| J!mmy |
| | Accampamento Toryu (tre giorni prima) ________________ Pioveva. La tempesta imperversava in piena notte, il vento frustava impetuoso sul rigido catino in pelle della tenda, arpionata a ben sei punti diversi di un perimetro vagamente esagonale. Al suo interno, Rekla Estgardel studiava sapientemente le scartoffie sull’attacco alla Roccia Bianca, consegnatole giorni prima dagli strateghi, facendo scorrere dall’alto in basso su di essi un pugnale di mediocre fattura nanica, largo sole poche dita e inquieto come un pennello sul papiro asciutto e chiazzato di sporco. Fuori, nella bufera, un rumore di passi sul fango attirò presto la sua attenzione. Un uomo alto, di media corporatura e con un vecchio pettorale in bronzo varcò la soglia affiorando tra le falde del tessuto, fradicio e con un’espressione tutt’altro che compiaciuta. Indossava uno spesso pastrano in lana grigia bordato di pelliccia, aveva lineamenti duri, una rossa ferita che gli attraversava la tempia destra ed un’ispida barbetta castana ai contorni della bocca. Da sotto il mantello, sul fianco, sbucava l'elsa cesellata in argento della preziosa spada lunga: quante vittime mietute da quell'arma... Non appena entrò, si mise sull’attenti come un soldatino al passaggio del superiore in grado.
«Mi cercavate, mia signora?» Rekla carpì la voce roca dell’uomo spezzarle i pensieri, precipitandosi in sua direzione fra tuoni e folate, fra un boato e l’altro. Sentì l’odore della melma degli stivali di lui pizzicarle le narici, e il respiro del guerriero affannarsi per la fretta.
«Perché ti chiamano “Duevite”?» domandò in tono greve. La pioggia scandì con vigore quelle poche sillabe intrecciate, che tuttavia non videro accompagnarsi ad alcun effettivo interesse della Nera. Questa, infatti, parlò a testa bassa, occhi strabuzzati sui fogli, con l’aria di chi non vuole niente da nessuno, non degnando l’ospite neppure della più misera occhiata. Era come rapita da quelle inutili cartacce: inutili, già, perché Rekla Estgardel sapeva sempre fin troppo bene cosa fare.
«Perché mi credono immortale, lady.» Resse il gioco, non senza concedersi un rapido sorrisetto smaliziato.
«… ed è vero?» incalzò lei. «Non saprei dirlo, ma penso che ogni uomo abbia sempre un punto debole.» In effetti, erano in molte le voci che giravano sul conto di Nicholas Varry. Si diceva fosse stato incriminato per lo sterminio del suo stesso villaggio natio, un intero centro abitato fatto a pezzi da quell’uomo che ora stanziava a qualche passo con aria superba e orgogliosa; ma non v'era affatto nulla di cui essere orgogliosi, non quel giorno. Doveva aver avuto un'ottima ragione per spingersi a tanto. O forse no.
«Ho un compito per te» Per la prima volta da quando Varry era entrato, la Nera Regina sollevò lo sguardo e lo piantò dritto sul volto rozzo e marcato dell’interlocutore. Parve rendersi davvero conto della sua presenza solo adesso. Adagiò garbatamente il pugnale sul tavolo, dunque, e intrecciò le dita all’altezza del mento. Nel riflesso opaco del moccolo semispento, il Dono esalò un debole scintillio cristallino. «Voglio che mi aiuti ad uccidere un uomo, un "immortale", come te. Ma se il Lord Assassino dice il vero, allora troveremo anche il suo, di punto debole.»
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Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow, creeps in this petty pace from day to day to the last syllable of recorded time, and all our yesterdays have lighted fools the way to dusty death. Out, out, brief candle! Life’s but a walking shadow, a poor player that struts and frets his hour upon the stage and then is heard no more: it is a tale told by an idiot, full of sound and fury, signifying nothing.
~ Città Alta di Rockwhite ________________ L'imponente cupola dettata dalla naturale commistione di ossa e argento, la voluttuosa mano che li aveva avvinghiati entrambi in un unico e caldo abbraccio materno, si sciolse come cera alla rovente blandizia del sole. Tutto, ogni misero elemento prima velato di buio, venne alla luce con sommo stupore generale, perché chiunque - vivo o meno - potesse adesso capire, sentire, vedere. Nicholas Varry era immobile, i muscoli del braccio manco contratti per lo sforzo, il gomito disteso in avanti. La mietitrice che impugnava aveva un filo gelido come ghiaccio, ma screziato d’azzurro come forgiato nel grezzo sappheiros del nord. La lama vibrava ancora vistosamente per l’eccitazione, reduce dell'aver attraversato il petto granitico del ribelle in un unico e risoluto affondo. Era stato facile, persino più di quanto la Nera gli avesse fatto credere; in fin dei conti si sapeva che quella donna tendesse ad esagerare. Le parole di questa gli rimbalzarono feroci nella testa, pulsando nel cervello con assurda violenza. “Colpisci non appena lo avrò distratto” ripeté a se stesso “Ferisci, ma non ucciderlo. Lui è mio.” Eppure, solo adesso che aveva assolto al proprio compito comprendeva il reale significato dell’essere superiore, del potere: il brando incuneato nella cassa toracica dell’energumeno, gli occhi ridotti a fessure nel cranio dalla fatica e un agghiacciante ghigno tra le labbra aride. Era lui il più forte, adesso; lui e nessun altro. Lui che era giunto laddove neppure il Cerbero aveva osato. Lui che aveva sfidato la morte a volto scoperto. Lui che era il Lord Assassino. Da quel dì, vi sarebbe stato un motivo di troppo per quegli insignificanti soprannomi. Duevite, l’Immortale, Colui che sopravviveva a tutto. V’era chi diceva che fosse tale giacché plasmato dalle stesse fiamme d’inferno, chi ancora che non avesse cuore o anima o coscienza, e chi invece che fosse stato maledetto per via degli atroci peccati commessi. Tra i custodi del Culto del dio oscuro – i Corvi – erano in molti a giudicarlo empio e portatore di sventura, ma nella Nera Regina tutto ciò non fece che aizzare l’interesse. Lo volle con sé fin dal principio, perché era di uomini simili che aveva di bisogno, combattenti privi di alcuno scrupolo o speranza, gente senza nulla più da perdere, scarti della società. Uomini come lei.
«Ottimo lavoro» si complimentò la donna, mentre a piccole falcate raggiungeva il beduino. Duevite abbozzò un sorriso ancor più ampio tra la barba irsuta, e non tanto per le attese parole, quanto per la forza che quest’ultime gli irrogavano in cuore – sempre che ve ne fosse uno. L’uomo si leccò le labbra ripulendole da quei pochi spruzzi di sangue fuggiti nell’impatto, premendo con la pianta dello stivale sulla schiena ingobbita dal dolore di Asad affinché questo scivolasse via dalla lama ed atterrasse in ginocchio a soli pochi palmi dal Bastardo. Rekla guardò il suo rivale prostrarsi. Vide una leggenda creparsi di dura verità, assumere fattezze remote e prive di sostanza. Per un attimo le parve persino di guardare un monumento partorito da un artista tanto abile quanto cieco, di scorgere quello straccetto di tristezza nelle profondità di un ricordo, un lontano, lontanissimo ricordo. Provò pena per lui.
Le palpebre di Asad, sfinite e pesanti, caddero come ghigliottine su sclere via via più pallide, che andavano velandosi di un bianco smunto, facendo loro l’assenza e la rinuncia di chi aveva perso tutto, ogni ragion d’essere, persino se stesso; di chi si arrende. Mentre le corna intrecciate andavano ritraendosi e i lineamenti demoniaci mutavano in tratti nettamente più umani, Rekla allungò il collo verso il basso, di poco, il tanto bastante ad affiancare il volto dell'ex guardiano per sentirne il respiro lento affogare in intervalli via via più brevi e sporadici: stava morendo. E l’ultimo brandello di ostilità affondava con lui. Scoppiò in una risata talmente sgangherata e fragorosa da divampare per l’intero distretto sopraelevato.
«Era questo il tuo esercito? La tua resistenza?» lo schernì. Gli sghignazzi della donna berciarono nel silenzio oramai tombale che aveva ricoperto il campo come una tonaca di sontuosa morte nera. Ogni anima, Toryu e non, era pietrificata dalla scena, inchiodata nel dramma che nessuno – se non in pochi – si sarebbe mai aspettato. Non più un clangore d’armi o urla di guerra s’udivano adesso per la fatiscente fortezza, ma gemiti e lamenti di coloro che, feriti gravemente, agonizzavano in terra e pregavano i loro dei. Avevano vinto. «Porta i miei saluti a Lucifero, miserabile» gli sussurrò ringhiante all'orecchio. Un rito, una preghiera, o forse una mera beffa di colui che - purtroppo - sapeva di dominarla nel profondo, una nenia che ripeteva ogniqualvolta un valido avversario le capitolava al cospetto e sanciva l’ennesima vittoria. Vi sarebbe mai stato qualcuno in grado di fermarla? Qualcuno capace di... ucciderla? Scoprì, suo malgrado, che una parte di sé urlava ardentemente a quell'affranta bramosia: il desiderio d'essere libera... Poi, in una secca e decisa torsione del busto, la cotta che tintinnò in un ultimo rantolo, le dita della mancina avvinghiate all’apice del turbante dell'altro, menò una fatale sferzata orizzontale che segò di netto il corpo stanco e avvilito dell'uomo, nell'esatta posizione in cui collo e spalle si allacciavano. Il busto monco e irrorato di sangue rovinò frontalmente come un sacco di carne ormai rancida, sozza e nauseante, mentre la testa del capo dei ribelli rotolova oltremodo vergognosamente sotto l'occhio attento degli astanti. Altra feccia in meno, si disse. Infine sorrise.
[...]
Non appena si volse, niente più solleticava il suo incolmabile ego. Ogni sorriso si spense con la stessa rapidità con cui la Constantine incontrò il fodero. Tornò a focalizzarsi sui propri soldati, chi più vivo e chi più morto, squadrandoli uno ad uno come se cercasse qualcosa o qualcuno in particolare. Ma non trovò nulla, dacché non v’era nulla da cercare, nulla ad eccezione di sangue, brandelli di carne sminuzzata, pezzetti di carcasse maciullate e sparse per l’intero spiazzo, liquami di cadavere puzzolenti e vischiosi. Quella che era stata la candida Roccia Bianca, di bianco non aveva oramai alcunché. Si massaggiò noiosamente il mento affilato e si esibì nella più eretta postura che possedesse. Non doveva mostrare la ben che minima dolenza, non dinanzi alle sue bestie. Mentre un secondo, quanto più corposo, drappello di militi sbracava dai confini della città bassa per mezzo dell’ampio vicolo che congiungeva i due distretti, Nicholas Varry lasciò vorticare l’arma e a pugno alzato fece cenno ai ritardatari di arrestarsi. Questi si disposero in un perfetto rettangolo di spade e scudi grugnendo e scalpitando, una falange pronta a scattare in qualunque istante come fiere in cattività e bramanti l’apertura delle celle. Volevano un segnale, però, che non sarebbe giunto. La battaglia era finita.
«Avete combattuto bene.» Rekla accarezzò l’aria con un ciuffo di crine nero, portandoselo oltre la nuca per vedere e farsi vedere, perché tutti notassero la severità e la durezza di quei tratti sgualciti dall’odio. «Lo avete fatto per me, lo avete fatto per il vostro clan…» piegò il busto verso il basso ed intinse indice e medio nella pozza purpurea che avvelenava il lastricato «… lo avete fatto per il sangue. Ma è ora che io vi restituisca l’onore.» Propose qualche lento passo in avanti, assecondando le crepe del lastricato come una bimba eccitata e divertita. Allineò i tacchi l’uno con l’altro, adagiando con superba autorità l’avambraccio metallico sul pomolo osseo dell’elsa alla cintola. «Io posso darvi un potere inimmaginabile, un potere che farà riecheggiare il vostro nome negli eoni, fra le diverse lingue degl’uomini. Chiunque, in ogni dove, tremerà di terrore al solo pronunciarlo.» Si fermò. Non era più tempo di giochi, adesso, né di morbidezza o comprensione. Bisognava frustare la verga con forza su quegli animi scossi dalla realtà, spremere quelle menti come prugne ancora acerbe ma gustose e promettenti. Bisognava percuotere le loro rosee guanciotte con una sberla di cruda verità. Bianco o nero? Era sempre stato quello il problema: scegliere. «Unitevi a me, siate miei preziosi alleati, miei sudditi. Aiutatemi a costruire un nuovo, temibile futuro. Aiutatemi ad erigere Fortescuro… ed avrete le giuste ricompense.»
«Arrendetevi al potere della Nera Regina, sciocchi!» Varry abbaiò nella confusione generale, la lama perfettamente rizzata tra le dita «Inchinatevi a lei e alle sue Tenebre, e nulla vi verrà fatto!»
CITAZIONE [QM Point] Indicazioni Ebbene, mi avvalgo di questo post per introdurre un PnG che verrà riproposto anche in seguito. Parliamo di Nicholas Varry, conosciuto anche come il Lord Assassino o Duevite o L'Immortale per varie voci che girano sul suo conto. Esse sono le uniche cose che sapete sull'uomo. Si dice che abbia sterminato gli abitanti del suo villaggio natio (di cui non si conosce il nome) e che, per questo, sia stato condannato a morte. E' stato soggetto ad un'esecuzione nella pubblica piazza per impiccagione, perdendo la vita dinanzi a centinaia di astanti. Tuttavia, contro ogni aspettativa o credibilità, è miracolosamente riapparso pochi anni più tardi. Nel terrore di questo avvenimento, credendolo maledetto dal demonio in persona, le autorità religiose si sono limitate ad esiliarlo. Il Toryu, però, ha offerto asilo all'uomo a patto che egli si unisse alla causa della riunificazione. E' stata Rekla stessa a reclamarlo personalmente e reclutarlo nelle Tenebre. L'uomo è l'unico dell'esercito a non essere mutato in non-morto (eccezion fatta, adesso, anche per Rekla stessa) e, ora che ci fate caso, vi rendete conto di non averlo mai visto fino a quel momento prender parte alla battaglia. Il motivo è semplice: ogni turno, l'uomo ha attivato la tecnica "Invisibilità" per celarsi da sguardi indiscreti, quali quelli di Asad e delle sue guardie, e poterlo dunque attaccare a tradimento come pattuito con la Nera. Il fatto che non sia trasformato deriva dalla condizione di autocontrollo che il Lord Assassino vanta sulla maledizione, a dispetto degli altri suoi commilitoni. Lo vedete riapparire nell'esatto istante in cui infilza Asad da dietro. Spero di essere stato sufficientemente chiaro in proposito. Per quanto riguarda, invece, la seconda parte del post, la storia è facile facile. Rekla avvolge se stessa ed Asad con due strati di "Mutazione dell'osso" (Critico per parare metà del Mortale di Asad - ricevendo un critico - ed Alto per bloccare gli attacchi di balancer e Chomp), poi lo decapita non appena questo viene colpito alle spalle, e infine si rivolge ai propri soldati. Le ultime parole di Duevite non sono riferite a voi, ma ai ribelli, cui viene aggressivamente intimato di deporre le armi ed arrendersi. La reazione di quest'ultimi vi verrà comunicata dal mio CoQm; a voi, piuttosto, Rekla chiede di scegliere: servirla e fondare con lei la fortezza che, una volta riedificata su basi di pietra nera, prenderà il nome di Fortescuro, o rinunciare a qualcosa di cui non conoscete ancora la reale potenza? A voi la scelta. Coloro che hanno perso i sensi udiranno comunque la voce della Nera infiltrarsi in maniera piuttosto nitida nella mente, come se vivessero personalmente la scena (non sentirete nient'altro, quindi neppure Varry). Ovviamente non potrete parlare, ma un solo vostro pensiero basterà a darle risposta: si tratta di un'abilità telepatica che Rekla acquisirà al termine della quest (la stessa del Drago, per intenderci). Se accetterete vi verrà comunicato il vostro effettivo ruolo all'interno del feudo nel mio prossimo post. Per più specifici chiarimenti vi rimando al confronto.
P.S: i versi centrali sono del Macbeth, ovviamente. Turnazione • Valar - Questanti. Tempi di risposta • 4 giorni di tempo, ovverosia fino alla mezzanotte di giorno 13 Febbraio. CITAZIONE Rekla Estgardelil Demone BastardoStato Demoniaco ReC 250 | AeV 175 | PeRf 425 | PeRm 450 | CaeM 175« Energie: 64 - 33 - 15 = 16% « Status fisico Rekla: danno basso da lacerazione alla coscia destra; danno medio + basso da perforazione al ventre; danno critico sparso. « Armi: Constantine • sfoderata; Dolore e Sofferenza • riposta - riposta~ ~ ~C o r r u z i o n e Attiva• Mutazione dell'osso La manipolazione non conosce confini né ostacoli, la carne stessa non è d'alcuno impedimento ad essa. Per questa ragione, la mutazione è giunta finanche alle ossa dei cadaveri o della Nera stessa, la quale può sfruttarne i resti marcescenti e decomposti per richiamare difese impenetrabili in grado di proteggerla come più desidera la propria volontà. Sarà sufficiente un cenno, e la tecnica - di natura magica - avrà tutte le caratteristiche del mercurio fuso a spoglie derelitte. Rekla può compiere qualsiasi manifestazione le venga in mente, creando armature, barriere, scudi, cupole, difese dirette o a trecentosessanta gradi. Tutte queste dovranno però averla come punto d'origine e non potranno perdurare sul campo di battaglia oltre il compimento di ciò per cui sono state richiamate: dunque, svaniranno immediatamente dopo l'aver incassato il colpo. La potenza delle manifestazioni è Variabile Critico + Alto, pari al consumo speso per richiamarle, e di un livello inferiore se dislocate a trecentosessanta gradi intorno al caster.PassivaLa connessione tra l'evocatore e il mostro è molto più potente di quella che potrebbe mai avere con qualsiasi altra delle sue creature. Loro sono la stessa cosa, divisasi solamente con l'obiettivo di distruggere il proprio avversario. Per questo, i loro corpi sono legati insieme non solamente dalle mere catene che fuoriescono dal gauntlet. Nel caso in cui Rekla dovesse subire un danno provocato dal proprio avversario (e non autoinflitto tramite tecniche o atti impulsivi) ella potrebbe decidere di suddividere tale ferita e farne subire la metà esatta al proprio colosso, che griderà, alimentando la propria furia. Esemplificando, se Rekla dovesse subire un danno Medio, ella potrebbe decidere di prenderne solamente uno Basso, facendo sì che il mostro, tuttavia, subisca anch'egli un danno Basso. In poche parole, potrà smezzare qualsiasi danno rivolto alla propria persona, purché l'evocazione sia già presente sul campo. Viceversa, potrà anche decidere di suddividere i danni rivolti all'evocazione, subendone la metà, poiché i due non sono che diverse emanazioni dello stesso corpo [Tecnica passiva].
Incisione del B a s t a r d o I - II - III: - Possibilità di caratterizzare una delle proprie armi da mischia con un particolare orpello (una runa, un simbolo, o una scritta). Quell'arma - e solo quella - potrà in qualsiasi momento innescare i poteri del dominio. Grazie all'incanto, inoltre, essa risulterà impossibile da distruggere nonostante gli attacchi che le potrebbero venir mossi. (I) - Possibilità di caratterizzare una seconda arma tramite l'incantamento, anche una a distanza, anche se in questo caso dovranno essere incantati i proiettili. Le armi (e i proiettili) incantati potranno in qualsiasi momento innescare i poteri del dominio. Grazie all'incanto, inoltre, risulteranno sempre affilatissime e incapaci in alcun modo di perdere le proprie capacità offensive, oltre che indistruttibili. (II) - Grazie all'incanto, si aggiunge un terzo effetto alle armi incantate, rendendole permanentemente prive di peso per quanto riguarda il possessore del sigillo. Ogni altra persona percepirebbe il peso reale dell'arma. Inoltre, non potranno neppure essere sottratte al portatore, e in alcun modo rubate. (III)-Gola: Rekla raggiunge il successivo livello dell'Incisione del Bastardo. (Livello III)-Superbia: Essendo innamorata di se stessa e di una forse inesistente superiorità, la giovane ha coltivato un carattere duro e scorbutico che non ispira affatto fiducia in chi la affianca ma, talvolta, insinua un timore lieve che però non ha alcun effetto contro i demoni o gli individui di livello superiore.
-Terzo Vizio dell'Animo|Ambizione: Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario.
-Nel ricordo del dolore, l'unità di un cuore spezzato: indifferenza al dolore; pur provandolo, il portatore non si farà influenzare da esso.
-La comprensione del dolore, così da annientarlo: auspex passivo che si attiva una volta che il portatore viene ferito sia fisicamente che psicologicamente. Egli diverrà in grado di determinare l'esatta posizione di chi ha fatto partire l'attacco.
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