Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ Inno alla morte

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Andre_03
view post Posted on 24/9/2011, 21:46




Quando la cappa nera oscurò i cieli, calò un silenzio innaturale per un singolo - lunghissimo - istante.
Era lo sconforto, la sorpresa, l'incredulità di molti. E ancora il terrore primordiale, l'ansia di trovare un riparo, il panico immobile. Una dopo l'altra le sferzate del Re Toryu spazzarono il campo di battaglia ed il Crepuscolo stesso, mietendo vite come fossero spighe di grano sotto la falce di un solerte agricoltore. Caddero in tanti, flagellati a tradimento in gran numero anche fra le fila di coloro che a Ray avevano giurato fedeltà - una promessa mai ricambiata, evidentemente.
Il Bastardo del Titano non distinse le voci di quei pazzi che si erano avvicinati alla sua figura, né ebbe memoria della loro presenza.
Crollò in ginocchio alla prima ondata, con le lame che gli piovevano addosso mangiando la carne e strappandogliene interi brani. Il suo corpo gigantesco protesse involontariamente un manipolo d'orchi dall'annientamento. Riuscì ad alzarsi tossendo sangue soltanto dopo il secondo attacco. Si volse verso l'astro nero, il volto deformato in una maschera d'odio e di stizza.

« È tutto qua? » gli colava sangue dalle labbra, mentre sorrideva rabbioso
« È tutto qua, bamboccio di merda? »

Allargò le braccia ed accolse le altre due ondate abbracciandole quasi con gioia.
Le risa grottesche dell'arrogante Guitto penetravano la cortina notturna, riecheggiavano per il mondo come rintocchi di campana.
Erano un annuncio, un monito e un richiamo; erano una marcia funebre che suonava carica d'astio
per Ray e Ray soltanto.

[...]

Rhagga non capiva.
La resistenza della preda, il vento nero, il dolore, la musica nell'aria, la nebbia. Era una tale confusione di luci, suoni e colori che la sua mente - fusa a quella di un felino per sua stessa volontà - faticava a registrare con accuratezza lo svolgersi degli eventi. Lui, semplicemente, non capiva. Quella che era stata sempre una sua caratteristica peculiare - e che spesso gli si era ritorta contro - lo stava soccorrendo anche in quell'occasione. Non capiva, no. Ma l'istinto predatorio gli sarebbe bastato allora come in passato.
Si scosse di dosso il terriccio ed il sangue, rimettendosi sulle zampe a fatica.
Nonostante le ferite che riportava sul dorso, la coppia di arti inutilizzabili e l'occhio menomato sapeva d'essere ancora in grado di combattere. Glielo sussurrava il corpo ferino di cui aveva assunto le sembianze, con iniezioni surreali d'adrenalina. E il suo sangue pompava forte, nella foschia. Raggiungeva tutti gli organi di senso mettendoli in moto. Il naso sbuffò nel fumo chiaro, riprendendo l'aria un istante dopo. E i sensori posti all'interno delle narici portarono al cervello le informazioni di cui necessitava: tre nemici feriti, un membro del branco sofferente ma in grado di partecipare alla caccia, morte ovunque tutt'intorno. Ringhiò sommessamente, contorcendo il muso in un'espressione mostruosa che - nella sua forma umana - avrebbe potuto ricordare un sorriso.
Poi accadde l'impensabile: l'oggetto della sua caccia divenne il cacciatore e lui - come in rarissimi casi - la preda.
L'altro emerse dal miasma nello stesso attimo in cui lui ne percepiva la presenza e, prima ancora che potesse voltarsi ad azzannarlo, quello gli aveva mozzato una zampa di netto.
Furono momenti di dolore acuto, bianco, sordo e muto; il suo ruggito si perse tra le grida della battaglia e morì pochi secondi più tardi. Gli restavano altri arti per muoversi, eppure per la bestia che era quella menomazione bastava a renderlo zoppo. Arretrò in preda a una furia incontrollabile mista a qualcosa di nuovo, qualcosa di mai provato. Paura, avrebbero potuto spiegargli; ciò che stava provando altro non era che lo spavento di una creatura posta dinnanzi ad un nemico più forte.

« Bel colpo, umano. » rantolò a fatica
« Ma tu fa poca attenzione a tuoi amici. »

Digrignò i denti e saltò avanti, mirando con le zanne alla gola del malcapitato.
Nel frattempo i suoi artigli frontali avrebbero dilaniato le carni del petto e del braccio di quello straniero tanto caparbio da rendere monco lui, Rhagga figlio di Throgg e Secondo dei Camerati. Ma il prezzo più alto per il suo nemico non sarebbe stato il dolore fisico, no: quella donna che era con lui, già indebolita dalla sferzata giunta dal Sole Nero.
Lei era la preda più semplice; un essere che persino una pantera solitaria avrebbe potuto azzannare e finire in pochi secondi.



Prima parte di un intervento che prevede diversi PoV (Points of View) da parte dei Guitti; mi scuso per l'incompletezza, resa necessaria dalla mia volontà di concludere lo scontro Rhagga - Jevanni in tempi brevi. Chiedo dunque agli altri giocatori di pazientare per il resto dell'intervento che - spero - giungerà non più tardi di domani sera.

Intanto, Coldest: il tuo attacco taglia una zampa a Rhagga (ancora in forma leonina), che comunque ne ha altre sette con cui saltarti al collo. Non stare a guardare troppo la scheda, considera il tutto come 'azione da QM' e dunque l'attacco come un Alto complessivo portato al tuo indirizzo con una serie di sferzate delle zampe e un morso alla gola. Contemporaneamente la pantera del Bruto si scaglia - emergendo dalla nebbia silenziosamente - sull'elfa, ferendola mortalmente. Ella non è morta, non ancora: risulterà agonizzante almeno per questo turno. Lascio a te la descrizione della colluttazione.

Per ogni dubbio o domanda, vi rimando sempre al thread in Bandi Quest.
 
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view post Posted on 25/9/2011, 17:29
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Valzer al crepuscolo, Inno alla Morte

Broken horizons, shards of Oblivion;


La lama non venne interrotta dal lauto pasto, e attraversò carne ed osso in una singola folata d'acciaio. Sangue zampillò, e urla scaturirono dal corpo bestiale del Guitto. Negli occhi scorse un brivido insperato, una sofferenza tanto inaspettata da aver fatto esaltare per qualche attimo il Guerriero. Alzò la spada e la mosse in un arco, facendo schizzare l'ondata bollente di sangue nella polvere.

..fuori una.
Ripeté in un filo di voce udibile a nessuno, e si mise in posizione di guardia.
Ne rimangono sette.

Approfittò del momento in cui la fiera si era ritratta per infilare due dita nella nuova sacca ricamata donatagli dagli elfi per afferrare un'ampolla dal colore rossastro. La infranse sulla spada, e con le dita coperte dai guanti ne sparse il liquido contenuto lungo tutta la lama. Questa, lievemente sfrigolante per gli effetti del veleno, assunse una colorazione più tendente al porpora. Lanciò un'occhiata a Seyrleen, che sembrava essere in grado di tenere testa alla pantera, e con un movimento quasi teatrale gettò via i frammenti della fiala.
I guerrieri che decidevano di combattere in maniera leale avevano decisamente un codice morale onorabile, ma questo era principalmente poiché possedevano un onore da proteggere. Ma l'onore non veniva ferito dagli eventi mondani e da lame di tenebra. L'onore non versava sangue per mantenere alto il nome di un popolo dimenticato.

L'onore avrebbe atteso.
Perché Jevanni il Guerriero aveva una battaglia da terminare, e una compagna da salvare.
Una fiala di veleno non avrebbe costituito un controsenso a questo codice.

Incrociò finalmente lo sguardo di Rhagga, e alzò la spada sopra il proprio capo per non esser preso alla sprovvista. Strinse gli occhi per mantenerli focalizzati sulla figura del mostro, ferito come lui in più punti dalla magia nera, ma evidentemente non affetto dalla stregoneria scagliata. La sua voce, distorta dal dolore e dalla forma animalesca, arrivò alle orecchie di Jevanni con particolare facilità - dopo le ondate di morte scese dai cieli, il clangore della battaglia si era drasticamente ridotto. Ovunque non vi fossero stati generali in grado di proteggere i propri subordinati, rimase semplicemente un'ombra adagiata sul terriccio. Quella formata dalle zolle di terra a cui i cavalli e i loro cavalieri avevano fatto scudo.

Bel colpo, umano.
Una punta di orgoglio nel sogghigno mandato in risposta all'altro,
immediatamente infranta dalla doccia gelata a cui corrispose la seconda frase sgrammaticata.
Ma tu fa poca attenzione a tuoi amici.

La baldanza scomparve così come era comparsa, quando una zaffata dell'alito della bestia lo raggiunse.
Tutto ciò che riuscì a dire - a formulare, a pensare, a replicare - fu
..eh?

Si voltò verso Seyrleen, e se i suoi capelli non fossero già stati candidi lo sarebbero divenuti nel vedere l'elfa cadere.

divider3

Come ordinato da Jevanni, lei si era scagliata in direzione del musicista. Aveva memorizzato la posizione di questi giusto in tempo, prima che una nebbia simile a quella evocata prima Ashlon investisse il campo avvolgendolo in un sudario grigio.

Resta lì dove sei - non ti muovere
sussurrò, facendogli cenno con la mano di rimanere in disparte.

La voce del Guerriero venne vagamente udita, e poco dopo venne un colpo di spada e un urlo agghiacciante - un vero e proprio ruggito di dolore. Il verso che gli animali fanno quando cadono in uno stato di furore misto a panico, quello che se un umano sfogasse con in mano una spada diverrebbe carneficina. Un incubo avvolto in acciaio.

Ma se il Guitto era stato ferito, la pantera non lo era, e sicuramente quest'ultima stava sfruttando la nebbia per tender loro un agguato. Era nella natura dei predatori.

I piedi saggiarono bene il suolo, e i talloni si inchiodarono scavando due piccoli fori.
Hierd li' her.
"Manterrò la posizione".

Gli occhi scrutarono la foschia con cautela estrema, mentre gli altri sensi tentavano di percepire qualcosa. Una qualsiasi cosa. Una zaffata, un passo più pesante del solito, un'ombra che si muovesse nella piana sospesa nella nebbia: elementi che avessero potuto darle un segnale, magari un suggerimento sulla posizione della bestia. Ma era buio. Buio totale, che fece vibrare di tensione l'intero corpo dell'elfa. Perché lei conosceva quella sensazione - la conosceva molto bene. Era quella che provavano le prede quando comprendevano le intenzioni del cacciatore. Quella di chi scorgeva in ogni voluta di fumo la possibilità di morire.

L'occhio captò qualcosa e si volse improvvisamente a sinistra, ponendo le lame incrociate davanti a sé.
Ma non vi fu alcun impatto.

.
.
.

Un clamoroso, disperato falso allarme.
No, la pantera non era nemmeno visibile, e lei aveva alzato inutilmente la guardia.

Deglutì a fatica, percependo per la prima volta le gocce di sudore lungo le guance e la fronte che rotolavano. Eppure non faceva caldo. Da un certo punto di vista la temperatura si era persino abbassata dall'inizio della battaglia, data la quantità sproporzionata di vite recise e corpi abbandonati per terra.

Il corpo era scosso da brividi, ma i brividi non erano dovuti al freddo. Perché non faceva nemmeno tanto freddo, dopotutto. Non tanto freddo da negare il calore del sangue dei compagni sul suo viso. Eppure...

Perché?
pensò, fremendo in preda alla frustrazione.
Perché sto tremando?

Un crik la portò alla realtà. Le orecchie lievemente appuntite si mossero inavvertitamente in direzione del rumore, e tutto il corpo sembrò reagire.

Eccoti...!

E ruotò verso la pantera, già in volo a mezzo metro da lei.
E ce l'avrebbe fatta, a deviare o bloccare gli artigli per poi ruotare e infilzarla con entrambe le spade in volo. Oppure avrebbe direttamente sacrificato un braccio per infilare una delle lame nella gola. O ancor più semplicemente rotolare su sé stessa e schivare, per poi pensare ad un'azione meno rischiosa ed egualmente efficace.

Ma invece no. Non ce la fece. Il ginocchio cedette, indebolito dalla perdita di sangue e dalle ferite, e la donna non ebbe modo di difendersi dagli artigli. L'armatura venne trapassata senza troppi problemi, e la schiena lasciata scoperta dalla caduta venne marchiata da quattro profonde linee parallele. L'urlo fu stridente, e attraversò la foschia senza difficoltà. E tutto fu rosso.

Il corpo cadde riverso per terra, paralizzato per qualche istante dal dolore lancinante, e la bocca mantenuta spalancata senza emettere alcun suono. Quando rialzò il capo, lacrime di sorpresa ricacciate indietro dalla collera sopita, incrociò gli occhi della pantera.
E con denti digrignati accettò la sfida.

La voce di Jevanni arrivò da lontano, ma Seyrleen non rispose. Non ne aveva tempo, non ne aveva voglia. Stava bene.

Cadde sul suolo la prima goccia di sangue, ad un soffio dal proprio piede.

Si lanciò contro la pantera, e all'unisono lanciarono un urlo bellico che coprì i rumori della battaglia circostante.
In quel mondo grigio e scintillante come la perla erano soli. In quel mondo celato, solo il liquido color rubino che circolava nei loro corpi era la valuta che permetteva di comprare la propria vita. E il commerciante non avrebbe accettato sconti - solo altro sangue.

Quello era il mondo nel quale persino un uomo può sperare di uccidere un dio.
Ma non un mondo dove i sogni divenivano realtà.
E Seyrleen lo comprese all'ultimo istante, quando fu ad un soffio dalla bestia e l'armatura le venne strappata di dosso nella carica di quest'ultima. Un graffio spietato sul fianco e una zampata sulla testa le fecero perdere la presa su una delle sue armi, mentre un morso fra la spalla e il collo la gettò in un baratro di dolore sfinente. Con rassegnazione blanda si lasciò cadere sul suolo, senza più forze, senza più coraggio, senza più spirito. Gli occhi rimasero, vacui, a contemplare il cielo coperto dal manto gettato da Jevanni. Ci sono persone che riescono a sorridere poco prima di morire - Seyrleen non ci riuscì. Semplicemente tutti i muscoli smisero di ricevere impulsi dalla mente, la quale era persa in un flusso di pensieri vorticoso e privo di logica. Non riuscì a fare mente locale, né a decidere le ultime parole con le quali marchiare la propria presenza sul campo di battaglia come aveva sempre sperato di fare. "Per la gloria di Ashlon", era sempre stata pronta a decretare. Ma Ashlon non l'avrebbe vista in quella nebbia, né in quella pozza di sangue. Era sola.

divider3

SEYRLEEN!

Tuonò nel vederla cadere su un ginocchio, mentre la pantera prendeva il sopravvento su di lei attaccandole la schiena.

Fece per andare verso lei, ma ancor prima di poter dar le spalle al leone, questo lo aveva ghermito per il braccio sinistro con una delle zampe artigliate, mentre un'altra gli toccava il ventre, strappando il metallo dell'armatura e lasciando un lieve e sanguinante solco dietro di sé.

AGH..

Gemette, sputando un grumo di sangue e saliva, mentre il resto del corpo rimase incapace di muoversi e difendersi decentemente dalle numerose sferzate degli arti del mostro. Arrivarono spietate sulle braccia e sul petto, indebolendo ulteriormente gli anelli ancora integri di Brina, sebbene con evidente debolezza. La stregoneria nera aveva fatto effetto anche su di lui, e questi aveva pagato un prezzo abbastanza evidente nel non tentare nemmeno di proteggersi. Forse anche lui, come tutti, non s'era nemmeno reso conto di cosa diavolo fosse accaduto.

L'ultimo attacco che tentò di mandare a segno quasi fece gelare il sangue del Guerriero, che riuscì ad evitarlo per un soffio evitando di morire istantaneamente. Le fauci fameliche schioccarono ad un soffio dalla giugulare, lasciando due solchi sanguinanti sulla gola.

K-kh...
Tentò di spinger via la fiera, ma ottenne l'effetto contrario barcollando lui all'indietro alla larga dalla bestia. Gettò un'occhiata angosciata alla Neiru, cominciando ad alzare la lama per alzare la guardia contro un eventuale assalto dell'altro...
...ma la visione che ebbe della donna fece ricadere a peso morto il braccio.

La Foschia, che aveva invocato sul campo di battaglia per celare il musicista e Seyrleen agli occhi della belva, aveva fallito. Lui aveva fallito.

..no..
sussurrò, e il braccio venne scosso da un tremore.

Fece un passo verso l'elfa, ma la gamba quasi cedette sotto il suo peso. Sentì il mondo crollargli addosso mentre la frase di Rhagga acquistava senso - un orologio che tornava a funzionare una volta che la rotella mancante veniva inserita. E si, gli ingranaggi cominciarono ad ingranare nella mente e nell'anima del Guerriero con ferocia beffarda. Lentamente il sangue e l'adrenalina cominciarono a fluire lungo gli arti, facendoli vibrare di collera. Gli occhi, spalancati e ricolmi di collera, si volsero con lentezza millimetrica verso l'avversario.

kxFQB

Tu..
mormorò, e delle incisioni nascoste sulla base della lama di Orizzonte cominciarono a luccicare per qualche istante di un bagliore glaciale.

T-Tu...
Le iridi, pur senza mutare di colore, arsero di una furia arcana. Una rabbia senza limiti, che agitò l'aria circostante. Se Seyrleen fosse stata cosciente, avrebbe come percepito delle correnti d'aria muoversi. Come se il vento si fosse girato.
Come se una tempesta stesse per abbattersi.
La furia di un Guerriero.
Quella che non nasce dalla paura,
ma dal dolore.


E, per qualche attimo, la visione della bestia si sarebbe spenta.
Si sarebbe spenta nella collera del Guerriero, la cui aura omicida sembrava estendersi ben al di fuori del corpo, creando una vera e propria distorsione attorno alla sua figura. E il Panico, quello vero, quello che una persona dovrebbe provare quando l'Inverno giunge alle sue porte, avrebbe invaso l'anima del leone.

Tu...

Jevanni afferrò con entrambe le mani Orizzonte, e nel momento in cui la mosse le correnti si fecero potenti attorno alla sua lama. La nebbia che si erano espanse per il campo cominciarono a racimolarsi attorno alla spada cerulea, mulinando in cerchi concentrici a velocità allucinante.

Tu..

L'avrebbe vendicata.
Si sarebbe vendicato.
Avrebbe vinto questa battaglia, avrebbe vinto anche questa guerra.
L'avrebbe fatto da solo.
Lo avrebbe fatto

qIWN5

...SPARISCI!

La nebbia non era scomparsa. Ogni dubbio, ogni indecisione o dettaglio o persona nell'area, ogni cosa aveva finalmente guadagnato significato. Acquisito chiarezza.
Chiaro come il cielo, finalmente visibile, e vivido come il mondo strappato dal manto opaco.
Ma la Foschia non era scomparsa. Semplicemente, il peso di un'atmosfera si era racimolato attorno alla linea lievemente curva della lama puntata in alto.
E si mosse. Prese vita.
Orizzonte calò sulla bestia, un tuono bluastro, rombante di violenza eppure ancora ricolmo di una grazia letale che si sarebbe abbattuto sulla sagoma dell'animale, squarciandone l'esistenza stessa.

Fottiti.

divider3

Non si diede la pena nemmeno di vedere l'esito dell'attacco, inizialmente coperto dalla nebbia che si andava dissolvendo: non era finita. Quello era solo uno dei bastardi. Ne mancava un'altra. Gli occhi cercarono famelici la pantera, individuandola quasi subito. Era ancora non particolarmente distante dal musicista e da Seyrleen, riversa sul suolo inerte.
Questa apparve ancora viva, il petto si alzava e si abbassava irregolarmente - sebbene con relativa quiete - ma le ferite erano troppe. Persino a quella distanza Jevanni lo riconobbe. La macchia di sangue che si stava pigramente allargando non fece che accumulare la frenesia che stava pompando oceani di lava nel corpo. Un corpo che di Inverno aveva veramente poco in quell'istante, consumato dalla vendetta e dall'odio come una pergamena divorata da una fiamma.

yC8ke

Sto arrivando, Seyrleen...

mormorò voltandosi, gli occhi ancora allucinati e i muscoli tesi, quindi si diede una spinta con l'intero corpo. Senza voltarsi, senza nemmeno progettare un attacco, una strategia - una qualsiasi cosa che l'Accademia gli avesse insegnato - si scagliò verso l'animale in una folle corsa. Alzò il braccio sinistro, il guanto rinforzato a coprirgli le nocche frementi, e successe che il sangue ribollì.

Il Fiume, che sino a quel momento lo aveva mantenuto in vita, scorse lungo le vene con più vigore nel corpo infiammandolo. La pelle pallida del braccio e della spalla sinistra si arrossarono, mentre il sangue Neiru confluiva verso la mano. Ancor prima che Jevanni se ne potesse accorgere, il marchio che aveva poco sotto la clavicola si illuminò di una luce rossa pulsante, allungandosi fino al braccio, superando il gomito e arrivando sino ai polpastrelli.

E il pugno avrebbe colpito la pantera su quel cranio ricoperto di manto nero lucido, e l'avrebbe bruciato.





________________Jevanni Glacendrangh, Guerriero dell'Inverno


speedpaintbyheader
__________________________ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 125 | CaeM 450/900


______________________Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Immenso 33% | Estremo 69%


______Condizioni fisiche__

Ferite accumulate
Basso da contusione sul petto
Medio da taglio su tutto il corpo
Alto da taglio su tutto il corpo
Basso da perforazione su stomaco
Basso da lacerazione su gola
Medio da tagli fra torace e braccia.


Quantitativo danni da tecnica
11/16


Stato d'animo
BLANK

___Condizioni mentali______

Influenze accumulate
<nessuna>






Quantitativo danni da tecnica
0/16

Stato d'animo
In Berserk.

Energia: 44%

Armi:
- Orizzonte [Estratta]
- Principe Musashi [Celato]
- Stella del Tramonto
[Rinfoderata]
- Fumogeno [x1]
- Esplosivo [x1]
- Veleno indebolente [x1]
- Veleno psionico [x1]


Armatura:
- Brina, classe media [Indossata]
- Mani dell'Atronach [Indossate]


Scemo chi legge.

Atarassia:
Passiva. Razziale.
Capacità di ignorare il dolore senza penalità.


Energeia:
Passiva. Anello del potere.
Risparmio energetico del 3% su tutte le tecniche.


Sacrificio Mu:
Passiva. Artefatto [Principe Musashi]
I poteri dell'artefatto sono risvegliati solo dal proprio sangue
versato anche in minime quantità sulla lama.


Sacrificio Mu:
Malus. Artefatto [Principe Musashi]
Danno Basso psionico ogni due turni a partire
dall'attivazione dei poteri dell'artefatto.


Tempra del drago:
Passiva. Artefatto [Tempo]
Calma costante.


Abilità passive:
Meta-Abilità:
Passiva. Primo livello del Warrior Style.
Raddoppia la CaeM in stato di calma.


Meta-Lancio:
Passiva. Pergamena Verde. Classe Guerriero.
Fa tornare al mittente un'arma lanciata.
Pergamena originale: Boomerang.


Meta-Intento:
Passiva. Secondo livello del Warrior Style.
Ogni colpo fisico passivo viene passato a Basso in stato di calma.


Meta-Universo:
Passiva. Terzo livello del Warrior Style.
Fornisce un auspex circoscritto al raggio dell'arma impugnata.


Meta-Maestria:
Passiva di Metagame. Personale.
Il Dominio è portato al livello successivo.



Scemo chi legge.

Abilità attive utilizzate (in ordine di utilizzo)

Foschia:
Attiva. Alto. PeRm. Illusione ambientale. Artefatto [Orizzonte]
Viene invocata una nebbia illusoria di
potenza Media per due turni nel campo.
[Secondo turno, cancellata dopo seconda tecnica]


Il mio panico:
Attiva. Nullo. PeRm. Psionica. Artefatto [Orizzonte]
Una sensazione di terrore colpisce un bersaglio
prescelto infliggendo un danno Basso.
Utilizzabile una volta solo con Foschia già attivata.


Il mio Orizzonte:
Attiva. Alto. CaeM. Artefatto [Orizzonte]
La nebbia viene condensata in una lama di vento
che si abbatte contro il nemico fornendo un danno Critico.
Dissolve Foschia.
Utilizzabile una volta solo con Foschia già attivata.


Il pianto di Neiru:
Attiva/No-Slot. Medio/No-Stat. Bracciali della spada.
Un attacco con un'arma viene passato a tecnica Media.
Effetti luminosi su arma e corpo,
più ustione sul nemico a forma di tatuaggio.







Sintesi:

Yay! Il post prima di partire è qui. Comincio
con il ringraziare Andre per la possibilità di
combattere un Guitto, cosa decisamente
insperata, e con il ringraziare particolarmente
Verel per l'aiuto legato alle immagini e ad alcuni
frammenti di post che non riuscivo a descrivere
come volevo. Ma ora passiamo alla sintesi.
Jevanni subisce interamente l'attacco Alto, distratto
da Seyrleen morente, e distribuisco i danni cercando
di limitare i danni alla gola (credo che un Alto alla gola
equivalga a instant kill) allontanandomi in tempo da
Rhagga. Quindi, in preda alla collera, trasmetto la furia
omicida per mandare nel panico il Guitto con la psionica
dell'artefatto - danno Basso, durata istantanea - e subito
dopo scaglio il "mio Orizzonte", tecnica finale con danno
Immenso che dissolve la Foschia e la scaglia in una lama
contro Rhagga. Senza badare al risultato do le spalle
al nemico e mi scaglio contro la pantera usando il Bracciale
della Spada sul guanto d'arme. Bene, e questo è l'ultimo
post che faccio prima di partire. Mi sono divertito nello
scriverlo, il che è bene. Fate i bravi, non demolite il
mondo :8D:


 
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view post Posted on 25/9/2011, 20:20
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Ormai c’era immerso fino al collo e non ne sarebbe più potuto uscire. Una frenesia incontrollabile che ad ogni guerra pervadeva le sue membra, e che in quel frangente non si era fatta attendere neanche un istante; gettatosi nel burrone senza cercare alcun appiglio per risalire, si andava lanciando verso i nemici, disinvolto ed elastico, un selvaggio al centro di una danza continua ed estenuante, che era costretto a continuare per via di una forza invisibile che lo trascinava. Ogni pensiero si cancellava sfocandosi come un ricordo d’infanzia in favore di una calda serenità, dovuta alla consapevolezza che in guerra tutto veniva sconvolto soltanto per ritornare come tutto era iniziato. Dimenticò la sua patetica inferiorità, le sue debolezze, inconsciamente consapevole che lì avrebbe vinto solo chi era più attaccato alla vita e nient’altro, e spedì la coscienza in fondo al cuore; era un animale privo del controllo delle sue azioni, mosso solo dalla musica del combattimento a cui si era adeguato e incapace di sottrarvisi. Nella paradossale ed estrema lentezza di un tempo in fuga, il principe non era nemmeno in grado di distinguere che pericoli stesse correndo, nella folle smania di combattere, sfuggendo alla morte per un passo in meno o un avventato affondo che stroncava la vita di un nemico per salvare la sua. Tuttavia, per quanto immerso e incatenato, qualsiasi minima cosa che turbasse la mente del principe lo avrebbe riportato alla realtà che tanto aborriva.
Estrasse la spada da un cadavere e sollevò lo sguardo; soltanto osservando la sua sagoma slanciata di spalle e quella chioma bruna poté riconoscere all’istante una persona fonte, per lui, di cattivi ricordi. Di colpo si fermò e si concesse un istante per fissarlo, colmo d’odio; in quello stesso frangente,
ai piedi di Bronnigar, uno dei Guitti, si accasciava un orco privo di vita.
Non ebbe alcun dubbio su quello che era successo; ma l'altro si accorse della sua presenza prima che Sennar potesse reagire a tutto ciò che aveva veduto.

« Bentrovato, principe Sennar. » gli disse, sorridendo
« Gran bel giorno del cazzo per morire, non trovate? »

Sennar estrasse con la mano destra un brando spezzato che, sino a quel momento, aveva voluto tenere nascosto per il finale a sorpresa, e rinfoderò Graendel. Chiuse gli occhi un momento e, quando risollevò le palpebre, il brando era intero. Solo l’odio e la rabbia che lo pervadevano gli permisero di trovare in un così breve frangente una nuova forza, come se il combattimento fosse appena cominciato.

« Se i miei sensi non mi ingannano, quello è un orco. Sono tutti orchi, e li avete uccisi voi, messer Bronn » Sennar levò la mancina; la mano, alla luce del sole, si mostrò subitaneamente come un’accozzaglia di pezzi d’ossa; la pelle ancora attaccava andava via via marcendo per poi essere trasportata via, in polvere, dal vento.
« Avete cinque secondi per spiegare le vostre intenzioni, e dissuadermi dall’idea che il vostro sia un tradimento. »
Il principe sollevò la mano scheletrica verso l’alto.

« Cinque. »
Le dita, pervase d'energia, materializzarono nell’immediato un cerchio di quello che pareva inchiostro ai piedi del Guitto; materia nera che si dipingeva da sola nell’arida terra del ciò che non c’è più, disegnando un complicato arabesco circolare. Presto Bronn si sarebbe iniziato ad accorgere che i suoi movimenti diventavano gradatamente più lenti del solito... e che non era un'impressione dovuta alla frenesia della guerra.
« Quattro. »
E ora che era praticamente sicuro di averlo piantonato, non aveva nessuna intenzione di starlo ad ascoltare -ammesso che avesse parlato. Aveva visto quello che aveva visto, e i suoi occhi -a differenza di quanto un bastardo assassino privo di senno potesse fare- non mentivano mai. E nemmeno il suo istinto che, impazzito, non faceva che urlargli la malvagità di quel figuro.

« Tre. »
Si lanciò come un cavallo in corsa
« Due. »
« Uno. »
E fu su di lui. estrasse entrambe le spade, con entrambe le mani, e mirò –come meglio poteva-, a trapassargli entrambi i polmoni. Ray non avrebbe tollerato un tradimento; era suo dovere toglierlo di mezzo, chiunque fosse.
---

Status fisico: Ferite circostanziali dovute alla battaglia
Status psicologico: Teso
Energia: 84%
Consumi: Medio; Medio
Armi: Graendel, impugnata con la mano destra; Adramelech (artefatto) impugnata con la mano sinistra
Passive influenti:
- Sennar non sviene se arriva al 10% di energie
- Immunità alle passive psioniche
- Percezione delle indoli [Artefatto Adramelech]
- Auspex [Artefatto Adramelech]

Tecniche utilizzate:
CITAZIONE
The Sword Se Dio avesse voluto che esistessero molti termini per descrivere un brando spezzato, non avrebbe partorito la parola "rotto"; e poiché non ci sono molti modi per appellarsi a ciò che non serve più, e bene farlo con il nome di ciò che erano in vita, nominandoli e apprezzandoli di e per quando hanno avuto una funzione di rilievo, prima di arrugginirsi ed abbandonarsi alla cancrena. Adramelech è una spada ad una mano e mezza spezzata - rotta; la sua lama si interrompe circa a metà strada, sfilettandosi in una crepa zigzagata lì dove non ha saputo reggere ad una forza ben più incontrastabile della sua. Un braccio che, sepolto nella sua inutilità, non ha potuto fare altro che accumulare una quantità inimmaginabile di rancore nei confronti della sua funzione - un'arma che, se utilizzata, tende a scaricare il proprio frustrante sfogo sul proprio portatore, spezzandolo e rompendolo pian piano, fino a renderlo del tutto inservibile: sono innumerevoli, infatti, le persone che sono cadute per mano del brando, infrangendosi come vasi di ceramica schiantati al suolo, incapaci di controllarla, prima che essa finisse nelle mani del principe - i loro corpi sono mutati lentamente; la loro pelle si è sgretolato rivelando l'aspetto di una creatura mostruosa celata sotto le carni: un cavaliere nero dal ghigno scheletrico. Un demonio coperto di un'armatura di colore scuro e dagli occhi di ghiaccio. In termini di GdR, la spada non può essere utilizzata a meno che non si spenda un consumo Basso di mana per risvegliarla: da quel momento e per soli quattro turni sarà possibile disporre di essa come arma - poiché ella si sarà riforgiata - e delle sue tecniche. Al termine dei quattro turni è possibile spendere un ulteriore consumo Basso di mana per mantenerla attiva per altri quattro turni. Ogni volta che verrà consumata energia in questo modo, tuttavia (sia essa per attivare la spada la prima volta o tenerla attiva in seguito) il corpo di Sennar muterà radicalmente, sgretolandosi e rivelando l'aspetto di un cavaliere nero e scheletrico nascosto sotto pelle; per la precisione, subirà una mutazione del 5% del suo corpo, descritta a piacere al momento dell'utilizzo della tecnica. Adramelech, tuttavia, nasconde in sé un animo abbastanza corrotto da riuscire ad influenzare il proprio possessore anche nei momenti in cui quest'ultimo non dovesse aver deciso di risvegliare il brando: fintanto che la impugnerà, egli diverrà in grado di percepire la presenza di auree nelle sue vicinanze, e di carpirne la potenza e l'indole (se malvagio o buono; se legale o caotico; se nemico o amico). Inoltre, Adremelch non potrà mai essere sottratta al proprio portatore: l'arma è destinata ad ucciderlo, dunque non si separerà mai da lui fino a quando non sarà riuscito a spezzarlo e romperlo del tutto (tecnica attiva di potenza Media -rivela Sennar del 5%- più tre passive -auspex, percezione delle indoli, arma impossibile da sottrarre).

CITAZIONE
Nella mente dell'assassino [...] Vaste sono tuttavia le possibilità di utilizzo delle rune per tendere particolari trappole all'avversario, atte a preparare il suo assassinio. Sollevando due dita verso l'alto, egli fa sì che nel terreno si disegni da sé una runa piuttosto estesa, luminosa e circoscritta entro un cerchio con la vittima designata al centro. Sino a quando una forma di vita si troverà nel volume occupato dal cilindro avente il cerchio come base, questa si troverà estremamente rallentata per un tempo limitato (consumo Medio, un turno). [...] (Pergamena "Trappola" del Cacciatore)

Note: Post penoso, ma non volevo ritardare oltre il proseguimento della scena. Vai Andre, a te la penna :sisi:


 
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Senpai Shin
view post Posted on 26/9/2011, 16:06





Miracle
5UcrP



"Il vero miracolo non è volare in aria o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra".
Lin-chi


Lunghi capelli biondi intrecciati come migliaia di filamenti dorati, carnagione olivastra, sottili labbra di un rosso scarlatto, divenute quasi viola per la tensione e due occhi facilmente distinguibili come tipici della razza elfa, sottili e chiari come la rugiada al mattino. Tutto sommato, niente di speciale, pensò William Oldborn.
L'ometto sostava appena oltre il cespuglio di bacche dal quale era sbucato fuori con un coltello dalla lama ricurva come un artiglio stretto in ambo le mani tremanti. Sia nelle vibrazioni che scuotevano il suo corpicino di giovane cacciatore, sia nell'insicurezza mista a rabbia sprigionate dallo sguardo torvo, seppur arguto, era evidente che stesse tremando dalla paura. Paura della guerra? Paura del pirata...?
Alla secca domanda del Mastino non seguì alcuna risposta. Il piccolo cacciatore pareva stretto da una morsa di terrore e odio nei confronti di un uomo che non aveva mai incontrato prima d'allora. Sembrava sul punto di saltargli addosso, desideroso di squarciargli la gola con il coltello assassino, come per fregiarsi del più prezioso e personale dei trofei di guerra.
Eppure, non accennava a muovere un passo.
Il pirata continuò a fissarlo per qualche istante ancora, dopodichè decise, annoiato - e irritato dalla mancata risposta - di voltarsi per tornare a fissare il suo interesse sul crudele e sanguinolento campo di battaglia.
Nonostante fosse sbucato all'improvviso brandendo un'arma, palesandosi con le peggiori intenzioni, William aveva altro a cui pensare, altro a cui dedicarsi, seppure ciò non comportasse assolutamente null'altro. Decise senza indugiare che sarebbe rimasto seduto a osservare il miglior spettacolo che la collaborazione tra entità divine e demoniache e l'uomo potesse proporgli e, solo alla fine - alla fine della guerra, alla fine del giorno, alla fine del mondo - se ne sarebbe andato senza fare il più minimo rumore.

« Lascialo stare, Will...è solo un ragazzino spaventato... »
provai ad ammorbidire quanto accaduto.



Stizzito, il Mastino non riuscì a trattenere un risolino intriso di rabbia e impazienza. Adesso cominciava a interpretare la presenza alle sue spalle come un elemento disturbante, in grado di generare confusione e irritazione in quel frammento di Eden così lontano, seppur vicino, alla grande guerra di Ray e l'Asgradel.

« Stupido moccioso! » sentenziò duramente.

Ascoltando quelle parole, il ragazzo sembrò andare su tutte le furie, serrando le mascelle e aumentando la ferrea presa sull'elsa del pugnale. Mosse un passo in avanti, come se l'insulto appena profuso fosse stato in grado di accendere una scintilla di coraggio e intraprendenza dentro il suo cuore. Un compito difficile per un giovane cacciatore, quello di sconfiggere la paura.
Come in risposta alle parole del pirata, l'elfo ringhiò con determinazione.

« Non sono uno stupido moccioso, maledetto storpio... »

Dirompente come un fiume in piena, ma accurato e letale come il morso di una vipera, William Oldborn, nell'udire l'offesa di rimando del giovane elfo, estrasse la sciabola Eloise che, con un unico movimento semicircolare del braccio sinistro, accompagnato da una medesima rotazione del busto, mosse in modo che la punta acuminata della lama sfiorasse solo di un paio di millimetri l'occhio destro del ragazzo.
William riversò attraverso il suo sguardo bieco tutta la furia omicida che tale offesa aveva partorito dentro di sè, donandola al cacciatore in erba, così come la Morte dona l'eterno riposo agli uomini. Non un semplice scambio di sguardi, non un atto intimidatorio. Potrei giurare che, se in quello stesso momento avessi trovato il coraggio e le parole per chiedere a Will il motivo per cui non afesse affondato l'arma, risparminado al piccolo venuto una vita di gioie e sofferenze, neppure il suo ego smisurato sarebbe stato in grado di fornirmi una risposta soddisfacente. Così, in quell'istante, il giovane elfo non venne ucciso.
Sconvolto da quanto accaduto, il giovane perse momentaneamente le facoltà percettive, estraniandosi dal mondo, precipitando in un cratere senza fondo immerso nelle tenebre più fredde. Riusciva a sentire soltanto il pesante respiro rimbombargli nelle orecchie, nel cranio, fin dentro il cervello. Scosso da fremiti incontrollabili, lasciò cadere il coltello, prima che le ginocchia cedessero, costringendolo alla resa.
Il Mastino continuò a fissarlo con occhi demoniaci, crudeli, senza pietà. Forse, in quello stesso istante, anch'egli interpellò il proprio ego in merito alla mancata esecuzione e tutto gli tornò alla mente, come se nell'attimo in cui la punta dell'Eloise sarebbe dovuta affondare nel bulbo oculare dell'elfo, avesse perso la memoria.
Lo vidi aumentare la presa attorno all'elsa, sgranare gli occhi bui e sorridere compiaciuto, desideroso di macchiare la spada con il sangue del giovane. E lo avrebbe fatto, se solo non avesse notato con la coda dell'occhio un qualcosa di puramente eccezionale.
Per il piccolo impaurito, quello doveva essere decisamente un giorno fortunato.
Lentamente, il Mastino riconquistò la posizione originaria e incollò lo sguardo sul campo di battaglia. Urla atroci riecheggiarono come all'unisono nell'etere appesantita dai fumi e dall'odore del sangue misto alla pece. Corpi affilati, muscolosi, straziati dalla paura e dal caos partorito dalle debolezze dei mortali, caddero in terra senza vita, trucidati da un potere così immenso quanto oscuro e letale. Il potere del sole nero. Il potere di Ray.
Lame nere come la notte senza stelle piovvero inesorabili dall'astro tenebroso, giustiziando ogni essere vivente così sprovveduto e distratto - o non sufficientemente potente - da non riuscire a rendersi conto del pericolo imminente o debole per poter portare a casa la pelle. William Oldborn pensò che mai in vita sua fu spettatore muto di un evento così...straordinario.
Un miracolo di morte. L'incontrollabile effetto collaterale dell'infinito potere di un Dio impietoso.
William Oldborn spalancò la bocca, mentre una risata sguaiata si riversò giù dal pendìo sul quale sostava. Lacrime di piacere e gioia solcarono le guance ruvide e secche, mentre con ambo le mani batteva sulle ginocchia e con la gamba di legno picchettava rumorosamente su di un piccolo masso ai suoi piedi. Era colmo di gioia, divertito da ciò che osò definire un "suggestivo melodramma".

« Ahr, ahr, ahr, peccato che nessuno di voi si sia ricordato
di uscire di casa con l'ombrello! Ahr, ahr, ahr!
» urlò quasi a squarciagola,
come se volesse sputare la verità in faccia ai caduti.

Travolto dalle crude parole del pirata e dalla carneficina alla quale aveva appena assistito, il giovane elfo cominciò a piangere, scosso da brividi di puro terrore.
William Oldborn si voltò di scatto, in preda a un violento attacco di goliardìa. Non riusciva a smettere di ridere.
Come se fosse sicuro che il cacciotore elfo fosse pronto per udirlo, lo interpellò senza pretendere alcuna risposta.

« Meraviglioso, non trovi?! »



Seconda parte del mio - o, meglio, quello di Will - punto di vista.
Non ho volutamente descrivere il momento in cui la Fenice viene tranciata di netto da quella bestiolina tutta muscoli che è Hoggar, proprio perchè Will era troppo preso dal giovane elfo.
Sapete, scrivere questo post mi ha messo una fame tremenda.

 
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Xord Gik
view post Posted on 26/9/2011, 19:24




Non si era mosso.
Unico di tutto lo schieramento, aveva lasciato andare avanti i compagni in una frenesia sanguinaria senza fine. Ne aveva seguito gli spostamenti, osservato le mosse tramite le sole Scie Oscure - migliaia di Scie Oscure greve di odio, rabbia e violenza, così calcate e pesanti da doversi sforzare per distinguerle. Alcune cose le aveva viste di persona, altre solo immaginate da ciò che percepiva. Ciò che sapeva era che non si erano ancora manifestati.
Ray, e l'Asgradel.

Un alito freddo nella nebbia agitò i suoi capelli. Si tolse una ciocca da davanti agli occhi ancora chiusi, concentrato. Niente falsi ideali per lui, niente pretese di potere questa volta: sapeva che l'Asgradel era per Ray, lui solo avrebbe posato le sue mani sul potere più grande di tutti, e chi avesse provato ad arrogarselo sarebbe stato spazzato via. Non era pronto per avere un potere simile, e se anche lo fosse stato non era comunque l'occasione adatta. No, Godrik non voleva l'Asgradel,
voleva qualcosa di più.

« ...dove sei, Ray? » sussurrò, quasi distratto.

C'erano tre gerarchi a guidare le truppe, come se Ray non avesse parte alcuna nella pianificazione della battaglia. Tre gerarchi, e nessuna manifestazione diretta. Giusto, corretto, è sbagliato mostrare in anticipo le proprie carte. Non si era aspettato errori grossolani dal Re Che Non Perde Mai. Tuttavia lui aveva bisogno di Ray, aveva bisogno che Ray stanasse l'Asgradel. Non era venuto in quel mattatoio per massacrare qualche centinaia di elfi, ma per assistere allo scontro più grande di tutti: quello fra le volontà dei due presunti dei.
Perché tutto il potere del mondo non serve a niente senza uno scopo per cui usarlo.

Un barlume nella mente, poi un lezzo infernale. Si chinò su se stesso, quasi vomitando prima di riuscire a riacquistare il controllo. Rise debolmente, ancora debole per il sovraccarico sensoriale, e si mise a correre nel fango. La nebbia turbinò e si avvolse su di lui, vorticando come un lento tornado, poi divenne nera di tenebre e rossa di scintille. Esseri nacquero da quella nebbia, forme oscure brulicanti di malvagità. Le nebbie si separarono o morirono, lasciandolo vestito solo di manti di tenebra pura.
Ruggì.

balrog1

Gli incantesimi di Ray colpirono con fragore - frantumando e distruggendo, schiacciando e demolendo - elfi e orchi tremarono per la potenza dell'impatto, e si separarono in preda allo sgomento. La nebbia era scomparsa, il campo di battaglia non più illuminato dai fuochi della fenice: cadaveri, cadaveri ovunque, contorti nelle pose orribili di una morte inferta senza pietà o considerazione per nemici e alleati.

Il Balrog corse, un puntino di tenebra in una piana costellata di corpi. Nessun Heartless rimaneva più a proteggerlo, tutti erano caduti sotto la furia del Re - neppure lui era rimasto illeso. Ma in quella forma poteva sopportare meglio il dolore e, raggiunte le linee nemiche, infrangerle col fragore dell'inferno che portava dietro.

Corse, spazzando via elfi e animali con spada di fuoco liquido e frusta di potere sibilante.
Corse, verso il luogo dove si sarebbe tenuto lo scontro finale.
Corse, e con lui veniva il terrore nei cuori degli elfi.



0reportbalroginizio1
demon of shadow and fire



A n c i e n t · E v i l


Status fisico ≈ Una ferita di livello critico sulla schiena.
Status psicologico apparente ≈ È un Balrog che si muove incazzato veso le file elfiche. Secondo te?
Status energetico ≈ 80%
Consumi impiegati ≈ 1xNullo, 1xAlto
Riassunto ≈

Note ≈

Armi&Co. ≈
Spada ≈
Spada di fiamme e ombra, incandescente di potere;
Frusta ≈
Frusta di fiamme ed ombra, sibilante nelle tenebre;
??? ≈
???


. Balrog ~________
demone di fuoco ed ombra

Non si può descrivere la forma di un Balrog,
esattamente come non si può descrivere la forma di una nube: una grande nube di tenebre ed oscurità che offusca ogni luce e getta un manto di disperazione sul mondo, un'ombra nel mezzo della quale v'è un essere alato alto tre metri ed illuminato solo dal bagliore di un fuoco malvagio che ne avvolge membra e armi. Lento, avanza contro i nemici brandendo con la forza del demone una spada di abbaglianti fiamme nella destra, nella mancina una frusta dalle molte code; porta con sé una malvagità antica e profonda, il potere di tempi ormai scomparsi.
Fuggite, sciocchi.
Fuggite, finché siete in tempo.
{ spada e frusta ≈ pergamena pelle di fuoco incastonata nella frusta }
{ consumo nullo ≈ due turni ≈ 3 volte (potenza alta) }



Tecniche ≈




H e a r t l e s s
av-6819620
uomo? non più


Tre sono i principi costitutivi dell'Essere comunemente noti in quasi tutti i mondi: il corpo, l'anima, il Cuore. Noti con un'infinità di nomi ciascuno - la Carne, l'Incanto e il Sogno; il corpo, la coscienza, le emozioni, ecc... - sono questi tre pilastri che con il loro interagire, o non interagire, danno luogo a quella enorme generalizzazione comunemente chiamata 'esistere'.
Secondo questa classificazione gli Heartless sono esseri composti unicamente dal Cuore: un Cuore nero, corrotto e sottomesso all'Oscurità, talmente avviluppato da essa che non potrebbe mai liberarsi. La loro storia è invariata: un umano conosce l'Oscurità, ne viene sopraffatto, cede, viene trasformato. Nel processo il corpo e l'anima vengono distrutti, solamente scartati in alcuni casi -i Nessuno- e tutto quel che resta è un simulacro di Oscurità che supplisce alla mancanza di un corpo. L'essere, ora pienamente un Heartless, è una creatura priva di cervello e dunque fondamentalmente stupida, che si muove seguendo i Sensi Oscuri in cerca dell'unica sorgente di potere che conosce: un altro Cuore. Trovatolo, lo attacca con tutte le sue forze per sottometterlo, corromperlo e infine tramutarlo in un suo simile: di qui, la continuità della discendenza degli Heartless. La loro pericolosità non viene tanto dal potere degli Heartless, quanto dalle conseguenze catastrofiche dello stesso applicato al più potente Cuore esistente: quello di un intero mondo, che gli Heartless bramano, cercano e infine distruggono assieme al mondo stesso e a tutti i suoi abitanti.
Fine.
{ passiva di dominio: istant-summonig ≈ passiva di dominio: double-summoning }
{ tecnica di dominio: evocazione ≈ consumo medio-alto ≈ due turni ≈ 20-40 unità }







Basso 5%Medio 10%Alto 20%Critico 40%
ReC 150AeV 200PeRf 475PeRm 250CaeM 75




Edited by Xord Gik - 29/9/2011, 12:38
 
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view post Posted on 28/9/2011, 20:48
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~
Inno alla Morte

Le nuove lance d'ombra scesero come piccole gocce di pioggia, dissolvendosi al contatto con la barriera creata dalla mia musica. Ascoltare le mie stesse note dopo molto tempo era bello, mi faceva rinascere. Respirai a fondo; creare quella difesa per una così vasta zona aveva prosciugato molte delle mie energie. Ma non ero affatto pentito, anzi. Avevo salvato mio fratello da morte certa, e solo questo mi bastava per continuare a combattere, anche se stanco. Lo dovevo a lui e Cronos, a me e alla mia musica, al mio maestro.
All'asgradel.

Aprii gli occhi, ma non riuscii a vedere nulla.
Tutto era coperto da una strana nebbia. Come se il campo di combattimento si fosse riempito di sussurri e sospiri di una gigantesca entità che voleva divertirsi un po'. Voleva confondere la mente delle persone, facendole girovagare a vuoto. Guardai la giovane elfa che, seppure sfinita, continuava a combattere. Mi avvicinai a lei con il principale scopo di trovare mio fratello. Mi guardai attorno più e più volte, ma la risposta era solo l'infittirsi di quello strano potere. Anche il suono era dipagato e irriconoscibile, così tanto da non poter essere riconosciuta.

Fratello! Dove sei? ci eravamo appena trovati, non potevamo perderci. Crono mi aveva assegnato un compito. GIAPETO!
E io lo avrei dovuto portare a termine, a tutti i costi.

All'improvviso un rumore più forte, un grido pieno di rabbia e dolore. Era lui, Jevanni. Corsi verso la sua direzione, notando che anche la nebbia formatasi in precedenza si stava lentamente dissolvendo. Dovevo vederlo. Il mio cuore ne aveva bisogno, il mio spirito lo desiderava. Lo guardai, mentre raccoglieva nella sua spada tutta l'energia che fluttuava nell'aria. Come se potesse manipolarla a suo piacimento; era stato lui a crearla, ma lo aveva fatto per lanciare un altro colpo al nemico. Un colpo che difficilmente avrebbe parato: pensai fosse uno dei suoi colpi migliori. Rimasi stupito e felice dalla potenza di Jevanni. Crono mi aveva detto che era un buon guerriero, un abile combattente, ma nulla di tutto quello. Nulla di quello strano potere, di quella sua spada dai colori marini.
Per un momento, la mia mente pensò a Crono, e a quanto fosse difficile anche per lui che era il dio del tempo, controllare tutto. Quasi mi scappò un sorriso, prima di rendermi conto che la bestia che accompagnava il nemico stava assalendo l'elfa.
Il Fratello la chiamò, sembrò essere importante per lui, qualcosa di più importante di una semplice combattente dell'armata della Fenice.

La proteggo io. scattai verso la ragazza, tre Re e un Do. Possa la musica tenere lontano chi non merita la vita!
Sotto i miei piedi, per un raggio di circa cinque metri, un cerchio di energia bruna andò a crearsi. Un cerchio che avrebbe tenuto lontano la pantera nemica, che avrebbe protetto l'elfa e
che avrebbe aiutato mio fratello.

Mentre il colpo della sua spada puntava la bestia dai molteplici arti, inoltre, sei note gravi del mio piano andarono a creare una sfera a mezz'aria di energia negativa, che avrebbe viaggiato velocissima verso il corpo del nemico, seguita da tre colpi della mia justitia.
Una combinazione di colpi che di certo non avrebbe lasciato impunito quell'essere.
Una volta per tutte, almeno, avrebbero imparato
a non sfidare degli
dei.

Giapeto, ti salverò.
Ti aiuterò a ritrovare il tuo spirito, la tua vera forma.
Ti aprirò strade che hai già percorso ma non sai di aver visto.
Ti farò rinascere.
E' una promessa.


CITAZIONE
Mana~ 14%. (Medio + Medio)
Stato Fisico~ Danno alto alla scapola destra; Danno alto al polpaccio sinistro. (~50%)
Stato Psichico~ Deciso.

Riassunto~ Post un po' sottotono, ma vabbé.
Mi avvicino all'elfa mentre c'è la nebbia, poi corro da Jevanni, per chiamarlo. Quando la pantera attacca l'elfa, uso cerchio della paura per non farla pià avvicinare, poi lancio sfera d'ombra e tre colpi di pistola verso Raggha, che si sommano quindi all'attacco di Jevanni.



Attive ~



CITAZIONE
# s e g u n d a b a l l a d a ~ Noah ha uno strano rapporto con la magia; tale legame viene da egli trasformato i note di dolore e tensione che si materializzano in sfere di energia negativa. Il musicista potrà scagliare tale sfera contro l'avversario non appena cesserà di suonare. La sfera viaggerà ad una velocità molto elevata e, colpendo il bersaglio, provocherà notevoli ustioni.
La tecnica avrà un effetto maggiore sugli angeli, minore sui demoni.
Medio (Pergamena Sfera D'ombra)

CITAZIONE
# s e p t i m a b a l l a d a ~ Noah è un musicista, è come tale, è geloso della propria arte, della propria mente, del proprio corpo. Nessuno è ben accetto al di fuori di lui stesso, che negli anni ha sviluppato una capacità estremamente utile contro coloro i quali vogliono toccarlo o anche solo avvicinarsi a lui. In caso di ospiti indesiderati, infatti, Noah potrà evocare attorno a sé, suonando per due volte il Sol, per la durata di due turni, un cerchio di energia bruna che allontanerà chiunque voglia entrare nel raggio di cinque metri dal musicista.
Medio (Pergamena Cerchio della Paura)

Passive ~



CITAZIONE
Il m i g l i o r e Durante gli anni passati a contatto con Jack, il tasto ne ha assorbito l'essenza, imparando egli stesso a riconoscere e plasmare un talento quanto scorge -ascolta- uno di essi. Per questo, qualsiasi persona verrà scelta dal tasto per raccogliere l'eredità del suo compianto maestro, verrà dotato dell'abilità e della passione per la musica che tanto ha contraddistinto Jack. Le sue mani scivoleranno sapienti sulla tastiera di onice e avorio, saggiando sapientemente i tasti per riempire l'aere di una melodia perfetta e irriproducibile.
Ogni volta che il portatore del tasto suonerà quindi il proprio strumento, egli catturerà gli sguardi estasiati della folla che, inevitabilmente, lo riconosceranno come il migliore, talento ineguagliato, pianista sulla piazza.
Perchè il tasto ricorda ancora bene la musica del Maestro, e chiunque lo possegga, quindi, non potrà essergli da meno.
[Abilità Passiva]

[Influenza psionica che si attiva quando il portatore comincia a suonare il proprio strumento. Da quel momento in avanti egli diventerà, agli occhi di chi lo circonda, un musicista insuperabile; e, per via delle sue melodie perfette e senza sbavature, verrà riconosciuto come "Il Migliore".]

CITAZIONE
Nebbia della memoria ~
La catena conosciuta come Dita di Mnemosyne è un artefatto pericoloso. Si narra che essa sia stata in tutto e per tutto parte della Titanessa mitologica, vera e propria propagazione della sua mano destra. Non è dato ovviamente sapere se queste informazioni corrispondano a realtà, ma i cinque anelli concatenati hanno certamente delle potenzialità che è difficile non ricondurre alla natura di quell'essere leggendario: manipolano la memoria dei viventi, lasciandola talvolta devastata dal loro passaggio. Il primo a subirne l'inevitabile influenza è decisamente il portatore dell'artefatto. Questi sarà infatti completamente preda degli effetti collaterali derivanti dal contatto con le Dita: ogniqualvolta egli desideri riportare alla mente un proprio ricordo, quale che ne sia la natura, dovrà fronteggiare l'incertezza e il dubbio. Le catene influiranno difatti sulla sua percezione del reale - o meglio, del realmente accaduto - sovrapponendo alle reminiscenze veritiere altre molto simili, ma discostanti da quelle 'corrette' per dettagli talvolta non trascurabili. Sarà così impossibile per il portatore delle catene discernere le proprie esperienze da quelle alterate per colpa dell'artefatto [Malus; quando indossate, le catene alterano i ricordi del portatore]. Al tempo stesso, comunque, la vicinanza di elementi terzi alle Dita condurrà questi ultimi nella confusione più totale. Le catene agiscono costantemente intorno al portatore, mettendo in disordine la memoria a breve termine di chiunque si avvicini troppo a lui. Approssimarsi al possessore delle Dita porta infatti al rapido cancellarsi dei ricordi recenti: chi si spingerà troppo nei pressi delle catene sarà improvvisamente del tutto spaesato. Ricorderà con estrema fatica, se vi riuscirà, il perché della sua presenza nel luogo in cui si verrà a trovare; gli avvenimenti delle ore precedenti gli saranno oscuri e nebulosi da rimembrare, come avvolti da una patina di fumo [Passiva; influenza psionica che altera la memoria a breve termine].

CITAZIONE
# s e x t a b a l l a d a ~ Numerosi ed estenuanti sono stati gli allenamenti che Noah ha conseguito per accrescere il suo sapere magico. I risultati di tali allenamenti sono stati il saper gestire la propria potenza magica; saperla sfruttare al massimo delle capacità con il minimo dispendio energetico, così da stancarsi meno facilmente, così da conservare le energie.
Passiva (Pergamena Risparmio Energetico)

 
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Andre_03
view post Posted on 29/9/2011, 17:09




« Rohan..? » un sussurro appena, alle spalle del guerriero
« ...che nome del cazzo. »

La cupola nacque dal suolo spontanea quanto irreale.
Era rossa come il sangue appena versato, intarsiata di nere vene pulsanti che la coprivano come un reticolo. Si chiuse in silenzio attorno ai due sfortunati che avevano osato spingersi tanto vicino ad Hoggar da attirare la sua attenzione. E mentre quel coglione d'un gigante urlava a vuoto verso il cielo colpevole d'averlo martoriato - ma non ucciso: questo no -
lui aveva deciso una cosa.
Aveva deciso di ammazzare quelle puttane con violenza, tanto per divertirsi.
Oba gli aveva detto di uccidere Dalys, ma andare a cercare quella cagna nell'ordalia che era divenuta la battaglia gli sembrava una gran perdita di tempo. Così aveva prima pensato di seguire il Terzo e magari rompergli un po' le palle. Poi era incappato in quella coppia di trastulli e: no, non poteva certo lasciarli andare via così. Non sulle proprie gambe. E forse nemmeno con le gambe ancora attaccate al resto del corpo.

« Questa guerra non è finita, no. » grondava dall'apice della cupola
come un liquido che prende forma lentamente e si tramuta in uomo, in mostro « No, no, NO. »

Shagwell "il Giullare" se ne stava a testa in giù.
Gli occhi rossi che scivolavano languidi da uno stronzo all'altro; da un pezzo di carne a quell'altro, ambedue pronti per essere macellati. Ciondolò un istante per far tintinnare i campanellini, perché voleva che li sentissero. Voleva che imparassero. Voleva che ricordassero quel suono prima di crepare con la schiuma alla bocca come cani idrofobi. Aveva le braccia incrociate sul petto e nelle mani stringeva due grandi spade, parallele ai fianchi.

« Ma permettete a questo umile saltimbanco di correggervi, miei signori. »
il tono improvvisamente formale era pregno di ironia, lussuria e intento omicida
« Poiché temo che voi non abbiate, come dire-- »
ricordò quella notte al cancello del borgo, quello sguardo che non conosceva il riposo,
quell'incubo che sghignazzava

shagvalzercopy

« -capito un cazzo. »

Le risa, poi ancora i sonagli.
Si lasciò andare e cadde al suolo con un'agile capriola. I suoi piedi nudi calpestarono indistintamente sangue, terriccio e fluidi vitali eruttati da chissà quale budella. Piegò la testa di lato mettendosi in equilibrio sulla sola gamba destra. Ne aveva uno davanti e uno dietro. L'idea lo portò a leccarsi le labbra con un gesto involontario.

« In guerra vince chi sopravvive, stronzi. »

Puntò la Meretrice in avanti: un enorme blocco di metallo scuro percorso da venature grigie e nere.
Quelle stesse ramificazioni che - ora era chiaro, visibile - proseguivano sul braccio sinistro di Shagwell, col quale il mostro reggeva l'arma. E un istante prima che l'inferno si scatenasse, il Guitto ebbe modo di incrociare gli sguardi di ambedue le sue prossime vittime.

Si leccò le labbra: « Non voi due, quindi; »
« voi due proprio no. »

Esplose in una risata fragorosa e disturbante, lui.
Esplose in una marea di frammenti aguzzi e incontrollati, la spada.
Sibilarono nell'aria un po' a casaccio come le schegge di una bomba rudimentale. Erano lame piccole - alcune - come unghie e grandi - altre - come dita di una mano affilata; erano ovunque, emergevano dalla cupola e si sparpagliavano mirando ai corpi dei nemici senza un ordine preciso. Per straziarli, per ucciderli, per contaminarli.
Sotto le note di una nenia che il Giullare aveva cominciato ad intonare,
con la voce dei due djinn ad ammorbare quel raccapricciante inno funebre.

[...]

Qualcuno, lontano da lì, stava cantando un requiem.
Qualcuno, lontano da lì, stava bevendo una schiumosa pinta di birra; qualcun altro scopava come un maiale ingravidando qualche sgualdrina in una bettola; qualcun altro ancora era intento a gozzovigliare lautamente al tavolo del proprio dannato castello, nella meravigliosa quiete delle mura di casa. Ma lui no. Bronnigar di Harrenhall era lì, nel chiasso irritante della guerra.
Con la voce roca di un principino stronzo a trapanargli le orecchie sudice di cerume.

« Se i miei sensi non mi ingannano, quello è un orco. Sono tutti orchi, e li avete uccisi voi, messer Bronn »

Abbassò lo sguardo e diede l'impressione di studiare attentamente il cadavere ai suoi piedi.
Nel frattempo si setacciava le gengive lerce con la lingua, alla ricerca di qualcosa che sentiva fastidiosamente battere e strisciare contro l'interno della bocca. Aveva tirato su la mancina, il palmo aperto verso l'alto e fece per rispondere qualcosa: « Sì, beh... » ma venne interrotto da altre parole. Piegò la testa di lato e distolse lo sguardo con nervosismo. Odiava essere interrotto. E quel tizio emetteva suoni rochi, fastidiosi più del solito. Alle voci non piaceva. Le voci gli dicevano: fai stare zitto quel pezzo di merda.

« Avete cinque secondi per spiegare le vostre intenzioni, e dissuadermi dall’idea che il vostro sia un tradimento. »

I suoi occhi fissavano il principino con noia malcelata.
Di chi era la responsabilità di quella testa lì? Non sua, cazzo. A lui toccava Bara-Kat...Bark...il comandante dei pelleverde. Però non ricordava a chi altri Oba avesse dato ordine di ammazzare i leader nemici. La cagna rossa era stata assegnata al frocio, questo lo ricordava perché aveva protestato tra sé e sé pensando che, in fondo, quell'imbecille di Shag non avrebbe saputo che farci con una puttana del genere tra le mani. Poi c'era lo scriba: a quel bastardo era stato dato l'altro orco, il mago.
Senza accorgersene stava contando sulle dita i suoi fratelli, ma il Principe Toryu era uno scortese.
Gli correva addosso sputando ancora parole che lui, però, non sentiva più.

« ... »

Eccolo più vicino, con le armi in pugno.
Intorno a lui Bronn poté vedere quello che identificò come un sortilegio atto a chissà quale scopo. Non si curò di alcunché; era troppo occupato a frugare tra i meandri dei suoi ricordi distorti alla ricerca di un nome. Fu quando il Lord tentò di affondare nelle sue carni con le spade protese che il Quarto ebbe finalmente l'illuminazione, coronata da un ampio sorriso soddisfatto.

« Rorge! » schioccò le dita della mano sinistra
appena in tempo per arrestare l'incedere furioso di Sennar con l'imposizione della propria volontà.

Seguì un clangore metallico bizzarro, con le lame del principino che scivolavano lungo il suo corpo senza danno ferire.
Aveva ricordato, infine: la testa di Lord Sighvat era stata promessa al Macellaio. Ma conoscendo quello stronzo d'un cannibale, probabilmente il puzzo di morte e l'ammontarsi dei cadaveri lo aveva spinto altrove in un raptus omicida condito da fame insaziabile. In soldoni, il fratello sarebbe stato incapace di uccidere quel borioso ragazzetto; perciò, con solerzia a dir poco cavalleresca, anche Bronnigar prese una decisione: avrebbe fatto lui il lavoro di quell'altro idiota.
Tanto - pensò - una testa di cazzo vale l'altra.

« Ebbene-- » riprese con cipiglio d'altri tempi,
regale come gli era stato insegnato in gioventù « -oramai mi avete scoperto e non è più necessario mentire. »
il suo viso si abbassò fino a sfiorare quello dell'altro, in modo che le sue parole non andassero perdute nel cataclisma di rumori che li circondava entrambi « Lasciate dunque che vi metta a parte, in gran confidenza, d'un segreto: »
descrivendo un vettore crescente diagonale da destra a sinistra,
Silenzio già si muoveva per l'esecuzione.

« voi Toryu mi siete sempre stati sul cazzo. »

Ogni cosa perse colore, ogni suono perse intensità.
Fu solo il rapido scorrere della lama grigia nell'aria, il tacito riso di un uomo perduto
e la morte rapace che volava in picchiata per trarre con sé l'ennesima giovane preda.

[...]

« ..rgh! »

Le lame dal cielo lo avevano colto di sorpresa, proprio mentre si stava divertendo.
Ciononostante Rorge era l'unico nel raggio di molti metri a potersi dire completamente illeso da quell'attacco. Alcuni, qua e là per il campo di battaglia, si erano riparati con corpi altrui, fortificazioni diroccate, scudi mistici o cose del genere. Lui no, lui non si era nemmeno accorto di ciò che stava accadendo. La tempesta si era abbattuta sul Macellaio lasciandolo soltanto confuso, ma nulla più.
Quella mattina il Quinto aveva mangiato molte cose, per prepararsi alla guerra.
A differenza dei suoi fratelli, la sua forza era realmente esigua. Tra i sei risultava quello con meno capacità di base: lento, stupido, debole. Eppure lo accettavano. Era un loro pari. E nessuno dei fottutissimi idioti del Toryu si era mai chiesto perché, tra quei mostri così pericolosi, vi fosse un cannibale pazzo e ritardato che chiunque avrebbe potuto schiacciare come un insetto.
Non certo per pietà i Guitti si portavano dietro uno come Rorge.
Lui era l'uomo con i maggiori margini di miglioramento nell'arco del minor tempo possibile; era una belva in grado di crescere esponenzialmente in pochissimi secondi; era un genio inespresso ed inesprimibile senza un lauto banchetto a sua disposizione.

« Warrghl.. » si scrollò di dosso il terriccio, il sangue, i corpi.
La sua pelle era una solida corazza di metallo scuro: quella mattina aveva mangiato molte cose
tra cui armature; tante armature.

Con le varie braccia a sua disposizione si rimise carponi ad osservare lo spazio circostante.
Non era rimasto molto con cui giocare: gli elfi avevano tirato le cuoia in massa, così come i pelleverde del cazzo. Dalla bocca dell'aberrante animale emerse un rauco borbottio di protesta e sconforto. Seguito da un rivolo incontrollabile di bava schiumosa.
Fu allora che la notò, nella confusione: era una donna, una bellissima donna.
L'unico essere vivente ancora in grado di opporre resistenza, di farlo divertire - e di nutrirlo con carne freschissima.

« ..faHMe.. »

Gorgogliava di piacere, mentre si preparava ad aggredirla.
Schiocchi metallici accompagnarono quella visione mostruosa: gli arti superflui vennero risucchiati dentro al corpo del Macellaio, abbandonando le armi che stringevano in pugno; l'ascia fu la sola a rimanere in possesso della bestia, che assumeva un aspetto più umano - per riabbandonarlo un attimo dopo. Dalla sua schiena cominciarono a emergere degli spuntoni come sul dorso di un porcospino d'acciaio. Le scaglie affilate si muovevano in maniera inquietante, ma la cosa più disgustosa era vedere come il fisico di Rorge aumentava di volume e s'incurvava leggermente in avanti.
Durò tutto pochi battiti di cuore, ma quando ogni cosa fu pronta il Guitto si volse dalla sua preda e sorrise mostrandole una dentatura aguzza, sudicia, malata. Quella femmina sarebbe stata il suo dessert e ne avrebbe gustato ogni brandello.
Saltò in avanti, chiudendosi in se stesso a mo' di riccio.
Poi cominciò a rotolare con una velocità fuori da ogni logica,
frantumando in mille pezzi tutto ciò che si trovava sul suo cammino.

Perché Rorge, quella mattina, aveva mangiato molte cose,
ma tante altre ancora stavano per finire nel suo stomaco.

[...]


Sei com'eran sette, ed uno saranno ancora.

Le sale di Castamere erano vuote.
Gli odori di un tempo ormai non abitavano più quei luoghi: l'incenso, la cera, la polvere. Ogni cosa era stata spazzata via dalla pioggia, come a voler lavare lo sporco di ricordi troppo lerci per essere preservati. Ogni cosa tranne una: la scritta rossa dipinta sulla parete della sala grande. Lì non era arrivata l'acqua a pulire il marciume. Lì il male imperava ancora come quando il castello era pieno di vita.
Lì i Bravi Camerati avevano lasciato un monito al mondo intero.

Anche se pochi, separati, dispersi o uccisi fareste bene a temerci;
perché nulla vi potrà mai proteggere da noi.


Rhagga era là, era da solo.
Le voci dei suoi fratelli riecheggiavano da qualche parte in lontananza, ovattate dal rumore del temporale. Aveva sempre odiato quel luogo, con le sue mura di pietra e i suoi abitanti. Odiava la cosiddetta civiltà, odiava la guerra. In compenso gli era sempre piaciuto seminare il panico, la morte, la distruzione. Sorrise al pensiero di tutte le nefandezze che aveva potuto compiere perché protetto da questo o quel Lord, in nome di guerre che mai aveva sentito sue. Era stata un'ottima idea unirsi ai Camerati. Un'ottima idea davvero.
E ora era lì, dove tutto era finito e ricominciato.
Osservava quel luogo coprirsi di ghiaccio, guardandosi attorno con spaesato interesse.
Le pareti divennero lastre bianche, cristalline. Il pavimento si fece scivoloso e rigido. La poca mobilia fu rivestita d'una patina sottile.
Poi tutto parve richiudersi su di lui, congelandolo assieme al resto.

rhaggavalzercopy

Aveva freddo.
Quando riaprì gli occhi fu quella la prima sensazione: un brivido glaciale nel petto, all'altezza del cuore.
Portò la mancina al volto e si accorse di essere tornato in forma umana; quella consapevolezza portò la sua mente a una seconda conclusione, che non volle ritenere possibile. Non era a Castamere, questo poteva dirlo con certezza. Attorno a lui si affannavano ancora guerrieri di svariate razze. Scalpiccio di piedi e urla giungevano da ogni parte, nel fiammeggiante infermo di cui - con lo sguardo rivolto al cielo - poteva avere soltanto un parziale sentore. Eppure nonostante i toni caldi della battaglia, lui nel crepuscolo della giornata più lunga degli ultimi tempi sentiva un gran freddo.
I ricordi degli ultimi minuti non erano chiari, così si sforzò di richiamarli dalla memoria.
E rivide ogni istante.
Si era gettato sul cavaliere con foga, ma quello aveva scampato la morte. Poco distante da lui la pantera era andata ad aggredire la seconda vittima, quella più vulnerabile: ma non aveva fatto i conti con un terzo essere che - in un primo momento - era parso inoffensivo. La preda le era sfuggita e l'uomo - con uno slancio d'ira - aveva rivolto a lui un attacco devastante, inaspettato. Era scomparsa la nebbia, sostituita da qualcosa che lui, il Secondo dei Bravi, non avrebbe saputo descrivere. Non aveva potuto evitarlo, né gli era stato possibile schivare le piccole sfere di metallo giunte da chissà dove dopo appena qualche battito di ciglia.
Poi aveva perso i sensi, ma a quel punto non si chiese più perché: lo sapeva già.
Eppure volle guardare.

Dalla vita in giù il suo corpo era finito, coi soli brani di carne ancora appesi al torso che rigettavano sangue sul terreno. Le budella erano tranciate e fluidi d'ogni genere si vomitavano gorgogliando placidamente dall'interno. Nemmeno un intervento di Oberrin avrebbe potuto evitare l'esito che già il Barbaro aveva compreso. Né lui avrebbe voluto che quell'orbo bastardo si intromettesse nell'ora della sua morte.
Era sempre stato pronto, Rhagga figlio di Throgg.
Un guerriero delle foreste nasce e cresce consapevole che l'ultimo respiro può giungere in qualsiasi momento.
Così lui si curò soltanto di gettare un altro sguardo al cielo e si godette l'ultima risata della sua vita.
Sprezzante di ogni cosa come era suo costume,
il Secondo dei Guitti abbandonava quel mondo.



Eccoci qua. Scusate l'immenso ritardo (e la qualità dello scritto!), è stata una settimana un po' piena e - come vedete - il post era uno per semplice comodità: in realtà ho dovuto scrivere quattro diversi interventi (cinque, se contiamo la parte di Hoggar inserita in quello precedente) per altrettanti scontri. Non la cosa più semplice del mondo, ma spero che sia quantomeno comprensibile quello che accade.

Stray e Lud - Ho deciso di affrontarvi insieme con Shagwell just for fun. In quest'occasione particolare muoverò il PnG utilizzandone le abilità in modo non convenzionale, aggiustando dunque gli effetti per eseguire azioni da QM: le tecniche utilizzate sono infatti "Il Corpo della Meretrice" di Thais Naylah fusa con "Il Corpo della Puttana" di Iblis Naylah, che crea una cupola rossa (venata di nero per l'occasione) per tre turni dalla quale Shagwell può emergere in qualsiasi momento; ciò presuppone l'attivazione de "Il Nome della Puttana" e de "L'Inganno della Puttana", influenza psionica passiva che comunica pian piano i vari elementi necessari a prendere il possesso della Puttana Cremisi (la tecnica è disturbata, per effetto scenico, da una seconda voce - quella dello djinn rinchiuso in Thays - ma ciò non influisce, in termini di gioco, con gli effetti). L'attacco vero e proprio è portato con le abilità congiunte "Meretrice di Anime" e il già citato "Il Corpo della Meretrice", considerabile come un Alto complessivo ad area che dovrete contrastare entrambi. Avete due slot come di consueto e siete liberi di contrattaccare subito, senza ovviamente essere autoconclusivi.

Maionese - Bronn si difende dal tuo attacco con l'abilità "Mura di Harrenhall" - Pergamena "Difesa di pietra" del Guerriero - e contrattacca a distanza ravvicinata con l'abilità "Ira del fiume" - Pergamena "Zanzetsuken" del Guerriero - a consumo Critico, mirando a tranciare Sennar dal fianco sinistro alla spalla destra.

Zaide - Pensavi di vincere facile, eh? Ma Rorge è un osso più duro di quanto sembri - almeno quando posso manovrarlo come QM *trollface* - e quindi ora ti trovi una palla di ferro irta di spuntoni che rotola nella tua direzione senza intenzione di rallentare. Per evitare di farti macellare e tritare dovrai fronteggiare un attacco di entità Alta rivolta alla tua persona.

Coldest e Yuu - Avrei voluto scrivere queste righe in maniera più decente, per rendervi meglio giustizia. E avrei voluto farlo con Coldest ancora qui a fangirleggiare a caso - cosa che sono sicuro farà quando tornerà - ma tant'è. Avevo deciso di far morire Rhagga da tempo, in accordo con Black Pendragon, e ho voluto far sì che fosse per mano di un utente. Questo è il mio modo per darvi spazio nella trama di Asgradel, spero sia gradito e spunto di nuovi sviluppi. Aggiungo soltanto alcune precisazioni: il Barbaro muore per effetto della tecnica "Il mio orizzonte", che lo trancia a metà. I proiettili sparati da Noah lo feriscono al petto - che però è già irrimediabilmente compromesso - e la pantera viene colpita (non l'ho descritto per non appesantire ulteriormente tutto) da Jevanni, morendo nell'impatto. Riacquista forma d'ascia ma è spezzata e oramai inutilizzabile. Per i pignoli, Rhagga e artefatto sono stati violentemente provati dagli attacchi di Ray giunti durante lo scontro, dunque è stato sufficiente molto meno del previsto per ucciderli entrambi.


Per ogni domanda o critica o whatever vi rimando al solito thread in Bandi Quest.
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 1/10/2011, 00:58




Valzer
Danza sotto il Sole Nero


chakra03

Freddo, tanto freddo.
Le mani erano gelide mentre continuavano incessanti il loro lavoro sulla corda tessuta nel Flux. Una freccia, un'altra e un'altra ancora. Svaniva rapido il rumore del dardo che sibilava nell'aria zeppa di urla e, nonostante ciò, Aang sentiva il tonfo carnoso quando colpiva il bersaglio, accompagnato a volte da un borbottio profondo, a volte da un ruggito di dolore puro quando un gigante crollava al suolo per non rialzarsi più. Lo percepiva più che sentirlo veramente, come se stesse perdendo i suoi sensi uno alla volta. Tonfi e urla, il clangore del metallo che batteva sul metallo, il rumore rivoltante delle armi quando trovano la via tanto agognata e penetrano nel corpo del nemico.
Infine, il suo respiro affannato.

Aveva freddo, lo sentiva come una cappa che era scesa su di lui. Un manto di gelo che lo avvolgeva come un sudario, stringendolo nel suo sadico abbraccio glaciale. Non si sentiva la febbre, non stava male, ma tremava dalla testa ai piedi. Strisciante e perfida, la paura era tornata, questa volta senza bussare. Aveva semplicemente sfondato di peso il bell'uscio della sua mente, con un sorriso orribile sul volto scavato e con le braccia lontane dal corpo sfumato, come a dire: "Beh, mi hai cercato ed eccomi qua". E lui, da bravo padrone di casa, non era riuscito a scacciarla via.

Prima la carica dei giganti, poi quella dei barbari, la battaglia continuava ancora impetuosa, senza pietà per nessuna delle due parti. Solo tra i tatuatori, Aang ne vide morire a decine. Un attimo prima erano vicino a lui, concentrati e letali con i loro archi infusi di Veleno del Fato. E un attimo dopo erano morti, schiacciati dal peso dei giganti che cadevano o tranciati a metà dalle asce dei barbari in preda a una furia indomabile. Ancora una volta, la vita del monaco si affidava solo al caso, e questa volta non era sicuro di poterne uscire illeso.

« L-la Fenice!? »

Aang non voleva crederci, non lo considerava nemmeno possibile. Quando con la coda dell'occhio vide qualcosa di mastodontico colpire il rapace infuocato si voltò, appena in tempo per vederla tagliata a metà, come se fosse stata fatta di burro. Con occhi sempre più grandi, quasi al rallentatore, vide i due monconi privi di vita cadere pesantemente al suolo, mentre l'ultimo straziante stridio di morte si perdeva nell'aria satura di dolore. A quella vista la fiducia del Monaco prima si incrinò, poi andò in mille pezzi come un vaso di cristallo che cade da una grande altezza. E più in alto si fosse trovato, così più piccoli sarebbero stati i frammenti da raccogliere.

« Abbiamo perso, non.. »

Sarebbe voluto scappare, correndo tra le fila degli elfi come una lepre, sfuggendo al suo destino che un attimo prima aveva voluto condividere con quegli esseri dalle orecchie a punta e dall'aspetto nobile. Ma rimase fermo quando sentì qualcosa sopra di sè, una pressione crescente sulla pelle, una sensazione di pericolo che ottenebrava i suoi sensi. Alzò lo sguardo verso l'alto, mentre già l'arco di Flux svaniva, perso nelle pieghe della realtà quando la mano che lo confinava si aprì. Qualcosa di terribile aveva colpito la loro barriera, la calda protezione che li aveva tenuti al sicuro fino a quel momento. E anche questa, come la fenice, era finita in pezzi. Aang poteva vederne i pezzi sempre più piccoli dissolversi nell'aria, che cadevano come petali sul campo di battaglia.

Poi, dal sole nero che dominava tutto, cadde qualcos'altro. Un fiume in piena, un torrente inarrestabile. Un fiume nero che aveva fatto della guerra la sua foce.
Il Monaco rimase così, con lo sguardo perso in alto, mentre gli elfi costruivano affannosamente un'altra barriera, che resse. Ma da quell'occhio nero che dominava alba e tramonto ne cadde un altro, e un altro ancora, investendo tutto, distruggendo tutto. Aang si sentì sbalzato in aria e buttato a terra, perdendo i sensi. Il nero lo avvolse e il giovane, stremato, lo accolse con un sorriso.

...

Sentì una mano che prima lo scuoteva, poi lo strattonava, trascinandolo di peso sul terreno frammentato. Era strano, ricordava che la piana fosse appunto "piana" e non così impervia. Aprì gli occhi, vedendo il volto del giovane Carnir, rosso per lo sforzo, che lo aveva oramai trascinato lontano dal punto dove i tatuatori avevano ingaggiato battaglia con i barbari avversari. Ora si stava spolverando la tunica con espressione infastidita: la distanza era considerevole e Aang si stupì che un elfo così esile potesse fare uno sforzo simile.

Il monaco si alzò a sedere, sentendo scricchiolare e gemere tutto il corpo come se avesse appena finito di fare una passeggiata sotto una valanga di sassi. Aveva tagli ed escorazioni ovunque, la testa gli doleva terribilmente e non era nemmeno così sicuro di potersi rimettere in piedi. Alzò lo sguardo e incontrò lo sguardo cieco di Carnir a pochi centimetri dal suo viso: rabbrividì involontariamente.

« Non credere che accadrà di nuovo, Aang. Ho solo cercato di salvare un lavoro per cui vale la pena rischiare. »

Si riferiva chiaramente al veleno che scorreva dentro il monaco, il Fiume del Fato che lo aveva riportato a nuova vita.

« Ma non penso che lo farò una seconda volta. »

Aggiunse subito dopo, marcando con un accento stranamente tagliente sulle ultime due parole.
Aiutandosi col suo bastone si alzò in piedi traballando sulle gambe, guardandosi attorno con profondo stupore. L'intero campo di battaglia era sconvolto dalle voragini e i due eserciti parevano ricompattati, anche se quello Neiru era diviso da un profondo squarcio. Dove poco prima di svenire aveva visto la fenice per l'ultima volta, ora svettavano imponenti due enormi colossi d'ombra. Continuava a non avere senso: la lotta, il sole nero, la fenice, persino il veleno scarlatto che gli scorreva in corpo.

E quando vide l'immagine della Bianca donna che governava il loro esercito, tesa con le braccia avanti, per governare la carica che poteva essere l'ultima, Aang sentì di aver fatto tutto quello che poteva. Non desiderava più rischiare la sua vita lì in mezzo, non voleva più vedere i suoi compagni morire accanto a lui, guardandolo con aria colpevole prima di spirare, come se fosse colpa sua. Carnir gli dava le spalle, teso in avanti, come a sentire un canto che Aang non riusciva ad afferrare.

« E' il nostro momento, Aang. Dobbiamo tornare laggiù. »

La mano tatuata dell'elfo si poggiò sul braccio del Monaco, risvegliando nuovi dolori nel suo corpo. Inaspettatamente, le dita del Monaco si posarono su quelle di Carnir, facendolo girare di scatto, un'espressione stupita in volto. Suo malgrado Aang sorrise, fino a quel momento non lo aveva mai visto così, e sicuramente quello che stava per dire lo avrebbe sconvolto ancora di più.

« Non.. »

Iniziò, senza sapere per un attimo come continuare. Prese un breve respiro di ispirazione e poi riprese, guardandolo nelle iridi bianche e spostando la mano sulla sua spalla.

« Questa volta non verrò con te, Carnir. »

Una piccola pausa, mentre il suo sguardo si spostava sul campo di battaglia.

« Rimarrò qui, a decidere se ne vale davvero la pena. »

La risposta arrivò rapida e tagliente come la lama di un rasoio.

« Dunque hai fatto la tua scelta, umano. Buon per te. »

Il piccolo elfo gli diede le spalle, facendo un passo verso la bolgia infernale in cui avrebbe scommesso la sua vita, ancora una volta.

« Non mi hai chiamato per nome! »

Le sue parole erano prive di logica, ma ancora prima di capire il senso di quello che aveva detto l'elfo, non potè non notare la nota tagliente nella sua voce, parole acuminate atte a tagliare qualsiasi rapporto tra loro. La cosa lo feriva, anche se si erano conosciuti da poco, era comunque l'unica persona con cui avesse potuto parlare, con cui aveva condiviso la sua paura della guerra e le sue insicurezze. Carnir rispose.

« No, infatti. Addio »

E questa volta il tatuatore se ne andò davvero, cercando di camminare il più velocemente possibile sul terreno che ora metteva a dura prova anche i movimenti più semplici. Aang lo seguì con lo sguardo finchè non divenne una macchia indistinta nel grigio della guerra. Vide la sua figura esile sdoppiarsi e triplicarsi, mentre lacrime inaspettate scorrevano sulle sue guance.

« Sono solo. »

La guerra era lontana dai suoi pensieri, il dolore era un pulsare ritmico in fondo alla mente.

« Ancora una volta. Solo. »




Non penso di aver bisogno di spiegare niente, ma terrò comunque il conto delle energie impiegate.

Energie residue: 78%
 
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view post Posted on 5/10/2011, 23:52

Esperto
······

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Dopo qualche istante in cui aveva trattenuto il fiato in guardinga attesa, Zaide rilassò i muscoli: almeno per il momento, nessun’altra saetta di tenebra sarebbe giunta a squarciare il terreno e le anime degli eserciti, ormai decimati e malconci, che ancora si fronteggiavano nell’ennesima inutile lotta senza senso.

Rimase ancora un momento immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, impenetrabile.

Non trovò nella sua testa né nel suo cuore ciò che cercava.
Rimorso.

Nemmeno una goccia di rimpianto per quel gesto efferato costato una vita innocente, nemmeno una stilla di pietà per quel fragile corpo spezzato da un potere più grande di lui; la giovane posò lo sguardo sugli occhi vitrei dell’elfo, che riflettevano ciechi il cielo plumbeo sopra di loro.

Niente. Né angoscia, né gratitudine.

Lentamente, si portò una mano davanti al viso: il sangue del ragazzo gocciolava ancora caldo tra le sue dita aperte, e volle accostare le labbra a quella macchia scarlatta che avrebbe dovuto insozzare, oltre ai suoi vestiti, anche la sua anima. Sulla punta della lingua aveva un sapore amaro.

png


Il campo di battaglia stava riprendendo a rumoreggiare: l’innaturale alone di morte che le quattro lame avevano trascinato con sé iniziava a dissiparsi nel pervicace clangore delle spade che riprendevano a incrociarsi, delle armature che si sbriciolavano tra urla e lamenti, della terra che echeggiava di strida acute.
E Zaide lo vide: non era passata inosservata all’abominio che lei stessa aveva già preso di mira, e che ora si scagliava come un ossesso contro di lei.
Da solo, produceva più fragore delle decine di combattenti che lottavano attorno a lui: il suo corpo pareva corazzato di metallo oltre che irto di pericolose lame, e rotolava inesorabile e letale contro di lei.

Zaide avvertì l’adrenalina scorrerle tra le vene mentre sollevava la mano insanguinata in un gesto protettivo, e sorrise alla nube perlacea che si allargava tra le sue dita vorticando e mormorando. Centinaia, migliaia di volti impalpabili si intrecciavano nell’aria, spiriti di un mondo dimenticato evocati dal muto richiamo della strega, allargandosi in uno scudo incorporeo eppure impenetrabile anche alla brutalità di quell’essere ripugnante.
Lo schianto le fece tremare il braccio, ma Zaide non cedette di un millimetro. Sorrise. Si sentiva così ferocemente, dannatamente forte. Era ora di far conoscere la strega a quel rivoltante pezzo di ferro. Con la mano libera aveva sfiorato l’elsa intarsiata del piccolo pugnale nascosto sotto la cintola di cuoio, provando un brivido familiare e allo stesso tempo indefinibile. Avvertiva un potere arcano scorrere in ogni fibra del suo corpo, una forza che si era risvegliata in lei nello stesso istante in cui aveva creduto di essere morta, in quella che pareva ormai un’altra vita, là nelle macerie della Torre di Velta.

Ed erano semplicemente apparse.

Tre mostruose creature né donne né animali affiancarono Zaide, gli artigli sporgenti dalle lunghe ali scheletriche protese verso quello che presto sarebbe diventato la loro nuova vittima, le orbite vuote incavate nei volti smunti e mortiferi. Maestose e infide, terrificanti e sinuose, le tre orrende creature si mossero con leggerezza quasi aggraziata sul campo di battaglia, indifferenti alla carneficina che si compiva attorno a loro.

E poi, la sorpresa quasi le fece cadere l’athame di mano.
Alle spalle del suo avversario era comparsa la più incredibile apparizione che la fantasia umana potesse concepire. Un’immensa, putrida e sconcertante nave oscillava nell’aria cupa di quel giorno senza fine: volava, apparentemente senza peso nonostante l’aspetto massiccio, ed era innegabilmente affascinante nella sua bruttezza.

Cos’era? Da dove veniva?

Zaide rimase affascinata suo malgrado dall’orda di brutali avanzi di galera che stavano proprio in quel momento sbarcando dalla nave: una massa multiforme e urlante che sciamò per la piana iniziando a mietere vittime tra le fila scomposte e ormai in preda al caos di ambo le parti.
Si riscosse dallo stupore, durato poco più che qualche secondo ma inopportuno in quel momento. Le tre arpie circondavano Rorge, sovrastandolo, e come Zaide l’ebbe pensato, ecco che si scagliarono contro di lui, i becchi affilati, gli artigli sguainati pronti a cavargli gli occhi.

Io sono la strega, sono la morte.

Zaide sorrise, l’ombra della nave gigante riflessa nei suoi occhi scuri.






Zaide

Rec [ 275 ] AeV [ 250 ] PeRf [ 150 ] PeRm [ 525 ] CaeM [ 250 ]

[c. 29%; a. 13%; m. 5%; b. 1%]



Zaide fronteggia l'attacco di Rorge creando uno scudo di livello Alto (Arabesque1) e poi provoca un'illusione (Medio) in cui tre creature scheletriche metà donna e metà corvo lo attaccano cercando di strappargli gli occhi.
Nel frattempo assiste sbigottita all'apparizione della Purgatory, senza naturalmente riconoscerla ma rimanendone suo malgrado affascinata.

Energia:
71 % - 13 - 5 = 53%

Stato fisico:
Ferita di lieve entità alla spalla sinistra.

Attive:
Arabesque -UNO- [costo Alto, 13%]
CITAZIONE
Zaide è in grado di evocare un vortice di spiriti in virtù del suo legame con il mondo ultraterreno, il cui Passaggio è normalmente a senso unico: il mortale che lo attraversa segna con tale passo il suo ultimo contatto con la Vita terrena. Zaide ha ottenuto da Morrigan, a cui è legata da un destino profondo, la capacità di attraversare il Passaggio per condurre con sé gli spiriti nel mondo terreno, che ella potrà plasmare a suo piacimento in caso di combattimento. Tale emanazione, che potrà originarsi esclusivamente a partire dalla sua persona, apparirà normalmente come una massa priva di una forma chiaramente definita di sostanza bianco grigiastra in cui però rimarrà possibile scorgere i lineamenti di una moltitudine di creature. Zaide può modificare la sostanza come desidera. La potenza difensiva della tecnica viene considerata pari al consumo di energie speso per evocarli.

Psionica -STREGA- [costo Medio, 5%]
CITAZIONE
Tecnica psionica a consumo Medio. Il bersaglio verrà colpito da un'illusione e crederà di vedere delle creature dal corpo umanoide, le ali da corvo e il capo scheletrico giunte a sventrarlo ed ucciderlo. L'illusione non provoca alcun danno, né fisico né psionico; tuttavia, se l'avversario dovesse muoversi dalla sua posizione per evitare l'attacco di queste creature, queste ultime si materializzeranno per davvero nel mondo reale. Il loro numero può variare da una a quattro; la somma delle creature evocate è pari a Medio e di un grado energetico inferiore a quello dell'evocatore. Le creature restano sul campo per due turni. La vittima può evitare l'evocazione semplicemente stando immobile, o castando un'opportuna difesa psionica di potenza Media

Passive:
CITAZIONE
Passiva di ammaliamento psionico; a seconda dei comportamenti di Zaide e ad interpretazione del personaggio che subisce la tecnica, può istillare in lui lussuria nei confronti della strega o terrore - sta alla vittima decidere quale delle due, coerentemente ai comportamenti e all'aspetto assunto da Zaide

Equipaggiamento:
Athame del Corvo con Trappola Annullante incastonata
Athame delle Anime (Artefatto Strega)
Set di 20 pugnali
Linfa vegetale



 
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view post Posted on 6/10/2011, 15:59

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And how I lust for the dance and the fire
deep of the nectarine sunset to drink
spill me the wind and its fire
to steal of the colors - I'm the moonshield


Il crepuscolo, nero segnale di morte, aveva mietuto parecchie vittime. Il campo di battaglia, come in una cappa insonorizzata, piombò improvvisamente in un silenzio ammantato di incredulità, stupore, terrore. Era un silenzio irreale. Come se il mondo davvero piangesse una grande perdita. Ma non con un rumore, troppo banale sarebbe stato un tuono, un terremoto, semplicemente onorò le perdite con il silenzio. Quiete in grado di dilaniare le orecchie degli ascoltatori più di un urlo disumano.

Infine, dopo il silenzio, arrivò il terremoto.

Sentì la terra sotto i suoi piedi tremare come scossa da milioni di defibrillatori, lì dove il suolo era stato dilaniato dalla pioggia di lame. Le spaccature crebbero. Inghiottendo i commilitoni che caddero nelle viscere della terra, ingoiati nelle fiamme dell'inferno come peccatori. Nessun Valhalla avrebbe atteso le vittime di quella danza mortifera.
Nessuno avrebbe cavalcato in verdi praterie con il sole puntato in faccia.
Nessun fortunato sarebbe giunto ai Campi Elisi. Solo fuoco e fiamme sarebbe toccato a quei bastardi.
Eterna punizione per i peccatori.
Una risata si produsse dal luogo più recondito della terra.
Come sempre, in una guerra, il vincitore era solo uno.
E non era Ray.

ddddjn

Tintinnio di campanellini, stonato inno alla morte. Come un incubo giullaresco pressante tintinnare sempre più fremente, sempre più vicino, come lo strisciare paralizzante di un serpente a sonagli.

Tin Tin
Tin Tin Tin.

Oppressivo rumore, molesto manifestarsi di una figura tramite l'udito. S'accorse di odiarla quella persona, odiarla ancor prima di vedere il lerciume presente nei suoi occhi, ancor prima di scorgerne l'effigie umana. Ancor prima di tutto capì di odiare i giullari. Saltimbanchi dei Re viziati bisognosi di un buffone di corte che si tirava le torte in faccia per dilettare le persone. Figure patetiche senza un minimo di dignità. Ma non Shagwell. Non il loro buffone di corte. Figura a sé stante di quel bianco maniero, disarmonico giullare dal viso squarciato da un sorriso d'un pazzo folle. Ambigua utilità da cantastorie, poiché raramente lo si vide intrattenere qualcuno in quel maniero. Non nei modi consoni alla sua categoria per lo meno. Sventrava donne come maiali all'ingrasso dopo averne addentato il frutto prelibato per semplice sollazzo. Non era una persona no. Una mente tanto sadica e squilibrata era più simile a quella di un primitivo animale che voleva soltanto sfamare i suoi istinti primordiali.
Tin tin e ancora TIN TIN.
Ritmo incalzante imposto da semplici campanelli, come una volgare vacca da fattoria il rumore continuava a richiamare l'attenzione della gente. Ammollo in una densa cloache di budella e arti a brandelli, Lux volse lo sguardo dietro di sé come attirato da quell'uomo. Alzò la testa, girandosi a guardare quella bestia che si innalzava sopra di una cupola vermiglia striata di nero. Cupola che ricoprì immediatamente i tre guerrieri. Rinchiusi lì dentro, una strana atmosfera rubiconda ammorbava la vista. Improvvisamente si ritrovano estraniati dal mondo, lontano dalla guerra che stava dilaniando il mondo umano, erano come caduti in un oblio.
Lì dentro regnava la calma, la quiete. I rumori smorzati si infrangevano contro la parete, rimbombando come all'interno della grotta. E il tintinnio aumentava. Diventando assordante, insopportabile.


Tin
Tin Tin
Tin Tin Tin
Tin Tin Tin Tin
Tin Tin Tin Tin Tin
Tin Tin Tin Tin
Tin Tin Tin
Tin Tin
Tin


Inclinò la testa verso sinistra mentre il giullare parlava osservandolo attonito, la bocca aperta come se avesse visto un fantasma. Non credeva a quelle parole, non poteva credere a quel tradimento. Il pupillo del Re lo stava abiurando sotto i suoi occhi.
Shag...well?
Frase rimasta bloccata in gola, in un dubbio amletico soffocato dal momento, domanda giaciuta nel limbo della sua mente.
Il giullare stava a testa in giù davanti ai suoi occhi, appeso come un volgare pipistrello al soffitto della cupola che li ricopriva. Il suo sguardo esangue si muoveva indagatore tra i due. Mentre il tintinnare di campanelli aumentò di nuovo, come se la bestia volesse avvertire la propria preda. Come un monito di morte, o meglio ancora un rituale di combattimento. Il cantastorie si lasciò andare, piroettando in terra e poggiando i piedi nudi nella fanghiglia cremisi e castana, era proprio in mezzo a loro due quando cadde al suolo.
« In guerra vince chi sopravvive, stronzi. »
La bestia puntò in avanti la spada nera, spada che sembrò continuare sul braccio dello stesso Shagwell, come se fosse ramificata all’interno del suo corpo, come se essa si alimentasse del suo sangue. Il sesto si leccò le labbra osservando per un ultima volta i due. « Non voi due, quindi; »
« voi due proprio no. »
La spada esplose, migliaia di frammenti neri partirono come schegge impazzite, esplosero in mille direzioni, atte a colpire ogni essere vivente presente nella cupola.
« Lux… »
Una dolce voce seducente come quella di una meretrice con il proprio uomo, fintamente dolce. Lo chiamava con una nenia stregante, dolce litania pregna di sentimenti reconditi, che danzava nella sua testa come avvolta in un atmosfera rosata. Ma tutto si interruppe nel momento in cui il primo frammento di cristallo nero gli attraversò il corpo. Frammento che non trovò nessun pezzo di carne da perforare, bensì solo un illusione, eterea figura che si sciolse come burro al sole, mentre il vero Lux ricomparve qualche metro più in là, completamente intatto e senza nemmeno un graffio.
« Mi aspettavo di più… »
Sussurrò facendosi appena sentire dal giullare.
« Forse non sei Shagwell. »
Sulla bocca si dilaniò un sorriso malefico, pregno di intenti omicidi, come il giullare avrebbe risposto con lo stesso sadismo. Schioccò le dita, gli avrebbe fatto male, molto male. Dolore indistinto si sarebbe sparso per il tutto corpo, come colpito da una scarica elettrica. Dolore ingestibile.
Rise a squarciagola, sovrastando il rumore dei campanellini.

png

« Canta il giuramente al tuo Re sporco giullare che non sei altro. »
Voleva vendicarsi di un giuramento strappato con la forza da uno di quei seguaci del Re.
« Fammi sentire come gridi la tua fedeltà. »
Mostrò il canino.
« Ora. »
« Io sono Iblis Naylah. »
La stessa voce di prima era nuovamente nella sua testa, seducente come in principio, lo chiamava, lo avvolgeva nelle sue spire malefiche. Ogni parola lo avvicinava sempre di più a lei, come attratto da un magnete.
« Se mi vuoi dammi un nuovo nome. »
La donna nella sua testa sorrise.
« E sarò tua, per sempre. »
Più o meno.



CITAZIONE

Lux


ReC: 325 | AeV: 225 | PeRf: 150 | PeRm: 300 | CaeM: 200


Energia: 56%
Status Fisico: Illeso
Status mentale: n/d
Equipaggiamento: Kurikara
Abilità attive:
Il Dolore di un Diavolo
Lux è un ragazzo tormentato dal gravoso compito che suo padre gli ha affidato, un dolore atroce gli oscura il cuore e dentro esso dimora, ma lui è padrone di questo dolore, è riuscito a reprimerlo e nulla nel suo aspetto fisico o nelle sue espressioni fanno scorgere quello di cui è portatore, magli basterà schiocchiare le dita per far conoscere tutte le sue sofferenze a chiunque gli si trovi davanti.
In termini di Gdr, spendendo un consumo Variabile, Lucifero colpirà la mente dell'avversario provocando danni alla psiche pari al consumo speso.
Critico

L'onnipotenza di un Diavolo
Lux non può essere attaccato tanto facilmente, non può essere scalfito come se niente fosse, altrimenti non sarebbe il degno figlio di suo padre, una volta colpito, verrà trapassato come se non fosse mai esistito. I contorni della sua figura si faranno in seguito sempre più indistinti, e dopo qualche secondo il corpo stesso si scioglierà come acqua. Nel momento in cui il negromante viene colpito infatti, lascia una sorta di ombra nella posizione in cui si trovava prima, mentre lui si è spostato cinque metri più lontano, senza subire alcun tipo di danno.
[Consumo Medio/Difesa assoluta]

Abilità passive:

La bellezza di un Diavolo
Sei la fotocopia di tuo padre.
Questa è la cosa che più gli hanno detto da quando ne ha ricordo. Infatti il giovane Lux risulta essere una fotocopia più giovane del padre, ma oltre a questo lui è molto di più. Lui è un ragazzo di diciotto anni, capelli neri sempre scomposti come quelli di suo padre, e i soliti occhi azzurri come il ghiaccio che solo osservandoli potresti innamorarti di lui. Al contrario del padre però, non apprezza molto quei vestiti che lui definisce "antichi" bensì il suo vestiario comprende un taglio molto più giovanile, una camicia e un paio di jeans, niente di più sportivo e al contempo elegante, e le scarpe, beh quelle si abbinano a seconda del Look. Il fisico lo potremmo definire magro, ma in realtà il suo corpo non è esageratamente mostruoso, ha un altezza leggermente superiore alla media, raggiunge il metro e ottantasei, il suo fisico è ben delineato e slanciato, i muscoli assomigliano più a quelli di una statua greca che ai colossi palestrati.
Come il padre risulta piacere alle ragazze, ma stranamente piace proprio a tutti, non c'è nessuno che incrociando il suo sguardo o sentendone semplicemente il profumo, non venga ammaliato.
Tutti, uomini e donne lo trovano attraente, nessuno escluso.
[Descrizione fisica + Tecnica di ammaliamento passiva.]
Le diversità di un Diavolo Lux è l'incarnazione umana del diavolo, e come tale ci sono cose che lo differenziano da un normale umano, lui non è forte fisicamente, ma è instancabile, raziona le sue energie, non le spreca e non sverra quasi mai.
In termini di gdr ogni sua tecnica illusoria, di manipolazione o di evocazione illusoria, avrà il costo abbassato del 5%. Se una tecnica scendesse al di sotto dello 0%, il costo sarà automaticamente dell'1%. Questo effetto non è cumulabili ad eventuali altre tecniche di risparmio energetico,e per tutte le altre tecniche avrà un consumo energetico del 3%, inoltre non ha bisogno di tempo, nemmeno sfiorare l'avversario, gli basta anche solo guardarlo, la sua mente potrà attivare all'istante qualsiasi tecnica illusoria. Lux al 10% non sverrà, ma al 20% proverà comunque fatica e allo 0% morirà.
Inoltre la sua abilità magica non ha eguali, e gli permette di conoscere illusioni che altri comuni mortali normalmente non conoscerebbero. In termini di gdr Lux ha accesso a livello del dominio successivo.
l'abilità illusoria è tale che le tecniche castate saranno di una potenza inaudita. In termini di gioco, ogni sorta di tecnica illusoria o manipolatoria utilizzata, sarà di un livello superiore. Una tecnica a costo alto, varrà per esempio come una tecnica di costo critico. Tecniche di costo critico invece avranno una potenza superiore ad altre tecniche di costo critico, a parità di PeRm.
[Passiva Domino I-II-III, Raziale umana, Anello del potere]
L’abito fa il monaco
Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà Lux indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L’eleganza è essenziale
Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lux saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni. [Passiva]

Punirò il peccatore non il peccato
I vestiti blackstati concepiti per Lux e per lui solo. Il padre, signore degli inferi, ha scelto che solo suo figlio potesse indossarli e sfruttarne il vasto potere. Nessun mortale potrà mai permettersi di appropriarsi di queste vesti. Nemmeno se riuscisse a sottrarle a principe degli inganni, nemmeno se in qualche modo egli se ne privasse. Chiunque diverso da Lux indossi le vesti le sentirà divenire sempre più strette. Se non riuscisse a spogliarle prima ne finirebbe irrimediabilmente stritolato. [Passiva]
And you... I wish I didn't feel for you anymore...
Compassionevole e Kurikara. Essa ama colui che la usa per combattere e desidera salvarlo dall’ultimo, tremendo viaggio. Colui che la stringe forse non sa, o forse non si interessa, a ciò che lo aspetta. Una volta morto la sua anima sarà per sempre risucchiata nella spada e mai libera, mai capace di fluire nell’onda cosmica dell’infinito.
Per questo motivo la spada porta attorno a sé l’aura oscura del demonio pur non essendo né pia né malvagia, ma semplicemente compassionevole. Chiunque la veda proverà immediatamente un senso di angoscia e di oppressione, a cui sarà estraneo solamente colui che la possiede. [Passiva]
Malus:
Il Peccato non ha volto
Le vesti di Lux appaiono agli occhi di chi lo vede come le più adatte a convincerlo. Esse hanno lo straordinario potere di nascondere e ingannare. Ma ad una cosa non possono sfuggire: la realtà che viene dal Padre, lassù, nel Paradiso. Per questo motivo quando l’immagine del giovane si trovasse riflessa in uno specchio o in qualsiasi altra superficie, essa rimanderebbe agli occhi di tutti la visione della verità, supremo bene per gli uomini. Il Peccato, si sa, non è onnipotente. E così essi potrebbero vedere riflesso Lux con indosso stracci grondanti di sangue, di inumano peccato, laceri e consunti, ben diversi da quelli che con i propri occhi gli vedono addosso.
Questo è l’unico modo in cui Dio, dall’alto, cerca di proteggere i propri figli. [Malus]


Note:
Non mi piace, per niente, ho perso metà del lavoro e quella che è uscito è solo in insulso riassunto.

 
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Stray
view post Posted on 8/10/2011, 18:15




INNO ALLA MORTE
W A R B E A T



Devi restare in vita abbastanza a lungo per poterlo sentire.
All'inizio sembra un rumore confuso, un amalgamo indistinto di urla e cozzare di spade, un continuo scrosciare di voci e rumori fuso in una cacofonia indistinta e pregna di sangue.
Poi, mano a mano che avanzi, danzando con la morte ad ogni passo, questo rimbomba più forte, trapassando l'aria.
Non la senti? Non senti che bella melodia? Pare quasi il tamburellare della pioggia, ma ogni goccia ha un suono e un aspetto diverso, esplode al suolo fra grida, colpi, sibili. Milioni di fiocchi di neve che cadono nella tormenta, sfracellando al suolo i loro poliedrici cristalli di ghiaccio e unendosi, intersecandosi, amalgamandosi diventando uno con tutto il manto gelato.

E poi, in mezzo a tutti gli altri effetti, c'è questo piccolo rumore.
Uno schiocco, una microesplosione, un disturbo della vecchia pellicola mentre corre sempre più veloce, escoriazioni bianche su sfondo nero. Sono le forbici impazzite di Atropo, lo sanno tutti, ma questa è una vecchia storia.
Taglia, schiocca, taglia, schiocca, mai nessuno che cuce.
Tutti noi siamo tenuti su da un filo, in verità.

Corriamo, saltiamo, urliamo, piangiamo o semplicemente rimaniamo in stasi, mentre un oceano di pensieri attraversa i nostri occhi vitrei. Serve davvero rincorrere il rancore dentro tutto questo mondo d'immagini, se la vita è così densa? Facciamo l'amore ogni volta con più passione, per prolungare la scintilla dell'estasi, cercando una feroce tenerezza che alcuni chiamano amore. Tremiamo di fronte alle piccole cose e stiamo impassibili davanti alle catastrofi, frustati dal vento, come laceri sopravvissuti che vedono avanzare un altro enorme tsunami, alto fino al sole. Sprechiamo il nostro tempo rincorrendo desideri momentanei, futili, in preparazione ad attimi che dopo pochi secondi saranni già ruggine, altrimenti detti ciò per cui vale la pena di vivere. Ci crediamo dei, o schiavi, o entrambe le cose, pedine che nel nostro piccolo possiamo muovere oceani e montagne ma di fronte al cielo stellato rimaniamo in silenzio, soffiando nuvole di condensa e un grosso freddo al cuore. Combattiamo anche per il semplice fatto di continuare a esistere, camminando immersi in una massa di persone con cui non parleremo mai, con cui non ci incontreremo neanche dopo la morte.

Perchè muoriamo, infine, con una facilità sorprendente.
Noi, che più di ogni altro essere possiamo creare suoni, immagini, sensazioni, copie di ciò che ci circonda e addirittura mondi interi, siamo tenuti unicamente su da un filo. Quando svaniranno le sensazioni, allora, se davvero dopo la morte l'anima cessa di esistere, non importerà più nulla di Rohan l'eroe. Della sua corsa contro il destino, della sua scalata a una vendetta tanto futile quando immaginaria, di tutte le battaglie e di tutte le leggende scritte nella mente di una singola unità su tre miliardi di individui tutti uguali per diritto e principio, non ci saranno nemmeno i ricordi.
Non serviranno a nulla tutte queste storie, tutto questo tempo impiegato nel battere i tasti di una macchina o scarabocchiando a penna, spillando i granelli da altre clessidri.

Tutto questo, in verità, non ha senso.
Questa guerra, ogni guerra, virtuale o reale, non ha senso.
Magari il nostro eroe part-time sarebbe altrove
se non ci fosse stata lei, se non avesse incontrato l'amore.
Magari questa storia sarebbe andata diversamente,
se non ci fosse stata una donna. Se non ci fossero stati gli scherzi del caso.
Se non ci fosse stata la rabbia. Se non ci fosse stato l'inganno.
Se non ci fosse stato il rancore. Se non ci fosse stato il sangue.
Se non ci fosse stata la morte.
Se le cose fossero andate meglio, sì, avremo una storia felice.

Ma...
sarebbe stata ugualmente interessante?

_ ________ ___ ________ _

W A R B E A T
i n f l a m e s


Si divertiva un mondo.
Guardava il mondo urlare e crollare attorno a lui, tutto illuminato da quella luce insana e pulsante. Esattamente come in chiesa, sì, e questa volta pure lui sentiva la melodia.
Un battito continuo, una sinfonia di fili spezzati, sabba di tamburi e strepiti di spade.
Il pulsare della battaglia, la colonna sonora della distruzione.
Rohan teneva il tempo con le dita artigliate, seduto sui corpi.
Per virtù di quelle strane e tortuose viuzze mentali in cui la mente si impelaga nei momenti di estrema concentrazione, si trovò a pensare al significato delle parole, approfittando di quei rari momenti in cui la gente era troppo impegnata a morire per poterlo uccidere.

Apocalisse
ad esempio, aveva una bellissima musicalità ed era adatto al contesto.

« Rohan..? »
ad esempio
« ...che nome del cazzo. »

Un tintinnio, e tutto a un tratto silenzio.
Una cupola sanguigna gli chiuse dal resto del mondo, in gabbia.
E il giullare diede inizio allo spettacolo.
Parlò a lungo, verbi intrisi di intento omicida, poi rise.
Dentro la cupola il mondo esplose in schegge.

Ci furono solo movimenti istintivi, per Rohan.
Alzò in avanti il braccio sano, e l'aria attorno a questo si tinse di rosso.
La sentiva, di nuovo, la vedeva attorno a lui, dentro di lui, come un velo di luce.
Sorrise.
Ormai si era abituato a vincere.

Poi si spezzò,
trafitto dall'ossidiana.
Barcollò e si fece buio, come nell'arca sospesa.

_ ________ ___ ________ _

Lo sai. Te l'ho già detto:
Non ho mai smesso di cercarti.
Come non ho mai smesso di cercare quel fremito che mi dava vederti
di fianco a me, nuda o vestita, semplicemente viva.
Una torpedine sottocutanea che manda in fibrillazione muscoli e viscere,
il calore della saliva deglutita più bollente della lava bianca.
L'aria tutto ad un tratto rarefatta, densa da aspirare,
il ritmo del cuore schiantarsi sulle tempie.
Non so se si chiami amore o banalmente attrazione,
nè se sia giusto massacrare e massacrare sempre con più violenza
per inseguire questa sensazione altrimenti perduta.
Rabbia? Compensazione? Desiderio? Alternativa?
Amore e Morte, ecco cos'è, due fratelli amanti nel crepuscolo.
Non farmene una colpa, sono nato sbagliato,
ma il cuore non è forse intriso di sangue?
Cerco solo di adeguarmi al mondo.
Lo sai. Non basta così poco per morire.
La verità è che da quando ci siamo spezzati
qualunque cosa non ha avuto più alcun senso.
E allora combattere, essere ferito, odiare,
infiammarsi e combattere ancora,
serve solo a riempire il buco che tu hai creato.
Dammi del tempo, poi tornerò a cercarti.

Perchè questo sentimento,
l'eccitazione,
Io lo chiamo ciò per cui vale la pena di vivere.

_ ________ ___ ________ _

png


Gli girava la testa, sentiva il sangue scorrergli caldo sulla pelle e vedeva rosso anche dentro la cupola. Fece un bel respiro fino a riempirsi i polmoni e buttò fuori una consistente quantità di anidride carbonica, detta anche anima. Era come se avesse ingoiato una manciata di sabbia e questa gli scorresse nelle vene, graffiandogli i capillari. Piegò il collo e si raddrizzò con gran scrocchio d'ossa, riacquistando una degna posizione a testa alta, lacero e sanguinante. Guardò prima il giullare, poi il terzo incomodo - ancora illeso, preso dal monologo - e di nuovo il guitto con occhi spenti e infossati, deglutendo saliva amara.

Chiuse a pugno la mancina, controllandosi il braccio.
Vene nere.
Imprecò in silenzio, ancora stordito: qualcosa gli si stava attorcigliando nello stomaco, come un conato di vomito. Strinse lo stendardo infilzato a terra e le iridi divamparono, mostrandogli i fuochi.

Spinte all'unisono da una forza invisibile arrivarono in superfice sia le schegge nere che l'eccitazione, disegnando complicati arabeschi di materia scura e spalancando un enorme sorriso nel volto pesto di Rohan.

« Lascia che ti dica una cosa, campanellino... »



Il cristallo risalì come un linea di ghiaccio scheggiato il viso dell'eroe, marchiandogli la guancia sinistra fino a sopra l'occhio. Conficcò la spada nel terreno e alzò l'alabarda verso la sommità della cupola. Tremava d'entusiasmo.

« Rohan è il nome più bello del mondo. »
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« E ti dovranno chiamare shaggedwell, quando avrò finito. »

_ ________ ___ ________ _



La terra trema dove Rohan ha infilzato la spada, pervaso da un vento caldo e innaturale che soffia dal basso e gli agita i pochi stracci che coprono le armature graffiate. Ha un ghigno luminoso stampato sulla faccia, lo sfregio d'ossidiana che gli decorava il viso si è spezzato a metà, interrotto dalle fauci affilate.
Poi, all'unisono, molteplici geysers di fuoco e fiamme esplodono lungo tutto il perimetro, devastando il terreno. Le colonne graffiano la cupola rombando come fiumi in piena, corrono impazzite e si scontrano alla sommità, piombando a terra in un unico getto.

A questo punto l'armigero scatta, prende vita, pervaso da uno sguardo folle e sgranato: l'iride dell'occhio spezzato è diventata nera, dai riflessi violacei. Vuole avvicinarsi alla fiamma cremisi che ha scorto prima, attorno al guitto, non gli importa dell'altra. Vuole vedere quale dei due fuochi è il più forte, quale brucerà l'altro e chi verrà spento per primo.

Avventarsi
quindi, non è una parola corretta.
Rohan si scaraventò, affondando gli schinieri nelle rocce sbriciolate e sanguinolente, peso in avanti e braccia indietro, tutta la spinta nelle falcate, quasi a rischio di cadere di faccia dritto nei liquami organici. La punta dell'alabarda raschiò terra alla massima distanza possibile, sfrigolando avida mentre disegnava una parabola, alzandosi in corsa, verso il giullare.
Verso il collo del giullare.
Poi mollò la presa, ruotò su se stesso nella stessa direzione in cui aveva diretto l'arma, verso destra. Vide il mantello lacero - o quel che ne era rimasto - attorcigliarsi su di lui, vide la cupola pervasa dalle fiamme ruotargli attorno e vide di nuovo il volto del guitto.
Il braccio destro schizzò in fuori fendendo l'aria, distendendo il gomito e approfittando della rotazione ultimata, storto: il polso era girato, gli artigli e le ultime falangi piegate come le fauci di una bestia.

Dissetare
ad esempio, è grottescamente azzeccata.
Da quando era arrivato sul campo di battaglia, da quando aveva intinto le lame nel primo essere di passaggio, il braccio non aveva smesso di prudergli, come un'infenzione pervasa dai germi. Aveva visto il sangue penetrare dentro l'innesto, come assorbito da una spugna, sempre più turgido e vivo. La stessa protesi biomeccanica, dalle unghie aguzze, che ora si dirigeva sotto le costole del giullare, non distesa a lama ma piegata a picozza.
Un'insistente vocina dentro la sua testa, di quel genere stridulo che abita nel buio e fornisce le idee migliori, gli suggeriva che conficcarsi era meglio che tagliare.
E le vocine dentro la testa, da qualunque entità interplanare provenissero, benchè fastidiose e seccanti fornivano sempre ottimi consigli.

Per il resto, Rohan non sentiva ancora nulla.
Nè lo schianto delle cuspidi divoracielo, un'affluenza geometrica di rosso incandescente, nè le urla di chi era rimasto fuori, massacrando e facendosi massacrare, nè il rumore della terra sfregiata dai gambali. Badava solo a quel piccolo suono interno, dentro i suoi fluidi, sempre più grande di secondo in secondo.
Il cuore rovente, il rumore della pietra scheggiata dentro le sue carni.
Pulsazioni e graffi continui, armonizzati in un'unica melodia.
Vide se stesso nel ghigno del giullare.

Lui, Rohan, lui solo, era diventato il suono della battaglia.
Ciò per cui vale la pena vivere.



png
«« ReC: 225 AeV: 200 PeRf: 400 PeRm: 275 Caem: 250 »»
Basso: 02% Medio 6% Alto: 15% Immenso 33%


Stato fisico » Danni bassi ad area per ferite d'arma da taglio - Danno medio ad area per frammenti di Naylah.
Livello di Contaminazione » Alto.
Stato Psicologico » Eccitato {100%}
Energia » 79% -6% -33% = 40%
Equipaggiamento »
«Right Arm of th'demon» Innestata / Illesa.
«Lascito dell'Alba» A terra, immediate vicinanze.
«Stendardo di Gruumsh» Impugnato, mancina.
«Sfregia Diavoli» Equipaggiate a entrambe le gambe.

Abilità Passive & Derivate da Artefatti •
«Appetize for Opposition» Difesa psionica passiva - Possibilità di impugnare armi enormi con facilità, forza fisica eccezionale.
«Coagulation Check / Bones Unbreakable» Ossa e pelle molto più resistenti, emorragie e perdite di sangue drasticamente diminuite.
«Orpello della Cabbalah Cremisi» Il braccio destro artificiale di Rohan è indistruttibile e non perde mai le sue proprietà offensive. {Right Arm of th'demon}
«Oko Boga nie zna barier» Auspex passivo {Stendardo di Gruumsh}
«Era il loro campione e giusto il suo discernimento - La sua spada parrà incontrastabile, splendente e soverchiante.» Qualunque azione verrà commessa, gli altri la consideranno sempre giusta e necessaria - Paura e timore di morire per chi fronteggia i colpi della spada {Lascito dell'Alba}

Riassunto Azioni •
Rohan para (o almeno prova) con uno scudo di livello medio, poi pianta la spada a terra, casta la tech critica e si avventa verso shagwell con un fendente da sinistra verso destra, mirato al collo. Successivamente, data la carica, mollerà l'asta per una piccola rotazione e un'assalto usando gli artigli della protesi - non tanto lunghi, ma fanno male - mirando sotto la cassa toracica. E' particolarmente su di giri, come del resto io.

Sto tenendo conto dei malus della spada.

Note •
Just for fun? Fuck yeah, I like fun! 8D
Scusa il ritardo... è stato parecchio un trip, questo post, soprattutto per la scelta dei tempi e di cosa metterci dentro.
Grazie. *eccitato*

[Se Shagwell potremmo tradurlo in Trombaduro, o Trombabene, Shaggedwell corrisponde a Benchiavato o un più gergale Culorotto. I think]

Abilità Utilizzate •
CITAZIONE
♦ CUORE »» Rohan trovò questo sasso nel deserto, quasi per caso. Lo raccolse e lo portò con se, appeso al collo, ricordandosi di alcune vecchie parole. La pietra si presenta come un monile rossastro, di provenienza e composizione sconosciuta, incastonata in una gabbia di metallo dorato che l'avvolge saldamente. Non ha alcun valore materiale, è solo un oggetto che Rohan tiene in ricordo di alcune vecchie parole, un appiglio a cui fare riferimento in una realtà troppo confusa e distorta per poter vivere da soli. Grazie a questo oggetto, però, tutti i consumi energetici dell'eroe sono ridotti del 3%. In situazioni di pericolo, poi, la pietra brillerà di una luce sempre più intesa, creando uno scudo rossastro e traslucido di fronte al proprio protetto con valore difensivo pari a medio e di uguale consumo, attraverso il quale - guardando con attenzione - potrà distinguersi una giovane figura femminile, dalle fattezze offuscate, come dentro uno specchio. Questo strano spettro, inoltre, avrà la facoltà, con il medesimo procedimento e consumo, di proteggere Rohan da qualunque attacco psionico di potenza media, apparendo dietro di lui in forma eterea e dissipando con il solo contatto ogni illusione o influsso. «La pietra racchiude in sè gli effetti dei seguenti oggetti: Anello del potere maggiore - Bracciale dello Scudo - Fascia Protettiva

CITAZIONE
...infine giunse la punizione, ed essi perirono tra le fiamme del loro stesso peccato.
L'inferno, oblio dei dannati e simbolo della colpa di coloro che, pur essendo a conoscenza dei dettami degli Dei si sono ribellati, infrangendo le regole del Credo. Fuoco e fiamme lambiranno i corpi dei peccatori tanto quanto le bestie torturartici si nutriranno per l'eternità delle loro interiora, divorandoli per un tempo infinito, agonizzante eternità. E il Lascito dell'Alba, per via della volontà che incarna, trascendente in un involucro di metallo inscalfibile, rassomiglia l'inferno per coloro che ad essa si oppongono, che hanno l'ardire di mettere in dubbio il Campione che la impugna, il fedele tanto grato alle Forze.
Spendendo un consumo Critico del proprio mana, il portatore creerà le stesse fiamme che ghermiscono l'inferno per vessare il proprio nemico. Colonne di fuoco si innalzeranno, dirompenti, a diversi metri dal portatore e in circolo; come saette che bramano la volta, svetteranno sfrigolanti verso le stelle per poi piombare come un enorme ammasso di fuoco sopra l'avversario, colpendolo. Bruciandone tanto le carni quanto l'anima, fino a trasformarlo in niente più che torrida cenere fumante. Così che il peccatore che si è opposto ad Alba, dopo aver sofferto nella morte, finisca nel vero inferno, dove gli Dei inclementi tortureranno le sue carni.
Per sempre.
[Attiva a consumo Critico] [Tecnica basata sulla PeRm. Tutt'attorno al portatore delle colonne di fuoco si alzeranno in circolo, lanciandosi in aria e piombando sull'avversario dall'alto.]


 
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Senpai Shin
view post Posted on 15/10/2011, 15:55





The world of tomorrow
5UcrP



"Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera".
Pablo Neruda


Will ne era sicuro. In tutta la sua vita non aveva mai avuto l'onore di assistere a uno spettacolo così...
Impossibile trovare un aggettivo adatto per racchiudere come fa una cornice con un dipinto tutto ciò che continuava a prendere forma dinnanzi ai suoi occhi. Per qualche istante pregno di eccitazione, il pirata credette feramamente che tale "termine" non esistesse neppure. Ma non aveva alcuna voglia di starsene lì a trincerarsi dietro i contorni sbiaditi di una semplice parola che non riusciva ad affiorargli sulle labbra. Non ne aveva bisogno.
Nulla, in quella piana desolata e spazzata via da morte e dolore, aveva più bisogno di qualcosa. Se mai fosse esistito un "qualcosa" al mondo in grado di deviare il sentiero intrapreso dal destino.
Completamente sbalordito - e quasi commosso dalla vibrante epicità di un avvenimento che sarebbe stato ricordato per i secoli a venire, se mai fosse riuscito a sopravvivere un solo uomo in grado di narrare o trascrivere tali vicende - il pirata si voltò nuovamente verso il giovane elfo che sembrava paralizzato, schiacciato da un macigno che mai sarebbe riuscito a scrollarsi di dosso. Il piccolo piangeva copiosamente, incapace di emettere alcun suono che potesse rivelarsi comprensibile, incapace di distogliere lo sguardo terrorizzato da quel macabro palcoscenico, costretto da una paura così grande, mai provata in tutta la sua acerba e breve esistenza.
Il Mastino comprese i pensieri del cacciatore elfo e si preoccupò di amplificarne i timori.

« Vorresti sapere se il tuo papà è ancora vivo, dico bene...? »
la voce roca, quasi un sussurro.

Il giovane non rispose, non degnando il filibustiere di un solo sguardo, perso in un limbo senza confini, buio e tetro. In cuor suo, temeva il peggio. Il pirata aveva colto nel segno.
La disperazione nell'assistere alla carneficina che aveva colpito la sua gente, i suoi amici, i suoi familiari e tutti coloro a cui era affezionato - che non avrebbe mai più rivisto o abbracciato - lo struggeva, come a portarlo verso la morte. In quei secondi nei quali l'eco dei riverberi della guerra si perdeva nel vuoto di un mondo sull'orlo della fine, il piccolo elfo sembrò perdere una decina di anni, invecchiare rapidamente, il volto e i sinuosi lineamenti del corpo alterati da fremiti irregolari e furiosi. Dolore e rabbia.
Altre, svariate urla di dolore si innalzarono dal campo di battaglia, squallido frammento di un mondo che non c'era più, martoriato da violenze inaudite, rancore e ipocrisie visionarie.
Il Mastino sgranò gli occhi e fece schioccare la lingua, mentre si lisciava i baffi ispidi con l'indice e il pollice della mano destra. Fissava il giovane elfo in attesa di un cambiamento, sperando, in cuor suo, di vederlo stramazzare al suolo senza vita, ucciso dall'immenso dolore che si era impadronito di lui.
Con tutta onestà, non mi sarei mai aspettato una fine così tragica per questa guerra. In verità, ne avevo un vago presentimento, conoscendo le immense forze che si sarebbero accapigliate per semplice soddisfazione personale, affinchè il loro ego smisurato e gonfio fino quasi a esplodere avesse raggiunto un livello di godimento in grado di trascendere il sublime. Tutto a discapito di una manciata di vite mortali, perfetto sacrificio per il compimento di un utopico futuro immaginario.
Chissà se sarebbe davvero stato così. Più e più volte credetti di cadere in errore, proprio come Will.

« Faresti bene a non abbassare la guardia... »
le mie parole puzzavano di verità.
« ...ho come l'impressione che il peggio debba ancora venire. »



Il Mastino chinò il capo, ghignando. Scuotendo lentamente la testa, sbottò in una risata isterica, volgendo lo sguardo in cielo, allargando le braccia come se volesse richiamare l'attenzione di una presenza divina. Come una preghiera.

« Possibile che non capisci? » urlò
« Questo è il futuro che ci attende! Ahr, ahr, ahr! »

Ma un rombo squarciò il cielo.

La terra fu scossa da violenti spasmi, mentre il vento riprese a soffiare, come a testimoniare l'entrata in scena del personaggio che mai nessuno si aspetta, ma che sarà in grado di sconfiggere il male per riportare la serenità tra i buoni e i meritevoli. Un colpo di scena. La calma nè prima, nè dopo la tempesta. Soltanto la tempesta, furiosa e immutabile.

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Spaventato e colto di sorpresa, William Oldborn si voltò vero il campo di battaglia e sbiancò, come se uno spettro si fosse palesato dinnanzi a sè. Più che un fantasma, quella era una nave volante. La Purgatory!
Apparsa dal nulla, come sbucata da un altro mondo immobile e invisibile nel tempo, da una seconda dimensione in cui tutto veniva permesso, in cui non c'erano guerre mondiali e spargimenti di sangue, in un sogno onirico creato dalle speranze di chi perde la propria vita per volere di un dio folle e iracondo, la meravigliosa - si, questa volta non ci mise molto a trovare un aggettivo adatto - nave volante del clan Goryo - il clan Goryo! - veleggiava imperiosa nei cieli al di sopra del fu Bianco Maniero. Ma ciò che stupì il pirata rimasto senza parole, non fu l'apparizione della nave in sè, piuttosto la direzione che sembrava aver deciso di prendere.
Quella schifosa e grassa puttana era diretta verso il sole nero, muto e letale araldo del dio oppressore.
William restò a fissare allibito l'imprevedibile scherzo che il destino gli aveva offerto. Chissà dov'è, si chiese quasi in un sussurro, riferendosi a Hyena. Quel bastardo di Hyena.
Il rombo dei motori della tana del Goryo riecheggiava per l'intera landa, scacciando ogni altro respiro, sussurro, vociare o lamento. A William parve di diventare completamente sordo, tant'era assorto in quello spettacolo imprevedibile, in grado di udire unicamente l'irregolare battito cardiaco rintoccare e rimbombare nel suo petto e nel cranio come un richiamo ancestrale mosso dall'insicurezza. Giunti a questo punto, pensò, nessuno avrebbe più potuto prevedere le future mosse dei protagonisti della pièce.
E dopo il rombo, una voce su tutte le altre.

« Hyena...! »

Il comandante del Goryo sbraitava a perdifiato dall'alto della sua nave. William non riusciva a distinguere nemmeno una parola, poichè la distanza che li separava era notevole e la sua voce veniva sottomessa dal roboante avanzare della Purgatory. Tuttavia, il Mastino dedusse - con gli occhi completamente sgranati - che quell'intervento dovesse rappresentare un ordine incalzante, perchè agì come nessuno avrebbe mai desiderato. Sguinzagliando i cani.
Dai portelloni situati sotto la pancia della Purgatory, assassini, ladri, tagliagole, truffatori, banditi, violentatori e quanto più di aberrante la razza umana fosse riuscita a generare, venne partorita in un gemito comune di eccitazione e sadismo da parte di tutti i componenti della Feccia catturati e imprigionati nelle segrete celle della nave volante nel corso di tutti questi anni.
Male riversaro come burro fuso su altro male. Sangue su sangue. Dolore contro dolore.
Il pirata provò un sentimento così forte e dirompente che non riuscì a trattenere le lacrime.
William Oldborn pianse di gioia.

« Dio, ti ringrazio per tutto questo... »

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Finchè la Purgatory svanì, così come era comparsa, ingoiata dal sole nero dispensatore di morte. Ciò che sarebbe avvenuto al suo interno non era dato saperlo. Nessuno avrebbe dovuto saperlo. Nessuno sarebbe stato alla loro altezza. E a William andava bene così.
D'un tratto, un tonfo sordo lo ricacciò nel piccolo anfratto di mondo reale in cui era seduto. Si voltò, ricordandosi di non esser solo e i suoi occhi si posarono silenziosamente, inespressivi, sul corpo esanime del piccolo elfo. L'ometto giaceva pancia a terra, le braccia lungo i fianchi, la gola recisa di netto a lasciar scorrere sangue amaro che, presto, colorò di cremisi il fogliame all'imbrunire.
Non aveva più avuto le forze, non era stato in grado di reggere il peso di una guerra che non lo aveva neppure toccato direttamente. Le paure, i dubbi e l'inconsapevolezza di cosa gli riservasse il futuro, unita alle migilaia di atrocità a cui aveva assistito, avevano finito per schiacciarlo.
Forse è stato meglio così, fu l'unico pensiero che William Oldborn riuscì a formulare. Lesto, si voltò nuovamente verso il vero spettacolo, lo scenario del'incubo, per assisterne alla conclusione. Cosa poteva rappresentare la morte di un solo bambino davanti a tutto ciò?!
Stappò la bottiglia di rum, dopo averla estratta dalla blusa e la alzò in cielo, con sommo rispetto. La guerra degli uomini e degli dèi al crepuscolo non era stata mai così maledettamente bella.

« Alla tua, ragazzo. » annunciò, bevendo.

Dopo un paio di sorsi, stranamente, si incupì. Il peso che aveva schiacciato il giovane elfo tentava di insinuarsi anche nel suo cuore nero, riuscendoci a malapena, dimostrandogli come la guerra non rappresenta mai la soluzione ai problemi degli uomini. Ma, con ogni probabilità, era proprio quello il punto. Non si trattava di una guerra, di una disputa fanciullesca - con spade e navi volanti, invece dei bastoncini o dei giocattoli - ma di una pantomima. L'ultima pantomima. E se tutto fosse svanito da lì a poco? Se ogni ricordo, speranza e paura fossero stati cancellati come polvere trasportata via dal vento, cosa sarebbe rimasto?
Nulla, ovviamente.
Il pirata fissò la bottiglia mezza piena e rise.

« Tanto vale che la scoli adesso... »

Quando ebbe terminato di ingollare l'ultimo sorso, il Mastino sedette a gambe incrociate, in silenzio, interessato, ma turbato ed estraniato dalla feroce moltitudine di corpi, sangue e metallo. Non rimaneva che attendere. Chissà cosa, poi.

Di nuovo quel rombo.

Un corpo cadde a peso morto, risputato fuori dal sole nero di Ray. Will non riuscì a focalizzare bene, per cui non lo riconobbe. Che si trattasse di Hyena? O di Ray?
Qualcosa era accaduto, un qualcosa di fondamentale, di rilevante. Che il destino si fosse deciso a eleggere il vincitore?!
Una visione agghiacciante interruppe il flusso di pensieri del Mastino. Il sole nero vibrò di piacere, agitando l'oscurità in esso contenuta, divampando, prima di cominciare a ingrandirsi sempre più a dismisura. Ruggente, maestoso e crudele agli occhi degli uomini, quell'agglomerato di odio e rancore avrebbe inghiottito ogni cosa, con tutti i sè e i ma annessi.
In quel preciso istante, in un unico secondo di totale frenesia e immobilità, le tenebre avvolsero la terra, il cielo, il mondo intero. Will comprese che il Re aveva vinto.
Ammutolito e con un magone in gola, neppure io riuscìi a proferire parola. Non avrei potuto, non sarei mai riuscito a trovare quelle giuste. Forse, non esistevano neppure.
L'ultima cosa che vidi, fu Will chiudere gli occhi, piangendo lacrime amare.

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Ora credo proprio che dovrò salutarvi. Non c'è più nessuno qui con me.



Ultimo post, forse.
Spendere parole su questa scena, per quanto mi riguarda, sarebbe inutile, ora.
Posso dire solo una cosa, di nuovo: complimenti a tutti. Questo sì che è ruolare con stile.[/size]

 
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view post Posted on 17/10/2011, 22:34
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Esempio
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Il tempo è una realtà inevitabilmente soggettiva, legata alla percezione umana. Come la tensione è in grado di trasformare un minuto in un'interminabile ora, così un'ora, nella gioia, scorre via rapida e sfuggente come un secondo: in questo senso tutti i termini legati al tempo scadono in parole vuote, parole inventate prima del loro significato, inserite in un ambito -il tempo- astratto e virtuale, creato dall'uomo stesso per incatenare sé stesso.
Il tempo di Sennar si era congelato; le spade di Sennar fluttuavano lente nell'aere, l'una stagliandosi proprio dinanzi al sole nero e l'altra riflettendo sul suo metallo la sua luce buia. Stringendole, entrambe le braccia fendevano il nulla e calavano lentamente sul loro bersaglio, cariche di quella dirompente energia di un esplosivo un'istante prima che la miccia si consumi completamente. Il principe era talmente vicino a Bronnigar che poteva sentire il suo tanfo di sangue, sudore e vestiti sporchi; ai lati del suo sguardo immagini di guerra si susseguivano con una sconvolgente rapidità, come se la battaglia proseguisse senza di lui, lasciandolo lì intrappolato nella sua stessa tensione. Quell'esasperante attesa, dove l'unico diletto era il ghigno satanico del guitto.

« Rorge! »
fu allora l'esclamazione di Bronn. Schioccò le dita, e fu la scintilla.
Immediatamente il tempo riprese a scorrere; intorno a lui la guerra improvvisamente rallentò, e i colori riacquistarono nitidezza. Le braccia di Sennar calarono con la pesantezza della lama di una ghigliottina, non più mosse dalla volontà del principe, ma ormai autonome, quasi attirate magneticamente dalla figura del bersaglio.
Sennar non osò distogliere lo sguardo dagli occhi vitrei di Bronnigar; le lame cozzarono contro il suo fisico come se sotto i vestiti si celasse una roccia, e rimbalzarono scompostamente all'indietro. Il principe, visibilmente infastidito, trattenne le spade perché non sfuggissero alla presa delle mani e indietreggiò con il piede sinistro, riguadagnando un maggiore equilibrio e una visione più d'insieme dell'altro; il suo viso grigiastro si fece spazio nel suo sguardo ma lui aveva occhi solo per la mano sulla spada, minacciosamente carica di significato.
« Lasciate dunque che vi metta a parte, in gran confidenza, d'un segreto: »
eccolo, il movimento che aveva previsto. Si concentrò sugli occhi e concentrò energia sulla cornea, in un'azione al limite del possibile; nello stesso istante in cui spalancò nuovamente le palpebre chiuse un'ombra gli attraversava il corpo, immagine triste e confortante ad un tempo, previsione di ciò che sarebbe potuto accadere se avesse esitato una frazione di secondo in più. Il suo corpo che veniva tranciato in due di netto da un fendente di spada potente come la carica di cento elefanti, che forse non si sarebbe limitato alla vita del principe, arando le vite che in quei frangenti combattevano nel ciò che non c'è più.
« voi Toryu mi siete sempre stati sul cazzo. »
A quell'esatta frase il tempo reagì nuovamente; lo scorrere dei secondi si restrinse fino a diventare di una realtà e di una sfuggevolezza inconcepibili. Nello stesso momento in cui l'ombra del fendente usciva dalle sue spalle e sfumava nel nulla, il principe si voltava immediatamente di lato, in una reazione che di caricava della sfumatura di movimento involontario, dettato dal puro attaccamento alla vita e nient'altro. Il fendente aprì appena uno squarcio leggerissimo nel suo braccio, mentre la spalla di Bronnigar gli sfiorava di pochi centimetri il collo; nonappena la vista poté mettere a fuoco l'altro a pochi metri di lontananza il cuore, finalmente, ebbe un sussulto. Il tempo di nuovo riprese la sua andatura consueta e i polmoni lo costrinsero ad una lunga espirazione, quasi si riprendesse da una lunghissima apnea temporale.
Sentì allora la vita che aveva appena rischiato di lasciare disonorevolmente all'interno delle vene, caro ad essa più che mai: e fu per questo che decise di rischiarla per un fine ultimo. Ciò che doveva fare si dipinse immediatamente nella sua testa come se fosse già accaduto: il principe scambiò le posizioni delle spade, condizione indispensabile perché il piano potesse funzionare.

«Un segreto che mi tocca nel profondo, messer Bronn. Davvero.»
esordì per far notare la sua presenza al nemico di spalle, conscio che con tutte le probabilità sarebbe stato udito; benché fosse alle sue spalle, non era sua intenzione ucciderlo, bensì privarlo del suo pericoloso brando e affrontarlo disarmato: il principe percorse a pochi passi la distanza che li separava.

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A quel punto scivolò lateralmente, ricordando che quella pericolosa arma era stretta nella mano destra e, con un vigoroso fendente, finse di mirare al braccio corrispondente; sperando che quegli avrebbe sollevato l'arma per parare il fendente, Sennar cambiò leggermente traiettoria per andare a far cozzare Adramelech contro il brando avversario.
« In tal caso, anche voi lasciate ch'io vi metta a parte d'un segreto: » soggiunse, scimmiottando il tono e la rivelazione di un segreto che segreto proprio non era. Quello che Bronn non poteva sapere è che la sua lama era pervasa di un'incanto capace di sbriciolare totalmente le armi nemiche, e che lo avrebbe lasciato a fronteggiare il suo attacco successivo totalmente inerme: d'improvviso la spada stretta nella mano destra, Graendel, fu circondata da una grande quantità di frammenti neri, dalle dimensioni di granelli di sabbia, simili a metallo ma privi di riflessi. Essi si compattarono improvvisamente sulla spada, trasformandone la lama in un'affilatissimo strumento di morte.
«il vostro sentimento è intensamente corrisposto.»
Sennar scivolò dinanzi a Bronn e, come in un abbraccio, si lanciò verso il guitto: eppure,
simile ad un viscido serpente traditore, la sua mano sinistra, armata di odio e spada,
scivolava lenta verso il cuore, pronta a fendere e distruggere esso e
qualsiasi cosa s'interponesse tra di loro.
~

Status fisico: Ferite circostanziali dovute alla battaglia
Status psicologico: Teso
Corruzione del corpo: 10% (per effetto di Adramelech)
Energia: 30%
Consumi: Alto; Critico
Armi: Graendel, impugnata con la mano sinistra; Adramelech (artefatto) impugnata con la mano destra
Passive influenti:
- Sennar non sviene se arriva al 10% di energie
- Immunità alle passive psioniche
- Percezione delle indoli [Artefatto Adramelech]
- Auspex [Artefatto Adramelech]
Tecniche utilizzate:
CITAZIONE
[...] Tracciando un’altra complessa combinazione di rune, invece, il principe potrà migliorare la propria vista e incrementare le proprie capacità intellettive; per un tempo limitato, egli sarà in grado di leggere e prevedere con esattezza le azioni dell’avversario in base ai movimenti da lui compiuti. Questa previsione verrà poi tradotta dagli occhi che, ricoperti da uno strato di colore cremisi, rileveranno una sorta di “ombra” dell’avversario che precede le sue azioni in maniera del tutto esatta (consumo Alto).
[Pergamena "Preveggenza" - Verde - Paladino]

CITAZIONE
Adramelech è non solo una spada che porta rancore, ma che lo diffonde attraverso la mano del suo portatore. E' uno strumento di distruzione, una portatrice di sciagure, un'arma di assassinio. Ma è anche un'arma crudele, che lascia che il suo portatore si renda conto che l'unico mostro è il suo padrone, e non la spada stessa. Un mostro che uccide e devasta i suoi stessi simili. Come allegoria dell'azione dell'umano che la porta con sé, anche Adramelech acquista la possibilità di uccidere i suoi stessi simili. In particolare, imprimendo un consumo nullo nell'arma, questa assumerà la possibilità di distruggere un qualsiasi oggetto di metallo: saranno dunque sensibili alla tecnica spade, armature, scudi, che esploderanno al semplice contatto con la spada per divenire inutilizzabili. L'oggetto distrutto non potrà essere più utilizzata sino alla fine del duello, dopo il quale riprenderà la forma originaria (tecnica attiva di potenza Alta - pergamena Madre natura incastonata nella spada).
[Usi: 1/3]

CITAZIONE
[...] L'elemento sacrilego, concretamente, si manifesta come una massa nera ed informe dai riverberi grigiastri, la cui oscurità era talmente profonda che pare oscurare la luce stessa e brillare come un astro oscuro. Ha la fisionomia di un grumo di minuscole particelle nere, quasi costituito da una coltre di sabbia nera rilucente come ferro. Modellato soltanto dalla volontà stessa del principe, che deve attingere a tutto ciò che c'è d'oscuro nel suo cuore per sfruttarlo, si scaglia contro il nemico una volta fornito di una forma e di uno scopo. Gli effetti sono vari e vasti; può essere usato per attaccare gli esseri umani a livello fisico, causandogli insopportabili dolori (consumo Variabile) [...]
[Abilità personale usata a consumo Critico]
Riassunto movimenti:

1) Sennar attiva la difesa assoluta "Preveggenza" per prevedere la direzione dell'attacco di Bronn ed evitarlo rimanendo illeso. Il piccolo strappo alla veste è scena.
2) Sennar corre verso Bronn e si sposta lateralmente (destra), in modo da poter colpire con la mano sinistra il braccio destro -quello dove hai detto trovasi Silenzio- e attiva la pergamena Madre natura incastonata in Adramelech; fingendo di colpire il braccio mira invece alla spada. Suppongo che la spada sia nella mano destra -benché non vi sia nessuna menzione a riguardo- perché dici che schiocca le dita della mano sinistra, cosa che non potrebbe fare con un'arma in mano.
3) Indipendentemente da che Silenzio sia stata distrutta o meno, Sennar scivola poi in avanti in modo da effettuare un affondo con Graendel, nella mano destra, verso il cuore. Il fendente è avvolto da un attacco elementale di potenza Critica a forma di spada. Insomma, la spada vera e propria fa da scheletro all'attacco elementale.

Nota: Ho descritto liberamente lo spostamento di Bronn in avanti per effetto dello Zantetsuken, considerandolo per tutto l'attacco di spalle. Ecco perché Sennar può scivolare a destra e poi, scivolando ancora, trovarsi davanti a lui. :v:
Detto questo spero di non aver fatto cazzate e che il post sia gradevole. Scusami infinitamente per il ritardo, Andre.

Per tutti: questo post viene considerato di comune accordo anteriore alla distruzione del continente effettuata da Ray, nonostante l'ordine cronologico dei post sia contrario.

 
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Andre_03
view post Posted on 19/10/2011, 21:39




In battaglia spesso l'addestramento, la forza e il coraggio stesso sono soltanto orpelli di contorno.
La vittoria si misura in funzione di questi ed altri elementi congiunti fusi assieme in un coacervo di emozioni, dolori, prodezze. E allora cosa conta davvero, com'è che si decide un vincitore a discapito di uno sconfitto?
Il punto sta in una domanda molto semplice:
quanto sei disposto a mettere in gioco per vincere?
Come su due piatti paralleli d'una bilancia irreprensibile i contendenti di uno scontro pongono i contrappesi dei propri oboli,
ed alla fine colui che abbia scommesso di più avrà ragione dell'altro.
Nel bene o nel male.

« Un segreto che mi tocca nel profondo, messer Bronn. Davvero. »

Ma quello stronzo era ancora vivo?
Per un istante considerò l'ipotesi di voltarsi e lamentarsi ciarlando di come l'educazione fosse decaduta persino tra le lussuose sale del Bianco Maniero - anche se non era affatto sicuro che tale virtù ivi avesse mai albergato; tuttavia si persuase a non agire così, limitandosi piuttosto a sbuffare contrito. La persistenza, nei nemici, lo innervosiva specie se accompagnata da una loquacità pungente come quella del principino Toryu. O erano altre le voci che sentiva? Qualcuno aveva appena dato a sua madre della sgualdrina?
...come faceva a sapere certe cose, il bastardo?
E la battuta riguardo l'estensione massima della sua virilità - oltre ad essere di cattivo gusto - non gli era per niente piaciuta. Ne aveva sentite di migliori, perfino da quel figlio di cagna d'un Giullare. Scosse la testa per mandar via i fluttuanti serpenti che lo attorniavano. Tra loro si erano nascosti degli omuncoli bizzarri, metà fanciullo deforme e metà capretto. Con le corna. Parlavano sottovoce e poi ridevano forte. Digrignò i denti in un disperato tentativo di mantenere la lucidità.
Inaspettatamente il buon Sennar gli venne incontro dissipando ogni visione.

« ... »

Capire le parole era impresa troppo ardua per un uomo nelle sue condizioni psicofisiche.
Bastò il rumore raschiante della voce nemica per scuoterlo dal torpore mentale e costringerlo a girarsi finalmente. Al resto delle azioni badò l'istinto primordiale del guerriero, quello che addestramento e esperienza avevano forgiato. Sollevò la mano della spada per contrastare il primo attacco - ne sarebbe stato in grado agevolmente, per via della forza e agilità di cui disponeva. Ma al Lord delle Acque Nere mancò un pizzico di fortuna o, se vogliamo, l'astuzia necessaria a comprendere che quell'offesa non era recata a lui bensì alla sua preziosa Silenzio.
Quando se ne avvide fu troppo tardi.

silenziospcopy

Il tempo parve fermarsi sul serio, quella volta.
Un velo di calma innaturale aveva coperto lo scontro tra il Bravo ed il Principe, mentre cocci color della cenere si spargevano frenetici eppure quieti nell'aria densa dei fumi della battaglia. Gli occhi sgranati del Quarto non esprimevano che un briciolo della sua sorpresa interiore, presto mutatasi in disperazione e rabbia. La spada di famiglia, Silenzio, cimelio di generazioni e soprattutto compagna di molti massacri era spezzata.
Frantumata impunemente e senza rispetto alcuno, ridotta a moncherino burlesco.
In quel momento esatto, impresso ormai a fuoco nella mente e nei ricordi del fu ser Bronnigar, il Guitto aveva posto sulla bilancia il proprio contrappeso sotto forma di macigno: non era più questione di divertirsi giocando con gli ordini di Oberrin; né si trattava di impartire una lezione al giovane condottiero del Clan Toryu. No. Era una faccenda personale e quel ragazzino - quel gran pezzo di merda - avrebbe pagato per il suo affronto.
Un passo; uno solo.
La lama nemica gli penetrò in corpo all'altezza dello sterno implacabile, violenta, fredda.
Sgusciante per la carne trapassata, per i capillari divisi; grondava d'un rosso rabbioso, arrogante araldo di un guerriero vincente ma non ancora vincitore. Lì, uniti come due fratelli e distanti al pari di rivali eterni i cavalieri si specchiarono occhi negli occhi. Ed in quelli del Grigio v'era un odio glaciale imperturbabile, lucido e razionale. Prese il polso di colui che l'aveva trafitto e lo strinse. Il respiro affannato per il polmone ferito, rauco e grottesco, Bronn si fece più vicino al Principe.

« Portate i miei saluti al vostro Re » ansante, sfinito
« --quando lo incontrerete all'inferno. »

bronnvalzercopy

E mosse Silenzio - ciò che ne restava - sulla giugulare di Lord Sighvat;
senza un suono di commiato che valesse la pena emettere
per quella giovane vita spezzata.

[...]

SBRANG!!!

« Rrrggh!! »

L'impatto era stato rumoroso, ma soprattutto doloroso.
Rorge scosse la testa rintronato, mettendosi carponi di fronte a quel muro di luci fievoli che andava scomparendo di fronte a lui. Identificò quella visione come incanto, magia, sporco trucco della femmina che aveva deciso di mangiare. A fatica riprese posizione eretta mentre tra i fumi e gli olezzi della battaglia tre nuove sagome apparivano dal nulla. Era ancora corazzato, affamato e ringhiava sommessamente al pari d'un cane a cui era stato appena sottratto l'osso. La donna.
Lei era il suo premio.
Vi posò sopra lo sguardo completamente dimentico di quanto stava accadendo attorno a lui: la nave volante proiettò sul Macellaio la propria ombra tirannica eppure egli non vi badò; le figure per metà femmine e per l'altra abomini suoi pari scattarono al suo indirizzo, ma la bestia aveva occhi soltanto per il prossimo pasto. La voleva. Non solo per nutrirsene, ma anche per possederla selvaggiamente; ne era attratto in ogni senso ed era certo di una cosa: l'avrebbe avuta. Da viva, o da morta. Per lui non aveva mai fatto troppa differenza.
E quando parlò le lorde orecchie malridotte del Quinto ascoltarono con attenzione.
Perché Rorge era molto stupido, o ritardato - nessuno aveva mai capito quale fosse la realtà dei fatti - ma non certo sordo.

« Io sono la strega, sono la morte. »

Anche lui aveva avuto un nome, una volta.
Da bambino, da ragazzo; prima che uccidesse e mangiasse quelle persone. Prima che lo chiudessero in un luogo buio, umido e freddo. Prima che lo pestassero tanto da fargli perdere i sensi e tante volte da fargli perdere il sonno. Prima che tentassero d'ammazzarlo in tutti i modi e prima di scoprire che era troppo tenace perché lo si potesse eliminare dal creato coi metodi degli uomini. E quel nome era andato perduto nel nulla degli anni di prigionia, nell'oblio di una mente corrosa dall'insanità. Poi erano arrivati loro. Una luce nelle tenebre. Gli avevano dato un nuovo nome - Rorge - un nuovo titolo - il Macellaio - e una nuova famiglia - i Bravi Camerati.
Era grato a quei bastardi e, anche se un giorno avrebbe banchettato coi loro cadaveri, li avrebbe seguiti in capo al mondo.
Così provò gratitudine anche per la strega che gli aveva ricordato una cosa importante:
anche lui era qualcuno, era qualcosa.

« Io Rohrgeh... » il suo fu poco più che un gorgolio sommesso
mascherato da una cerniera di denti affilati distorti in quello che sarebbe dovuto essere un sorriso

« ...io macellaioh. »

In quell'istante le scheletriche apparizioni gli furono addosso.
Come rivitalizzato, il Guitto si mosse rapido: abbassò il baricentro in modo da schivare le mani protese di quegli esseri, la figura tozza che si muoveva agile oltre ogni aspettativa; quasi raggomitolandosi su se stesso poi tese i muscoli allo spasimo in uno sforzo sovrumano e ZING! le scaglie appuntite sul suo dorso scattarono allungandosi in ogni direzione. Nella sua mente vide le assalitrici perire trafitte mortalmente, per poi evaporare come neve al sole.
Fiero di quanto appena ottenuto si risollevò portando nuovamente gli spuntoni alle dimensioni normali e mostrò i pugni chiusi alla strega, scrutandola con occhi all'apparenza vuoti, privi di lucidità. Dalle nocche e dagli avambracci del mostro emersero lentamente, accompagnati da raccapriccianti sonorità vischiose, diverse lame arrugginite. Allora il Macellaio si gettò alla disperata ricerca di un corpo da tritare, spiccando un salto in direzione dell'avversaria, così da schiacciarla col suo peso e - i pugni protesi in avanti e rivolti in alto - abbatterla violentemente con una vigorosa martellata alla testa.
Questa volta sfidandola con lo sguardo, perché qualunque dannata cosa fosse una strega, non aveva ragione di temerla: lui era sicuro che la morte avesse un aspetto molto più minaccioso. L'aveva anche fin troppo chiara in mente.
Era alta, smunta, con una larga tonaca sempre addosso.
E gli faceva una paura fottuta.

rorgevalzercopy

[...]

Apri gli occhi, Giullare. Cosa vedi?
Uomini acerbi, pulcini implumi.
Aspetta che crescano, allora.
Prima di sgozzarli.

Ondeggiava ubriaco sotto le note di quella sinfonia dalle tinte purpuree.
Dopo aver delimitato il palcoscenico e selezionato due comparse con cui intrattenere il pubblico - orchi ed elfi accorsi giustappunto per gustare delle sue esibizioni carnevalesche, signori del cielo che solcavano le nubi come onde d'un mare in tempesta lassù in alto e applaudivano, ne era certo, ad ogni strofa delle sue canzoni - il Guitto aveva lasciato che fossero loro, saltimbanchi di fortuna, a cominciare. Ma gli era bastato uno sguardo per capire che: no, l'improvvisazione non rientrava tra le loro corde. Scialbi insulti degni d'una bettola di basso borgo, minacce tanto forti a parole quanto deboli nel concreto delle azioni. Volevano che recitasse un giuramento? Folli. Lo aveva già fatto più volte, ma a quel genere di monologo preferiva una cosa a tre con più fluidi vitali che in una latrina. Volevano scoparlo, fotterlo, trombarlo? Esagerati. Che dunque venissero, facessero, infilassero i loro lembi nei suoi pertugi.
Vi avrebbero trovato tagliole ad ogni angolo di pelle, ad ogni piega della carne.
E di loro non sarebbe che rimasta una carcassa.

« ...la moglie del dorniano cantava facendo il bagno,
dolce come una pesca era la sua voce.
Ma la lama del dorniano cantava la sua canzone,
freddo come una sanguisuga era il suo morso. ♪
»


Con voce inaspettatamente soave Shagwell rispose a quel che ingiuriosi ometti imberbi gli avevano rivolto contro.
Spade, infamie, fiamme, dolore e distruzione. Niente che non avesse già veduto in quantità. Niente che non fosse in grado di affrontare danzando e cantando e ridendo. Perché lui era un buffone, un mestierante navigato di quell'arte nobile che era l'intrattenimento. Loro due poco più che comparse in un'ordalia di sbandati. Socchiuse gli occhi con gaudio, il Giullare. Avrebbe insegnato loro qualcosa.
Ammesso che fossero tanto caparbi da sopravvivere alla lezione.
Quando dischiuse le palpebre al mondo gli si presentò uno spettacolo mirabile: fuoco emergeva dal suolo andando a scalfire il suo sipario di rosso e nero addobbato, quasi a bruciarne i lembi per mettere a nudo ogni segreto del palco e di chi aveva l'onore - e l'onere - di calcarne il terreno imbevuto di sangue, bile, merda. Una figura agile guizzava tra le colonne arancio e gialle, mentre una voce nella testa gli suggeriva di andare a fanculo. Oh, Iblis Naylah; amore di una vita intera. Poi fu il turno di una fitta dolorosa, che gli provocò un piacere inimmaginabile. In quell'orgasmo mentale riconobbe la firma di uno dei suoi avversari e vi trovò da ridere, deridere e irridere. Scoppiò in uno scrosciare di risa violente che lo scossero da cima a fondo. Era immobile ancora, perché gli avevano spiegato che le performances migliori erano quelle colme di suspance, pathos e altri paroloni con cui tanto piaceva ad Asmodeus riempirsi la bocca. Rimase in quella posizione fino a che il secondo fanciullo giunse alle sue porte con l'intento di sfondarle a colpi d'ariete; ma scoprendo all'ultimo istante che quel suo ramoscello non avrebbe potuto abbattere neppure il muro delle risate d'un Guitto Sanguinario.
Emergendo dalle fiamme Rohan gli si avventò - no: scaraventò - contro con furia inaudita.
Solo allora avrebbe potuto vedere che attorno a Shagwell non v'era alcuna traccia di incendio. Anzi, il suolo mostrava qualche tentativo di eruzione soffocato sul nascere. Da qualche parte un Djinn avrebbe trovato il tempo di sorridere, colpevole. Ma laggiù vi fu soltanto spazio per un ghigno ravvicinato del Giullare all'indirizzo di uno stronzo qualunque; e si leccò le labbra mentre gli sussurrava all'orecchio:

« Così vuoi scoparmi, ragazzone? » alito caldo nell'attimo che precede l'amplesso
« ...sicuro di esserne capace? »

Seguirono risate e tintinnii, coperti da un rivolo appena del sangue del Sesto;
solamente quello che lui aveva concesso di prendere per proprio diletto, poiché evitare del tutto la goffa offensiva del giovane guerriero sarebbe stato troppo amaro. Così poco dolore, così poca eccitazione. Non sarebbe stato divertente.
Con movimenti agili il mostro ruotò su se stesso a mezz'aria, scivolando languido di qualche passo sulla destra,
quindi alle spalle del nemico più vicino - nuovamente pronto alla battaglia: « Cantate, su. »
mosse ambedue le braccia in un arco incrociato come a stringere dentro una forbice il busto del ragazzo
frattanto che Thais si arrampicava sul vuoto per riprendere forma di spada
e Iblis accartocciava l'aria svanendo con l'arto del padrone
per ricomparire altrove, alle spalle di un terzo per nulla incomodo che aveva dato la schiena alla barriera cremisi
senza curarsi delle conseguenze.

shagvalzer2copy

« Cantate della moglie del Dorniano, figli di puttana. »

(dissolvenza in rosso e in nero)


Maionese - Il tuo post mi ha dato diverse idee di sviluppo che vorrei spiegarti in sedi più opportune, così come i dettagli delle azioni di Bronn; mi auguro che la quasi-autoconclusività non sia stata un problema e, in tal caso, mi scuso.

Zaide - Rorge si schianta sul tuo muro di spiriti - ouch! - e ci mette qualche istante a riprendersi. La botta in testa, unita alle parole di Zaide, gli portano alla mente dei ricordi dai quali è spronato ulteriormente a battersi con la strega. Non avendo alcuna difesa psionica di sorta subisce l'illusione e considera le tre figure come reali, difendendosi di conseguenza (diciamo che ha sprecato uno slot dei due a disposizione); attacca quindi mosso da un'attrazione disturbata (cavoli tuoi che usi una passiva di charme su un necrofilo XD) con il chiaro intento di uccidere. Ti invito a non dare troppo peso alla scheda, obsoleta e irregolare in diverse sue parti - che nel post-Valzer vedrò di sistemare assieme alle altre - e considera il doppio cazzottone alla testa come un altro Alto fisico.

Stray e Lud - Essendo più che altro una situazione QM-giocatori e non un vero e proprio 1 vs 2 ho deciso di eccedere nell'uso degli slot normalmente concessi, per il bene per lo spettacolo: Shagwell subisce da Lux un danno Medio alla psiche in virtù della passiva "Sono il più folle" (difesa psionica che abbassa di un livello ogni attacco di questo genere) e dell'attiva "Lo Spasimante della Puttana" (difesa Media che nell'occasione porta Shagwell a godere quasi sessualmente del dolore e della battaglia); contemporaneamente utilizza la tecnica "Follia che Annulla" per liberarsi della tecnica di Rohan - ma solo nella zona che interessa il suo corpo - ed evita parzialmente (subendo un graffio al petto) l'offensiva dello stesso in virtù dell'abilità "Sono il più spettacolare" che gli consente di compiere movimenti contorsionistici in combattimento. Infine contrattacca portandosi con la stessa passiva alle spalle di Rohan e sferrando un doppio fendente orizzontale 'a forbice' all'altezza del costato. Tuttavia quest'offensiva si suddivide in due parti: uno è il colpo rivolto a Rohan, appunto, con la Meretrice Nera (tecnica "I Sussurri della Meretrice" a consumo Alto) e l'altro è invece un attacco diretto a Lux (effetto de Il Corpo della Puttana, per l'occasione eccezionalmente da considerarsi come attacco Alto). Riguardo quest'ultimo, ho considerato come vuoto descrittivo la mancanza di un riferimento spaziale rispetto alla barriera di sangue, dalla quale - ho presunto - il PG non sia sufficientemente lontano da evitare l'attacco.

A margine dell'intervento ci terrei a ricordare che qualsiasi insulto presente nel post è ovviamente da considerarsi pura interpretazione dei Guitti così come li concepisce la mia mente; non sono offese rivolte ai giocatori, qualsiasi esse siano. Anche perché se devo insultarvi sapete benissimo che lo faccio volentieri nei post di GdR Off. 8D

Per ogni domanda o dubbio usate il solito thread.
 
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view post Posted on 23/10/2011, 21:22
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Nello stesso istante in cui spada toccò spada, il brando del guitto si ricoprì immediatamente di fratture. Dall'apparente dolcezza di un immediato tocco si sprigionò una forza inaudita; la lama esplose tacitamente in mille pezzi, come fatta di vetro, scagliando nell'aria uno stormo di frammenti lucidi che sfiorarono le mani e il viso del principe e del suo avversario. Una morte paradossalmente taciuta quanto eclatante, che per un istante oscurò, nel suo silenzio, ogni altro suono: e nel sopraffarre di una spada sull'altra e -forse- di un guerriero su un altro, il caso lasciava la sua traccia. Così Adramelech, brando spezzato, riacquistava la sua interezza solo per spezzare il brando avversario dapprima intero: ironia ironica nel suo capovolgere la situazione iniziale e ironica nel suo destino di consapevolezza inconoscibile dai suoi guerrieri, destinata a svanire nell'oblio.
Il principe scavò nell'immediato la sua strada tra gli ultimi frammenti metallici ancora prima che questi potessero finire di disperdersi e si insinuò nella guardia aperta, come un serpente: il metallo gelido e la pura oscurità penetrarono così nelle marce carni di Bronnigar, poco distanti dal suo cuore, fameliche di sangue di traditore. Sennar percepì un brivido freddo che gli solleticò la mano e, compostamente compiaciuto della morte altrui come di un dipinto degnamente concluso, affondò di più l'arma nello stesso istante in cui sollevava lo sguardo a scrutare gli occhi di un guitto morente: e lì, quando quello sguardo gelido penetrò nel suo sguardo proprio come la sua spada era affondata nel suo petto, fatto dello stesso odio che il principe aveva creato e con cui l'aveva trafitto, Bronn sfruttò i suoi ultimi istanti di vita a rendere onore a quell'odio. La sua mano nera sgusciò dal basso e afferrò il suo polso con una stretta intensa come quella di una tenaglia.

« Portate i miei saluti al vostro Re » la sua voce fu uno stridere di unghie su una lavagna
« --quando lo incontrerete all'inferno. »

hihi

E non ci fu nemmeno il tempo di acquisire la consapevolezza di quello che sarebbe accaduto: prima, la spada spezzata di Bronn serpeggiò sino al suo collo, tranciando con violenza e odio tutto ciò che poteva tranciare. Uniti in un abbraccio fraterno e separati da un odio incolmabile così due cavalieri morivano ancor prima di provare il piacere della vittoria o quello della sconfitta. Il principe Sennar sentì soltanto un caldo tepore sciogliersi dal suo collo e scendere giù per il busto, sino all'addome, e piovere a terra; il viso di Bronnigar andò lentamente sfocandosi, scomparendo poi in un nero dissolversi. E quando il respiro andò a mancare, il mento precipitò sul petto e la testa si reclinò verso il basso, dove sulla terra bruna risaltavano le gocce cremisi del suo stesso sangue, ferendo -nella loro luminosità- i suoi occhi per l'ultima volta. E mentre ogni rumore si amplificava, come attirato da un ipotetico centro di gravità celato nella sua mente, tra le sue orecchie -sovrastando il suo tacito e impotente boccheggiare disperato- Sennar piombava a terra pesante come un macigno, privo del soffio vitale, marionetta tagliata dai suoi fili.
Il mondo di Sennar Sighvat implose e scomparve in una frazione di secondo.
~~~


:8D:
Come ho già specificato, questo post si colloca prima di Broken Places ed è l'ideale prosecuzione della scena prima di... vabbè, lo sapete.

naruto394-2

Un respiro; un ansito forse infinito ed esasperante nell'attesa che finisse.
Una pioggia di consapevolezze, sensazioni tattili, poi suoni.
Il principe aprì gli occhi e mosse scettico la mancina,
toccando il suolo su cui giaceva.
Bronn era scomparso,
e lui era ancora vivo.
Ancora il Principe.
~~~

 
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