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I Leoni dell'Eden ~ Ecologia

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Nahenia
view post Posted on 9/7/2012, 12:39





I Leoni dell'Eden VIII
La Luce




Per un attimo, solo per un breve ed insignificante attimo, Desiderio si sentì leggera. Prima che il corpo, dolorante, precipitasse al suolo in un tonfo sordo, graffiando la pelle diafana e tingendola di lividi vividi, lacerando la veste e scompigliando la chioma di luna, si per un attimo si sentì leggera.
Poggiandosi sui gomiti sbucciati spalancò la bocca e in uno spasmo cercò di ingoiare più aria possibile, mentre la destra corse allo stomaco dolorante. Un rivolo di sangue e saliva bagnò il mento sgocciolando pigro al suolo.
Ciò che Desiderio provò, ciò che la fece tremare con rabbia, non fu il dolore lancinante, ma la mancanza di forza. Incapace di pensare si era scagliata sul ventre rigonfio già immaginando di vederne sgorgare il sangue, ed invece quello che vide fu solo il nero.
La compagna El era stata incapace di difendersi e priva di sensi poggiava al suolo, il corpo una marionetta in mano del nemico.
Aveva fallito ancora un volta.

I Leoni non si piegano
Sanguinano
Ma combattono.

Tu
Sei Ratto o Leone?


Dall'ombra dell'ingresso un rumore lieve, quasi impercettibile di passi, i suoi passi, fece voltare Desiderio. Dall'ombra dell'ingresso un suono, di carne che si lacera, fece rincuorare la bimba. La Regina senza regno era giunta.

Una sola spada è poco o nulla, ma può essere un simbolo per molti.
Una luce nell'oscurità.
La sua spada.


I Leoni non si arrendono
Muoiono
Ma combattano.

Tu
Sei Ratto o Leone!?


Le gambe tremarono sotto il peso del corpo mentre le braccia abbandonate pulsavano il sangue nelle vene. Il volto tumefatto era rigato da una cascata di capelli arruffati, gli occhi inumiditi guardavano dritti davanti a se, incoraggiati dalla Luce della lama. Poi persa nelle sue voci Desiderio cadde rovinosamente, e dei frammenti di uova, uniti alla melma densa e verde, ricoprirono in parti il suo corpo, uccidendo i figli mai nati.
Le sembrò di sentirli urlare.
«Desiderio, qui.» La voce della Signora l'aveva chiamata, e ubbidiente lei accorse. Al suo fianco la luce sembrava risplendere con intensità, facendo a brandelli il buio che le era entrato fin dentro le carni.
«Mia Regina.»ino, poi si sistemò dolorante al fianco della sua Signora. Per la prima volta vide il nuovo corpo della Madre, i lineamenti splendidi, i capelli morbidi e gli occhi duri come il marmo. Ma non ebbe paura, adesso si sentiva bene, forse la vicinanza della Regina, forse la sua luce, forse stava solo cominciando a crescere.
«Chiedo venia mia Regina, non sono stata capace di difendere i miei compagni» una pausa, un ammonimento silenzioso «Ma per Voi, per mia sorella, non permetterò più alcuna caduta.» Gli occhi, se pur stanchi brillavano di una luce sfolgorante « Tanto meno la nostra E sul volto nacque quel ghigno, la lingua saettò sulle labbra, il corpo si distese, nuova veste per una nuova Lei.
Avanzò di qualche passo, le mani protese ed aperte a mostrare alla Madre i resti dei suoi figli. «Hanno urlato. Li ho sentiti io.»

Nel buio della mente il Ghigno si allunga, si flette in avanti
striscia sulla terra, nelle ombre tetre del mondo e si insinua, serpe infame, nella mente della Madre, o così spera.
La provoca, le mostra i figli morti, le sue fatiche i suoi urli distrutti per sempre.
Dovrebbe temere la Madre colei che è riuscita, che con coraggio e forza ha decimato, sterminato i suoi figli. Non ne restano che pochi, pochissimi, ma non vivranno a lungo. La guerriera è pronta a schiacciarli sotto i suoi piedi, come lei ha osato fare con la testa di El.
Nella mente con la paura rimbomba il terribile suono del guscio che si spezza.
La paura è una nemica crudele.



Per un attimo, solo per un attimo, Desiderio si sentì leggera.



[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]

Stato Fisico -
- Danno Medio ( Causa tecnica psionica)
Stato Mentale -
-
Energia
- 80% - 20%
60%
Tecnica Media
Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -
« Sussurro al cuore »



La purezza viene meno, se sotto il cuore, nei più reconditi meandri di quel muscolo fatto di carne, si cela il Ghigno. Svelatosi all'infante nel momento stesso in cui la stessa Leanne è stata condotta al mondo, ha preso dimora nel petto di Desiderio e lì imperterrito tamburella una nenia stancante. Come parassita si ciba di lei, dei suoi sogni, come alleato le dona un presente, un presente scomodo.
Desiderio, succube del Ghigno, riesce a farsi carico di un potere ineguagliabile; la capacità di entrare nel cuore delle persone e lasciarvici un bacio delicato, ma si rivelerebbe essere altro che una terribile influenza psicologica. La succube, non per propria volontà, ne capacità, riesce ad infondere nel cuore del suo nemico uno qualunque dei tanti sentimenti che sono propri dell'animo umano. Paura come pietà, nostalgia o spensieratezza fino ad arrivare all'amore inteso come spirito o lussuria per attrazione fisica. Giocare col cuore degli altri, esiste qualcosa di più crudele? Uno sguardo basterà ad intrecciare il legame necessario all'offesa mentale, la voce sarà un utile tramite e tanto meglio se Desiderio riesce a toccare il bersaglio designato. Ma neppure il ghigno può nulla se la vittima sacrificale ha la capacità di difendersi con un opportuna difesa psionica.
Ma non tutto ciò che è oro brilla. Poiché la piccola Desiderio ha un animo ed un corpo puri, poiché su di essa cresce armoniosa la natura, quest'ultima cominciando ad avvizzire la punirà per l'affronto mostrato al naturale ciclo degli eventi.
[ Il costo della tecnica è Variabile, ma all'utilizzo Desiderio subirà un danno basso.]


Note: Bhè visto che... vediamo di fare qualcosa xD

 
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.Neve
view post Posted on 10/7/2012, 23:28




"Parlato Afrah"
<< Pensato Afrah>>

<< Pensato Tayf>>
"Parlato Denam"
"Parlato Hani"
"Parlato Rodoard"




" Io mi chiamo Hani!"

Sorrise. Una mezzaluna madreperlacea, bianco luminoso nella notte più nera. Pelle ambrata del settimo regno, levigata dal deserto. Occhi curiosi, attenti. Due pozze scure, appena socchiusi dal riso. Un'espressione sincera, innocente. Guardava Afrah attendendo una risposta, o più semplicemente desideroso di attenzioni. Hani, un nome modulato dalle eco delle pareti di roccia. Pronunciato con la stessa intensità di una risata. Lo stesso significato, la stessa parola per dire felicità. Un suono non dissimile ai lemmi del nome di lei. Felice. E lo era, nonostante la tetra situazione. Nonostante fosse un bambino ancora fragile, tendente al pianto. Aveva trovato lei. Il volto di Afrah sovrapposto a quello di sua madre, la sua lunga abaya gli ricordava le vesti che lei era solita indossare. Scuri drappelli, ampie maniche di tessuto grezzo. Tende dietro le quali nascondersi.

Ma non lo avrebbe fatto. Non questa volta, almeno. Sua madre avrebbe visto quanto forte era diventato. Non aveva paura Hani, non abbassava la testa timoroso. Camminava spedito, rapido. Non conosceva il terrore, lo disprezzava. Era fermo e deciso quasi quanto un uomo. Sua madre non lo avrebbe più abbandonato. Sua madre non lo avrebbe più lasciato da solo a vagare per il Samarberthe. Scusandosi, piangendo e strappandosi i capelli.

Sarebbe stata fiera di lui. Sì, questa volta lo sarebbe stata.

ﻢﱠُﺛ

Passi lenti e cadenzati, uno scalpitio continuo e regolare. Venti, tra uomini e donne e bambini. Ammassati, stanchi e deboli. Ma mai sconfitti. Avanzavano placidi ma decisi a sopravvivere, volontà ferme verso la salvezza. I loro occhi erano testimoni della sofferenza, biglie lucide entro le quali si poteva scorgere una distruzione dell'anima, pezzo per pezzo. E loro erano la cena. L'esca, le vittime ignare di un massacro che era solo agli inizi. Afrah lo sapeva, l'aveva avvertita quel ragazzo. Quel giovane tanto puro, tanto innocente. Era più scaltro di quanto si aspettasse.
"La loro morte garantirà la nostra sopravvivenza."
Aveva detto. Parole dure, parole spietate. Ma cariche di significato. E gli occhi della beduina si fermarono un istante sul volto radioso di Hani. Una preda, un'esca. Solo questo. La guardava sorridendo, e lei era come se sentisse un nodo alla gola. Un groppo allo stomaco fatto di risentimenti e sensi di colpa. La guardava ed era come se morisse ogni secondo. E Tayf l'aveva sospettato. Carpiva in qualche modo la sua frustrazione, scrutava nel suo animo come un falco predatore. Ma non disse nulla. Lasciò che i suoi timori le colassero addosso come cera calda, la lasciò bruciare. Crescere. Era una prova, anche questa.

Qualcuno stava lottando, qualcuno infrangeva il suono del silenzio. Squarciava con violenza la cupa aria grigiastra. Lì tra i miasmi venefici, lì tra le madide pietre rumori di lame e passi si intrecciavano in una danza perpetua. Avanzavano in silenzio, cercando di non attirare troppo l'attenzione. E nel buio dei cunicoli videro il peggio. La frenetica realtà si palesava loro dinnanzi, si piantava fissa sui loro volti. La preda ed il suo aguzzino, attori di un dramma epico. E loro, sporchi e cenciosi. Comparse di una tragedia ai limiti del reale. Il prediletto friniva, picchiettava con la lama il corpo svenuto e martoriato di un giovane ragazzo.

Si era accorto di loro.

"Potete uscire fuori ora. "
Il corpo corazzato, possente. L'armatura liscia e perfettamente costruita sul suo corpo. Un bianco evanescente colorava la sua pelle, visibile solo in volto. Un volto tetro, cupo. Gli occhi neri di un abisso imperscrutabile. Li fissava quasi fosse infastidito, avrebbe detto Afrah. Come topi in trappola, scimmie incapaci di agire o agitare le braccia.
"O la testa di questo ragazzo ruzzolerà via libera del giogo del corpo. "
Li stava minacciando. Un giovane sconosciuto ai più rischiava di perdere la vita, se solo loro non si fossero mostrati. Chi era? Chi o cosa li stava ammonendo? Chi con tanta arroganza pretendeva di decidere le sorti di ciò che sarebbe accaduto? Afrah non lo sapeva. Non le interessava conoscere il futuro di quel giovane, non capiva perché avrebbe dovuto difendere un gruppo di genti variegate e cenciose. Uomini disarmati, deboli. Inetti.
<< Stolti. >>
Li avrebbe abbandonati. Avrebbe voluto andare lontano, correre per deserti e colline. E mari e foreste. Perdersi in territori sconosciuti. Volare tra le fronde di alberi secolari e fuggire. Nascondersi.
<< Scappare.>>
Solo questo e nient'altro ancora.
<< Sai farlo Afrah? Sai scappare?>>
Si, sapeva farlo. Avrebbe abbandonato le cose terrene, sarebbe sfuggita agli aguzzini ed agli stupratori. Vivere felice, per sempre. Per sempre.
<< Si, certo. Io posso!>>
Doveva andare via. Doveva abbandonarli.

Abbandonare.

Il suo volto pallido si posò su quello brunito di lui. Hani. Doveva abbandonare anche lui. Come aveva fatto la sua vera madre, come in fondo lui si aspettava. Forse.

<< Tu non lo farai Afrah, non lo abbandoneresti.>>

E non lo avrebbe fatto. Non lì, non in quel momento.

<< Non sai più scappare.>>

ﻢﱠُﺛ

Il piedi della Banshee avanzarono rapidi sulla soglia della spelonca. E lei si mostrò, si mostrò a Rodoard in tutta la sua interezza. Una donna. Una semplice ed inutile donna fatta di carne e sangue, e ossa e anima. Posò le iridi ambrate su quella creatura, lo guardò bene. Non si tirò indietro, non questa volta. Quella creatura teneva la vita del ragazzo in pugno, un burattinaio troppo stanco per reggerne i fili. E ne saggiava gli istanti Afrah, lo lasciò parlare. Lo lasciò sfogarsi. Si guardò indietro, in preda alle incertezze. Uno sparuto gruppo di anime, fragili. Sole. Ognuno di loro lo era. E lo sapeva anche lei.

"Se speri di intenerirmi hai sbagliato persona. "

afrah2

Tuonò. Come un fulmine in primavera. Spietata come la mantide che divora i suoi amanti. Tornava la Afrah di sempre, la concubina che mise fine alla misera esistenza del suo padrone. Ed era un gioco, una corsa alla sopravvivenza. Una giostra sfrenata in cui il più debole sarebbe capitolato, allentando la presa. Non lo conosceva nemmeno, il ragazzo coperto di sangue. Non le importava, voleva solo andarsene. E lo avrebbe fatto, con la più sporca tra le insidie.
"E poi, non vedi come brucia bene il corpo che tieni tra le braccia?"
Cantò la mashwrr. Non un urlo, non un grido di dolore. Una canzone. La rahaba che tanto le era cara. La melodia proibita in cui disperazione e visioni conturbanti avrebbero attanagliato la vittima, senza fine e senza scopo. Un requiem soave che aleggiò per le spelonche e si disperse tra le fessure. L'avrebbe visto Rodoard. Se non si fosse protetto in alcun modo, avrebbe visto le fiamme.

Fuoco.

النيران

Una illusione. Solo a lui e a lui soltanto si sarebbe manifestata. Fiamme che sembravano poter divorare il corpo del giovane Aron. Consumandone le carni, carbonizzando i tessuti e corrodendo ogni brandello di esistenza.
"Brucia bene anche il tuo braccio, vedo."
Un sibilo potente, un gancio diritto al cuore dell'umanoide. Avrebbe potuto vedere il fuoco propagarsi, espandersi dal cadavere ormai carbonizzato e risalire su per il braccio in cui teneva la grossa spada. Avrebbe voluto corromperlo all'esterno, ferirlo dentro.
Le due dita affusolate scivolarono all'interno di una delle tante tasche della abaya. Il tesoro che trovarono fu un pezzo raro, insolito. Uno spillo affilato che venne lanciato in direzione del suo occhio destro. Una cosa da poco, forse. Ma voleva prendersi altro tempo. Con la mano destra impugnò il kukri dall'elsa dorata. E soffiò. Su di esso si impresse il canto del Diavolo. Iblis ballava e urlava al ritmo di una melodia oscura e funerea.

Correva.

Il braccio teso, il kukri nella mano. Cercò di ferirlo nell'unica parte scoperta che i suoi occhi potevano scorgere. Il volto. Un rapido movimento dal basso verso l'alto a volerne sfregiare la guancia sinistra. Avrebbe potuto sentire gli arcangeli in festa, avrebbe potuto udire i suoni raccapriccianti delle vecchie in lacrime. I corni ululanti e perenni.

E Afrah sarebbe stata libera, andando incontro ad un futuro incerto e ricco di gioie inaspettate.
Hani la guardava, tremava ed inorridiva. Non la riconosceva più. Non riconosceva più sua madre.







alberov
AFRAH:
ReC 275; AeV 150; PerF 150; PerM 225; CaeM 150.

TAYF:
Rec 250; AeV 300; PerF 250; PerM 250; CaeM 150.


Consumi: Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%



Energia: 60% - Alto 20% - Medio 10% = 30%

Stato Fisico: Basso da taglio alla caviglia destra 15/16

Stato Psicologico: Illesa 16/16

PASSIVE:
CITAZIONE
La Banshee: Afrah e Tayf sono, insieme, un’unica Banshee, ogniqualvolta che la Banshee incrocerà lo sguardo con un individuo di potenza pari o inferiore alla sua, esso percepirà un lieve timore che sfocerà in un leggero brivido di paura. [Passiva razziale Avatar]
Il Velo: La banshee è capace di evocare (le proprie difese) in maniera istantanea ed inconscia, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. [Passiva di Dominio Absolute Defense, III livello]
Né in Paradiso Né all'Inferno: In particolari condizioni di calma e concentrazione la Banshee sarà in grado di levitare, anche se con alcuni limiti: non potrà superare la sua naturale velocità che potrebbe raggiungere camminando o correndo, e nemmeno arrivare ad elevate altitudini. Inoltre, basterebbe un solo calo di concentrazione per far in modo che la malia si interrompa. [Passiva di levitazione]

ATTIVE:
CITAZIONE
CANTO ƨ Paura ~ Rahba ﺭَﻫْﺒَﺔ
È un canto proibito che genera forti disagi e visioni violente a chi la ascolta, esso mette a nudo le più grandi paure e angosce, le rivolta come un guanto, mostra la morte e genera un immenso sconforto. Le visioni possono essere di diverso tipo: torture raccapriccianti, incubi ricorrenti, fiamme divoratrici e così via. Afrah avrà quindi bisogno di un consumo alto di energie, ma la potenza sulla mente e sul corpo della vittima sarà di entità media. [Pergamena del Ladro "Inganno"]

CANTO ƨ Sussurro di Iblis ~
Afrah riesce a concentrare la sua voce in un’unica emissione di aria e indirizzarla su di un’arma o un oggetto specifico in modo tale che esso si impregni di una particolare malia che quando toccherà il bersaglio sprigionerà il suono nella sua mente, e questo sarà uno sei suoni più orrendi e lugubri che mai sentirà in vita sua. Canti funebri, rumori sconnessi, urla e pianti tutto in un consumo di energie medio per un danno fisico pari al consumo di energie stesso. [Pergamena del Ladro "Tocco della Vipera"]

RIASSUNTO:
Capendo la gravità della situazione, Afrah canta "Paura" - Alto (Pergamena del Ladro "Inganno") generando su Rodoard una illusione in cui - se non contrastata - vedrà bruciare il corpo di Aron e poi il braccio in cui tiene l'arma. La beduina lancia poi uno spillo (arma da lancio) in direzione dell'occhio destro di Rodoard, intenzionata quindi ad accecarlo. Dopo soffia sul Kukri il "Sussurro di Iblis" - Medio (Pergamena del Ladro "Tocco della Vipera") e cerca di ferirlo nella guancia sinistra.




 
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Foxy's dream
view post Posted on 16/7/2012, 23:17




gif

Rodoard annusò l’aria e gli parve come di avvertire la presenza di intrusi.
A lungo disabituato agli odori di fuori, ora ne avvertiva il forte olezzo. Non sgradevoli, quanto più nostalgici. Quando vide la prima dei fuggitivi, non accennò alcunché, solo un indistinto fastidio, lo stesso che arrecherebbe una mosca in una calda e afosa giornata estiva.
Ora, per la seconda volta, stava per ingaggiare battaglia. Eppure qualcosa dentro di lui gli intimò di fare attenzione, di restare in guardia. Forte però di coscienza e vanità, si scrollò di dosso i dubbi con l’errore di sottovalutare l’indole vendicativa e selvaggia di chi messo alle strette.

Gli accadimenti che seguirono furono troppo veloci affinché fosse in grado di comprendere e reagire. Un fuoco inestinguibile avvampò sul corpo del giovane moribondo in terra, e lo stesso poi, quasi intenzionalmente, raggiunse il braccio che teneva l’arma ardendo la protezione cornea fino ad ustionarne le carni.
Gemette.
Quelle fiamme non recarono solo dolore, patimenti, non furono solo in grado di fargli perdere lo spadone di mano; ma quelle fiamme lo arsero nell’anima, nella mente. Una vaga forma di paura, impressione. Il suo istinto non gli aveva fatto torto, ma il raziocinio spesso occlude la via alla sopravvivenza, ora minata dalla stessa donna lanciata contro di lui.
Dalla schiena, all’altezza delle scapole, spuntarono istantanee due estroflessioni ossee provviste di diversi snodi così da permetterne l’agile articolazione. La prima di queste si sollevò sullo spillone della giovane in procinto di conficcarsi nell’occhio, mentre la seconda parò il colpo di spada che arrivava al suo viso dall’altro lato. Con la stessa semplicità, poi, conficcò i due lunghi arti supplementari in terra al pari di uno scudo, per portarsi un paio di passi indietro, in distanza di sicurezza.

« Un tempo anch’io facevo affidamento sull’acciaio. » commentò prendendo un lungo respiro, analizzando l’entità del danno al braccio destro; bruciava « Poi però, in punto di morte, ho capito che esisteva altro. Ben più spaventoso, ben più terribile. »

Sorrise.
« Fui uomo anch’io. » convenne « Poi diventai qualcos’altro. »


E con quell’ultima frase le due nuove armi saettarono contro la folla di umani che si nascondeva dietro. La branca di destra saettò di fianco al bel volto di Denam, lasciandolo di sale. Se fosse stato meno di un passo più al centro, se non si fosse accostato alla parete per mera precauzione, ora qualcosa di oscenamente rapido gli starebbe per perforare il cranio. Ma come era facile intuire, qualcun altro era stato sacrificato, immolato in nome di quel massacro.
Ben due persone, un uomo e una donna, erano stati trafitti. Il primo alla clavicola e la seconda alla gola. Come tronchi d’albero crollarono al suolo una volta che l’arto fu ritratto; la pozza di sangue che si estese fu incredibile, quasi quanto le urla di panico di gente che non sapeva dove rifugiarsi, facendosi scudo vicendevolmente come cani, talvolta scambiandosi di posto, al punto che i più deboli furono piantonati in prima linea.
Disgustato, Denam guardò oltre.
L’esito della seconda offensiva destò meno clamore, ma sortì un effetto quanto mai tragico nelle dinamiche dello scontro.
Come fosse stata un frusta, vibrò un colpo poderoso al ginocchio dell’elfa stendendola dal dolore. Slanciato nel movimento però, tremendamente fluido, cambiò traiettoria fendendo l’aria in un moto ascensionale, e ancora una volta le piombò sul capo stramazzandola definitivamente al suolo.

« Ora a voi. »
E fu veloce, fulmineo per quanto la pesante armatura e i danni subiti gli permettessero.


Il prediletto corse sulla nuda roccia, chinandosi e facendosi scudo con i due arti supplementari. Afferrò la spada in terra e con altri due balzi fu sull’elfa per frantumarle l’osso del collo definitivamente, ma la sua arma ne trovò un’altra, che a stento resse la sua forza bruta.

« Idiota, non sarà così facile. »
Schernì dissimulando l’incredibile sforzo di volontà nel reggere la sua notevole preponderanza fisica. Con uno slancio d’energia evocò nuovamente dei legacci nodosi che si attorniarono alle gambe dell’ibrido, bloccandolo nella sua posizione, così che, almeno per il momento, i suoi movimenti fossero vincolati a quella posizone.

« mh »
Approvazione.


I due arti supplementari, tuttavia, svincolati dall’incanto. Si avventarono sull’evocatrice di fiamme, l’una all’altezza del ginocchio e gomito destro, nel tentativo di spaccarle le articolazioni. Persino per lui, quello scontro si stava protraendo troppo a lungo. E il pensiero alla Madre volò rapido, augurandosi di star placando almeno il maggior numero possibile di intrusi e fuggitivi facilitandole l’ingrato compito di pulizia.

_ ___ ______________________________ ___ _



La Madre osservò esterrefatta ciò che andava maturando sotto i suoi occhi, quasi con impotenza. Mentre la sua attenzione era focalizzata per intero dalla paladina rinomata come Regina senza regno, la sciocca donna che aveva avuto la pietà di lasciare in vita per un altro attimo - ingenuamente identificata come innocua - aveva compiuto ciò che per lei era puro orrore e disgusto, il più grande torto che era possibile arrecarle.
Le sue uova, i suoi figli. Piccole vite spezzate, calpestate, tritate ancor prima che un pensiero potesse carezzare i loro volti, che il suo amore per loro potesse essere apprezzato e corrisposto. Neppure un primo respiro, neppure una prima movenza. Coscritti in cerei gusci d'uova non avevano ancora fatto alcun male, ed anche se l’avessero fatto sarebbe stato loro tutto perdonato: perché erano i suoi figli, ed il bene di una madre trascende le colpe e l’errore.
Come una vibrazione dal fondo del suo cuore, qualcosa trovò moto in lei. Più profondo dell’odio, viscerale quanto una volontà finalizzata all’annientamento di tutto, sé compresa.

1


Tremò. I muscoli furono quasi percorsi da una scarica elettrica, si invigorirono abbandonando il tono femmineo mantenuto prima. L’espressione distesa del viso mutò in fuoco vivo, le iridi verterono all’oro e la piccola pupilla scura si strinse al pari di una di rettile. Il colore madreperlaceo della cute fu striato da lunghe branche scure, come se quell’odio eviscerato da una singola e banale azione si fosse concretizzato sulla sua pelle, tatuato come inchiostro. Persino la sua chioma rossa come sangue si fece nera come carbone. Tutto in lei, finalmente, richiamava la vera natura di demone.

« Come hai potuto? »
Sibilò in un fil di voce.

2


E saettò a velocità straordinaria su Desiderio. Le mise una mano al collo e protratta in quello scatto disumano la trascinò con sé fino a sbatterla sulla parete. Troppo veloce perché Alexandra la fermasse, troppo veloce affinché la giovane se ne avvedesse. La roccia crepò tanta fu la violenza, e dalla bocca della vittima, stretta in una morsa letale, fuoriuscì un rivolo di sangue.

« Come. Hai. Potuto? »


E così dicendo la allontanò e la sbatté nuovamente alla parete, per tre volte, come volesse scandire il significato di quelle parole con violenza, ed ognuna con maggiore intensità strappandole gemiti soffocati. La presa sulla gola si fece ancora più ferrea e salda, ma la Regina intervenne prima dell’inevitabile.

« Non così in fretta. »
A larghe falcate percorse la strada che la distanziava, caricò il colpo con entrambe le braccia e si esibì in un taglio roverso mirato al braccio teso alla gola, col fine di mozzarlo in un sol colpo. Ciò che tuttavia trovò fu una nuova estroflessione, una coda che si frappose tra il filo e l’obiettivo del colpo, che non tentennò né accennò un movimento all’urto con l’arma.
« Tsk! »
Ma la secca espressione di disappunto si appropinquò appena all’articolazione labiale che la coda ramificò a sua volta. L’estroflessione cornea, veloce come un lampo, schizzò verso l’addome della nera paladina laddove la guardia era rimasta scoperta, e la trapassò da parte a parte.


Alexandra non reagì; non ne fu in grado. Sangue scuro e denso come pece colò dalla ferità larga una quindicina di centimetri di diametro; la sua pelle già chiara divenne pallida, le falangi persero ogni tensione lasciando scivolare la spada, il simbolo per mezzo del quale stava ricostruendo un clan allo sbando.

Il tempo parve arrestarsi, gelare anch’esso. Quando la cornificazione fu nuovamente risucchiata all’interno della coda, la regina rovinò bocconi al suolo senza opporre alcuna resistenza, e con un ultimo colpo di tosse cadde al suolo, semplicemente, annaspando in una larga pozza di sangue.

« Io non mento mai. »
Ringhiò la madre. Il volto contornato di soddisfazione a quella vista.
« Ed ora a te. »
Canini ferini sostituirono la dentatura similmente umana. Ghignò, mostruosa.
Immerse le proprie iridi bramose di sangue nelle sue più vacue, e in un unico movimento torse il capo fino ad affondarli nella sua giugulare, stringendo con quanta più energia le concedessero le mascelle assaporando il suo sangue e la sua carne tenera e molle.

« Desiderio! Desiderio svegliati. »
Alexandra urlava, tentava di respingere la Madre che come un’implacabile furia si era avventata su di lei.


Teneva strette le sue braccia in una blanda presa articolare, e dopo aver colpito l'avversaria al viso con una gomitata, posò la mano libera al suo ventre deflagrando energia luminosa. Tale fu l’impatto che la Madre fu scaraventata dalla parte opposta della stanza, svantaggiata dalla sua mole piuttosto ridotta rispetto alla sua precedente e ripugnante forma.

« Ghhhh- »
Sbatté la schiena alla parete ma si rialzò prontamente, quasi non accusando il colpo.
Non dandolo a vedere, perlomeno.
« Dannazione, riprenditi! »
Ansimava. Gli scontri ai piani superiori erano stati relativamente facili, alcuni più ardui, e le forze cominciavano a scemare. Il fiato corto, le gambe molli, le braccia stanche. Avrebbe retto, ma per quanto ancora?
Spada in pugno si portò avanti.
Un piccolo passo.
« Lasciamela uccidere te ne prego. » parve supplicare in uno straziante lamento, come se solo in quell'istante stesse elaborando il lutto per i suoi rivoltanti figli « Hai visto cos’ha fatto. »
E senz’aggiungere altro si abbandonò all’abbraccio della terra per immergersi in essa ancora una volta. Quando ne uscì, rigurgitata dal suo stesso nido, era già dietro Desiderio pronta a conficcare le sue mani - affilate come rasoi - nel suo costato.
Avrebbe pagato, anche a costo della vita.



QM's PointNulla di eccezionale da dire, se non: dai che abbiamo quasi finito!

@Elmara e Neve:
Rodoard casta una tecnica piuttosto particolare.

CITAZIONE
Kunst ~ Liberando la sua componente di demone, lo stesso germoglio che dormiente lo tiene inconsciamente in vita denaturandolo dell'essenza di mero umano, Rodoard è in grado di manipolare il proprio corpo fino al limite della mostruosità. Dalle scapole, in un sofferto sforzo di volontà, riuscirà a tirare fuori due nuovi arti incredibilmente lunghi e flessibili, provvisti di giunture e articolazioni per una più agile mobilità. All'occhio queste nuove manifestazioni ossee saranno tubulari e dal diametro di una decina di centimetri, incredibilmente dure e resistenti, tanto che ogni loro attacco sarà considerato al pari di una tecnica di livello Medio. Il costo energetico per questa tecnica consiste in un Alto, a cui dovranno essere sommato un danno autoinflitto alla mente e al corpo di livello Medio. La tecnica dura due turni complessivi compreso quello di attivazione o prima, a discrezione del caster.

Data la natura del combattimento - oltre che il numero di avversari da affrontare - ho deciso di abusare di questa tecnica infliggendo danni e parando un po' come possibile pur sacrificando i due slot. Con quest'azione ho voluto dare una scossa al combattimento cosicché sia più "frenetico" e interattivo, coinvolgendo tutte le parti.
NOTE: Elmara subisce un danno totale pari ad Alto suddiviso in due Medi tra ginocchio e testa. Al prossimo giro, se non rientra, potrebbe farsi ancora più male.
In conclusione sulla beduina pendono due attacchi di potenza Media, e mentre Rodoard tenta di eliminare definitivamente l'elfa, Denam contrasta la sua arma non con pochi sforzi, trovando l'energia però di castare ancora la sua tecnica dei legacci bloccandolo nella sua posizione per questo turno.

@Nahenia:
Ciò che percepisci ad inizio duello non è altro che l'effetto di una tecnica psionica, una delle più brutali, dalla quale ti puoi difendere o meno.

CITAZIONE
Illusione suprema ~ La tecnica ha natura psionica. Per essere castata necessiterà di un contatto con il proprio avversario, anche solo visivo. Il bersaglio, subita la tecnica, avrà una visione decisa nella sua totalità dall'utilizzatore: potrà mostrargli la sua morte, un futuro orribile, i suoi incubi più tremendi, oppure ancora un paradiso, un mondo ideale, i propri cari, e altro ancora. Non vi è limite alle possibilità di questa illusione, che può spezzare anche i limiti del tempo, durando ore e giorni interi, quando nel mondo reale sarà passato solamente un istante. Indipendentemente dalla durata della visione, infatti, nella realtà della giocata sarà passato solamente un attimo, meno di un solo secondo. La potenza della tecnica è Critica, e così sono i danni che provoca alla mente della vittima.
Consumo di energia: Critico

Le trasformazioni a cui assisti nell'illusione, vorrei precisare, non hanno mai avuto luogo. Ciò che hai modo di vedere e vivere in un arco temporale abbastanza ampio, nel mondo reale, è poco meno di un istante. Nel frattempo Alexandra urla il tuo nome, bloccando l'avanzata della Madre, assestandole una gomitata al viso e poi sparandole un "Lampo di luce" (tecnica paladinica di elemento luce) all'addome. Qui viene scaraventata via, accusando il colpo, ma subito dopo casta la prima abilità attiva del Dominio Void Runner per immergersi nella terra e riemergere alle spalle di Desiderio per ferirla mortalmente (le sue mani sono armi naturali, quindi estremamente taglienti nonostante l'apparenza)

Spero che il post sia abbastanza chiaro, ma per ogni dubbio: bando o mp.
5 giorni di tempo. Buon lavoro! ^^
 
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Nahenia
view post Posted on 18/7/2012, 10:59





I Leoni dell'Eden IX
La Fine



Mentre la parete incurante le scagliava contro frammenti di roccia, rivoli cremisi le scendevano lungo la schiena, tingendole i bianchi capelli e nutrendo la debole natura avvinta al suo corpo. Le braccia indolenzite erano piene di tagli dal quale scendeva lento il sangue ed andava a macchiare la parete rocciosa circostante. Come giorni prima, anche ora l'aria le mancava. La stretta attorno al suo collo si faceva più violenta, minacciosa. I polmoni imploravano aria pulita, mentre la bocca emetteva flebili gorgoglii. Il ghigno sotto il suo cuore rumoroso rideva, emetteva fusa in calore, assaporando il dolce suono lontano della morte che avanza.
Morte, era quella la sua fine.
Aveva osato, lo sapeva.
Ma non avrebbe mai potuto nascondersi dietro la Regina.
Avrebbe dato anche la vita per vedere, anche solo una volta, quel suo essere Leone.

Mentre la mente forte pulsava, mentre debolmente sanguinava, il suo corpo veniva scagliato con rabbia. La pelle si spaccava, la carne si dilaniava ed il cuore impaurito forte cantava una nenia alla sorella mente.
In lontananza una voce, come una carezza la strinse a se.

Le mani corsero al polso della Madre, stringendo con forza per avere anche un solo spiraglio d'aria. I piedi sollevati da terra deboli si dimenarono, pregando di sentire ancora sulla loro pianta la nuda terra. Ed il corpo insanguinato, debole ed inerme, si tese in spadici dolori.
Ed il ghigno lento rideva, un gorgoglio continuo e gutturale. Questa una nenia macabra.
In lontananza una voce, come uno schiaffo.
Desiderio cadde al suolo, la vista era annebbiata mentre la bocca ingoiava aria inutile, nella mente strisciavano stracci della voce della Regina. Sempre pronta, mai piegata.
E lei invece? La schiena falsamente insanguinata, l'aria viva nei polmoni, il volto prono al suolo, la mente un cumulo di illusioni.

La voce della Madre implorò la Regina, la fine era di un bianco pallido.
Nella nebbia che le offuscava la mente, fra i continui dolori, riuscì a distinguere il suo corpo ingoiato dalla nuda terra, per un attimo la perse di vista, poi una sensazione dietro di lei, e la paura la strinse a se.

Che fantoccio inutile.



Rannicchiata come una bimba che aspetta il sorgere del sole per scacciare i fantasmi della notte, così Desiderio appariva prona al suolo, e mentre la Madre iraconda si prestava a mettere fine alla sua inutile vita, un turbine verdastro si allungò dalla sua schiena, formando lunghe braccia scheletriche, che aprendosi come fiori d'estate, strinsero amorevoli il corpo della bimba per difenderla dalla Matrigna. Mani ossute rivestite di verdi foglie accarezzarono il corpo scosso di Desiderio, donandole conforto.
Desiderio chiuse gli occhi stanchi.

Che corpo inutile.
Burattinaia vuoi proprio vederla morire.



La terra la inghiottì. Ne accarezzò il corpo stanco, ne baciò il volto esausto, tinse i lunghi capelli, mentre le mani tornarono le statiche ramificazione che stringevano il corpo. La veste lacera e sporca le parve acqua fresca, mentre il corpo bruciava. L'aria per qualche secondo mancò, mentre un dolce e caldo profumo di vita l'avvolse con eterna premura.

Apri gli occhi, mia piccola sciocca Desiderio.
Se proprio devi muori con orgoglio.

Alzati, sciocca ragazzina.
Se proprio vuoi andartene, almeno intingi le mani nel sangue del nemico.

La Regina ti sta guardando.
La Mia amata ti ha baciato.
Io ti sto obbligando.

Tu ubbidisci.
Lacera piccola Desiderio.



Il corpo riemerse silenzioso, inodore, impalpabile. Il battito del suo cuore era come assente. Lei non esisteva.
Ed il color del vento si spalancò sulle spalle della Madre.

I denti si strinsero sul labbro inferiore riempiendo la bocca del dolce gusto del sangue unito al freddo della lavanda. Forse non ce l'avrebbe fatta. Sicuramente avrebbe fallito, e la Regina avrebbe dovuto trascinare in superficie il suo cadavere, mostrarlo alla sorella disonorata, seppellirlo ai piedi della madre.
Sicuramente sarebbe morta, ma il suo ruggito non si sarebbe spenta con lei.
Uno sguardo veloce andò a posarsi sulla Regina.
Con questa convinzione stretta nel cuore, con un calcio mirò dietro il ginocchio, e con la sua schiena bene in vista protese le braccia con forza, le mani strette a pugno, gli artigli tesi. Bastava poco, un colpo, uno strattone e avrebbe affondato gli artigli in quella pallida schiena.
Come non mai desiderava vederne sangue, fino alla fine avrebbe lottato.


CITAZIONE
[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]

Stato Fisico -
- Danno Medio ( Causa tecnica psionica)

Stato Mentale -
- Danno Critico ( Causa attacco psionico)

Energia
- 80% - 20% = 60%
- 60% - 10% - 5% = 45%

Equipaggiamento -
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive -

Abilità Attive -
L'Abbraccio della Madre
Difficile è la separazione di due animi. Doloroso dover sopprimere i sentimenti per amor dell'altro, ma una madre non dimenticata, una madre lo è per sempre.
L'ultimo desiderio? Un ultimo abbraccio, prima che il giorno vi porti via con se.
L'abbraccio delle natura le ammanta il corpo, vestendone le grazie e adornandone la pelle con sinuosi disegni, ma le carezze coriacee si trasformano in scudo, abbandonano la beltà dei fiori primaverili e fanno spazio alla dura presenza del legno d'ebano, inseparabile fratello e guardiano. Esso cresce abbattendo i sigilli del tempo, esso si moltiplica, si intreccia e alla fine si sacrifica per proteggere la pelle diafana di Lei. La tecnica non è altriche un'armatura costituita interamente da tralci d'edera e sinuosi rampicanti che può crescere istantaneamente difendendo il personaggio da un'azione offensiva. Protegge sia da attacchi fisici che da magici. Non può nulla contro quelli psionici.
Costo Variabile - Costo Medio


Abilità del Dominio Void Runner
Costo Basso

Note:

 
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.Neve
view post Posted on 19/7/2012, 14:40







Follia.

«جنون جنون»

Eretto come un bastione su un colle impervio, il prediletto gemeva e si incaponiva. Resisteva non piegando mai il capo, non abbassando lo sguardo. Forte, potente. Un Jinn della roccia che non veniva scosso da alcuna offensiva. Non veniva piegato ed anzi mostrava il petto. Fiero, audace. Fermo. Eppure Afrah voleva ferirlo, eppure voleva sfregiare il suo volto di pietra. Voleva accanirsi contro di lui, spogliarlo delle sue corazze. Arderlo dentro e fargli male. Ancora. Ma lui era lì, non arretrava il passo; tenace nella sua corazza. Luoshu che resisteva all'inondazione, la tartaruga che bloccava l'incedere potente dell'acqua traboccante di odio e paure. Era questo quello che erano. E basta. Loro, le vittime moribonde spinte dalla sopravvivenza. Accanite, deboli. Dovevano fargli male, trovare forse una via d'uscita a quella cava oscura piena di creature aberranti. Paure, risentimenti, codardia inespressa. Era ciò che mostravano ed esibivano. E in quel luogo, in quelle mere circostanze, passavano in numero dalle povere vittime sacrificali ai nefasti carnefici pronti a tutto pur di boccheggiare fuori. Pur di sopravvivere, languidi, morenti.

Ed Afrah era lì, tra di loro. Una codarda, né più né meno. Arti abnormi, ossei, spuntavano adesso come zampe articolate da dietro le scapole. Lo spillo era stato eluso con facilità, scacciato come un insetto fastidioso. E con esso anche il kukri, respinto in uno slancio di forza e maestria. Un essere ancora più inquietante, ultraterreno, si parava adesso loro dinnanzi. La vista della giovane beduina fu come annebbiata, oscurata da quella visione surreale ed artificiosa. Era un uomo o una bestia? Non un insetto, un animale dalle dimensioni munifiche. Una persona? Parola dai duplici e molti significati, sussurrata in arcani anfratti di tempo. Sorvolava leggera le cave di quel luogo ed arrivava alle sue orecchie come un bacio, una carezza.

أِنسَان

Insàn

"Fui uomo anch’io. Poi diventai qualcos’altro."
No, un uomo. Essere egoista, ingannatore, codardo, distruttore, nocivo. Costruttore di edifici ed altre amenità, corruttore, omicida. Persona, è un'altra cosa. Eppure, in quell'istante Rodoard non aveva niente di tale. Niente che poteva identificarlo come uomo, come facente parte di una razza convenzionale. Ed Afrah sentiva addosso il peso di quelle parole. Schiacciata da un macigno di ricordi perduti, fuggiti via nel tempo e negli anni. Un uomo. Lettere come di piombo sopra il suo capo non più velato, una donna anche lei? Anche lei una persona? Forse soltanto l'ombra di una creatura che stava rinunciando a vivere.
Le due estremità non attesero ancora, mostrarono l'orrore e lo sgomento di cui lui era capace. L'una si protrasse sul cranio di un giovane, dentro il cranio. Spaccandolo, violandone il contenuto e schizzando i liquidi, che rossi e madidi colarono caldi sulle sue tempie. L'altro, rapido, squarciò la gola di una giovane ragazza. Impalata. Una visione conturbante, violenta. Ed Afrah lo vide, il prediletto dalla forte armatura e dal bel volto stava mostrando i denti, si difendeva da loro. Una massa di genti incapaci di reggersi sulle proprie gambe. Stolti, inetti.

Incapaci.

« Incapaci come te, bambina? »

E la vocina gracchiava, la sentiva dentro come una mosca sfacciata. Fastidiosa. Non Tayf, non lei. Un'altra. Si era spezzata, ancora. Ed ancora arrancava, stentava a tenersi salda. Una. Quella, vociava con la stessa intensità di un monito, la intimava di stare attenta forse. E lei non capiva, si arrampicava in una piramide di sensi di colpa e pensieri disillusi. E alla fine smise di sparlottare. Svanita in un alito di vento. Forse, era ancora e soltanto la sua coscienza.

ﻢﱠُﺛ

Terrore denso, cupo e soffocante avvolse quel gruppo spaurito di uomini e donne. Grida, urla e patimenti. Sarebbero stati i prossimi, li avrebbe uccisi. Ad uno ad uno, come zanzare, sarebbero diventati cibo per gli insetti e poi concime per i vermi. E i loro ricordi, i loro volti smunti, persi nell'oblio e nella disperazione. Panico attanagliava le membra della Banshee. Panico tremulo, paure dismesse ed inconsce. Ancora ed ancora, Rodoard si mosse. Colpì con inaudita violenza le gambe della giovane elfa, scaraventandola di netto giù per la dura roccia. Un tonfo deciso, un rumore assordante misto a ferraglia e armatura. Un'altra volta i suoi arti ossuti si volsero a colpirla, a farle male. Ma questa volta incontrarono il ferro del ragazzino, che pronto riuscì brevemente a contrastare l'ondata di dura forza. Le brevi e concise parole da lui pronunciate, riuscirono anche in quel frangente a legare quel corpo possente. Filacci di verde pianta avvolgevano ora la sua armatura traslucida.

E i suoi occhi volarono su quei pochi superstiti.

<< Hani!>>

leoni5

Hani non c'era più. Non lo vide, non riuscì a scorgere il suo corpo brunito. Era come scomparso in mezzo alla folla, come svanito tra le gambe di quegli ignari spettatori dell'orrore. Si sarebbe perso? Sarebbe stato catturato? Divorato?
<< Forse è solo nascosto da qualche parte.>>
E Tayf la rassicurava, prendeva il cuore di Afrah e lo cullava dolcemente. Scacciava quelle mere preoccupazioni in un tono rassicurante, caldo. Eppure anche lei sperava in ciò che diceva. Anche lei avrebbe voluto vederlo, solo per una volta. Una volta soltanto.

Perché lo stava cercando?

Non lo sapeva Afrah, non si dava pace. Avrebbe voluto soltanto scorgerlo, intravedere i suoi ricci arruffati tra le pieghe di quei vestiti logori. Guardare nell'abisso dei suoi occhi scuri e riconoscersi, specchiarsi in un oceano di acque limpide e innocenti. Madida di vita e purezza. Essere come lui, candido. Sublime. Meravigliarsi del mondo e lasciarsi trascinare dalle sue correnti. Libera, in pace.

<< Attenta!!>>

Non le fu fatale quella fanciullesca distrazione, non venne uccisa. Quasi. Le dure propaggini di quell'uomo si volsero rapide a spaccarle le ginocchia. Pungenti come granfie di ragno vollero lederle le ossa. Ma non ci riuscirono, non del tutto. Prontezza di Tayf avvolse in una patina oscura quelle gambe di seta, il Velo scese a coprire, ancora una volta, la sua bambina. Rodoard riuscì a trapassare - invero - il limbo coriaceo, contundendole la rotula e costringendola a piegarsi in due dal dolore. Gridò, serrando i denti. Resistette quanto bastava. Forse troppo poco per non accorgersi della seconda sferzata. Il secondo di quegli abomini di Iblis calò rapido, incisivo verso il gomito destro. E lì, qualcosa si ruppe. Un rumore sordo, ancora più forte, ancora più penetrante.

Ossa rotte, lese in più punti. Il gomito non resse il peso del kukri, che pesante più del piombo scivolò via dalla sua stretta. Il suo volto pallido si infiammò di un nuovo ardore, rosso di dolore. Arso da quelle lesioni scomposte. L'urlo le si smorzò in gola, non seppe uscir fuori da quelle labbra di fico. Cadde, quasi svenuta. Gemeva, strisciando sulla dura pietra. Piangeva a fiotti copiosi, lacrime salate che non riuscirono a colmare e lenire il freddo gelo del suo cuore. Ed ancora arrancava, il braccio destro penzolante, privo di sostegni. Il kukri di suo padre, era lì davanti a sé. E Tayf la spingeva a resistere, a combattere. La incitava a rialzarsi, a riprendere l'arma, ancora una volta. E Hani non c'era, era andato via. Era scappato da lei. L'aveva vista, aveva visto la vera se stessa. Non la donna, non la madre. Una creatura diversa, malevola. L'esile mano sinistra - del Diavolo - si estese ancora, afferrò potente il manico del pugnale. E in esso le sembrò di scorgere la mano del bambino.

leoni2

Tremava.

"F-fui donna a-anch’io…una volta…"
Sibilò, rivolgendosi al prediletto. La voce rotta, smorzata dal pianto. Non più sua, non più la voce della Banshee, della soave cantante. La voce di una bambina spaurita. Si alzò. Braccia di Tayf a reggerla dal suo oblio.
<< Resisti, combatti! Sii guerriera!>>
Alzò la testa, di scatto. Lo fissò nelle limpide pozze.
"Poi divenni..."
Lo sguardo più deciso, maturo. Prese fiato, un'espirazione che non la fece crollare. Esplose in un tripudio.

"UN MOSTRO!!"

E l'urlo si espanse nella direzione di Rodoard. Non volle dargli pace, voleva renderlo partecipe ancora delle sue emozioni. Recidendolo nel cuore, nello stomaco. Nel fegato. Piangeva e non si dava ricetto. Camminava a tratti verso di lui, zoppicando da un lato e tenendo il braccio destro stretto al busto. Faceva male, tutto. Per un attimo, impercettibilmente, sorrise. Un ghigno di disperazione e amarezza, sorrise di se stessa. Della sua triste esistenza. Strinse il pugnale nell'altra mano, cercando ora più che mai di ferirlo nella guancia sinistra con un movimento laterale ma efferato. Stanca, violata.

Non aveva più nulla da perdere.


alberov
AFRAH:
ReC 275; AeV 150; PerF 150; PerM 225; CaeM 150.

TAYF:
Rec 250; AeV 300; PerF 250; PerM 250; CaeM 150.

Consumi: Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%



Energia: 30% - Basso 5% - Medio 10% = 15%

Stato Fisico: Basso da taglio alla caviglia destra + Basso da contusione al ginocchio destro + Medio da frattura al gomito destro. 12/16

Stato Psicologico: Illesa 16/16

PASSIVE:
CITAZIONE
La Banshee: Afrah e Tayf sono, insieme, un’unica Banshee, ogniqualvolta che la Banshee incrocerà lo sguardo con un individuo di potenza pari o inferiore alla sua, esso percepirà un lieve timore che sfocerà in un leggero brivido di paura. [Passiva razziale Avatar]
Il Velo: La banshee è capace di evocare (le proprie difese) in maniera istantanea ed inconscia, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. [Passiva di Dominio Absolute Defense, III livello]
Né in Paradiso Né all'Inferno: In particolari condizioni di calma e concentrazione la Banshee sarà in grado di levitare, anche se con alcuni limiti: non potrà superare la sua naturale velocità che potrebbe raggiungere camminando o correndo, e nemmeno arrivare ad elevate altitudini. Inoltre, basterebbe un solo calo di concentrazione per far in modo che la malia si interrompa. [Passiva di levitazione]

ATTIVE:

CITAZIONE
Il Velo ~ Al Hijhab ﺃُﺣْﺠِﺒﺔ: La banshee è capace di evocarlo in maniera istantanea ed inconscia, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. Sarà quindi sempre in grado di difendersi in ogni circostanza, anche se colpita alle spalle o di sorpresa ed esso si concretizzerà dinnanzi a lei, bloccando qualsiasi offensiva magica o fisica. Il consumo sarà quindi basso, medio o alto con potenza pari al consumo stesso. [ Effetti passivi ed attivi del I, II e III livello del dominio "Aabsolute Defense"] USATO A BASSO

L’Urlo ~ Al Surakh ﺻُﺮَﺍﺥ: Con un consumo di energie variabile , la Banshee sarà in grado di emettere una violenta onda sonora di natura psionica capace di provocare forti lesioni interne di entità relativa al consumo se al singolo bersaglio, oppure di livello inferiore al consumo se ad area, il danno sarà quindi fisico.[Abilità Personale natura psionica danno fisico basata su ReC] USATO A MEDIO

RIASSUNTO:
La Banshee si difende malamente dal colpo al ginocchio grazie al Velo (Attiva Absolute Defense - Basso) e riceve comunque una contusione, ma non riesce ad eludere il secondo colpo che le frattura il gomito destro facendole cadere il kukri. Dopo un attimo di stordimento e panico recupera l'arma e, non vedendo più Hani tra la folla, piange di dolore. Urla ( Abilità Personale - Medio) contro Rodoard e, in un ultimo gesto disperato, cerca di ferirlo con il kukri alla guancia sinistra.



 
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Foxy's dream
view post Posted on 25/7/2012, 16:18




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Duttili come fruste e robusti come verghe, i suoi due attacchi colpirono la beduina sortendo effetti insperati. Con la prima già la portò a cedere sulle gambe, mentre con la seconda le aveva quasi spezzato l’articolazione del gomito. Mantenendo una posizione alta, tentava di reggere lo sguardo di entrambi i suoi avversari così da non lasciarsi sorprendere.
Alla sua destra il ragazzo reggeva la forza del suo braccio espressa in un fendente mortale, non per lui, quanto più sull’elfa riversa in terra, ed al contempo ascoltava le parole della donna del sud.

Un mostro.
Quella parola fu scossa da un eco confuso. Anche lei aveva del “mostro” al suo interno? Impensabile. Per certo era una considerazione di sé. Poco concreta, poco accettabile. Le stime non avevano valore in natura, né in duello o in battaglia. Lei non poteva definirsi mostro, neppure lui in verità - non ancora almeno.

« Un mostro- »
Parlò piano, ma non riuscì neppure a concludere che un’onda lo investì in pieno.
Ne fu travolto, sbalzato indietro, non riuscì neppure ad erigere i suoi arti supplementari per improvvisare una difesa.


Subito Afrah ne approfittò sfregiandogli il volto con un profondo tratto lungo tutta la guancia sinistra. Sangue colò copioso, i denti digrignati trattenevano il dolore ora bruciante. E lo stesso Denam colse l’occasione per infierire, per insinuarsi nell’apertura creata in un momento di debolezza. Con un ampio movimento circolare delle braccia deviò il colpo di spada, si abbassò, e afferrando la lama corta come fosse un pugnale, la conficcò per intero nella coscia destra trapassandola da parte a parte.

Urlò.
Questa volta i denti stretti non riuscirono a fermare il dolore che viscerale risalì per le budella, traboccando per la giugulare e risuonare chiaro e distinto agli orecchi dei due avversari rimasti. Debole, troppo debole. Il sangue sprizzò dalla gamba come fosse sul punto d’esplodere. Forse quell’umanità ora lontana dalla sua condizione non era mai stata così vicina.

« Un mostro nasce nel momento in cui l’uomo muore. »
Ansimava. Il dolore era parte di lui, e ne fece pasto per un’ultima azione;
il ricordo tramite il quale si sarebbe insinuato nelle loro memorie, o l’insulto per mezzo del quale avrebbe posto termine alle loro vite.


In un ultimo sforzo, con l’ultimo anelito di vita, si lasciò andare alla sua controporte demoniaca. Dette sfogo al mostro che albergava in lui, quel piccolo angolo di pura oscurità che più temeva e da cui si teneva ben lontano. Era fedele alla Madre perché serbava ancora un cuore umano in fondo; se si fosse abbandonato alla mostruosità che ella aveva impiantato in lui, probabilmente l’avrebbe attaccata egli stesso.

« ... »
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L’armatura ramata crepò in più punti. La massa muscolare all’interno di essa parve sul punto di scoppiare tanto fu vistoso l’invigorimento dei tessuti. I tratti del viso si corrugarono in dolore misto a frenesia, follia centellinata in un corpo frenato dal raziocinio e dall’autocontrollo. Due lunghi canini spuntarono dalla bocca e artigli prominenti fuoriuscirono dalle falangi come estroflessioni ossute di quest’ultime. L’intera armatura andò in pezzi, sgretolandosi in migliaia di frammenti. Persino le due estroflessioni originate poco prima parvero invigorirsi.

Urlò ancora - meglio - ruggì sull’orlo dell’insania.
E il tremulo silenzio degli evasi, ammucchiati nel tunnel come sorci nei granai, esplose in terrore puro; alcuni provarono persino a scappare nel vicolo cieco da cui si erano miracolosamente tratti in salvo. E nella stessa confusione, Rodoard, cominciò a colpire a destra e a manca senza ragione, all'ombra di una mente votata alla distruzione tanto assoluta quanto fine a se stessa.

_ ___ ______________________________ ___ _



Le mani della Madre, come lame irte di risentimento e brucianti di passione, si trovarono bloccate, irretite in un intrico di vegetazione che avvolse la sua preda per difenderla, come figlia della natura ch’ella stessa abbracciava. L’atarassia di un volto cereo e brillante, inumano in perfezione e bellezza, ora pulsava di rabbia. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, e in essi era possibile scorgere tutto di lei, di sentimenti ed emozioni come in tempesta, osceni turpiloqui.
Ma Desiderio non rimase ferma a lungo, in un moto di stizza provò a colpirla. Una gamba dietro la sua, un duello corpo a corpo, a stretto contatto. Le due non erano mai state così vicine, forse neppure nell’illusione che aveva generato con tanta maestria, con tanta minuzia - con tanta furia.
Le lame nel suo pugno la ferirono lungo la schiena, tracciando due linee quasi parallele. Abilmente ruotò su se stessa rovinando in terra, attutendo la caduta con le braccia, ma con la fortunata conseguenza di evitare il peggio.
Un colpo di tosse.
Assaporò la polvere, la vergogna. Irata per l’affronto, per la morte dei suoi figli, per l’intromissione di una donna divenuta leggenda sul continente in uno scontro senza possibilità d’appello, a senso unico. Si preparò ad evocarli, questa volta vivi e pericolosi. Glielo dovevano, erano i suoi figli.

« Come hai potuto? »
Ripeté ancora; ancora una volta.
Ogni sua volontà pareva rispecchiarsi in quell’espressione ripetuta oltre l’oltraggioso.


Prima che Alexandra potesse accanirsi sulla Madre inerme, quest’ultima conficcò un braccio nella dura roccia perforandola. Il suolo tremò, come scosso dalla collera del mostro che quel nido ospitava: il più potente. Due tenie di immani proporzioni emersero dal suolo divellendolo con mirabile semplicità. La stessa struttura parve sul punto di cedere, ma la scossa cessò presto quando le due creature emersero per intero, circondando Alexandra e separandola dalla compagna. Due fauci sporgenti e poderose si contrapponevano ad una bocca circolare e costellata di piccoli denti aguzzi. Stridevano, strisciavano come serpi. In breve la circondarono.

« Ormai è qualcosa fra noi due; noi due soltanto. » affermò la Madre sibilando al volto smunto di Desiderio « I nostri poteri non sono poi così diversi, ma non puoi capire – tu: non sei una madre. »


E così dicendo, si rialzò. Mostrò alla rivale l’addome ustionato profondamente dall’attacco portato a termine dalla fu regina, sottintendendo che, in una qualsiasi altra occasione, non sarebbe stata in grado di provocarle più di qualche graffio, gli stessi che le bruciavano sulla schiena.

« Tu, a stento riesci ad essere una figlia. » viperina mentre la giovane Lady, circospetta, tentava di non perdere d’occhio neppure uno dei suoi avversari « Una figlia morta- » prese fiato « -una figlia morta. »

Così dicendo batté due volte la mancina sul petto nudo, ammiccando un sorriso spento.
E già le due tenie si accanivano sulla fiera figura della regina, alternandosi in colpi concatenati e via via più incisivi.
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La Madre si acquattò, flesse le gambe e si sbilanciò ancora contro Desiderio. Con un abile movimento delle braccia, nonostante i danni subiti e le esigue energie rimaste, protese la destra come fosse una lama mentre con l’altra già mirava al suo viso. Se non con la forza, agì con la forza della disperazione. E quello stesso turpe sentimento sarebbe trapelato in lei con la foga del maestrale, travolgente, inarrestabile nonostante le lunghe traversate per terra e per mare. Prima della morte dell’una o dell’altra, avrebbe condiviso la disperazione di una madre i cui figli sono stati trucidati dal malessere e l’insofferenza di un essere abietto e crudele.

« Non mollare. »
Sospirò la paladina incassando il colpo di una delle due mostruosità.
Contrasse i muscoli addominali. Arretrò di un passo dolorante. Constatò che quel duello doveva essere portato a conclusione dalla giovane; da lei soltanto. Ormai era dei Leoni, e in quanto tale: pari a lei ed ogni altro.
Un'opportunità di crescita, per scoprire chi era in realtà. Il vero motivo che l'aveva spinta in quella crociata.
A lei, Regina senza regno, spettava la sola protezione del corpo esanime di El, e l’eliminazione dei due orrori dal corpo di verme.



QM's PointSe tutto va bene la boss battle si concluderà con quest'ultimo post, stà a voi sbrigarvela nel modo più efficace.

@Neve:
Turno particolare per te. Le tue offensive vanno a segno e Denam ti fa seguito approfittando ancora una volta dell'apertura creata. Dopo aver incassato tanti danni, Rodoard si trasforma totalmente acquisendo i tratti di un vero mostro. In questo stato acquisisce delle capacità passive di particolare rilevanza nel combattimento:

CITAZIONE
Woede ~ Il seme della follia, vibrante e suadente insania. Sul punto di crollare, nel momento in cui i principi vengono meno surrogati dall'istintuale volontà di sopravvivere, Rodoard "il prediletto" si lascerà andare al mostro nel suo corpo. Come un germoglio imbevuto abbastanza e illuminato dalla stessa noluntas che spinge ognuno ad avanzare lungo il cammino dell'esistenza, acquisirà tratti distintivi d'inquietante importanza. La massa muscolare sarà abbastanza robusta da concedergli una forza sovrumana, e la stessa potrà anche esprimersi in velocità straordinaria. Circondato da un'aura di terrore, sarà anche immune a qualsiasi genere di dolore, in grado pure di muoversi con muscoli ed ossa lesionate o fratturate. In questo status psicofisico, Rodoard si trasformerà in un berserk sanguinario e inarrestabile, una vera e propria calamità senza ragione. [5 Passive: Superforza; Supervelocità; Aura di terrore passivo; Immunità al dolore; Possibilità di combattere anche con ossa rotte e muscoli contusi o lesionati.]

Le azioni del tuo post sono estremamente variabili, così come quelle di Denam, che saranno conseguenze delle tue o viceversa. In pratica Rodoard si scaglia contro gli evasi terrorizzati, attirato dalle loro urla e dalla confusione creata. Ora, per mp o nel topic in confronto, dovrai dirmi come intendi agire, ed io ti risponderò con le reazioni degli altri personaggi coinvolti fino alla conclusione del duello/scena.
NOTE: Elmara è fuori dalla quest.

@Nahenia:
Turno più semplice. La Madre incassa i tuoi colpi, ma scansandosi all'ultimo minuto minimizza i danni inferti dal tuo attacco fisico doppio. Dopo il breve dialogo, evoca due tenie giganti per occupare e separare Alexandra dallo scontro con te. Queste la circondano, e cominciano ad attaccarla in combo particolarmente impegnative. Allo stesso tempo la Madre si lancia contro di te con una combo di tecnica e attacco fisico al volto.

CITAZIONE
Digte ~ Il volto della Madre, il volto della disperazione. Perfetta in bellezza e cattiveria, nella sua vera forma è tutto fuorché una madre, benché agisca come tale. Ferirla allora, sia nel corpo che nella mente, è il mezzo più veloce per attrarre le sue ire più furiose. Spendendo un ammontare di energie pari a Critico, vincolando la prossima offensiva ad un contatto fisico, riuscirà a trasmettere quello stesso dolore patito in duplice maniera, decuplicandolo per forza e intensità. Colpendo la vittima infatti, infliggerà un danno Alto al fisico e alla mente allo stesso tempo, trasmettendo un commisto di furia, dolore, rimpianto, risentimento e mille altre sfumature.


Per domande o dubbi: confronto o mp.
5 giorni di tempo. Buon lavoro! ^^
 
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.Neve
view post Posted on 29/7/2012, 11:40








"Un mostro nasce nel momento in cui l’uomo muore."

Silenzio.

E le parole di Rodoard svolazzarono leggere in un istante di puro terrore, un momento in cui gli occhi degli spauriti sconosciuti si fecero tremuli. Madidi di paure e panico convulso. Afrah poteva sentirli, annusare le angosce come un lupo l'odore del sangue. E non voleva, non avrebbe voluto pensarci. Perché in mezzo a quei volti sgomenti, il suo si faceva carico di agitazione. Pupille di rosso sangue, inferni grotteschi dai quali far sfuggire l'animo. Il suo. Qualcosa ancora lo tratteneva, qualcosa impediva al suo corpo di vomitarlo via. Non erano le gambe che quasi stentavano a reggerla, non la vista che si faceva sempre più sfocata, o il braccio fratturato in più punti. Il dolore che bruciante, inondava il corpo pungendo ogni nervo come spilli nelle ferite aperte. No. Forse era la sua autoconservazione, che viva ritornava a ricordarle che era ancora salda. O la voce nella sua testa, la terza, non Tayf che la incitava con parole dure. Svelava l'arcano della sua inettitudine. Bastarda in una mente fragile e sconfitta, un corpo inutile che richiedeva solo di non essere guardato. Non voleva che gli altri scorgessero, anche appena, la sua fiacchezza.

E nell'istante in cui tutto si faceva etereo e confuso, l'uomo lasciò il posto alla bestia. Fu un attimo. E le membra di quell'essere si venarono di nuove sfumature. Un volto contorto dal dolore e dall'ira si sovrapponeva al suo, quello bello e temerario. Quello uomo. Le braccia, le gambe, gonfiate in un'unica metamorfosi. I canini aguzzi spuntavano ora dalle labbra senza sorriso. Un essere del demonio, un mostro. E Afrah guardava lui e guardava se stessa. Vedeva in lei ciò che era diventata, ciò in cui era stata spezzata. Uno spirito corrotto, infranto, un'anima in più pezzi. Una, tre forse. La notte acerba in cui, gelido vento dell'arido eremo mutarono lei e il suo corpo. La notte in cui Hamza ruppe quella brocca fragile, facendone uscire Tayf. In lei, dentro di lei. Protetta, amata come una figlia. Il velo che lento scese a coprirla e il kukri, maledetto, che squarciò il ventre rammollito del suo padrone. Un mostro. Non più lei sola, ma una e duale. Una banshee risorta dagli stupri e dalla pura violenza. Afrah e Tayf.

Ora la bestia era rinata. Un impeto di follia, una rabbia ceca che la scagliò in mezzo alle genti. Un essere munifico, senza pari alcuno che impazzito avrebbe voluto mietere altre vittime. Saziarsi delle loro fresche carni e fare ancora male. Sentirsi potente forse, libero avrebbe detto Afrah. Libero dal giogo di una forza superiore. Libero di sventrare corpi fragili e deliziarsi del loro nettare. E la Banshee era inerme, atterrita. Non riusciva a parlare, a muoversi. Caldo sudore scivolò copioso dalle sue tempie, era forse la fine? La fine di un'esistenza patetica, di un ammasso di carne e ossa che si reggeva in piedi solo grazie all'Unico. Pensava a lui, all'Unico. L'avrebbe salvata? No. Non l'avrebbe aiutata, non la guardava. Non c'era. L'aveva abbandonata. Come loro, i suoi genitori. L'avevano lasciata sola, persa di fronte al mondo e i suoi pericoli. Avvolta da un'oscuro velo, che sottile - troppo sottile - veniva sollevato. Ogni giorno, ogni ora. Penetrando nelle sue membra, violandola ininterrottamente. Non l'avevano ferita, l'avevano abbandonata alla bestia. E un giorno lei ne avrebbe assuntole fattezze.
<< Tu non sei sola. >>
Una frase dai tratti morbidi e sfumati. Sola. Non lo era, non lo era affatto. C'era lei. Tayf era la sua compagna, il suo sfogo più grande, il suo incubo. Il suo volto spezzato. Lo sapeva di non esserlo, capiva che quella voce era qualcosa che andava al di là delle sue certezze materiali. E in uno sprazzo di lucidità la vide. Lei, Tayf.

Non era altri che sé

ﻢﱠُﺛ

E lui sfogava i suoi eccessi. Friniva colpendo con furia traboccante i poveri fuggiaschi, non aveva ricetto. Non si dava pace alcuna. Solo quel gesto disperato sembrava poter appagarlo dai suoi compiti. Lo vedeva Afrah come il riflesso di se stessa, scorgeva in lui il peso della sua stessa esistenza e non poteva far nulla. Atterrita, schiacciata. E Tayf ruggiva dentro di lei, urlava freneticamente. Doveva uscire, doveva mostrarsi. Ma non poteva, c'era ancora luce. Doveva rimanere in silenzio, sopita in un corpo troppo fragile, troppo piccolo da manovrare. Quello che era anche il suo, quello che doveva proteggere in tutti i modi. La Banshee bambina voleva solo andarsene, fuggire via lontano da quel trambusto e da quelle genti che non le appartenevano. La guerriera invece, voleva combattere. Ancora una volta, voleva resistere e schiacciarlo con il solo monito della voce. Sfregiarlo e scoprirlo della sua dura corazza per poter difendere. Ma Hani era in entrambi i loro pensieri, rimaneva aggrappato come una foglia tremula. Fece per volgersi verso di lui, ma una voce - gracchiante, nefasta - la distolse da quello sprazzo di coraggio inaspettato.
« Attenta bambina, non avvicinarti troppo a quella bestia. Ti farai male. »
Ci faremo male
Ed ecco che ritornava dagli abissi della sua mente. Lei, la vecchia. Chi era? Cos'era? Forse solo parte di sé, forse solo la coscienza che saggia riemergeva per metterla in guardia. Bambina, la chiamava. E Afrah voleva soltanto colpire il prediletto, doveva distoglierlo in tutti modi da lì. C'era lui, Hani. Non poteva abbandonarlo, non poteva far finta di nulla. Come una fenice rinata dalle sue ceneri, il giovane che sembrava esanime sul pavimento di roccia si alzò. Stanco, provato. Aveva aperto gli occhi dal suo lungo sonno, e quasi istintivamente si scagliò contro Rodoard. Non riuscì in vero a colpirlo, non riuscì a smuoverlo dalla sua furia violenta. Ricevette in cambio solo il gusto delle sue propaggini, che rapide lo scagliarono via sulla nuda parete. Si spense di nuovo, e di nuovo dormì tra i miasmi venerei. E in un impeto di rabbia la beduina prese coraggio, con la mano sinistra tirò fuori uno spillo della concubina. Lo lanciò velocemente verso di lui, ficcandoglielo in piena fronte. Ma lui non sembrava aver voglia di smettere, continuava a colpire indistintamente. Forte, coriaceo. Non sentiva dolore né fatica alcuna. E Afrah capì che non poteva fermarlo, si spinse poco più in là protendendo le braccia. L'uno faceva male, il bruciore attanagliava le membra. L'altro era teso verso di lui.
"Perché..? Sm... ttila"
La sua voce rotta, infranta. Il pianto di una bambina smagrita, fragile e troppo debole per reagire. Arrancava a stento, singhiozzava, gemeva. E Tayf infuriava dentro la sua testa. Gridava. Era la bestia in gabbia che cercava di liberarsi, di rompere il giogo che la teneva legata.
"...sta Tayf."
-
"Basta."
Non riusciva più a tenerla ferma. Non aveva più le forze e seppe solo cianciare invano, fendendo l'aria con la sua voce spezzata. Voleva che lei la smettesse, che lui la finisse. Voleva gridare con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Trasmettergli il suo dolore ancora una volta. Strisciò ancora, la gamba destra si teneva a stento e non poteva avanzare di molto.

"FERMATI!"

E roboante l'Urlo della Banshee lo prese. Lo colpì in pieno viso, lo dilaniò nelle carni. Ferito, distrutto. Ma lui non si fermava, anzi avanzava ora verso di lei. Un bastione sul colle che le tempeste non riuscirono a rodere. Era lì, correva. Il braccio teso sulla testa di Afrah la fece volare via. Fragile come un fuscello, ma pesante nel vuoto che la investiva in pieno. Il capo le cozzò contro il pavimento di roccia. E lì si lasciò cadere, le gambe leggere. La testa leggera. Chiuse gli occhi e si lasciò andare, mentre lui famelico la premeva con la sua imponenza desideroso di divorarla.

« Ora dormi bambina. »
Gracchiava ancora, più mesta.
leoni3

« Dormi e non curarti di nulla.»

E dolce, il kamshin la cullò.






alberov
AFRAH:
ReC 275; AeV 150; PerF 150; PerM 225; CaeM 150.

TAYF:
Rec 250; AeV 300; PerF 250; PerM 250; CaeM 150.

Consumi: Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%



Energia: 15% - Medio 10% = 5% [Svenuta]

Stato Fisico: Basso da taglio alla caviglia destra + Basso da contusione al ginocchio destro + Medio da frattura al gomito destro + Basso da urto alla testa. 11/16

Stato Psicologico: Priva di sensi 16/16

PASSIVE:
CITAZIONE
La Banshee: Afrah e Tayf sono, insieme, un’unica Banshee, ogniqualvolta che la Banshee incrocerà lo sguardo con un individuo di potenza pari o inferiore alla sua, esso percepirà un lieve timore che sfocerà in un leggero brivido di paura. [Passiva razziale Avatar]
Il Velo: La banshee è capace di evocare (le proprie difese) in maniera istantanea ed inconscia, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. [Passiva di Dominio Absolute Defense, III livello]
Né in Paradiso Né all'Inferno: In particolari condizioni di calma e concentrazione la Banshee sarà in grado di levitare, anche se con alcuni limiti: non potrà superare la sua naturale velocità che potrebbe raggiungere camminando o correndo, e nemmeno arrivare ad elevate altitudini. Inoltre, basterebbe un solo calo di concentrazione per far in modo che la malia si interrompa. [Passiva di levitazione]

ATTIVE:
CITAZIONE
L’Urlo ~ Al Surakh ﺻُﺮَﺍﺥ :Con un consumo di energie variabile , la Banshee sarà in grado di emettere una violenta onda sonora di natura psionica capace di provocare forti lesioni interne di entità relativa al consumo se al singolo bersaglio, oppure di livello inferiore al consumo se ad area, il danno sarà quindi fisico. USATO A MEDIO

RIASSUNTO:
Afrah terrorizzata dalla nuova forma assunta da Rodoard e spronata dalla terza voce, lancia prima uno spillo a distanza. Poi urla(abilità personale - Medio), priva di forze si acciacca sulle ginocchia e sotto il colpo di braccio di Rodoard che la fa cadere facendole urtare la testa contro la roccia - danno basso - , sviene. Rodoard infine si scaraventa su di lei.
NOTE:
Come già detto in precedenza, avrei voluto non utilizzare per due turni di seguito la stessa tecnica ma non posso fare altro ._.
Le azioni sono tutte state concordate con Goodness e la Qm.



 
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Nahenia
view post Posted on 30/7/2012, 10:05





divisorio2
I Leoni Dell'Eden
Atto X



«Ormai è qualcosa fra noi due; noi due soltanto.» un sibilo. « I nostri poteri non sono poi così diversi, ma non puoi capire – tu: non sei una madre.»



Ansimando la bimba guardò le ferite cremisi sulla schiena e la bruciatura nell'addome.
Si sentì impotente.

«Tu, a stento riesci ad essere una figlia.» come veleno le parole presero vita « Una figlia morta-» in un sussurro «- una figlia morta»



La crudeltà le si scagliò contro, in un turbine che le apparve senza fine.
Il fiato corto, il cuore palpitante, il volto pieno di sofferenza, eccola Desiderio, debole fra i tanti si erge sola dinnanzi la Madre. La fu regina la sostiene da lontano «Non mollare» sente, ma teme di non farcela e le parole della Madre la riempiono di una muta desolazione.

Lei si sente proprio così.
Lei teme di essere solo quello.
Una figlia morta.

D'istinto Desiderio incrociò le braccia davanti al volto a difesa dal poderoso attacco della Madre. Mentre le verdi ramificazioni veloci scivolarono via dal corpo della fanciulla abbandonando la lacera veste, concentrandosi sugli avambracci della bimba, intrecciandosi gli uni agli altri per creare un agglomerato di vita pulsante, una vita che proprio nell'attimo in cui la Madre attaccò Desiderio, mutò le sue sembianze, mostrando al nemico il volto della vera Madre. Una donna urlante, con occhi spalancati e con grida silenti in gola ed una familiare aurea argentea attorno.

Perché la sua bambina non doveva essere toccata.
Perché se anche l'aveva uccisa, lei l'amava.


Nella mente immagini di un corpo esanime, straziato, morto al suolo divagavano con cupidigia, tingendo i suoi occhi color del vento con la paura, la rabbia, l'inconsapevolezza.
Tutto si tinse di nero e per un attimo, che le parve lungo quanto l'intera eternità, Desiderio volle cedere.
Cedere dinnanzi la furia del nemico, cedere dinnanzi la fatica che ormai aveva abbracciato ogni fibra del suo corpo. Cedere dinnanzi alla morte, come una figlia morta.


La stanchezza l'avvolse amorevole,mentre le braccia esauste lente scivolavano. L'armatura della Madre l'aveva protetta ancora una volta e adesso che l'attacco era stato debellato tornava fluente al suo posto, stringendo le membra doloranti e livide, lacerando la veste chiazzata di rosso.
Era la fine, tutto quello scontro era la fine. E con la fine doveva concludere.

«Non è la morte che temo, ma il cadere nel fango assieme a te – questo mi fa tremare.»



Guardò sfuggevole gli occhi della madre, poi in un attimo, dopo averle imposto di distogliere lo sguardo, flettendo le gambe esauste, si lanciò nel suo ultimo assalto. La mancina dritta a recidere la gola, la destra a dilaniare ancora una volta quel suo cuore fittizio.

«Lascia che questa figlia morta ti porti con se... Madre.»



Le forze se ne stavano andando. Gli occhi gonfi, di un tenue color viola si stavano chiudendo, le braccia, le gambe, l'addome percepirono ora, più di prima, il dolore strazziante delle percorse. Il corpo stava per cedere, ma Desiderio lo sapeva sarebbe caduto soltando dopo quello della Madre.

divisorio1

[ReC 200] | [Aev 350] | [PeRf 200] | [PeRm 225] | [CaeM 175]



Stato Fisico
- Danno Medio ( Causa tecnica psionica)

Stato Mentale
- Danno Critico ( Causa attacco psionico)
- Danno Basso

Energia
- 80% - 20% = 60%
- 60% - 10% - 5% = 45%
- 45% - 20% - 10% = 15%

Equipaggiamento
Le tre sorelle, ben salde.

Abilità Passive

Abilità Attive
L'Abbraccio della Madre

Difficile è la separazione di due animi. Doloroso dover sopprimere i sentimenti per amor dell'altro, ma una madre non dimenticata, una madre lo è per sempre.
L'ultimo desiderio? Un ultimo abbraccio, prima che il giorno vi porti via con se.
L'abbraccio delle natura le ammanta il corpo, vestendone le grazie e adornandone la pelle con sinuosi disegni, ma le carezze coriacee si trasformano in scudo, abbandonano la beltà dei fiori primaverili e fanno spazio alla dura presenza del legno d'ebano, inseparabile fratello e guardiano. Esso cresce abbattendo i sigilli del tempo, esso si moltiplica, si intreccia e alla fine si sacrifica per proteggere la pelle diafana di Lei. La tecnica non è altriche un'armatura costituita interamente da tralci d'edera e sinuosi rampicanti che può crescere istantaneamente difendendo il personaggio da un'azione offensiva. Protegge sia da attacchi fisici che da magici. Non può nulla contro quelli psionici.
Costo Variabile - Costo Alto



Abilità del Dominio Void Runner
Con l'acuirsi della forza del portatore del dominio, i suoi poteri si fanno più subdoli e utili, in grado di salvargli la vita e di aiutarlo a portare a segno un attacco potenzialmente micidiale, nel remoto caso in cui non fosse riuscito a nascondersi al proprio avversario. Spendendo un consumo Medio, infatti, il corridore del vuoto sarà in grado di lanciare una tecnica psionica di ammaliamento contro il proprio avversario, con la sola utilità di costringerlo a distogliere l'attenzione da lui. La vittima, che non subirà alcun danno alla mente, proverà il forte impulso di guardare altrove, perderà il proprio filo di pensieri e, per qualche secondo, si dimenticherà completamente dell'esistenza del suo avversario, concentrandosi su tutt'altro e distogliendo lo sguardo; nel frattempo, il caster potrà agire indisturbato, sottraendo lui che cerca o colpendolo con i suoi attacchi più insidiosi.


Note Per quanto riguarda il danno, ho accusato solo un basso in quanto concordato con Good che mi avrebbe aiutata nella difesa mentale.
Graziee!
 
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Foxy's dream
view post Posted on 8/8/2012, 18:02




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Rodoard. Una creatura affamata e selvaggia di cui nessun compendio avrebbe parlato mai, un ibrido oltre il quale si accinge l’orrore della pazzia, la speme di una razza impossibilitata alla classificazione biologica, un surrogato di ferocia e crudeltà, e nonostante ciò puro e genuino come poco in natura.
Gli arti pesanti e vigorosi trovarono le rocce sporgenti delle pareti, il pavimento tappezzato di muschio, le morbide carni degli sventurati lungo il suo passaggio e le dure ossa dei loro corpi. Qualsiasi cosa sfiorasse, veniva irrimediabilmente distrutta da una forza imbibita di istinto naturale al punto da surclassarlo, e da ciò costituire un nuovo anello nella catena trofica delle Samarbethe.
Oltre il predatore assoluto, vi sarebbe stato il folle ibrido senza controllo.

Ululò ancora, con la forza delle sole unghie strascicò sulla parete disegnando cinque profondi solchi, subito colmati dal circostanziale timore di condividere la stessa fine. Ma neppure quel pensiero poté essere formulato che altri due uomini caddero sotto i suoi colpi, squartati come quarti di manzo, foglie caduche all’imperversare dei venti.
La puzza del sangue si ravvivò nell’aria, tanto da parere penetrare nella stessa terra il cui ventre era divenuto un cruento campo di battaglia, un piccolo e angusto spazio dove i crimini si consumavano al cospetto dell’imperitura e suprema legge di conservazione.
Estasiato, ravvivato dalla frenesia e dall’assoluto richiamo all’etere definito sangue, Rodoard fremette. Un istante rapido, una pausa inaspettata, e con la stessa caducità quell’istante si infranse collassando su se stesso.
Un unico colpo del braccio e scaraventò via la ragazzina che tanti problemi gli aveva recato, per poi rovesciare un altro uomo dalle vesti lacere e sozze di terra.

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Furente e appagato, con un balzo ferino fu indosso alla sua preda. E nonostante fosse tanto bella da poterne godere a piacimento, tanto piccola e senza più alcuna difesa, per lui era poco più che carne in movimento, e presto neppure più quella.
Parve svenire, perdere i sensi. Lo stesso Rodoard avvertì qualcosa di non meglio precisato dentro di sé, come la puntura di uno spillo, fastidiosa quanto trascurabile. Assecondando l’indole che era emersa con foga per la prima volta, sviscerandosi d’ogni concezione astratta e astrale sull’umanità, ruggì tanto forte da scuotere la terra. Crepe sottili adornarono la volta fendendo i cristalli ferrosi, lancianti riflessi vivi e preziosi al crepitare delle fiaccole poste attorno all’antro.
Denam, dall’unico angolo buio in cui si era rintanato, non ebbe scelta.

« Alaqeler maxima. »
Pronunciò quelle lettere con pace serafica,
isolatosi in una inespressiva ed inquietante maschera di ghiaccio.


Non doveva ricorrere mai ai suoi veri poteri. Lui era un cadetto all’Accademia della Nuova Città Reale di Agatha; glielo avevano ripetuto, si erano raccomandati, aveva giurato. Mai, fino a nuovo ordine, avrebbe dovuto sfoderare il suo reale potenziale. Al pari di uno stiletto, era un’arma che non riponeva gran forza, ma che se utilizzata al momento propizio risultava letale quanto nessuna.
A sua discolpa, nessuno guardava e nessuno lo avrebbe raccontato mai. Dopotutto, quale credibilità avrebbero mai avuto uno sparuto drappello di bifolchi scossi da circostanze così terribili?
In un attimo acuì il campo delle proprie percezioni, innalzando appena le braccia generò un flebile vento che estinse le pavide fiammelle delle torcie, uniche risorse d’illuminazione. Nell’oscurità, sarebbe potuto diventare qualcosa; più che un guerriero ancora in addestramento, più che un cavaliere completo.
Un assassino senza mezze misure.

Improvvisamente, dal terreno emersero legacci nodosi che si avvilupparono tutt’intorno al corpo di Rodoard. Quella risorsa, quel provvidenziale intervento, lo arrestò dall’assestare il colpo definitivo sulla piccola donna del meridione coscritta all’incoscienza. Le unghie prominenti del prediletto si fermarono appena a qualche centimetro dalla sua giugulare, ma quella fortuita circostanza non parve neppure lambire il nuovo Denam - finalmente libero.
Ruggì ancora, Rodoard, si dimenò ancora. Tranciò le stringhe che tenevano strette il braccio sinistro facendo uso della sola forza muscolare, ma appena un istante dopo altri emersero dal terreno ancora più robusti di prima.
Non solo immobile; bensì deluso, frustrato, irato, spossato. E sul viso del giovane non comparve nulla se non la ferma convinzione di un proposito. La lama corta nel suo pugno fu percorsa da un rivolo scarlatto, una lacrima di sangue, il riverbero dell’omicidio - sebbene il predatore sminuito a preda fosse tutto meno che uomo.
Misurando i passi col rispetto per un buon avversario, ruotò l’arma tenendola ora come una spada. Senza prendere un solo mezzo respiro, caricò il braccio all’indietro, e assestò una pugnalata ritta nella schiena, tergo del cuore.
Qualunque fosse la sua resistenza, gli fu letale.
Dapprima gemette colto dagli spasimi, ma la chiazza di sangue scuro si allargò in un attimo fino a diventare un rivolo e poi ancora un fiume, accompagnata dal tonfo del suo corpo sul morbido vello di muschi e licheni.

« I mostri esistono solo nelle favole. »
Così dicendo estrasse la lama dall’enorme corpo, la vibrò nell’aria pulendola dalle frattaglie nemiche, e la ripose con cura nel fodero alla cintola.


Tirò un lungo respiro. Con un acciarino andò a riaccendere un paio di fiaccole sulle pareti. Si accostò al corpo dell’elfa. Chinandosi posò due dita al di lei collo e nascose un tremito leggero; non avvertì alcuna pulsazione e si scoprì a dispiacersi - seppur non le aveva mai neppure rivolto la parola. Il suo corpo andava già freddandosi e, con rassegnazione, le chiuse le palpebre lasciandola al suo sonno eterno.

« Che giornata… »
Facendo leva sulle ginocchia si levò dal terreno, e con tre lunghe falcate raggiunse la beduina.
Incosciente, ma viva. Il respiro era forte in lei, il petto si alzava e abbassava con ritmicità.

Le sollevò dolcemente il capo e la scosse. Le aprì le labbra rosse inasprite dalla sete e dalla fatica, e vi posò sul palato una pillola, una medicina a base d’erbe del nord, nella speranza che l’aiutasse a riprendersi.
« Forza, non possiamo fermarci proprio adesso. »
E continuando a reggerle il capo attese che si destasse, mentre con la mano già faceva cenno ai pochi scampati di avvicinarsi e caricare il corpo del giovane guerriero.

_ ___ ______________________________ ___ _



La Madre, oramai non più tale se non di cadaveri disseminati per tutto il nido e già in via di marcescenza, non reggeva più lo scontro, non reggeva più la fatica o le ferite subite, ma ancor più non reggeva la pressione dei sentimenti. A lungo aveva vissuto tra i suoi figli, tra l’amore - seppur perverso e distorto - che erano in grado offrirle. Ognuno di loro era a lei connesso come da fili invisibili, un commisto di sensazioni e percezioni, ma che lei annoverava come legame.
Uno ad uno, mentre la discesa degli invasori si faceva più implacabile, era come se si svuotasse. Le importava, sì. Le dispiaceva che i suoi figli morissero. Ma quelli erano poco più che bestie, senzienti nel limite di sufficienza. Come Madre, lei, li amava tutti. Ma come identità non poteva che amarne pochi in particolare; poteva contarli sulle dita. I primi furono i due guardiani all’ingresso, Dinadan e Evoyne; ma l’apprezzamento che poteva saggiare per loro era un’inezia se al confronto di quella provata per Rodoard, suo prediletto e guardia personale.

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E fu in quel momento, in un istante, che parve gelare. Anche lui, anche Rodoard era morto. Sebbene non potesse vederlo, poteva avvertire quel vuoto nel suo cuore, una fitta impossibile da descrivere che andava oltre il dolore fisico, per trascendere nella sua quintessenza.

« No- » lamentò in un debole sussurro « -Rodoard, anche tu. »
E le fu fatale.


Rifratta in un contesto di pura sofferenza, ne provò un’altra pari. Dolore, sangue e una spossatezza incredibile.
Tutto parve precipitare, infrangersi come un cristallo in terra, frammenti luccicanti irriconoscibili. Ormai, sapeva, che vi sarebbe stato poco altro per cui vivere. La mano, debole e tremante, corse alla gola umettandosi di viscosi liquidi scuri ch'ella a stento riconobbe in un primo momento. Oscillò un paio di volte, rovinò in terra senza provare più nulla, spoglia di alcuna volontà come un albero privato delle radici.

« …una figlia morta. »
Sospirò, e con un ultimo gesto voltò il capo alla conca entro la quale le sue uova giacevano distrutte, poco avanti al suo vecchio e goffo corpo.
...
In fondo, per davvero, non aveva più nulla per cui vivere.
Suo padre, generatore e vettore di corruzione, probabilmente aveva capito tutto.


Alexandra intanto vibrava l’ultimo fendente con cui decapitò l'ultima tenia gigante ancora ritta sulle sue zampe, un colpo secco e preciso che la condusse anche con la mente fuori dal duello ormai conclusosi. Inspirando profondamente, cercò di recuperare quanto più le fosse possibile. Ammaccata qua e là, ma vittoriosa.

« Tutto in ordine? »
La paladina, soddisfatta, osservava Desiderio con le lame sporche di sangue.
Esausta anche lei, ed anche lei vincitrice.

« Dobbiamo uscire di qui, e se questa è la fine di El, immagino che Aron non se la stia passando meglio. »
Argomentò fra sé con una punta d’amarezza, immaginando che il piano della polvere nera non fosse andato a buon fine. E ripose l’arma nel fodero, guardandosi attorno senza più quell’aura belligerante attorno e l’ardore negli occhi.

Braccia ai fianchi.
« Cosa credi che dobbiamo fare adesso? »
Accennò con minimale eloquenza, non nascondendo però un minuto sorriso di contentezza.



QM's PointUltimo post di role, dopodiché passerò alle valutazioni e alle ricompense. La boss battle si chiude qui; teoricamente i boss erano stati progettati per riuscire ad ingaggiare battaglia con più player, ma a fronte di una così inaspettata caducità di partecipanti, ho dovuto rivedere le cose da cima a fondo, orientandomi più su un piano narrativo che strategico-regolamentare. Molto meno matematico di quanto io stessa mi sarei aspettata.

@Neve:
Rodoard è morto per mano di Denam. Elmara è morta insieme a tanti altri fuggitivi nella follia di Rodoard (ne sono rimasti cinque). Denam ti scuote e ti aiuta ad ingurgitare una pillola misteriosa ("Linfa Vegetale", recuperi il 10% delle energie). Questa condizione stimola il tuo corpo a riprendersi e, seppur ancora ammaccata, sarai in grado di muoverti con relativa libertà.
Il tuo post sarà molto di role, inviami le tue azioni ed io ti risponderò con le reazioni di Denam. Quanto ai fuggitivi, piena libertà pur nel limite del buonsenso. Il tuo scopo, in breve, è fuggire dal nido.

@Nahenia:
Situazione molto simile. La Madre è morta per tua mano, passivamente e inconsciamente aiutata dalla situazione sopra. El è ancora in terra svenuta, Ale si è liberata delle due tenie. Alla fine, la paladina ti chiede cosa intendi fare. Vista l'assenza gidierristica di Donovan (suo scudiero e consigliere) chiede consiglio a Desiderio. Anche tu, inviami le azioni di Desiderio ed io ti rispondo con le reazioni di Ale, così da intessere un post corposo.

5 giorni di tempo più eventuali proroghe. Buon lavoro! ^^
 
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Nahenia
view post Posted on 10/8/2012, 06:50





I LEONI DELL'EDEN
Atto Finale



Il sangue lento sgorgò, tingendo di quel caldo colore le tre sorelle ed impregnando le diafani mani di Desiderio. Per qualche attimo la figlia morta restò immobile ascoltando, deliziata, il dolce suono del corpo che cade. Polvere si alzò, aleggiando vittoriosa tutto attorno alla figlia, mentre gli arti stanchi, fiaccamente, ricaddero lungo i fianchi.
Il petto lento si alzava ed abbassava, ingoiando l'aria chiusa, che in quell'istante fu come un balsamo ristoratore.
Gli occhi color del vento si chiusero su quello scenario devastato, ascoltando beata gli ultimi fendenti della Regina ed i suoi respiri.

«Tutto in ordine?» suono di lama che torna nel caldo abbraccio del fodero «Dobbiamo uscire di qui, e se questa è la fine di El, immagino che Aron non se la stia passando meglio.»



Un sussurro, che però fece voltare Desiderio in direzione della compagna.
Quante vittime quel viaggio aveva causato, quanto sangue versato.
E lei invece si ergeva vincitrice, ancora viva.
Perché tutto le sembrava insensato? Perché non riusciva a credere in ciò che i suoi occhi le mostravano?

Perché sei una stolta bimba, piccola mia.
Stolta, ma brava.
Ma sappi che la morte ti seguirà sempre.



Lunghi brividi le percorsero la schiena, e la vista per un attimo le si annebbio. Mosse qualche passo incerto in direzione del corpo di El, ma dovette fermarsi per paura di cadere.

«Cosa credi che dobbiamo fare adesso?»
Un sorriso, un meraviglioso sorriso.



Alzando nuovamente lo sguardo vitreo, porse la sua attenzione alla Regina, ed ispirando profondamente sentenziò.

«Recuperare i corpi dei nostri fratelli. Che la morte li reclami fra le calde braccia di casa - il Sorya, e non in questo putridume.» si guardò attorno, disgustata dal fetore della carne marcia «Distruggiamo il loro Buco. Che le fiamme si alzino alte ed i Molti tremino dinnanzi la Regina senza Regno ed i suoi Leoni.»



Lo sguardo vitreo sembrò ridestarsi e con umiltà ed un lieve rossore sulle gote diafane, Desiderio guardò inchinandosi la Regina ed in un sussurro attese i suoi ordini.

«Questo il mio pensiero, ma dite solo una parola ed io vi seguirò, mia Signora. Sono la vostra fedele serva»Un attimo di silenzio, poi la Regina parlò.



« Ahimé, credo siamo riusciti a portare a compimento uno solo dei nostri doveri: distruggere il Nido. » commentò amara « I Leoni erano nati per essere più di una forza distruttrice, ma a quanto pare - per ora - siamo capaci solo di questo. Era nostro dovere salvare i prigionieri di Oldbon- » si fermò un istante, meditabonda « -e sia.»



Così dicendo si allontanò verso i bordi dell'antro irregolare, poggiò la mano in terra chinandosi e socchiuse gli occhi. Dal terreno cominciò a sgorgare uno scintillio di energia luminosa, come uno sprizzo d'acqua. Dirigendosi dritto verso il centro della stanza, dove la volta si chiudeva in una sorta di cupola contornata da stalattiti dalle venature ramate, esplose allargandosi in un diametro perfettamente circolare di cinque metri circa e sollevandosi fino a perforare e quasi polverizzare la roccia sopra di essa. Tale fu la forza dirompente e il boato espansosi che sollevando lo sguardo attraverso il foro era possibile osservare il cielo rosso del tramonto. E allo stesso tempo tutto cominciò a tremare, dapprima deboli scosse ma che si invigorirono man mano che le crepe risalivano e si diramavano ancora. Rocce di varie dimensioni precipitarono al suolo assieme a sedimenti di più ridotta portata.

« Lo stesso Eden tremerà di fronte all'avanzata dei Leoni. »



Con piglio deciso si accostò ad El e la caricò in spalla, non nascondendo la fatica, ma neppure il sollievo per il suo esile corpo. Due ali eteree e angeliche comparvero sulla sua schiena, che la ingraziarono del dono del volo sollevandola già di qualche centimetro dal terreno. E protese un mano verso Desiderio, laddove le parole erano poca cosa e il fragore delle rocce sul terreno ottenebrava ogni suono.

Poggiando la mano su quella perfetta della Regina, Desiderio sentì il ghigno soffiare, come offeso da quel tocco, e portando veloce la destra a stringere il cuore per far tacere quel dolore che le nasceva da dentro, strinse con l'altra ancor più forte la mano tesa, e con un sorriso, che illuminò il volto tumefatto, sentì il corpo librarsi in aria.
Sì, i Leoni avrebbero avanzato – e lei con la sua Regina.

Non ho ritenuto importante rimettere lo spechietto finale, in quanto se non ho mal compreso questo è l'ultimo post. Foxy volevo dirti solo grazie per la meravigliosa quest, e sono fiera di esserci stata dall'inizio alla fine.

Grazie.
 
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.Neve
view post Posted on 10/8/2012, 16:06







Lacere le vesti di ruvida stoffa, la sua abaya ora malconcia copriva le sue grazie di donna. Quel corpo così fragile e caduce al vento sarebbe stato strappato via da quella vita. Un'esistenza di sofferenze, di sogni infranti e glorie inespresse cercava la bestia. Cercava di strappargliele con la forza delle sue braccia, con gli affilati suoi speroni. Mentre calde le sue carni ribollivano di sangue vivo. E Afrah li avrebbe visti, i sette veli di cielo. Avrebbe attraversato il grande banchetto a cui tutti aspiravano di accomodarsi. Forse. O forse no. Magari avrebbe danzato con Iblis tra i neri anfratti, si sarebbe perduta. Anima sola e vagante nell'inferno di fiamme. E feroce il prediletto ora più di prima cercava vendetta contro quella fastidiosa formica, quell'insetto incapace che l'aveva ferito e l'aveva fatto vacillare dentro. Ma nerborute le sue braccia, forti nella loro massa non incontrarono la tenera gola della beduina e - rovinose - rimasero impigliate in un groviglio di legacci verdognoli. L'arcana fattura di quel giovane guerriero l'aveva colto di sorpresa, forse nella sua follia, nei suoi insani gesti, non si era accorto della vivida scaltrezza che lui serbava in sé.

E Afrah dormiva. Sognava desideri di bambina, nuvole di latte e cieli in cui far nuotare l'animo. Correva in Paradisi celati, torri d'avorio e morbide carezze sul viso. Shauqi le sorrideva da lontano, volgeva la sua mano grande al saluto di lei. E i suoi occhi rosseggianti si facevano pregni di venature dorate. Sotto quelle labbra di fico non disvoleva un tenero riso, che fugace, trasparì in quel mondo reale che si era lasciata dietro. E Afrah dormiva e gli angoli della sua bocca tradivano il suo sogno beato. Correndo, le gambe non dolevano, le braccia nella sua direzione. Voleva abbracciarlo, cingerlo con le sue estremità e tenerlo stretto. Ancora più forte. Non facendolo andar via, non lasciandolo più alle male tenebrae. Ma fugace, l'istante di quel sogno prezioso scivolò dalle sue membra, allorché il ferro del giovane Denam trapassò le carni del prediletto. E lei cadde in un vortice. Un baratro di sogni spezzati che la portò giù da quel paradiso dorato. Giù nelle spelonche di roccia, assaporando l'amara medicina che la fece rimanere aggrappata a quella vita. Lentamente, aprì gli occhi. Lentamente, il suo animo reggeva quel peso.

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La vita vera. Quella da cui stava fuggendo. Era lì, davanti ai suoi occhi. La bestia giaceva esanime riversa in una pozza scarlatta, ed anche lei. La ragazzina che l'aveva accompagnata, non si muoveva. Non fiatava. Morta. Carni al macello, pareti distrutte dalla rabbia di uno. Aveva lasciato i campi morbidi, le nuvole lattescenti, il suo Shauqi che le sorrideva. Il Paradiso era andato via da lei. E cosa aveva trovato? La cruda realtà. L'angoscia entro la quale era piombata da tanto, troppo tempo.

L'Inferno.

"A-Andiamo via da questo Inferno."
Balbettò tremula. Il viso candido, troppo pallido, volto verso lo sventurato ragazzo. Le gambe reggevano appena la sua spinta, tanto che Denam si prodigò per risollevarla dalla nuda roccia. E lei lo lasciò fare, perché sconfitta, perché forse troppo debole per pensare o reagire. Ed anzi, il suo spirito nero fu completamente velato dal bianco candore della banshee guerriera, che forte sovrappose i pensieri ai suoi. Tayf ora più di prima reggeva i giochi. Scambiava le parti. Avvolgeva quel corpo bambino e ne faceva una donna salda. Non si preoccupava di nulla, voleva soltanto andare via integra. Sana.
"Sì, andiamo via. "
E la voce del giovane venne sovrastata dallo scrosciare delle pareti. Un rimbombo assordante ora permeava nelle cupe grotte, mentre Afrah premeva la sua mano contro l'abaya consunta. Crepe come voragini in alto squarciarono le pietre di materia friabile e tutto si fece di nuovo orrido e gramo. Polveri nere si alzarono dalle rocce cadenti, inondando di fumo l'aere. Cedettero le fondamenta di quel nido di ragno, e le stalattiti piombarono addosso ai malcapitati. Punte affilate volte a lacerare corpi inermi, mentre un nuovo ed agghiacciante sentore di panico inondava i presenti. Chi poteva si riparava sotto frontoni sporgenti, altri invece, ricadevano in preda alle convulsioni. Urla di terrore in un concerto grottesco. E Denam li spronava a resistere, a rialzarsi. Con foga e ardore. Era la fiamma che bruciava e corrodeva le preoccupazioni.
"Porca miseria. Voi, prendete il corpo di quel ragazzo - è ancora vivo."
Sbraitò contro due giovani robusti. E loro, mossi dal coraggio e dalla volontà d'animo, raccolsero il giovane Aron dai morbidi licheni. E le pareti crollavano, il soffitto cedeva, la terra vacillava. Tutto l'intero nido ricadeva su se stesso, si annichiliva in una danza ritmica. La morte del prediletto forse, presupponeva la fine di quel tenebroso rifugio. Legati insieme con un filo sottile. L'inferno li teneva a sé. L'inferno inghiottiva la Banshee e si saziava del suo male.
"Ce la fai da sola?"
Si volgeva placidamente a lei. Ora calmo ma solido. E la beduina strascicava la gamba destra, ferite in più punti e contusioni evidenti rallentavano la sua corsa. Mentre il braccio sinistro, ancora inutilizzabile per la dolorosa frattura, si teneva all'esile busto. Troppo stanca per sollevarsi da terra, troppo debole per fluttuare tra i miasmi di muffa.
"Non credo di poter correre."
Ammise, seppur con qualche remore. E lentamente, poggiò il braccio sulla sua spalla. La Afrah del kamshin non l'avrebbe mai fatto, la mashwrr non avrebbe mai permesso ad alcuno di sfiorarla, anche solo per essere aiutata. Eppure, Tayf suggeriva il contrario. Tayf l'umile, colei che accetta le sconfitte si. Si sarebbe fatta portare via da quel luogo.
"Potete... reggermi?"

ﻢﱠُﺛ

La stessa aria di circostanza, la stessa cortesia che riserbava per i venerabili poco conosciuti. E la Banshee bambina premeva però, contro quel muro di prostrazione e inettitudine che Tayf mostrava all'esterno. Avrebbe voluto sparire, non essere affatto un peso. Eppure lo era, lo sapeva. Guardava se stessa con disgusto e rassegnazione.
"Non avrei mai voluto essere il parassita di nessuno."
Diceva con aria mesta. Mentre con il braccio cingeva la spalla di Denam, e il giovane,- in evidente rossore - portava la mano a sostegno della vita. Una prova questa per lui, molto più ardua della battaglia appena trascorsa.
"Parassita?" - sbottò vivace - " Sei stata tu ad eliminare quello lì" - indicando la bestia inerme - "Nell'incoscienza hai combattuto come una furia!" Mentiva abilmente il ragazzo guerriero, lasciandola inebriarsi forse, di una senso di utilità verso se stessa e gli altri fin'ora sconosciuto. E lei annuiva greve pur non essendone del tutto convinta, mentre il volto del compagno si irradiava di un tenero e fresco sorriso.

"Un patetico aiuto come questo ti sarà pure concesso, no?"

Conducendosi assieme alle poche genti rimaste, rapidi si mossero verso la trasognata via d'uscita. Trovarono ancora cunicoli e stretti tunnel, bui anfratti in cui la luce stentava ad uscire dalle lievi fessure. E nel percorso verso la libertà, la fuga attraverso le tenebre, altri due uomini caddero. Altre due anime trapassarono i sette veli, sussurrando la morte alle loro finestre. E lento fu il viaggio, nell'incedere spedito passaggi crollati sbarravano le loro possibilità. Ma non diedero segni di cedimento, nemmeno una volta, si spinsero ancora in pertugi scomodi, lunghe passerelle di pietra, ripidi crostoni. Ed infine i loro occhi, non più abituati ai bagliori del caldo sole conobbero, in un breve refolo sfuggente, la via per il purgatorio. La tregua.

Ed Afrah era lì. Non più all'inferno, e neanche in Paradiso.



alberov
AFRAH:
ReC 275; AeV 150; PerF 150; PerM 225; CaeM 150.

TAYF:
Rec 250; AeV 300; PerF 250; PerM 250; CaeM 150.

Consumi: Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%



Energia: 5% + linfa vegetale 10% = 15%

Stato Fisico: Basso da taglio alla caviglia destra + Basso da contusione al ginocchio destro + Medio da frattura al gomito destro + Basso da urto alla testa. 11/16

Stato Psicologico: Illesa 16/16

PASSIVE:
CITAZIONE
La Banshee: Afrah e Tayf sono, insieme, un’unica Banshee, ogniqualvolta che la Banshee incrocerà lo sguardo con un individuo di potenza pari o inferiore alla sua, esso percepirà un lieve timore che sfocerà in un leggero brivido di paura. [Passiva razziale Avatar]
Il Velo: La banshee è capace di evocare (le proprie difese) in maniera istantanea ed inconscia, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. [Passiva di Dominio Absolute Defense, III livello]
Né in Paradiso Né all'Inferno: In particolari condizioni di calma e concentrazione la Banshee sarà in grado di levitare, anche se con alcuni limiti: non potrà superare la sua naturale velocità che potrebbe raggiungere camminando o correndo, e nemmeno arrivare ad elevate altitudini. Inoltre, basterebbe un solo calo di concentrazione per far in modo che la malia si interrompa. [Passiva di levitazione]

ATTIVE:
//

RIASSUNTO:
Afrah rinviene grazie alla pillola di Denam e Tayf la controlla più di prima. Le pareti di roccia iniziano a cedere e, aggrappandosi al ragazzo, la beduina cerca di fuggire assieme ai pochi superstiti che nel mentre trasportano il giovane Aron. Due di loro muoiono nel crollo. Si inoltrano in un labirinto di cunicoli riuscendo a trovare l'uscita.

NOTE:
~ Azioni concordate con Foxy.
~ Vorrei ringraziare la Qm per avermi dato fiducia nella mia primissima esperienza di quest in un pbf! Mi sono divertita tanto! *-*



 
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Foxy's dream
view post Posted on 18/8/2012, 19:54




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Tutto crollava, tutto cedeva sotto il colpo finale della Regina che, esausta, si trascinava in volo facendosi carico del peso di El e Desiderio. Ogni fibra del suo corpo gridava riposo, ma se poteva far vanto di qualcosa, era la volontà maturata nel tempo del tradimento e la perseveranza forgiata sui campi di battaglia. Si impose di resistere alla fatica e alla spossatezza che le occludevano i sensi, perché se solo avesse ceduto un attimo, sarebbero precipitate nel crollo del Nido, sepolte da tonnellate di roccia e detriti laddove neppure la più ferma delle risolutezze avrebbe fatto sì che scampassero alla morte.
Inspirò e trattenne il fiato in un ultimo sforzo, un colpo di reni verso il cielo arancio del pomeriggio. Un giorno intero senza cibo né acqua, senza la sosta più breve. Una lunga serie di eventi che si erano susseguiti costantemente, incalzando l’uno dopo l’altro.
Ancora un attimo e poi, dopo un ultimo sbatter d’ali, furono fuori.
L’aria fresca li accolse affrancandoli delle fatiche, e atterrando piuttosto bruscamente nella piana più vicina, Alexandra lasciò Desiderio e posò il corpo minuto di El. Con due lunghi passi trascinati sul terreno si gettò malamente all’ombra di una quercia abbastanza grande da poter accogliere le sue spalle.
Il petto si alzava e abbassava vistosamente al pari di un mantice, come se con avidità volesse respirare tutta l’aria delle Samarbethe in profondi respiri. Piano, si fece più misurato e regolare. Sbatté le palpebre prima intontita, quasi priva di senno, ma poi le parve di riprendere il lume della ragione e la consapevolezza di quel che avevano portato a termine.

« Una forza distruttrice… »
Sussurrò a se stessa.
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Per certo, di lì a poco, non sarebbe tornata in quel cimitero a cielo aperto nominato Oldbon. Se persino il Nido aveva trovato un modo per divenire un’enorme tomba, un sepolcro per un abbondante centinaio di aberrazioni, allora i fetidi terreni di Oldbon non sarebbero potuti essere definiti in altro modo se non: maledetti.
Aveva vinto e fallito allo stesso tempo, e quel conflitto non faceva che rimestarsi in lei tra la gioia del vincitore e la rassegnazione dello sconfitto. Appagata quanto disfatta, turbata quanto orgogliosa. Le definizioni, per una mente stanca come la sua, non si appropinquavano neppure alla formulazione.
Col tempo avrebbe capito. In un altro giorno in altre condizioni, magari.
Sbuffò sonoramente osservando di sbieco l’erba muoversi oltre i cespugli che le erano più prossimi e sorrise. Riconobbe lo scalpiccio del suo destriero, sopravvissuto ancora ad un’altra guerra, a metà strada tra fuggiasco e vittorioso. Da un cavallo, non poteva pretendere di più; da Desiderio, invece, poteva attendersi ben più e l’aveva ampiamente dimostrato.
Con somma sorpresa dietro lo scuro shire, ne comparve un altro, lo stesso imbrigliato dalla ragazza all’indomani di quel folle viaggio irto di pericoli e dal forte puzzo di sangue.

« I nostri salvatori sono arrivati. »
Considerò sarcastica, trovando un altro sorriso nel compagno di viaggio più leale che avesse mai avuto.


Stancamente si portò su, sbatté le vesti coi palmi per ripulirsi dalla polvere e si lustrò gli stivali dal fango raggrumatosi sotto di essi. Neppure se n’era accorta nella foga di tanti movimenti di spada, ma il terreno delle profondità dell’Eden era tanto umido che la terra era poco meno che melma. L’erba invece era asciutta; a quanto pareva, era stata una lunga giornata di sole.
Un motivo in più per amare e seguire quel richiamo – non al bene – bensì alla luce.

« Andiamo, è ora di tornare a… ‘casa’. »
...
Già, casa. Come altro poteva definire il Sorya?
Eppure quel giorno, le definizioni, non le riuscivano particolarmente bene.

_ ___ ______________________________ ___ _



Denam trasse un lungo respiro prima di poggiare con delicatezza pressoché eccessiva la bella che aveva tratto in salvo. Si guardò attorno mentre l’ingresso al Nido franava, e tra i roboanti polveroni trovò l’impeto di esprimere il proprio disagio con un suono onomatopeico abbastanza eloquente.

« Pfiu… » esordì « la nostra sembra quasi fortuna. »


Ma come un fulmine nel cielo terso della notte, i suoi occhi sgranarono oltre l’impensabile. Si rese conto del motivo per cui era lì, della missiva da consegnare con estrema urgenza. Nel momento della sua cattura aveva perso la bisaccia con tutti i suoi averi e gli parve di morire, trafitto dal dardo della consapevolezza.
Impacciatamente si portò le mani ad ogni tasca. Tutto era sparito attorno a lui; i due sopravvissuti, il giovane guerriero tratto in salvo per miracolo e persino la splendida donna che aveva al fianco. Gli stivali, i pantaloni, la giacca; passò in rassegna ogni capo d’abbigliamento avesse indosso. Tra foga e spavento l’inquietudine cresceva fino a che, in un tuffo al cuore, riconobbe la forma di una busta all’interno della cotta di maglia. Tanto era rimasto a contatto con la nuda pelle che non la distingueva più dal vestiario.

« Già, siamo proprio fortunati. »
Proseguì ancora portandosi una mano alla fronte, nel tentativo di lenire quell’inafferrabile senso di frustrazione.


Tirò fuori la busta, rimase qualche istante a contemplarla attraversando con gli occhi i solchi del timbro in ceralacca rossa. Un gallo dalla cresta all'insù, la zampa destra sollevata in segno di sfida e il becco aperto. Il simbolo di una casata di grandi e nobili guerrieri, vessillo d’audacia e prontezza a tutto. I Loxaerion.
Però, per quanto felice di aver tratto con sé quella busta rettangolare nel momento della sorpresa e della cattura, specie dopo aver ricevuto un colpo secco sulla nuca per capitolare in stato comatoso, si rese conto del tempo che gli era rimasto. Aveva avuto cinque giorni di tempo e quattro erano ormai andati.
La soluzione pareva inavvicinabile.

« Hai mai sentito parlare del Clan Sorya? Sto cercando una persona piuttosto famosa che pare essersi rifugiata lì da un bel po’ di tempo. » innocente, nervoso di fronte ad un probabile fallimento, rigirò la busta fra le mani « Ho questa missiva da consegnare con urgenza, ma non ho la più pallida idea di dove sia. »

« Non preoccuparti, puoi darla a me. » sorpresa, ma annuì col capo lasciando presupporre una moltitudine di cose che al giovane erano sfuggite in un primo momento « A chi – di preciso – devo consegnarla? »

« La chiamano Regina senza regno, e la sua storia si accavalla a tante altre simili. » e in quel momento un nibbio stridette nel cielo annunciando la fine del tempo concessogli, Denam sollevò il capo mentre il rapace volteggiava in ampi cerchi nel cielo quasi buio « Meno di quanto credessi. » e porse la busta ad Afrah « Ora devo proprio andare, magari un giorno potremmo reicontrarci – in altre circostanze, ovviamente… »
E così dicendo, imbarazzato, si passò una mano fra i capelli castani forse troppo comuni.

« Voi, avete un posto dove tornare? » dissimulò per mezzo di un'altra domanda, sfuggendo alla ferrea presa del nervosismo « Purtroppo il mio villaggio è stato raso al suolo. » accennò il primo « Io ero fuggito nell'Eden in cerca di un'altra vita. » gli fece eco il secondo « Potete unirvi a me allora, una volta raggiunto il mio distaccamento deciderete cosa fare. » argomentò benevolo « Troverete cibo e un posto sicuro dove riposare. »
I due si osservarono pensierosi per un attimo.
« A patto che continuate a caricare sulle spalle quel ragazzo. »
...
« Non importa, accettiamo l'invito. »
Concluse il più smunto con un grato cenno d'assenso.
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« -ora devo andare per davvero. »
Sussurrò a fil di voce. Abbozzò un inchino e voltandosi sparì di buon passo nel folto della vegetazione seguito dagli altri due, non sapendo se dimenticare o ricalcare la memoria di quell’incontro ai limiti dell’assurdo - sebbene molto piacevole.



QM's PointThis is the end, my only friend, the end... e sulle note dei Doors e in particolare di Jim Morrison vi lascio ai giudizi e ai tanto agognati premi:

Nahenia:
Scrittura:
Cangiante. La tua scrittura si è evoluta enormemente lungo tutto l’arco della giocata, sei passata da uno stile narrativo pieno e corposo, a tratti idilliaco per la quantità di descrizioni dettagliate e per il registro adottato, ad uno più leggero e introspettivo – forse eccessivamente. Se i tuoi primi post davano la piena consapevolezza delle tue abilità descrittive, gli ultimi hanno dato la piena impressione di cosa volevi che fosse il tuo personaggio. Non a caso, azione dopo azione, ho notato questa ‘presa di coscienza’ di Desiderio che si è tramutata da insofferenza a dualità a consapevolezza. Quest’evoluzione introspettiva è cosa buona e giusta, pressoché miracolosa in una sola giocata – anche se giustificata da una serie di situazioni molto incisive su una psiche ancora mutevole come quella della Desiderio iniziale. Ma narrativamente, negli ultimi post, avrei preferito una cura maggiore, particolareggiata come quella dei tuoi primi post. Quando la Madre ad esempio ti colpisce con il Critico psionico, non presti particolare impegno all’aspetto gidierristico della cosa. Oltre al dolore cagionato, anche gli eventi potevano essere sfruttati per dispiegare a trecentosessanta gradi la psicologia del personaggio, facendo leva su sfaccettature nuove e/o poco scoperte precedentemente. Vi poteva essere la solitudine alla morte apparente di Alexandra, la sensazione opprimente di inettitudine nel constatare quanto poco fosse forte al confronto della Madre, lo smarrimento circostanziale nell’approssimarsi della fine; questi sono solo esempi di come avresti potuto inspessire una serie di dettagli apparentemente insignificanti, ma di importanza incredibile in uno scritto. Infine, nell’ultimo post, ho poco apprezzato la sbrigatività con cui hai chiuso una giocata così importante per Desiderio. A tratti erano più le descrizioni che ti avevo passato io per mp che il resto.
In conclusione, dovresti trovare il mix perfetto per bilanciare i due stili di scrittura, per renderli d’effetto ma allo stesso tempo pieni, così da lasciare una vivida sensazione di meraviglia nel lettore. Le capacità non ti mancano affatto, credimi: devi solo lavorarci un po’ su.

Strategia:
Elementare. Colpevole anche una scheda poco adatta al combattimento, non splendi particolarmente, ma riesci a destreggiarti abbastanza bene abbinando elusive ad attacchi diretti. Queste combo, sebbene poco incisive per via del genere di tecniche, risultano invece efficaci e ti permettono di far danno un po’ per volta, un sottilissima guerra di logoramento. Se devo però essere cattiva, ammetto di non aver gradito molto l’autoconclusivo iniziale; un po’ surreale e forzato, eccessivamente teatrale. Ciò che deve impressionare è la credibilità delle azioni e dei movimenti, che devono essere puntualmente giustificati per farli apparire il meno pretenziosi possibile. Poco saggio e strategico, infine, accanirsi sul boss finale a testa bassa - considerato soprattutto l’eccessivo divario tecnico che vi sarebbe stato. Ogni mossa va calibrata e ragionata il più possibile, devi tener conto di tutte le variabili fino a scegliere la via più semplice e meno rischiosa per raggiungere l’obiettivo.

Sportività:
Nulla da segnalare se non un riguardo più accorto agli autoconclusivi, dove ti ho vista un po’ come una cosiddetta ‘power player’. Ancora una volta, attenta alla credibilità delle azioni.

Ricompensa: 1900 Gold e la possibilità di integrare in scheda il destriero ottenuto ad inizio quest.

Neve:
Scrittura:
Notevole. Non nascondo di essere rimasta particolarmente sorpresa dal tuo stile. Frasi brevi che fanno capo a concetti più grandi, e frasi più lunghe ad esporre il succedersi degli eventi. Questa combinazione lascia al testo una sorta di respiro, una cadenza sua; talvolta frenetica nelle fasi di combattimento, talora più quieta nei momenti di calma. Ottima composizione narrativa che spero tu riesca ad affinare ulteriormente col tempo, perché mostra una certa personalità e completa la caratterizzazione del personaggio. Apprezzabili pure i numerosissimi riferimenti alla cultura mediorientale, alla sua religione e al suo folclore, perle stilistiche che, tuttavia, qualche volta hanno troncato lo stream del narrato. Non una volta soltanto mi sono fermata nel leggere il significato dei nomi propri che hai presentato, dei quali ne ignoravo completamente l’accezione, voltando direttamente a wikipedia piuttosto che alla prosecuzione del post. Nonostante ciò, questa potrebbe ricondursi più ad una lacuna mia che tua, solo che questa mancanza, nel lettore medio, è più che frequente. Uno scritto deve essere accessibile a tutti, assolutamente libero; perché gli scritti di nicchia – a mio personalissimo parere – sono una gran cavolata oltre che implicitamente volgari. Il resto mi pare di pregevole valore, per certo di livello superiore alla Verde, ma ancora manchevole per l’energia superiore.
Anche tu hai talento, non resta che smussare qualche difetto e valorizzare ancor più i tuoi pregi.

Strategia:
Buona. Sebbene Afrah sia una personaggio nuovo, è particolarmente predisposto al combattimento e lo hai ampiamente dimostrato nello scambio di colpi con Rodoard, dove hai persino creato occasioni per Denam che ha a sua volta approfittato della aperture create. Un eccellente risultato per essere la prima quest e la prima esperienza su un GdR pbf, se non fosse per quell’errorino iniziale in cui hai usato il fumogeno su avversari muniti di auspex passivi, quindi in grado di percepire le auree. Ciò infatti, con compagni sportivamente validi e accorti che vi avessero fatto caso, avrebbe creato più problemi che opportunità. Elmara – che era al tuo fianco – ha infatti ignorato gli effetti del fumogeno, quando invece le avrebbe occluso il senso della vista, e quindi sarebbe stata impossibilitata a difendersi poiché ignara dell’offensiva in arrivo. Una disattenzione simile, in quest ben più pericolose – specie se con Player Killing attivo – avrebbe generato un bel po’ di problemi. Attenzione la prossima volta.

Sportività:
Ottima, forse troppo. Anche tu non compi gravi antisportività, però ti sei dimostrata eccessivamente sportiva nei colpi incassati. Subendo appena dei medi su braccio e gamba, ne sei uscita più ammaccata di quanto avresti dovuto. Il braccio non era più utilizzabile, e zoppicavi vistosamente. Simili risultati sarebbero stati credibili subendo danni di entità Alta, poiché a Critico v’è la perdita completa dell’arto. Con un medio, infatti, sarebbe stato solo contuso e dolorante. Occhio a calibrare i danni, poiché handicap simili autoimposti possono pregiudicare le possibilità strategiche, e minare quindi le probabilità di vittoria.

Ricompensa: 1100 Gold.

A me vanno 1100 Gold per la gestione. E' stato un piacere giocare con voi, sul serio. Siete state delle piacevoli sorprese. ^^
 
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41 replies since 15/4/2012, 14:17   1247 views
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