolosamente adorabile! E poi c’era Berzenev, loro due erano una super coppia coccolosa! Fueh!
In sostanza? Noki voleva davvero davvero partecipare a quella festa! Perché? Perché sembrava super super divertente! E poi ci sarebbero stati tanti Fratelloni e Sorellone là e a Noki piaceva conoscere nuovi Fratelloni e Sorellone con cui giocare ♪
La bambina, dunque, felice e spensierata, corse verso la sala dove si sarebbe tenuto il ballo, desiderosa di arrivare lì il prima possibile e anche perché, beh, era un pochettino in ritardo. Ma non era mica stata colpa sua! Era stato Berzenev che non era riuscito a scegliersi per una maschera e Noki aveva risolto il tutto mettendo al collo del piccolo peluche un nastro nero, come la maschera della sua padroncina. Perché sì, ovviamente Noki era venuta mascherata, come avrebbe potuto non farlo? Erano le regole e Noki-chan rispettava sempre le regole.
La maschera che aveva scelto era una maschera spezzata che aveva trovato in giro da qualche parte, era nera come la pece e con piccoli disegnini rosati a decorarla. Quella maschera le ricordava tanto Luki e l’aveva indossata ancora prima di rendersene conto. L’unico problema era che la maschera era un po’ troppo grande e finiva per coprirle sempre la visuale dall’occhio azzurro, lasciando la bambina a vederci solo dall’occhio sinistro – quello nero che, purtroppo, non funzionava sempre benissimo.
In ogni caso, quasi miracolosamente, Noki riuscì ad arrivare alla sala senza inciampare o cadere o andare a sbattere contro qualcuno e, senza degnare minimamente qualcuno di uno sguardo, ammirò lo sfarzo della sala, estasiata. Tutto quello sembrava così divertente!
«Kya, Kya, Berzenev! Hai visto, hai visto? Noki-chan aveva ragione a voler venire, ne?» disse al coniglio di peluche prima di cominciare a trotterellare in giro, curiosa.
Lo sguardo perennemente puntato sul tetto o su qualche tenda dall’altro lato del salone, Noki era praticamente una piccola mina vagante che trotterellava e, senza nemmeno rendersene conto, andò a sbattere contro una colonna – proprio a sbattere, eh, con il piccolo nasino e tutto e faceva male, questo la piccola Noki-chan poteva assicurarlo.
Tenendo l’occhio sinistro chiuso per il colpo e trattenendo delle piccole lacrimucce agli angoli degli occhi, Noki non vide contro chi o cosa era andata a sbattere e, convinta di avere travolto un Fratellone, cominciò a scusarsi, perché era questo che le Bambine Educate facevano.
«Fueh, Noki-chan le chiede scusa Fratellone Duro come un Palo, Noki-chan è mortificato! Mortificatissimo! Anche Berzenev si scusa, vero Berzenev?» proprio perfetto, la prima cosa che faceva all’importantissimo e bellissimo ballo era andare a sbattere contro qualcuno e faceva un male cane, sniff!


E’ tardi, è tardi, ma il coniglietto è già arrivato al ballo.



SPOILER (click to view)
Alla fine mi sono intrufolata :8D:
Sempre per la cronaca, Noki si riferisce a sè stessa sia al maschile che al femminile *nods*
 
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~ D a l y s
view post Posted on 23/12/2009, 16:29





lì dietro si racconta un amore normale
ma lui saprà poi renderlo tanto geniale.


Le piaceva quel gioco.
Le piaceva quell’uomo.
Raggiunse quella conclusione nei brevi istanti a lui necessari per sfiorarla, delicatamente, come fosse un caso. Prima baciava i suoi capelli, poi le respirava sul collo, provocandole un brivido freddo lungo la schiena, a lei, di solito sempre tiepida. Sentì che la loro vicinanza creava un’alchimia, la vicinanza di due anime sospinte sulla medesima via.
Una partita a scacchi che si sarebbe conclusa senza vinti o vincitori, ma solo tra amanti e amatori. Lui la aggirava, la provocava, la sfidava. Sapeva il fatto suo come pochi altri uomini che la Rosa aveva incontrato. E soprattutto sapeva resistere al suo fascino, lasciarsi ammaliare senza esserne piegato. Perché anche lui emanava un fascino non dissimile.
Socchiuse gli occhi, quasi cercasse di trattenere l’immagine di lui tra le palpebre. I loro colori, tanto simili, parevano essersi fusi in un unico quadro. Bianco, nero, macchie di rosso fuoco. Purezza, ombra, passione.
Un pittore avrebbe saputo cosa farne, un poeta li avrebbe cantati. Lei aveva imparato entrambe le arti, ma in quel momento sentiva di poterne applicare un’altra ben più fruttuosa. Bevve ancora, nonostante non fosse che un vezzo. Era chiaro che lui volesse essere a sua volta trascinato al centro della partita, che non avrebbe ammesso un rifiuto o una tregua.
Dopo tutto era il Warrior Day. Non era ammesso alcun ritiro. Alcuna grazia.
Solo la dovuta cautela, per non sfociare nella volgarità delle donnette, per rimanere sulle eteree ali di quel pavimento di marmo, sul filo di seta della nobiltà.
Attraverso la maschera i suoi occhi ebbero un guizzo, alla ricerca di una risposta all’interrogativo che aveva posto e che lui aveva abilmente eluso. C’era forse un qualche segreto dietro quel rifiuto cortese di una risposta? O semplicemente una provocazione, la richiesta di una dimostrazione di qualche genere?



"Scommetto che non indovinereste."



Il suo sorriso divenne più morbido, malizioso, felino.
Lei adorava le scommesse.



Io adoro le scommesse”.



Poggiò il bicchiere, avvicinandosi a lui lentamente, prendendo tra le dita il risvolto della sua giacca, quasi volesse valutare la consistenza della stoffa, quasi potesse ricavarne una traccia importante. Distanti meno di un braccio, pelle contro stoffa, tornò a fissarlo. Non aveva messo nulla in palio, ma vi era forse bisogno di una posta tra due giocatori come loro?



Non ho diritto neppure a un indizio?



Si sporse ancora più in avanti, a pochi centimetri dall’orecchio dell’altro, trascinandolo verso di sé con la mano che lo tratteneva. La sua voce si fece più profonda, in netto contrasto con le parole che avrebbe pronunciato, più avvolgente.



Suvvia, non vorrà negare a una dama, a una donna, un lieve vantaggio”.



 
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Rosasp¡na
view post Posted on 23/12/2009, 18:44




Continuava a scrutare la sala titubante, accostandosi a una delle colonne scanalate che sorreggevano il peso della volta; il numero degli invitati stava crescendo, e così l’ansia che le attanagliava il petto.

Non c’era neanche un indizio a suggerirle di cosa si trattasse, e l’eterogeneità dei presenti era così vasta da darle alla testa quanto un bicchiere di buon vino.

Ritta come un fuso, con le mani ancora chiuse sul petto, la Dama lasciava vagare gli occhi imbevuti dei riflessi lucidi e ammalianti degli specchi, dei colori ora tenui, ora sgargianti delle maschere, e degli sguardi che queste celavano. Sentiva la sua mente sciogliersi nella bambagia della musica, ma questo non riusciva a placare il suo animo, tormentato dall’insicurezza; perché sembravano tutti così a loro agio in quei panni ingessati dall’etichetta, capaci di dominare l’ambiente più di quanto potessero controllare loro stessi.

Si sentì fuori luogo.


CITAZIONE (- Destino - @ 23/12/2009, 01:53)
« ...Madama. »
« Perdonatemi per l’invadenza; noi non ci conosciamo, ma... Mi sembrate in difficoltà.
Posso aiutarla in qualche maniera? »

Sussultò appena e si voltò verso quella che pareva l’origine di quel suono così piacevole.
Era calda e avvolgente, e le ruvide sfumature maschili che la modellavano rendevano quella voce ancora più intensa. E ipnotica.
Quando i grandi occhi verdi si posarono sulla sua figura il cuore mancò un battito.
Una strana sensazione le scuoteva l’anima rimestando le viscere, e il sangue corse rapido al viso, colorando di rosa le gote morbide.
…Era forse un Principe?
Bello, bellissimo, con quegli occhi color dell’acquamarina e quei capelli splendenti come spighe di grano al sole dell’estate… perché quell’uomo aveva tutto il calore e la nobiltà propri dell’astro mattutino.
Un calore che le scaldava il cuore.

Le onde scarlatte dei capelli si incresparono soffici mentre si voltava verso il suo interlocutore, offrendogli la vista di una figura sottile e minuta, dalla pelle d’avorio. Il pallore lunare del suo incarnato aveva il nitore delle perle, così in contrasto con quei capelli rossi e le labbra di melograno, che ora si stavano curvando in un sorriso imbarazzato.

Accennò un inchino, sollevando con una mano delicata il lembo della veste e prendendo tempo prima che i loro sguardi si incrociassero per un istante.
Finalmente.


« Mio Signore… »
Bisbigliò appena, ricongiungendo le mani sul petto
« Ah… io… ecco… »
La voce si sciolse rapidamente nell’aria, dolce ed eterea come quella di una Fata
« …Non credo di sapere dove mi trovo… »

Gli scoccò nuovamente un’occhiata timida, preda dell’emozione e di un delizioso tumulto interiore.
Ecco lì, il suo Destino.
Un Destino bello e splendente come il
Sole.
 
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Raylek
view post Posted on 23/12/2009, 19:14




~ Da altrove

Nome: Ignoto.
Status: Risucchiato in un Sogno
Fisico: Affamato...
Mente: Spassiamocela!
Maschera: Il Naso Turco
Interlocutore: Nessuno


Ricordava che, pochi attimi prima, lui non era lì. Ne poteva dire di esserci mai stati, e che tutti gli dei lo punissero all'istante se stava mentendo.

Ma poi, poi era arrivato.
Quasi non sapeva spiegarsi come. Quasi, però. Perchè il come, ovviamente, era insito nella sua stessa ritrovata natura, la più profonda e nascosta, che dentro, gli trillava come corde di arpa in una nota cristallina.

Dove era appena arrivato, sembravano essere in tanti, di famiglia.

Era il perchè si trovava ad emergere lì, che gli sfuggiva. Anche se, doveva ammettere, probabilmente era proprio quell'essere in famiglia, la causa.
Suo padre gli aveva detto, il primo giorno in cui si conobbero, che l'essere parte della loro stirpe presupponeva fare tante cose senza conoscerne dapprima le motivazioni. Solo alla fine era dato capire.
E lui, obbediente, anche se a dire il vero un po riluttante, aveva fatto suo quel modo di comportarsi.

Ad ogni modo, erano altri i dilemmi su cui scervellarsi.
Prima di tutto, quello di accorgersi, emergendo dai drappi che ornavano ovunque l'ambiente, di essere circondato da una festa da ballo. Meravigliosa, ricca.
Mascherata.
E di scoprire, tastandosi il volto, che una maschera, meraviglia delle meraviglie, è comparsa anche sul proprio volto. Il naso glielo diceva chiaramente, perchè, a dirla tutta, stava un po scomodo, lì dentro. Per non dire delle lunghe orecchie a punta, che sbucavano fuori senza freno dai lati, rovinando un poco il personaggio.

Ma era stato in condizioni peggiori. E soprattutto, in stati d'animo peggiori.
Se c'era una cosa che aveva imparato, da quella sua nuova, strana vita, era di prendere le situazioni per quello che erano.
E così, un po perchè l'odorino delle cose da mangiare era delizioso, un po perchè nell'aria la musica di sottofondo e le chiacchiere erano invitanti, un po perchè voleva capire anche dove era finito, il piccolo goblin in maschera, agghindato in un meraviglioso vestito di velluto rosso - anche se, personalmente, avrebbe scelto altro, per se stesso come tessuto e colore - su modello paggetto - e ancor più come modello, in effetti .

Per prima cosa, qualche stuzzichino.
Come seconda, scovare qualcuno che riconosceva... anche se, per tutti i numi, era un bel pensare, riconoscere qualcuno sotto ad una maschera...

Per questo, si era diretto al primo tavolino portavivande che aveva adocchiato, spiando di e là, sottecchi.

 
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Andre_03
view post Posted on 23/12/2009, 19:23




Bump!

La tartina scivolò. Cadde, volteggiando come al rallentatore e -infine- si spiaccicò per terra. Un istante dopo la maschera di Dodici seguì il piccolo antipasto nella sua traiettoria, finendo tuttavia per devastare tutto il vassoio col caviale. Schizzi ovunque, qualche gridolino spaventato e un uomo davvero, davvero contrariato.
Per poco Dodici non esplose letteralmente.
Si voltò di scatto, incazzato come una Iena (sì, proprio così) e pronto a strangolare lo stronzo reo di averlo colpito. Perché di quello si trattava: un genio -suicida- si era permesso di urtare lui, l'irascibile per eccellenza. Ci sarebbe stato del sangue e tutti i buoni propositi per la serata mondana se ne sarebbero andati a fanculo.

«Lurido figlio di...»

Occhi blu.
Capelli di un rosa spettacolare e sguardo tenero, adorabile. Un corpicino esile dotato di un prosperoso davanzale che per poco non gli fece uscire il sangue dal naso.

"Ehm..."

Rimase immobile con la bocca spalancata a fissare quella bellezza mozzafiato, incapace di dire alcunché. Balbettava qualcosa come "no, ma cioè..." e sentiva che il cuore aveva cominciato a battergli forte, troppo forte. Si affrettò a recuperare la maschera, pulendola con l'ausilio della tovaglia e piazzandosela di nuovo sul volto con forza -e vergogna. «...di...di...ti...sei fatta male ?» La voce gli tremava, sembrava piuttosto agitato.
Respiro, calma.
Respiro.
Calma.
Non era più abituato ad avere a che fare con le donne. Mesi e mesi di prigionia -in isolamento- lo avevano reso un imbranato totale, peggiorando la sua già pessima capacità di approcciarsi al gentil sesso. La presenza di un gran numero di fanciulle -ce n'era per tutti i gusti, aye!- lo avrebbe presto portato alla follia. Decise di darsi un contegno, cercando di rientrare nel personaggio.
Come se fosse stato in missione dunque.
"Ramon, vecchio mio, prendo in prestito il tuo carattere per un po'."
Respiro, calma.
Aveva recuperato il controllo. Ora tutto sarebbe stato più facile. Compreso sopportare la vicinanza di un'altra fanciulla procace, dallo sguardo altrettanto ceruleo della prima -ma meno tettona- e coi capelli neri.
La degnò di uno sguardo, prima di tornare a posare le iridi cremisi sulla sventola in rosa.

«...stai cercando qualcuno, piccola?»

Una alla volta, signore. Una alla volta.
 
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Hatta.
view post Posted on 23/12/2009, 19:56




La Salle der Roses Fanées,
Ora


Ancora esitante all'ingresso, il Cappellaio Matto perse diversi minuti osservando la vastità del salone e l'intrigante ballata di personaggi mascherati.
Si sentiva davvero parte di un qualcosa di grande, di epico, e il rimembrare l'assurdo desiderio di spettacolarizzazione che l'aveva dominato fino a poche ore prima lo fece sorridere.
Quando infine si risolse ad avanzare, per prendere parte attiva di quello sfarzoso banchetto, una figuretta gli corse a fianco. Le iridi cremisi caddero sulla maschera dal lungo naso adunco, candida, mentre gli abiti, di velluto rosso, frusciavano placidi al passo di colui che, alle apparenze, pareva proprio un goblin.

Ah...!

Gli sfuggì un'esclamazione di sorpresa. Chissà perchè, chissà come, lo aveva colto un fortissimo déjà vu, che non aveva proprio intenzione di sollevare la sua mente dalla propria ingombranza.
Allungò la mano mancina, sfiorando l'interessato sulla spalla.

Perdonatemi...
Ci siamo già visti, per caso?
Ho come la sensazione di conoscervi da tanto,
tanto tempo.


Sorrise, affabile. La sua voce era ancora allegra e spensierata, una placida cascata di montagna che getta un torrente appena nato lungo i declivi dei monti.
Stava per parlare ancora, perchè era certo di quella stranissima sensazione, quando un forte rumore - e delle esuberanti scuse - attirarono la sua attenzione: una bambina rosa-vestita si era schiantata contro una colonna, e, udite udite!, si stava scusando con essa! Pareva la controparte femminile del folle Cappellaio Matto.
Come lasciarla in difficoltà, quindi?
S'inchinò profondamente alla volta del commensale che aveva appena disturbato, in una tacita richiesta; solo un istante, solo un istante.
Regale, quasi irriconoscibile rispetto a quanto aveva mostrato in tutte le occasioni precedenti, Hatta si spostò con passi leggeri verso la ragazzina con il voluminoso peluche. Le tese la mano destra, piegandosi in avanti affinchè potessero - quasi - trovarsi alla stessa altezza.

Tutto bene, piccola?

Chiese, ignaro che, dall'altro lato della sala, qualcun altro stava terminando la propria frase nella stessa, identica formula.
Curioso come i due interlocutori fossero differenti... Badate, però: gli intenti del Cappellaio Matto non erano certo paragonabili con quelli di Hyena.
E per fortuna!


CITAZIONE
~ Maschera: Kyactus, riposta alla cintola.
~ Interlocutori: Raylek, Allea.
~ Note: Pardon, Andre, ho dovuto citarti =)

 
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view post Posted on 23/12/2009, 20:16
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And...bla..Bla..BLA
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- O -


Pare quasi che, per una sola notte, il Cielo abbia concesso alla Terra l'onore di possedere i suoi Sogni e Desideri più preziosi.
Quelle eteree e magnifiche sembianti di Pensieri che solo nei lidi infiniti del firmamento hanno il permesso di vagare. Di indugiare così che i comuni mortali, alzando lo sguardo a quella volta senza barriere o ostacoli alcuni, possano allora ivi vedervi un drago fiammeggiante, una dea assopita, un menestrello intento nel suo canto giocondo.
Ed ecco dunque apparire le sagome fluttuanti di esseri rapaci librarsi nell'incantevole suggestione della danza. Ecco dal mare slanciarsi i luccicanti corpi delle creature degli abissi. E dalle foreste più cupe fare il loro ingresso il grottesco incedere di esseri oscuri, avidi nel loro famelico scrutare.


Ed Ovunque, unica essenza fatalmente presente, la Musica. Ovunque il suo morbido danzare fra i passi guidati da ritmo, da tensione, dalla ebbra accondiscendenza ad un ritornello improvvisato, ad una rapida inversione di toni, tempi, assonanze e dissonanze.

image

Per un secondo parve tremare, Dama Eitinel.
Come se uno sbuffo di vento inavvertibile per chiunque l'avesse per un attimo sfiorata sussurrandole il nome di un freddo crudele, terribile, seppur infinitamente lontano.

Scoperta.
Quasi istantaneamente, per giunta.


E le venne in mente il bambino che, reggendo due ramoscelli fra le mani così da schermarsi il volto, sia assolutamente certo di essere invisibile a chiunque.



E tuttavia non si mosse, suo malgrado.
Nulla più che il riverbero di un movimento mentre ella, ritraendosi, lasciava che la propria mano scivolasse morbida da quella del suo imprevisto interlocutore per poi scomparire nuovamente nella coltre bianca che per intero la avvolgeva.

Grazie. avrebbe voluto dire. Grazie ma preferirei proprio di no.


Ed invece si sentì sorridere.
Con leggerezza.
Con una serenità quasi disarmante, calcolando che era di Lei che si parlava.
Le labbra fino ad allora disadorne di espressione alcuna che improvvisamente si tendevano un poco in una smorfia divertita, in parte canzonatoria quasi che ella, pur tentando di rimaner seria, non potesse fare a meno di sciogliersi in quella sincerità tutta informale, tutta, paradossalmente, umana.

" Eitinel, Milord, non Eitenel "
corresse quindi mentre il suo capo si chinava un poco verso il basso, per nascondere quella freschezza che poco le apparteneva
" Gradirei che se proprio mi si voglia riconoscere nonostante abbia tentato in ogni modo di rendermi irriconoscibile, mi si affibbiasse almeno il giusto appellativo "
continuò con leggerezza.


Volse poi lo sguardo in direzione dell'elfa che ora le stava dinnanzi e che, nel vederla, si era prodigata in un inchino e, a sua volta, le rivolse un gesto di pacata deferenza.
In quella notò anche una figura vestita nei suoi medesimi colori, sebbene l'intento di quest'ultimo non paresse certo quello di passare nell'anonimato. Le sembrò che anch'egli la guardasse, forse incuriosito, o forse notando lo strano trio che insieme alle altre due figure, ella formava.
Ma, con un sospiro, volse ancora gli occhi a colui che, con garbo, l'aveva poc'anzi accolta.

" La ringrazio inoltre per l'offerta, ma visti i nostri trascorsi penso che non ci sarebbe luogo meno adatto alla mia presenza che al fianco del Re"

- O -

 
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175 replies since 21/12/2009, 21:48   5437 views
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