Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

L'incubo, L'abiezione

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view post Posted on 15/6/2010, 12:28

Esperto
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Il re stava certamente dando spettacolo, ma era troppo pieno di sé per riscontrare qualcosa di più che un tiepido interesse da parte di Claymore. Più fatti, meno vanagloria. Tutte quelle spiegazioni non erano altro che un'inutile dimostrazione di potere e presunta conoscenza. Perché fornire una spiegazione scientifica di come creare un Kodoku? Le anime non si contano, gli incubi non si possono pesare, e qual'é l'unita di misura dei demoni?
L'aberrazione non si calcola certo con mezzi comuni.

«Gli incubi non si spiegano» disse con uno sbadiglio «...si vivono soltanto.»


L'attenzione però stava aumentando nella sala.
Finalmente, dopo l'ultimo teatrale preambolo del Re, finalmente il velo fu tolto alla gabbia di vetro al centro della sala.

Rivelando ciò che mai ci si sarebbe aspettati di vedere.

Pelle azzurra come da congelamento, della tonalità di cui è fatto il cielo. Gli altri convitati sembravano essere colpiti più da altri particolari - l'assenza delle labbra, la pelle chiazzata come quella di un lebbroso, le ossa talvolta esposte, i rigonfiamenti sul corpo e così via - ma per qualche motivo il colore azzurro gli si era impresso nella mente, come su una lastra fotografica, più di ogni altra cosa.
E così mentre mormorii di disapprovazione, di spavento e di condanna serpeggiavano nella sala, probabilmente non facendo altro che nutrire il già pasciuto ego del Re, Claymore si staccò dalla "sua" colonna dove fino a quel momento era stato appoggiato, immobile come una statua.

Si avvicinò alla superfice trasparente. Più la distanza diventava esigua, più saliva l'adrenalina.

Get up, come on get down with the sickness!
Open up your hate, and let it flow into me
Get up, come on get down with the sickness.



Ormai era a meno di un metro di distanza. Probabilmente stava rovinando lo spettacolo agli altri invitati, ma poco importava: la maggiorparte gliene sarebbero stati grati.
L'Occhio sulla mano sinistra era praticamente impazzito, e schizzava in tutte le direzioni come se "sentisse" il... pericolo .... ?

Da quella distanza, era quasi tangibile l'immenso dolore di quella creatura, ricettacolo di demoni. L'angelo con la pelle azzurra condannato a essere l'araldo del Caos, del male, e per sempre rinnegato da ogni tipo di creatura vivente. Solo la follia del sovrano poteva gloriarsi di una simile creatura ... e solo un altro folle come Claymore poteva capire qualcosa del mostro.
No, di certo non lo invidiava. Né avrebbe voluto farlo suo come il re matto.

Con il braccio sinistro sollevò tanto la maschera affinché il Kishin potesse vederlo in volto; degli altri invitati poco gli importava, e comunque, stava dando a tutti le spalle nude - mossa strategicamente poco consigliabile.
Finalmente era in grado di guardare l'aberrazzione senza lo schermo della maschera. Si esibì in un largo sorriso come se stesse guardando un vecchio amico. In qualche modo, sentiva una sorta di legame empatico con quella creatura abbietta, e per quanto possibile, la visione di quelle forme contorte gli provocavano una sorta di malinconica compassione, come se davanti a sé non avesse un mostro generatore di mostri, ma lui stesso.

"Quando guardi nell'abisso,
L'abisso guarda dentro di te.
"
Appoggiò il palmo della mano destra, bianco contro il vetro, sbattendola abbastanza forte da far tremare la gabbia e da attirare, sicuramente, l'attenzione di tutti.

Ma non disse niente. Eppure ci fu per un attimo l'impressione che fosse passato un messaggio; un messaggio fatto di follia e di comprensione, e una promessa di omicidio. Perché se quella creatura, condannata a procreare orde di demoni, doveva morire, sarebbe stato lui a ucciderla, o almeno così sentiva di dover fare.

Il caos, il kishin, era un vecchio amico, si, decisamente. Un compagno di scuola.

Staccò la mano e si rimise in testa la maschera da Pantera.

«Anche l'abisso guarda»

Disse con astio rivolto al Re, il quale, con i suoi giochi puerili, si era attirato il disprezzo del vampiro. Per il resto, c'era poco da dire: per quanto il desiderio di rompere subito la gabbia di vetro fosse fortissimo, una voce nella sua testa gli diceva che un giorno il Caos si sarebbe rivoltato da solo, come un'onda di marea alta migliaia di metri, sul mondo.
Allora, ci sarebbe stato il tempo .... il tempo ... per liberare il Kishin dal peso della vita. Da bravo paladino del Caos qual'era.


You fucker get up come on get down with the sickness
Madness is the gift, that has been given to me.



 
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view post Posted on 15/6/2010, 16:58

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Gli interrogativi sulla natura del Kudoku furono debellati dal nuovo intervento del Re che, con il suo solito ego, presentò la sua creatura come solo il migliore conduttore di quiz a premi sa fare.
« Attenzione ragazzi, se volete vincere il premio dovete rispondere a questa domanda: [...] Il premio potrà essere favoloso come potrà non valere niente, esso si trova oltre questa tenda.
La risposta esatta è...
»
Ecco più o meno il Diavolo nella sua mente contorta si era immaginato la scena esattamente a questo modo, che poi strano a dirsi non era molto lontana dalla realtà.
I presenti erano rimasti a interrogarsi sulla natura del Kudoku, e lui (il bastardo conduttore) li stava rosolando ben bene prima di dare la risposta esatta. E infine dietro il sipario vi era il premio.
Quando le tendine si aprirono mostrarono un essere schifoso rinchiuso dentro ad un tubo di vetro.
Un essere narcisista come Lucifero, in quel momento, provò un rigetto verso l'orrida creatura, non una nausea come per la maggior parte dei presenti, semplicemente un rifiuto nei riguardi di un abominio tanto mostruoso, non pensava ci potessero essere al mondo cose così brutte.
Difatti quell'essere spezzava l'eleganza che si era creata in quella stanza, era come una luce sparata all'improvviso nella notte, era come un pugno nell'occhio.
Non sapeva quali poteri potesse avere, ma di certo non rimase soddisfatto da ciò che vide, non per il potenziale distruttivo, (quello gli era all'oscuro) ma proprio per la bruttezza che quell'essere emanava. E dal Re che non perde mai, da un uomo con la sua classe, il suo ego, e la sua cultura, si sarebbe aspettato ben altro di un cadavere morente.
Deluso da quella situazione, decise di mirare le sue attenzioni verso qualcosa di più gradevole alla sua vista, solo che in quell'ammasso di bestie persone con cui intrattenersi in dopo party c'è ne erano assai poche, per l'esattezza due.
Una, il pavone, era sicuramente la più attraente ma sfortunatamente era già accompagnata e già era stata importunata da altri uomini.
Poi quello strano fascino e quel suo modo di fare, e quel suo schianto di corpo, gli ricordavano troppo un'altra persona, un motivo convincente per lasciare perdere.
La seconda, il corvo ?, dalla pelle candida come la neve, che perfetta andava a contrasto con la tonalità del suo vestito, rendendola se possibile più angelica, una preda certamente più timida e meno appariscente, un perfetto esempio di purezza unita a un gran tocco di classe e bellezza.
Vide la ragazza mollare la presa del suo calice alla comparsa del Kishin, esso si andò ad impattare contro il pavimento variando il suo essere da uno a un milione di pezzettini di cristallo che con un fragoroso rumore si sparsero in terra.
La provvidenza che tanto odiava, gli diede un'occasione unica per attaccar bottone con la tipa, e il suo essere opportunista fece si che non si perse questa possibilità.
Dal vassoio di uno dei garzoni, reperì due calici di vino rosso, e con passo lieve ed elegante si avvicinò alla ragazza.

« Una bella donzella come lei non dovrebbe essere qui. »
Nella sua voce non c'era dolcezza, difatti non voleva far colpo sulla ragazza, non in quel modo per lo meno, era solo una fredda costatazione agli eventi che si erano susseguiti in quella serata.

« Con ciò non voglio dire che voi siete una persona debole. »
Una breve pausa, nella quale un sorriso intrinseco di furbizia si dipinse sul suo volto.

« Ma solo che un spettacolo del genere dovrebbe essere precluso agli occhi di chi porta insieme a lei tanta bellezza. »
Ecco, adesso era presente la voce smielata e da cascamorto, adesso c'era quel pizzico di sensualità che solo un attore come il diavolo riusciva a mettere nei suoi discorsi, adesso era viscido come un serpente.

« Se mi permette vorrei offrirle da bere. »
Disse ciò allungando uno dei due calici pieni di vino verso la figura della dama.
« Ho notato che il suo drink è finito in terra, e nessuno di questi rozzi ha avuto l'ardire di provvedere al suo piacere. »

Potremmo interrogarci per ore se quello fosse un gesto di pura cavalleria, oppure un modo come un altro per portarsela a letto, d'altronde si sa le ragazze ubriache la danno più facilmente.
Fatto sta che Lucifero per l'ennesima volta si mostrò accondiscendente ed elegante nei riguardi di una donna, di una bella donna.
Che il suo punto debole fosse proprio quello di non sapere resistere alle ragazze?
Un sorriso si intravide sul suo volto.
« Sempre se non le creo disturbo. »





CITAZIONE
Innanzitutto Alicia. scusa il post pietoso, XD ti prometto che da i prossimi andrà meglio.
Comunque niente, sei libera di reagire come vuoi, anche un calcio nei paesi bassi se la cosa fosse di tuo gradimento.



Edited by ¿LüІ - 15/6/2010, 18:34
 
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Arlic
view post Posted on 16/6/2010, 10:46




» Il Gatto Cieco


Chiudi gli occhi dolce Bimbo.
Fai la Nanna.



« Lo stiamo perdendo. Dannazione, lo stiamo perdendo. »

Erano ricordi particolarmente sfocati. Quelli riguardo il suo intervento.
Rivedeva il suo corpo, quello attuale, disteso su un lettino metallico da ambulatorio, contorcersi e spezzarsi come un ramoscello sotto le convulsioni, dolori a cui non c'era alcun paragone. Gli ometti col camice bianco giravano in tondo, armati di siringhe, bisturi e altri utensili di cui Kasumi non aveva capito la funzione; era troppo impegnato a cercare di spezzare le cinghie di cuoio che lo tenevano immobilizzato. Urlava con tutta la forza che aveva nei polmoni, fino che non gli mancava il respiro in corpo.

« Muoviti con quella morfina. »

Un ago nel braccio, e il medicinale cominciò a cirocolare nel flusso sanguigno del corpo. Piano piano cominciava a sentirsi molto meglio, aveva quasi voglia di arrendersi e di lasciare che i pazzi facessero del suo corpo ciò che più desideravano. Gli occhi si socchiusero. La figura di Clow che lo fissava da un angolo della stanza, suo padre, suo fratello, l'unica cura di cui necessitava e che tutti gli avevano sottratto. Sorrise, non provò nemmeno ad allungare la mano per afferrarlo, tanto sapeva che non ci sarebbe arrivato.
Le favole sono roba da bambini.
E lui di bambino aveva solo un corpo.

Jack cominciava ad agitarsi sulle sue ginocchia. Kasumi si spazientiva, a momenti lo avrebbe preso e lanciato contro il muro se non prendeva quello stupido pupazzo la risoluzione per rimanere fermo e sereno. Per una volta tuttavia doveva dargli ragione. La voce imperiosa del Re prese ad annunciare la sua più grande scoperta, il motivo per cui tutti si erano riuniti in quel posto come mosche sul miele. Nel silenzio generale sentì il sipario aprirsi e alcuni respiri mozzati a metà. Era come aveva previsto, non si trattava di una sua invenzione, non era un qualcosa di suo, plasmato dalle sue mani, era solo il prodotto di lurido furto.
- a cosa un Re doveva abbassarsi per avere un regalo decente? -
Kasumi si alzò dalla sedia. Voleva vederlo con i suoi occhi. Jack scuoteva la testa, odiava essere usato come un oggetto, eppure non aveva molta scelta, il padrone gli chiuse la bocca con la mano mentre gli occhi del bambolotto si accesero di un lieve bagliore azzurro. Ora quei buchi cavi erano i suoi occhi e le sue orecchie. Cominciò a camminare nel salone senza problemi, ponendo i passi uno dietro all'altro, nel silenzio che si era venuto a formare, i suoi, piccoli e infantili, risuonavano con il rumore di tacchi sul pavimento. Era imbarazzante ma non era proprio roba a cui dare importanza. Lui doveva vederlo.
Si fermò esattamente davanti al tubo di vetro. Avrebbe voluto porvi la mano sopra per percepire il battito di quella creatura pulsare e rimbombare sulle pareti. Mostruoso, erano poche le parole per definirlo, non solo la cosa gettata in quel contenitore quasi a caso non aveva un minimo di presenza estetica, ma era una semplice bestemmia esposta a tutta la Corte. Dopotutto a chi importava di vederlo? Chi aveva avuto voglia fino ad ora di sapere che il Re amava rubare i cadaveri altrui? Perché avere un altro motivo per passare una notte insonne con l'ansia che un pazzo potesse rapirlo dal proprio sonno? La roba che il Re esponeva con tanto orgoglio non era altro che il fallimento di una dimostrazione di forza, come quando un bambino fa un disegno orrido e il genitore è costretto a fingere sorpresa, gioia ed entusiasmo. Quell non era altro che merda, non era una meraviglia, non era una bellezza, era uno squallido esperimento malriuscito.
Il cervello di Kasumi prese a pensare. Ogni ingranaggio cominciò a ruotare su se stesso cigolando come non mai avevano fatto.
Sorrise e si portò il pollice della mano sinistra per rosicchiarlo.

« Il Kishin non ha un fratello. »

Il pupazzo tremava visibilmente tra le sue mani, voleva andarsene da quel posto. Roteò la testa verso il Re, poca la distanza che li separava. Voleva piangere.

« Che peccato. »



Kasumi - Il Marionettista [ReC 325][AeV 200][PeRF 150][PeRM 375][CaeM 225]
Stato Fisico Illeso
Stato Psicologico Deluso.
Energia 140%
Abilità Passive
Mary Ann Nichols – F i r s t V i c t i m – 31.08.1888 – Buck's Row Già Citata.
Il Patto delle Ombre. Domionio "Illusionista" - Passive.
Abilità Attive
Mary Jane Kelly – F i f t h V i c t i m – 08.11.1888 – Miller's Court [Con un consumo pari a Medio, ovunque Jack the Ripper si trovi, il suo piccolo cuore inizierà a battere. A questo punto il suo padrone potrà vedere attraverso gli occhi della bambola e udire attraverso le sue orecchie, utilizzandola come finestra sul luogo in cui essa si trova. La durata massima è di due turni, ma può essere interrotta prima in qualsiasi momento.]
Note.


 
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~ Jecht
view post Posted on 16/6/2010, 14:39




Non riusciva a smettere di fissare quegli occhi che, lucenti, lo scrutavano nascosti da quella maschera.
Oh se era bella, anche troppo, la donzella dei sogni; e, come in ogni sogno, tutto attorno all'oggetto del desiderio si faceva sfocato a confuso, come fosse una visione, un ricordo del passato.
Spesso, però, all'interno dei sogni si cela una presenza, qualcosa di nefasto e bastardo che inquina l'idilliaca figura del desiderio e che ha la capacità di mutare il sogno più bello nell'incubo più tenebroso.
Quello era il gatto.

Direi proprio di no?
Direi proprio di no?
Chi stava osando tanto?
La testa del guerriero sembrò saettare nel compiere quel moto rotatorio per lanciare il malocchio a colui che aveva osato mettere del nero nel bianco sogno che stava vivendo.
Un gatto...
Un gatto!
Come osava quel felino di infima categoria.
Era tanto pazzo da mettersi contro il RE di tutti gli animali!
« E tu chi diavolo... »
Il disprezzo e l'odio con cui pronunciò quella frase si evidenziarono nel discorso come fari in piena notte ma dovette arrestarsi non appena esaminò meglio la figura.
Improvvisamente il terrore si dipinse negli occhi di Jecht.
Le labbra si mossero nel pronunciare chissà quali bestemmie incomprensibili mentre i suoi occhi cadevano su un particolare che prima non aveva notato.
No.
Non poteva essere.
Lui non poteva davvero.
Cazzo.
« Lei deve essere il nonno. »
E questa volta le uniche sensazione che la sua frase riuscì a suscitare furono stupore e paura.
Ciò che aveva visto erano dei capelli bianchi e da che mondo è mondo i capelli bianchi sono sintomi di vecchiaia.
Jecht aveva appena mancato di rispetto al nonno della sua amata!
Errore imperdonabile.

Notò il braccio del nonno avvolgere lei e lei scivolare dolcemente sul suo petto.
Cosa voleva dirle con questa azione?
Ma si, ora che Jecht aveva offeso suo nonno lei non poteva lasciarsi andare alla passione, non poteva mancare di rispetto al sangue del suo sangue.
Improvvisamente Jecht chinò il capo e mostrò un'espressione molto seria ed elegante.
« Capisco. »
E tornò a guardare la donna per regalarle un ultimo sorriso.
« Non dovevo mancare di rispetto a suo nonno. »
E tornò a fissare il gatto per chinare la testa in segno di scuse.
« Spero di aver il modo, un giorno, di farmi perdonare. »
E senza attendere risposta si voltò.
Rinunciare a quella donna era troppo faticoso, quasi due lacrime scesero dal suo viso.



Tutto attorno a lui era diventato buio.
Nulla riusciva ad attirare la sua attenzione.
Il Kishin era apparso alle sue spalle e lui non se ne era accorto.
Il Re era in quella sala, stava parlando e lui non se ne era accorto.
Si stava perdendo praticamente tutto ciò che vi era di significativo in quel ballo in maschera.
E lui stava lì, in piedi di fronte le numerose bottiglie di alcolici in attesa di scegliere la prossima vittima.
Con l'indice scivolava tra le singole bottiglie senza saper quale scegliere.
Era già ubriaco fradicio, lo si poteva notare dall'alito e dal movimento ondeggiante della sua testa.
Seleziono con cura una bottiglia dal collo lungo e il contenuto chiaro per poi tracannare come un animale. Riusciva a buttar già quantità d'alcool impressionanti senza prendere fiato: un uomo nato per bere.
« Devo imparare a stare calmo male*brurp*zione. . »
E alzò la bottiglia per il collo come volesse brindare a quella donna.
« Se non avesshi offeso sua nonnA a quessht'ora starei danzando con lei anziché con quesshta bottiglia. »
Ma ben presto si sarebbe ripreso.
Si era ripromesso che una volta visto il re l'avrebbe attaccato per dimostrargli che tutti perdono qualcosa, prima o poi.
Non poteva non accorgersi della presenza del sovrano per tutta la serata.


 
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Alist3r
view post Posted on 16/6/2010, 15:40








« Parlato »
Pensato
« Altri »





« Un Kodoku è una creatura che viene a formarsi con l'amalgamarsi di numerose entità in una sola. »
La voce del Re tuonò sugli invitati. Non era potente, ma era abbastanza autoritaria da convincere anche i più insistenti a smettere di parlare. Zell osservava accigliato il Re che continuava nella sua spiegazione:
« Provate a immaginare di chiudere numerose, piccole creature in un solo barattolo e poi incantarlo, facendo in modo che quelle morenti divengano parte di quelle ancora in vita. »
Dunque quello era un Kodoku: un agglomerato di entità; gli sfuggiva in che modo queste potessero confluire in un unico essere e dubitava che il Re desse ulteriori spiegazioni. La sue espressione divenne ancor più dubbiosa.
« L'ultimo sopravvissuto muterebbe in un demone che è conosciuto, in materia, col nome di Kodoku. Una creatura aberrante e incontrollabile, in grado di generare altre creature simili a lei - trafficando con le loro stesse anime al suo interno. Una fonte inesauribile di mostri, demoni e incubi della peggior specie. »
Quelle ultime parole lo sorpresero. Il Re stava parlando con disinvoltura di una arma che dalla descrizione sembrava avere un potenziale distruttivo assoluto. Per di più il Re si era espresso in termini abbastanza chiari; "il mio personalissimo Kodoku". Quella parola: "personalissimo". Voleva dire che aveva una di quelle creature sotto suo comando? ...in tal caso allora è ovvio che non perde mai... Ma era stato lui stesso a crearla? Come aveva fatto?
Tutte quelle domande gli frullavano per la testa mentre nella stanza si sviluppava un nuovo chiacchiericcio.
Dopo le ultime dichiarazioni il re si mosse dirigendosi con passo altezzoso verso un piccolo palco nascosto da un sipario; stava per mostrare qualcosa ...ho una vaga idea di cosa sta per farci vedere...
Sorrise e fece qualche passo avanti per non perdersi la scena.

« Signori e signore io ho soggiogato una di queste creature e l'ho fatta mia. Ecco a voi: Il Kishin! »

Un brivido percorse la sua schiena nell'udire la parola "soggiogato" ma fu niente rispetto allo spavento che provò quando il sipario rivelò ciò che era celato ai loro occhi. Una figura che incuteva timore solo a guardarla; era ricoperta da stracci e poco rivelava delle sue fattezze ma unti capelli neri erano visibili; sembravano poter cadere da un momento all'altro. Mani scheletriche spuntavano da sotto la veste: la pelle era di una colorazione tutt'altro che umana e lembi della stessa sembrano staccarsi dal resto della cute. Quel mostro era trattenuto dentro una campana di vetro.
Zell lo osservava con orrore mentre sentì alle sue spalle un bicchiere cadere e alcune persone prendere a conversare.
Per quale motivo il re aveva bisogno di una belva del genere? Che il potere gli avesse dato alla testa?
Da quando era al Toryu aveva la convinzione che il Re fosse guidato da intenzioni benevole, ma quell'abominio aveva tutta l'aria di essere una creatura del male.

« Cosa diavolo ha intenzione di fare con quel coso?? » disse a bassa voce ma quasi sperando magari che qualcuno li vicino a lui potesse dargli una risposta.

SPOILER (click to view)
Mi è venuto un mezzo schifo ma ho poco tempo e volevo partecipare. Se qualcuno vuole tentare di darmi una risposta faccia pure xD ho sempre la maschera da lupo ù.ù



 
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_Hamish
view post Posted on 16/6/2010, 18:56





La festa si era riempita di gente sconosciuta ma Anya, fino a quando non parlò il Re, si divertì molto a osservarli e ipotizzare chi fossero. Con la sua immaginazione creò nuovi volti e nuove storie e forse, cioè molto probabilmente, nuove ipotetiche bambole. Poi al suono di quella voce tutti si voltarono, compresa lei.

Un Kodoku è una creatura che viene a formarsi con l'amalgamarsi di numerose entità in una sola.

Come i suoi demoni, che la tormentavano ogni giorno e ogni notte, che però riuscivano a diventare uno i tanti secondo il bisogno della piccola; anche se ultimamente si erano rivelati scarsi. Il re continuò a parlare suscitando in lei un grande interesse. Questo Kodocoso sembrava la bambola finale, l'esemplare perfetto. L'uomo mascherato da demone, lassù, fece una metafora buffa che Anya però comprese. La fece sorridere l'idea di un barattolo pieno di persone, perché molto più naturale per lei era immaginare di cucirle assiemecome aveva fatto con Beth. Parte per parte, pezzo dopo pezzo fino a creare un unico corpo ideale.

... una creatura aberrante e incontrollabile, in grado di generare altre creature simili a lei - trafficando con le loro stesse anime al suo interno. Una fonte inesauribile di mostri, demoni e incubi della peggior specie.

Eccolo: lo voleva! Prima ancora di vederlo già sentiva di desiderare quella creatura. Un demone al suo servizio era la chiave per il potere, per l'avverarsi di tutti i desideri. Deve essere nostro, blaterarono i demoni ma lei già lo sapeva, già stava pensando a come rubarlo.
Non aveva ancora le forze per sfidare il re così apertamente, inoltre una bestia simile aveva sicuramente una volontà o un'indole superiori a quelle di Beth, così facilmente manipolabile. Altra magia per conquistarlo, altri piani.
Si morse il labbro inferiore perché consapevole di essere ancora debole. L'invidia la stava logorando ma questa volta non poteva sfogarsi su nessuno; non poteva uccidere chi la faceva stare così. Doveva resistere.

Ecco a voi: Il Kishin!

Alla fine apparve. Le tende si aprirono sul palco e ciò che vide la stupì. Dentro un tubo di vetro il corpo del Kodoku: un cadavere a pezzi.
Era brutto, orribile e potente, così potente che neppure il Re si fidava a tirarlo fuori di lì. Talmente schifoso che faceva fatica guardarlo, anche per una abituata come lei agli zombie, ma altrettanto interessante da evitare di volgere altrove lo sguardo. Con un'arma del genere il Re che serviva avrebbe solo potuto vincere, e solo una creatura frutto di un male peggiore avrebbe potuto batterla. In mano sue chissà quante belle cose sarebbe riuscita a fare.
Portò il bicchiere alle labbra per bere la poca acqua rimasta, ma il pensare la bloccò in quella posizione, immobile.
Aveva capito! Deve essere nostro, continuavano a urlarle le voci ma lei le ignorò. No, non poteva e doveva prenderlo.
Non perché rubare è sbagliato -come diceva sempre quella puttana di sua sorella- ma perché lei stessa sarebbe diventata una creatura perfetta, come aveva sempre voluto, così tanto da poter schiacciare il Kishin senza difficoltà. Era questo il suo obiettivo: l'aveva finalmente trovato.
Il nuovo giocattolo del Re, così irraggiungibile e inumano ma anche così bello e desiderabile, era il suo esame, il suo test. Nel momento stesso in cui fosse riuscita a ucciderlo, sarebbe stata anche pronta a usurpare il trono all'uomo che per ora non le aveva dato neppure un biriciolo d'attenzione; cattivo.
Che buffo si ritrovò a pensare: era venuta in quelle terre per incontrare il Re, per farsi dire di essere brava e ora voleva solo sbarazzarsene. Forze era stato così fin dall'inizio, non riusciva a ricordarlo.

Cosa diavolo ha intenzione di fare con quel coso?


Abbassò il bicchiere con una punta di imbarazzo, senza aver bevuto nulla, quando accanto a lei qualcuno parlò, risvegliandola da quei pensieri. Si voltò di scatto e vicino a sé trovò un individuo mascherato, come tutti gli altri. Era probabilmente un uomo per la voce e la corporatura e indossava una maschera da lupo azzurra, molto semplice e mai bella quanto quella di Anya del corvo. Non era molto alto ma un qualcosa fece intuire alla ragazza la sua attitudine alla battaglia.
Cosa voleva farci, chiedeva; la risposta era pressoché ovvia.

Ottenere nuovo potere suggerì al ragazzo vicino a lui, cos'altro?

Se avesse parlato l'avrebbe detto con una punta di irritazione ma in realtà non aprì neppure la bocca. Aveva detto tutto ciò direttamente nella testa del lupo senza che altri potessero sentirla, senza che neppure lui potesse capire da dove provenisse quel suono; ma poteva risponderle grazie al canale che lei stessa aveva creato.
In caso però si fosse girato l'avrebbe vista fissarlo, sotto la maschera da corvo e avvolta nell'abito nero; solo i capelli ramati erano visibili, ma troppo poco per identificarla. Lei però gli sorrideva maliziosa così da permettere al tipo di intuire da quale fonte provenisse la voce ma senza dare nessuna certezza.

****


Ovviamente Anya alla fine parla con il personaggio di Alist3r grazie all'abilità passiva del dominio Esper, cioè la telepatia.


 
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La Tour
view post Posted on 17/6/2010, 23:01




Il colore degli addobbi e delle carnagioni si scioglieva innanzi ai suoi occhi, scivolando lungo il terreno, stendendo una sfumatura di plastico e sterile blu su ogni corpo innanzi a lui; che fosse in movimento o meno. Le risate e i commenti delle persone tuonavano nel suo cranio spaccandolo e rimbalzando da una parete all'altra, vibrando e scheggiandolo. I movimenti erano difficili da percepire; difficili da concepire. Ogni mossa lasciava dietro di sé un pallido fantasma che la ripeteva danzando elegantemente, come se ogni figuro fosse braccato dalla parte più fine e sterile di se stesso. Nulla di conoscibile, nulla di comprensibile.
Ma d'altro canto, è difficile orientarsi quando sei completamente drogato.
Azzannò i denti schioccandoli per qualche secondo, scoprendo che il suo viso era ricoperto da un sottile strato di cercamica - una bautta che ricopriva solamente le sue labbra e il suo naso, lasciando libero il suo sguardo. Una persona che rappresentava un muso canino, e la sua museruola.
Picchiò le zanne fra loro una, due, tre volte. Ancora e ancora. Ben sapendo che avrebbe potuto liberarsi del cammuffamento in qualsiasi istante: gli sarebbe bastato mutare nella sua forma reale e quel barocco sputo di porcellana scura si sarebbe infranta in mille pezzi, sospinta dall'ingigantirsi delle proprie dimensioni.
Batté i denti per l'ennesima volta, soffocando bile.

« Tranquillo »
la voce di Ashardalon lo raggiunse confusa, irriconoscibile.
« Non agitarti. »

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Drogato; come uno sporco prigioniero di guerra sotto torture. L'unica misura che il Lauth era riuscito ad inventarsi per contenerlo - per impedire lui di aggredire sua sorella Tiamat, una volta di ritorno sui picchi degli Altiventi, dopo il combattimento (ma ce n'era poi stato uno?) contro Dama Eitinel.
Drogato; poggiò i palmi lungo un banco e, a tentoni, capì di aver raggiunto il banchetto dei conviviali. Rovesciò alcune bottiglie, e assistette a malapena cosciente alle scuse che il suo compagno abbarbicava innanzi agli altri ospiti, reggendolo per un braccio: "ha bevuto troppo"; che gli suonava tanto lapalissiano da provocargli un forte conato di nausea (ma forse era la droga).
Uccidere il Kodoku del Re. Impedire al Re di ottenere il Kodoku. Liberare il Kishin.
Una missione che, se fosse stato al pieno delle proprie forze, avrebbe provocato lui pochi problemi - ma che non rientrava nelle sue priorità. Dunque avevano preferito narcotizzarlo e accompagnargli Ashardalon, che era sceso talmente poche volte sul campo di battaglia che Venatrix dubitava si sarebbe persino rivelato utile ai fini della riuscita del loro compito.
Venne abbandonato su una sedia poco lontana dal suo compagno, scaraventatovi con tutta la violenza di cui quello era capace.

« Ti farò sapere quando dovremo entrare in azione » la voce di Ashardalon gli suonava come se fosse stata chiusa in una grande bolla « ora stai qui e tranquillizzati. »
In tutta risposta, la torre schioccò le fauci un paio di volte, affermativamente: un poco di quiete non avrebbe potuto che fargli bene.
« Sei una festa, Venatrix: » sogghignò, il bastardo « Divertiti. »

« ...obbedisco. »


CITAZIONE
Sia Venatrix che Ashardalon indossano una maschera da cane che funge anche da museruola.

 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 18/6/2010, 15:12




Excuse me...

Al suono di una voce familiare, lo Straniero si voltò. Trovò un individuo mascherato da corvo che lo fissava immobile fra lo sciamare della folla. Ma non poteva confonderlo con altri.
Shakan.
Kreisler sorrise sotto l'inespressiva maschera da lemure nel momento in cui il Corvo si presentò come l'essere che...: coglieva in quella frase un volersi mantenere quantomai generico, celando particolari risvolti della propria identità. Ma non avrebbe mai immaginato che il suo interlocutore non si sarebbe nemmeno potuto definire "essere" con certezza.
Posso chiedervi cosa vi codunce in questa ricorrenza? Forse la volontà di esibire quella maschera così singolare?
Chi lo sa, messer corvo. Questo poteva voler esprimere lo sguardo sornione che Kreisler gli rivolse. Ma la voce rispose ben altro.
In verità sto raccogliendo informazioni su un certo fantasma, come forse avete sentito. Il fantasma di...

Battito di mani. Ancora una volta la voce del Re conquistava l'attenzione degli astanti. Con gestualità grottescamente teatrale spiegava il suo progetto di costruzione di un essere superiore, nato dalla sofferenza di mille anime.
Teatrale.
Retorico.
Una tenda si mosse, rivelando l' o r r o r e .
Macabro.
Rivoltante.
L'unico vuoto che indovinava in quel magro ragazzo dalla lingua tanto sciolta era quello generato dall'avere tutto, quell'appetito particolare che vien mangiando, la voglia - una volta ottenuto tutto - di qualcosa di più.
Triste, a suo modo. Potere illimitato senza uno scopo, e fame di maggior potere. Del resto deteneva l'Asgradel, ogni altra cosa sarebbe stata superflua.
E allora perché?
Tornò a guardare il suo sfuggente compagno dai capelli candidi quasi in cerca di una risposta tra riflessi sul becco nerastro, cercando di mantenersi inespressivo come i grandi occhi vacui della sua maschera da lemure. Levò una mano a sfiorarsi il collo come a volerne scacciare un insetto. In verità voleva nascondere il tremore delle sue dita.

 
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view post Posted on 19/6/2010, 18:50
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F
antasmi. Fantasmi del passato parevano levarsi dallo sguardo abiguo dello "straniero", che mi fissava attraverso il suo singolare mascheramento. Quello sguardo così strano, semi celato anche alla mia più attenta indagine, sembrava lasciare un certo velo di dubbio circa la reazione di Kreisler alla mia vista. Non potevo studiarne a dovere le emozioni, ma, vista la situazione, questa fattispecie pareva consolarmi quasi. Uno sguardo spaventato o atterrito, infatti, avrebbe significato il crollo di tutte le mie speranze di redenzione.


<< In verità sto raccogliendo informazioni su un certo fantasma,come forse avete sentito. >>



O
gni parola raggelava il mio sangue. Un fantasma: era in cerca di un fantasma. E questo, associato al nome che avevo udito prima, non facevano che confermare ogni mia più terribile previsione. Quello straniero venuto da Lithien, cercava proprio me! Come poteva sapere che io fossi vivo? Una domanda di cui forse non avrei mai voluto aver risposta.


<< Il fantasma di... >>



L
'uomo, però, non ebbe modo di concludere la frase. Quasi come una benedizione divina, infatti, giunse la voce del Re che, sovrastando tutti, chiamò a raccolta l'attenzione dei presenti. Quasi mi ero dimenticato del Re e delle sue stravaganti rivelazioni. Ormai, infatti, assumevano un'importanza molto inferiore rispetto al vero significato che per me quella festa andava assumendo...

I
l Re parlò per diversi minuti. Con uno sguardo fisso su di lui, agitavo il capo simulando un particolare interessamento nelle sue parole. In verità, mi concentrai a malapena su ciò che andava blaterando. Kodoku - demone - creatura - Kishin. Il Re parlava di una qualche creatura che era riuscito a soggiogare e pareva averci chiamato a raccolta per celebrare questo suo ennesimo trionfo. Grandioso Re - pensavo - peccato che io ora sia nella merda fino al collo e nessuna aberrante creatura che tu hai soggiogato, purtroppo, potrà distogliere la mia attenzione sull'incubo in cui sto sprofondando... di nuovo.

A
l termine del breve discorso, il sovrano rivelò una creatura aberrante, racchiusa in una campana di spesso vetro. Per un attimo - solo per quell'attimo - la mia attenzione fu effettivamente distolta. Quell'essere era terrificante al punto da suscitare un brivido in quasi tutti i presenti, me compreso, benché di orrori ne avessi visti a sufficienza in passato.
Fissai quella "cosa" per alcuni minuti e pensai come nulla di simile avrei mai visto a Lithien, nella mia terra. Infatti - continuai a pensare - da Lithien ormai eravamo distanti, lontani. Dalla terra nella quale i nostri incubi, miei e - probabilmente - dello straniero, erano stati generati, ormai eravamo stati trappati.
Nel mentre facevo tali considerazioni, pensai anche che, forse, nulla avrebbe potuto condurre le ricerche dell'uomo a me: nulla avrebbe potuto fargli sospettare che lui, cercava proprio me. Entrando nelle sue grazie, avrei potuto deviare la sua ricerca e quella nuova terra, fonte di illusioni e nuove speranze, poteva esser l'occasione che dimenticare ogni cosa e ricominciare da capo, abbandonando il passato. Ma per farlo capire al mio interlocutore, dovevo prima scorprire chi egli realmente fosse e quali fossero le sue intenzioni. Mi rigiari, dunque, verso di lui.

Questa festa sembra riservare molte sorprese, non trovi?



D
issi, simulando un tono allegro, poco meno che euforico, cercando di celare in ogni modo il terrore per ciò che mi era stato rivelato. Per certo ne aveva riservate, ma non mi riferivo al mostro chiuso nel vetro, anche se volutamente favorii l'ambiguità di quell'espressione. Infine appoggiai delicatamente un braccio sulla spalla di Kreisler e dissi, indicando il banchetto con l'altra mano...



Vieni, amico mio. Parlami di questo fantasma che disperatamente rincorri, magari dianzi ad un buon calice di vino...



M
agari poteva sembrare fuori luogo una proposta del genere proprio da me, notoriamente poco avvezzo alle celebrazioni, e dopo aver posato lo sguardo su quel rivoltante abominio umanoide. Ma, dovevo ammettere, il terrore mi impediva di pensare ad un modo migliore per entrare nelle grazie di quell'uomo. Forse è vero che anche la Paura, come tutte le forti emozioni, rende inetti. E, in quel momento, io mi sentivo un inetto preda dei capricci del fato.

 
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view post Posted on 20/6/2010, 20:40
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Quell’individuo da mosca fastidiosa si era fatto buffo, veramente buffo.
Mentre il Pavone inclinava il bel collo recitando la propria parte, lui aveva scambiato i candidi capelli del gerarca per quelli di un uomo anziano. Lui aveva supposto che lei, la flessuosa e orgogliosa bestia del serraglio, si sarebbe accompagnata con un individuo non in grado di sostenerla, di eguagliare la sua agilità, il suo desiderio.
Lui forse aveva frainteso, aveva male interpretato le notti che lei era costretta a sacrificare per far tacere le voci. Forse aveva creduto che in quelle notti lei cercasse un uomo ideale, che quella feccia fosse ciò che lei voleva.
Sciocchezze. E lo ribadì con un sorriso nascosto tra la spalla e il petto di lui, forse visibili agli occhi del proprio accompagnatore.
Le sarebbe piaciuto trattenere ancora quello straniero, nascosta dietro la segretezza dell’adunco becco d’ombra, stuzzicarlo come il rapace la preda quando la becchetta ostinato lungo i fianchi, dilaniando singoli brandelli di pelle, godendosi lo scorrere del sangue.
Ma quello se ne stava andando, e lei era troppo legata al tepore del giovane per scostare da lui anche solo una mano.
Ma quello se ne stava andando, e proprio mentre aveva pensato di richiamarlo i suoi occhi furono catturati da un’immagine.
Kasumi.
Questo le sue labbra pronunciarono senza che parlasse. Con disappunto, con disprezzo. Improvvisamente il pavone gonfiava la coda marcando il proprio territorio. Quello era il suo cucciolo, quello era affidato a lei.
Non riusciva a comprendere come potesse essere lì, a meno di un metro da quella creatura così evidentemente pericolosa.
Sentì montarle nello stomaco una strana sensazione, di rabbia mista ad angoscia. Le era stato affidato, e lei già rischiava di perderlo.
La sua mano passò in quella dell’accompagnatore, mentre con il capo gli faceva cenno verso il bambino e al tempo stesso lo trascinava tra la gente, avanti, passo dopo passo, ignorando chi li guardava stupito, fino al piccolo corpo con il braccio teso. Fino a quella piccola mano quasi implorante, a quel pupazzo scricchiolante, a quel volto che non riusciva ancora a vedere.
Cercò la stretta dell’altro, rassicurante, che le dicesse che tutto andava bene. Che lei non era una cattiva madre. Semplicemente una maschera tra le altre.
Poggiò la mano sulla spalla del ragazzino, mentre si spostava indietro, poggiando la schiena contro il corpo del proprio cavaliere. Non poteva farsi vedere preoccupata, non troppo almeno. Solo lui, solo il gatto alle sue spalle, avrebbe percepito la stretta gelida di lei e compreso l’ansia che l’aveva animata.



Non dovresti essere qui. I bambini vanno a letto presto”.



Una voce niente affatto stridula come ci sarebbe aspettato dal pavone, di straordinaria bellezza e vergognoso canto. Ma una voce modulata in modo da compiere il rimprovero cono dolcezza e al tempo stesso con fermezza, con quell’ironia che non poteva mai evitare. Solo non voleva lui toccasse il vetro.
Le metteva i brividi la sola idea che quella mano così bianca si avvicinasse alla creatura assopita. I bambini vanno a letto presto, non toccano schifosi mostri che dovrebbero popolare solo i loro incubi.


 
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Zephyr Luxen VanRubren
view post Posted on 21/6/2010, 12:46




Un nonno? Davvero?
Sbuffò divertito innanzi all'insulto -forse?- mossogli dall'ubriaco lercio e trasandato che per un istante era riuscito a incrinare l'armonia creata dalle maschere, inframmezzandosi fastidiosamente con una pausa pregna d'inopportunità e fastidio. L'aveva chiamato "nonno", forse non riuscendo a scorgere la mancanza di rughe sotto la maschera che copriva appena gli occhi, pensando solo alla chioma argentea che sovrastava la ceramica.
Non rispose. No davvero.
Negli anni passati nel Mondo Umano aveva imparato che bere troppo causava spesso risse o tafferugli vari. Nulla che lui non fosse in grado di sostenere, ovviamente. Ma il festoso volere del Re unito al diletto cui la maschera gli consentiva di godere lo federo ridere sommessamente, fissando con sguardo complice e divertito la compagna che poggiava il volto sulla sua giacca nera, tentando chiaramente di provocare il sudicio malcapitato.

« La maschera di un topo sarebbe decisamente più opportuna »
pausa, poi una debole risata arrogante
« visto il suo pestilente alito di fogna. »

La guardò, sorridendo.
Poche parole per sfogare il fastidio procuratogli dalla breve intrusione, e poi fu nuovamente impegnato a bearsi del caldo tocco della donna. Una flebile febbre che sentiva avvolgerlo, provenendo dal contatto del volto e del corpo della donna appoggiata a lui. Emozioni, sensazioni che sentiva ampliarsi ogni volta che ella lo fissava negli occhi.
Gli parve di vivere un sogno dal quale non volle destarsi, una circostanza terribilmente diversa da ciò che era abituato a vivere.
E gli piacque.
Nel momento in cui aveva sentito la donna destarsi da lui per trascinarlo verso la prigione in cui l'incubo era stato riposto, scelse quindi di seguirla, avvertendo distintamente che il sentore di pace e tranquillità era svanito, rompendo per un istante solo l'incantesimo della maschera per riportare a galla il vero se stesso.
Non gli dispiacque, certo; ma non era ancora disposto a porre la parole fine su quella serata. Non ancora.
Per un attimo volle fermarla, stringere le dita di lei un pò più forte per costringerla a girarsi verso di lui, a parlargli e spiegare così il motivo che la stava conducendo verso il vetro che lo separava dal mostro, verso il tubo trasparente che separava la volontà del ragazzo a quella dell'a n g e l o.
Già. Malgrado la maschera, quello era un problema costante, che non poteva risolvere.
L'aveva percepito sin da quando era stato scoperto, l'aveva sentito risuonare in lui con voce sempre più grossa, quasi prepotente. L'abominio che stava innanzi a tutti gli invitati della festa aveva fatto sì che l'angelo si prodigasse a uscire, vista la naturale predisposizione che lo costringeva a odiare qualsiasi specie di magia oscura. Anche se appartente al Re.

“Non dovresti essere qui. I bambini vanno a letto presto”.

La voce di lei lo riportò alla realtà.
Una voce dolce, senza malizia o provocazione -strana. Un suono indirizzato al bambino che toccava incurante il tubo di vetro che cingeva interamente il mostro separandolo dalla folla. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile; non da lei, almeno.
Aveva sentito parlare molte volte della Rosa del Toryu, ma mai aveva sentito di dettagli riguardo alla premura materna appena mostrata. Per questo le accostò la bocca all'orecchio, per questo volle parlarle in privato lontano dalle orecchie del bambino che si premurava di proteggere.

« Forse rise, piano è un bambino cattivo. Come noi. »

Un sorriso tirato che malcelava il disagio causatogli dall'angelo.
Un disagio che si premurò di reprimere all'istante, distogliendo e relegando i pensieri dell'altro nell'antro più oscuro della coscienza. Un posto sufficientemente lontano -forse- per tenerlo a bada.
Drizzò nuovamente la schiena ponendo lo sguardo incidentalmente lo sguardo sul mostro, i lembi di pelle in procinto di staccarsi, le ossa in bella mostra. E subito percepì l'istinto di affrontare le sue paure di combatterle, di avvicinarsi all'essere che temeva sin da quando era stata scoperto il lenzuolo che lo celava. Lo fece per combattere l'angelo, e per mostrare al Re che non temeva certo il confronto con un simile schifo.
Le dita s'involarono lente verso il vetro, poggiandosi sopra con fare dapprima incerto, per poi espandersi aprendo completamente il palmo sopra di esso, saggiando il freddo tocco della lamina trasparente.
Se solo il Monarca gli avrebbe dato modo di farlo... giurò a se stesso:
avrebbe finito di spezzare quel corpo distrutto con le proprie mani.


Edited by Zephyr Luxen VanRubren - 21/6/2010, 17:41
 
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Alicia.
view post Posted on 21/6/2010, 14:21




« The pig always slipping away.
Winning seems so probable until you lose.
The only real conclusion is the one you choose.
Every trace of happiness erased in time. ¹ »


Represse le urla all'interno del proprio cranio, riuscendo a fermarle con un barlume di ragione, finalmente ritrovato. All'apparenza, nessuno si era reso conto del suo parziale e momentaneo crollo psichico, complice l'abominio esposto in bella vista, che catturava sguardi e commenti di tutti i presenti.
Proprio come uno sciame di falene, attirate dall'unica fonte luminosa presente in quel salone.
Se si fossero avvicinati troppo, se avessero osato osservare l'oblio presente nei vacui occhi di quella creatura, ne sarebbero rimasti folgorati, perdendo la propria sanità mentale, già carente in quei loro corpi di maiali.
Impossibilitati ad osservare oltre l'inganno, incapaci di contrastarlo.
Le vere maschere non erano quelle che porvano per sfizio sul viso, celandone il grugno, quest'ultime erano soltanto per adornarne i lineamenti animaleschi e per distogliere l'attenzione dalla reale travestimento, quella imposto dal Re ad ognuno di loro.
Delle maschera di tacito consenso, che non li permetteva di esprimere il vero Io.
Erano schiavi, in maniera maggiore anche di quel Kodoku.

I cerulei occhi della Bianca si insinuavano in ogni lineamento del demoniaco volto del sovrano, cercando di carpire cosa si celasse al di là di ciò che mostrava. Tutti avevano dei segreti, soprattutto il re dell'Inganno.
Se si mente è per nascondere qualcosa.
Quel qualcosa celato dietro una moltitudine infinita di maschere.
Mentre sembrava che riuscisse finalmente a carpire una porzione del comportamento del sovrano, venne interrotta da una voce, che sentì stranamente vicina.

Il proprio sguardo si spostò sull'elegante figura che le si era avvicinata, adornata in viso da una serpentina quanto viscida maschera. Un biglietto da visita inusuale.
Prestò orecchio a ciò che quell'individuo aveva da dirle, riuscendo a trattenere un sospiro di rassegnazione.
Non vi era cosa che potesse interessarle meno della socializzazione, non ne era mai stata portata e, solitamente, nemmeno gli altri erano così ben disposti verso di lei, respinti all'istante dal muro di indifferenza e freddezza che si era costruita intorno alla propria figura.
Ogni sentimento umano portava inevitabilmente all'odio, per questo ne restava il più distante possibile, riuscendo così a mantenere il proprio corpo puro e privo di qualsivoglia peso.

Non era apatia la sua, era ostilità verso qualsiasi debolezza che riuscisse a far breccia nell'animo.
Ciò che le ricordò quell'uomo fu proprio questo, mai maschera fu più indicata per additare l'umano costretto sul proprio ventre a strisciare, succube dei propri sentimenti e bisogni.

Fece qualche passo indietro, allontanandosi dal proprio interlocutore e dal mare di vetri e vino, cascati rumorosamente a terra pochi istanti prima.
Sospirò, dischiudendo le labbra e lasciando passare tra di esse delle pacate e calme parole. « Mi è passata la sete. »

In risposta al -nemmeno troppo pacato- tentativo di flirtare dell'uomo.
Lei, pura, candida, perfetta, bianca.
Mai si sarebbe lasciata violare da delle mere emozioni o da degli istinti a lei mai appartenuti. Con nonchalance evitò la corte di colui che aveva osato rivolgerle la parola.
Incalzò poi, facendo schioccare le labbra. « In verità non c'è alcun motivo che mi trattenga ulteriormente a questa "festa". »

Storpiò, nemmeno troppo velatamente, la parola finale. Ben conscia che non fosse l'unica ad aver colto il vero motivo di quella terrificante mostra.
Si passò poi una mano tra i rosei capelli, facendoli cadere dietro le proprie spalle, in modo da avere soltanto i suoi curati boccoli sul davanti.
Avevo visto abbastanza. Avrebbe elaborato le informazioni raccolte e agito di conseguenza, nei confronti del Re e dell'intero Toryu.

¹ Love Is Like di Skold Vs KMFDM
Img - P.Manipulation by Me.


 
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view post Posted on 21/6/2010, 16:13
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First Contact
Divertenti. Senza dubbio non c'era aggettivo migliore per definire tutte le particolari e bizzarre situazioni che stavano accadendo in quella serata di gala. Forse una definizione azzeccata sarebbe stata "interessante", ma non si sarebbe adattata a tutte le scene. Da una parte avevamo la Rosa, o meglio il pavone; accompagnata da un gatto, importunata da un leone con il quale inscenò un divertente teatrino. Mi disgustava la mancanza di classe di quel leone, a torso nudo in un'ambiente simile. Tuttavia le sue risposte alle provocazioni del gatto erano interessanti. Mi divertiva ascoltare quel botta e risposta fra i nobili e il pezzente, che non riusciva a mascherare il suo status nemmeno ad una festa in maschera; avevano decisamente attirato l'attenzione, ma non erano loro l'attrazione principale della serata.

Il Re Demone era ormai pronto: aveva richiamato tutti attorno a lui per un unico motivo: mostrarci la sua creazione, quello che chiamava prodigio della scienza; ci provava a spiegare in breve il metodo di creazione del suo nuovo gioco, e lo adoravo. Era quasi come giocare al gatto col topo con numerose cavie, ma utilizzando la magia come catalizzatore: decine e decine di creature in un unico barattolo, costrette a eliminarsi a vicenda; l'ultimo rimasto in vita prende il potere di tutti. Era un esperimento decisamente affascinante, dal quale si sarebbe potuto generare qualunque cosa. Era difficile pensare che il risultato di un tale prodigio della scienza potesse dare qualcosa di meraviglioso anche nell'aspetto: la sola idea di generare qualcosa a quel modo richiamava un'immagine mostruosamente forte, ma orribile a vedersi! Sorrisi: mi piacevano esperimenti simili, era affascinante venire a conoscenza di metodi sempre nuovi per poter giocare con le vite dei propri sudditi e avversari. No, non mi illudevo di certo che il Re per realizzare un Kodoku utilizzasse solamente animali e insetti: se avesse agito in quel modo sarebbe stato decisamente meno interessante.

Non mi aspettavo niente di meglio: era assolutamente orribile a vedersi, e come me, la maggior parte degli invitati a quella festa si esibì in esclamazioni di stupore quanto di disgusto. Era impossibile restare impassibili di fronte ad un tale abominio. Affascinante nel concetto, senza dubio, ma dall'aspetto orribile. Il Re esibiva la sua creatura agli invitati, mostrava quanto fosse superiore tramite lei. Sembrava quasi un cadavere in avanzato stato di decomposizione, ma ancora in vita. Chissà se esisteva un modo per creare un kodoku riuscendo a preservarne anche l'aspetto esteriore! Quello si che sarebbe stato un'esperimento ancor più interessante; ma a quella festa non potevo aspettarmi nulla di meglio: la mia attesa era stata pienamente soddisfatta.

Mi guardai intorno, cercando di scrutare oltre le espressioni celate dalle maschere, cercando di ascoltare qualunque cosa non fosse un'espressione di stupore, fino a quando non trovai nuovamente chi cercavo: il lupo bianco. Non era un suddito del Re, lo avevo sentito parlare di un segreto, sapevo che avrebbe dovuto agire in piena segretezza, senza tradire la sua identità, e proprio per questo era diventato chealcosa che, se non fosse stato per il kishin, avrebbe guadagnato tutta la mia attenzione. Ero curioso, non potevo farci nulla: adoravo scoprire e sperimentare, tanto le semplici iterazioni sociali quanto gli effetti delle mie lame sulla pelle delle persone. Ero curioso, decisamente. E quella sera avrei voluto scoprire di più su di lui.

Lo ritrovai fra la folla: se la maschera poteva nascondere, l'odore poteva rivelare. Mi avvicinai alle sue spalle, lentamente e con naturalezza; dovevo sembrare un semplice invitato di quella festa che cercava un complice con cui scambiare opinioni sulla creatura del Re; e in fondo era vero, in parte. Volevo scoprire da dove venisse il lupo bianco, raccogliere informazioni; perchè se il kishin era affascinante, dare la caccia ad una spia era senza dubbio più stimolante. Dalle sue spalle, sorseggiando il solito calice di vino mi affiancai a lui, indicando con una mano la creatura al centro di tutto.

Certo che il Re non perde occasione per stupirci, non crede?


Un commento anonimo, come tanti altri, per non tradire le mie vere intenzioni, per avere un primo contatto con quella che sarebbe diventata la preda. Sempre se il lupo non avesse mangiato il gatto prima, ovviamente.


 
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Arlic
view post Posted on 21/6/2010, 17:29






Nell'aria. Se ne sentiva l'odore appena impercettibile. Al primo impatto si riallacciava nella memoria agli olezzi sgradevoli che emanavano i cadaveri in putrefazione. Poi passavano i secondi, e i minuti, e allora quella traccia diveniva tutt'uno con l'aria, si amalgamava per bene e ne si perdeva l'identità. Diveniva improvvisamente un odore dolce, normale, come se fosse sempre stato accanto a Kasumi. Quello era uno dei primi sintomi della Follia. La brutta bestia che stava segregata e rintanata nei meandri del suo cervello, e da oltre alle sbarre d'acciaio che il piccolo aveva imposto con tanta forza, ululava, si dimenava straziando le orecchie del Burattinaio con una sola parola: Libertà.
E una risata sadica riempiva il vuoto che gli rimaneva dentro. Risuonava ed eccheggiava, entrando in risonanza con ogni più piccolo collegamento nervoso della testa, fino a far vibrare tutti i neuroni, pizzicandoli, sui quali cantava una smielata ninna nanna.
Ecco che giungeva il suo momento.
Ecco la lingua inumidire le labra ossessivamente.
Ecco la mano dell'innocente pronta a liberare il Kishin.

« Non dovresti essere qui. I bambini vanno a letto presto. »

La stupidità tipica di una mente femminile. Solo l'anima pettegola e oca di una donna aveva potuto sputare una frase così ovvia, così priva di senso, così stracolma di senso materno tanto da sentirne la nausea. Sapeva di un abbraccio materno che Kasumi non aveva chiesto. Quella era la voce della Regina di tutte le oche sciocche e pettegole della corte, l'erbaccia dall'aspetto più grazioso che la fanghiglia del castello, sulle rive del fosso, aveva rigurgitato, come se fosse roba sua.
Voleva bene a sua Madre. E per questa debolezza si odiava molto.
Aveva promesso di starle accanto.
Si roteò, il movimento del busto fu accompagnato da un lieve gemito di Jack che rimaneva saldamente aggrappato al Padrone. I suoi orbi neri senza fine erano sbarratti e fissavano la Madre con aria severa e ira. Kasumi rimase gelido, non sollevò il capo, ma come i ciechi manteneva le orecchie in ascolto e le labbra appena dischiuse. Nessun espressione fuggiva dalle sue labbra.

« Chi è quello Madre? »

Vide l'uomo dai capelli argentei, color della cenere, stringere la mano. La mano di lei. Affusolata, candida, perfetta, la mano di una donna, una delicata creatura celestiale che inibiva le coscenze degli uomini; bestie che poi sbavavano e lottavano tra loro, con morsi e grida, solo per stringere le cosce di quella sgualdrina tra le mani e affondare tutta la virilità che Dio aveva concesso loro tra le gambe, serpi e orsi si arrampicavano sui corpi delle signore che godevano di quel peccato feroce, gemendo appena come teneri agnellini per poi strepitare come grasse vacche un insaziabile - ancora -.
Odiava gli uomini. Odiava il genere maschile.
Odiava le donne. Odiava il genere femminile.
I loro sporchi giochi, i loro bisogni fisici, le loro voglie dannatamente incotrollabili. Se seolo avesse avuto più potere avrebbe potuto tra le lacrime ucciderli. E piangere alla fine di tutto per ritrovarsi finalmente solo e libero. E piangere fino alla fine dei tempi.

« Un estraneo. E' la specie che prediligi. »

Rapidi, silenziosi, gli estranei erano gli amanti fugaci perfetti. Sotto alle coperte ci mettevano tutta la passione possibile, ci mettevano impegno e spesso gli scappavano parole romantiche, tanto che si scioglievano nell'aria, e allora tu, donna bellissima, o ragazzina, smarrita tra la realtà e il sogno ti chiedevi cosa era giusto e cosa sbagliato, e intanto gioisci di essere riuscita un'altra volta a colmare il vuoto. Gli amanti fuggono. E rimani sola tra le lenzuola, sola con un vuoto dentro al tuo cuore che scava e affamato strepita, ha bisogno di amore, ha bisogni di quelle fatiche insensate e di ricompense sfuggevoli, brevi, ha bisogno di sentire un altro uomo abbracciato al tuo corpo. E tu hai bisogno di sentirlo fremere nuovamente.
Sorrise compiaciuto ed affranto allo stesso tempo

« Vai a crogiolarti accanto al suo corpo.
Vattene. E lasciami solo.
»

Si ruotò nuovamente e continuò a osservare il corpo del Kishin lasciare a poco a poco questo mondo.
Gli tornava in mente il Padre, alla memoria tornava la sua figura ancora così ben distinta e chiara, bellissima e impeccabile. Amava quell'immagine e ringraziava di non averla gettata via dai suoi ricordi, ma anche se tentava di riassaporarla si accorgeva che non sapeva di nulla. Clow era suo Padre, un uomo che aveva amato con tutta la forza della sua anima, finita in pezzi, qualcuno che non c'era più e che non gli stringeva più la mano. La mano di Clow era gelida, allora Kasumi si concentrava sperando di poter riscaldare la sua abbastanza per entrambi.
Lui non l'aveva mai sfiorata sua Madre, nemmeno una volta. Qualche abbraccio, qualche carezza, qualche fugace sguardo d'intesa, ma mai si era permesso di insudicare il suo corpo. Nemmeno dopo la cura. Non l'aveva toccata. Kasumi non giudicava, decideva. Sin dall'inizio aveva rinunciato a un amore che mai si sarebbe potuto realizzare: quello per una creatura figlia dei ricordi, falsa.
Una lacrima gli rigò il viso.
Il Burattinaio non se ne accorse nemmeno e lasciò che cadesse a terra.

Allora mi rendo conto che per quanto io sia intelligente.
Per quanto volte io possa aver frantumato la mia anima.
Per quante volte io abbia ucciso e sotterrato i miei sentimenti.
Per quante volte io abbia martoriato questo mio corpo, alleato inconsapevole.
Non sarò mai capace di liberarmi dal ricordo di questo amore.
Sudicio, sporco e peccaminoso.
Che Dio possa avere pietà di me.

- Diario di Studio, Dr. Kasumi
 
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view post Posted on 21/6/2010, 21:56

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Un disdicevole intoppo. Così definì il Diavolo il due di picche servito dalla ragazza. Ma sappiamo quanto la carne dell'essere umano possa essere debole, e quella di Lucifero (in quel corpo) non differiva di molto dalle altre, mostrando al padrone di quel corpo tutti i limiti della forma umana, facendogli tornare per l'ennesima volta l'assidua voglia di tornare all'Inferno, abbandonando quelle lande e quel corpo che tante preoccupazioni gli disturbavano il sonno. Prese il rifiuto della dama come un modo come un altro per mettere alla prova le sue doti da seduttore. Una sfida nient'altro che questo.
In quella baraonda di selvaggi e bestie, di ubriaconi e demoni, lui aveva scelto la dama di ghiaccio per giocare.
Rimase stupito, questo possiamo dirlo, di solito le innocenti donzelle si concedevano a lui con la facilità con cui i demoni si sottomettevano al suo potere, ma quella donna no, con ammirevole indifferenza, allontanava e respingeva le sue avances.
Per questo,la donna stuzzicò le viscere di Lucifero, fu la prima che resistette al suo fascino, la prima che ne restò totalmente indifferente. E ciò gli piacque.
In quella serata, poteva dedicarsi ad altre mansioni meno abitudinarie quali cercare di spodestare un re potente, ma il suo cuore sobbalzava all'impazzata, fremendo come un'adolescente alla prima cotta, vibrando sotto il vestito di seta nero, sotto la camicia al centro del suo petto, sobbalzando come una banda in festa.
Nella sua figura perse la cognizione dello spazio e del tempo, arrivando persino a perdere interesse verso la creatura del Re, ormai archiviata nella sua mente come un mero insulso alla bellezza.
Nella sua testa non c'era altro che l'interesse per quella donna, probabilmente un'interesse mondano e frivolo che sicuramente presto sarebbe scomparso dalla sua testa, lasciando di quelle sensazioni nient'altro che un nebuloso ricordo.
Ma adesso risultavano essere forti e pulsanti.
Quelle strane emozioni risultavano essere inusuali per il suo essere, aveva assopito da sempre in lui ogni qualsivoglia turbamento umano, soggiogando tutte le persone alle quali veniva a contatto, con la spietatezza di un serpente che tentatore convinceva Eva a mangiare la mela, lasciando distante da lui quella imperfezione umana che in quell'infimo momento lo stava animando.
Respinse con repulsione quella sensazione mai provata, cercando di riprendere, salde nella mano, le redini del suo gioco e tirare un nuovo strattone all'animale che graffiando e mordendo cercava di farsi strada nel suo ventre, scavando un traforo verso l'esterno.

La bestia venne rimandata brutalmente al sicuro, essa con una punta di diniego si mise buona a godersi lo spettacolo, pronta a un nuovo attacco.
Aspettava la mossa del suo padrone.

Avanzò verso la dama con passo lento, sotto il peso dei suoi piedi i frammenti di vetro scoppiettavano come il fuoco sulla legna umida. Colmata la distanza che li separava accostò il suo viso al collo di lei, inondando le sue narici del buon odore che la donna emanava, il profumo inebriò i polmoni e la mente, facendo viaggiare l'uomo per un breve istante in un paese esotico, dove l'odore di salsedine, alberi e frutta fresca cozzarono nella sua immaginazione, con sensuale lentezza avvicinò le labbra all'orecchio della donna, cogliendo l'infinità di quegli attimi godendo del lento trascorrere del tempo.

« Madame, così mi offende... Non vorrà trattarmi alla stregua di questi rozzi essere umani? »
Un flebile sussurro, parole condite da un pizzico di ironia, cambiò la sua strategia, la dolcezza lasciò spazio alla sfida e alla provocazione, una sua ulteriore arma di seduzione, avrebbe giocato con la ragazza.
E di sicuro non avrebbe perso.

« Poiché io non lo sono. »



Sotto la maschera del rettile gli occhi turchini scintillarono, abbandonando quell'apocrifa purezza che li contraddistingueva, e sul volto dolce si dipinse un sorriso gelido e maligno, che per fortuna non sarebbe arrivato agli occhi cerulei della donna.
Ma ciò che la vista celava, l'udito rivelava, difatti il sorriso si sarebbe mostrato attraverso il suo tono di voce, arrivando probabilmente all'immaginazione della donna.
Era divertito da quel gioco, parea un bambino felice mentre scartava i regali di natale, quei occhi sognanti mentre la carta cozzava in terra in piccoli frammenti, rivelando (al bambino sognante) un nuovo e straordinario giocattolo con il quale dilettarsi.

Non la creatura del Re.
Non il Re stesso.
Ma lei, una semplice donna.




CITAZIONE
Ecco a te ^^
Edit: Aggiunta immagine.



Edited by ¿LüІ - 21/6/2010, 23:49
 
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