Lo Stregone sentiva le ferite tormentare il suo corpo, la lunghezza della battaglia cominciava a pesare sul suo fisico. La stanchezza artigliava la sua mente, offuscava la sua lucidità e rallentava non solo i suoi movimenti ma anche i suoi stessi pensieri. Era soltanto la battaglia a tenerlo in piedi: l'odore del sangue - troppo quello versato in quella arena - misto alla polvere pizzicava il suo naso, grida e rumori di ogni genere che si fondevano in una nenia assordante nelle orecchie ancora fischianti a causa degli spari. Ma sopratutto l'eccitazione, che lo manteneva eretto, che teneva ogni pezzettino del suo corpo insieme e che aveva ridotto quel ringhio tonante di rabbia ed impotenza al mugolio di un cane bastonato; una flebile voce persa in un così caotico sottofondo. Quando vide il pistolero sbalzato a terra, le fiamme della deflagrazione su tutto il suo corpo, non poté che abbandonarsi ad un sorriso soddisfatto. L'aveva finalmente abbattuto, l'aveva sconfitto e gettato per terra; era stato lui il migliore, come sempre. Socchiuse gli occhi per un attimo ad assaporare il dolce miele della vittoria sulle sue labbra.
" Adesso basta! Sto venendo a prenderti! "
Gli ci volle qualche secondo per accorgersi che la voce proveniva da quella massa bruciacchiata che gli correva contro, attraverso gli strati di un'illusione che diventava attimo dopo attimo più inconsistente. Troppo tempo per capire che la sua vittoria era stata solo una fantasia, un sogno ad occhi aperti, che il futuro era inconoscibile anche per chi - come lui - maneggiava quello altrui giorno dopo giorno. Il suo corpo reagì con lentezza esasperante, ora che sia quell'eccitazione era stata bruciata sull'altare di una - falsa - vittoria. Non riuscì a opporre nemmeno l'ombra di difesa, a dare forma agli spettri che infestavano la sua mente; a rallentare quella carica furiosa. Jace era svuotato, troppo occupato a rimanere in piedi e non barcollare per fare altro, ed il diretto lo centrò in pieno volto; scaraventandolo al volto. Il braccio che l'aveva investito era rosso e ruvido, ma più che rovinato dalle ferite sembrava l'arto di un demone, od il frutto di chissà quale stregoneria; anche lui doveva aver passato una vita ben strana.
" Perché? Erano tutte cazzate il tuo discorso di prima? "
« Perché sono un bastardo, di prima categoria. Perché non sopportavo quell'aria di superiorità con cui andavi in giro. O forse perché questa follia collettiva ha contagiato anche me. Scegli tu. »
Durante quel breve scambio tossì più volte del sangue, perfino un dente. La sua voce era diversa da prima, impiastricciata dal dolore e dalle contusioni. Lo Stregone tentò di rialzarsi, ma cadde di nuovo sul terreno, con la pancia rivolta al cielo; come un animale abbattuto. L'espressione dell'altro era complicata a metà fra l'incredulo e l'arrabbiato, forse perché quelle ragioni per lui erano assurde o perché non pensava si potesse uccidere un uomo per quei motivi. Aveva sicuramente ragione ma gli unici rimorsi che Jace provava per quella situazione riguardavano la sua triste conclusione. Il pistolero provò una risata, ma anche lui era sfinito dalla battaglia e crollò al suolo.
" Fumi? "
« Si, ma sto vomitando troppo sangue per farlo. »
" Ah, peccato... - così si accese uno dei due piccoli sigari che aveva teso allo Stregone. L'odore era buono, o lo sembrava rispetto al tanfo di morte che li circondava, tanto da rimpiangere di aver rifiutato l'offerta; anche se non aveva potuto fare altrimenti. Con fare assorto il pistolero riprese a parlare, quasi fosse in una qualsiasi taverna a chiacchierare, come se non avesse davanti un folle che aveva cercato di ucciderlo - Stavo pensando che non mi hai ancora detto il tuo nome" "
« Jace Beleren. » Rispose meccanicamente, come se la stanchezza facesse muovere il suo corpo in maniera autonoma. Solitamente avrebbe riflettuto se concedere o meno questa informazione, perché un nome era potente, permetteva di evidenziarti dalla macchia anonima che stava sullo sfondo.
" Rèver Wyrd - Allungò il braccio verso la pila di cadaveri al suo fianco, posando la mano sinistra sulla testa di uno dei corpi -
E tu come ti chiami? " "
Ed il cadavere rispose. Ripetette la scenetta più volte, ottenendo ogni volta una risposta; fermandosi solo per godersi il suo cigarillo. Quella sequela di gesti gli fece capire che anche lui non era altro che un cadavere che parlante, ma non per qualche metafora altisonante sulla vita, ma perché nelle condizioni in cui si trovava qualsiasi sciacallo si sarebbe avventato su di lui. I Falkenberg Korps non avevano la minima intenzione di curarsi dei feriti, per i soldati di Hyena non era altro che un nemico. Poteva soltanto, amareggiato, sputare la sua ultima sentenza, dettare un epitaffio agrodolce da incidere su una tomba che nessuno avrebbe costruito, a questo sconosciuto notaio dei morti. Gli avrebbe concesso una piccola battuta assieme ad uno sterminato elenco di morti.
" Potrei andare avanti all'infinito " "
« Dovresti avere molto tempo libero allora. Io invece il mio, lo ho finito. »
Jace alzò la mano, l'indice puntato al firmamento; un ultimo gesto semplice quanto inutile. Eppure indicare quell'ovvietà - quel che tutti stavano già vedendo - superflua complicazione, gli diede una scossa di sollievo, benché stretto nella morsa di un dolore vivo e frustrante. Stava per scoprire chi aveva infine vinto.
" E' proprio vero allora, quei tizi non sono normali "
« Hai davanti un ciarlatano, che raccontava agli altri il loro futuro ma non è stato capace di leggere il proprio. »
" Di sicuro hai sempre la battuta pronta. Il futuro...
sono quasi tentato di chiederti di leggere il mio. "
Lo Stregone ascoltò distrattamente quelle ultime parole, non perché noiose ma poiché era ormai stato completamente catturato da quell'ultimo atto che si compiva in cielo. Una figura nera, ammantata da piume nere come l'amarezza, che piovevano su tutti e su tutto: il volo del rapace era mesto, appesantito dalla sconfitta, spoglio di ogni dignità; umiliato dal rombo che lo seguiva. Le scaglie crepuscolari dell'enorme drago risplendettero dei colori dell'alba, portando un chiaro messaggio ad entrambe le fazioni. Anche se Hyena non si vedeva, era chiaro chi avesse vinto. Così, mentre l'orso ruggiva la ritirata, Jace non poté che scoppiare in una risata, isterica e liberatoria; subito troncata in gola da un altro grumo di sangue. Quel suono disgustoso lo rappresentava in pieno: era sconfitto, abbandonato tra cadaveri e macerie; cadavere o maceria lui stesso. Nessuno avrebbe avuto pietà di lui - a ragione - e se anche l'avessero risparmiato, l'avrebbe atteso il dono di manette metalliche e una branda sporca di zecche e merda. Non c'era per lui alcun lieto fine, ma non riusciva a disperarsene; anzi restava atono. Nella più nera delle situazioni aveva raggiunto quella freddezza che sempre aveva inseguito, dominato quelle passioni che sempre l'avevano scosso; uno scambio forse non troppo conveniente per il Cartomante.
" Se vuoi ti aiuterò ad uscirne, Jace. " |