Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ Preghiera, Scena free - Leviatano

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view post Posted on 5/7/2011, 16:32
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Dove aveva trovato quel mantello che la copriva interamente, dalla testa ai piedi, nascondendo i suoi tratti, i suoi occhi bassi, il tatuaggio che le dipingeva la schiena? Aveva forse pensato che nessuno l’avrebbe riconosciuta o lo aveva scelto senza pensare, raccattandolo da terra?
Non lo ricordava.
Menzogna.
Lo sapeva benissimo. Ricordava benissimo ogni cosa. Ma non aveva il coraggio di ammetterlo a se stessa, perché se lo avesse fatto si sarebbe arrestata nel punto in cui si trovava e avrebbe pianto.
Non voleva piangere.
Lei era più forte di così. Era più potente di così. E poteva ancora dimostrarlo, forse. Poteva combattere per il suo sovrano e non deluderlo nuovamente.
Anche se non le aveva rivolto la parola lei lo aveva ugualmente capito, lo aveva letto nel suo volto terribile e senza tratti.
E. Sì. Ricordava. Ma aveva promesso a se stessa di non ripeterlo mai più.



Raggomitolata come un aborto aveva aperto gli occhi. La consapevolezza l’aveva invasa come una doccia fredda.
Fallimento.
Fallire.
Fallita.
Non aveva più alcuna utilità. Lo aveva pensato alzandosi in piedi e afferrando il manto che era appartenuto a qualcuno di loro o che forse era semplicemente stato portato lì dal vento.
Profumava, come un aroma distante, le ricordava l’angelo. Quando l’aveva abbracciata e portata a casa. Quando aveva appoggiato il volto sul suo petto e vi aveva riversato il proprio vuoto. Quando gli si era addormentata addosso e lui diceva Va Tutto Bene.
E anche se non era mai appartenuta a lui, ugualmente quella stoffa aveva avuto ugualmente il risultato di rassicurarla come avrebbero fatto le sue mani attorno al volto.
Guardami.
Andrà tutto bene.
Io mi fido di te. Io ti amo.



Sentiva gli occhi pizzicare e la gola chiusa.
Erano morti entrambi per lei. Alla fine aveva fallito eppure era stata l’unica a svegliarsi.
O meglio a non morire, perché camminava ancora come in sogno, abbozzando infantili passi di danza.
Ogni tanto roteava su se stessa e il vento le scompigliava i vestiti.
Era un mantello nero, non propriamente adatto a lei, e la pioggia glielo premeva addosso pesante. L’acqua non evaporava su di lei, la stoffa le aderiva agli incavi delle braccia, alla schiena. Immaginò fosse gelida, anche se lei poteva sentirla solo vagamente.
Il cappuccio le ricadeva sul volto, sulle guance, corrugato come la pelle di una vecchia. Le consentiva di non guardarsi attorno. E di non guardarsi dentro.
Attorno a lei c’era vita, lo sapeva. C’erano voci sconosciute. Ma chi mai in quell’accampamento avrebbe fatto caso a una donna senza volto, a poco più che un’ombra.
Sapeva che lì si sarebbe fatta una guerra, perché il suo Re non avrebbe mai potuto vincere senza spingere avanti pedoni e torri. Forse avrebbe potuto presentarsi con il proprio ruolo, ma con quale coraggio?
I suoi compagni erano morti, ed era stata causa sua. Una volgare traditrice.
Ecco.
Lo aveva fatto.
Aveva ricordato.
Ricordare.
Ricordo.
Corda.
Suicidio.
Quello che avrebbe dovuto fare.
Si morse un labbro fino a farlo sanguinare.
Muori.



« Ammazzalo! Ammazzalo! »



Quella. Voce.
Alzò il capo.
E nel farlo si guardò intorno. Vide gli orchi.
Vide Hoggar tre dita.
Vide il rosso. La causa di tutti i suoi mali. Notò la somiglianza straordinaria con colui che amava. Sentì il calore carezzarla. Le lacrime ora scendevano libere sulle sue guance, come se quei colori avessero divelto una porta già quasi abbattuta.
Conosceva anche l’uomo che era in mezzo a tutta quella mischia. Per quanto la odiasse era uno di loro – un altro – e stava morendo perché nessuno era lì a salvarlo, a fermare quella massa di creature indisciplinate.
Si portò una mano alle labbra.



NO!



Lo aveva gridato, prima di scorgere un altro farsi avanti a fermarli.
Ma era troppo tardi.
Avrebbe potuto rimanere nell’anonimato, ma era quasi certa che almeno uno di loro l’avesse sentita. E forse ora era superba.
Volgare.
Sfacciata.
Ma si sentiva in dovere di dire qualcosa.
Aveva fallito. Semplicemente fallito. Ma doveva dire qualcosa.
Deglutì. La sua voce tremava. Il suo corpo tremava.
Evitò lo sguardo del rosso. Evitò di pensare alla sua bambina dai capelli corvini che non avrebbe visto mai più. Alla loro bambina.
E evitò di ricordare. Le lacrime. Il risveglio. Fallita.



png

Non toccate quest’uomo…
La sua voce le parve ridicola, da passerotto tremante.
Non è roba vostra. Appartiene al Re”.
Disperata. Terribile. Strinse i pugni, sotto il mantello nero.



L’avrebbero riconosciuta, ne era certa.
Leccò una lacrima salata dal labbro.
Sono tornata.


png



Equipaggiamento: Bloody Maries (indossate); Leviatano (non utilizzato); Mietitrice Scarlatta (alla cintura).
Consumi: //
Energia Residua 100%
*Anello del potere + Risparmio del Dominio
Danni riportati: //
Azioni: //

Passive in utilizzo




Autocontrollo ~ Al 10% Dalys non sviene

Ammaliamento ~ Risparmio energetico dall'1% al 5% per le tecniche illusorie e aumento di un livello dei loro effetti

Intimità ~ Abilità passiva che induce fascino nell'osservatore

Dominio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie

Danza di Salomè ~ Sfuggevolezza dei movimenti (abilità passiva); se resta immobile avrà a disposizione 3 slot tecnica

Equilibrio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie



Attive Utilizzate




//



Edited by Majo_Anna - 5/7/2011, 19:45
 
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Andre_03
view post Posted on 9/7/2011, 11:42




Gli orchi si dispersero, commentando sommessamente tra loro le parole del venerato Ramingo.
Li aveva rassicurati sulla volontà del grande Gruumsh, tanto quanto bastava per fargli perdere interesse per ciò che stava accadendo tra gli umani. Nel vedere come la folla si diradava lentamente, Vraashnak tirò un impercettibile sospiro di sollievo e, scrutando un'ultima volta la donna che aveva osato sfidare la volontà del Bastardo - il quale guardava nella medesima direzione - si allontanò sotto la pioggia.
I Bravi Camerati lì riuniti non ostacolarono il suo passaggio, uno sorridente e l'altro intento a leccarsi le labbra alla vista della femmina poco distante. Maledisse quelle bestie dalla pelle liscia e rosea, giurando a se stesso che avrebbe parlato con l'hoëpriester di quella collaborazione con gli infedeli.
Individuò la tenda del comandante Bara-Katal, percependo una certa tensione aleggiarvi attorno.
Non rallentò il passo se non per scostare il lembo che gli permise di entrare.

« Nobile Hoëpriester, maestro Oberrin » fece un inchino rituale
« vi porgo i miei omaggi. »

[...]

La pioggia era l'unica cosa che li divideva.
Hoggar fissava la figura ammantata della Rosa - sì: avrebbe riconosciuto il corpo di una donna così bella tra mille altri - e taceva. Nei suoi occhi lampeggiava un'ira troppo titanica per essere contenuta da sembianze e spirito mortali. Con la mano che reggeva il ragazzino aveva dei problemi a trattenere la propria forza. Persino Shagwell e Bronn erano calati in un silenzio innaturale, totalmente disinteressati dall'assembramento di orchi che si andava disperdendo.
Poi all'improvviso Hog rise, nervoso e sprezzante nel contempo.

« Oh davvero? »

Strinse più forte, riponendo il coltello e facendo gemere di dolore il prigioniero della sua morsa.

« La principessa ha ragione, fratello. » intervenne una voce divertita
fin troppo familiare alla gran parte dei presenti « Prendere la roba degli altri è sbagliato. »
rideva sotto ai baffi
« E noi non siamo mica dei criminali, giusto? »

Il Grigio accanto a lui era già scoppiato in una risata così fragorosa da attirare l'attenzione di qualche orco.
Persino il Bastardo del Titano aveva allentato la presa, scosso dalle risa.

« Giusto? »

Chiese il Giullare saltellando verso la Rosa; tintinnava nella pioggia, sguazzando scalzo sul fango e sulle pozzanghere.

« Noi siamo gli angioletti del Sovrano, i suoi servetti leccaculo. » aveva raggiunto la donna
e le sussurrava impudente nell'orecchio, con rabbia commista a divertimento e minaccia
« Ma con chi cazzo credete di avere a che fare, voialtri? »

Quella domanda arrivò come un fulmine a ciel sereno; lama affilata che penetrava le menti e le carni.
La mano del Rosso si chiuse a coppa sul seno di Dalys, e strinse con forza inaudita.

« Ti sono mancato, tesorino? » sussurrò;
poi, prima che lei potesse reagire, le afferrò il braccio con la mancina e lo torse dietro la sua schiena.

« Lascia perdere quella nullità, Hog. »
disse con voce calda e profonda Bronn « Prendiamo al Re qualcosa di più importante. »

E già si avvicinava con chiare intenzioni alla donna.

« Ottima idea fratellino. » ghignava.
« Ma voglio essere il primo. »


Scusate il ritardo; mi fermo momentaneamente qui per lasciare spazio di manovra anche agli altri, eventualmente.
Per ulteriori sviluppi sul fronte 'trama', comunque, vi rimando a un prossimo post di Maionese. Non vi nascondo che stiamo per finire (dobbiamo tenere il passo del resto dell'evento) e sarà necessario quindi porre dei paletti conclusivi quanto prima. :sisi:
Siete comunque liberi di postare, sempre con le solite limitazioni riguardo l'autoconclusività.

Per eventuali chiarimenti, sapete come e dove chiedere.
 
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view post Posted on 13/7/2011, 18:41
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Esempio
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« ...e infine io, dunque, rimarrei nelle retrovie. »
Il guitto strinse con le vingers un simulacro che lo raffigurava e lo spostò verso i limiti della piccola e rude mappa, dove le retrovie si sarebbero trovate all'inizio della battaglia. La sua mano rugosa incontrò quella di una pedina orchesca, buttandola giù con palese intenzionalità e lasciandola rotolare giù dal tavolo ligneo. Al suo posto ora si stagliava, idealmente, il maestro Oberrin.
Bara-Katal era stato costretto, a malincuore, a rivedere la sua strategia; ammettere che aveva inavvertitamente tarato il suo piano per un esercito di soli reus dalla dura vel -e non di deboli umani- era significato collezionare un'altra lancinante ferita al suo orgoglio, ma non poteva nemmeno negare la superiorità tattica del capo dei Guitti. Per quanto avesse voluto mandare al macello tutta la fetida feccia umana che gli stava intorno, l'alleanza con il soewereine Ray non doveva essere compromessa: così sembrava volere Gruumsh.
Il piano dell'umano non sembrava lasciare falle, se non per un semplice punto: Oberrin aveva sconvolto -con un velato piacere- la sua intera strategia, ma aveva deciso di rimanere nelle retrovie come l'hoëpriester voleva inizialmente. Ma Bara-katal non era uno sprovveduto: gli umani sono viscidi e loschi, e quando le loro scelte appaiono strane o criptiche c'è sempre qualcosa di malvagio sotto. Il gesto della pedina non era solo un'ulteriore dispetto -a cui aveva resistito serrando le mascelle e digrignando i denti aguzzi, e a cui avrebbe risposto a dovere quando non vi fosse stata una guerra mondiale in arrivo- ma era significativo di quanto costui volesse rimanere nell'ombra: si era deliberatamente sostituito ad una recluta semplice. Ma per quanto volesse nascondersi, vedere il capo dei Guitti nelle retrovie lo avrebbe messo ancora di più in luce perché fatto eccezionalmente e ridicolmente paradossale. Qualunque fosse il suo secondo fine -non gl'importava- non avrebbe potuto celarlo a lungo.
Mentre si crogiolava in questi pensieri, l'orco vide gli occhi del Guitto notare qualcosa verso l'esterno; il suo sguardo si mosse nella stessa direzione, e un fascio di luce dall'entrata gli lambì il gesig.
« Nobile Hoëpriester, maestro Oberrin » un orco si presentò nella tenda, inchinandosi ai due generali « vi porgo i miei omaggi. »
Sentiva sempre con piacere quella voce: Vraashnak "die swerwer" era uno stimato compagno di battaglie, un potente stregone e un nome ormai mitico nel popolo orchesco. Ma anche il semplice contenuto disgusto per tutto ciò che è umano avrebbe messo in sintonia due come loro, specie in una simile situazione.
Il Guitto rispose con un educato saluto, mentre l'hoëpriester si volse verso il Consigliere e rispose con lo stesso inchino, porgendo anche lui i suoi taciti omaggi. « Arrivate tardi, Consigliere Vraashnak » disse indicando la mappa sul tavolo, raffigurante una complicata strategia. « Questa breve consulta si conclude qui. »
Un segnale, e la guardia di Bara-Katal si precipitò fuori. Nel giro di pochi istanti, il suono cupo di un corno si diffuse per tutto il campo.
« Dite ai vostri di prepararsi, maestro Oberrin: la battaglia è imminente. »
L'orco si precipitò senza fermarsi oltre la tenda; in quel preciso istante, gettò uno sguardo al cielo. Un sole nero inconcepibilmente splendente si stavliava in mezzo alle nubi.

solenero

« Is die tyd. Gruumsh se oog waarneem ons. »
« E' l'ora. L'occhio di Gruumsh ci osserva. »

C'è poco da capire: Oberrin e Bara-Katal hanno concluso il piano di guerra; il corno suona, dando un segnale fondamentale. La battaglia è imminente (cit.)

N.B. Per chi non lo avesse capito, Bara-Katal crede che il sole nero generato da Ray-divinità sia l'occhio di Gruumsh che lo scruta dall'alto.

 
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J|mmy
view post Posted on 15/7/2011, 01:25




Valzer al crepuscolo
«Ritorno alla vita»

Mentre si dispiega la sua bellezza,
il tempo nel quale trascorre
consuma subito la sua grazia,
il fiore diviene fieno, fango la gemma,
l'uomo cenere, mentre paga
il tributo alla morte.
La sua vita, il suo esistere
sono pena, fatica e necessità
di chiudere la vita con la morte;
così la morte chiude la vita, il pianto il riso,
l'ombra il giorno, l'onda il porto,
la sera il mattino.

~

Il primo insulto lo insinua
il dolore che ha il volto della morte,
il dolore, maschera della morte;
nella fatica innanzitutto ci immerge,
al dolore ci costringe,
la conclusione è la morte.
Vincolata dunque da questa legge,
leggi, o uomo, la tua condizione,
osserva bene il tuo essere;
guarda senza remore
che cosa eri quando nascevi,
come sei adesso, cosa sarai!
Piangi la tua pena, deplora le tue colpe,
frena le passioni, spezza l'alterigia,
rinuncia all'orgoglio!


• • •

Il tempo è un concetto assai bizzarro.
Esso è sovrano, forza indissolubile, ostacolo inamovibile.
Il tempo è eterna fonte d’energia, flusso di vita impossibile da mozzare.
I monti sorgono, crescono, frastagliano una realtà già disseminata d’odio e incompetenza; le colline tremolano, caracollano alla furia della terra, si spaccano innanzi alla velata ignominia dell’uomo; gli incendi divampano, bruciano gli animi di coloro che meritano la colpa, mentre poco distanti maree in tempesta dilaniano battigie troppo stipate e ignare della collera che oramai li attende.
E, in tutto ciò, il tempo scorre imperturbabile, avvolgendo nel proprio placido tintinnio il gelido susseguirsi di eventi devastanti e catastrofici ma stupendi e irripetibili al contempo.
Persino fino a quel giorno, a quell’ultimo sadico crepuscolo, l’ascesa a divinità di un essere potente come il fu Sovrano era sfumata fra le grinze dei secondi prima, dei minuti dopo, delle ore poi, come se il tempo stesso ne avesse volutamente oscurato il fatale avvenire.
Ma adesso, in quel misero frammento di attimo, quell’unica limpida voce era stata capace di spezzare questo eterno ciclo d’istanti, l’impensabile andirivieni di sospiri che – fusi gli uni agli altri – sarebbero parsi assai poco dissimili ad un’unica, lamentosa e ridondante supplica.
La supplica di tempo… di speranza.

NO!
Rekla mosse lentamente il busto asciutto e tagliuzzato, volse il collo di qualche centimetro, il tanto bastante perché i suoi occhi vacui e assenti librassero leggiadri al sibilo sferzato poco prima. Quel suono che, come una picca di rovente acciaio nero, aveva trafitto la sua mente assurdamente stuprata e sconvolta.
Sentì qualcosa smuoversi dentro, un intrico di rimorso e rancore che ancor’ora non riusciva a sbrogliare; e più tentava, sforzandosi di aggrapparsi a ricordi remoti, più le sue carni cedevano e il corpo si debilitava.
Non rammentava nulla, nulla che non appartenesse al presente, nulla che non coinvolgesse il raccapricciante quadretto d’orchi e tende che ora l’attorniavano inquietanti.

«Perché ci accusi, perché fai questo?»
«Perché mi lasci qui?
Perché sono qui?
»

• • •

«I vostri crimini vanno dall'omicidio allo stupro...
... stupro
stupro...
»


D o l o r e. Atroce, indicibile dolore.
Le ginocchia si arresero vergognosamente e la Nera riversò in terra, genuflessa, le mani a premere vigorose contro tempie martellanti e incandescenti. Una lacrima le sfuggì d’istinto, ma Rekla la ricacciò immediatamente. Nonostante il dilemma che la logorava dall’interno, però, i suoi occhi rimanevano spalancati, fissi, perduti nel nulla più assoluto, nell’infinito vuoto avanti a sé, un vuoto più che mai incolmabile; i suoi muscoli indugiavano ancor più rigidi e indolenziti.
Con l’aspetto che più s’addiceva a un fantasma, la donna riacquistò l’equilibrio, serrò la stretta sull’elsa e nascose la lama cristallina tra le consunte falde del mantello. Poi tese l’orecchio, a sufficienza da udire il solo dileguarsi di sussurri inevitabilmente distorti dall’imponente ululare di un lontano corno orchesco, mentre nel tetro cielo carico di nubi un minaccioso sole nero giganteggiava sugli astanti con generale fermento.

pvlrE

Era ora.
La guerra batteva oramai alle porte.
E, stavolta, neppure il tempo avrebbe più potuto nasconderla.


Nulla da aggiungere. Rekla percepisce la voce di Dalys e ciò le rammenta confusamente il processo all'interno del Kishin.
Va detto che la ragazza ha perduto gran parte delle proprie memorie a causa dello stato di trance in cui attualmente riversa.
 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 16/7/2011, 13:41






La mano dell'Alchimista mi si chiude addosso
non vedo più il sole.
Sento premere le tempie mentre sento bestemmie attutite e un fiato putrido mi circonda.
Parole, maledette parole! Un solo vocabolo sbagliato
ha aizzato i Guitti contro di me.
Ah, ma davvero Egli non vi controlla?
E allora come mai ti senti così punto sul vivo quando uso quel termine?
Forse ti brucia una ferita già aperta nel tuo orgoglio?
Urlami, uccidimi pure! Posso scappare in ogni momento dalla tua stretta,
passare alle tue spalle, ucciderti.

Ma non lo faccio.

Consapevolmente scelgo di rimanere qui, senza darti la soddisfazione di cacciare un suono.
Credo mi stiano sanguinando le labbra a furia di morderle.
Ma non voglio scappare, non più. Attraverso le dita enormi e tozze sulle mie orecchie
sento, attutita, una voce che conosco
e ancora il desiderio potente di scappare - lo chiamano
istinto di conservazione -
combatte con la mia ragione,
col mio desiderio di affrontare le cose senza più scappare
senza rinunciare
alle mille possibilità di vivere
o di morire.
Mi vuoi uccidere
solo per dimostrare la forza dei Bravi
(o la loro frustrazione)
sotto il pugno di ferro di un Re che controlla tutti
che essi vogliano o no?
Bene, fallo.
La morte che non è venuta dal canto degli Orchi
avrà le tue mani sventratrici di cancelli
e risolverà per me i problemi che io,
che io
(perché sì, esisto tanto da poter usare la prima persona,
da poter addossare a me stesso le colpe che trascino dietro questa mezza esistenza)

non ho saputo risolvere, o quantomeno limitare.

Stringe, ancora.
A cosa sto pensando?
Non è roba vostra. Appartiene al Re.
Le dita stringono, le tempie pulsano a fatica.
Ansimo non devo urlare sento qualcosa scricchiolare nella testa.
Poi la presa si allenta, cado per terra come al rallentatore
nell'urto con la dura terra
il ricordo del dolore passato
si fonde con il dolore presente
e mi taglia fuori dalla realtà
in un fuoco d'artificio
straziante acredine
delle mie vene.

...
Pausa
dal mondo
mi ritiro
è bello qui
ma non posso
rimanerci
in eterno
...


Apro gli occhi e vedo
torno al mondo sotto un nuovo sole
o s c u r o
le mie braccia sul terreno si muovono scomposte
tracciano un effimero angelo di polvere
prima di rialzarmi
riacquisto coscienza di me
scuoto terra rossa dai capelli
e vedo
Lei
che tanto tempo addietro mi aveva accolto nel maniero.
Lei
che porta nel cuore (a lungo l'ho creduto) un peso troppo grande per essere confidato.
Lei
che ricambiò l'amicizia che le offrii con scherno e imbrogli.
Lei
che mossa da una stupida gelosia da primadonna allontanò da me l'unica donna per cui valeva la pena di lottare.
Lei
che affrontai in una foresta senza ricordarne l'esito.
Lei
che impunemente ora vive, e parla di me come di un volgare oggetto.
Non è roba vostra. Appartiene al Re.
Roba. Appartiene.
Mi rialzo e sento l'odio trasudare dal mio sguardo, desidero che le faccia più male delle mani dei Guitti che le si avvicinano.
La insidiano, vogliono divertirsi con il suo corpo e far soffrire la sua mente. Certo, è questo ciò che fanno i giocattoli di Ray.
E ci fossimo trovati in un'altra situazione, in un'altra vita o anche solo un paio d'anni prima
mi sarei gettato a salvarla anche a costo della mia stessa vita.
Ora,
Ora invece non muovo un dito verso di Lei.
Le indirizzo solo parole atone, quasi stanche
degnando ogni altra persona intorno
di una contegnosa indifferenza.

Questa nullità - sì, anche così mi hanno chiamato - non appartiene a Lui.
Questa nullità non appartiene a niente e nessuno
che non sia un ideale
che non sia una patria
distante mille e mille leghe da qui.
Ero giunto fin qui per l'Asgradel
che ora mi è negato.
Ora non ho più interesse nelle guerre del vostro sovrano
non voglio più essere Pedone della sua scacchiera.
Voi tutti, ricordatevi di Kreisler il Rinnegato
quando l'uomo che è divenuto Dio vi schiaccerà
nel momento in cui non servirete più alla sua fame di conquista.
Ricordatevi di me e della mia scelta
e sentite l'amaro nel sapore delle vostre lacrime,
nel rimpianto di non avermi seguito.


Lascio scivolarmi addosso gli sguardi irati che mi dardeggiano contro
come l'acqua dei fiumi traversi che ha lambito la mia sconfitta.
D'ora in avanti sarò solo, io, Re del mio destino,
Alfiere del Nulla dal grigio vessillo, orgoglio e tormento della mia anima,
Cavaliere della Strega che mi è stata tolta,
Torre e Baluardo di Lithien la Perduta.
Che la Rosa continui a sedurre senza motivo e senza scopo
accettando di subirne ogni conseguenza,
che i Sette continuino a illudersi d'essere liberi,
che gli Orchi continuino a credere che Ray non possa manipolare anche il loro Dio.

Muovo un passo in una direzione che non esiste,
vedo sfumare Dalys e i Bravi e gli Orchi
in un confuso arcobaleno
il sole nero si sfalda
...
Da Straniero giunsi, Straniero vado via.
Questa non è la mia storia.



Bene, la mia partenza e il mio forzato abbandono di Asgradel per un mese e mezzo coincide con la rinuncia di Kreisler a prender parte alla battaglia finale, non ritenendola utile al perseguimento del suo scopo. L'ultimo passaggio si riferisce al suo uso della difesa assoluta di terzo livello del dominio: senza aspettare repliche verbali (o attacchi autoconclusivi, lol), Kreisler evoca un portale dimensionale e si teletrasporta in un posto non meglio precisato che mi riservo di rivelare a tempo debito.
Colgo l'occasione per ringraziare Andre, Maionese e in generale tutti coloro che hanno preso parte a questa bella scena che è stata per me un'occasione di far crescere ulteriormente il mio pg. Arrivederci a tutti a settembre! *si commuove*
 
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Stray
view post Posted on 18/7/2011, 12:00




Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
puttane, guitti, schiavi e stupratori
le cortesie, l'audaci imprese io canto
omicidi, inganni e tanto altro vanto
che furo al tempo che passaro i Mori
a gli anni del Re cui tutti eran'inferiori
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto
con queste righe io mi strozzo e canto
seguendo l'ire e i giovenil furori
e guerre sante quanto lor signori
d'Agramante lor re, che si diè vanto
che di fandonie e mocchi fecer manto
di vendicar la morte di Troiano
per soffocar chiunque alzasse mano
sopra re Carlo imperator romano.
verso guadagni candi come guano


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« UNA SPADA »



Ruggì l'eroe rivolto al sole, la destra stretta all'impugnatura della mannaia che ancora trafiggeva il corpo nemico, riverso al suolo in una pozza di sangue scura come il fango. Aveva vinto. Ma quelle armi le sentiva scomode, come un vestito pruriginoso - pur adatto alla propria misura - incrostate com'erano di sangue e ruggine, ricoperte di bugni e ammaccature.
Quelle spade squadrate e tozze erano le cronache del passato, non l'avrebbero sopportato ancora per molto a lungo: già la Roya pendeva all'albero, immobile nel vento, come un vistoso impiccato. Le avrebbe abbandonate lì, in quella zolla sospesa dimenticata da tutti, dove solo qualcuno di altrettanto tenace avrebbe potuto raggiungerle - e beccarsi la loro maledizione.

« UNA SPADA »



Urlò ancora, riempiendosi gli occhi di sconfinato azzurro tempesta. Lo sguardo bronzeo dello scudo, mezzo sotterrato come il volto di un gigantesco sarcofago collocato pochi centimetri sotto il suolo, riflettè il bagliore divino: un fascio di luce investì Rohan, agitando i lembi del mantello come una brezza leggera, e una bastarda a due mani, lunga quanto l'arma che ancora stringeva, scese levitando fino a lui.

Un deus-ex-machina così splendente e perfetto da risultare quasi inappropriato agli occhi del guerriero, come se fosse stato recapitato a lui per sbaglio. Allungò le dita verso quel manico incolume, separato dalla lama da due ali d'oro finissimo, scanalate e innestate nel corpo della spada, protendendo la mano come nel dover accarezzare una farfalla, la bocca infantilmente semischiusa. Toccò la stoffa, ammirò il lucido riflesso del filo arcuato ai tre quarti e culminante in una singola punta, e afferrò il brando strappandolo dalla colonna eterea.

« ...finalmente. »

Il suo sorriso brillava ancora più del Lascito,
diametralmente opposto e allo stesso tempo concordante nell'obiettivo.
Estirpare il male e imporre la propria giustizia.

___ __ _ __ ___



La spada era ancora sporca di sangue e le sue ferite non si erano totalmente cicatrizzate, strette dalle fasciature che lo stringevano sia sotto che fuori le larghe vesti strappate, quando entrò all'accampamento.
Dov'era finito il re? Dov'era il castello?
Al posto della corte centinaia di luridi ammassi di carne spurganti grugniti e sudore, involucri tesi di muscoli e solennità radunati e insediati fra le rovine del leuco maniero, insozzavano quel luogo con i loro barbari canti. L'eroe si addentrò nella tendopoli, dove il suono si faceva più denso e opprimente - come un gorgo di note gutturali scriminate da qualche sottile spuma di voce acuta - ignorando gli sguardi di quelle bestie, animalia partoriti dal ventre della terra, colmi di fredda diffidenza e mormorii ostili. Per ogni zanna scoperta l'Alba scintillava raccogliendo il riverbero di quel cielo gravido di nubi che ancora incombeva sopra le millemila teste radunate laggiù.
L'esercito del Re.
Un esercito di mostri.

Raccolse fiele e la sputò a terra, sorridendo amaro.
Un esercito di prede.

Una voce lo colpì, anzi, più voci: umane. E per quanto violenti e gravide di minacce che fossero, si senti più allegro. In particolare, di queste ne ricordava una: lo straniero del deserto, l'uomo dal nulla. Si fece strada fra i corpi degli orchi, passandoli affianco stretto nel mantello calato fino ad ombrare il viso, resistendo alla tentazione di aprirsi la strada squartando anzichè girare tortuosamente in cerca di un passaggio libero, fino ad arrivare vicino al luogo in cui poteva vederlo parlare.

« Servirlo... Un tempo era così come dici, ma ormai ho pagato il mio debito.
Sono un uomo libero, adesso. Io ero lì.
Io l'ho visto ascendere alla soglia della divinità percorrendo un sentiero lastricato di ambizione e cadaveri
E ora che è abbastanza potente da controllare anche il qui presente Mastro Hoggar e i Sette del Sud ora che può privare chi ha voluto servirlo della dignità e di ogni ragione di vivere ...non ritenete che possa avervi anche fatto travisare la volontà del vostro Dio?
»

Kreis-ler-Val-raf-kannnn
« ...e anche se fosse? »



Allargò le braccia e abbozzò una lenta rotazione - più per controllare eventuali movimenti che per dare enfasi - su se stesso, con un'anda lievemente frammentata.

« Ti pare che questi uomini - questi orchi - siano così senza palle da non saper badare a se stessi? Da correre sempre dritti offesi dai paraocchi e strozzati dalle briglie, fino a non aver più respiro? Persino il più sciocco di questi goblin sa approfittare delle occasioni... »



Ammiccò al capannello di belve che stava stringendosi attorno alla cerbiatta drogata, a passi lenti e minacciosi, appena copertasi con un mantello ruvido. Come se una rapida fuga nella macchia erbosa potesse far dimenticare al cacciatore di aver visto passare una preda.

« ...senza che queste approfittino di loro. »



Si avvicinò all'uomo del nulla, per incrociare di nuovo quegli occhi così neri e misteriosi.
Si ricordò la grotta, il deserto, l'oasi, il drago delle sabbie, la luna, le stelle, la città e la clessidra. Si ricordò il sangue e il dolore e l'acido e le urla gli assassini e la pace dopo le schermaglie, a leccarsi le ferite. Si ricordò l'inganno mascherato da vittoria, nel teatrino dello sciamano.

Azad, sussurrò quando le spalle si avvicinarono, e non ci fu bisogno di dire altro, poichè lo oltrepassò dandogli le spalle, volgendosi alla tenda.

« Questo non è raggiro al debole, questo è la volonta del forte.
Questa non è cieca sottomissione, questo è valore ingaggiato.
Questo non è morire per niente, Kreisler, questo è combattere per qualcosa.

...e anche se è solo per noi stessi, almeno ci saremmo divertiti.
»



Anche solo per sentirsi un po' più vivi o vedere il mondo un po' più morto.

___ __ _ __ ___

NO.


Non è andata così.
Il mezzogigante si è avventato su Kreisler, l'ha sollevato con una mano sola. La nuda è stata aiutata da un altro giovane, biondo e brillante come il sole delle rocce. Un'altra donna è intervenuta, salvando l'uomo del nulla e attirando su di sè altri due individui. Questa è una tua fantasia, le cose non vanno mai come vorremmo. Kreisler è sparito dopo il suo sermone, non è rimasto più nessuno che ricordassi ancora. Soltanto facce nuove, ancora una volta, sempre attorniato da nemici. Senza possibilità di inserirsi o replicare, ancora una volta troppo tardi, come un cane fermato da una catena a pochi centimetri dal piatto.
Bocca cucita, eroe: i pedoni non parlano.

Ma questo non è il tuo re, questo non è il tuo clan, questa non è la tua guerra. Voltati, nascosto nel mantello del codardo, nessuno ti potrà notare, la tua sarà una spada qualunque, che sbuca da dietro la spalla e ara leggermente il terreno. Non sarai rosso e sfolgorante come la veste d'Arturo, non avrai armature d'ossidiana e polvere di stelle, ma un qualunque manto fangoso e scuro.
Non cercare la gloria, per aver salva la vita.
Non cercare il sangue, per non versarne di tuo.
C'è qualcosa di più importante, in tutto questo, trovala.

« Fermi. So dove trovare quell'uomo, ma non vi ci porterò adesso. »

Rombo di tuono, un passo deciso nella fossa dei leoni.

« La guerra comincia per tutti. »

Prima che cade un fulmine, c'è un campo d'elettricità statica che solleva tutti i peli e fa ronzare le orecchie. Prima dell'onda, il mare si risucchia in un silenzio abissale.
C'è sempre questa sensazione, dopo essersi esposti in tal modo.

Ma anche questo è un rimpianto, un miraggio sfocato che si dissolve tremando.

___ __ _ __ ___


NO!


Le cose non vanno mai come vorremmo, e di solito vanno pure peggio.
Non sei mai entrato nello spiazzo brullo, circondato dagli orchi, per salvare la Rosa.
Hai ascoltato tutto, nel cono d'ombra, fuori dal coro, come ogni singola volta.
E poi ti sei girato, quando il corno è suonato muggendo nell'aria.
Cercavi la battaglia, per dimenticare quello stupro imminente?

Solo una mano tesa, di fronte a un'altra donna.
Questo è il massimo del tuo eroismo, Rohan?
Prestare aiuto a una finta indifesa, un demone che non potrai mai raggiungere?
Perchè tu l'hai vista, no?
Cristalli neri. Magia. Occhi da assassino.
E' un lupo che ha scuoiato una pecora e la usa come costume,
una malignità che tu non potrai mai raggiungere,
confusa e crudele.

« Adesso non hai bisogno d'aiuto, donna.
Ma quando arriverà quel momento, io ti proteggerò.
»


Palmo aperto - che si chiude a pugno - e batte contro il petto una singola volta.
Che ne è di tutte le tue parole?
Volevi salvare Kreisler, volevi salvare la donna dalle mani rapaci del giullare,
volevi la gloria luminosa, cacciatore di orchi... e non fai altro che sottrarti.
Continui a preparare qualcosa di più grande da quando hai abbandonato quella nave, non è vero?
Prima o poi, però, dovrai pure cominciare.

« BROERS, DIE OOG VAN GRUUMSH KYK NA ONS.
OPHOU OM ALLE VYANDELIKHEDE EN ONS STRYD AS 'N ENKELE SOLDAAT.
»
Fratelli, l'occhio di Gruumsh ci guarda. Cessiamo ogni ostilità e combattiamo come un unico soldato.



___ __ _ __ ___

png


A cento metri dalla tenda del comando, sopra una colonna mangiata e pericolante un tempo appartenuta al maniero o al suo borgo, l'emissario di Gruumush apparve. Due metri d'armatura fiammeggiante splendevano come mille fuochi, imponente e maestoso come solo l'araldo di un dio può essere, la spada protesa verso il sole nero comparso nei cieli pochi secondi prima.

« SY KRAG IS GEOPENBAAR IN DIE LUG
DIE TYD HET GEKOM
»
La sua potenza si è manifestata in cielo. L'ora è giunta.



Urlò, e la sua voce grave risuonò fra le tende.

« VIR DIE WEN
WANT DIE HEERLIKHEID
VIR GRUUMSH
»
Per la vittoria. Per la gloria. Per Gruumsh.



___ __ _ __ ___


Perchè non avrei mai potuto salvare da solo quella donna che il giullare aveva appena iniziato a stuprare, nè avrei mai potuto portare via Kreisler da un intero accampamento di orchi, nè combattere quei tre e uscirne vincitore.
Perchè io sono Rohan, sono l'eroe. Sono le promesse dimenticate dal tempo. Sono la folgore del caso, il trickster della sorte. Sono la fiamma che illumina e brucia, ma soprattutto sono un uomo. Perchè solo chi ha conosciuto la morte può conoscere il valore della vita, solo chi ha conosciuto la sofferenza può conoscere il valore della gioia. Perchè, per una volta, sono io dalla parte dei buoni.

Perchè le cose non vanno mai come vorremmo.
Certe volte vanno pure meglio.


Yessir. Ho dovuto cambiare tre volte questo post, non sono mai riuscito ad entrare nella giocata.
Solo le ultime due scene sono vere, il resto è tutto frutto dell'immaginazione: siamo nell'universo del "possibile" di Rohan.

Senza possibilità di vittoria, il guerriero si mette in disparte ed evoca sopra un pilastro non crollato l'evocazione grazie all'abilità della spada: vuole muovere la massa, visto il corno di guerra e l'apparizione del sole nero, per far si che con tutti i preparativi - e millemila orchi infoiati - i comandanti delle due fazioni, che ci credano o meno che un'armatura infuocata apparsa dal nulla è l'emissario di gruumsh, chiamino all'ordine Shagwell e co., per bloccare un attimo lo stupro di Dalys. Ma credo che anche un attimo di stupore da parte di questi ultimi potrebbe permettere alla Rosa di fare qualcosa :v dopotutto, stiamo concludendo la giocata. L'evocazione sparisce il prossimo turno, in perfetto stile "apparizione divina"

Ah, Rohan conosce l'orchesco grazie all'artefatto Stendardo di Gruumsh, e fa parlare in questo modo l'armatura. Spero di non essere stato troppo autoconclusivo, ho puntato sul fattore "What The Fuck".

CITAZIONE
...immenso, si manifestò al suo stolido fedele.
Presenza divina, terrifica trascendenza, come già detto la spada è colmata dall'anima di un frammento che la Forza ha donato al proprio Campione per sorreggerlo nella sua lotta impossibile. In essa è racchiusa quindi l'essenza di un'esistenza senza tempo, immortale e oltre ogni comprensione; e al prezzo di un Alto dispendio di energie, il portatore sarà in grado di estrapolare da essa parte di questa coscienza superiore, trasmutandola dall'aria che lo circonda.
Apparirà avvolto in fiamme inestinguibili, rassomigliando un fantasma arroventato dall'ira e dal rancore, e impugnerà la stessa spada dell'Eroe. I suoi occhi saranno rossi come il sangue e il suo corpo pervaso da crepe coloro del crepuscolo, e immane sarà la sua forza.
Come nella leggenda, il Dio accompagnerà il mortale che impugna il Lascito, ambendo a raggiungere anche gli obiettivi che i comuni mortali reputano impossibili. Insieme, l'uno a fianco dell'altro.
Ed essi non avranno rivali, perchè in grado di sconfiggere persino un Antico.
[Abilità Alta + Passiva di potenziamento]
[Evocazioni Media, dura due turni - l'evocazione avrà lo stesso livello energetico del portatore]

E che ci credano o meno, è comunque da Fuck Yeah :v

Edit: le rime iniziali sono dell'Orlando.
Io ho fatto una cosa simile, adattata all'Asgradel. Mi perdonino.

Edit II: corretto un errore grammaticale.


Edited by Stray - 18/7/2011, 13:35
 
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view post Posted on 19/7/2011, 15:58
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Lui contro di lei.
Il respiro di lui sul viso.
Sarebbe stato sufficiente a farla impazzire, perché lui era il padre della sua bambina. Sarebbe stato sufficiente a farla piangere, perché era colpa di lui se tutti quegli eventi tragici si erano susseguiti. Gli tremava tra le mani, come un piccolo animale spaurito, aspettando lo svolgersi degli eventi. Si lasciava assordare dalle loro voci, consegnandosi al proprio castigo.
I suoi occhi corsero all’uomo che aveva salvato. Erano brillanti e malinconici a un tempo. Lei era stata l’amante di quasi tutti loro, era scivolata con un sospiro nei loro letti, negli angoli bui delle loro stanze. Li aveva dominati con il proprio corpo in un mondo in cui ancora esisteva un ordine nel potere.
Quello era il giusto prezzo per la sua colpa. Ma lui era salvo, e questo era l’importante. Le sue labbra si deformarono in un sorriso isterico, mentre non faceva niente per impedire che si avvicinassero. Ora avrebbe potuto dire qualcosa. Fissò il giullare.
Vieni, vieni amore mio. Vieni. Forse riuscirai di nuovo a donarmi una figlia, che dici?
E lo avrebbe detto realmente, gridato, se i suoi pensieri e le loro voci non fossero stati sovrastati dal suono del corno. Era come un richiamo, molto più antico di quello del corpo, molto più primordiale. Come una muta di cani tutti i volti degli uomini e degli orchi si levarono verso l’alto, al sole oscuro che li sovrastava. La pioggia parve farsi più intensa, quasi raccogliesse le lacrime degli dei prima della battaglia.
E anche lei, come tutti gli altri, si sentì in qualche modo trascinata da quel suono. Era un canto e un grido d’aiuto al tempo stesso. Il Rosso la lasciò andare, sussurrandole all’orecchio qualcosa di confuso riguardo un futuro ritorno.
Non se ne curò.
Lì, sotto la pioggia, allargò le braccia lasciando cadere il mantello scuro. Lasciò che l’acqua lavasse via il sangue e la polvere dal proprio viso e che quel giorno senza luce potesse vederla. Si dirigevano tutti a prendere le proprie armi, il disordine veniva ricomposto nell’imminenza della morte.
Ognuno era padrone di se stesso, ognuno libero di decidere.
Quale sarebbe stato il nemico? Non lo sapeva, ma non le importava molto.
Quella era la loro guerra, la guerra delle mille braccia del Leviatano. Aveva fallito e i suoi compagni erano morti. Ora avrebbe potuto riscattare con il sangue la propria colpa. Sarebbe stato il Sovrano, da quell’occhio la cui iride era il cielo stesso, a decidere se fosse degna di sopravvivere o meno.
Si affiancò ai Guitti, perché certo loro avrebbero saputo quale direzione prendere. E in un attimo non era più il succulento boccone servito bollente sulla mensa, ma era una degli anonimi soldati pronti a gettarsi nella mischia.
Il ventaglio le apparve tra le mani, volò a nascondere le labbra, roteò sinuoso tra le dita. Letale come una qualsiasi delle loro spade. Forse alla fine di tutto avrebbe trovato la pace.


Bambina mia.


Sospirò, mentre i muscoli le si tendevano nell’attesa, nella tensione che anticipa l’inizio del battere ritmico dei tamburi, l’inizio della guerra.
Quando il respiro accelera e la vista sembra cogliere i minimi dettagli, l’olfatto ogni più piccolo profumo.


Bambina mia, combatto per te.


Quando si baciano coloro che si amano e i dettagli dei loro volti, dei loro sguardi, si imprimono a fuoco nel cuore. O quando non si può farlo, e la memoria riporta a galla due occhi neri, una sfuggente ciocca di capelli corvini, la pressione di una mano contro il ventre.
Una lacrima le rotolò nuovamente lungo le guance.


Bambina mia, sarò al tuo fianco per sempre.


Quando la speranza e la certezza sono soffiate via dal grido del corno e la consapevolezza della morte subentra insieme alla calma. E tutti sono uno solo, al punto da diventare nessuno. E nessuno non può esistere. E morire sarà dolce.


Bambina mia.


E promettere di tornare sarebbe sciocco e futile quanto mentire.


Non aspettarmi questa volta.


png



Equipaggiamento: Bloody Maries (indossate); Leviatano (evocato); Mietitrice Scarlatta (alla cintura).
Consumi: //
Energia Residua 100%
*Anello del potere + Risparmio del Dominio
Danni riportati: //
Azioni: //

Passive in utilizzo




Autocontrollo ~ Al 10% Dalys non sviene

Ammaliamento ~ Risparmio energetico dall'1% al 5% per le tecniche illusorie e aumento di un livello dei loro effetti

Intimità ~ Abilità passiva che induce fascino nell'osservatore

Dominio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie

Danza di Salomè ~ Sfuggevolezza dei movimenti (abilità passiva); se resta immobile avrà a disposizione 3 slot tecnica

Equilibrio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie



Attive Utilizzate



//

 
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Andre_03
view post Posted on 19/7/2011, 18:27




Suonava, il corno dell'apocalisse.
Forte e chiaro riecheggiava tra le tende, propagandosi attraverso il muro d'acqua che il cielo rigettava furioso sopra l'accampamento. Il suo richiamo fu udito per molte leghe, nei villaggi, nei campi, nelle roccaforti. Gli uomini si chiudevano in casa. Le donne cullavano i loro figli. I bambini piangevano di puro terrore. Rimbombava la terra, mentre tra le nuvole quell'eco veniva accompagnato dalla comparsa di un nuovo sole.
Nero come la notte più profonda.
Oscuro e terribile come la morte stessa, presagio nefasto che gli orchi accolsero invece con furore.
L'occhio di Gruumsh! - gridavano qua e là con voci roche, mostruose.
La fine del mondo, accolta come l'ascesa di un nuovo dio.
Suonava ancora, il corno;
ed era già l'apocalisse.

preghieraultimocopy



« Porca puttana! » imprecò il Titano a denti stretti
« Proprio sul più bello..! »

Al suo fianco erano scoppiate le risa del Grigio, che con rassegnazione aveva già abbandonato l'idea di accoppiarsi ferocemente con quella femmina che tanto s'era fatta desiderare. Nella sua armatura - riesumata da un vecchio baule per l'occasione - tutta spigoli e punte, Bronnigar Harrenhall si allontanò con passo caracollante dalla zona del mancato stupro. Aveva estratto una fiaschetta e stava trangugiando liquore, mentre con la mano destra si portava la spada in spalla immergendosi nell'onda vivente di orchi che avanzavano nella sua stessa direzione.
Hoggar lo seguì dappresso, sputando al suolo dinnanzi alla Rosa e guardandola un'ultima volta prima di accomiatarsi.
Era visibilmente irritato, il Bastardo dalle tre dita: tutta quella situazione cominciava a stargli stretta palesemente.
E non solo a lui.

« Ringrazia la tua buona stella, principessa. »
nella voce di Shagwell non c'era traccia del consueto divertimento giullaresco;
era fredda e vuota, terribile come nessun'altra
« Oggi ti è andata bene. » un sussurro che si staccava da lei « La prossima volta potresti non essere così fortunata. »

Uno sguazzante rumore di passi nudi nel fango ed il tintinnio sempre più distante annunciarono l'allontanamento del Guitto. Fino a quel momento era apparso sempre disarmato, ma come per magia ora si trascinava dietro due enormi spade. Una rossa, l'altra nera. E rideva di gusto nello spintonare troll, goblin e bruti che intralciavano il suo danzante cammino.
Poco più in là un movimento felino annunciò la comparsa di Rhagga, figlio di Throgg. Reggeva in ciascuna mano un'ascia bipenne che persino un orco adulto avrebbe faticato a tenere con entrambe. Erano di foggia rudimentale, ben diverse dalla sua personale compagna - che lo seguiva con passo felpato, in forma di pantera. Il barbaro svettava tra gli orchi e convergeva nell'avanguardia dell'esercito assieme ai suoi fratelli. Un gigantesco troll gli tagliò la strada, proseguendo oltre seguito da un confuso Rorge. Questi trascinava per terra un corpo di donna orribilmente martoriato. I seni nudi, giovani e sodi, mostravano segni di morsi in più punti; un braccio era mancante, così come una gamba al di sotto della rotula. La testa sembrava essere stata vittima di un'aggressione da parte del più affamato branco di lupi. Il Macellaio la teneva per una caviglia, con la mano destra. Nella mancina ben salda era la presa sull'ascia lunga già macchiata di sangue. Masticava quello che pareva essere un polso umano. E anche lui proseguiva verso un punto indefinito davanti a tutto l'esercito.
Intanto, urla grottesche sovrastavano i tuoni e ruggiti bestiali scandivano il ritmo dei tamburi.
L'aria era colma di preghiere, risa, insulti, incitamenti:
gli orchi andavano in guerra.


La scena free si conclude qui. Mi scuso con chiunque non abbia potuto postare entro i tempi (non stabiliti, purtroppo), ma urgeva porre la parola fine a questo frammento della storia del Valzer al Crepuscolo, in modo da aprire la strada a successivi sviluppi.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti i partecipanti e far loro sentiti complimenti per come si sono comportati (nessuno escluso) e per la qualità degli interventi: al di là di ogni incomprensione, è stata una giocata molto piacevole a cui prendere parte. :zxc:
Per ogni ulteriore approfondimento vi rimando alle prossime fasi del Valzer, che vedranno ovviamente l'evolversi delle situazioni qui predisposte.
 
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22 replies since 12/4/2011, 09:25   1581 views
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