Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ Inno alla morte

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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 7/9/2011, 00:51




Valzer
Pioggia Scarlatta


chakra02

La battaglia era entrata nel vivo: i due schieramenti erano ora mischiati tra di loro, orchi ed elfi intenti a combattersi senza la sicurezza di avere qualcuno a proteggergli le spalle. E la Fenice, unica e vera spettatrice visibile degli scontri, aveva deciso di diventare la prima donna della scena, scendendo rapidamente in picchiata sul campo di battaglia, portando sul suo dorso i tre Generali scelti dall'Asgradel. Per quanto si fosse sforzato, Aang non era riuscito a scorgerne le identità, nè tantomeno i volti, ma averli sopra di loro a sorvolare la zona degli scontri non lo faceva sentire completamente inutile: anche le file dei Neiru avevano ancora molto da dare.

Inizialmente, dalle retrovie, dove il giovane si erano spostato assieme ad alcuni Tatuatori per curare i feriti, era stato felice di vedere quella manifestazione dell'Asgradel: la carta vincente per vincere una battaglia che stava volgendo a loro sfavore. Ma quando la fenice fiammeggiante iniziò ad usare il suo fiato infernale su amici e nemici senza alcuna distinzione, le sicurezze del monaco andarono scivolando in una fredda e cupa disperazione. Se non potevano fidarsi nemmeno dei loro alleati, a chi si sarebbero dovuti affidare? Al Fato? Al Destino? Aang aveva smesso di crederci molto tempo prima, e questo non aiutava di certo il suo ottimismo verso la buona riuscita di quella battaglia.

« Linee! »
« RIPIEGAREEEE!!!
»

Fu mentre fasciava il braccio di un elfo svenuto ai suoi piedi che sentì una voce femminile urlare dalle prime linee dei Neiru. Una parola che Aang avrebbe preferito non sentire in quel momento difficile. La prima linea stava ripiegando ad ondate, accalcandosi con le file di dietro e compattandosi in un unico ammasso di carne ansimante e dolorante. Non riuscendo a vedere oltre le teste degli elfi, Aang si stava segretamente preparando all'ordine di ritirata che, ne era quasi certo, sarebbe stato dato a breve. Ma a quanto pare gli elfi attorno a lui sembravano leggermente più calmi e il giovane non riusciva a spiegarselo. Questo finchè non riuscì a trovare un posto più alto da cui guardare il campo di battaglia: le truppe dell'Asgradel si erano sì ritirate dalla prima linea, ma per rendere l'esercito più compatto e combattere più agevolmente.

Nonostante quelle ombre che ora occupavano la prima linea lo preoccupassero, sentì che era stata la mossa migliore, quando vide la fenice sorvolare il punto dov'erano i suoi compagni un attimo prima e tempestandolo di fiamme. Aang chiuse gli occhi quando alcuni elfi vennero colpiti dalle terribili fiamme della fenice assieme a molti orchi, sapendo che avrebbe rivisto i loro volti nei suoi incubi, se fosse sopravvissuto. Se, una costante imprevedibile che li teneva tutti nel suo palmo durante una guerra come quella, dove il destino di molti era nelle mani di pochi: il giovane Monaco se ne rendeva conto ma ne capiva ben poco.

Dal sasso dov'era salito per controllare il campo di battaglia, Aang vide un altro pericolo avanzare a grandi passi verso di loro: svariati esseri giganti li stavano caricando, bucando la nebbia ad uno ad uno e schiacciando e dilaniando chiunque si fosse messo sulla loro strada. Li guardò, completamente paralizzato dalla loro carica, e probabilmente si sarebbe fatto trovare in quel modo, in piedi su una roccia, quando fosse arrivato alla loro gigantesca portata. Inaspettatamente, qualcuno gli strattonò la tunica, facendolo scendere in malo modo dal suo posto di osservazione. Si voltò di scatto, pronto ad affrontare il nemico che si era infiltrato chissà come nelle file del suo esercito, ma davanti a sè vide soltanto Carnir, il Tatuatore che gli stava facendo da guida in quel caos.

« Aang, vieni con me, subito. Servi anche tu. »

Iniziarono a correre nello schieramento, avvicinandosi alla carica dei giganti dal lato, evitando così di rischiare troppo. Guardandosi attorno, Aang vide altri elfi come Carnir, gli occhi bianchi e ciechi, le mani affusolate sapientemente tatuate da arabeschi scarlatti. In quel momento risuonò nell'aria ancora quella voce femminile, imperiosa nella guida del suo esercito.

« Arcieri! Puntare ai Giganti! »

Aang aveva alzato lo sguardo sulla nebbia che aveva avvolto il campo di battaglia, domandandosi chi fosse quella donna che stava comandando la fazione dell'Asgradel; quando abbassò lo sguardo, gli elfi avevano già impugnato i loro strani archi, seguendo quegli ordini lontani. Il monaco si chiese come facessero a mirare senza vista, ma il dubbio venne spazzato via dalla fretta del momento. Anche lui cercò di non essere da meno, manipolando il Flux per la prima volta da quando era stato abbattuto dal demone delle quattro braccia: un grosso arco apparve di fronte a lui e una freccia traslucida - pronta ad essere scagliata - era già nella sua mano sinistra. L'ordine successivo non tardò ad arrivare, e stavolta il monaco era pronto ad eseguirlo.

« FUOCOOOO!!! »

Il suo dardo e decine di altri partirono verso i giganti, veloci e letali a cercare i punti deboli: ginocchia, caviglia, occhi, viso. Nessuno cercava di puntare ai punti più in vista, dove quella che sembrava la tenera carne del petto era invece quasi dura come la roccia: gli elfi sapevano cosa stavano facendo, ed Aang li seguì ad occhi chiusi. Mirare dove miravano dei ciechi, se gliel'avessero raccontato solo una settimana prima, probabilmente l'avrebbe trovata una storia divertente.

Chissà come mai però, in quel caos di urla, dolore, sangue e puzza di bruciato, la voglia di ridere gli era passata quasi per incanto.
Se in quel momento qualcuno gli fosse stato così vicino da toccargli una spalla, probabilmente avrebbe visto la sua bocca muoversi e udito i suoi sussurri frenetici.

« Incocca. Mira. Scocca. Incocca. Mira. Scocca. IncoccaMiraScoccaincoccamirascoc... »

Quel qualcuno avrebbe stentato a conoscerlo per quello che era.
Da qualche parte, tra la nebbia, qualcuno urlò con tutte le sue forze.




Ed ecco anche il mio post! :O
Facendo parte della truppa dei tatuatori sono sempre in movimento per il campo di battaglia portando aiuto ai feriti ma, seguendo il post scritto da Foxy, prima seguo la ritirata (Aang era comunque molto indietro, quindi non subisce gli eventuali colpi di fenice), poi vengo richiamato per aiutare gli altri tatuatori contro la carica dei giganti. Per l'occasione uso la tecnica da paladino "Arco di luce" e mi unisco all'attacco della truppa. L'urlo descritto alla fine del post è chiaramente quello di Jevanni. :sisi:


 
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~ D a l y s
view post Posted on 8/9/2011, 11:00





Guardò il titano gettarsi nella mischia, enorme quanto le torri che un tempo cingevano le Bianche Mura. Era una figura ispiratrice. Molti lo avrebbero seguito, molti di quegli orchi si sarebbero sacrificati al fianco dei suoi passi. Poteva quasi vederli tutti, come un’onda verde punteggiata di piccole macchie umane, infrangersi contro le difese dell’Asgradel. Il potere dei sogni, rimasto latente dietro le loro coscienze fino a quel momento.
Aveva sperato di poterlo sfiorare anche solo con un dito, di poterlo possedere anche solo per un secondo. E ora si trovava a doverlo distruggere, agli ordini di un uomo che era divenuto dio.
Agitò il ventaglio davanti al viso. Era stufa di vedere gli altri trascorrerle al fianco. Vita o morte, era quella la promessa che portava il vento. E per una come lei, a una già morta mille volte, era come un invito a nozze.
Iniziò a correre, una grazia felina, quasi letale già solo alla vista, una macchia rossa come il sangue tra gli altri. Era abbastanza rapida da stare al passo con loro, ma i suoi piedi non producevano il rombo che accompagnava i giganteschi passi dell’avanguardia. Erano più simili allo scivolio del sangue attraverso le ferite, al sospiro della morte. Si leccò le labbra sudate.
Iniziava appena a vedere il nemico, sottile e immobile nella propria nobiltà elfica, cominciava appena a pregustare il modo in cui sarebbero stati spazzati via, quando la nebbia scese sopra di loro. Una nebbia fitta, densa, le cadde addosso come un manto. Era quasi cieca, riusciva a vedere a meno di mezzo metro dal proprio viso. Si bloccò per un attimo, come smarrita. Ma durò poco. Era esattamente come i suoi incubi, con la differenza che in questo caso era lei ad essere armata. E sarebbero stati gli altri ad avere paura.
Tremava, cercando di nascondere il proprio terrore del buio. Finchè le sue dita avessero potuto stringere il Leviatano, finchè la voce ossessionante del Sovrano le avesse sussurrato all’orecchio. Per la sua bambina che meritava un mondo migliore. Per la sua bambina che era morta ma era stato solo un incubo. Lei avrebbe fatto sognare anche tutti gli altri.
Un elfo le si parò davanti. Non gli lasciò il tempo di mettere l’arma in guardia. Bastò una giravolta su se stessa, bastò allungare la mano. Ne sostenne il corpo caduto. Guardò in quegli occhi vitrei. Lo gettò di lato. Le sue dita erano umide, anche se non poteva vederle. Il primo si era punto con le spine della Rosa.
Si fece avanti, china in avanti, circospetta. Non sentiva quasi le urla degli orchi, sovrastate dal dolore e dalle grida della battaglia.
Non sentiva quasi nulla, zittito dalle voci dentro di lei. Avevano fame. La sua bambina aveva fame. E lei aveva paura, tanta paura. Un brivido che la percorreva. Un brivido tremendamente piacevole.


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Equipaggiamento: Bloody Maries (indossate); Leviatano (evocato); Mietitrice Scarlatta (alla cintura).
Consumi: //
Energia Residua 100%
*Anello del potere + Risparmio del Dominio
Danni riportati: //
Azioni: Un semplice post con cui Dalys si getta nella battaglia.

Passive in utilizzo




Autocontrollo ~ Al 10% Dalys non sviene

Ammaliamento ~ Risparmio energetico dall'1% al 5% per le tecniche illusorie e aumento di un livello dei loro effetti

Intimità ~ Abilità passiva che induce fascino nell'osservatore

Dominio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie

Danza di Salomè ~ Sfuggevolezza dei movimenti (abilità passiva); se resta immobile avrà a disposizione 3 slot tecnica

Equilibrio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie



Attive Utilizzate




//

 
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Matt Stranger
view post Posted on 8/9/2011, 12:25




JUST A SINNER
II


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Ti racconterò una storia, Chevèl.
Tanto tempo fa esisteva un essere superiore che aveva creato tutto ciò su cui oggi cade il nostro sguardo. Un giorno, mentre la noia aveva preso il sopravvento, decise di popolare il mondo che aveva creato: fu così che nacquero i primi due uomini. Questi erano immortali e come tali avevano diritto a fare tutto ciò che volevano nel regno del creatore. Solo una cosa era loro proibita.
Mangiare il frutto della conoscenza, il seme del peccato.
Entrambi vennerò ingannati da un demone.
Entrambi mangiarono il frutto.
Entrambi conobberò il bene e il male.
Entrambi morirono.
Furono condannati a vivere nel peccato.
Per sempre


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Il rumore dell'impatto di migliaia di corpi all'unisono che si scontrano contemporaneamente, il clangore delle trombe e lo strepitio dei soldati creavano una sinfonia assordante che veniva arricchita da grida e gemiti, lo spettacolo della guerra era iniziato e nessuno poteva tirarsi indietro, le danze erano aperte e tutti dovevano ballare. In un attimo centinaia di vite si spensero all'unisono tra le urla di chi, ancora vivo, si prometteva di non fare la stessa fine dei suoi compagni caduti mentre lottava per ciò in cui credeva o in cui era obbligato a credere .
Scontri di spade, di sogni e ideali, uomini, orchi e demoni, tutti sono uguali, tutti ballano in un macabro palcoscenico pieno di cadaveri i cui unici spettatori sono i corvi che attendono la fine della battaglia per banchettare con le carni dei vinti.
Anche Chevèl avanzava insieme a orchi giganti e umani che, come lui, avevano seguito il richiamo del Leviatano e lui, come loro, combatteva contro nemici sconosciuti.
Per il Re, un simbolo. Per il Toryu, una bandiera. Per il Leviatano, un esercito.
Per la salvezza, un'utopia. Per se stesso, un sogno. Per Lei, un desiderio.

Il pensiero della morte non lo sfiorava. Non pensava minimamente di morire come un pedone, nonostante fosse il suo ruolo, invero non gli passava proprio in testa il pensiero di dover cadere come tutti gli altri. Pochi metri lo separavano dall'informe marmaglia che si era venuta a creare, pochi attimi lo dividevano dalla guerra cruenta e dolorosa. E meravigliosa.
Il tempo sembrava rallentato, il Titano che, aumentando la sua mole, rendeva giustizia al suo nome, la corsa degli orchi e il volo della fenice. Tutto sembrava una vecchia pellicola al rallentatore che riprendeva gli ultimi atti dei guerrieri nei loro momenti di vita più intensi. Ogni minimo rumore, ogni respiro, ogni voce, ogni creatura, ogni cosa avrebbe trovato la fine in questo massacro. Tutto sarebbe finito.
Ultimo secondo. Ultimo respiro. Ultimo urlo di battaglia. Solo rumori e poi dentro non c'è più niente che non sia il caos.
La mano sull'elsa. Chevèl era pronto a combattere la sua ultima battaglia.

Avanti, Chevèl, combattiamo ancora tra la vita e la morte
sulla soglia d'un precipizio che forse ci porterà a rinnovata gioia
danziamo sulle ceneri di un mondo che un giorno sarà nostro

Sentiva le parole del demone, annuendo mentre impattava con decine di elfi nemici, sentiva i loro corpi sul suo, sentiva il loro calore. Pensieri depravati iniziarono a farsi largo nella sua mente uniti a un'insana sete di sangue. Un vortice perverso nella sua mente, un insieme di ogni genere di peccato dall'ira verso i nemici all'invidia per i più forti che sfociava in un maniacale desiderio di potenza e morte.
Nulla lo poteva fermare, nulla se non il suo annientamento fisico poteva impedire la sua avanzata nel campo di battaglia. Perchè lui era una comparsa il protagonista. Perchè lui era Chevèl. Perchè era il più oscuro fra i peccatori e il più brillante fra gli Dei.
E anche quando le fiamme caddero, mentre tutti urlavano di dolore, mentre chi, arso vivo, correva senza meta per poi cadere nella polvere, lui continuava la sua marcia nefasta, non una smorfia di dolore, non una parola, solo un ghigno demoniaco dipingeva il suo volto pallido.

Uccidiamoli, uccidiamoli tutti! Facciamo sì che il nostro nome non venga dimenticato!
Lottiamo per prendere tutto!
Perchè il nostro nome dovrà essere sinonimo di terrore e malvagità!
Perhè tutti dovranno sapere
Che noi esistiamo!
E s i s t i a m o s o p r a t u t t o

___________________ _ ___________________

Da allora furono rinnegati, traditori del creatore, recipienti di ogni disgrazia e conservatori del peccato originale. Un giorno morirono in maniera atroce e di loro non si seppe più niente.
Ma la storia narra di una maledizione, di un marchio che il creatore aveva messo su di loro e che li avrebbe condannati per sempre a una vita peccaminosa e travagliata. Un giorno uno dei due, in preda ai propri istinti più bassi, violentò il compagno, mettendo nel suo corpo il seme della maledizione. Il seme del peccato.
Si dice che mesi dopo dallo stomaco dello sventurato fuoriuscì una meravigliosa donna che divenne in seguito la madre di tutte le generazioni. Questa era la stirpe maledetta e tu, Chevèl, non sei che l'ennesimo frutto di questo peccato.

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Un corpo che si muoveva con una foga e una voracità di vittoria non indifferente, rapido si destreggiava tra decine di armature e spade. Veloce e potente come un tifone cremisi volteggiava sopra cadaveri e nemici mulinando la spada con una grazia innaturale, voleva sentire il suo nome risuonare nelle ere come quello del più terribile, voleva ottenere il potere e privare i potenti della loro forza e fama. Perchè il protagonista era uno e gli altri erano solo rapide comparse destinate a essere dimenticate.
Tutto mentre un manto grigiastro abbracciava i guerrieri del Re, una nebbia impenetrabile che rendeva impossibile l'assalto mirato, riducendolo a un movimento caotico. Come se potesse bastare. Come se un un trucco da circo potesse bastare a fermare la loro inarrestabile avanzata.
Quattro elfi comparse gli si pararono davanti. Quattro uomini contro uno. Credevano di vincere, proseguire e magari, insieme, tornare nelle loro case e abbracciare i loro cari. Pazzi, erano morti nel momento stesso in cui avevano deciso di sbarrare il cammino del ragazzo demone cremisi. Egli sorrise nella sua pazzia, sorrise nel vedere cibo pronto a saziare la sua malata cupidigia di morte e vittoria. In un attimo gli furono addosso, quattro corpi contro il suo, quattro voleri che si contrapponevano al suo desiderio. La spada, rapida, mulinava nell'aria, macchiandosi di vermiglio mentre due corpi cadevano come foglie secche. I sopravvissuti si gettarono verso di lui in un'ultimo tentativo di abbatterlo. Rise.

Ahahahahahahahahahaha!
Ahahahahahahahahahaha!
Ahahahahahahahahahaha!


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Rise assieme a lui. Risero mentre la lancia cremisi compariva dall'alto, infilzando i due elfi, eliminando le ultime due comparse, lasciando il palco all'unico, vero protagonista. Il liquido scarlatto schizzò sul volto bianco. Leccò il sangue come se fosse la più gustosa leccornia. Poggiò il piede sulla testa di uno degli sconfitti, premendo con una forza tale da sentire le ossa sbriciolarsi, poi proseguì, come se nulla fosse, pronto a compiere il massacro che aveva appena cominciato.

Lo vedi, Chevèl? Il nuovo mondo è vicino.



{ ReC 175 ~ AeV 175 ~ PeRf 300 ~ PeRm 125 ~ CaeM 200 }



Status fisico - Illeso - 0/16
Status mentale - Divertito - 0/16
Energia - 83% [100-11-6]
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Passive in uso:

Extreme Strenght - Forza superiore alla norma.
CITAZIONE
Ogni essere vivente possiede delle armi proprie che gli consentono di vivere e uccidere, spesso tali "doni naturali" sono artigli, zanne e quant'altro gli possa permettere di prevalere sulle altre creature. Muscoli e armi, questi sono i suoi strumenti di sopravvivenza, per questo è incredibilmente potente e basa il suo stile di combattimento sulla forza bruta. Potrà per esempio portarsi appresso una coppia di spade di grandi dimensioni come se fossero due coltelli da cucina oppure lanciare un'arma di proporzioni gigantesche come un giavellotto.

No emotions - Difesa psionica passiva.
CITAZIONE
Una mente controllata, privata di ogni sentimento che potrebbe collegarsi alla malvagità o alla spregiudicatezza, un uomo le cui emozioni sono decise da altri. Uno come lui non si lascerà mai influenzare da persone che non siano i suoi superiori e neppure il terrore sopraggiungerà alla vista di bestioni più grandi e forti di lui poichè avrà la calma e il sangue freddo necessari a affrontarli.

_______

Attive in uso:
Concentrazione - Indurisce il suo corpo in modo da resistere agli attacchi fisici/magici [Consumo Medio - Difesa a 360°]
CITAZIONE
Chevèl ha delle ottime capacità di concentrazione e in meno di un istante potrà diventare incredibilmente resistente agli attacchi, che vengano dall'alto, dai lati o alle spalle.

Longinus - Evoca una lancia [Consumo Basso]
CITAZIONE
Non è più un uomo, probabilmente non lo è mai stato e mai lo sarà. Se prima la sua magia era la sua arma più potente, ora è la forza fisica il suo cavallo di battaglia. La mente è stata sostituita dai muscoli e la magia dalla spada ma la sua potenza rimane comunque superiore a quella di un comune essere umano e potrà aumentarla ulteriormente rendendolo più temibile di quanto non lo sia già. E per tutti gli avversari che sono lontani da lui per quello o quell'altro motivo ci sarà una brutta sorpresa, la Passione senza tempi di attesa potrà evocare una semplice lancia con la punta del colore del sangue che preannuncia ciò che pochi secondi accadrà.

Note: utilizzo la pergamena concentrazione per annullare il danno basso della Fenice.
Uccido quattro umili spettatori di cui due con degli attacchi fisici e gli altri due li infilzo con una Longinus.
 
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view post Posted on 9/9/2011, 21:22
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C a t a r s i

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Preludio


Sconfitto, battuto ed umiliato avevo accettato il mio triste destino senza più la forza di oppormi. Nonostante in vita mi fossi sempre illuso di essere diventato padrone della morte e dei suoi segreti quest’ultima mi aveva infine raggiunto nel momento di mia massima debolezza; quasi avesse aspettato il momento in cui le mie convinzioni fossero già state incrinate a tal punto che un crollo di queste mi segnasse non solo nella morte ma anche dopo. Nessuno stregone oscuro o antico rituale avrebbe potuto realmente riportarmi indietro. Spezzato a tal punto che sarebbe stato impossibile ricompormi.
Ero morto e non sarei mai più stato quello di prima.





In mezzo alla furia della battaglia neanche un Generale poteva dirsi troppo diverso dal più comune dei soldati: ciascuno di loro si trovava in quel luogo non per una propria libera scelta ma perché vi ci era stato trascinato da una forza tanto potente quanto aliena. Nemmeno Shivian, che con la morte alla torre di Velta aveva sperato di trovare la pace, aveva potuto sottrarsi allo scontro; un nuovo intricato tatuaggio ne attraversava completamente il corpo obbligandolo ad agire allo stesso modo di come facevano i fili per un burattino. A nulla importava nemmeno che gli fossero state restituite le sue armi poiché, da quando era rinato, non aveva più neanche percepito la presenza dello Xian come se quest’ultimo fosse ancora trattenuto nella rete ordita dall’Asgradel. Privato dello spirito immortale Shivian era rimasto inerte di fronte alle operazioni militari successive al suo risveglio e anche quando, pochi istanti dopo, i due potenti schieramenti diedero inizio alla battaglia conclusiva egli non desiderava altro che astenersi dal combattere.

A nulla sembravano però servire gli sforzi degli elfi che si erano posti in difesa sua e di altre potenti figure poco distanti dalla sua posizione quando le linee degli orchi iniziarono a caricare il loro lato. Indipendentemente da quello che potesse desiderare il tatuaggio, impostogli dopo essere tornato in vita, faceva però in modo che nessuno dei generali potesse sottrarsi allo scontro imminente. Quando la squadra dei costruttori si mosse rapida per tentare una sortita all’interno delle linee nemiche Shivian non aveva potuto in alcun modo dal sottrarsi a seguirli e combattere assieme a loro. Odenis era subito comparsa nel suo pugno e rapida come sempre aveva abbattuto due orchi troppo ansiosi di gustare il sangue di quello che sembrava essere il più debole in mezzo ai possenti elfi e i loro colossali famigli.
A differenza della sortita principale dei costruttori il piccolo gruppo comandato da Shivian sembrava aver avuto più fortuna non avendo attirato l’attenzione dei comandanti del Leviatano dato che mirava a colpire un lato dell’esercito degli orchi decisamente secondario. Inoltre la nebbia calata sul terreno di scontro aveva fornito la giusta copertura alla sortita senza però riuscire a ridurre in alcun modo le capacità visive del mezzo demone. Nonostante i suoi numerosi poteri Shivian già una volta non era riuscito a comprendere i progetti dell’Asgradel subendone impotente il volere ma ora l’esercito che gli si parava di fronte era al comando dell’uomo che aveva scatenato Lia contro la torre di Velta e, nonostante fosse certo di aver perso la possibilità di influenzare le sorti di quel mondo sull’orlo della distruzione totale, tale potente nemico era una minaccia ben più reale e inquietante di quanto avesse mai potuto essere il custode dei Desideri.










SPOILER (click to view)
Risposta rapida per inserirmi anche io nell'azione della scena free. Dopo una iniziale reticenza ad agire Shivian si sposta assieme a dei Costruttori per tentare una sortita all'interno delle file del Leviatano. Tale attacco però non risulta ovviamente influente a livello dell'andamento generale della guerra come da regolamento della scena free.
 
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Senpai Shin
view post Posted on 13/9/2011, 16:49





Under the black sun
5UcrP



"Fate, allora, che ciascuna stagione racchiuda tutte le altre, e il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l’attesa."
Kahlil Gibran, "Il Profeta"


Nell'istante in cui i cupi occhi di William Oldborn si posarono su quelli affilati di un elfo dai sinuosi lineamenti, egli comprese l'odio che covava per quella razza.
Elfi, popolo fiero e autoritario, altezzoso e dirompente, membri della fazione dei predatori di Neiru, guidati da un tale Ashlon che, dal vociare che si era diffuso nelle retrovie dello schieramento, dove guaritori e cadetti si adoperavano visibilmente turbati per sbrigare faccende commissionate sul momento, sembrava essere avvolto da un alone di misticismo, in grado di marchiarlo a sangue come un terrificante condottiero.
Tutto ciò rese William molto curioso.
Tuttavia, non fu affatto sufficiente la presenza di un così impavido condottiero per stuzzicare l'attenzione del Mastino. Quel luogo dannato, quella landa al crepuscolo, sarebbe stata dilaniata prima che il nuovo sole facesse capolino oltre l'orizzonte da una guerra che avrebbe cambiato il corso degli eventi. Uno spettacolo architettato alla perfezione da ombre sapienti e maligne che avrebbe consegnato l'esistenza di ogni mortale ancora in vita - o che fosse stato in grado di restarci - nelle mani di un futuro indecifrabile. Per William, così come per molti altri che non avrebbero avuto l'opportunità di impersonare ruoli decisivi per il corso di questa guerra, non rimaneva altro che attendere in silenzio. Ogni infimo tentativo di giocare con il destino non avrebbe portato a nulla di buono.
Riconobbi immediatamente quella luce guizzante negli occhi del Mastino e compresi le sue intenzioni. Sarebbe rimasto a guardare - e perchè mai avrebbe dovuto sporcarsi le mani?! - ma lo avrebbe fatto da più vicino. Crogiolarsi nelle retrovie, lontano, in attesa della fine di tutto, non avrebbe avuto alcun senso.

« Will...so che non mi darai ascolto, ma...cerca di non farti ammazzare... »
sospirai, rassegnato all'inevitabile.



Il suo volto si indurì, mentre un ghigno beffardo si rivelò ben più esauriente della risposta.

« Cagasotto...! » sibilò con fierezza.

Raccolse la stampella e, lentamente e incurante dell'andirivieni dei soldati di Neiru, decise di allontanarsi da quell'accampamento immacolato, per ora troppo lontano perchè i lasciti della guerra potessi spazzarlo via. Quei pochi elfi rappresentavano le ultime risorse, medici da campo abilitati a curare i feriti che mai avrebbero potuto ricevere soccorsi in mezzo al fango e al sangue della battaglia. Con loro, i più anziani e i più giovani che non se la sentivano, si affaccendavano concentrati in ogni mansione in grado di compiere.
Con una risata sommessa e gracchiante, il Mastino si voltò verso l'avvenire e scomparve nella semioscurità della boscaglia già immersa nel crepuscolo. Quel posto non gli apparteneva più. Non gli era mai appartenuto e avrebbe contribuito solamente ad alimentare la noia.
William Oldborn non era stato uno dei prescelti. Lui non era stato lì con loro, all'inizio di tutto. William Oldborn era arrivato semplicemente in ritardo. D'altronde, nessuno sarebbe riuscito - seppur volendolo - a non recepire le canzoni e le future previsioni di una guerra eclatante, di un cambiamento così radicale. La guerra era sulla bocca di tutti e solo i migliori ne sarebbero usciti vincitori. E, d'altro canto, pare che vi fossero in gioco moltissimi campioni, guerrieri dalla fama di invincibili condottieri e mistici prestigiatori.
Che si ammazzassero a vicenda!
Il pirata sapeva che quello non era il momento, il suo momento. Quella guerra crudele e caotica non lo riguardava, non pretendeva alcun servigio da parte sua. Ma, tra tutte le previsioni e i dubbi ammissibili, soltanto una certezza ristagnava dal giorno stesso in cui l'inferno aveva deciso di venire in vacanza tra i comuni mortali. Niente sarebbe stato più come prima.
Un nuovo mondo attendeva l'umanità, un futuro incerto e devastato dai rigurgidi di tanto odio e violenza. Una terra da coltivare e dalla quale raccogliere i propri frutti, quelli dell'attesa e della caparbietà. Frutti saporiti come la vittoria e la rivincita.
E William Oldborn avrebbe atteso. Non avrebbe mosso un dito in quello scenario apocalittico, lasciando che i veri protagonisti si torcessero il collo l'un con l'altro, ghignando e lisciandosi le mani secche e nodose, immerso in un limbo di piacere e godimento.
A cosa sarebbe servito agire? Chissà se avrebbe avuto un senso agire? Chissà se qualcuno dei protagonisti si fosse posto tale domanda, prima di morire. Forse questa guerra era tutta una finzione, forse era già stata decisa tempo fa. Dal destino? Dagli uomini? Dagli Dèi?
Will era certo solo di una cosa. Non sarebbe stata decisa da lui. Non ne aveva i mezzi e la voglia. Non era la sua guerra, così come non era la guerra di nessun altro, all'infuori di Ray.
Il Re e l'Asgradel.
Che si ammazzassero a vicenda!
Il Mastino avrebbe atteso in silenzio l'avvento di una nuova era, che già aveva mosso i suoi primi passi nel momento stesso in cui gli ingranaggi del cataclisma avevano cominciato a muoversi, spinti dalla furia del tempo che scorre via. E di quella era, lui ne sarebbe diventato il campione. O, per lo meno, ci avrebbe provato.
Con passo lento, si inerpicò su per un'altura costellata di alberelli e cespugli che, macchiati dal riverbero arancione del sole quasi all'imbrunire, assomigliavano a una larga macchia d'olio in grado di spandersi fino a ricoprire il mondo intero.
Stranamente, la mente del Mastino era riuscita a scacciare dubbi e oscuri presagi, nonostante si trovasse in un luogo che, allo spuntare del nuovo sole, non sarebbe mai stato più lo stesso. Un lieve risolino affiorava sulle labbra sottili ogni volta che muoveva un passo, una chiara esternazione di soddisfazione verso lo spettacolo catastrofico a cui avrebbe assistito.
Dopo aver costeggiato una roccia levigata dai muschi e dalla polvere, William si decise a discendere lungo un sentiero che, in qualche modo, serpeggiava attorno al campo di battaglia, che lo avrebbe condotto verso una radura meno spoglia della vegetazione che lambiva il gambale di legno, ostacolandolo nel cammino. La mano destra mateneva una presa così salda sulla stampella di legno che le nocche avevano assunto un colorito pallido, come quelle di un cadavere risvegliatosi dal sonno della morte., mentre gelide goccioline di sudore cominciarono a imperlargli la fronte, per poi colare giù lungo la schiena, instillandogli una sgradevole sensazione dovuta all'affaticamento. Nonostante quel terreno impervio non lo aiutasse nelle sue condizioni, la volontà di giungere prima che la guerra fosse giunta nella sua fase cruciale premeva dentro di sè come un mostro carnivoro desideroso di squarciargli il petto.
Finchè la lenta avanzata non terminò. Il Mastino aveva raggiunto la radura designata e, con soddisfazione, poteva finalmente riposarsi.
Ai suoi occhi si materializzò uno scenario inimmaginabile. Erano evidenti e distinti i due schieramenti avversi, popolati da creature orribili e assetate di vittoria e gloria, trofei che, nonostante la caduta degli uni e l'ascesa degli altri, nessuno sarebbe stato in grado di ottenere. Tutti loro, una volta che l'ultima goccia di sangue avesse macchiato quel terreno maledetto, si sarebbero ritrovati a fare i conti con una sensazione di vuoto e struggente tristezza che mai sarebbero stati in grado di appagare.
Orchi ed elfi infuriavano senza timore, divisi da ideali, uniti dal dolore e dalla paura di morire. Tra di loro, si ergevano statuari i campioni di Ray e dell'Asgradel, così come dell'Inquisitrice. William ne riconobbe più di qualcuno, tra i quali il generale Viktor Von Falkenberg, un uomo crudele e destinato a calcare innumerevoli altri campi di battaglia. D'altronde, bastò un istante per individuare chi, in mezzo a quella marea di pelleverde e sinuosi guerrieri elfici, aveva la maestrìa e le capacità adatte per guidare un manipolo di soldati pronti a morire per la loro affatto personale giusta causa.
Will frugò con accuratezza all'interno della blusa blu cobalto e ne tirò fuori una bottiglia di rum. Bevve con ingordigia, come se fosse costretto a terminare il liquore prima che qualcuno giungesse per sottrarglielo. Era deliziato da quanto osservava con occhi avidi di conoscere l'esito di quella sfrenata messinscena. Dall'alto della rupe, con l'intera radura spoglia alle sue spalle, il Mastino assaporò ogni proiettile fiammeggiante che venne scagliato dalle catapulte e ogni attimo successivo sembrò vibrargli fin dentro le ossa, in un'esplosione di pura adrenalina. Ma fu quando giunse la splendente fenice che tutta la goliardìa covata fino a quel momento eruttò in un orgasmo di sadico piacere. Il rum gli traboccò di bocca, bagnandogli barba e blusa e il pirata rimase a guardare con la bocca aperta. Fu in quel momento che, per la prima volta da quando mi presentai, cercò di richiamarmi di sua spontanea volontà. O, probabilmente, si era lasciato sfuggire un pensiero ad alta voce.

« Non trovi che tutto ciò abbia un che di romantico? »
le sue parole scivolarono via in un debole sussurro.

Dovetti ammetterlo. Certe cose si vedono una sola volta nella vita. E si deve essere perfino abbastanza fortunati da essere in grado di poterle raccontare.

« Dì la verità, Will...ti brucia non essere tra loro, vero?! »
chiesi con decisione.



« Mi stai sfidando, per caso...? »
mugugnò, leggermente irritato.

Una fitta coltre di nebbia si era espansa per tutto il campo di battaglia, mentre la fenice eruttava dalle fauci sgargianti fiammate in grado di carbonizzare qualsiasi cosa, uomo o speranza. Obelischi di denso fumo nero si innalzarono presto, come macabri artigli pronto ad afferrare il cielo cupo, mentre l'eco di grida di gioia e di dolore contaminavano l'etere satura di pece, sconfinando nella vallata e poi oltre, verso il tenebroso orizzonte. Uno spettacolo macabro, un incubo divenuto realtà, racchiuso in un affresco senza confini. Come il Mondo che ne sarebbe nato.
All'ennesima deflagrazione di un proiettile scagliato con prorompenza da una delle catapulte, William Oldborn alzò lo sguardo al cielo per fissare intensamente un largo sole nero che troneggiava muto su ciò che un tempo era conosciuto con il nome di "Vecchio Maniero". In quel globo di tenebra e odio, ardeva fulgida una fiamma ben più grande e affascinante di qualsiasi rogo. La fiamma del più potente. La fiamma del Re che non perde mai...o di chi per lui.
Alzò la lurida bottiglia verso quel sole oscuro e canticchiò una nenia atona, un lontano rimasuglio del suo passato. Aveva gli occhi lucidi, come se non riuscisse ancora a rendersi conto di ciò che stava accadendo. Migliaia di valorosi pionieri stavano sgombrando il campo per la sua entrata in scena.

« Lunga vita...a me! »
ghignò, beffardo, con un filo di voce roca.

In quello stesso momento, un frusciare improvviso catturò l'attenzione del pirata che si voltò lentamente per scoprire chi o cosa avesse provocato tale rumore. Con somma sorpresa, si ritrovò ad accogliere con un largo sorriso un giovanissimo elfo, poco più di un bambino, armato con un pugnale dalla lama ricurva che teneva stretto tra le mani sottili e sinuose.
Quando i suoi occhi di fanciullo incontrarono quelli del Mastino, l'elfo digrignò i denti per la tensione.
William Oldborn esordì con dolci parole imbevute d'ironia.

« Bene, bene...e tu chi saresti? »



Da questo momento in poi, tutto ciò che proverò a realizzare in ogni singolo post, rappresenterà un nuovo modo di ruolare Will. Cercherò di renderlo più umano e, spinto proprio da questo nuovo input, renderlo più "debole" e terreno di quanto non sia già, con annessi e connessi. Forse ciò potrebbe risultare all'occhio del lettore un escamotage sbagliato, ma ho deciso di affidarmi proprio a questa linea guida, per rendere Will diverso da molti altri personaggi Asgradelliani.
Per quanto riguarda il post in sè, ho deciso - credo si capisca chiaramente - di buttar giù una "storiella nella storiella". Il Mastino si allontana dal campo Neiru per aggirare il campo di battaglia - ho lasciato le descrizioni del paesaggio alla mia immaginazione - spingendosi verso il limite di una vallata che termina con un dirupo che si affaccia sull'intero campo di battaglia. Si, Will è decisamente lontano e questo gli va a genio. Non ha nulla da spartire con questa guerra e decide semplicemente di fermarsi a osservare, in un turbinìo di emozioni che lo divorano dall'interno.
Ho scelto questo espediente "Odiano" perchè mi sembrava giusto adattarlo a questa scena free, dove non ci viene richiesto chissà cosa e i nostri personaggi non possono influire direttamente nella main quest. L'incontro con il piccolo elfo rappresenta, quindi, la storiella a cui mi riferivo poco prima...
Questa sarà la mia linea guida per la scena free. Questo è il significato, a mio avviso, di "Inno alla morte". Un inno alla morte.



Edited by Senpai Shin - 14/9/2011, 18:11
 
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Andre_03
view post Posted on 15/9/2011, 14:57




Latrati schiumanti di rabbia e schiamazzi furiosi ammorbavano l'aria.
Tutt'intorno a lui, Hoggar Barbarossa non vedeva altro che insetti affannarsi per qualcosa che mai sarebbe stato alla loro portata. Si scannavano con la veemenza di chi, illuso, pensava di raggiungere la vittoria. Morivano inermi, inutili come le fetide creature che erano.
Vermi.
Il Titano li derideva, mentre col suo incedere poderoso si faceva strada lungo l'esercito che l'Asgradel aveva mandato per fronteggiarlo. Inadeguate schiere di miseri elfi che finivano calpestati, falcidiati, annientati dal potere del Bastardo la cui spada mulinata al vento mieteva più vittime di una balista ben calibrata. E le grida si moltiplicavano, per un istante; poi molte cessavano in coro spente per sempre. Gli bastava muovere un passo per scatenare l'ennesimo eccidio.
Formiche.
Intanto la densa aria del vespro si tingeva di grigio per i fumi che esalavano dal campo di battaglia, sommerso dalle fiamme dell'araba fenice. A lei rivolse la propria attenzione "tre-dita", ergendosi maestoso al suo cospetto per sfidarla. Per sputare in faccia all'Asgradel stesso, denigrandone la potenza. Per mostrare al mondo quali fossero le forze da temere davvero. Quelle generate dalle sue braccia e dal resto dei suoi lembi. Ghignò. Quindi si mosse in direzione dell'uccello infuocato che descriveva ampi cerchi sopra la guerra, gracchiando e vomitando calore. Nel frattempo mandrie di orchi disgraziati si gettavano a testa bassa tra le gambe del Titano, con l'ordine di proteggerlo dagli arcieri e dai sabotatori. Eppure nugoli di frecce erano già giunte addosso a Hoggar, che con noncuranza le aveva ignorate. Perché non erano che pizzichi sulla pelle, degni soltanto di uno sguardo a fine giornata quando il prurito li avesse resi noti.
Zanzare.
In quell'ordalia selvaggia il guerriero del sud trovò il tempo per dare sfogo al suo titanico ego.
Allargò le braccia con aria di sfida, ponendosi sulla traiettoria della fenice.

« Andiamo! » berciò rumoroso, con quella voce che da sola poteva sovrastare l'eco della guerra
« Prenditela con qualcuno della tua taglia, stronza!!!! »

Dai denti marci colava del sangue commisto a saliva.
Gli occhi del gigante erano vacui, persi in un vuoto che gli altri non potevano vedere. Fu tutto molto rapido: Hoggar prese la rincorsa mentre la bestia alata gli veniva incontro stridendo nell'oscurità della sera e della battaglia. Lo avvolsero le fiamme, ma lui proseguì arrogante e brutale. Sollevò le spade dinnanzi a sé e sorrise, guardando negli occhi quell'essere che stava per fare a pezzi.

« Vai a farti fottere. »

Colpì a sinistra del collo, con entrambe le lame.
La carne eterea oppose una resistenza assai timida, mentre quei due coltelli d'acciaio grandi come palazzi squartavano il corpo della bestia fendendolo fino alla coda. Le due metà frantumarono al suolo con un ultimo, lacerante e straziante fremito d'ali. Poi il rombo, nel silenzio attonito di un singolo istante. Un urlo mascolino fremente:

« UOOOOOOOOOOOOOOOOHHHHHHHHH!!!!! »

Risuonò per tutta l'ampia pianura flagellata dalla morte, fino al sole nero che si stagliava nella notte nascente.
Tremava la terra, al roboante grido di Hoggar "il Bastardo del Titano". E lui se ne stava in piedi coi muscoli tesi allo spasimo e le braccia lungo i fianchi con l'acciaio delle lame grondante d'un sangue irreale. Poi venne la risata, grottesca e possente.
L'ilare soddisfazione di chi ha appena preso a calci in culo l'anima stessa del mondo
ed è ancora vivo per raccontarlo.

[...]

Ai margini delle schiere di Neiru si era formata una radura circolare.
Molti Predatori giacevano cadaveri orribilmente mutilati e in pose raccapriccianti. Altri si ergevano in piedi, feriti. Le armi in pugno e la paura negli occhi. Sconvolti guardavano la bestia - perché di umano ormai Rorge aveva ben poco - che si agitava al centro del massacro. Mordendo. Schiacciando. Urlando. E la osservavano mutare con crescente disgusto.
Il Macellaio aveva la pelle lucida, d'un grigio scuro butterato. Incolume per la resistenza che quell'acciaio gli garantiva, sputava fiele dalle labbra recise con famelica voglia d'uccidere. Le sue sei - sei! - braccia si agitavano nell'aria armate di mazza, randello, spada, scudo, lancia, ascia. Circondato da nemici, non poteva fare altro che voltarsi costantemente - ed era mostruoso quanto buffo a guardarsi: un abominio che danzava in circolo mentre manipoli di elfi si gettavano addosso alla sua sagoma immonda nel vano tentativo di arrestarne la furia devastante.
Lo aggredirono da sinistra e lui si volse mulinando la mazza chiodata in faccia al primo assalitore; seguì un rumore di ossa spezzate ed il fendente di una spada che cozzava inutilmente sulla sua coriacea scorza. Ancora, un taglio alla figura più vicina poi il Guitto passò ad azzannare il terzo, sbattendo il quarto lontano con una mossa del randello rubato all'Ogre morto poco distante dai suoi piedi. Strappò altra carne e la ingoiò, con armatura e tutto il resto. Un gorgoglio aberrante accompagnò il gesto.
E le braccia di Mordente divennero sette.

[...]

La nebbia era svanita presto, favorendo la caccia.
Fragili elfi in groppa a grandi animali avanzavano sciamando nella sua direzione. Ma Rhagga, figlio di Throgg non era uno sprovveduto. Sapeva scegliere le sue battaglie e schierarsi con il più forte. Così si era tenuto in disparte presso un battaglione di grossi pelleverde mai visti prima. La pantera lo seguiva silenziosa, saltando alla gola dei pochi che gli capitavano a tiro. Lui si faceva strada senza gloria e senza fama, macellando brutalmente con le due asce bipenni orchesche ogni figlio di cagna ancora vivo dopo l'assalto.
Uno spazzino, questo era. Le battaglie campali non facevano per lui - meglio una sortita, o un'imboscata nel fitto della giungla. Meglio la caccia su ampie praterie battute dal vento, meglio il selvaggio scontro con un essere suo pari. A differenza dei suoi fratelli aveva delle preferenze in termini di lotta e mai ne aveva fatto segreto.
Fu così che il Secondo proseguì lungo la via che gli orchi avevano tracciato per lui involontariamente, mietendo agonizzanti elfi e orecchie-a-punta feriti. Poi la battaglia cambiò faccia: tutto lo schieramento era un miscuglio indistinto di Neiru e Gruumsh che s'azzuffavano. Gli apripista che aveva sfruttato erano spariti nella foga della guerra. E il suo naso fiutava qualcosa di interessante.
All'improvviso un piccolo plotone di tatuati spuntò di fronte a lui.
Gli sorrise, digrignando i denti e correndo incontro a quel sestetto di disgraziati. Ne falciò due con un colpo solo, venne ferito superficialmente e restituì il favore con una testata che spaccò il cranio del nemico, mandò gli altri tre al creatore con l'aiuto del suo fidato compagno felino.
Era intento a sollevare l'ascia destra dalla testa divelta di un elfo appena massacrato quando si trovò di fronte un uomo.
A Rhagga non fu necessario nemmeno capire da che parte stesse quel tizio.
Ruggì forte, scagliandosi in corsa contro di lui
pronto ad ammazzarlo senza alcuna pietà.

[...]

Il Quarto camminava ben distante dai suoi confratelli.
Pareva intento a danzare sulle note di una melodia che solo lui poteva udire; una nenia di certo molto tenue, prossima al silenzio assoluto. Perché in quella confusione Bronnigar di Harrenhall non poteva sicuramente perdere il filo dei propri pensieri, no. Si era ripromesso di restare lucido fino a che il suo compito in quel gran casino non fosse concluso. E non per fare un favore a quello stronzo di Oberrin, che abbaiava ordini come un cane; non per assecondare una qualche volontà comune, perché lui in comune con quei bastardi dei cari - carissimi! - fratelli voleva avere ben poco; no, il Lord decaduto stava andando a fare quella cosa per conto suo.
Sì: era deciso a muovere un passo e un altro ancora nel rumore e nel disordine per compiere un singolo, efferato omicidio. L'idea non era male, doveva ammetterlo. Nonostante fosse stata concepita dalla mente malata di quel necrofilo del Maestro.

« Dovrai ucciderne uno, ed uno soltanto. » gli aveva detto con l'indice sollevato
come se stesse parlando a un marmocchio rincoglionito
o a Shagwell
« Ammazza lui e l'esercito andrà allo sbando. »

Parole sante, cazzo.
Così eccolo là, il Lord delle Acque Nere. Eccolo a tagliare in due un Ogre. Eccolo a scombinare le fila dei pelleverde. Eccolo ancora, ad ammazzare un Troll fetente che si era accorto del tradimento.

« Shhh. » disse al moribondo, avvicinando il viso
a quello sconvolto del soldato di Gruumsh
« Non dirlo a nessuno. È un fottuto segreto. »

Estrasse con lentezza la spada dalle viscere dello stronzo, ravviandosi i capelli unti con la mano libera.
Non poteva certo permettere che qualcuno avvisasse Bara-Katal della sorpresa che Oberrin gli aveva riservato. Oh, diamine no. E che figura ci avrebbe fatto lui? Per nulla buona, si disse. Ma quando si volse non poté trattenere uno sbuffo infastidito.
Nella furia della battaglia un uomo lo aveva visto mietere molteplici vittime tra gli orchi.
Un uomo che avrebbe voluto uccidere - già diverso tempo addietro.

« Bentrovato, principe Sennar. » gli sorrise amabilmente
« Gran bel giorno del cazzo per morire, non trovate? »


Ta-daan!
In culo a chi pensava che i Guitti fossero culo e camicia col Toryu. Beata ingenuità.

Post volutamente privo di immagini per fare l'hipster old-school che cerca di mettere in evidenza il testo (e il pigro stronzo che non ha voglia di cercare qualcosa di adatto da lavorare). Spero che non risulti comunque troppo pesante per i coraggiosi che avranno l'ardire di leggerlo tutto.
Vi riassumo le situazioni dal punto di vista dei Guitti visti nel testo, tanto per gradire:
Hoggar - Dopo aver abbattuto la fenice (come già descritto nel post di Eitinel) riprende la sua meticolosa opera di massacro totale. Potete provare a fargli qualcosa, se volete. O a difenderlo. Fate voi, ma non siate autoconclusivi.

Rorge - I membri dell'Asgradel sono liberi di attaccarlo per aiutare gli elfi, se lo ritengono opportuno. Quelli del Leviatano possono dargli manforte. Solite raccomandazioni.

Rhagga - Questo è invece un 1 vs. 1 (o 2 vs. 2 se contiamo il PnG e la pantera). L'uomo descritto nel post altri non è che - rullo di tamburi - Jevanni Glacendrangh. Esatto, Coldest: hai un Guitto ospite per cena. Ti lascio libero di decidere come ti aggredisce, giocatela bene e non essere autoconclusivo sul successivo contrattacco (eventuale) di Jevanni.

Bronnigar - Altro 1 vs. 1, meno aggressivo - per ora: Sennar si trova di fronte Bronn, dopo averlo visto (di sfuggita o chiaramente, decidi tu Maio) massacrare diversi orchi. La cosa dovrebbe suscitare perplessità e dubbi. Credo. :v:

Per ogni domanda, vi rimando come al solito al thread in Bandi Quest.
 
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Stray
view post Posted on 17/9/2011, 18:15




INNO ALLA MORTE
Imporsi


Una lama sporca di sangue accarezzò l'aria sotto al mento di Rohan, flesso all'indietro come un giunco e poi di nuovo in piedi dopo un rapido colpo di reni, a roteare le spade furiose contro la carne e le corazze di uomini ed esseri mai visti prima, graffiandone la retina come una macchia indistinta e affilata e poi scomparendo, ancora, nella foschia, nella follia, poiltergeist d'acciaio e ossidiana. Di fronte a lui, tutto attorno a lui, sangue e polvere si muovevano in un maelstrom di corpi e ferro, urla e incantesimi, mentre il vero sole precipitava all'orizzonte. Alzò gli occhi al globo di luce nera, pulsante e malevolo come il feto del Diavolo, quasi compiaciuto nell'osservare il carro di Elio che precipitava nel cielo verso i picchi aguzzi dei monti, illuminando la battaglia di una luce ramata e opaca che, presto, si sarebbe dissolta, avvolta dai riflessi violacei del sole feticcio.

Corse rapido sulla schiena di un orco, e non seppe con precisione perchè le sue gambe si arrampicarono verso un vuoto così limpido e inutile se non per il bizzarro senso di essere per un istante sopra gli occhi di tutti. Rohan saltò in avanti e la sua immagine squarciò la nebbia, stagliandosi nel semicerchio del sole tra le frecce sibilanti che gli trapassavano il mantello e il bagliore delle sue spade. Mosse le braccia alla cieca ancora prima di atterrare, sentì il ferro contrastare e vincere in pochi istanti una superfice più molla e debole, cadde rotolando e si rialzò, danzando in mezzo ai corpi che continuavano ad aumentare, sempre più numerosi e vicini, sempre più opprimenti, così minacciosi nel loro numero stabile, così tanti e allo stesso tempo così uguali. Continuò ad avanzare, roteando l'alabarda e affondando le unghie dove le armature erano più deboli, salutando con un ghigno le lame che gli passavano affianco. Smise di contare il numero dei morti, macinando un metro per ogni cadavere e lasciando che gli eserciti si mischiassero, mietendo solitario ora più a fondo, ora rimediando qualche metro indietro per recuperare chi gli era passato di fronte nella foga. Sentì l'Alba penetrare nella carne di qualcuno e rimanere impigliata all'interno, stretta fra le costole o i polmoni dopo un fendente alla cieca, ringhiante di rabbia e sangue come una belva in catene. Si sentì urlare, nel clangore della battaglia, si sentì urlare di sforzo mentre tutti i muscoli a partire dal piede si torcevano e la spada schizzava in avanti, oltre il corpo, fuori dalla gabbia d'ossa, tracciando una parabola scura.

Sangue.
Frammenti liquidi di una vita passata.
Ed è tutto così banale, mentre il mondo precipita e ti passa accanto, il treno dove i passeggeri che si sporgono dai finestrini hanno facce tristi e guance scavate.
Taglia e spezza, questa è la vita e non c'è niente di meglio di quest'emozione!
Poi un mantello rosso, fulmine a ciel sereno. Rohan si volta, o meglio, volta solamente la testa, perchè il corpo è ancora impegnato a tagliare, spezzare e mutilare la propria vita. Tutto al rallentatore, urla comprese.
Questa è la vita e non c'è niente di meglio di quest'emozione, guerrieri!
Iridi ghiacciate e volto immobile, spruzzo di sangue sullo zigomo, cerca il mantello scarlatto che è appena uscito dalla sua visuale. Ricorda, gli occhi sprofondano in una bruma grigiastra.
Il mondo è un treno che deraglia e i passeggeri hanno occhi neri come pozzi.
Scintilla dai freni, stridio, bagliore. La fenice grida, erutta una vampa di fiamme.
Il mondo è un treno che deraglia e i tuoi ricordi sono tutti sotto ai binari.
Luce. Fuoco. Urla.
Benvenuto fra noi, nell'impalpabile bisogno di non essere dimenticati.



Fissa la picca al suolo, infilzando un terreno irrigato dal sangue, e finalmente vede.
Milioni di fiamme nel sabba infernale, ogni secondo se ne spengono cento, mille lame ne trapassano altrettante.
E fra tutte queste Lei, metri e metri più a destra, capelli al vento e sguardo di fuoco, in mezzo alle ombre di pece liquida, spada in pugno e armatura scintillante, e Lui, perso nel cumulo di corpi che colpiscono e s'intersecano, fiamma scarlatta del bracere divino, saetta del caos.

Sleeping Knight. Kingdomless Queen.
E tu, Rohan, cosa sei diventato?



Per un istante, un istante solo, il tempo di lasciarsi cadere in balia della morte,
tutto il campo di battaglia diventa una chiesa. Rohan è in piedi in mezzo alla navata.
Altissima, silenziosa, la luce si riversa in fasci dalle vetrate, non un anima.
All'inizio c'era un urlo, prima che sfoderassero le spade e si lanciassero l'uno contro l'altro,
fuori dal mondo ma ancora sotto i cieli, sul tetto della chiesa consacrato alla dea. Nessuno ha vinto, nessuno ha combattuto. Sarebbe stato bello calare il sipario una volta per tutte.

« Arthur... Alexandra... »

La vampata della fenice lo investì completamente, senza dargli tempo di dire altro.
Le fiamme dorate, in meno di un attimo, fecero scomparire il giovane esemplare maschio umanoide denominato Rohan, indumenti, protezioni metalliche e armi comprese, scindendo ogni tessuto organico ai minimi atomi carbonizzati.
Tutto fu inghiottito dal fuoco della bestia planata dal cielo, per diventare di nuovo cenere. Questo è il fuoco che plasma il ferro e strappa l'anima. Questa è l'essenza caotica, pura e inafferrabile della battaglia, e non c'è niente di meglio di tutto questo!
Si voltò verso il maniero, prima di essere cancellato, dando le spalle alla fenice, provando a scorgere negli ultimi secondi un'altro bagliore rossastro, un altro frammento del ricordo.
Il cavaliere dormiente. La regina senza regno.
E tu, Rohan, chi sei adesso?
Benvenuto fra noi, nell'irrefrenabile bisogno di darsi un nome.
Immerso nella luce, avvolto dal fuoco, Rohan sorrise.
Quando sentì la prima fiamma, il calore gli si propagò fin dentro ai polmoni.
Un ultimo respiro di aria caustica e tutte le immagini scivolarono via, strappate.
Il mondo è un treno che deraglia, e tu guardi i fari sempre più vicini senza riuscire a muoverti.

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Aveva pensato molte volte alla morte.
L'aveva vissuta, pure, ed era sempre ritornato.
Cresciuto a pane e cattiveria, la sua scorza era sempre più dura, sconfitta dopo sconfitta.
Ormai non gli importava più su quale scoglio la vita l'avrebbe sbattuto, tanto riusciva sempre a risalire, martoriandosi le mani.
Quando si ritrovò fra la fenice e il titano, però, successe qualcosa di diverso.

Perchè Rohan, anche in mezzo al campo di battaglia, non aveva paura di morire, nè di perdere.
Semplicemente, si era stufato di farlo.

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Muoversi.
Sempre, ovunque e comunque.
A sue spese, nel corso del tempo, Rohan aveva imparato che rimanere fermi non era una buona idea. Guardò il braccio biomeccanico pulsare sotto gli stracci, avvolto alla meno peggio. Non era mai una buona idea.
Da quando sparì, fuori dalla vista di entrambi, oltrepassando le linee con uno scatto sovrannaturale, lasciando di sè solo il bagliore delle lame, continuò a correre schivando corpi, fendenti e ostacoli, inseguendo il mantello rosso, carico dell'euforia di aver beffato ancora il destino, dopo esser svanito di fronte alle fiamme divine un istante prima che avvolgessero il tutto, ebbro di gioia e rabbia.

E di nuovo sentiva il sangue e il vento scorrergli attraverso, la fatica e il sudore, le lame sibilanti che l'accarezzavano in contropelo, l'affannarsi dei muscoli per tener dietro al ritmo della battaglia, alimentato da un euforia che aveva più di una ragione per esistere, oltre al semplice fatto di vincere. Non si trattava più di esistere come sopravvivere, ma di esistere come imporsi, facendo risuonare a gran voce il suo grido. Ricominciare, ogni volta, dopo tanti mesi di sofferente apatia, rialzarsi in fretta e scagliarsi contro il sole, seppellite le vecchie armi e conquistate di nuove, inseguire e ritrovarsi ancora, su un altro teatro, con un'altra platea, e di nuovo esplodere. Semplicemente, Rohan era felice, intriso di quella strana gioia che si prova quando ci si cala di nuovo dentro al proprio mondo, per quanto caotico, crudele o brutale sia, anche senza esser sicuri di far la cosa giusta ma semplicemente agendo.

O, per meglio dire, massacrando.
C'è chi giura di averlo sentito ridere, ridere a crepapelle, un suono grottesco e affilato, mentre dilaniava a destra e a manca chiunque gli si parasse davanti. Ormai il mantello rosso era scomparso, non lo trovava più, perso nelle retrovie. Il centro del campo lo aveva assorbito, con la coda dell'occhio scorgeva la mole del titano spazzare via i nemici con colpi tali da sollevare lunghe bordate di terra salmastra. Le rovine erano distanti, bloccato com'era da gli infiniti tafferugli che erano scoppiati sopra ai cadaveri, lasciando spazio necessario per muoversi ma non per avanzare: era riuscito a fare solo pochi metri, respinto dentro. Alzò la spada per parare un colpo, si avventò sull'aggressore e gli perforò la gola con le dita artigliate, lo prese per un braccio e lo tirò giù, sopra al mucchio che aveva iniziato a formare. Ne arrivò uno alla spalle, della stessa razza androgina degli altri, una foresta di soldati pallidi e impassibili che anche nella tomba portavano stretto silenzio e disciplina, cadendo a terra muti come sterpi, arginando con le loro mani secche e ritorte il fuoriuscire del sangue. Rohan non ebbe bisogno degli occhi per sentirlo: schivò e gli mozzò il capo con una spazzata. Il cadavere cadde sopra al cumulo e fu accompagnato da altri guerrieri, sotto le risate sguaiate del ragazzo che danzava solitario, trascinando soldati su quella tomba comune, sempre più alta di secondo in secondo.

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_ ________ ___ ________ _



Affondò gli schinieri fra i corpi martoriati, raggiungendo la cima, si strappò il mantello e lo legò all'asta dell'alabarda, poi la infilzò nel mucchio. Vibrò un calcio al volto dell'elfo che aveva tentato di raggiungerlo, e rimase a guardare la battaglia attorno e sotto di lui, ansimante. Inspirò fino a riempirsi i polmoni, e urlò.

« IL MIO NOME »
Sollevò il brando al cielo, lurido di sangue.
« È ROHAN! »
Dietro di lui comparve un armatura infuocata, anch'essa a spada alzata.
Piegò la testa all'indietro, fissando il sole, il braccio ancora sollevato, una statua di carne e ferro sporca di sangue e sudore, sopra alla montagna di corpi morti che alcuni continuavano a scalare.

Poi il globo nero vibrò, veloce come la cassa di un tamburo, e mille lame nere si schiantarono a terra.

« COMANDANTE HOGGAR!
IL SOLE!
»


Fu l'unica parola in quel momento, sprecata, forse, prima che la frusta oscura si schiantasse su di lui. Il guardiano del Lascito mosse la spada, frapponendosi fra Rohan e l'attacco del sole. Ci fu un suono simile a mille vespe lasciate libere, un affilato ronzio di spade e coltelli, quando la massa nera scomparve dipanandosi contro la spada dell'armatura.

« QUESTA GUERRA »

Urlò, guardando il campo di battaglia devastato dalle lame.
Quando riprese fiato, da sole arrivò un'altra bordata.
Lo schianto fu più forte, la montagna tremò.
Rohan strinse i denti, mentre le lame divoravano braccio e spada dell'armatura.

« LA VINCIAMO NOI »

Le fiamme del Lascito si fecero più tenue, meno splendenti.
Ansimò e non disse nulla, guardando negli occhi il cavaliere in armatura.
Non c'era bisogno di parole.

La terza frustata venne accolta in silenzio, lasciando che questa gli sferzasse il viso, nello schiantarsi contro il brando e il suo possessore. Lunghi squarci si aprirono sull'armatura, lasciando vedere un'interno cavo, fatto di sol fuoco.

La quarta fu luce e ombra.
Il paladino dell'Alba alzò il braccio rimasto verso la tempesta nera che calava dal sole, pronto a ricevere un'altro colpo. All'unisono, Rohan alzò il destro, corazzato e pulsante.
Quando la frustata arrivò, sibilando feroce, le fiamme esplosero, avvolgendo la cima.

Quando si dissolsero, il paladino in armatura non c'era più.
Fissò il sole, Rohan, in attesa d'altro, lo sguardo di pietra puntato sull'astro nero.

« UOOOOOOOOH! »

Urlò ancora, più forte.
Non seppe bene perchè lo fece o da dove gli uscì quel suono, semplicemente urlò.
Era vivo. Vincitore. Sopravvissuto.
Questa volta non era morto.
E d'un tratto non gli importò più di Finnegan, nè di Lady Alexandra, nè di Viktor, nè del principe Sennar: tutto si perse nel riso, sguaiato e insolente.

Questa è la battaglia, un cataclisma che devasta ogni cosa.
E non c'è niente di meglio di tutto questo.



png
«« ReC: 225 AeV: 200 PeRf: 400 PeRm: 275 Caem: 250 »»
Basso: 02% Medio 6% Alto: 15% Immenso 33%


Stato fisico » Affaticato - Danni bassi ad area per ferite d'arma da taglio.
Stato Psicologico » Eccitato {100%}
Energia » 94% -15% = 79%
Equipaggiamento »
«Right Arm of th'demon» Innestata / Illesa.
«Lascito dell'Alba» Impugnato, mano sinistra.
«Stendardo di Gruumsh» A terra, immediate vicinanze.
«Sfregia Diavoli» Equipaggiate a entrambe le gambe.

Abilità Passive & Derivate da Artefatti •
«Appetize for Opposition» Difesa psionica passiva - Possibilità di impugnare armi enormi con facilità, forza fisica eccezionale.
«Coagulation Check / Bones Unbreakable» Ossa e pelle molto più resistenti, emorragie e perdite di sangue drasticamente diminuite.
«Orpello della Cabbalah Cremisi» Il braccio destro artificiale di Rohan è indistruttibile e non perde mai le sue proprietà offensive. {Right Arm of th'demon}
«Oko Boga nie zna barier» Auspex passivo {Stendardo di Gruumsh}
«Era il loro campione e giusto il suo discernimento - La sua spada parrà incontrastabile, splendente e soverchiante.» Qualunque azione verrà commessa, gli altri la consideranno sempre giusta e necessaria - Paura e timore di morire per chi fronteggia i colpi della spada {Lascito dell'Alba}

Note •
Un poco wallpost (con due immagini, però, per non fare troppo l'hipster old-school cit) ma ci ho messo dentro anche il testo del turno precedente. La sequenza della fenice, sarebbe dovuta avvenire nel turno precedente: sono "partito" con il 96% di energie, per correttezza, schivata avvenuta.

Aspettare così tanto è stato un tormento: non ho il martello di maio?
Che si fotta.
Il martello, non maio :v

In questo post, Rohan applica letteralmente l'espressione montagna di cadaveri.
Fissa lo Stendardo alla sommità (è alta circa cinque/sei metri) sul quale sventola il suo mantello lacero e intriso di sangue, urla ed evoca il guardiano del Lascito che, in quanto evocazione, muore beccandosi i quattro alti dei quattro critici ad area, raggiungendo il danno mortale.

Ah, Rohan chiama Hoggar "comandante" in quanto è stato quest'ultimo a guidare la carica e ad ammazzare la fenice, oltre che per la passiva di coraggio e per aver visto l'aura e l'energia grazie all'auspex.

Edit: volevo specificare una cosa e aggiungere un quote. Il pezzo della chiesa è realmente accaduto: Rohan conosce Arthur e Alexandra per un vecchio duello (purtroppo mai concluso) in quella locazione. Per quanto riguarda l'evocazione:
CITAZIONE
La loro resistenza ai danni viene gestita esattamente come quella di un personaggio normale: esse possono morire dopo aver subito un danno mortale o inferiore, nel caso in cui la loro resistenza ai danni/potenza generale sia particolarmente bassa.

Abilità Utilizzate •
CITAZIONE
...immenso, si manifestò al suo stolido fedele.
Presenza divina, terrifica trascendenza, come già detto la spada è colmata dall'anima di un frammento che la Forza ha donato al proprio Campione per sorreggerlo nella sua lotta impossibile. In essa è racchiusa quindi l'essenza di un'esistenza senza tempo, immortale e oltre ogni comprensione; e al prezzo di un Alto dispendio di energie, il portatore sarà in grado di estrapolare da essa parte di questa coscienza superiore, trasmutandola dall'aria che lo circonda.
Apparirà avvolto in fiamme inestinguibili, rassomigliando un fantasma arroventato dall'ira e dal rancore, e impugnerà la stessa spada dell'Eroe. I suoi occhi saranno rossi come il sangue e il suo corpo pervaso da crepe coloro del crepuscolo, e immane sarà la sua forza.
Come nella leggenda, il Dio accompagnerà il mortale che impugna il Lascito, ambendo a raggiungere anche gli obiettivi che i comuni mortali reputano impossibili. Insieme, l'uno a fianco dell'altro.
Ed essi non avranno rivali, perchè in grado di sconfiggere persino un Antico.
[Abilità Alta + Passiva di potenziamento]
[size=0][Evocazioni Media, dura due turni - l'evocazione avrà lo stesso livello energetico del portatore]




Edited by Stray - 18/9/2011, 00:54
 
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view post Posted on 18/9/2011, 00:23

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Ritto su di una collina, con l'elsa stretta in una morsa, osservava con i suoi occhi il campo di battaglia. Nel cielo, lì dove maestoso si stagliava un sole nero, una fenice intrecciava il suo volo nell'aria, sparando strali di fuoco dalla bocca. A terra, un ammasso confuso di uomini che si gettavano gli uni contro gli altri pronti a scannarsi. La scena, da quel punto rialzato, era stranamente silenziosa, come avvolta in una bolla che la depurava da ogni contaminazione. Qualcosa di sublime circondava quel quadro. Il suo sguardo venne attirato come da una calamita, quella scena magnetica era l'estrema rappresentazione della morte. Ed eccola lì la guerra, cantata nei miti e nelle leggende, che i ragazzini simulavano rincorrendosi per le vie nodose della città in tempi di fallace pace.

Non c'era nulla d'eroico nella guerra. Non era come veniva raccontata.

Corpi straziati e smembrati, erano capaci di animare solo il suo spirito sadico.
Solo una creatura come lui poteva amare la guerra.

vinlandsagav03c17p00600

Era volutamente rimasto indietro. Lì sulla collina dove tutti si erano radunati, perché lui non era uno dei soliti guerrieri senza cervello. Sapeva che i primi a gettarsi nella mischia sarebbero stati i primi ad abbandonare quel fottuto mondo. No, lui da persona intelligente qual'era, era rimasto indietro.

Ritto su quella collina ad aspettare che i maiali si sfogassero.

E da lì, come un corvo pronto a banchettare sulle carcasse dei morti, attese fin quando non decise che fu l'ora. Che fu il momento di buttarsi nella mischia. Nessun urlo annunciò il suo irrompere tra le fila degli orchi. Nessun sfrenato assedio mosso dalla frenesia e dall'impulsività. Solo calcolati movimenti che non avevano nulla di umano.
Una macchina da guerra bramosa di sangue, brandiva la sua katana come un'ascia da guerra, alzata verso il cielo, calava una sentenza di morte sulle teste di quei dannati commilitoni nemici.
Il filo della Katana andava a intaccare lì dove la pelle era scoperta dalle armature. Mirava soprattutto alla giugulare, un colpo secco, un taglio per reciderla e far cadere a peso morto i nemici con una spruzzata di sangue al loro seguito.
In estasi come una bestia sanguinaria avanzava tra le orde nemiche, mietendo vittime sotto la sua spada. Affamata Kurikara che richiedeva anime ad ogni colpo vibrato. Ben presto gli avversari sulla sua strada incominciarono a temere più lei, la sua spada, che lui.
Come se essa avesse uno spirito proprio, come se essa emanasse un'aura propria.
Un'aura che lui non poteva percepire in quanto suo padrone, ma sapeva che c'era, che relegava i suoi avversari nel limbo post-mortem ancora prima di menare il primo colpo.
Erano già morti quando sentivano il suo vorace richiamo.
Come le sirene che con il loro canto attraggono nella loro tana mortifera i giovani marinai. Così lei faceva con loro, l'imbambolava spaventati tremolanti sulle loro ginocchia, a guardarla con uno sguardo fatuo mentre lei ne divorava le anime.
E Lux rideva, sull'onda del gigante ne seguiva la scia come uno sciacallo, ammazzando e sferzando fendenti a destra e a manca a coloro i quali non entravano in rotta con il barbaro.

Ammazzava.
Uccideva. Rideva. E ancora. Ammazzava. Uccideva. Rideva.

E vide la fenice, quell'essere regale che spirava dardi di fuoco, essere abbattuta in un solo colpo dal gigante. Lacerata dalla testa alla coda, regale così come era venuta, la fenice si accasciò al suolo con un ultimo boato delle ali.
La creatura dell'Asgradel era stata abbattuta da uno dei “bastardi” del Re. La vittoria era in pugno.
Non poteva sfuggire a loro.
Poi fu tutto molto strano. Irreale.


Spesso si pensa che i grandi accadimenti debbano annunciarsi. Che quando qualcosa cambia, o svanisce, il mondo debba piangerne la perdita.
Forse fu una vibrazione sorda nel terreno, o forse quell'ultimo tuono che squarciò il silenzio.
Ma più probabilmente non accadde niente.

Prima.

Solo una quiete innocente, l'incoscienza di chi non sa cosa lo attende, di lì a qualche istante.
Perché il cielo non piange i morti, il sole non si ferma quando la guerra spazza via interi villaggi.


Il sole nero non si espanse. Nessuno boato sordo, nessun tuono preannunciò quello che di li a poco sarebbe avvenuto.
Semplicemente accadde.
I guerrieri, che un attimo prima erano a combattere, d'improvviso furono come pietrificati, immobili ad osservare il cielo, con la loro bocca contratta in urlo senza voce.

Per lo più stupiti.

Poiché il Leviatano aveva finalmente sfoderato le sue carte.
Il samurai si palesò sopra la figura di Lux. Pronto a proteggerlo.
Mille lame nere vennero vomitate dal cielo.
Mille lame si andarono ad infrangere al suolo in un silenzio irreale immediatamente rotto da grida disumane.
Senti l'urlo di un ragazzo accanto a lui, mentre una seconda scarica di lame venne partorita dal cielo e si abbatté a terra. Osservò il samurai che s'era frapposto tra lui e il sole, l'osservò mentre dopo trenta secondi un'altra scarica lo colpì, lo vide visibilmente provato e dolorante.
Ma doveva ancora difendere il suo padrone.
Il sangue cremisi colava in terra formando una pozza ai suoi piedi, a stento si reggeva su quelle gambe barcollanti, con Kurikara fiera davanti al volto.
Infine l'ultima, la quarta scarica d'oscurità. L'ultimo lascito del Re che non perde mai.
Un'ondata nera che ne decretò la fine, chi troppo imprudente non aveva cercato riparo, s'accasciò al suolo spirando l'ultimo fatal respiro prima della quiete della morte. Riposo eterno per i guerrieri morti in battaglia.
Lo stesso samurai che difese Lux, fece ritorno in quel vortice d'anime presente dentro la spada. Tornò a ricongiungersi con essa. Fiero di aver svolto il suo compito. Mentre lui era ancora vivo, come sempre. Nemmeno il Re che non perde Mai poteva ucciderlo.
Nessuno poteva, lui era IMMORTALE.
Lux riprese la Katana da terra. Si issò in piedi e osservò il ragazzo alla sua sinistra. Un sorriso sadico sul suo volto.

« La guerra non è finita.»

3031o

« Andiamo a uccidere quei bastardi. »

Mentre osservava Hoggar, pronto a seguirlo nuovamente nella mischia.



CITAZIONE

Lux


ReC: 325 | AeV: 225 | PeRf: 150 | PeRm: 300 | CaeM: 200


Energia: 100%
Status Fisico: Illeso
Status mentale: pensieroso
Equipaggiamento: Kurikara riposta;
Abilità attive:

So much more I wanted to give to the ones who love me
Le anime racchiuse entro la lama sono ad essa completamente soggiogate, sue schiave. Lo spadacino forse non sa che questo è il destino che lo aspetta, dalla sua morte fino all’eternità. Egli forse non conosce la fonte del potere che la spada piena d’amore e compassione gli dona. Certamente però conosce uno dei poteri più devastanti che essa mette a disposizione. Con un consumo Alto e lanciando la lama nell’aria, egli evocherà dal terreno l’antico samurai, colui che per primo ha stretto tra le dita la Kurikara e colui che ella più volentieri ricorda. Egli afferrerà la lama e, ricongiunto alla propria innamorata, combatterà al fianco del nuovo possessore, sfruttando le tecniche e l’energia di questi per un intero turno. [Conta come un'evocazione di potenza Alta di un livello inferiore all'evocatore]

Abilità passive:

La bellezza di un Diavolo
Sei la fotocopia di tuo padre.
Questa è la cosa che più gli hanno detto da quando ne ha ricordo. Infatti il giovane Lux risulta essere una fotocopia più giovane del padre, ma oltre a questo lui è molto di più. Lui è un ragazzo di diciotto anni, capelli neri sempre scomposti come quelli di suo padre, e i soliti occhi azzurri come il ghiaccio che solo osservandoli potresti innamorarti di lui. Al contrario del padre però, non apprezza molto quei vestiti che lui definisce "antichi" bensì il suo vestiario comprende un taglio molto più giovanile, una camicia e un paio di jeans, niente di più sportivo e al contempo elegante, e le scarpe, beh quelle si abbinano a seconda del Look. Il fisico lo potremmo definire magro, ma in realtà il suo corpo non è esageratamente mostruoso, ha un altezza leggermente superiore alla media, raggiunge il metro e ottantasei, il suo fisico è ben delineato e slanciato, i muscoli assomigliano più a quelli di una statua greca che ai colossi palestrati.
Come il padre risulta piacere alle ragazze, ma stranamente piace proprio a tutti, non c'è nessuno che incrociando il suo sguardo o sentendone semplicemente il profumo, non venga ammaliato.
Tutti, uomini e donne lo trovano attraente, nessuno escluso.
[Descrizione fisica + Tecnica di ammaliamento passiva.]
Le diversità di un Diavolo Lux è l'incarnazione umana del diavolo, e come tale ci sono cose che lo differenziano da un normale umano, lui non è forte fisicamente, ma è instancabile, raziona le sue energie, non le spreca e non sverra quasi mai.
In termini di gdr ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico,e per tutte le altre tecniche avrà un consumo energetico del 3%, inoltre non ha bisogno di tempo, nemmeno sfiorare l'avversario, gli basta anche solo guardarlo, la sua mente potrà attivare all'istante qualsiasi tecnica illusoria. Lux al 10% non sverrà, ma al 20% proverà comunque fatica e allo 0% morirà.
Inoltre la sua abilità magica non ha eguali, e gli permette di conoscere illusioni che altri comuni mortali normalmente non conoscerebbero. In termini di gdr Lux ha accesso a livello del dominio successivo.
l'abilità illusoria è tale che le tecniche castate saranno di una potenza inaudita. In termini di gioco, ogni sorta di tecnica illusoria o manipolatoria utilizzata, sarà di un livello superiore. Una tecnica a costo alto, varrà per esempio come una tecnica di costo critico. Tecniche di costo critico invece avranno una potenza superiore ad altre tecniche di costo critico, a parità di PeRm.
[Passiva Domino I-II-III, Raziale umana, Anello del potere]
L’abito fa il monaco
Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà Lux indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L’eleganza è essenziale
Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lux saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni. [Passiva]

Punirò il peccatore non il peccato
I vestiti blackstati concepiti per Lux e per lui solo. Il padre, signore degli inferi, ha scelto che solo suo figlio potesse indossarli e sfruttarne il vasto potere. Nessun mortale potrà mai permettersi di appropriarsi di queste vesti. Nemmeno se riuscisse a sottrarle a principe degli inganni, nemmeno se in qualche modo egli se ne privasse. Chiunque diverso da Lux indossi le vesti le sentirà divenire sempre più strette. Se non riuscisse a spogliarle prima ne finirebbe irrimediabilmente stritolato. [Passiva]
And you... I wish I didn't feel for you anymore...
Compassionevole e Kurikara. Essa ama colui che la usa per combattere e desidera salvarlo dall’ultimo, tremendo viaggio. Colui che la stringe forse non sa, o forse non si interessa, a ciò che lo aspetta. Una volta morto la sua anima sarà per sempre risucchiata nella spada e mai libera, mai capace di fluire nell’onda cosmica dell’infinito.
Per questo motivo la spada porta attorno a sé l’aura oscura del demonio pur non essendo né pia né malvagia, ma semplicemente compassionevole. Chiunque la veda proverà immediatamente un senso di angoscia e di oppressione, a cui sarà estraneo solamente colui che la possiede. [Passiva]
Malus:
Il Peccato non ha volto
Le vesti di Lux appaiono agli occhi di chi lo vede come le più adatte a convincerlo. Esse hanno lo straordinario potere di nascondere e ingannare. Ma ad una cosa non possono sfuggire: la realtà che viene dal Padre, lassù, nel Paradiso. Per questo motivo quando l’immagine del giovane si trovasse riflessa in uno specchio o in qualsiasi altra superficie, essa rimanderebbe agli occhi di tutti la visione della verità, supremo bene per gli uomini. Il Peccato, si sa, non è onnipotente. E così essi potrebbero vedere riflesso Lux con indosso stracci grondanti di sangue, di inumano peccato, laceri e consunti, ben diversi da quelli che con i propri occhi gli vedono addosso.
Questo è l’unico modo in cui Dio, dall’alto, cerca di proteggere i propri figli. [Malus]


Note:
Credo non ci sia molto da dire. Recupero il turno perso dicendo che ero ancora sulla collina, poi riconoscendo Hoggar come il più forte mi lancio nella sua scia ad uccidere chi rimane, dopodiché quando arrivano le lame mi difendo con l'evocazione come nel caso di Stray.
Sono proprio accanto a lui e, quindi si presuppone, accanto anche ad Hoggar. Si, lui lo volevo io! :8D:



Edited by Lud† - 18/9/2011, 10:09
 
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Oberrin
view post Posted on 18/9/2011, 10:39




Si gingillava con un ninnolo, facendolo scivolare tra le dita ossute.
Frattanto che la battaglia infuriava poco distante dalla sua posizione, il Primo non poteva fare a meno di notare come Ray e la sua controparte femminile stessero giocando una partita a scacchi oltremodo bizzarra. Mandavano indiscriminatamente avanti fanti, pedoni e cavalli con l'arroganza tipica dei novellini mentre la regina e il re stavano in disparte. Spazzando via ciò che veniva offerto loro dal nemico con violenza commista a piacere quasi carnale. E le torri svettavano alte - l'Artiglio bianco che fu Maniero; il Dito affusolato di Velta - come impassibili, imperturbabili in quell'apocalisse che invece stava scuotendo il resto del mondo.
Così diverse da quell'oggetto che si rigirava nella mano e che, eppure, le rappresentava.
Fermò la piccola torre nera tra l'indice e il pollice per guardarla ancora una volta.
Era un pezzo rubato dalla scacchiera del Re Invincibile in persona, donato a lui per uno scopo ben preciso. L'ultimo favore di un ospite alla gentilezza di un grande padrone di casa; questo era, per il Maestro della Cittadella, ciò che si accingeva a fare. Non più (né mai) l'ordine di un Sovrano impaziente verso un suo servitore.
Ogni sua riflessione venne spazzata via dall'ennesimo tremore della terra intera: mastro Hoggar aveva abbattuto la fenice mandata dall'Asgradel e - notò Oberrin con un sorriso - si beava della sua nuova impresa. L'attimo seguente il sole nero riversò sulla battaglia un'ombra scura, che il Camerata seppe essere terribile e pericolosa per chiunque vi si trovasse coinvolto. Ma nonostante quella cappa nera ricoprisse anche i suoi cosiddetti fratelli, egli non ebbe di che preoccuparsi per loro. Né tanto meno per la sorte del piano che aveva architettato.
Uccidere Bara-Katal, uccidere Sennar Sighvat, uccidere la Rosa;
eliminare ogni ostacolo presente e futuro.

« Poveri disgraziati. » commentò sovrappensiero
incapace di trattenere un sorrisetto maligno a mezze labbra
« Moriranno come cani senza sapere nemmeno perché. »

Durante quell'ordalia a lui, Asmodeus e Vraashnak era toccato un compito di tutto riposo.
Delle poche sortite che l'esercito elfico aveva tentato in prossimità della loro posizione, avevano lasciato soltanto cadaveri e sangue senza neppure doversi sforzare granché. Lì attorno era dunque un deserto fatto di corpi macilenti ed esalazioni putride. Meglio ancora di quanto avesse potuto sperare, in effetti.
Non attese una replica commenti che aveva poc'anzi proferito, ma si rivolse al confratello con un cenno d'intesa.

Infilò la piccola torre in una tasca della tunica e disse: « Io vado. »
senza bisogno di aggiungere altro, in apparenza.
Ma l'orco sentì e scandalizzato lo rimbeccò presto.
« Andate...dove? » era palesemente confuso
« Non possiamo abbandonare la posizione, umano. Gli ordini erano-- »

« Gli ordini! » sbottò ilare Oberrin
« Siete un ingenuo, Vraashnak. »

Vide in lui la rabbia e la confusione e l'orgoglio ferito.
Gli sorrise con una gentilezza tanto falsa quanto grande e ammiccò in direzione dell'Incubo. Quando il loro 'tradimento' - anche se lui avrebbe preferito chiamare quel comportamento un semplice 'agire per il proprio legittimo interesse' - avrebbe raggiunto le orecchie degli orchi sarebbe stato troppo tardi. Nessuno avrebbe potuto mutare le sorti della guerra, nemmeno quell'hoepriester che tutti seguivano. C'era sempre stata solo una persona in grado di preoccupare il Maestro a sufficienza da imporre delle contromisure: quello sciamano chiamato "Ramingo" dalla sua gente, la cui forza avrebbe potuto soverchiare persino il valoroso Bara-Katal e - per un capriccio religioso - veniva semplicemente nascosta.

« Non è certo perché gradisco la vostra compagnia che ho preteso di avervi qui. »
derisorio, il demonio « Voi siete solamente un ostacolo che mi sono premurato di abbattere. »

obavalzercopy

Un movimento alle sue spalle.
Scricchiolii tutt'intorno e fruscii, lenti come l'incipit di un inno funebre. Uomini e bestie che erano morti s'alzavano dal suolo, gli sguardi persi nell'oltretomba ed i corpi ancora legati al mondo terreno dalla forza di un mostro. Il burattinaio orbo che ghignava maligno all'indirizzo dello sciamano li stava chiamando a raccolta uno per uno. Decine di corpi martoriati riprendevano le armi, schierandosi attorno al singolo arcanista come silenziosa minaccia.

« I miei rispetti, mastro orco. » seguì una breve pausa condita da un inchino
e prima di sparire nel nulla, un ultimo sguardo al Settimo:
« Lo affido alle tue cure, fratello. »
Non mi deludere.

 
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view post Posted on 18/9/2011, 12:02

Esperto
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Tremulo come l'impronta vaga di un sogno, un raggio di luce ferì gli occhi appena dischiusi di Zaide impigliandosi tra le sue ciglia ancora stoppose di sonno.
Aveva dormito? Con tutto quello che le era mulinato attorno negli ultimi tempi, dormire era un lusso che non aveva più nemmeno sperato di potersi concedere; la giovane elfa che l'aveva presa in custodia si era occupata di lei come si conviene ad un ospite importante, e Zaide era rimasta confusa dalla sollecita premura con cui la sconosciuta si era dedicata a lei ripulendola dalle incrostazioni di fango e sangue che nei giorni (ore? mesi?) precedenti l'avevano resa un relitto irriconoscibile.
Si alzò lentamente dalla branda, accostando il viso allo specchio scheggiato, unico ornamento di quella che, ora lo vedeva, sembrava una tenda da campo militare. Con l'indice seguì il profilo del naso fino a sfiorare il margine di una brutta ferita che le deturpava la guancia, ricordo dell'orrenda bestia deforme che l'aveva aggredita nelle macerie della Torre di Velta. Era stata ripulita, forse dall'elfa, ma non sarebbe guarita.
Aggrottò la fronte.
Aveva un compagno, là dentro. Che forse era morto nel cataclisma di eventi incomprensibili che avevano sconvolto anche la sua vita. Scoprì con una certa indifferenza che non le importava un granchè: ciò che era accaduto in quel luogo infernale era troppo fuori dalla portata della sua comprensione per potervi riflettere razionalmente.
Buchi neri e brandelli di ricordi costellavano la sua mente susseguendosi senza logica nè coerenza in un pozzo di sogni infranti e domande senza risposta.

Ma che importava?

Ora c'era la guerra.

Gliel'aveva detto lei, l'elfa, parlandole a voce bassa la sera precedente con una deferenza che Zaide non comprendeva: le sue parole correvano veloci e gradevoli, e presto si ritrovò a galleggiare in un sonno quieto senza sogni.

Non ricordava. Non poteva. Non voleva.

Unica sopravvissuta tra gli sconfitti della più efferata strage di tutti i tempi, quel gioco al massacro che aveva visto sventurati protagonisti i campioni di quella malevola divinità che chiamavano Asgradel. Morti. Schiacciati come insetti, uno dopo l'altro.


[...]


Era la prima volta che Zaide si trovava a fronteggiare una vera battaglia. Immersa nel caos delle urla, tra esplosioni e sangue e sudore e clangore scoprì che, inaspettatamente, le piaceva.
Ai suoi piedi cadaveri e brandelli di esseri umani calpestati dalla folla impazzita facevano da tappeto e cornice alla follia collettiva che imperversava a ondate sul campo di battaglia.

Un attimo di sconcerto, uno solo.

Nel quale Zaide si era chiesta cosa facesse lei lì, per chi o che cosa dovesse lottare e sopravvivere. O morire. Un breve istante in cui aveva cercato con sgomento tra le facce che la circondavano, per scoprire solo un muro di inespressiva cupidigia di sangue.
Non c’era traccia di un volto noto. Né Zaide aveva idea di chi cercare tra la folla: aveva forse un amico, un appiglio in quel mondo di demoni impazziti?

Ma fu solo un attimo.

Una nuova, eccitante sensazione di potere la inebriava, formicolandole tra le mani come una scossa elettrica. Dove, se non in quella carneficina, avrebbe avuto occasione di mettersi nuovamente alla prova, di dimostrare di essere tornata, dopo tanto inesplicabile oblio, la Morrigan che da sempre popolava gli incubi dei mortali?
La cicatrice sull’avambraccio sembrò pulsare, quando estrasse dal fodero l’antico pugnale consacrato alla dea della morte e lo assicurò alla cintola come talismano e arma letale.
La strega entrava in battaglia.


[...]


Ammantata d’oscurità, la sinuosa figura avvolta nel mantello scuro sembrava fluttuare senza tempo in mezzo alla corruzione dilagante che sventrava i corpi e dilaniava le anime. Zaide non aveva alcun obiettivo: in quella guerra lei non avrebbe preso le parti di una delle fazioni in gioco, no, non più.
L’Asgradel, la mostruosità per cui aveva lottato, l’aberrazione in cui aveva creduto, l’aveva uccisa.
E dall’altra parte? Un Re assetato e ingordo di potere, insoddisfatto perfino della sua condizione di semidio.
Non si può trascendere la propria umanità.
Chi ci prova, o è pazzo, o estremamente pericoloso. O entrambe le cose.
No. Nessuno all’infuori di se stessa le avrebbe dettato i passi da muovere in quella carneficina.
Per esempio, nessuno le avrebbe impedito di attaccare quell’orrore che stava dilaniando a morsi le fila del contingente elfico.
Zaide fu assalita da uno spasmo di disgusto. L’essere più ripugnante che avesse mai visto stava di fronte a lei, gozzovigliando tra i resti umani di coloro che avevano tentato una sortita contro di lui. Ecco il suo primo bersaglio.
Si avvicinò furtiva, ma tutt’a un tratto il clamore parve levarsi da ogni angolo della landa: urla di terrore e sofferenza si mescolarono al panico che prese a serpeggiare tra gli elfi nel momento in cui l’efficiente e apparentemente indistruttibile barriera eretta contro gli attacchi aerei venne infranta da quella che pareva una lama oscura piombata come una saetta sulle loro teste.
Zaide non attese inerme.
Un istante dopo, una seconda scheggia di tenebra si schiantò sul campo di battaglia, mietendo vittime come una falce in un campo di grano: ma la lucente cupola che si dilatava come cristallo dal palmo levato al cielo della strega aveva retto al colpo. L’esile elfo che lo scudo aveva involontariamente protetto dall’attacco guardò Zaide con occhi colmi di gratitudine, incredulo. La ragazza non rispose allo sguardo; l’intuito le suggerì di non allentare la concentrazione, e un terzo schianto dilaniò le orecchie dei presenti, e molti corpi schizzarono da tutte le parti come fantocci di paglia.

- Mia signora…Grazie.

La voce del giovane aveva un timbro melodioso e malinconico. Forse non si era nemmeno accorto di essersi avvicinato alla strega tanto da sfiorarle il braccio in gesto di supplice riconoscenza.
Ma il cielo si squarciò un’ultima volta, e con esso anche lo scudo cristallino: fulminea, Zaide afferrò il ragazzo per un braccio e lo tirò a sé in modo da offrirlo come bersaglio alla lama. Caldo e appiccicoso, il sangue del giovane elfo le colò addosso mescolandosi al suo: l’ombra le aveva inferto una fastidiosa ferita squarciandole la veste all’altezza della spalla. Abbandonò a terra il fantoccio ormai inservibile, piantando lo sguardo gelido nei suoi occhi ancora spalancati per l’incredulità e che lentamente, inesorabilmente, si appannavano nell’ora cieca della morte.






Zaide

Rec [ 275 ] AeV [ 250 ] PeRf [ 150 ] PeRm [ 525 ] CaeM [ 250 ]

[c. 29%; a. 13%; m. 5%; b. 1%]



Finalmente anche Zaide scende in campo; dopo lo sconcerto iniziale dovuto alla perdita di memoria inflittale da Lia nella Torre di Velta, inizia lentamente a ricostruire se stessa sulla base di ciò che ricorda. Ufficialmente tra le fila dell’Asgradel, tuttavia rifiuta di servire quella divinità che le ha strappato tutto, come aborre l’idea di accostarsi al Re che non perde mai. Inizia a sviluppare dunque una sorta di coscienza autarchica (e anarchica), unendosi alla battaglia per perseguire un proprio ideale di giustizia: ecco che allora decide di affrontare Rorge, disgustata dalla sua bestialità, quando dal cielo l’attacco di Ray sconvolge le fila degli elfi. La prima lama, parata dalla barriera magica elfica, la mette in allarme: crea uno scudo di potenza critica che la salva dai due successivi attacchi, riparando fortuitamente anche un giovane elfo accanto a lei. Quando il quarto attacco infrange lo scudo, Zaide non si fa scrupolo di usare il ragazzo come scudo umano, lasciando che muoia davanti a lei.

Non senza difficoltà inauguro la “nuova” Zaide senza patria né ideali, spero che piaccia!

Ps. Chiedo scusa per il post così nudo e crudo senza immagini nè niente ma è già tanto che sono riuscita a postare!!

Energia:
100 - 29 = 71 %

Stato fisico:
Ferita di lieve entità alla spalla sinistra.

Attive:
Arabesque -UNO- [costo Critico, 29 %]
CITAZIONE
Zaide è in grado di evocare un vortice di spiriti in virtù del suo legame con il mondo ultraterreno, il cui Passaggio è normalmente a senso unico: il mortale che lo attraversa segna con tale passo il suo ultimo contatto con la Vita terrena. Zaide ha ottenuto da Morrigan, a cui è legata da un destino profondo, la capacità di attraversare il Passaggio per condurre con sé gli spiriti nel mondo terreno, che ella potrà plasmare a suo piacimento in caso di combattimento. Tale emanazione, che potrà originarsi esclusivamente a partire dalla sua persona, apparirà normalmente come una massa priva di una forma chiaramente definita di sostanza bianco grigiastra in cui però rimarrà possibile scorgere i lineamenti di una moltitudine di creature. Zaide può modificare la sostanza come desidera. La potenza difensiva della tecnica viene considerata pari al consumo di energie speso per evocarli.

Passive:
CITAZIONE
Passiva di ammaliamento psionico; a seconda dei comportamenti di Zaide e ad interpretazione del personaggio che subisce la tecnica, può istillare in lui lussuria nei confronti della strega o terrore - sta alla vittima decidere quale delle due, coerentemente ai comportamenti e all'aspetto assunto da Zaide

Equipaggiamento:
Athame del Corvo con Trappola Annullante incastonata
Athame delle Anime (Artefatto Strega)
Set di 20 pugnali
Linfa vegetale



 
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view post Posted on 18/9/2011, 18:28
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Valzer al crepuscolo, Inno alla Morte

darkness eternal: black sun has risen.


Un'eternità. Niente meno che un'eternità stava scorrendo sotto gli occhi di Jevanni Glacendrangh, fu-Generale di guerra, attuale soldato senza nome o identità all'interno di un esercito divino. Una coalizione forse male assortita di forze ibride, elfi e deformità mostruose che danzavano su un pavimento di lame e sortilegi che frullavano nell'aria come ali di fenice.

L'avevano vista tutti, la Fenice.
L'aveva vista anche Jevanni. Incantato, tramortito dalla bellezza di una tale creatura, aveva lanciato al cielo una voce di speranza. Una sfida al male, al Re. Una sfida aperta a tutti coloro che si erano fatti avanti nella nebbia in procinto di svanire, che si erano lanciati senza pietà contro il plotone elfico e contro il Guerriero. Folli fiori cremisi sbocciarono nell'aria ad ogni guizzo della lama, e il mondo si tinse di ogni spazio e tempo attorno alla battaglia.
E aveva visto, con la stessa immediatezza e maestosità con la quale era apparsa, come il Bastardo del Titano si fosse scagliato da solo contro la creatura baluginante di tenebra. Una carica distante dalla situazione in cui si trovavano, ma che non per questo non aveva scosso la terra e gettato nel panico i meno coraggiosi. Il Gigante aveva semplicemente usato un coltello - esatto, un fottutissimo coltello - e la fenice era caduta al suolo. E con lei, gran parte del morale delle truppe elfiche. Seyrleen, probabilmente la più scossa di tutti, fu comunque la prima a deglutire e a levare la lama in alto. Il Guerriero la imitò, chinando il capo in silenzio. Silenzio perché le parole non riuscirono a venirgli fuori. Aveva affidato gran parte delle speranze in una creatura qualunque, e così come si era tirato su si era sentito distrutto. Ma non era ora di darsi degli stupidi. Non era ora di ritirarsi nel mutismo assoluto. Ciò che la gola non gli permise, lo fece Orizzonte. Lo fece la sua punta che grattava e tagliava il cielo.

NON è finita! AVANZATE!


Era l'Apocalisse. Le stregonerie scagliate come frecce dalle mani dei maghi sembravano rimbalzare addosso ai Verdi, e parimenti i ferri abnormi retti dagli stessi sembravano volare attorno ai Pallidi. Un turbinare di collera e sete di sangue che avvelenava la mente di coloro che si trovavano in quella piana lorda di viscere dei soldati di ambo le fazioni. C'era chi avrebbe voluto urlare contro questa follia, questa stupidaggine.
C'era chi avrebbe voluto fermare tutto.
Ma come poteva, Jevanni, urlare "pace" quando era la guerra l'unica soluzione? E, dopotutto, a lui non sembrava dispiacere. Mentre rimuoveva la spada dal cranio di un orco caduto, si scoprì a provare piacere nell'abbattere tutti coloro che tentavano di togliere la vita a lui o a Seyrleen, a qualche metro da lui, impegnata nel dare ordini e affogare avversari in un oceano di fendenti.

Con un'espressione vagamente soddisfatta -macchiata dal sangue altrui- sussurrò.
Sussurrò a sé stesso, e assieme lo urlò al resto del mondo.
Con i suoi occhi. Con la cadenza del respiro e del battito del cuore.
Con la solidità della postura, con la flessibilità delle gambe e la rilassatezza dei muscoli.
Con l'anima.
Ancora...
Datemene ancora.
Datemene uno forte.


divider3

Si trattava di spazzare tutto. Non la volontà. Non il corpo.
Tutto.
Entrambi.
Perché di essi rimanesse nulla.

Un diabolico gioco di sangue e furia, una parata e una schivata, e ancora una volta un fendente sulla gola.
Questo è il MIO campo di battaglia.
E con un movimento brusco della testa si scostò una ciocca imbevuta del sangue nemico.
No: IO sono il campo di battaglia.

Era l'Inverno. E chiunque gli capitasse davanti - no, meglio, nell'arco della sua lama - avvizziva. Congelata in un istante della vita, l'anima veniva recisa dal corpo ed entrambi cadevano nell'ombra. Un Inverno crudele e impassibile, di cui lui solo era capace di riprodurne con esattezza le movenze. Era il suo nome. Era il suo destino. Era la zanna che sfoderava ogni volta che decideva di porre la vita in bilico fra il futuro e l'oblio, ogni volta che voleva decidere il corso della propria esistenza. Era la sua forza.

I GUITTI! ARRIVANO I GUITTI!

Alzò Orizzonte sopra il proprio capo, lo sguardo spiritato e un'aura omicida terrificante, e la abbassò poderosamente sul cranio dell'ultimo avversario, stavolta un umano dell'esercito opposto. Non udì il primo urlo di Seyrleen. Se lo avesse udito, probabilmente, le cose avrebbero preso una piega diversa. Probabilmente.

RIPIEGARE E RIPRENDERE FORMAZIONE! PLOTONE, RIPIEGARE!

Cosa?

Jevanni si voltò, mentre i pochi rimasugli del plotone della compagna di sventura si trascinavano verso il comandante. Due di loro perdevano copiosamente sangue dal capo, e uno dei due zoppicava.
Zoppicava vistosamente, e probabilmente non sarebbe nemmeno riuscito a tornare fra i ranghi persino se la pantera non avesse mosso attacco. Scagliandosi oltre il Guerriero, il quale non riuscì a reagire in tempo all'arrivo della bestia, abbatté il ferito e lo sbranò nell'arco di un momento. Un singulto, una richiesta di aiuto riflessa negli occhi di un morituro. Nei suoi occhi, gemme lucide coscienti del destino incombente, un sentore di collera nei confronti di Jevanni. Che si era distratto un momento di troppo, fallendo nel salvare la sua vita. Dolore misto a rabbia, prima dello spegnersi di tutte le sensazioni. Di tutte le richieste. Del calore del sangue che defluiva dalla pelle lacerata dalle fauci e dagli artigli di una fiera cupa come la notte.
E cosa poté fare, il Guerriero, se non fissarlo con un pizzico -un solo pizzico- di rimorso, mentre si voltava verso la pantera?
Sono qui per salvare il mondo. Non per salvare tutti.
Come posso salvare tutti? Sono uno. E non sono dio


Alzò l'arma e fece per scattare in direzione dell'aggressore, ma la Neiru scosse il capo e accennò con il mento alle spalle dello Spirito.

Me ne occupo io, tu stai attento a lui!

Lui chi?

Si voltò, uno sguardo vacuo diretto in nella direzione indicata ed ebbe la risposta.
Un corpo massiccio, torso scoperto e luccicante di sangue e sudore, obelisco sepolto in un deserto di cadaveri mutilati orribilmente.
Corse un brivido lungo la schiena del Glacendrangh, nell'incontrarne gli occhi. L'aura omicida emessa dal massacratore non aveva pari, e sembrava schiacciare quella ormai patetica dimostrata poc'anzi dallo spadaccino. La gloria e l'ardore della battaglia erano svanite, mentre una sensazione di gelo si stava arrampicando lungo la colonna vertebrale.
"Tieniti composto, soldato", sembrava ghignare la voce di Asmus nella sua testa.
"Questo è uno di quelli tosti".

Non c'era bisogno di dirlo. Nell'arco di un attimo, l'unico attimo in cui entrambi i contendenti erano rimasti fermi nel fissarsi, Jevanni aveva compreso. Aveva compreso che sarebbe bastato un attimo - no, mezzo attimo - di distrazione per venire spazzato via come uno di quegli elfi. Lui non sarebbe stato uno di quelli a cadere sotto un singolo colpo di spada.

Venderò cara la mia pelle.

E lo avrebbe fatto a maggior ragione, se avesse saputo chi si trovava davanti.
Avrebbe mostrato i denti ancor più minacciosamente se avesse saputo che l'uomo che stava mutando in bestia altri non era che il Secondo dei Guitti.
Rhagga, detto Stuprabelve.
Mentre la pantera prese a girare attorno a Seyrleen, che seguiva i movimenti con gli occhi e i piedi, quest'ultima non poté non sentirsi male per ciò che il Guerriero stava fronteggiando da solo.
Gli occhi divennero due fessure, e la presa sulle due spade si rafforzò.
Avrebbe sistemato la faccenda immediatamente.
La pantera percepì l'aggressività improvvisa, e all'unisono le due fiere si scagliarono l'una con i ferri e l'altra con le zanne.
Parimenti Rhagga, nella nuova forma mostruosa e poderosa di un leone ad otto zampe, si mosse. Una metamorfosi che pochi avrebbero mai osato raccontare, mezzi ubriachi, nelle taverne. Nessuno avrebbe mai avuto la forza o la velocità nelle gambe per poter giurare di aver visto un animale come quello ed esserne sopravvissuto. Gli elfi, ritratti formando un ampio cerchio attorno alle due bestie e i due combattenti, diedero man forte bloccando qualunque orco tentasse di entrare nel conflitto. Non che molti sembrassero averne la minima voglia, date le belve all'interno.

Alla fine non sarebbe stato niente di diverso rispetto a ciò che era stato la volta che aveva combattuto contro Yester.
Assolutamente nulla.
Ma stavolta non sarebbe morto.

Intercettò gli artigli con il piatto della lama, accusando con i muscoli delle braccia l'impatto con la mole considerevole del leone. Strinse i denti, non per il dolore facilmente ignorabile, ma perché quell'essere non solo era pesante. Non solo incuteva una sorta di folle paura. Ma era anche dannatamente, innegabilmente forte.
Si oppose con tutte le proprie energie, continuando a pressare con Orizzonte, ma la bestia non faceva che indietreggiare di un centimetro e avanzare del doppio. Quasi poté sentire l'alito mortifero, il lezzo di sangue e morte che sembrava emanare solo esistendo. Ma, a costo di risultare ripetitivo, lo sussurrò non più nella propria mente ma al mostro che aveva davanti, con uno sguardo che qualunque animale o umano avrebbe facilmente interpretato.
N-o-n cederò.
Era lo sguardo con il quale i lupi difendono il proprio territorio.

Ma nemmeno il Guitto mostrò segni di debolezza, e in risposta una delle zampe non impegnate con la lama si diresse verso il petto del Guerriero. Questi scartò indietreggiando all'ultimo momento, ma comunque un artiglio colpì l'armatura con tanta violenza da lasciare un livido lineare sulla pelle al di sotto.

Bastardo..
Ancor prima che se ne accorgessero, i due si stavano squadrando mentre camminavano lentamente in circolo. Un circolo oltre il quale l'inferno infuriava, ma dentro cui l'inferno stesso veniva annichilito dalla guerra di sguardi dei due. Una battaglia di volontà, che ancor prima di manifestarsi nell'acciaio si consumava nelle menti.

divider3

La pantera era più veloce e più forte. Nonché stranamente grande, per la norma. Pensava di aver calcolato male le misure per via della tensione e dell'iniziale distanza, ma nel momento in cui si era scontrata era riuscita a malapena ad evitare di venire sbattuta nel fango dall'impatto titanico. Dal graffio sulla spalla colava sangue, copioso, che andava posandosi sull'erba macchiandola di rubino. Prima di scioglierla. Perché questo era il sangue dei Neiru, non sangue elfico ordinario.
Si tirò su, facendo leva sulla spada conficcata in terra, e si pulì le labbra dallo sporco.

Neiru mir iren'e!
I Neiru non si piegheranno.

Il loro era un sangue avvelenato; sin dalla loro nascita erano forzati a portare sulle spalle e nelle proprie vene qualcosa di talmente distruttivo da oltrepassare i limiti del fisico, per poi addirittura rafforzare i loro corpi fragili. Il Fiume.
Il Fiume li sosteneva, il Fiume li guidava. Dai primi passi goffi alla morte sul campo di battaglia.
E lo avrebbe fatto ancora una volta, nell'ora solenne.

Protese la mano verso la pantera, invitandola con le dita ad un ennesimo scambio di colpi. L'altra rispose con un ruggito poderoso, prima di scagliarsi contro Seyrleen. Una carica che non terminò mai, perché solo in quel momento

IL SOLE SORSE.





.........
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Un brutto presentimento. Un brivido lungo la schiena. Un sesto senso, chiamatelo come volete.
Sarebbe bastato quello ad evitare che il Guerriero rimanesse del tutto sguarnito di fronte al cataclisma abbattutosi sull'intero campo di battaglia. Una mano divina che schiacciava migliaia di uomini, donne, elfi e orchi e soldati e cadaveri già freddi. Nessuno ebbe modo di fiatare, nessuno avvertì nessuno di ciò che era accaduto.
Sarebbe bastato un urlo.

Ma non arrivò nulla. Nemmeno un sussurro. Un sospiro di morte. Un "attenti". Fu silenzio, prima che il Sole splendesse di una luce tenebrosa come solo può essere il cuore più malvagio. E dal suo ghignare, dal suo sorriso sbilenco e mortale, caddero zanne. Ombre, spettri e incubi. Seyrleen e Jevanni furono colpiti, e separati dagli avversari ancor prima che nelle iridi fosse riflesso pienamente il bianco degli occhi delle rispettive fiere.

Urla? No. Montagne e oceani di corpi che, riversi sul suolo, respiravano a malapena o non lo facevano più. Era silenzio. Si, inizialmente fu silenzio.
Un sudario calato sul mondo.

Ci vollero quasi una decina di secondi, perché Jevanni riacquistasse l'udito. Ma la sensibilità del corpo? Quella era vivida. Vivida come poteva essere il colore delle ali di una farfalla che si posava su uno stelo d'erba. Ma nessuno stelo d'erba avrebbe potuto reggere il dolore che lo Spirito dovette forzarsi a sopportare non appena riaprì gli occhi. Una ragnatela di tagli sparsa lungo tutto il corpo, sangue che cominciava a fiorire da numerose ferite per poi colare con lentezza infinita lungo la pelle sporca di terriccio.
Poteva sentire il proprio respiro, e nient'altro. Il rumore della battaglia che già ricominciava a infuriare era distante, al pari del verso di una rondine che si allontanava assieme allo stormo alla ricerca di un posto migliore.
Alla ricerca di un paradiso.

Jevanni si rialzò, in preda alle vertigini, e sputò del sangue misto a saliva sul terreno davanti a sé. Lui non avrebbe avuto paradiso ad attenderlo. Non avrebbe avuto inferno ad accoglierlo. Avrebbe avuto solo un letto comodo sul quale stendersi per guarire.
Avrebbe costruito e dato forma al suo personale, privato paradiso a colpi di spada.
A cominciare dal bastardo che aveva annientato il plotone di..

Seyrleen? LINA?

Tuonò, guardandosi attorno in preda ad un improvviso timore. La vide riversa nel fango, che tentava di puntellarsi con le braccia tremanti, ma ancora indebolita dall'ondata infernale. La aiutò e la sorresse, tenendola perché riuscisse a guadagnare l'equilibrio.

A..t..tento..so..s..

Prima che riuscisse a completare la frase, si piegò in due in preda ad un'improvvisa nausea. Prima che il Guerriero tentasse di tirarle fuori il resto, lei gli diede un colpo sul petto e subito dopo il cielo. Allora, con un brivido lungo la schiena, e solo con un brevissimo attimo di anticipo, questi comprese. E il panico lo sopraffece. Alzò lo sguardo verso il sole, e strinse i denti arrossati dal sangue. Tirò un respiro profondo, e nel mentre le nuvole divennero di pece. E anche il resto del cielo. Il cuore perse un battito, quindi l'uomo lanciò un urlo.

..NE ARRIVA UN ALTRO!

Levò la mano sinistra, e la gemma sul guanto si illuminò di un azzurro glaciale. Davanti al Guerriero apparve una tenue barriera di energia a schermare entrambi i combattenti dell'Asgradel.

Tieniti for-

EYqVe

...te?

Ancor prima di aver finito la frase, il miasma tagliente si era fatto strada senza problemi oltre la barriera infrangendola. La loro pelle fu ancora una volta avvolta da una serie di ferite, e al suo fianco Seyrleen urlò di dolore. L'ondata terminò, e quando lo fece entrambi rischiarono di crollare in ginocchio.

Tch..

Sputò nuovamente per terra, scosso nuovamente da brividi e nausea, e la vista perse per qualche istante il fuoco. Quando lo riottenne, gli occhi si posarono sulla gemma magica. Lo Spirito rimase paralizzato nel vederla scheggiata, e con crescente tensione si rese conto di non poterne più evocare il potere.

E'..è Ray..

Biascicò l'elfa recuperando a stento le spade. Aveva subito meno ferite di Jevanni, che aveva inavvertitamente fatto da scudo al suo corpo esile, ma comunque le ferite della pantera si erano aggravate. Jevanni annuì cupo, afferrando nuovamente Orizzonte. L'armatura era in condizioni critiche, come se non fosse mai stata riparata, e le insegne dei Neiru tessute erano ormai brandelli al vento. Un vento che portava meno sospiri, meno urla di dolore. Ma molto più silenzio. Più terrore.

Il prossimo ci ucciderà..vero?

Entrambi alzarono lo sguardo verso il cielo, e non dissero nulla. Non si guardarono. Non ne ebbero il coraggio. Chi di ripetere la domanda, chi di rispondere. Anche solo con gli occhi.





________________Jevanni Glacendrangh, Guerriero dell'Inverno


speedpaintbyheader
__________________________ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 125 | CaeM 450


______________________Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Immenso 33% | Estremo 69%


______Condizioni fisiche__

Ferite accumulate
Basso da contusione sul petto
Medio da taglio su tutto il corpo
Alto da taglio su tutto il corpo


Quantitativo danni da tecnica
7/16


Stato d'animo
Lucido; vagamente teso.

___Condizioni mentali______

Influenze accumulate
<nessuna>



Quantitativo danni da tecnica
0/16

Stato d'animo
Disperato.

Energia: 80%

Armi:
- Orizzonte [Estratta]
- Principe Musashi [Celato]
- Stella del Tramonto
[Rinfoderata]
- Fumogeno [x1]
- Esplosivo [x1]
- Veleno indebolente [x1]
- Veleno psionico [x1]


Armatura:
- Brina, classe media [Indossata]
- Mani dell'Atronach [Indossate]


Scemo chi legge.

Atarassia:
Passiva. Razziale.
Capacità di ignorare il dolore senza penalità.


Energeia:
Passiva. Anello del potere.
Risparmio energetico del 3% su tutte le tecniche.


Sacrificio Mu:
Passiva. Artefatto [Principe Musashi]
I poteri dell'artefatto sono risvegliati solo dal proprio sangue
versato anche in minime quantità sulla lama.


Sacrificio Mu:
Malus. Artefatto [Principe Musashi]
Danno Basso psionico ogni due turni a partire
dall'attivazione dei poteri dell'artefatto.


Tempra del drago:
Passiva. Artefatto [Tempo]
Calma costante.


Abilità passive:
Meta-Abilità:
Passiva. Primo livello del Warrior Style.
Raddoppia la CaeM in stato di calma.


Meta-Lancio:
Passiva. Pergamena Verde. Classe Guerriero.
Fa tornare al mittente un'arma lanciata.
Pergamena originale: Boomerang.


Meta-Intento:
Passiva. Secondo livello del Warrior Style.
Ogni colpo fisico passivo viene passato a Basso in stato di calma.


Meta-Universo:
Passiva. Terzo livello del Warrior Style.
Fornisce un auspex circoscritto al raggio dell'arma impugnata.


Meta-Maestria:
Passiva di Metagame. Personale.
Il Dominio è portato al livello successivo.



Scemo chi legge.

Abilità attive utilizzate (in ordine di utilizzo)
Meta-Taglio:
Attiva. Media. CaeM. Terzo livello del Warrior Style.
Per due turni gli attacchi fisici passano a Basso.
[Secondo turno]


Deflettere e rifiutare:
Attiva. Medio. CaeM. Pergamena Bianca. Classe Guerriero.
Un colpo di spada neutralizza una tecnica Media.
Pergamena originale: Parata.


Il Soffio di Moryan:
Attiva/No-Slot. Medio/No-Stat. Bracciali dello scudo.
Difesa Media prendente una forma variabile.





Sintesi:

Che fatica. Allora, questo post è abbastanza
ricco di roba, quindi limito a sintetizzare ciò
che accade a livello di azioni. La pantera
sbrana un NPC elfico a caso, poi fronteggia
l'elfa (NPC mio). La colluttazione che segue
porterà un danno medio alla spalla dell'elfa,
sebbene non descriva il momento esatto
in cui accade (balzo temporale). Non c'è
contrattacco, quanto più una serie di scontri
in cui si riesce a malapena ad evitare che le
zanne la ammazzino. Almeno in questa parte
del post. Jevanni invece assiste alla trasformazione
di Rhagga nel Leone d'Ombra (credo sia la più
adatta in quanto aggressiva) e viene attaccato
con la Variabile a consumo Medio. Questi para
l'attacco usando la pergamena Parata, rafforzata
dal terzo livello attivo del WS attivato nel turno
precedente, che mi permette di parare pure
l'ulteriore danno Basso dato dalla trasformazione.
Quindi, mentre cerco di respingerlo con il piatto
della lama, una delle zampe libere mi attacca
il petto levando Basso, sempre per la forma di leone.
Tengo a dire che normalmente una zampata da
quell'affare mi avrebbe levato Alto, o Medio,
quindi ho deciso di interpretare il Basso come un
attacco di striscio. Non è un tentativo di difesa.
Per un po' si fissano in cagnesco, e mentre caricano
per scontrarsi di nuovo cade il primo Alto che lascia
devastato Jevanni. Mi rialzo e sorreggo l'elfa, ma
il secondo attacco Alto si abbatte. Cerco di pararlo
con il Bracciale dello Scudo, e dimezzare il danno,
ma la barriera si infrange e vengo ugualmente
colpito. Per ragioni legate al background, inoltre,
la gemma (il Bracciale) si infrange e diventa
inutilizzabile per il resto della giocata. Sostanzialmente,
fino agli eventi di blue eyes staring (duello con Blame,
dove li utilizzai per la prima volta nella nuova 'forma').
Dopo di ciò, il post si ferma, mentre i disperati
Jevanni e Seyrleen attendono la terza ondata
che dia il colpo di grazia. Sarà la fine per
i nostri eroi? :8D:


 
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Matt Stranger
view post Posted on 19/9/2011, 16:10




TO GLORY
III

___ __ __ ___
png

Una macchia scarlatta nella marmaglia verde. Un Dio fra gli uomini uomo fra gli Dei trasportato dagli eventi come una barca dalla tempesta. Irrilevante. Inutile. Non'era il protagonista, solo una comparsa. Solo un pedone la cui vita valeva come quella di centinaia di migliaia di altre creature. Uno zero. Un numero così basso da non essere neppure calcolato. Forse non ne era ancora consapevole, forse lo sapeva fin da quando aveva messo per la prima volta piede al Bianco Maniero che il suo destino sarebbe stato quello.

E tu non potevi fare niente per evitarlo. Puoi solo diventare più potente.
Tu devi farlo, io sarò lì, dietro di te a guardarti le spalle.

Si guarda intorno: la guerra era soltanto cominciata.
I capitani muovevano come scacchi i soldati.
La nera fenice continuava a mietere vittime vomitando fuoco e fiamme creando piccoli inferni ovunque.
Hoggar divenuto ormai gigantesco schiacciava come formiche i battaglioni elfici.
E lui cosa faceva? Si muoveva dietro al gigante, riflettendosi in un'essere più grande e potente di lui, perchè questo era ciò era tutto ciò che poteva fare. Eppure, dentro di lui, il fuoco bruciava come in un rogo, corrompendo il suo animo, lasciando solo la cenere dell'invidia. Se avesse potuto, avrebbe distrutto ogni cosa, ucciso ogni nemico, godendo dell'attimo d'esaltazione del suo essere sopra tutti rispecchiandosi unicamente nella sua figura.

No, tu sei un perdente. E morirai come un cane in mezzo a tutti gli altri.
Si, tu sei un vincente. E viverai come un dio in mezzo ai cadaveri di tutti gli altri.

Due pensieri a confronto. Da una parte la convinzione della propria superiorità, dall'altra la consapevolezza della propria debolezza. Sottovalutando e sopravvalutando la propria persona, in perenne bilico tra l'invidia e la superbia. Due pensieri che si scontrano, si abbracciano e si intrecciano, si legano e si separano ritrovandosi sempre nella sua mente. Esplosioni di megalomania si alternano a crisi di impotenza, alimentando l'unico sentimento peccato comune: l'ira.
Ira per non essere lì, fra i capitani. Ira per essere solo uno spettatore. Ira contro tutti coloro che erano più forti di lui e sguazzavano nel sangue dei nemici che lui non poteva nemmeno affrontare. Sentiva la rabbia salirgli dalle viscere, contorcere il suo corpo e la sua psiche. E poi il nero desiderio. Potere; Dominio; Lussuria.

png
Per trovare te stesso devi solo guardare dentro le macerie del tuo passato
Per perderlo tutto quello che devi fare è mentire
Non ti senti come se non fossimo mai stati vivi?
Non ti sembra che sia appena iniziato?
_______ _ _______

Questa è la nostra battaglia!
La vinceremo NOI!
Alla carica, spezzateli come rami, calpestateli come formiche figli del Leviatano!
WHAAAAAA!
Ignoratelo o morirete come lui!
Noi siamo invincibili! Noi non moriremo m-
No! NO! Non fatevi prendere dal panico, la guerra è nostra, la vittoria è del Re che non conosce sconfitta!
!
Ci stanno schiacciando!
Perdenti! -sapete solo morire-
No... NOI NON SIAMO DEBOLI, SONO LORO CHE SONO FORTI!
Abbiamo paura... non vogliamo morire... abbiamo una famiglia che ci attende!
Abbiamo paura.
Di loro.

Sei debole oggi, Lord Chevèl... che c'è, non riesci più a vedere oltre la tua stupidità?
Hai perso, Chevèl. H a i p e r s o


Silenzio
FATE SILENZIO ABERRAZIONI!
E tornate nei meandri del mio essere


No noi non possiamo. Perchè lui ha giurato.
A lei.

_______ _ _______


Tremava. Tremava la terra sotto i passi del Bastardo, producendo boati spaventosi che si univano al rumore di ossa spezzate e grida di dolore. Nemmeno la fenice riuscì a arrestare la sua devastante corsa verso la distruzione totale, venne semplicemente tagliata da parte a parte come se niente fosse. Chi diavolo era? Cosa diavolo era? Perchè non poteva essere lui il Titano, perchè non poteva essere lui il cataclisma che si abbatteva su ogni cosa indistintamente? P e r c h è?

Seguiva la scia di morte lasciata dal Tre-Dita, era difficile trovare dei superstiti dopo il suo passaggio e quei pochi sfortunati che erano ancora interi non avevano la forza per combattere. Osservava la figura del gigante sfumare all'orizzonte, con un miraggio, come un tornado che lascia soltanto detriti dietro di se.
Poggiò lo sguardo sull'astro nero. L'avrebbe mai raggiunto? Sarebbe mai arrivato oltre quell'artificio color pece? O sarebbe semplicemente rimasto a ammirare le creazioni dei più forti come aveva sempre fatto? NO!

I passi divennerò corsa. I desideri si moltiplicarono. I muscoli si tesero. Ogni parte del suo corpo e ogni suo pensiero urlavano al mondo l'astio per un mondo che uccide i perdenti, ogni parte di lui rinnegava la sua debolezza nonostante tutto. Non sarebbe stato più nel fondo, negli antri più infimi del mondo, avrebbe lottato con le unghie e con i denti, aggrappandosi a ogni brandello che lo avrebbe fatto salire, anche di solo un po'.
Era pura eccitazione, un agglomerato di emozioni che si traducevano in una sola parola: devastazione.

D'un tratto si fermò, come bloccato da una forza invisibile. Si voltò.

png
Tu!
quando sei arrivata?
...

Per un attimo gli parve di vederla in mezzo ai soldati, avvicinarsi a lui e tendergli la mano, senza dirgli niente, donandogli un gesto muto che racchiudeva in sè molto più delle semplici parole. Lei non'era mai stata lì.
Lei... era sempre stata dentro di lui. Ella era un ammonimento a non percorrere strade sulle quali non poteva camminare, il monito della sua salvezza, il suo angelo custode. L'aveva avvertito, per l'ultima volta.
Eppure lui avanzò. Eppure lui scelse la via del dolore e del sangue. Colse ancora una volta il frutto proibito, come allora, condannandosi.

Un altro passo. Un altro morso.
Fu un attimo.
Dal cielo nero scivolò una nube del medesimo colore, ronzante come uno sciame d'insetti, un rumore assordante che si univa a quello degli eserciti che si scontravano. Alzò gli occhi colmi di stupore. Come un agnello pronto al macello Come un leone prima di sbranare la sua preda.

Scappa Chevèl!

Il demone gli urlò nella testa mentre l'ammasso di armi gli cadeva letteralmente addosso. Aprì le braccia come in un abbraccio.
L'acciaio sfregiava il suo corpo, la mente gridava di resistere, finchè non sarebbe passato tutto. Invero tutto finì, lasciando innumerevoli feriti, altre vite spezzate. Non da lui.
Il cielo divenne nero, ancora una volta, pronto a vomitare morte su tutti coloro che stavano sotto di lui, come un Dio maligno che uccide gli stessi fedeli che combattono per lui. Le ferite erano ancora fresche e non aveva intenzione di subirne di nuove, quindi scelse l'unica via di salvezza: la fuga.

Rapido si muoveva, mentre alcune lame appena lo sfioravano, si sentiva con la morte alle sue spalle pronta a portare via la sua anima da un momento all'altro. Ma non si dava per vinto e accellerava, correndo tra la vita e la morte, mischiandosi con altri soldati impauriti che si allontanavano dalla zona.

Sorrise quando anche il quarto attacco si consumò nella terra. Era salvo.
Le carni lacerate, le vesti strappate e l'onore macchiato da quell'atto codardo; l'orgoglio era in fiamme, l'ego smisurato, quella sensazione di potenza smisurata, l'ilarità senza pari dei sopravvissuti.
Era vivo. Non importava nient'altro.



{ ReC 175 ~ AeV 175 ~ PeRf 300 ~ PeRm 125 ~ CaeM 200 }



Status fisico - Ferite multiple su tutto il corpo - 4/16
Status mentale - Eccitato per essere sopravvissuto - 0/16
Energia - 83%
_______

Passive in uso:

Extreme Strenght - Forza superiore alla norma.
CITAZIONE
Ogni essere vivente possiede delle armi proprie che gli consentono di vivere e uccidere, spesso tali "doni naturali" sono artigli, zanne e quant'altro gli possa permettere di prevalere sulle altre creature. Muscoli e armi, questi sono i suoi strumenti di sopravvivenza, per questo è incredibilmente potente e basa il suo stile di combattimento sulla forza bruta. Potrà per esempio portarsi appresso una coppia di spade di grandi dimensioni come se fossero due coltelli da cucina oppure lanciare un'arma di proporzioni gigantesche come un giavellotto.

No emotions - Difesa psionica passiva.
CITAZIONE
Una mente controllata, privata di ogni sentimento che potrebbe collegarsi alla malvagità o alla spregiudicatezza, un uomo le cui emozioni sono decise da altri. Uno come lui non si lascerà mai influenzare da persone che non siano i suoi superiori e neppure il terrore sopraggiungerà alla vista di bestioni più grandi e forti di lui poichè avrà la calma e il sangue freddo necessari a affrontarli.

_______

Attive in uso:
//

Note: post piuttosto complicato in alcuni punti, farò uno schema per facilitare la comprensione.
1) la prima parte (fino all'immagine del ragazzo con la luna piena) è puramente introspettivo, dopo segue un dialogo (le voci NON SONO i soldati) interno alla mente del ragazzo.
2) decide di seguire Hoggar lungo il campo di battaglia assistendo alla morte della fenice.
3) subisce il primo attacco in pieno e poi inizia a fuggire lungo il campo di battaglia finendo più o meno da dove era partito seguendo Hoggar.


Edited by Matt S. - 19/9/2011, 18:06
 
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Black Pendragon
view post Posted on 19/9/2011, 23:15




Guardava la guerra con la passività di uno spettatore consumato.
Tanto doveva, ai suoi fratelli: la realizzazione che neanche il più magnifico degli spettacoli poteva sopravvivere al veleno della consuetudine. La rarità, commentò fra sé e sé mentre Tre-Dita arpionava la fenice trascinandola in terra, doveva essere davvero la madre della meraviglia.
Pendragon non condivideva la sua insofferenza. Ognuna delle scorse battaglie aveva modificato impercettibilmente il suo manifestarsi sino a distorcerlo in modo irreparabile: la sua armatura di piastre si era fessa sino a spaccarsi, rivelando una superficie scura, omogenea e viscosa, incapace di trattenere la luce; l'unico tratto umanoide rimastogli era il viso, femminino e bianchissimo, simile ad una maschera di cera premuta dentro uno stagno di fango. L'Incubo era assiso su una formazione rocciosa a poca distanza dal loro capannello di retroguardie, monitorando la battaglia con silenzioso interesse. Un cenno d'intesa, e scivolò senza un suono sino alla loro piccola trimurti.
L'orco era stato avido di parole per tutta la campagna, quasi a voler sfidare il costante tentativo di ingaggiarlo con lo sguardo da parte di Oba. Nelle occhiate rivoltegli da Anello Nero non gli fu difficile leggere disprezzo misto ad una divertita condiscendenza: se Vraashnak fosse stato
furbo la metà di quanto la sua carica gli imponeva,
sarebbe stato molto meno indolente.

------

pendragoncliff
« Io vado. »


Stirò le labbra in un sorriso stentato, rivolgendo al Primo un'espressione d'intesa che non fu certo di vedere ricambiata; aveva imparato a non aspettarsi da Oba più di quanto non fosse lecito aspettarsi.
La reazione dell'orco non lo sorprese.

« Non possiamo abbandonare la posizione, umano. Gli ordini erano-- »

Seguì lo scambio con disinteresse - ne conosceva già l'esito. Pendragon, attraversato dalla sua improvvisa tensione, si inarcò piegando le ginocchia e premendo i pugni in terra come una belva costretta in un angolo, lame di secrezione oscura che si sollevavano dalla pozza elementale che era il suo corpo.

« ... »

I cadaveri dei caduti circostanti si sollevarono, scongiurando ogni punto di iato fra loro ed una possibile via di fuga. Le ultime parole di Oba prima di scomparire furono un perfetto suggello per la pantomima.

« Non mi deludere. »

Sfilò Shamshir dal supporto in una rotazione elegante, piantandone l'estremità disarmata di fronte a sé. Il suo sorriso si era stirato per una risposta che non sarebbe mai arrivata al destinatario.

« Non faccio promesse. »

[...]

Lo sciamano non proferì parola. Osservò i morti chiudersi su di lui a capannello, premendo con furia l'uno contro l'altro per guadagnare qualche prezioso centimetro di vantaggio sui compagni nell'afferrare la preda. Un lucore bollente, luminosissimo e dallo spettro ovale, li inghiottì tutti nell'istante seguente. Una volta scacciato il fantasma di luce impressoglisi sulle pupille con un deciso strofinamento di palpebre, non vide che una polpa informe di ossa fuse ed organi essiccati, ogni umore evaporato dalla loro fibra. Magia - no, stregoneria - del
fuoco: immediata, brutale, disordinata.
Ammirevole.

« Un gregario non ha miglior virtù della modestia. »
concluse fra sé, pur rivolgendosi all'orco ormai in carica.
« Bara-Katal ha fatto una scelta oculata. »

Non si mosse. Lasciò che Pendragon intercettasse il cono di fiamme vomitatogli contro, emergendone intatto.

« Ma bada bene: la modestia non ha posto, qui.
Non ha posto, adesso.
»

L'Incubo estroflesse entrambe le braccia, contorcendole sino
a deformarle in due lame ricurve.

« Non ha posto, per lui. »

Vraashnak ne ignorò l'ammonimento, scartando l'assalto di Pendragon per insistere nella propria carica. Intuendo le sue intenzioni, il suo secondo si sciolse in una polla di liquido amorfo, serpeggiando fra i detriti sino a riprendere forma di fronte all'avversario, arrestandolo. Nell'encore della trasformazione, non fece in tempo a sollevare le proprie difese: la lama elementale disegnata dalle doti arcane dello sciamano ne tagliò il braccio di netto all'altezza del gomito, fumando come metallo al calor bianco immerso nell'acqua gelida. Il cavaliere nero non si scompose, scattando col busto in avanti nel tentativo goffo e terrificante di strappargli il collo con un morso netto. Il viso bianco si infranse come terracotta, rivelando dietro di sé un indefinito filare di fauci privo di occhi.

« !? »

L'orco intercettò il morso con la mano libera, afferrando il muso dell'Incubo e stringendolo saldamente fra le dita. Un fischio seguito da pochi, sottilissimi sbuffi di fumo bianco fece da apripista al fondersi del cranio dell'evocazione, ormai irreparabilmente discioltasi nella sua forma transitoria. Vide la lama elementale descrivere un arco, attraversata dalla luce dell'ultimo sole del giorno.
Mirava al collo.

« Desolato, sciamano. Non lui. » tuonò una voce disincarnata mentre la Shamshir si scalzava da terra per intercettare il colpo di propria iniziativa. Lo scontro si esaurì in un secondo, più pronunciato bagliore.

« Non adesso, almeno. »
Lo spettro di Incognito, il demilich capostipite della casata Aldeym, si voltò per rivolgergli un ghigno sguaiato. Vraashnak, incapace di vederne il manifestarsi, non colse che il riflesso di quello stesso ghigno sul suo volto, deformato in risposta.
Un istante dopo, l'orco era a terra.

[...]

« D-démone... » maledì, nella sua lingua natale. Oba gliene aveva dato abbastanza rudimenti per interpretarla.
« Io non... n-non posso... »

« ...morire? » concluse per lui, piegandosi sul nemico supino.
« Tu non morirai, mio straordinario amico - gli déi me ne guardino. »
Estrasse un libricino consunto dalla tasca interna del pastrano, tagliandolo con un elegante trascinarsi del segnalibri in velluto.
Ambo le pagine presentate erano completamente vuote.
« Come uomo prima e come storico poi, ho sempre amato definirmi un determinista.
Non ho la presunzione, né l'intenzione, di contaminare la storia con le mie glosse. Non fraintendermi, tuttavia.
» e scosse
impercettibilmente il capo, simulando severità « Non voglio dirmi modesto. Solo... coerente. »
Chiuse il libro.

nightmareasmodeus
« Coerente con il mio ruolo di spettatore. »
L'orco portò il suo commentario con sé nell'oblio, perdendo i sensi per la troppa trama intessuta.
Sorrise. Non c'è intimità più grande che nel confessarsi
ad uno sconosciuto.

Post di intermezzo elaborato su concessione del QM. Niente da vedere, qui. =)
 
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view post Posted on 21/9/2011, 14:38
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Fratello.

Fratello.
Stava ormai diventando quasi un abitudine essere chiamato con quell'appellativo, eppure ogni volta il cuore sussultava, dubitava che quelle parole fossero rivolte a me. Io, un fratello. Il pensiero di tale possibilità mi riempiva la mente e la scombussolava tante volte quante sono le stelle nel cielo.
Non capivo. O forse capivo fin troppo e mi sembrava surreale.
O forse i miei fratelli capivano per me.

I nostri sogni si avvereranno molto presto. La nostra sarà la più solida unione di tutti i tempi.

Famiglia.
Facevo parte di una famiglia, ora. Una famiglia legata con i desideri e formata dalle ambizioni e dagli scopi di ognuno dei suoi membri. Era strano, era bello. Mi faceva sentire bene, in pace con il mondo e con la mia sofferenza. Non riuscivo più a pensare ai tristi episodi del passato, ormai. Non più. Avevo voltato pagina ed avevo ufficialmente iniziato una nuova vita.
Mnemosyne era risorta.
Noah era vivo.
Io avevo un senso:
esaudire i desideri della mia famiglia.

Mnemosyne. gli occhi fissi a guardarlo; a guardare il nostro anello di unione. E' una richiesta difficile, ma non posso che affidarmi a te - ancora una volta -. Dobbiamo eliminare le ultime forme di impurità che ci sono sul continente.
Dobbiamo eliminare il seme della discordia piantato dalla guerra.
La fenice deve rinascere, lo sai bene.


In fondo era quello che ci avrebbe permesso una volta per tutte di soddisfare tutte le nostre richieste.
Era una richiesta d'aiuto.
E l'asgradel ne era il mandante.

Sì.

Sarà fatto.

3McMS


In quel nuovo mondo,
tutto aveva assunto nuove e spaventose forme.

La mente di ogni persona presente in quel luogo sembrava plasmarsi ad ogni accenno di cambiamento d'aria, veloce messaggera che portava ora gloria, ora tristezza, speranza, forza, morte.
Era strano vedere come, in così poco tempo, una moltitudine di combattenti e saggi, schierati in due fazioni nemiche, stavano assistendo ad uno dei più grandi eventi che quel continente aveva visto. Alcuni la soprannominavano La Grande Guerra, altri la Fine del Mondo; i più sciocchi, invece, ipotizzavano potesse essere
un nuovo
inizio.

Un nuovo continente con delle nuove regole, nuove persone e nuovi valori.
Ed io ero tra quegli sciocchi.
In fondo, quella non avrebbe mai potuto rappresentare una fine. Non lo era, non per me, non per noi. Crono me lo aveva promesso:
presto la nostra famiglia sarebbe stata come una volta.

La più unita delle famiglie.
L'unica famiglia che aveva provato a cambiare il mondo e che vi era andata vicinissimo al farlo. L'unica catena di titani che serviva a quel mondo. Nuovamente, dunque, ci saremmo riuniti, e avremmo soddisfatto
il nostro sogno,
insieme.



La fenice era arrivata.
Il suo potente grido risuonò in tutto il campo da battaglia, le sue ali splendevano e la sua imponenza faceva sembrare tutto così dannatamente insignificante. La ascoltai gridare un'altra volta, poi intonai un do maggiore. Era un suono così alto rispetto alle altre note, proprio come il grido dell'essenza di tutti i poteri.
Proprio come
l'asgradel.

Inspirai lentamente.
L'aria era così tersa a causa dell'imminente battaglia che risultava pesante, irrespirabile. Solo le note, ancora una volta, riuscivano a rendere dolce tutto ciò che toccavano, plasmando la corrente in base ai miei desideri, le mie sensazioni.

Vinci.
Vinci per tutti noi.


Le note continuavano ad uscire, e a danzare velocemente prima di sparire. E' una sensazione vissuta ormai tantissime volte, eppure qualcosa nella mia testa mi faceva capire che stava succedendo qualcosa di nuovo. In quel momento, stavo suonando per me stesso, per i miei fratelli, per i miei sogni. Tesi l'orecchio con più attenzione alle note che suonavo. Erano piacevoli, erano belle, erano nuove. Perché? Perché tutto mi sembrava così nuovo, adesso?

Non c'è sensazione migliore che ascoltare ciò che si suona per sé stessi.
Le sue parole comparirono nei miei ricordi all'improvviso. Forse era proprio quello, il problema.
Non avevo mai ascoltato
me stesso.

E'.. bello.

La faccia mutò in un piacevole sorriso, mentre le note scorrevano durante la battaglia. Anche se disturbate dalle grida di dolore e dall'incitamento dei generali, la musica sembrava vivere in un altro mondo. Un mondo intangibile, dove nessuno può penetrare, dove nessuno può disturbare. Le mani continuavano a scorrere, l'aria iniziava ad animarsi e il mio cuore sussultava, riunendo tutte le emozioni che era capace di immagazzinare e facendole roteare al suono della musica.
Era merito suo.
Crono era riuscito a dare nuovamente una forma al mio spirito da musicista. Continuando di quel passo, inoltre, sarei probabilmente riuscito a completarmi totalmente.
Sapevo cosa fare, dunque.
Dovevo vincere
la guerra.

~
Inno alla Morte

Osservai perplesso il sole oscurarsi.
L'aria divenne gelida, le urla dei combattenti si affievolirono. Nessuno poteva ignorare quello che stava succedendo. Strane forme si materializzavano sul campo da battaglia, forme oscure, rigetti degli incubi della dama bianca. Corsi veloce, cercando di raggiungere un luogo dove potermi far valere e portare in alto il nome di Cronos. Mi muovevo furtivo per evitare di farmi notare dai semplici orchi che lentamente straziavano l'esercito degli elfi. Non era una situazione ottimale.
E quello che venne dopo, lo fu ancor meno.
Flussi di energia neri iniziarono a manifestarsi in cielo, come pioggia che scende veloce. Simili alle forme causate dagli incubi della Dama, queste presero forme di grandi scaglie e iniziarono a scendere giù, sempre più velocemente e con più veemenza. Sembrava che il cielo stesso piangesse a causa di quella stupida guerra che stava mietendo migliaia e migliaia di vittime.
In fondo, chi voleva la guerra erano solo la Dama e il Re del Bianco Maniero.

Dann~!

Le ombre caddero veloci sul mio corpo. Prima una, poi l'altra a qualche secondo di distanza, colpirono il mio corpo violentemente. La prima raggiunse l'altezza della scapola destra, la seconda il polpaccio della gamba sinistra. Gridai forte per il dolore; il sangue sgorgava veloce e le ferite bruciavano terribilmente ma dovevo proseguire verso il centro della battaglia, in ogni caso. Chi mai poteva aver scatenato una simile piaga?
La risposta venne pronunciata quasi in coro, nell'aria. Come se tutti si stessero chiedendo la stessa cosa, e tutti coloro che la conoscevano sembravano vantarsi di ciò.
Ray.
Il re che non perde mai stava per scendere in battaglia, e con lui la sua temibile forza e la sua crudeltà. Finalmente, stava scendendo a prendere parte alla guerra che egli stesso aveva scatenato.

Guardai in alto, al cielo che stava preparando altre lacrime. A quel cielo che aveva visto le peggiori atrocità ed ingiustizie in un sol giorno, e che era stanco; era arrabbiato con tutti noi.
Non potevo fermarmi, non in quel posto, non in quel momento. Farlo sarebbe stato come arrendersi alla morte. Camminavo a passi veloci - se di velocità si può parlare - verso il centro del campo di battaglia. La persona che cercavo era lì, Crono lo aveva individuato. Una persona che avrei dovuto portare alla vittoria assieme a me.
Mi bloccai quando lo guardai, notando come le dettagliate descrizioni del Fratello corrispondessero a realtà.
Era lui.
Jevanni Glacendrangh, il guerriero dell'Inverno.
Il titano della mortalità, Giapeto.
Mio fratello.

Avanzai lentamente, osservando che nemmeno lui era in ottime condizioni. Non potevo lasciarlo lì. La mia missione era salvarlo, e non avrei potuto deludere Crono per nessuna ragione al mondo.
In fondo, lui era
come me.
Il suo spirito era ancora sigillato in quello di un uomo, ma ben presto avrebbe capito qual'era la sua vera forma. Un titano capace di sovvertire le sorti di qualsiasi battaglia, di animare lo spirito dei più scettici, di vincere qualsiasi difficoltà. Le note partirono accarezzate dalla mancina che pronta intonò una leggera e piacevole melodia proprio quando nuovi spuntoni stavano per raggiungere i nostri corpi. Li avrei protetti.
Avrei protetto me e mio fratello; per una volta, sarei stato la risoluzione del problema, non il problema stesso.

Fratello!
Insieme, possiamo vincere questa guerra. Credi in me, credi nei nostri ideali, nel tuo spirito non ancora rivelato.
Credi e potremmo distruggere qualsiasi avversità.

Un volto sicuro, di chi vuole trasmettere fiducia e coraggio.
Andiamo!

Ero felice.
Perché, per la prima volta, stavo ascoltando
i miei desideri.



CITAZIONE
Mana~ 26% (Critico + Critico)
Stato Fisico~ Danno alto alla scapola destra; Danno alto al polpaccio sinistro. (~50%)
Stato Mentale~ Protettivo.

Note~ Ecco la mia entrata in scena.
Principalmente, la parte che interessa alla quest è quella dopo l'immagine della fenice. In pratica mi muovo come ordinatomi da Crono e raggiungo Jevanni. Arrivato, uso due volte l'attiva di metamagia per proteggere me, jevanni e l'elfa dagli ultimi due spuntoni. (Non so se proteggo anche il nemico)

Attive ~



CITAZIONE
# r i t m o d u e ~ Il rapporto che Noah ha con la magia cresce di intensità ogni giorno che passa, diventando sempre più grande e solido. Il musicista prende dalla magia un incentivo per la musica e uno sprono a migliorare sempre di più. In termini di gdr, Noah potrà acquistare pergamene di un'altra classe (mago) e potrà dissolvere le tecniche magiche di entità Media (consumo Alto) e Alta (consumo Critico).
Alto, Critico. (Metamagia Effetto attivo e passivo di II livello)

Passive ~



CITAZIONE
Il m i g l i o r e Durante gli anni passati a contatto con Jack, il tasto ne ha assorbito l'essenza, imparando egli stesso a riconoscere e plasmare un talento quanto scorge -ascolta- uno di essi. Per questo, qualsiasi persona verrà scelta dal tasto per raccogliere l'eredità del suo compianto maestro, verrà dotato dell'abilità e della passione per la musica che tanto ha contraddistinto Jack. Le sue mani scivoleranno sapienti sulla tastiera di onice e avorio, saggiando sapientemente i tasti per riempire l'aere di una melodia perfetta e irriproducibile.
Ogni volta che il portatore del tasto suonerà quindi il proprio strumento, egli catturerà gli sguardi estasiati della folla che, inevitabilmente, lo riconosceranno come il migliore, talento ineguagliato, pianista sulla piazza.
Perchè il tasto ricorda ancora bene la musica del Maestro, e chiunque lo possegga, quindi, non potrà essergli da meno.
[Abilità Passiva]

[Influenza psionica che si attiva quando il portatore comincia a suonare il proprio strumento. Da quel momento in avanti egli diventerà, agli occhi di chi lo circonda, un musicista insuperabile; e, per via delle sue melodie perfette e senza sbavature, verrà riconosciuto come "Il Migliore".]

CITAZIONE
Nebbia della memoria ~
La catena conosciuta come Dita di Mnemosyne è un artefatto pericoloso. Si narra che essa sia stata in tutto e per tutto parte della Titanessa mitologica, vera e propria propagazione della sua mano destra. Non è dato ovviamente sapere se queste informazioni corrispondano a realtà, ma i cinque anelli concatenati hanno certamente delle potenzialità che è difficile non ricondurre alla natura di quell'essere leggendario: manipolano la memoria dei viventi, lasciandola talvolta devastata dal loro passaggio. Il primo a subirne l'inevitabile influenza è decisamente il portatore dell'artefatto. Questi sarà infatti completamente preda degli effetti collaterali derivanti dal contatto con le Dita: ogniqualvolta egli desideri riportare alla mente un proprio ricordo, quale che ne sia la natura, dovrà fronteggiare l'incertezza e il dubbio. Le catene influiranno difatti sulla sua percezione del reale - o meglio, del realmente accaduto - sovrapponendo alle reminiscenze veritiere altre molto simili, ma discostanti da quelle 'corrette' per dettagli talvolta non trascurabili. Sarà così impossibile per il portatore delle catene discernere le proprie esperienze da quelle alterate per colpa dell'artefatto [Malus; quando indossate, le catene alterano i ricordi del portatore]. Al tempo stesso, comunque, la vicinanza di elementi terzi alle Dita condurrà questi ultimi nella confusione più totale. Le catene agiscono costantemente intorno al portatore, mettendo in disordine la memoria a breve termine di chiunque si avvicini troppo a lui. Approssimarsi al possessore delle Dita porta infatti al rapido cancellarsi dei ricordi recenti: chi si spingerà troppo nei pressi delle catene sarà improvvisamente del tutto spaesato. Ricorderà con estrema fatica, se vi riuscirà, il perché della sua presenza nel luogo in cui si verrà a trovare; gli avvenimenti delle ore precedenti gli saranno oscuri e nebulosi da rimembrare, come avvolti da una patina di fumo [Passiva; influenza psionica che altera la memoria a breve termine].

CITAZIONE
# s e x t a b a l l a d a ~ Numerosi ed estenuanti sono stati gli allenamenti che Noah ha conseguito per accrescere il suo sapere magico. I risultati di tali allenamenti sono stati il saper gestire la propria potenza magica; saperla sfruttare al massimo delle capacità con il minimo dispendio energetico, così da stancarsi meno facilmente, così da conservare le energie.
Passiva (Pergamena Risparmio Energetico)

 
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view post Posted on 22/9/2011, 00:51
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Valzer al crepuscolo, Inno alla Morte

darkness eternal: dawn of war.


Le mani si chiusero in un pugno, le nocche sbiancarono. Capo chino e occhi chiusi, lo Spirito non poté non sentire un sentimento. Un sentimento velenoso come l'odio ma più profondo di un abisso. Si stiracchiava nello stomaco e si dimenava come una serpe nelle interiora, impedendogli di rimanere calmo e concentrato. Concentrato su cosa? Si lasciò sfuggire una piccola risata ironica, ma nello scoprire i denti questi tremarono. Poi quasi ringhiarono. Il corpo intero venne scosso da singulti di frustrazione. Perché quello era lo spettro che infestava il suo animo. Non paura, non disperazione. Frustrazione. Cosa significa tutto ciò? Che scopo ha la vita, se basta così poco a venire annientati? Per un attimo folle, ebbe voglia solo di una cosa. Di urlare al cielo tutto il suo disprezzo, tutto l'odio, tutto ciò che sentiva in quel momento. Perché gli dei ricordassero - ricordassero che l'ultimo dei Guerrieri dell'Accademia del Sole Rosso era morto lì a causa loro. Nella loro vanagloria li avevano creati con capacità di libero arbitrio - ma ora, nel loro egoismo, li stavano schiacciando nelle loro guerre senza possibilità di scegliere?
Ma Jevanni scelse. Scelse di rimanere in silenzio. Il tumulto nel cuore quasi strappò il petto, e le lacrime amare a corrodere il respiro. Si sarebbe spento non come gli altri, in battaglia, ma in silenzio.
Jevanni il Guerriero si sarebbe spento in pace.
Seduto sul terreno, lama rinfoderata.

E poi iniziò la musica...

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D'altro avviso fu Seyrleen. Le dita premute in una presa micidiale sulle else delle spade, lacrime di collera lungo le gote pallide, non riuscì a reprimere del tutto i fremiti e i segni di un collasso interiore. La sanità mentale appesa ad un filo, mentre si voltava attorno e tutto ciò che vedeva era morte. Lei e Jevanni erano rimasti per pura fortuna gli unici sopravvissuti nel raggio di una ventina di metri, mentre altri soccombevano per le ferite subite, sputando sangue o tenendosi i monconi delle braccia recise dalla nuvola o dagli orchi. La Neiru si era ritenuta pronta a percepire intensamente il tanfo di sangue per gran parte della battaglia - ma il tanfo di morte? Quello no. A maggior ragione se questo fosse stato emanato dai cadaveri dei suoi compagni. Fratelli e sorelle di sangue, spada e Fiume. Tutti morti. Tutti a causa della sua incompetenza.

Si chinò su un ginocchio, ad abbassare le palpebre e chiudere la bocca ad uno degli arcieri. Il giorno prima l'avevo ripreso duramente perché aveva iniziato una rissa con uno degli umani a cui era stato somministrato il Fiume, il quale si era lamentato della "merdaccia delle orecchie a punta" ad alta voce riferendosi ai punti della pelle sui quali era spuntato il Marchio. Nerevar, questo era il nome dell'elfo, era insorto e aveva afferrato per il bavero della casacca l'uomo urlandogli in faccia quanto fosse ingrato. L'onore stesso dei Neiru scorreva nelle sue vene, e aveva pure il coraggio di coprire d'onta i suoi salvatori? "Potrei farti sanguinare finché nemmeno una goccia di Esso ti scorra sotto la pelle" aveva detto. Con una punta di amarezza, Seyrleen fece scorrere l'indice esile sul mento freddo del cadavere.
Eppure non sei tu quello che, ora, ha gocce del proprio sangue sparse tutte attorno a sé?.



Prima fu un sospiro. Poi una nenia. Una ninnananna volta ad assopire le lamentele, a porre fine alle loro agonie. La rassegnazione di Jevanni, il dolore di Seyrleen: due cancri che avevano schiacciato i loro animi senza pietà. Prigionieri di una spada di Damocle pendente, si erano lasciati tarpare le ali della speranza.
Perché le Guerre non sono vinte mai dal solo acciaio. Ma proprio dalla speranza.
La speranza di un mondo migliore, la speranza di un "qualcosa di più" per cui vale la pena combattere.
Per cui vale la pena imbracciare le armi e urlare "No" al mondo che incalza la sua danza fredda ed estranea.
Un rumore metallico alle spalle avvertì l'elfa che il Guerriero si era levato finalmente in piedi. Lei fece lo stesso, e chinò il capo sussurrando una preghiera per il plotone caduto.

Seyrleen?

Lei deglutì a vuoto, completando la preghiera a stento, e si voltò stancamente verso l'uomo. Il tono venne più aggressivo del voluto.

..che c'é?

Ydcgc

L'altro stava indicando il cielo, con aria estasiata. I suoi occhi erano puntati verso il Grande Nero, la magia assassina di Ray. Ma non v'era timore, anzi, sembravano scintillare. Luccicare di stupore. Di felicità. Di sollievo.
Seyrleen inizialmente non capì, e volse angosciata lo sguardo alla nuvola oscura che stava per abbattersi...
ma che non arrivò mai.

Le lame di vento sembrarono abbattersi su una cupola invisibile, per poi attraversarla a fatica e infine dissolversi.
Le Dita del Re che non Perde Mai svanirono, sotto la magia di un sogno. L'elfa si voltò, in direzione della musica che si era fatta vicina, e scorse un uomo. Le bastò l'intuito - il cuore che palpitava nel petto ricoperto di sangue nero - per percepire il potere della musica che si librava nell'aria come una rondine. Dita che si muovevano abilmente, con tocchi netti e sicuri. Polpastrelli che conoscevano, che spiegavano. Che suonavano.
Una storia, una leggenda e forse un'intera epopea che si srotolava come una pergamena nelle loro orecchie. Musica divina, che mai era stata udita da nessuno dei due. Una fiamma che accese il cuore del Guerriero dell'Inverno come solo i racconti di Visilne potevano, e sollevò di spirito la Neiru dall'orgoglio spezzato.

Una melodia che insegnava a non arrendersi.

IgHt9

Un tenue sorriso si allargò sulle labbra arse del musicista.

Fratello!
Insieme, possiamo vincere questa guerra. Credi in me, credi nei nostri ideali, nel tuo spirito non ancora rivelato.
Credi e potremmo distruggere qualsiasi avversità.


Seyrleen non comprese particolarmente cosa intendesse dire l'altro, e Jevanni persino di meno. Soltanto un leggero, discreto bagliore si animò nella gemma scheggiata sul guanto. Ma nessuno se ne accorse. Nessuno vide.
Nessuno vide come un Dio si cristallizzò nella mano di un uomo.
Qualcosa si era risvegliato, solo per sopirsi in un sonno ristoratore che avrebbe dato i propri frutti solo qualche tempo dopo.

Ma fino ad allora, vi sarebbe stato solo silenzio.

divider3

Quando la quarta ondata di pece venne arrestata dalle ultime note del musicista, questi cadde su un ginocchio, evidentemente indebolito dalla magia impiegata. Seyrleen fece per scattare verso il salvatore per sorreggerlo, ma il Guerriero la prese per un braccio con inaspettata forza e la fermò.
Lei si voltò, con uno sguardo stravolto, e fece per chiedergli perché diavolo l'avesse fermata. Lui non incontrò i suoi occhi, dunque lei li volse in direzione di cosa Jevanni stesse fissando. E si lasciò sfuggire una bestemmia fra i denti.

Rhagga e la pantera..maledizione!

Quando quest'ultima volse lo sguardo verso il pianista, Jevanni sentì un vuoto aprirsi nello stomaco. La presa si allentò sulla Neiru.
Io tento di temporeggiare - tu non perdere d'occhio nessuno dei due!
le ordinò indicando con la mano libera l'uomo e la bestia. Lei si limitò ad annuire vigorosamente, e corse verso l'inginocchiato.

Indi lo Spirito si volse verso Rhagga. Si asciugò un rivolo di sangue che scorreva dal labbro, e tirò un respiro profondo.

wBdVO

Ora..
a . n o i . d u e.


Un circolo perlaceo si formò attorno ai piedi del Guerriero, e quando questi fece un passo in avanti l'anello si espanse per tutta l'area circostante invadendo l'aria. Il mondo divenne grigio, e la distanza perse significato. La luce, l'ombra, il sangue...nulla di ciò ebbe scopo. Nulla ebbe colore. Nulla ebbe forma.
Solo Foschia.

Sia il leone che il felino nero vennero avvolti da volute evanescenti, un mondo scintillante e assieme cupo, dal quale nessuno li avrebbe tirati fuori.

Perché questo è il mio mondo.

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I passi di Jevanni Glacendrangh furono silenti, perché silente è il passo di un uomo che marcia sul sangue sparso dai propri compagni. E lui stava posando gli stivali sulla terra imbevuta ampiamente del sangue dei Neiru e degli orchi, vittime dei sortilegi indiscriminati del Re che non Perde Mai. Dell'uomo per il quale aveva imbracciato Orizzonte per combattere un muratore. Per il quale aveva dato la vita, ancora una volta. Per il quale stava ancora combattendo, e ancora poneva la vita sul baratro.
Perché la guerra finisse con la sua sconfitta.

Con la cautela di un cacciatore nei confronti della propria fiera, Jevanni sfruttò il favore della fitta nebbia per tentare di scartare verso il fianco sinistro del leone. Alzò la spada sopra il capo e con un movimento leggero eppure netto la calò con ambo le mani tentando di recidere una delle numerose zampe artigliate della belva.
E con questo..fuori una.









________________Jevanni Glacendrangh, Guerriero dell'Inverno


speedpaintbyheader
__________________________ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 125 | CaeM 450/900


______________________Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Immenso 33% | Estremo 69%


______Condizioni fisiche__

Ferite accumulate
Basso da contusione sul petto
Medio da taglio su tutto il corpo
Alto da taglio su tutto il corpo


Quantitativo danni da tecnica
7/16


Stato d'animo
Lucido; vagamente teso.

___Condizioni mentali______

Influenze accumulate
<nessuna>



Quantitativo danni da tecnica
0/16

Stato d'animo
Determinato.

Energia: 65%

Armi:
- Orizzonte [Estratta]
- Principe Musashi [Celato]
- Stella del Tramonto
[Rinfoderata]
- Fumogeno [x1]
- Esplosivo [x1]
- Veleno indebolente [x1]
- Veleno psionico [x1]


Armatura:
- Brina, classe media [Indossata]
- Mani dell'Atronach [Indossate]


Scemo chi legge.

Atarassia:
Passiva. Razziale.
Capacità di ignorare il dolore senza penalità.


Energeia:
Passiva. Anello del potere.
Risparmio energetico del 3% su tutte le tecniche.


Sacrificio Mu:
Passiva. Artefatto [Principe Musashi]
I poteri dell'artefatto sono risvegliati solo dal proprio sangue
versato anche in minime quantità sulla lama.


Sacrificio Mu:
Malus. Artefatto [Principe Musashi]
Danno Basso psionico ogni due turni a partire
dall'attivazione dei poteri dell'artefatto.


Tempra del drago:
Passiva. Artefatto [Tempo]
Calma costante.


Abilità passive:
Meta-Abilità:
Passiva. Primo livello del Warrior Style.
Raddoppia la CaeM in stato di calma.


Meta-Lancio:
Passiva. Pergamena Verde. Classe Guerriero.
Fa tornare al mittente un'arma lanciata.
Pergamena originale: Boomerang.


Meta-Intento:
Passiva. Secondo livello del Warrior Style.
Ogni colpo fisico passivo viene passato a Basso in stato di calma.


Meta-Universo:
Passiva. Terzo livello del Warrior Style.
Fornisce un auspex circoscritto al raggio dell'arma impugnata.


Meta-Maestria:
Passiva di Metagame. Personale.
Il Dominio è portato al livello successivo.



Scemo chi legge.

Abilità attive utilizzate (in ordine di utilizzo)
Meta-Taglio:
Attiva. Media. CaeM. Terzo livello del Warrior Style.
Per due turni gli attacchi fisici passano a Basso.
[Secondo turno]


Foschia:
Attiva. Alto. PeRm. Illusione ambientale. Artefatto [Orizzonte]
Viene invocata una nebbia illusoria di
potenza Media per due turni nel campo.





Sintesi:

Credo che le immagini non siano venute come
speravo. Whatever. Come ha detto Yuu, le
prossime due ondate vengono bloccate dal
suo intervento glorioso -commemorato dalla
musica per l'occasione-. La parte della gemma
che si illumina è semplicemente per giustificare
la "vera e propria" forma di Moryan, quella che
sarà visibile in blue eyes staring e comunque
le prossime volte che la userò. Per capire meglio
il tutto bisognerebbe leggersi l'epopea legata a
Cronos, non dirò tutto qui per amor della
sinteticità @_@. Sostanzialmente evoco Foschia
per disorientare la pantera e dare un minimo di
vantaggio all'elfa (Eitinel aveva detto che se la
cavavano meglio nella nebbia di Ashlon, dubito
sia molto diversa la mia) per permetterle di
proteggere Noah dalla bestiaccia nera. Che accada
o meno, meglio prevenire che curare :lui: invece
Jevanni cerca di "circumnavigare" (in assenza di
un termine più adatto, che a quest'ora non viene :lui:)
Rhagga e di colpirlo dal fianco. In particolare
mira ad una delle zampe. Il WS che era attivato
nel precedente turno (e nella precedente metà di
questo post) potenzia l'attacco a Basso.

PS. Come ho scritto in Assenze io il 26 parto.
Non garantisco internet..quindi non sono sicuro
riuscirò a continuare la scena. Il preavviso
è stato minimo anche nei miei confronti, l'ho
saputo solamente questo pomeriggio. Ho
peraltro dovuto accelerare la scrittura del post,
il che credo possa spiegare perché la prima
parte (almeno penso) sia considerabile meglio
scritta.


 
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49 replies since 27/8/2011, 18:57   3695 views
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