Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Unfinished

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Lust´
view post Posted on 4/4/2012, 19:01




Le carovane cariche della refurtiva stavano giusto in quel momento passando uno dei controlli più accaniti che avessero dovuto subìre da quando si erano allontanati dal luogo del misfatto.
Il Nero, in sella al suo cavallo scalciante - un bellissimo esemplare dalla folta criniera color pece e il pelo marrone scuro - si guardò attorno senza un solo brivido: non sarebbero certo state quelle guardie a fermare il cammino suo e dei suoi uomini. A Gerico non c'era questo problema, godeva di tutti i privilegi che potesse desiderare. Con un solo schiocco di dita avrebbe potuto far cadere ai suoi piedi alcuni dei borghesi più arricchiti della città e costringerli a offrirgli tutto il denaro che desiderava. Figuriamoci se delle semplici guardie potevano costituire un problema per lui. "No, decisamente no.", rincarò con un ghigno da sotto la maschera.
La città attorno a lui si muoveva con gli stessi ritmi con cui lo faceva l'ultima volta che vi aveva messo piede. Il Nero sapeva benissimo che lì, oltre quella ricca fazione in cui ora si stava addentrando, ne esistevano molte altre. Non ricche e prospere come quella, ma malfamate e impoverite da tasse e non. Si disse che prima o poi ci sarebbe tornato, in quei luoghi.

Sì. Prima o poi.


~~~


Seraph riaprì finalmente gli occhi sulla realtà. Era scosso e disorientato, ma si accorse ben presto di non riuscire a muoversi; era inchiodato - inchiodato a un sudicio letto, il cui materasso sembrava puzzare di vecchio e mille altre cose. Tutti odori che riusciva a riconoscere perfettamente nonostante fosse la prima volta che li sentisse, che gli erano stranamente - e in modo inquietante - particolarmente familiari. La sua pelle, già di per sé appena rosea, era ora di un pallore innaturale, quasi malaticcio.
L'angelo deglutì. Quel piccolo movimento del pomo d'Adamo gli diede la forza di provare ad alzarsi. Si puntellò su un gomito, poi su entrambi: era stremato, come se avesse corso per miglia e miglia senza un attimo di riposo; avvertiva i muscoli lanciare grida di dolore che si estendevano dolorosamente lungo tutto il corpo. Eppure non aveva fatto assolutamente nulla che giustificasse un simile supplizio. Aggrottò la fronte e piccole gocce di sudore cominciarono a cadere sul materasso.
(Plic, plic... plic.)
"Fa caldo", si trovò a pensare. "Cosa mi succede?"
Fu a quel punto che le immagini vivide di quello che credeva fosse un sogno cominciarono a riaffiorare, colpendolo come sassi dritti sulla fronte. Per un attimo si sentì scoppiare la testa, tanté che si portò entrambe le mani in viso, come se così potesse in qualche modo arginare il dolore. Digrignando i denti riuscì a resistere, ma quest'ultimo lo ridusse ansante e nuovamente in posizione supina. Seraph provò a recuperare un po' di fiato prima di capire cosa stava succedendogli.
Dopo un attimo, però, un ricordo riaffiorò dai meandri della sua mente. Veniva da un passato lontano, che Seraph non sentiva nemmeno suo: vedeva Sitael, il suo maestro, spiegargli che le loro essenze angeliche erano in grado di captare sensazioni, sogni e incubi degli esseri umani; oltre a captare, poteva però accadere che l'angelo raccogliesse addirittura frammenti di vita di queste persone, con cui la sua essenza era probabilmente entrata in contatto. Seraph si sentì immediatamente più tranquillo: non c'era nulla di cui avere paura. Assolutamente nulla.

Quelle non erano memorie sue. Assolutamente no.
Dovevano essere quelle di qualche mercenario, o di un essere senza scrupoli che girava da quelle parti.
Ne aveva sentito i pensieri più profondi, nel sogno, e non gli erano affatto piaciuti.

Dopo quel primo momento di puro terrore che lo aveva bloccato, Seraph riuscì finalmente a muoversi. Scese dal letto e si infilò ai piedi il paio di stivali malamente buttati sulle assi di legno del pavimento; un paio decisamente troppo grande per i suoi piccoli piedi da apparente dodicenne, ma erano gli unici che era stato in grado di trovare tempo prima. Trovò poi la sua casacca a ridosso dei piedi del letto. Da quanto l'aveva utilizzata era ormai piuttosto sporca, di un colore giallino, non più di un bianco candido; il fatto che fosse piuttosto larga e lasciasse intravedere tutta la porzione di pelle fino alle spalle, poi, non lo aiutava di certo: se qualcuno gli avesse guardato la schiena avrebbe potuto notare qualcosa di nero tatuato sulla sua pelle che si tuffava oltre il bordo dell'indumento, nascondendosi. Di positivo c'era che nessuno, se non tastando, avrebbe potuto notare che alla cintola portava un pugnale, tenuto fermo in modo saldo dalla cintura.
Il suo aspetto era in tutto e per tutto quello di un trovatello. Un trovatello particolare, dai tratti soffici e troppo perfetti, i capelli di un bianco abbacinante e gli occhi bicromi, quello destro ambrato e quello sinistro di un azzurro chiarissimo.

Decise di uscire da quella stanza - troppo soffocante e sporca per i suoi gusti. Non ne avrebbe avuto un felice ricordo, si disse. Quando scese al piano inferiore una zaffata di aria polverosa e tiepida lo investì in pieno, facendogli lacrimare gli occhi; si lanciò solo una veloce occhiata attorno, incontrando la figura del locandiere che gli aveva affittato la camera - e che ricambiò con un'occhiata truce: egli stentava a credere che un ragazzino come lui facesse parte del Toryu, unico motivo per cui Seraph era riuscito ad avere un tetto sulla testa quella notte - e quella di qualche altro avventore che rientrava in quel momento da una nottata passata a bere, a giudicare dalle facce.
Quindi passò oltre con passo svelto, afferrando la maniglia della porta e uscendo il più velocemente che poté. Come fosse possibile non ne aveva idea, ma l'aria che trovò una volta uscito era ancora più irrespirabile di quella all'interno dell'osteria.
Senza pensarci troppo, però, Seraph si buttò a capofitto nella folla che gli scorreva davanti come un fiume. Ad un tratto accadde una cosa strana, però: una sensazione spiacevole gli aggredì la bocca dello stomaco, facendogli girare la testa all'improvviso; un immediato terrore, simile a quello che l'aveva colto quella mattina, si impossessò delle sue membra, e senza accorgersene finì per sbattere contro qualcuno, cadendo poi rovinosamente a terra.
La paura non cessò di farlo tremare nemmeno così. Nonostante questo Seraph riuscì ad alzare la testa e a parlare.

« A-attenzione... » mormorò, stordito.

Non era da Seraph scusarsi senza un valido motivo con un essere umano.




Grazie per aver accettato di ruolare con me! Spero che questo primo post sia l'inizio di una bella, intensa e amichevole giocata *_*/ Ho tenuto conto dell'unica passiva di Viktor (in cui Seraph inciampa nell'ultima parte del post) che mi sembra influenzi il mio PG: Achtung. Di seguito, invece, le passive di Seraph e l'unico oggetto che porta con sé:
CITAZIONE
Passive (riassunto effetti):
    Il Velo del Padre: Aura che identifica Seraph come un'essere particolare, non di questo mondo; particolarmente puro, inspira timore indipendentemente da chi si trova davanti a lui.
    Pura energia: Passiva che lo rende immune all'essere percepito tramite i sensi del gusto e dell'olfatto.
    Essenza Divina: Passiva di inudibilità di tutte le azioni prodotte da Seraph, che verranno come assorbite da una bolla fatta della stessa essenza che costituisce il ragazzino. E' trasmissibile agli oggetti che tocca.
Oggetti:
    La Mano Destra del Serafino: Semplice pugnale di foggia particolare ma senza alcun potere.

A te! :8D:
 
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Lenny™
view post Posted on 5/4/2012, 09:00




Unfinished ~
I - Indicazioni


L'uomo contro cui andò a sbattere Seraph, semplicemente, non era un uomo. Forse lo era stato, in un remoto passato. Un altro tempo, un'altra vita. Ma le spoglie erano ancora vagamente umane: avvolto in una giubba e in un mantello color della tenebra, era un vecchio asciutto come uno scheletro e duro come le ossa, dal volto che sembrava scolpito in un blocco di marmo. Anche i suoi occhi erano di pietra, neri costellati da migliaia di punti rossi, taglienti, penetranti. Il vento e la guerra avevano fatto assumere ai suoi capelli il colore grigio del mare in inverno, con ciuffi bianchi sparsi. Li portava lunghi e sciolti che andavano a ricadergli sul collo. La nodosa mancina stretta attorno ad un pomo in oro massiccio a forma di testa d'aquila. Quello del suo bastone da passeggio.
Viktor von Falkenberg abbassò lo sguardo verso Seraph.
E sorrise. Terribilmente, sorrise.

Era giunto a Gerico nottetempo, più che mai deciso a scrutare dentro il cuore pulsante nelle terre del Re, eppure libera dal suo giogo. Privo di alcuna scorta, o di qualsivoglia protezione armata: si era addirittura spogliato del Klarthagg, abbandonandolo in uno dei suoi forzieri nelle viscere di RotteNhaz, così da non destare troppi sospetti. Non che l'oberkommandierende avesse mai realmente avuto bisogno di protezione. Ma aveva deciso di vagare tra i labirintici anfratti di Gerico da solo, come un comune passante, come uno dei tanti pezzenti che lo circondavano. Perché? Perché maledetta miseria, aveva risposto alle pressioni di Montag, ho bisogno di pensare. In realtà era diretto a Sud, nel tanto ameno Plakard, dove una certa Grassa Puttana aspettava di essere violata da lui e dalla sua amigdala di soldati. Ma prima, perché non sostare una notte -e una sola- in quel miasmatico letamaio che era Gerico? Un giorno, avrebbe preso d'assalto le sue mura di cinta. Un giorno, avrebbe messo a ferro e fuoco le sue abitazioni, le sue statue, le sue torri. Un giorno, avrebbe fatto strage di molti di quei piccoli patetici umani, risparmiando quanto bastava per allargare le file della sua invitta armata, magari proprio l'avanguardia. E poi RotteNhaz aveva bisogno di altra servitù, altri schiavi. Lui aveva il dovere di conoscere chi e cosa avrebbe sottomesso, quel giorno. E immergersi per una sola notte in quella torbida, stagnante fogna infestata da topi umani era quanto era costretto a fare per studiare le difese fortificate della città, ma soprattutto, gli occhi dei suoi cittadini. Macellai, garzoni, tagliagole, ladri, borghesi, morti di fame, pittori, artigiani. Pochi soldati. Nessuno forte quanto l'ultimo, lercio fante demoniaco della sua legione.

« A-attenzione... »
Viktor von Falkenberg abbassò lo sguardo verso Seraph.
Uno dei topolini più graziosi che infestavano quell'immane fogna. Anche la sua voce era simile allo squittire di un roditore. Ma il resto, quello no: lineamenti levigati, lisci come seta, naso all'insù e capelli scompigliati color alabastro. Non riusciva a capire se era un ragazzo o una ragazza nel fiore della giovinezza. Viktor gli portò una mano scheletrica al mento, per levarlo in alto, costringerlo a guardarlo negli occhi.

« ..a te, ragazzino. »
Gracchiò, sogghignando. Una piccola creatura di Gerico come quella faceva proprio al caso suo: gli avrebbe potuto indicare i punti nevralgici di quella caotica cittadina, dove si nascondevano i suoi forzieri e i suoi presidi armati, dov'era localizzato il palazzo di consiglio e dove il quartiere ricco. Il Beccaio avrebbe ricordato queste informazioni. Per un glorioso futuro.
Intanto, era rimasto a dir poco deluso quando, casualmente, aveva chiesto indicazioni ad una popolana vicino a quella stessa stamberga dove si trovavano adesso lui e il ragazzino. Alla sua domanda, la donna aveva risposto con un balbettio inintelligibile, terrorizzata in viso. E Viktor aveva continuato oltre, imperterrito. Non aveva mai avuto la pretesa che le donne fossero intelligenti, dopotutto.

Questa volta, la mano si spostò sulla spalla del ragazzino. Qualcosa a metà strada tra una affabile stretta e una agghiacciante morsa. Ma il suo sorriso distorto di denti marci e labbra rigonfie, così come il suo alito al sentore d'acquavite, di certo avrebbero rassicurato il giovanotto.
« Hai l'aria di essere proprio un bravo ragazzino, sai?
Non rifiuteresti mai di aiutare un povero vecchio che si è perso, vero?
»



SelfportraitwithDeath

Umano: Rec 325 ~ AeV 150 ~ PeRf 125~ PeRm 525 ~ CaeM 225
Demone: Rec 400 ~ AeV 100 ~ PeRf 100~ PeRm 850 ~ CaeM 150

~ Basso 1% ~ Medio 5% ~ Alto 13% ~ Immenso 29% ~

Energia residua: 100%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Deciso

Passive rilevanti in uso
Certain burden_-Aura venefica che rinsecchisce e avvizzisce gli esseri viventi che lo circondano.
Achtung_-Auspex passivo. / Difesa da auspex passivi.
-Passiva psionica di timore (se i personaggi vicini sono di energia inferiore).
Sakrileg_-Mimetizzazione perfetta all'interno dell'ombra. / Percezione visiva al buio (se naturale).
Streben (Arcanismo III liv.)_-Cognizione passiva di qualsiasi magia operata in campo.
-Abilità attive magiche castate immediatamente e senza bisogno di tempi di concentrazione.
-Aumento di un livello per le le abilità offensive di natura magica. Abbassamento di un livello per le le abilità offensive di natura fisica.
Eiserne Wache_Ammaliamento psionico passivo a chiunque venga minacciato direttamente con la canna della pistola.
Netvor bez jména_Completo oblio del vero nome del Beccaio, a meno che non sia quest'ultimo a voler essere rammentato.
Corigliano (compagno animale)_Empatia completa tra il pg e il suo corvo.

Note: se non sbaglio la tua passiva razziale funziona solo su energie pari o inferiori alla tua, quindi -almeno per questo turno- mi riservo di non avvertire l'aura angelica del pg, dato che Vik è concentrato su ben altre cose. Eh insomma, gli serve una guida per la città e Seraph potrebbe fare al caso suo °-° chi non sarebbe affascinato dallo charme di un vecchio ubriacone?




Edited by Lenny™ - 5/4/2012, 14:09
 
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Lust´
view post Posted on 5/4/2012, 22:37




Seraph piegò docilmente il capo all'indietro quando si sentì afferrare il mento e tirar su la testa. Il terrore che gli aveva pervaso le membra per un attimo stava scemando finalmente, ma esso lo aveva così indebolito per un attimo che il Serafino non riuscì ad opporsi nemmeno ad un'azione simile; quella sensazione che lo aveva colpito allo stomaco, intanto, andò a trasformarsi in un quieto timore quando vide l'anziano essere umano in volto. Gli occhi bicromi di Seraph, ambra e azzurro, misero a fuoco solo qualche secondo più tardi la sua immagine, facendolo deglutire. Immobilizzandolo a terra.
Il giovane angelo riuscì però ad aggottare la fronte, perplesso. Non era disgustato dal tocco dell'uomo - piuttosto, invece, se ne sentiva intimorito. Era turbato, invece, da ciò che gli era accaduto: dubitava che fosse l'uomo la fonte di quel potere che lo aveva assalito per un attimo, eppure non riusciva a trovare altri, attorno a sé, apparentemente in grado di emanare una tale, fastidiosa energia: erano tutti troppo lontani per essere colpevoli. Il ragazzino aveva potuto sondare ciò che gli stava attorno solamente con uno sguardo veloce, però. Non si sentiva al sicuro alla presenza del vecchio, inutile tentare di nasconderlo. Levare lo sguardo per un attimo di troppo dalla sua figura sentiva che avrebbe potuto significare la fine.

Sì, perché quell'uomo puzzava di morte.
Anche se la sua era solo una sensazione, in realtà. Forse era stato suggestionato un po' troppo dalla vita che aveva intercettato e sognato quella mattina, dopotutto?

Eppure quando egli parlò, con quella voce tipica degli esseri umani quando raggiungevano una certa età, un brivido gli corse giù per la spina dorsale, facendolo impallidire e al tempo stesso spalare gli occhi: assomigliava ad un corvo, quell'anziano. Sembrava gracchiare, e il mantello diventò per un attimo le sue ali nell'immaginario del giovane angelo, mentre le sue rughe sparirono per lasciare spazio ad un becco adunco, pronto a beccarlo.

« M-mi lasci. » balbettò dopo aver raccolto un po' di coraggio.

La sua piccola mano, pallida e dalla pelle levigata in confronto a quella dell'uomo, stava per correre a quella nodosa del vecchio, quando però quest'ultimo, all'improvviso, la spostò dal mento alla spalla del ragazzino. Strinse quest'ultima in un modo che non piacque per nulla a Seraph. Il sorriso che gli fece, poi, lo inquietò tanto da ammutolirlo per un istante.
Voleva che lo lasciasse andare. Qualunque cosa, davvero, "... ma lasciami andare!", pensò.
Basta con quelle fastidiose sensazioni e quei pensieri terribili.

« Sì. Sì, va bene. La aiuterò. » disse velocemente.
Accennò poi uno sguardo alla mano nodosa e deglutì.
« Però mi lasci... Mi sta facendo male. » mentì.

 
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Lenny™
view post Posted on 6/4/2012, 12:59




Unfinished ~
II - La guida


Il Beccaio proruppe in una sonora e gracchiante risata. Ricordava il raschiare di utensili arrugginiti. Mollò la stretta sulla spalla di Seraph, con due pacati colpetti d'amicizia. O di minaccia.
« Sta' di buon animo ragazzino, e tutto andrà bene. » ..se mi darai le informazioni che voglio.
Mormorò, in un tono che mai si sarebbe potuto definire rassicurante. La mano grinzosa affondò in una delle tasche interne del pastrano. Estrasse un oggetto piatto e metallico, di un grigio sporco.
« Tieni, sei più rigido di una verginella alla sua prima monta. »
Tese la fiasca in ottone mezza vuota d'acquavite al ragazzino, manco fosse un soldato da latrina. Eppure, a dispetto della sua età, quella che aveva davanti Seraph era di una di quelle offerte estremamente scortesi da rifiutare. Pochi nelle terre di Asgradel avrebbero avuto intenzione di offendere il Beccaio. Ancora meno se lo sarebbero potuti permettere. Anche se per evitare ciò, occorreva ingollare un paio di sorsi di liquore putrido e nauseante.
« Questo ti scioglierà un po' la lingua. Così potrai parlarmi tanto di questa tua amata città. »
L'acquavite era un attimo rimedio contro la balbuzie del moccioso. Avrebbe scaldato il suo animo teso e donato un po' di utile eloquenza alla sua bocca.
Così avrebbero trascorso una amena mattinata insieme, passeggiando tra i labirintici vicoli di Gerico.
Il vecchio con il bastone e il ragazzino con la fiasca d'acquavite.
Un'accoppiata tanto contraddittoria quanto originale.

 
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Lust´
view post Posted on 6/4/2012, 14:08




I brividi giù per la schiena tornarono a farsi vivi alla successiva risata dell'anziano, sempre più inquietante. Anche questa volta si immaginò uno stormo di corvi in volo che riempivano il cielo, salendo sempre più in alto. Croci nere nel cielo plumbeo. Deglutì e, finalmente, si rialzò in piedi.
Fu come recuperare uno svantaggio. Seraph era solo uno scarso metro e cinquanta in altezza, ma in confronto a prima - quando era praticamente steso a terra, letteralmente alla mercé di tutti - gli sembrava di aver recuperato addirittura un po' di coraggio. Che sfumò, purtroppo, alle seguenti parole dell'uomo.

Il giovane angelo arrossì per il linguaggio piuttosto diretto del vecchietto: quelli erano argomenti che nell'Hekhal si toccavano raramente. Nella sua vita d'angelo aveva sentito parlare della riproduzione umana solo due volte, ed entrambe in termini piuttosto diversi da quelli appena utilizzati. Ma non fece tempo ad abbassare lo sguardo per nascondere le gote arrossate - due vere chiazze rosse sul suo viso appena roseo, perfettamente in bella vista - perché l'uomo lo spiazzò offrendogli una fiaschetta.

« Questo ti scioglierà un po' la lingua. Così potrai parlarmi tanto di questa tua amata città. »

Il coraggio raccolto un attimo prima svanì definitivamente. Doveva essere stata solamente un'illusione, una beffa, pensò Seraph mentre entrava in panico: come si comportavano gli esseri umani in questo caso? Non ricordava nulla della sua vita terrena precedente, e chissà quanto quelle memorie avrebbero potuto essere utili in un momento simile. Non riusciva nemmeno ad aprire bocca per dirgli che "no, io non sono di questa città".
Afferrò la fiasca, intanto. La guardò e se la rigirò fra le mani, osservandola attentamente. Avvertiva il rumore del liquido all'interno: cos'era? L'odore era abbastanza sgradevole per il suo naso, lo sentiva persino senza avvicinare troppo la fiasca al viso. Quell'uomo si aspettava veramente che lui bevesse qualcosa a lui totalmente estraneo? Per quanto ne sapeva poteva essere veleno. Dopotutto gli umani lo utilizzavano spesso, no?

Finalmente, però, si decise. Per il timore di qualcosa di peggiore dell'essere avvelenato, Seraph avvicinò le labbra alla fiasca e le appoggiò sul bordo. Trattenne per un attimo il respiro, adocchiando l'uomo, poi si rovesciò il contenuto sulle labbra. Non bevve il suo contenuto - non fece nemmeno a tempo: il solo odore e il liquido che si riversò sulle labbra - e su cui passò velocemente la punta della lingua - bastarono a provocargli una tosse improvvisa che lo costrinse a staccarsi dalla fiasca e offrirla di nuovo al proprietario.
Almeno aveva provato a berla, pensò.

« La ringrazio... signore. » disse appena si riprese.
Era effettivamente meno rigido di prima: anche solo quelle poche gocce che aveva assaggiato con la punta della lingua, forse, potevano fare effetto? Avvelenarlo, rendendolo prima più disinibito di fronte al terrore?
« Ma non penso che faccia per me... E non sono della città. » lo informò. « Sono nuovo di queste terre, in effetti. »

E come non credergli, dopotutto? Capelli albini e lucenti, occhi bicromi e chiari, pelle diafana.
Non erano decisamente tratti tipici di quei luoghi, si poteva dire.

 
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Lenny™
view post Posted on 7/4/2012, 09:23




Unfinished ~
III - Scrutare oltre


Il Beccaio tossì duro nel pugno chiuso, piegato in due come un vecchio in agonia. Ennesimo, maledetto raschiare di catarro. Senza tanti complimenti, strappò la fiasca di mano al ragazzino, e ingollò un paio di sorsi. Acquavite grigia come metallo gli ruscellò ai lati della bocca, dilagò tra la barba ispida, colò lungo il mento, per terminare in molteplici stillicidi a terra. Quando terminò di bere, tirò un lungo sospiro di aria fetida, per poi passarsi il dorso della mano sulle labbra, tovagliolo naturale nodoso come un mucchio di radici. « Non sei.. » Ruttò. Le sorsate selvagge di liquore marcio gli bollivano piacevolmente lo stomaco. Gli occhi lucidi e dilatati, come pozze di sangue prive di vita.
Non era di queste terre?

Rimarcò, scrutando Seraph dall'alto verso il basso con sospetto, come un uccellino in esposizione dentro una gabbia. Effettivamente, a guardarlo meglio, c'era qualcosa che decisamente non andava, nel moccioso. Capelli come una massa pastosa di platino, occhi bicromi, uno come un frammento di ghiaccio, l'altro come oro liquefatto, e ancora pelle color alabastro levigata come seta. Una femminuccia, più che un ragazzino di strada. No, una piccola perla, una bellezza troppo rara per essere casualmente incrociata tra i vicoli polverosi di quella fogna infestata da topi. E poi c'era quell'aura che lo circondava...qualcosa di strano, di ineffabile. Viktor aveva avvertito la stessa emanazione trascendentale in un prete incontrato tra le sommità delle montagne del nord,le Erydliss, o come cazzo si chiamavano.
« Lo vedo. Lo sento. »
Ghignò, malevolo.
Adesso quel prete riposava ancora li, a banchettare con vermi e corvi.

Ritappò la fiasca d'acquavite, facendola affondare di nuovo nella falda interna dell'elegante pastrano. Pazienza, i punti nevralgici della città di Gerico potevano anche aspettare, in fondo non sarebbero scappati via da nessuna parte. Una curiosità non indifferente ardeva adesso nell'animo nero del Beccaio, un interesse che non si fece alcun problema a rivelare al marmocchio, mentre passeggiavano placidamente tra le strade di Gerico come nonno e nipote.
« Qualcosa che ci accomuna, ragazzino. »
Berciò, dando un'altra paterna pacca sulla spalla di Seraph.
Il suo sguardo si assottigliò, riducendosi a una feritoia. Per guardare, per scrutare la reazione del giovane. E carpire qualcosa d'altro, oltre alle parole.
« Cosa sei? »

 
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Lust´
view post Posted on 7/4/2012, 20:28




Seraph lo guardò perplesso. Aveva lasciato al vecchio tutto il tempo che voleva, non osando interromperlo per timore: era scampato al veleno, a quanto sembrava; non aveva intenzione di innescare una reazione negativa nell'uomo.
Deglutì mentre lo osservava, sentendosi come un animale in esposizione. Non osò distogliere lo sguardo, però, e proprio per questo il giovane angelo si trovò a scrutarlo in modo più approfondito: l'aura di timore che emanava, di per sé, avrebbe potuto - anzi, dovuto - insospettirlo; egli, poi, aveva un luccichio strano negli occhi, punteggiati di rosso come le fiamme degli Inferi. "Le fiamme degli Inferi...", pensò Seraph.
Lo colse un improvviso capogiro che lo obbligò a portarsi una mano alla testa: vide un luogo oscuro, sobrio nel suo pavimento lucido e nero; le pareti del luogo erano di fredda pietra, e all'altro capo della stanza in cui si trovava si ergeva sul suo trono un uomo, con lunghi capelli neri e lo stesso luccichio negli occhi. L'uomo dai capelli neri gli sorrise, tendendogli una mano, e poi l'immagine svanì esattamente com'era apparsa.
"Cos'è stato?" si chiese Seraph, tremando. Le mani andarono a cingere le sue piccole spalle tremanti.

« Qualcosa che ci accomuna, ragazzino. »

La pacca sulla spalla che ricevette lo risvegliò dallo stato di trance in cui era caduto. Seraph sbatté le ciglia velocemente e tornò alla realtà, guardando interrogativo l'anziano: non aveva notato niente dello strano luccichio di consapevolezza che era passato nei suoi occhi, ma la domanda seguente lo incuriosì.

« Cosa... sono? » chiese scettico.
Ma Seraph aveva imparato dalle esperienze fatte che non era sempre un bene far vedere alla gente cos'era. Senza ulteriore indugio, quindi, rispose: « Chi sono. Mi chiamo Isaia. »
Poi assottigliò un po' lo sguardo e deglutì, formulando una domanda che avrebbe potuto rispondere a molti suoi dubbi.
« Lei, invece...? Cos'è? »

 
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Lenny™
view post Posted on 9/4/2012, 17:50




Unfinished ~
IV - Isaac


« Oh, solo un povero vecchio..» grugnì Viktor. « ..per oggi. »
Occhi rossi come pozze di sangue scrutarono Isaia da sotto cespugliose sopracciglia livide. Ma che cos'era quel lampo che li stava attraversando, disapprovazione..o interesse? Al Beccaio non sfuggì l'esitazione che attraversò il ragazzo prima di formulare la risposta, e il fatto che gli stesse nascondendo qualcosa lo incuriosiva quel tanto che bastava a reprimere l'impulso di mollarlo lì, all'angolo di quella strada, e tornare sui suoi passi. Isaia non era solo un ragazzo, così come lui non era solo un canuto anziano poggiato al suo bastone da passeggio. La menzogna, dopotutto, era così palesemente ovvia. Gli abitanti di Gerico che casualmente passavano davanti a loro, o che incrociavano il loro cammino, non facevano altro che fissarli in silente ostilità, senza neanche sapere per quale motivo avvertissero un brivido glaciale scorrere lungo le loro schiene, guardando il vecchio, o si rinfocolasse il loro animo, guardando il bambino. Due entità opposte, eppure in quel momento e in quel luogo passeggiavano insieme come se nulla fosse. E nessuno, nessuno di quei passanti, riusciva a incrociare il loro sguardo senza subito distoglierlo, in preda a un improvviso disagio.
Ma anche Viktor voleva far luce su quel mistero, e se le semplici parole non bastavano a far sputare la verità dalla bocca del ragazzino, vi erano metodi alternativi più che validi. Gli occhi, pensò il Beccaio, gli occhi sanno essere molto più eloquenti della lingua. Ecco perché quando riprese parola, in quel momento, i suoi occhi sanguigni si incastrarono nelle scaglie d'oro e di ghiaccio di Seraph, e lessero, in una lingua agli umani sconosciuta, scandagliarono per intero il suo animo, la sua mente, alla ricerca della verità nascosta.

Oltre gli occhi di Isaia, furono molte le cose che vide il Beccaio. Vide se stesso, non più corrotta creatura demoniaca, non più avvizzito generale dei dannati, ma angelo serafino, protettore dei cieli e guardiano della Città d'Oro. Si trovava in una vasta e gelida sala del trono, Viktor, o forse Seraph. Dinanzi a lui, si stendeva l'immensa sala, ornata ai lati da schiere di figure angeliche da una parte, demoniache dall'altra. Gli angeli brillavano di fulgido splendore nelle loro corazze argentee, le ali nere come la notte, gli sguardi vacui rivolti verso il più alto dei cieli. Al contrario, le alate creature disposte a pochi metri da loro erano orride alla vista, i volti celati da cappucci scarlatti, le mani avvizzite serrate sulle spade rivolte verso il più profondo degli abissi. Oltre tutto questo, al termine di tutto questo, torreggiava uno scranno in marmo scuro, occupato da qualcuno che lo squadrava dall'alto verso il basso, in silente attesa. Seraph -o forse Viktor- attraversò a passo fermo e deciso il corridoio di lame e statue, sino a giungere al cospetto dell'essere che sedeva sul trono, circondati entrambi da un coro di voci provenienti dal baratro. Un cantico dannato, un peana infernale. Sapeva con certezza di chi si trattasse, poiché l'aura oscura che ammantava la sua sagoma poteva appartenere solo al Primo, Primo degli angeli, Primo dei demoni.
La metà superiore del suo volto era oscurata dalla penombra della chiesa. Quella inferiore, era un volto dalla pelle delicata come seta, candida e oscena nella sua bellezza. Un sorriso dolce e velenoso come una menzogna affiorava dalle sue sottili labbra.
Isaac, Generale delle mie fedeli schiere angeliche;
Alzati, mio Angelo Dannato: il tuo signore te lo ordina


Viktor riaprì gli occhi.
Niente sala del trono. Nessuna schiera angelica o demoniaca. Neanche l'ombra dell'uomo che sedeva sul trono. Un essere che Viktor conosceva di fama, creatura sin troppo affine all'Unbennenbar. Ciò in un certo senso smorzò la rude bonarietà con cui aveva trattato Seraph, anche se l'uomo non poteva in alcun caso trovarsi nelle loro vicinanze, in quel momento. C'era solo Isaia, al suo fianco, che tentava goffamente di reggere il suo passo. Isaia. O forse Isaac. In ogni caso..
« Uno di quei bianchi uccellini. Dunque è questo ciò che sei, Isaac. »
Non una domanda, quella di Viktor. Una sentenza sputata fuori con voce dura e secca. Ecco fugato ogni dubbio, ogni segreto così ostinatamente tenuto nascosto dal ragazzino. E così brutalmente strappato via dai suoi ricordi.
« Ma ciò che non posso fare a meno di chiedermi è:
cosa ci fa un angelo decaduto qua Gerico?
»

Tech utilizzata (in modo romanzato e in accordo con Lust): spia, consumo Basso.


Edited by Lenny™ - 9/4/2012, 19:11
 
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Lust´
view post Posted on 10/4/2012, 21:22




Seraph avrebbe voluto aprire bocca per chiedergli incuriosito e intimorito "Cosa intende con per oggi, signore?", ma non ne ebbe il tempo. Fu il tempo di un guizzo, un lampo, e ciò che lui ricordò si sovrappose agli occhi del Beccaio, che lo fissavano interessati. Ricordava mentre l'altro vedeva. Quando tornò alla realtà aveva gli occhi grandi e sgranati, le gambe molli e tremava vistosamente - ancora una volta.
Fu costretto a fermarsi, lì in mezzo alla strada, al fianco del vecchio.

« Uno di quei bianchi uccellini. Dunque è questo ciò che sei, Isaac. »

« Ma ciò che non posso fare a meno di chiedermi è:
cosa ci fa un angelo decaduto qua a Gerico? »

Parole dure da digerire, veri pugni nello stomaco. Seraph - oppure Isaia, o ancora Isaac? Era così confuso da non riuscire più a capire chi fosse veramente - venne avvolto da una sensazione strana, che gli prese ancora lo stomaco; aveva bisogno di vomitare, che fosse l'anima oppure il suo passato. Perché quello lo era, lo aveva percepito, aveva sentito la sua essenza vibrare in accordo con quel pezzo di memoria e riconoscerla. Una risonanza, ecco cos'era accaduto. La sua essenza angelica era entrata in risonanza con quella di un'empia creatura malvagia, con quella di un angelo decaduto! Quegli esseri disgustosi. Se c'era qualcosa che mal sopportava con tutto il cuore, oltre agli esseri umani, erano proprio i Dannati, ancor più se angeli: esseri che facevano male in nome del Signore. Che desideravano, per questo, rientrare nelle sue grazie. Ma era innegabile, e questo lo ridusse sull'orlo delle lacrime, che cominciarono a cadere piano sulle sue guance: quello era lui. Quell'angelo decaduto era stato lui.
« Sitael, Sitael... » - Cominciò a sussurrare il nome del suo guardiano, di suo fratello, come se si trattasse di una preghiera inudibile e potente, in grado di spiegargli cosa stava accadendo. Deglutì a stento, annaspando e cadendo ancora a terra. Si prese la testa fra le mani e poi, in un moto di pura stupidità, di orgoglio, di chissà quale altra sensazione, si calmò e alzò lo sguardo sul vecchio, per un attimo lasciato da parte, ignorato fino a quel momento.
Uno sguardo vacuo che sembrava anticipare l'arrivo di una tempesta, calmo solo sulla superficie; sul fondo si agitavano correnti così forti, così pericolose, che era meglio lasciarle dove stavano in quel momento.

E mentì. « Mente. »
Mentì ancora. « Lei sta mentendo. »
Negò la realtà.
« Deve star mentendo! » urlò.

E poi in un mormonio - come se fosse stato svuotato da tutto, e appena più udibile della precedente preghiera, aggiunse:
« ... Deve essere così. Il mio nome è- »

Si bloccò, per fortuna. Lancinanti fitte, affilate come coltelli, cominciarono a prendergli a stilettate la testa, riducendolo ancora boccheggiante. Con lacrime di dolore agli occhi, ora, rialzò la testa - tenuta fra le piccole e candide mani, ora mortalmente pallide come la pelle del viso del ragazzino - e guardò il suo anziano interlocutore, con la muta richiesta di dirgli solo la verità ora ben stampata negli occhi lucidi: « Come ha fatto...? Come può pensare che io sia qualcosa di così abominevole? », gli chiese improvvisamente rinvigorito, calcando sull'ultima parola, come se il dolore gli desse la forza di osare.




Diciamo che Seraph ha perso un attimino il controllo. XD Non sono da tutti i giorni rivelazioni del genere, dopotutto, no?
 
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Lenny™
view post Posted on 14/4/2012, 16:55




Unfinished ~
V - Tessitura


Viktor inarcò un sopracciglio, visibilmente sorpreso. Le sue parole avevano avuto un effetto imprevisto, neutralizzando letteralmente il povero Isaia -o forse Isaac-, ridotto ora a un essere inerte e indifeso, nient'altro che il patetico bamboccio che fingeva di credere d'essere. Curiosamente, il bambino si era messo a farfugliare qualsiasi cosa pur di respingere una verità che, per il suo spirito, doveva essere dura e tagliente quanto un colpo di daga. Ma l'intento del Beccaio non era quello di far del male ad un povero uccellino, per quanto fosse così amabile vederlo tormentarsi in quel modo. No, quel giorno si trovava a Gerico per altri precisi intenti, e lasciarsi distogliere dalla frivolezza di quel piacevole passatempo fatto di pena e dolore non rientrava nei suoi doveri. Non quel giorno.

Un altro demone, al suo posto, non avrebbe perso tempo a cancellare dalla faccia della terra la riprovevole esistenza di quel piccolo angioletto. Ma una parola, Viktor lo sapeva bene, sapeva uccidere più d una spada. Specialmente una parola vera. Sobillata alle orecchie di quel misero ragazzino dietro una avvizzita maschera di benevolenza. Alla fine, chissà se avrebbe creduto ingenuamente a tutte le informazioni che lui gli avrebbe dato in pasto. E se il cancro del dubbio avrebbe attecchito nel suo giovane spirito.
« Non ti sto mentendo. I miei poteri mi garantiscono una certa onniscenza, uccellino. »
Confessò il Beccaio, scuotendo il capo con fare rassegnato.
Una mimica falsa, da teatrante.
« Ora devo andare, ma ricorda queste parole: sei un esemplare degenerato e decadente di una razza depravata; eppure ciò non significa che non potrai tracciare il tuo sentiero, esercitando il tuo libero arbitrio. »
Una pausa. Studiata, premeditata.
« Se raggiungerai l'età adulta senza aver dissipato i tuoi dubbi, uccellino, chiedi di questo nome: Viktor von Falkenberg. E cerca colui al quale appartiene. »
Una ghigna giallastra.E detto questo, si allontanò dal giovanotto. Chissà se il vecchio generale sarebbe riuscito a far valere la sua capacità di persuasione.
Un angelo rinnegato, tra i suoi ranghi, avrebbe certo fatto comodo.
« A presto. »
Passarono sotto un'arcata d'ombra. Una folata di vento costrinse Isaia a stringere forte le palpebre, schermandosi il volto da refoli saturi di polvere. Quando riaprì gli occhi, non trovò nessuno al suo fianco.
Il vecchio col bastone era semplicemente scomparso.
Come se non fosse mai esistito. Se non nella sua immaginazione, in un suo sogno ad occhi aperti.
O in un incubo.

 
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