Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

I Primogeniti » Luci nell'Oscurità

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view post Posted on 28/7/2012, 12:46
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永久の美
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Quanto era durata, quella lunga corsa silenziosa? Quanto a lungo erano andati avanti senza una parola, senza un cenno … seguendo semplicemente quello strano ragazzino vero cui Spencer sembrava avere un attaccamento oltremodo ossessivo? Lui si muoveva di un passo a destra e lei lo assecondava saltando di un passo a sinistra; come in una danza, come in un Valzer. E si sa che un ballo del genere si effettua in due: lui non era altro che il terzo incomodo, l'amante fastidioso che, vista la sua bella a braccetto con un altro cavaliere, tenta in tutti i modi di attirare la sua attenzione. L'immagine lo fece ridere non poco. Ma prima che potesse congetturare altri strani pensieri, vide il giovane di nome Hocrag scattare verso delle scalette arrugginite, salirle senza curarsi di nulla e di nessuno e, senza un'occhiata circospetta, senza un controllo se non altro superficiale, lanciarsi in strada come se quello fosse l'ingresso per Il Paese delle Meraviglie. Erano a Neirusiens, dannazione! La città dei banditi e dei taglia-gole! Non potevano muoversi così, come se niente potesse sfiorarli; come se stessero facendo una passeggiata.
Maledì più volte la stoltezza di quel ragazzo ed allo stesso modo quella della sua compagna, che lo aveva seguito senza la minima obiezione … Ma come avevano fatto a sopravvivere fino ad allora in questo mondo?
Beh, oramai la cosa era fatta e stare lì a rimuginare sui problemi che creava stare in mezzo alla gente -argomento che poi quel giorno aveva chiarito con sufficiente esaustione- non avrebbe portato a nulla. Si costrinse suo malgrado ad andare dietro ai suoi compagni pregando che passassero inosservati, pur essendo davvero poco fiducioso. Ed infatti, come volevasi dimostrare, sbucarono non lontani da un folto gruppo di uomini, le voci alte, i toni grezzi e l'aspetto decisamente poco raccomandabile; erano a Neirusiens dopo tutto, non una vista rara quella.
E dunque, dal vocio dei soldati che si azzuffano l'uno con l'altro erano passati al rumoroso parlottio di un branco di criminali. Davvero uno scambio vantaggioso, non c'è che dire.
E mentre fissava attonito quel curioso mucchio di ubriaconi, spiantati o semplici guerriglieri, i suoi occhi d'ambra si incrociarono per un effimero istante con quelli di un uomo al centro del gruppo; un uomo dalle spalle più dritte, dal portamento più umano e dall'aspetto meno trasandato. Come a voler fare da cornice a quel tacito scambio di emozioni, cose come “Ci vuole morti! Vuole ripulire la città! E' colpa sua!” gli danzarono attorno assieme agli urli patriottici dell'ennesimo fanatico.
Poi in un rimestarsi di corpi, urla e fetore, quel contatto visivo venne bruscamente interrotto e senza aspettare che qualcuno gli desse il via, Vrael si imbucò dietro ad un mucchio di casse che erano state ammassate agli angoli della strada e che, a giudicare dal puzzo rancido che emanavano e dalla patina di umido oleosa che le copriva dovevano essere lì da una giusta quantità di tempo.
Se li sentì sfilare accanto mentre gorgogliavano ogni tipo di improperio e, scivolando cauto attorno al proprio nascondiglio, lasciò che si guadagnassero un po' di vantaggio; poi torno a concentrarsi sui suoi compagni e notò solo allora una donna accasciata a terra dove prima sostava il gruppo di uomini. Non se ne curò molto a dire il vero; molte donne venivano ritrovate a terra a Neirusiens, derubate, stuprate o semplicemente picchiate per gusto. Immaginò che quella non facesse eccezione. Spencer ed Hocrag non erano così distanti da lei … non si era nemmeno reso conto che si fossero staccati così tanto; Sorrise. Quel giovane lo affascinava: da quando lo aveva incontrato non si erano scambiati -non avevano nemmeno provato a farlo, in effetti- un parola, eppure in quegli sguardi fugaci, in quei muti e rapidi scambi di occhiate, l'Elfo poteva vederlo; poteva vedere che in quella figura così pallida ed inconsistente, quasi vitrea, c'era un intero universo di segreti da scoprire e studiare.
Sospirò tuttavia di sollievo nel vederli così lontani: era quasi certo che, presi dalle loro misteriose fissazioni, non si sarebbero nemmeno accorti della sua sparizione … di sicuro non lui, forse lei ... Così, tenendo il capo chinato e rimanendo accostato al muro, slittò lentamente tra le ombre, infilandosi fra i vicoli, facendosi scudo con le poche persona che avevano avuto il coraggio di non rientrare in casa pur con quella folla di malandrini a gironzolare priva di un guinzaglio (forse perché erano malandrini anch'essi) e tentando per quanto possibile di non essere notato.
Mentre gli andava dietro poté sentire sentire tutte le fastidiose insolenze che biascicavano, insolenze che si premurò di segnarsi mentalmente in caso gli fossero servite per impersonare uno di quegli uomini ineleganti in una delle sue mascherate, ed ebbe la possibilità di studiarli uno per uno.
C'erano uomini -e non solo- di ogni genere: poteva vederne alcuni alti ed allampanati, dall'andatura un po' goffa e dondolante tipica di chi ha bevuto troppo per troppo tempo della sua vita; poi ce n'erano altri più tarchiatelli, che procedevano spediti a piccoli passi e grugnivano ogni momento come dei veri e propri -sopraffini- maiali. E tutti loro, eccezion fatta ovviamente per i calvi, avevano in testa una “fluida cascata” di capelli unti ed appiccicosi, al punto da riflettere la luce che incontravano come una strana sorta di specchio lucido.
Vrael fece del suo meglio per trattenere il disgusto, ripetendosi mentalmente che quello era uno dei motivi -forse il più veniale- per cui aveva lasciato Neirusiens.
Ma mentre si perdeva in simili elucubrazioni, il fatto lo colpì come un fulmine: il flusso di assoluta imperfezione di quella marmaglia di bestie veniva a metà interrotto da … qualcosa. Dovette aguzzare la vista per poter dire che, , quella strana figura che aveva notato non l'aveva immaginata e che, , era oltremodo diversa dalle altre.
Scivolava fra gli uomini del gruppo come fosse in tutto e per tutto un'ombra, si faceva strada fra le braccia alzate in gesti di acclamazione, fra i gridolini strozzati degli umani … si faceva scudo dalle loro bestemmie e si muoveva in un modo tale che nessuno nemmeno quelli a cui sfilava davanti riuscissero a notarla, neanche fosse capace di distogliere l'attenzione da sé e divenire invisibile.
Ecco quello, quello era interessante; era più che ovvio che l'ombra (così aveva deciso di definirla) non faceva parte della mandria. Su questo non v'erano dubbi.
E, non era un esperto dell'argomento ma aveva messo in pratica talvolta simili esercizi, quei movimenti avevano un solo nome: assassinio. L'Elfo sorrise tra sé. Se davvero aveva visto giusto, presto o tardi ne avrebbe viste delle belle, e la cosa lo esaltava.
Seguì l'improbabile gruppo di uomini ancora un po' prima di riuscire a scorgere, oltre i tetti delle case, un edificio che definire maestoso non era propriamente corretto; lo diveniva però, indubbiamente, se paragonato al resto degli edifici catapecchie tutt'attorno. A quanto pareva non mancava molto alla meta …
Ed inaspettatamente, venne assalito dalla curiosità, dal voler vedere quello strano essere che uccideva; bramava vedere come avrebbe fatto, desiderava scoprire in che modo avrebbe compiuto l'atto. E rischiando ben più di quanto potesse immaginare, si unì alle ultime righe di ubriaconi con non-chalance e puntò gli occhi sull'individuo che pur distinguendosi dalla massa era in grado di passare inosservato … l'atto stava per compiersi, lo sentiva. Percepiva quel tipico tremolio dell'aria ed il vibrare del suo corpo preda dell'adrenalina che solo quello potevano significare. Non avrebbe dovuto restare lì, si sarebbe cacciato nei guai … ma non poté resistere.
E poi lo sentì, quel Crac. E l'uomo che poco prima incitava la folla come un forsennato cadde a terra in un rantolo sanguinolento, accasciandosi in maniera anonima, pugnalato alle spalle ed ucciso -forse- come il più inutile e volgare degli uomini.
Ha! Adesso voleva proprio vedere come quello strano sicario si sarebbe cavato d'impiccio, in mezzo a tutta quella gente che già lo stava cercando con gli occhi prima ancora che il corpo avesse raggiunto terra. Quello che accadde in seguito, tuttavia, fece sparire il sorriso dal suo volto; lui non c'era più. L'Elfo spalancò un poco gli occhi mentre tentava di controllare l'automatico schiudersi della sua bocca. Che fine aveva fatto?
Il vocio degli uomini si fece più forte e concitato, il loro atteggiamento più brusco ed in breve la via fu pervasa da urla e ruggiti furiosi. E, ciliegina sulla torta, quando la folla si aprì attorno al “forse cadavere”, in mezzo a quella lordura e quelle imago trasandate, il suo aspetto un po' sbattuto ma certo mille volte più fine e curato non poté non saltare alla vista. E subito gli furono intorno.
Qualcuno, non seppe dire bene chi, lo spinse al muro che aveva alle spalle e, dal nulla, vide comparire un'infinità di lame. Spade, pugnali, semplici coltelli … nella durata di un respiro furono tutte puntate contro di lui, a pochi centimetri dalla sua pelle nivea. In un attimo di confusione, non riuscì a capire quello che tutti gli stavano urlando; vedeva le loro bocche muoversi concitate, le pericolose armi farsi sempre più vicine … poi tutto tacque. E, lentamente, prese a farsi strada verso di lui l'uomo che aveva visto essere sempre al fianco dell'ora defunto. Il suo sguardo era truce, la mascella contratta e piccole venuzze presero a spuntargli dal collo gonfio. Prese dalle mani di uno dei suoi uomini un spada e gli puntò la lama alla gola, chiedendo con tutta la gentilezza di un bandito di provare a convincerlo che non fosse stato lui.

La sorpresa di essere stato scambiato per l'assassino all'inizio lo lasciò ammutolito.
Fissava la lama dell'uomo, poi il suo volto ed infine passava in rassegna tutti quelli che aveva davanti, il sudore che cominciava a scivolare copioso sulla sua fronte.
«Discolparmi …?»
L'incipit non fu proprio dei migliori.
Sì, brutto cane, hai sentito quello che ha detto!
Qualcosa lo pungolò al braccio sinistro, ma prima che la lama potesse insinuarsi oltre, uno sguardo dell'uomo imperioso paralizzò il patetico omuncolo dai capelli radi e corvini che in mezzo al gruppo si sentiva chiaramente coraggioso.
Cercò di tornare in sé … come si convinceva un branco di criminali?
Non poteva mostrarsi una pecorella, eppure non poteva tentare di imporsi.
«Non potete incolpare me,
Avete visto tutti dove mi trovavo!
»
cominciò urlando un poco.
Poi alzò lentamente -molto lentamente- le braccia e, sfilatosi la spada sotto almeno una ventina di sguardi di disapprovazione -l'uomo di nome Edwin non aveva però mosso un muscolo-, la lanciò a terra, dove tutti potessero vederla.
Fece lo stesso con arco e faretra.

La spada alla gola gli toglieva il respiro.

«Vedete per caso sangue sulle mie armi?!»
La reazione non fu esattamente quella che sperava.
Un altro uomo, dal vistoso doppio-mento e dalle gote infervorate dal rossore (che fosse del vino o della rabbia non era chiaro) lo apostrofò con malizia.
Ci sono molti modi per uccidere e disfarsi della propria arma, ragazzino.
Chissà, magari sei anche capace di praticare la magia!

A quel pensiero il gruppo fu scosso da sussulti ed il brusio cominciò a sollevarsi rapido tra la folla.

Tutte le lame si fecero più vicine.

... O magari hai bisogno di essere incentivato …
Si fece avanti un altro e, facendo ben attenzione che la lama che lo straniero aveva puntata al collo non lo ferisse gli strappò di dosso la maglia con malagrazia e lo butto -con più delicatezza di quanta se ne aspettasse invero- a terra.
Evidentemente aveva già compiuto il gesto svariate volte con molteplici donne … e a quanto pareva non solo.
Prima che potesse proseguire venne allontanato con un gestaccio dal proprio capo e si perse nuovamente tra la folla, in un commisto di vergogna e delusione, perché chiaramente ci aveva sperato.
Vrael cacciò indietro l'umiliazione che gli stava salendo in gola e che stava per colargli dagli occhi e, sollevando il volto, si poggiò sulle ginocchia ed alzò lo sguardo verso Edwin.
Lui che, dopo la sua battuta iniziale, non aveva fatto altro che lanciare occhiate e dare ordini muti con gli occhi.
«G-guardami … ti sembro un assassino?»
Si sentì estremamente stupido, certo che nessuno gli avrebbe creduto.

Davvero ironico … era tutto il giorno che mentiva con spudorata sapienza a tutti coloro che aveva intorno ed ora … ora che diceva la verità, probabilmente, non sarebbe stato creduto.

Abbassò lo sguardo con rassegnazione.
D'altronde erano dei taglia-gole … per loro non faceva differenza che fosse stato lui o meno.
Probabilmente, in ogni caso, l'avrebbero ucciso per spregio.


Vrael

| ReC 300 | AeV 175 | PeRf 75 | PeRm 275 | CaeM 150 |


Energia_80% [(10+10)]
Status Fisico_Danno lieve al volto; labbro spaccato.
Status Psicologico_Sconfortato; rassegnato.
Equipaggiamento_Islingr (ai piedi di Edwin)
Albitr (ai piedi di Edwin) 11/15.

Tecniche Utilizzate_


Note_Fuuu^^ Ed eccomi qua! Scusatemi se il post è un po' un mono-blocco di testo, ma non me la sono mai cavata troppo bene con l'html e, di fatto, la narrazione è continua e non presenta interruzioni di sorta.
In breve, Vrael segue il gruppo come stabilito e nota la figura misteriosa. Tuttavia, dal momento che lo volevo mantenere in modalità Stealth, sono stato obbligato ad architettare un sotterfugio narrativo per farlo di fatto avvicinare al gruppo di malviventi; ho scelto la curiosità perché mi sono reso conto che è un tema ricorrente per Vrael ^__^
A quel punto avviene l'omicidio e parte la scena del mini-interrogatorio. Spero di essermi attenuto alle indicazioni di Eitinel e che la (poca) gestione dei PnG possa essere piaciuta. Sono stato costretto a tagliare perché mi sono reso conto che, in effetti, dei taglia-gole non avrebbero mai sprecato troppo tempo per un "processo" ... anzi, credo che mi avrebbero sgozzato (o peggio ... if u know what I mean :v:) e via x'D
 
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Ahren Elessedil
view post Posted on 28/7/2012, 18:44




Pensato Ahren
Parlato Ahren
Pensato/parlato Firin
Parlato Guardia



Ovviamente, le cose non andarono come Ahren aveva sperato. Aveva superato senza alcun intoppo il controllo del secondo blocco, dato che la sua unica arma si trovava al sicuro all’interno del carro con il quale erano giunti fino a lì. Tuttavia, era arrivato il turno della sua salvatrice, l’Elfa che aveva detto di chiamarsi Aris. Ella non sembrava affatto un individuo pericoloso, quindi Ahren era abbastanza tranquillo e impaziente di entrare in quella maledetta città: per quale motivo volevano che nessuno si allontanasse? Che cosa dovevano nascondere?
Non aveva mai sentito parlare di quel posto, ma d’altronde, lui non era mai uscito dalla sua amata foresta fino a qualche mese prima. Chi lo avrebbe mai detto? Ora si trovava assieme ad una sorta di gatto e a compagni molto particolari in fila ad un posto di blocco, in attesa di essere perquisiti e condotti all’interno di una città edificata nelle profondità di oscure gallerie, che aveva cominciato ad odiare. La luce era scarsa, l’umidità pressante, l’odore insopportabile… Tutto ciò non aveva nulla a che vedere con il suo bellissimo bosco, con le fronde verdi degli alberi e delle piante, con i piccoli e simpatici animaletti che solevano scorrazzare liberamente in quella piccola isola di paradiso.

Mentre Ahren ripensava al suo luogo d’origine, Aris si stava avvicinando con passo incerto verso la guardia della dogana incaricata di perquisirla. Non appena raggiunse la postazione, l’uomo cominciò a controllare ogni singolo lembo di stoffa che copriva il suo corpo, indugiando in particolar modo sulle zone meno coperte dagli abiti, le mani desiderose di contatto fisico: la perquisita non sembrò reagire.
Io non ne sarei stato in grado. Come osa quell’umano? Dovrebbero essere cacciati via da quei luoghi, da quella terra. Non fanno altro che corrompere tutto ciò con il quale vengono a contatto…
Ad un tratto la guardia si fermò, i suoi occhi si spalancarono, increduli, come se avesse trovato qualcosa che non sarebbe dovuta essere lì. Con un rapido movimento delle braccia fece girare Aris su se stessa e strappò con forza il vestito che le ricopriva la schiena, scoprendo così l’arma che l’Elfa cercava di nascondere: una katana. Stupore e meraviglia comparvero sul volto dell’uomo, mentre un ghigno gli si disegnava sulla faccia. Dopo aver rigirato ed analizzato la spada tra le mani per qualche istante, la guardia ossuta si avvicinò all’orecchio di Aris, bisbigliandole qualcosa di incomprensibile. Non doveva essere piacevole sentirsi l’alido caldo e puzzolente di quell’uomo in faccia, ma quello era uno dei suoi ultimi problemi. Qualunque cosa le avesse detto, Aris appariva molto preoccupata. Subito dopo, l’interrogata volse lo sguardo verso Ahren e, con sommo stupore dello stesso, disse:

E’ sua, mi ha costretto a portarla per non farsi scoprire. E’ con la forza che ci ha ordinato di raggiungere Neirusiens.


Il giovane Elfo rimase senza parole, non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. Per quale motivo lo aveva tradito in questo modo? E perché proprio lui, un Elfo, un membro della sua stessa razza? C’erano molte altre persone nel carro, avrebbe potuto accusare tranquillamente un inutile umano. Certo, lei doveva tutelare la propria incolumità e quella della piccola bambina che teneva tra le braccia, ma Ahren non riusciva a trovare una scusa per giustificarla. Se non fosse stata un’Elfa, l’avrebbe uccisa non appena la situazione sarebbe stata favorevole.

Bene bene, cosa abbiamo qui? Un piccolo delinquente dalle orecchie a punta. Allora? E’ vero ciò che dice questa signorina?


Dicendo ciò, diede una forte pacca sul sedere della giovane, che si sforzò visibilmente di mantenere la calma.

Ti sembro forse il tipo che combatte con una katana? E che interesse avrei a costringere delle persone a venire qua, quando siete voi stessi a scortarci e a costringerci ad entrare in questo luogo maledetto?



La guardia sembrò tentennare per un istante, ma Ahren sapeva benissimo che, qualcuno risposta avesse dato e qualunque tentativo di far ragionare la guardia avesse fatto, non sarebbe stato ascoltato… La sua risposta serviva solo a fargli guadagnare tempo per ragionare.
Quella era gente della peggior specie, gente che non vedeva l’ora di scatenarsi in un combattimento. Avendo capito che l’Elfa non aveva cattive intenzioni nei suoi confronti, anche se rimaneva ancora curioso di sapere cosa l’aveva spinta a compiere un gesto del genere, Ahren aveva intenzione di salvare entrambi da quella spiacevole situazione, che si prospettava molto complicata: erano circondati da dieci guardie armate, pronte ad attaccare al primo ordine del loro comandante, mentre attorno a lui c’era solo un inutile ammasso di gentaglia che osservava la scena con sommo interesse: il sentore di sangue e morte ha sempre un suo fascino.
Gli serviva un diversivo, non era in grado di affrontare tutte quelle persone da solo, eppure non sapeva cosa fare, ogni suo movimento era controllato a vista.

La cosa non ci riguarda, le armi sono vietate, e voi siete stati colti in flagrante.

Ovvio che non vi riguarda, non essendo in grado di ragionare, siete la truppa mercenaria perfetta per chiunque sia stato ad assoldarvi.

Uh uh, ora voglio proprio vedere come ne esci vivo.

Firin, spunti sempre nei momenti meno opportuni... avresti qualche suggerimento da dare?

Certo che ne avrei, ho visto situazioni peggiori di questa, ma devi essere te a cavartela, altrimenti che gusto ci sarebbe?

Che gusto ci dovrebbe esse…


Ahren non fece in tempo a rispondere. Il comandante era appena riuscito a capire (dopo svariati secondi) di essere stato insultato, ma prima che riuscisse ad ordinare ai suoi uomini di attaccare, Aris sembrò quasi leggergli nel pensiero, poiché lo colpì con violenza sul volto e cominciò a correre, attirando l’attenzione di tutti i soldati. Approfittando di quel diversivo, Ahren evocò due piccoli globi di fuoco, scandagliandoli contro due differenti carri che sostavano lì vicino. I carri presero subito fuoco, a causa dei materiali con i quali erano stati costruiti, ed in breve tempo divennero delle grandissime torce infuocate. Frammenti di tela e legno volavano in tutte le direzioni, spinti dalla forza distruttrice delle fiamme e dall’aria calda che esse generavano, cadendo anche sulle carovane vicine e provocando un devastante effetto a catena: in breve tempo, quasi tutta la prima fila dei carri era in fiamme, ed una lieve cappa di fumo cominciava a crearsi vicino al soffitto della caverna.
Tutto quello che avvenne dopo fu molto confuso: le fiamme diventavano sempre più alte e si espandevano sempre di più, mentre un consistente numero di uomini e guardie armate, arrivate anche dai bastioni della città, tentavano di spegnere l’incendio tramite l’ausilio di grossi secchi d’acqua. Alcuni soldati stavano ancora inseguendo Aris, ma Ahren l’aveva ormai persa di vista, e rinunciò al suo inseguimento… avrebbe dovuto cavarsela da sola. Approfittando del caos generale, egli cominciò ad allontanarsi dal posto di blocco, privo ormai di alcuna difesa o controllo. Soldati e gente comune passarono davanti a lui senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, troppo presi dall’inferno che si stava scatenando dietro di loro. Nel frattempo si avvicinò a lui Firin, che teneva tra i denti il pugnale che aveva abbandonato sul carro. Sei un gatto molto previdente. Lo so, per questo sei ancora vivo. Si sentì più tranquillo quando percepì nuovamente la presenza della sua arma nascosta sotto il vestito, gli dava un senso di sicurezza.
Quando erano ormai prossimi all’entrata della città e quando sembrava che le guardie si erano accorte della mancanza di controllo degli accessi, un grido lo costrinse a voltarsi:

Ehi tu! Fermati!


Ancora lui… Dannazione! L’ispettore che aveva perquisito Aris si era ripreso dal sonoro pugno ricevuto dall’Elfa, sebbene avesse ancora il volto coperto di sangue, ed era riuscito a seguirlo fino a lì. Ahren non poteva perdere tempo con lui, altrimenti le altre guardie avrebbero notato il combattimento e di conseguenza la sua presenza. Non sarebbe mai più riuscito a fuggire, non ci sarebbe stata una seconda Aris a salvarlo dalla situazione. L’unica soluzione che gli si presentò davanti era quella di cominciare a correre verso la porta di Neirusiens, non prima di aver evocato una barriera di energia magica in prossimità del terreno di fronte al nemico, nella speranza che l’ostacolo gli facesse assaporare la terra corrotta di quel luogo. Prima di varcare la soglia dei cancelli, si concesse un piccolo risolino al pensiero di quella scena alquanto ridicola.


Ferite Accumulate:
Nessuna

Status Psicologico:
Nervoso e teso.

Energia Residua:
100% - 6% - 6% - 11% = 77%

Abilità Passive:
Empatia Animale:
Razza nata e evoluta all'interno delle foreste, in contatto con la natura, a sviluppato con essa un'affinità non indifferente, crescendo e rafforzandola.
Alcuni vantaggi non possono essere certo ignorati... ed è per questo che gli elfi, talmente attaccati ai loro beni, sono l'unica classe a poter utilizzare il proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.

Abilità Attive:

Barriera:
Il mago genera una barriera di pura energia magica innanzi a sé; un muro cristallino che blocca qualsiasi attacco rivolto alla sua persona.
La tecnica ha natura magica. Il caster genera una barriera magica grande al massimo quanto lui, che lo difenderà da un lato dalle offese rivoltegli contro. A seconda della personalizzazione è possibile dare qualsiasi forma, aspetto e colore alla barriera. La tecnica ha una potenza difensiva pari a Media.
Consumo di energia: Medio

Padronanza elementale (FUOCO):
Il mago impara a governare gli elementi nella loro forma più semplice: potrà così evocare una piccola sfera di fuoco, una scarica elettrica o una scheggia di ghiaccio.
La tecnica ha natura magica; al momento dell'acquisizione l'utente dovrà decidere se comprarla di elemento Fuoco, Folgore o Ghiaccio. Nel primo caso, il caster diverrà in grado di lanciare una piccola palla di fuoco di potenza Bassa; nel secondo, una piccola scarica elettrica di potenza Bassa; nel terzo, genererà nelle mani una scheggia di ghiaccio di potenza Bassa. Tutti e tre i casi infliggono danno Basso al corpo dell'avversario: i primi due come ustione, il terzo come perforazione. Le emanazioni possono essere personalizzate a piacere nella forma, nell'aspetto e nel colore: sarà possibile dunque evocare il viso di un drago in fiamme invece che una palla di fuoco; un segugio elettrico invece che un lampo; una lancia di ghiaccio invece che una semplice scheggia. E' possibile acquistare nuovamente la pergamena per poter accedere alle manifestazioni elementali che non si possiedono: ogni volta che la si acquista va scelta della quale delle tre manifestazioni il personaggio vuole usufruire.
Consumo di energia: Basso

Note:
Eccomi qua ^^. Allora, niente da dire. Riassumendo, per uscire da quella spiacevole situazione, Ahren ha deciso di appiccare il fuoco ai carri delle carovane (grazie anche al diversivo offertogli) e di non seguire o cercare di aiutare Aris (che si era allontanata dalla zona). Grazie alla confusione generale creatasi a causa dell'incendio provocato dal fuoco magico, Ahren riesce a raggiungere l'entrata della città, sebbene il perquisitore cerchi di fermarlo. Siccome rischiava di farsi notare dalle altre guardie (che dopo l'incendio non si erano più preoccupate di lui), Ahren decide di allontanarsi velocemente da quel luogo, tentando di rallentare l'avanzata del soldato grazie a quel piccolo ostacolo.
Perdonate la qualità del post D:
 
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view post Posted on 2/8/2012, 20:17
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And...bla..Bla..BLA
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fRj9a
Ed è così semplice
morire.
Non più di un attimo mancato. Non più di un istante corrotto.
Non più d quella luce, di quell'oscura fiamma che lenta si dipana
e affievolisce.
Ricordo sommesso di un giorno in cui essa ardeva
di vita
di calore
del semplice sentire e vivere dell'attimo. Di quell'immenso istante che le genti chiamano "esistenza",
effimera illusione ed allusione ad una verità sconosciuta.
Ad una semplice, incredibile, menzogna atta solo ad evitare
a nascondere e depistare
l'unica domanda che realmente conta. Che effettivamente si propone
"Cosa sono io?"
E' questo ciò che si chiede Mary un attimo prima di cadere faccia a terra sul selciato. Questo quello che si domanda un secondo prima di perdere conoscenza e caracollare, i grandi occhi che si appannano e poi si rivoltano indietro, carpiato mortale.
E' una domanda senza risposta, la sua. Richiesta troppo tardi, troppo infine perchè la sua mente sia effettivamente in grado di risponderle.
Così, nel tremolio di quel dubbio, ella si spegne, e dalle sue labbra vi è un come un sibilo, come un lento lamento udibile solo da pochi, percepibile infine da uno solo.
"Cosa? Cosa Sono Io?"
Risposta?
Forse
Nulla.
Forse, lo strano e curioso scherzo di un destino incerto, di un Fato davvero troppo capriccioso e dispettoso per concedere alcunchè a coloro che ad esso si affidano.
Forse, niente più che il riflesso delle iridi di Hocrag, sguardo nebuloso a percorrere la sensazione di un calore da lungo tempo più provato, da lunghi giorni neanche più agognato, quasi che umanità e sentimenti altro non fossero che imprevisti del cammino, del solo ed unico pellegrinaggio verso la Fine.
Cosa
sono
io?

Le belle labbra si aprono ancora.
E questa volta è un grido oscuro, gutturale e stridente come lamiera contatta che si scatena ed ovunque si diffonde. E' un gemito. E' un'agonia tanto vivida e intollerabile da sembrare viva e tangibile, da apparire nera e scura come volto, come viso e corpo.

OOOO

Edwin scoccò un'occhiata dubbiosa all'ultimo arrivato, sorvolando rapidamente sui tratti giovani, i capelli scuri e gli indumenti affatto simili allo stile di Neirusiens. Sbuffò, le braccia che andavano ad intrecciarsi all'altezza del petto mentre, silenzioso, egli passava in rassegna le armi appena mostrate dal giovane, il suo torace glabro e, non per ultimi, gli occhi ora incerti, ora insicuri.
Strano individuo -classificò con un mezzo aggrottarsi di sopracciglia-
Aveva evitato le guardie di dogana. Portava con sé non solo una ma ben due armi, ognuna delle quali necessaria di una certa abilità per essere utilizzata. Non era eccessivamente intimorito dalle armi e dalle minacce.
Un guerriero, dunque.
Socchiuse le palpebre.
Un assassino, anche?
"Prendetegli le armi e perquisitelo"
ordinò senza espressione, due uomini che dalla folla si facevano largo per eseguire i suoi ordini.
Poco distante, la figura di Loris veniva circondata dai suoi fedeli, mani tremanti a lambirlo nel tentativo di sollevarlo e con grazia trasportarlo lontano da quel luogo.
Edwin chiuse gli occhi, una sensazione alla bocca dello stomaco che per un attimo gli ricordava, nel dolore, che uomo fosse quello ora giacente a terra morente. Aspirò. Espirò. Era forse quello il momento per piangere? Aspirò. Troppo presto? Troppo tardi?
In risposta alle sue domande, venne l'improvviso grido.
Lacerante. Orribile. Stordente.
Suo malgrado, non nuovo per gli abitanti di Neirusiens, per i profughi che invano avevano tentato di sfuggire a quella inarrestabile decimazione. Mentre a quell'unico grido se ne sommavano altri meno acuti seppur più spaventati, Edwin riaprì i propri occhi non stupendosi di ciò che si parò innanzi ad essi.
Terrorizzati ed atterriti, decine di occhi erano ora levati al cielo, ai muri, agli angoli delle strade e ai vicoli ciechi ove, come impazzite, figure umane si disperdevano ovunque, un fuggi fuggi che tingeva le strade di Neirusiens di colori e volti pallidi di paura.
"Ne hanno ucciso un altro! Un'altra vittima!"
Anche Edwin lasciò vagare il proprio sguardo tutt'attorno, la ricerca di un colpevole che si sommava alla pressante necessità di fuggire in un luogo più sicuro di quello, in un luogo ove certamente tutti loro sarebbero stati bersagli meno facili se non dell'assassino quanto meno della folla medesima ora lanciata alla rinfusa per le strade.
"Andiamocene di qui. Non è sicuro"
constatò gelido -di paura-
"Se qualcuno è morto, significa che l'assassino è già in caccia per il prossimo"
In quella confusione fece fatica ad udire le sue stesse parole. Faticò anche a rendersi conto di un individuo che proprio allora con una spallata lo aveva per sbaglio buttato a terra, costringendolo a carponi sul selciato. Dannazione. I suoi furono immediatamente su di lui, forti braccia a tirarlo in piedi e ad assicurarsi che stesse bene. Un forte dolore alla spalla gli ricordò immediatamente che -no- non stava affatto bene. Ma era forse il momento di curarsene? Deglutì, scoprendo la propria gola secca e vischiosa. Già uno di loro era caduto. A quanto il secondo?
"Andiamo"
concluse dunque pulendosi un grumo di sangue dalle labbra col dorso della mano.
"E' troppo pericoloso restare qui in mezzo"
"Signore!" lo raggiunse la roca voce di Anton "E il ragazzo? Cosa ne facciamo di lui?"
Già lanciato in avanti, Edwin dovette a malincuore girarsi, scoccando una nuova, perentoria, occhiata allo straniero. Strinse la mascella, dubbioso. Poi, nell'urlante vociare della folla, indicò un paio di uomini alla sua destra.
"Lo porteremo con noi. Legatelo e assicuratevi che non tenti di scappare"
Detto questo si slanciò in avanti, il fracasso e la confusione che soverchiavano le urla dei suoi che, più indietro, venivano letteralmente investiti dalla folla impazzita. Troppo lontani per essere uditi. Troppo distanti dai pensieri dell'uomo che già tentava di visualizzare l'ingresso del rifugio rinvenuto molti anni prima dai Crostascura e divenuto, da allora, il loro rifugio segreto. In mezzo al gruppo, Loris. Inanime, esanime eppure -ad insaputa di tutti- ancora vivo. Solo ferito da quel letale fendente ed ancora capace di respirare seppur, suo malgrado, sempre più fievolmente, faticosamente.

OOO


Ehi tu! Fermati!
Rapido come felino, veloce come lepre, furtivo come preda braccata.
Prima che la maggioranza delle guardie si accorgesse di quanto era accaduto, Ahren era già scappato. Volatilizzato nei vicoli di Neirusiens al pari di ombra. Solo un paio furono abbastanza lesti da seguirlo, perdendosi però poco dopo nell'oscurità generale e, in seguito, nel grido che acuto parve destare per intero la città.
"Dov'è andato quel mostriciattolo? Dove?"
Gracchiò rabbiosa una delle due guardie, un velo di sudore che già traluceva sulla sua fronte scavata. Con un moto di rabbia schiantò la propria arma su un barile poco distante, osservando frustrato le schegge disperdersi ovunque.
"Furbo, il piccoletto"
replicò l'altra, il fiatone che la costringeva ad appoggiarsi all'elsa della spada ora puntata a terra. La prima guardia gli mollò un calcio divenendo, se possibile, ancora più paonazza.
"Continuiamo a cercarlo, idiota! Non ho nessuna intenzione di sentirle su dal capo"
Così, spalla a spalla, i due continuarono per il vicolo, ignari che coloro che stavano cercando si era diretto esattamente nella direzione opposta, l'agilità dei suoi anni a lanciarlo veloce come vento fra le intricate vie di quella città immonda. Era la direzione giusta?
Era la via migliore?

In sua risposta, dei rumori inconsulti provenienti da una viuzza poco distante. Rumori secchi, ruvidi e brutali come di cose che, una dopo l'altra, finiscano in frantumi o spezzate.
Nel vicolo deserto, tale movimento pareva l'unica fonte di vita -e suono- presente nella zona.

OOO
Fc32J
Come demonio, la creatura piegò i lunghi e nodosi arti, le vestigia del suo antico corpo a raffreddarsi alle sue spalle mentre, con un movimento, essa si portava in posizione eretta. La schiena curva ebbe un fremito, il ricordo della precedente struttura ossea che per un attimo ne corrompeva le reali fattezze per poi, con un crac nodoso, ritornare della forma originaria.
Nel silenzio, la Creatura si voltò allora una volta in direzione del corpo della donna -Mary? Era stato quello il suo nome?- ora esanime a terra -Morta certamente- per poi ritornare a fissare l'uomo che, solo, era rimasto nel vicolo. Non aveva occhi con cui guardare, l'Essere, eppure fu certo che per dei lunghi, estenuanti secondi, esso non fece altro che studiare la figura di Hocrag, il volto umanoide teso in un'espressione atona, inespressiva.
Poi, con un sibilo, i mostro si allungò di un passo. E di un altro.
Attorno a lui, l'addensarsi dell'oscurità.
Dentro di lui, il dipanarsi di un strano sibilo, di un incerto suono tale da assomigliare ad un respiro, ad un sospiro.
Ad una voce?
Quanto inganno vi sarebbe potuto essere, in quelle apparenze mostruose? In quell'avanzare grottesco? In quel, semplicemente, esistere senza che alcuna spiegazione fosse possibile a riguardo?
Hocrag
fu come sentire o era solo il suono del vento?
Hocrag...dove sei?
E dopo quell'attimo vi fu solo il tendersi di un arto del mostro, il voluttuoso nerbo a raggiungere la mente del Senzasonno onde posarsi proprio sulla sua fronte -gesto sconosciuto- ove rimase.
Hocrag...
E se avesse potuto sorridere, certo l'ombra l'avrebbe fatto.
Dove sei?



Eccoci qui^^
Come nel precedente giro, questo post si deciderà con una serie di decisioni e discussioni svolte in Confronto.

Allora. Mary è evidentemente la prima vittima con cui il gruppo -o meglio Hocrag- riesce ad entrare in contratto. Da lei, il risvegliarsi di una figura ombrosa e certamente poco umana le cui fattezze ricordano quelle di un essere umano e al contempo di un mostro vero e proprio. Evidentemente esso si trovava all'interno della donna fino a quel momento, capace di rimanersene nascosto fino al momento della sua morte. Ora il suo prossimo obiettivo è evidentemente Hocrag verso il quale si dirige e si approccia nel medesimo modo in cui, molto tempo prima, Chimerés si era rivolto al Senzasonno. Le parole in bianco sono liberamente interpretabili come quelle di Eitinel o quelle di Chimerès a seconda di come intenderà Goth' gestire la scena.
Prima scelta: Hocrag accetta il contatto si ritrae/attacca/fugge?

Per Vrael la situazione si fa un poco più complessa: il grido scaturito dalle labbra di Mary getta nel panico l'intera città. Esso infatti viene riconosciuto come il segnale che un altro abitante è stato ucciso e che, dunque, l'assassino presto si metterà in cerca della sua prossima vittima. Il gruppo dei Crostascura si dirige dunque verso la propria base, decidendo di portare con sé Vrael come prigioniero. Malgrado le apparenze, le prove d'innocenza fornite hanno convinto Edwin -in fin dei conto, non ha chiesto a nessuno di ucciderlo sul posto^__^- lasciandolo però con ulteriori dubbi che desidera risolvere in separata sede. Il gruppo si muove, dunque, non prima però di aver legato Vrael e averlo privato di tutte le sue armi.
Prima scelta. Alle spalle del gruppo, il manipolo incaricato di scortare Loris -che nel post si evince essere ancora vivo- viene letteralmente calpestato dalla folla urlante. Nessuno se ne accorge tranne Vrael, ovviamente. Informa gli altri o f finta di nulla?

Ahren è salvo. Sfruttando le proprie capacità naturali e i diversivi offerti riesce infatti a far perdere le proprie tracce all'interno di Neirusiens. Aris e la bimba sono scappate anch'esse lasciandolo completamente solo. Alcune guardie tentano di rintracciare il ragazzo ma presto devono desistere per il sopraggiungere della folla spaventata. Finalmente in salvo Ahren può uscire allo scoperto e aggirarsi in un vicolo completamente deserto. Proprio allora, da una traversa ecco provenire dei rumori inconsulti, decisamente sospetti. Più avanti, alcune voci meno "losche" e decisamente più familiari.
Prima scelta. Entra nel vicolo o prosegue dritto?


Come il solito: 4 giorni per postare più eventuali proroghe.


Edited by Eitinel - 3/8/2012, 01:04
 
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view post Posted on 6/8/2012, 21:15
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Inaspettato.
Con una stupidità che lasciò il suo volto inebetito per alcuni istanti, Vrael riuscì a pensare solo a quella inutile parola, mentre attorno a lui si scatenava un putiferio degno dell'Inferno. Si era aspettato di tutto: dal più volgare e degradante dei sipari al più rapido ed indolore ma, contrariamente ad ogni sua aspettativa, dopo che l'uomo chiamato Edwin sputò con gelido controllo alcuni ordini ad i suoi subordinati, l'attenzione fu presto rivolta altrove, un urlo raccapricciante a colmare l'aria di tensione e paura. In un unico, immenso, espirare di puro orrore -come se gli abitanti di Neirusiens si fossero uniti in un unico, grandissimo, polmone- una babilonia di gente sconsiderata e totalmente preda del panico si riversò sulle strade in un contorcersi di corpi ed in un gorgoglio rauco di persone che urlavano, si disperavano o che, semplicemente, erano terrorizzate.
Ancora a terra, l'Elfo poté scorgere la concitata fretta dell'uomo che lo stava giudicando, mentre con velato timore dava ordini ad i propri sottoposti altrimenti preda del panico, come tutti gli altri. Sotto la sua voce ferma, finalmente il gruppo cominciò a muoversi, mentre un paio di manone forti e nerborute gli incrociavano le braccia dietro alla schiena e le legavano con abbondante e ruvida corda, graffiando i suoi polsi e facendo spuntare, qua e là, alcune piccole macchiette di sangue cremisi. Non lo avrebbero lasciato andare, come aveva sperato per un secondo in mezzo a quella confusione assurda; no, lo avrebbero portato con loro, per fargli chissà che cosa e per infliggergli chissà quali torture. Quasi rimpianse che non l'avessero ucciso sul posto.
Si accorse solo dopo che, preda dell'inconsueta violenza dei cittadini, il comandante di quei malviventi era stato buttato a terra, in un ruzzolare di membra che -fortunatamente per lui- non gli provocò che un graffietto sul volto.
Non gli badava nemmeno più; tutto quello che voleva era andarsene da quel luogo appestato dalla paura. E sebbene la sua attenzione fosse altrove, Vrael non poté approfittarne per sgattaiolare via, sbattuto, disarmato e legato, che cosa avrebbe potuto sperare di fare? Cercò, con la forza della disperazione, di liberarsi dalla presa dei due incaricati di tenerlo d'occhio, ma ovviamente non vi fu verso: le loro zampe possenti lo stringevano all'altezza delle braccia a tal punto da bloccargli quasi la circolazione del sangue, tanto che molto presto cominciò a sentire lungo i proprio arti un molesto formicolio.
Fu solo quando essi, in un commisto di ansia e fastidio -evidentemente stufi delle sue continue resistenze-, lo voltarono e presero a trascinarlo che egli notò, indietro di alcuni passi, gli uomini incaricati di occuparsi del morto venire letteralmente soverchiati dal delirio generale, fin quando non riuscì più a distinguere chi fossero i semplici cittadini e chi invece facesse parte dei Crostascura.
Nessuno sembrò porci un occhio di riguardo; ognuno pensava semplicemente a salvare la propria pellaccia. Spalancò gli occhi, pensando a quanto l'uomo che tutti chiamavano “Signore” sarebbe rimasto poco compiaciuto di un simile avvenimento, se solo avesse potuto vederlo. Di certo, la vittima della sua ira sarebbe stato lui, su questo non aveva dubbi. Solo allora riuscì a condividere appieno la sensazione di sgomento e di angoscia che aveva caratterizzato tutti e che lui, sovrastato dalla velocità con cui si susseguivano gli eventi, aveva mancato di comprendere.
In un fugace scattò, invertì la direzione della propria resistenza, sfuggendo ai due omaccioni che, certi del suo continuo tentare di resistere, mai si sarebbero aspettati un suo muoversi nella stessa direzione degli altri. Li lasciò lì, con l'espressione attonita e confusa mentre, spingendo a destra e a manca gente che non si curava minimamente di lui, cercava di farsi strada verso Lui. L'uomo che aveva il potere di salvarlo tanto quanto di ucciderlo; l'uomo che, in quel momento, teneva in mano il filo della sua esistenza.

« … Signore! »
Gli si rivolse così, neanche fosse stato uno dei suoi veterani sottoposti, con il diritto di appellarsi direttamente a lui.
Era stato quasi spontaneo, dettato un po' dall'istinto un po' dall'adrenalina, poiché era certo che solo in quel modo avrebbe ottenuto la sua attenzione.
E lo vide infatti spingere da parte coloro che fino ad allora lo avevano sostenuto per poi, a malincuore, voltarsi verso colui che lo aveva chiamato con tanta apprensione.
Fu sorpreso non poco nel rivedersi di fronte quel ragazzino dai lunghi capelli castani; e quando egli, privato dell'equilibrio fornitogli dalle braccia -e da un padronanza di sé che al momento non aveva- gli capitombolò davanti, smise perfino di correre quasi che, come se avesse visto il proprio bambino scivolare a terra e sbucciarsi un ginocchio, dovesse chiedergli se stava bene.
« Signore! Il drappello di uomini in fondo ... »
Glielo disse con le guance coperte di sporcizia e rosse di agitazione, mentre tentava di rimettersi in piedi e di indicare con la testa il luogo del misfatto, come se fosse la più naturale delle cose da fare.
Edwin, a dispetto di ciò che gli era passato in mente, si curò ben poco di lui e, quando vide ciò che era accaduto, richiamò con fatica i suoi all'ordine e li costrinse a lanciarsi verso quell'avventata missione di recupero.
E mentre il flusso dei Crostascura invertiva la propria marcia, Vrael fu raggiunto dai custodi di cui s'era poc'anzi liberato che, spingendogli con forza la testa a terra del tutto incuranti del suo sottile sibilo di dolore, biascicarono domande di scusa che, ovviamente, furono totalmente ignorate. Tutto ciò che importava, era che il caduto venisse portato al sicuro.

Soli a tentare di contrastare la marea impetuosa di uomini, donne e vecchi alla disperata ricerca della salvezza, molti dei coraggiosi e carismatici membri dell'organizzazione furono persi in quel miasma e, da quel giorno in avanti, mai più ritrovati; tuttavia, con somma letizia di Edwin, ciò che veramente doveva essere recuperato fu recuperato, e tutti poterono finalmente riprendere la fuga, mentre la strada si svuotava e le grida, gli strepiti e gli stridii si allontanavano lasciando loro un po' più di spazio. L'Elfo tuttavia non ebbe tempo di gioire del successo -anche perché ne era partecipe solo in minima parte, ed aveva agito per paura, non certo per fedeltà- e vide il modo attorno a lui farsi nero quando, ennesimo scherzetto di quegli uomini che lo avevano già in antipatia, essi gli misero davanti agli occhi una benda di stoffa ruvida; solo pochi istanti dopo si accorse che, con malagrazia, qualcuno lo aveva sollevato da terra come fosse un fuscello, portandoselo dietro su una spalla, un braccio oltremodo robusto a cingergli la vita.

Da quel punto in avanti, per quanto tentasse di concentrarsi, perse totalmente l'orientamento; magari talvolta riusciva a capire da che parte avevano svoltato ma, venendo continuamente sbalzato su e giù su quella spalla che pareva fatta d'acciaio -più volte perse il respiro in un rantolo di saliva e sangue- molto presto rinunciò perfino a tentare di opporsi al movimento che gli provocava tanto dolore. D'altronde, non era certo una gita di piacere quella.
L'unico momento in cui riuscì a percepire un effettivo cambiamento dal consueto sali e scendi di mare in tempesta cui era sottoposto, fu quando udì un sinistro clangore metallico, quasi lo scattare di una serratura, e alle sue narici giunse una nuvoletta di polvere e lerciume che per un momento gli tolse il fiato. Nel silenzio più assoluto, incredibile a dirsi invero, il gruppo prese a muoversi a piccoli passi, in uno scalpiccio di piedi a terra che sembrava quello dei bambini; e quando infine si chiuse dietro a lui quella che aveva ipotizzato essere una porta di pietra, sentì chiaramente il cambiamento d'ambiente: aria più pesante, respiri faticosi, il rimbombare di ogni suo mugolio … ebbe la certezza di trovarsi in una specie di cunicolo quando, in un eccessivo slancio del gigante che lo portava, toccò un muro troppo vicino perché potesse essere una comune parete.
Perse la cognizione del tempo, in quel continuo movimento in discesa e fu lì lì per abbandonarsi a se stesso, incapace di sopportare quell'aria consumata ed i continui scossoni cui era sottoposto il suo stomaco finché, concretizzazione di un miracolo, un secondo cigolio gli fece capire che erano giunti a destinazione, dopo quella che gli era parsa un'eternità trascorsa a sperare che quell'incubo finisse.
Dalla sensazione di libertà che sentì sulla pelle varcata quella sconosciuta soglia, intuì che erano entrati in un luogo ben più grande di quello che avevano lasciato e, quando un'anima pia gli tolse la benda dagli occhi, iride e pupilla che lentamente si abituavano al cambio di luce, vide un ampio stanzone stracolmo, ovunque si posasse la vista, di scaffali e scaffali di mercanzia dalla dubbia identificazione.
Mentre veniva lasciato a se stesso, sbattuto in un angolo come il più miserabile dei cani, vide il gruppetto di uomini raccogliersi attorno al tavolo su cui era stato posto l'uomo ucciso. Alcuni portarono una mano al petto, altri chinarono il capo, altri ancora distolsero lo sguardo concentrandosi con disattenzione sui muri. Solo Edwin, avvicinato il proprio volto a quello del presunto cadavere, si accorse che quello respirava ancora; a fatica e con estrema debolezza, ma respirava. Quando si diede pena di dirlo agli altri, un giubilo eccitato ma contenuto pervase un momento la sala prima che, per l'ennesima volta quel giorno, tutti furono richiamati all'ordine e il redivivo lasciato alle cure di chi si intendeva anche in minima parte di guarigione.

Vrael aveva assistito alla scena con anonimo compiacimento certo che, se nessuno era morto, magari una possibilità di scampo l'aveva ancora. Molto presto tuttavia, la sua presenza tornò ad essere al centro dell'attenzione mentre, intimando ai suoi di fare silenzio e di non impicciarsi, il capo della banda si mosse verso di lui, con l'andatura di chi sapeva di avere il coltello dalla parte del manico, ma che al contempo si era accorto che la punta della lama si era inevitabilmente smussata.
Prese una seggiola e, voltandola in modo da avere lo schienale davanti, vi si sedette incrociandovi sopra le braccia e fissandolo per alcuni istanti, senza però vederlo realmente. Stava cercando le parole giuste.

« … Immagino di doverti dei ringraziamenti, ragazzino. »
Ogni sua parola fu ben calibrata, prima di uscire dalle sue labbra giusto un poco meno rovinate di quelle degli altri.
« Qual'è il tuo nome? »
Il tono non si poteva esattamente definire cordiale, come d'altronde era lecito aspettarsi da un uomo della sua specie, ma trasudava una sorta di educata compostezza ed intelligenza che spinsero l'Elfo a rispondere senza preamboli o ragionamenti.
« Vrael. »
Solo quello l'uomo gli aveva chiesto, solo quello lui gli disse, mentre cercava di metabolizzare il corso degli eventi che, in un improvvisa ondata di coscienza, gli parvero molto più grandi di lui.
L'uomo intanto proseguì.
« Vrael … bene, io sono Edwin.
Non ho intenzione di farti un terzo grado, né ti verrà torto un altro capello …
»
Si affrettò ad aggiungere quelle poche parole vedendolo acquattato in quell'angolo come un topo circondato dai gatti.
« Hai salvato Loris, te lo meriti.
Ho solo bisogno di sapere una cosa: hai qualcosa da fare là fuori dove ti abbiamo pescato o preferisci restare con noi?
»
Approfittò del silenzio per sussurrare solo altre poche parole
« Neirusiens di questi tempi è un posto ancora meno sicuro di quanto facciano trasparire le voci e le leggende … »
Quell'inattesa cortesia lo scosse più di quanto credesse possibile, scatenando in lui quella che era … ammirazione? Chi era quell'uomo, e perché era così diverso da tutti gli altri?
Sembrava che la malvagità di Neirusiens gli scivolasse addosso senza minimamente intaccarlo; come l'oro che, metallo nobile, non può essere in alcun modo corrotto.
Un soggetto a dir poco superbo.

Vrael vi rifletté su un momento.
Era arrivato in città con il preciso obiettivo di scoprire cosa stesse succedendo, e nel farlo aveva incontrato quella strana ragazza e quella particolare sorta di spettro, entrambi sicuramente a conoscenza di qualcosa che a lui sfuggiva.
Tra l'altro, ora li aveva definitivamente persi, e dubitava che li avrebbe rincontrati.
Che motivo aveva di mettere a repentaglio la propria vita là fuori senza nemmeno sapere da dove cominciare?
Senza contare che l'uomo che aveva davanti lo intrigava non poco.

« Non mi trovo a Neirusiens per caso, questo è ovvio, ma non avrei motivo di rischiare la vita fuori dalla sicurezza di queste mura … »
Cominciò cercando di darsi un contegno.
« Nelle tue parole mi è parso di cogliere un'offerta e, se quello che dici è vero, restare qui potrebbe essere la soluzione a molti dei miei problemi. »
Poi ripensò alla storiella delle ombre che gli aveva raccontato saltuariamente Spencer prima che incontrassero i banditi, e l'ovvietà del ragionamento lo colpì come un fulmine.
« Credo inoltre di essere a conoscenza di alcuni eventi che potrebbero interessare anche voi. »


Vrael

| ReC 300 | AeV 175 | PeRf 75 | PeRm 275 | CaeM 150 |


Energia_80% [(10+10)]
Status Fisico_Danno lieve al volto; labbro spaccato. Danno lieve ad entrambi i polsi + Basso (da impatto) alla testa.
Status Psicologico_Totalmente concentrato su Edwin
Equipaggiamento_Islingr (in mano ai Crostascura)
Albitr (in mano ai Crostascura) 11/15.

Tecniche Utilizzate_


Note_Non avevo minimamente notato che il limite per postare fosse di 4 giorni, chiedo venia^^'''
In ogni caso, anche questo mi pare un post molto narrativo, che non necessita quindi di troppe spiegazioni. Forse l'unico appunto è quello finale in cui Vrael, oltremodo intrigato da Edwin e collegati gli avvenimenti di Neirusiens alle Ombre di Spencer (la cosa mi è sembrata abbastanza ovvia, spero di non aver sforato in coerenza) decide di condividere con lui quel poco che sa (e per la prima volta non per paura ma per "interesse"), ammesso e non concesso che gli interessi. Per inciso e per chiarezza: Sì, Vrael per il momento rimane con i Crostascura ^__^

Edit: corretto un pasticcio di html ed un errore di battitura >___>


Edited by .:Strange:. - 7/8/2012, 02:28
 
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view post Posted on 9/8/2012, 00:39
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tum-tum-tum


e vedi semplicemente un qualcosa di indefinito uscire dal corpo che ti guarda della ragazza che sta dicendo (sei tu sei tu) perché in fondo l'hai uccisa davvero e giace infatti a terra, riversa sul terreno un pochino sabbioso—solo pulviscolo di strade non pulite da troppo davvero troppo tempo che si appiccica ai vestiti—ma che importa—con gli occhi spalancati senza più iridi—il suo sguardo è pieno d'odio eppure è ormai vuoto—non sbatte più le palpebre—è solo una bambina—non si sente un alito di vento non ci sono odori—ma non puoi non guardarla—ti ricorda una tua vana morte le parti si sono invertite questa volta è la bambina ad essere uccisa—non fosti solo ucciso lo sai ... —eppure la cosa informe si muove e continua a muoversi, e viene verso di te che lo guardi immobile perché lo riconosci—ha le tue fattezze—e vuole il tuo corpo e si avvicina e non ti sposti e allunga piano la propria informe mano, non ritiri il corpo e non fuggi (dove potresti andare il mondo non ti appartiene e tu non appartieni al mondo) perché non è quello che vuoi anzi la lasci sfiorare le tue membra, essa si tende verso il nero tatuaggio sulla tua fronte—dove sei?—non sei te, sta parlando Chimerés e vuole riprendersi il tatuaggio vuole congelarlo vuole accertarsi che sia ancora lì è Eitinel che in realtà sta attendendo e ti osserva—è lì accanto di nuovo come tempi passati ma mai dimenticati dopo averti ucciso e averti sottratto la morte, vuole la tua anima che già tuttavia le appartiene—sono il tuo servo Eitinel—ti sbilanci indietro ma non tanto da cadere—la mano è fredda—ma è in fondo l'ultima cosa
che potrai
mai
ricordare.

(sono qui)

sussurro per se stesso

J0a20



un solido e informe globo d'ombra si fa largo nel tuo corpo—tutututututu-tum—un battito del risveglio—il brivido dell'emozione—stai tremando—sì, ora il tuo corpo è abitato da un essere vivente, da te, finalmente hai trovato la strada di casa—tuttavia ti senti strano—
SEI VIVO
—cammini con passo incerto in lungo e in largo, non sai dove vai e non conosci le strade torni indietro dalla bambina che giace immobile nella stessa posizione di qualche attimo prima—è senza vita—e di lei non rimane ora più niente come non era rimasto più niente di te e come il tuo corpo era stato dilaniato viceversa da lei, i tuoi vestiti sono di nuovo sporchi di sangue ma questa volta non è tuo e ne sono impregnati tanto da essere ora pesanti ma non basta, i tuoi artigli e i tuoi denti affondano nella tenera carne strappando e squarciando come una bestia feroce la sua ambita preda, il suo cranio è spezzato così come le sue ossa e i suoi muscoli, di cui non rimane nulla se non il bianco dell'osso su cui prima si appoggiava, in alcuni e molti punti del suo corpo e il tuo viso si tende in una smorfia che appare però uno strano sorriso, ma la tua missione e la tua sete non sono state placate il tuo desiderio non soddisfatto—non ancora—i vicoli sono stretti e bui il corpo vede nell'oscurità c'è un'abitazione cade a pezzi l'intonaco è sbiadito ma un ragazzo che arriva da un vicolo di destra non ci fa caso e si avvicina ad essa come stava facendo con molte altre—non si accorge di te anche se si guarda intorno forse non ti vede forse sei invisibile—lo segui e lui entra nella casa, la casa è buia e il ragazzo non la conosce, cerca qualcosa ma non ti vede arrivare né ti sente eppure quando gli sei vicino alza la testa e davanti a lui c'è uno sporco specchio—si vede morire—non sei invisibile—il suo corpo viene dilaniato dai tuoi artigli e intorno a te tu vedi ancora tutto confuso (in realtà vedi bene ma non vuoi vedere) non capisci cosa sta succedendo ma in fondo ti piace, sapevi che sarebbe successo e anzi sai che già era stato così, avevi ucciso e avresti ucciso di nuovo ora in un ciclo interminabile di sofferenza perché questa è la tua vera natura e l'ombra non viene da fuori ma da dentro di te e ti porta—alla vita—(alla morte?)—fino alla fine del tempo nell'esistenza che ancora ti rimane da passare sugli eterni solchi di sabbia tracciati dalle tue gambe di un mondo non tuo—(davvero non lo è?)—

... rimani in piedi mentre senti sui tuoi denti aguzzi la carne del bambino e il suo sangue che infine ti cola dalle labbra così come l'immagine sfocata davanti a te (non vuoi ancora vedere) ha ormai preso il sopravvento e l'unica cosa che ti rimane non sono i tuoi occhi ma la tua mente—nemmeno—luci brulicanti azzurrine lontane—il tempo non passa mai il corpo umano è così complesso—senti sulle tue membra consistenze morbide, più dure, ora liquide—ti guardi intorno ci sono solo oggetti di cui non t'importa nulla e sono macchiati di sangue e li scontri con le braccia e cadono a terra in un rumore sordo—non esiste nulla nemmeno il rumore che fanno—la vita è infine la morte per te ma va bene non importa se è una sofferenza per gli altri perché almeno loro possono ancora provare emozioni—ma ora anche te finalmente sei vivo ed è l'unica cosa che importa davvero—esci dalla casa nell'ombra del crepuscolo e ti avvii in una qualche direzione—non importa dove—il mondo è tuo ma non appartieni a lui—vuoi solo saziare la fame di morte che per te è vita—anche se non sei tu a deciderlo e forse non te ne rendi neppure conto—le case e le strade vengono meno non c'è nessuno in giro vuoi qualcuno aspetti qualcuno ne hai bisogno—il tuo corpo non lo vede ma la tua mente lo sa la strada è corretta perché vedi due—tre—luci azzurre baluginanti in te—ti ci avvicini e sei visto ma esse sono di fretta—ti guardano come si guarda un mostro—non sei molto diverso—ma il mondo ora è diventato vivido e a colori accesi il tuo corpo ha assorbito non vuoi più nasconderti dietro al velo della tua irrealtà—tu come senzavita non esisti più—vuoi sangue—e la ragazza ti guarda impaurita mentre vede la sua fine avvicinarsi con le tue fattezze—Hocrag—sussurro—qualcosa cambia—lei non è innocente—lei è come te—ti fermi e non la tocchi perché non è lei che vuoi ha il tuo stesso spirito oscuro—questo lo sapevi già da prima ma ora lo puoi ricordare—ora ella è piegata in due preda di attacchi spasmodici tossisce e tuttavia in fondo sta bene—ma l'altra donna è ancora immobile e non sa che fare perché non capisce che cosa sta succedendo non sa se sei interessato a lei o a Spencer—sì è lei la ragazza, è una di noi—l'altra diviene preda facile Spencer sta male—sono colte in fallo sono distratte—ti dirigi felino da loro ma non tutto va come speri perché sono armate provano a difendersi—non possono colpirti—e Spencer ha in mano una spada presa vicino alla donna da lei stessa e la agita nella tua direzione (sei come me non puoi uccidermi non—tu lo sai è inutile lasciami uccidere) ma la eviti e con un salto sei dalla donna e tutto quello che vuoi è prenderla e strappare via i lembi di carne dalla sua pelle e uccidere i suoi muscoli e le sue ossa come già hai fatto con molti altri prima di lei e non c'è alcun problema perché è la tua sete e la tua fame di sofferenza che ti spinge a farlo e in questo modo puoi sentirti finalmente libero dalla costrizione che ti tiene slegato al mondo che osservi intorno che non ti appartiene e non ti lascia vivere né morire—in fondo cos'è vivere o morire—solo poter fare le proprie scelte—o il provare emozioni—ora puoi fare entrambe le cose sei libero—e cos'è essere liberi—l'ombra che è in te c'è sempre stata il nero delle tue iridi non è mai svanito e mai lo farà—impossibile—i tuoi occhi sono neri come la tua anima—lasciami uccidere—sei libero davvero?—

LASCIAMI UCCIDERE


tututum-tutum-tutum

gCtRi





hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 76%

Attive utilizzate nel turno. »
Astrarsi del reale che, a suo piacimento, in modo cosciente o meno, vedrà interessare non solo lui stesso, ma anche altri esseri intorno, altre essenze nella realtà a cui, di fatto, non appartiene. Lo scorcio attraverso il buio avrà come tramite il senzavita stesso, che dovrà avere percezione dell'obiettivo, anche solo visiva: il nemico sarà quindi sconvolto, diverrà debole, avrà capogiri e nausea. Proprio come fosse stato contagiato da un virus letale - ma a differenza di questo, sarà tutto nella sua mente, da nessun'altra parte. La sua mente sarà quindi sconvolta, frustata dall'oblio; ma niente di eccessivo se paragonato all'effetto ripetuto della tecnica: subire ripetutamente quest'effetto causerà conseguenze peggiori, come l'attenuarsi della vista, l'incapacità di reggersi in piedi e così via. La realtà della vittima diverrà per qualche istante proprio quella di Hocrag, seppur con poca intensità; ma sarà abbastanza, poiché egli non la reggerà, non vi riuscirà, come nessun uomo può sopportare l'irreale nel reale del senzavita - gli effetti di questo, si manifesteranno evidenti. [medio, psion; confusione]


Attive dai turni precedenti. » sfocatura [secondo/2 turni]
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo, le sue parole inducono a credergli e dargli fiducia, fa danno psion un livello superiore e danno fisico un livello inferiore.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Dopo aver accettato il contatto con l'ombra, Hoc uccide la sua prima vittima (anche se era già morta), prima di girare a caso come una bestia affamata per le strade della città. Incontra il ragazzo, e, dopo aver atteso il momento buono, fa fare anche a lui la stessa fine, dopo che è entrato nell'appartamento cosa che, forse, garantisce al senzavita discrezione, almeno per ora. Giungendo al limitare della città, vede le due donne; la sua fame non si è placata, ma Spencer è legata ai Primogeniti come Hoc, e lui sa (l'inconscio pure) che possiede in sé un'ombra, cosa che la rende molto simile a lui; egli non l'attacca, ma si rivolge verso Aris, la quale è protetta da una Spencer che prova a difendersi, andando comunque incontro alla mia sfocatura utilizzata il turno precedente. Il post si interrompe, lasciandoti, Eitinel, la gestione di Aris. Ci sono parecchi riferimenti a eventi passati di Hoc, in primis l'evento di Lia e la sua uccisione di Hoc al termine (per il mio pg) di Valzer al Crepuscolo ~ Ninna Nanna, nonché il rapporto con Eitinel, la frase che Hoc le disse all'inizio della quest succitata, e così via. Lo stile è tutto un flusso di pensieri, dato lo stato di assorbimento che l'ombra ha avuto sul pg, cosa che non lo rende capace di contrastarla e di far prevalere la propria - già debole - volontà, anche perché in fondo questo è proprio quello che vuole. Scusate per il ritardo, sono stati giorni pienissimi ma ci tenevo a fare questo post perché importante almeno per Hoc ^^'
 
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Ahren Elessedil
view post Posted on 9/8/2012, 22:39




Mi scuso già prima di cominciare il racconto. In questo mese lavoro a Roma e sono molto preso, non riesco a concentrarmi a sufficienza. Il testo che segue è molto corto e povero di contenuti, praticamente mi sono limitato a descrivere gli eventi che accadono ad Ahren per non interrompere lo sviluppo della storia (vi ho fatto aspettare fin troppo, lo so, ma in estate sono sempre incasinato e mi scuso)




Si diressero immediatamente verso i vicoli che serpeggiavano per tutta Neirensus, nella speranza di far perdere le proprie tracce ai due soldati che erano stati in grado di inseguirli. Sebbene fossero un po' affaticati a causa degli eventi avvenuti poco prima, non ci volle molto perchè essi riuscissero nel proprio intento, dato che le strade erano numerose, piccole, buie e totalmente deserte. Un vero e proprio labirinto. Non c'erano segni di vita, a parte la presenza di disgustosi (agli occhi di Ahren, appettitosi a quelli di Firin) topi di fogna che squittivano al loro passaggio. Tutti gli abitanti erano rinchiusi nelle proprie case, al riparo dai frequentissimi episodi di violenza della città, oppure radunati in gruppi più o meno estesi, armati di chissà quali intenzioni.

Finalmente Ahren e Firin poterono fermarsi a riposare. Si erano addentrati sufficientemente all'interno dell'intricata rete stradale di Neireisus e le guardie avevano smesso di cercarli, anche a causa del grosso incendio che ancora divampava in lontananza. Mentre il gatto dava la caccia ai topi grassocci che infestavano i vicoli, l'Elfo ebbe modo di ripensare alla propria situazione. Si trovava in una città con un tasso di criminalità elevatissimo, abitata soltanto da tagliagole e uomini senza scrupoli, pronti a far qualsiasi cosa pur di mettere le loro sporche manacce su un po' di oro. La ragazza che lo aveva accusato ingiustamente era fuggita, e non aveva alcuna idea su dove potesse trovarsi in quel momento né su cosa avesse intenzione di fare. Numerosi soldati gli stavano dando la caccia, dato che aveva infranto le regole che vincolavano l'accesso alla città (regole decise da fuorilegge, ossia persone che per definizione non le seguono mai, ironia della sorte), e se lo avessero trovato non si sarebbero di certo comportati in maniera garbata con lui.
Non era in una condizione particolarmente favorevole, poté concludere.
Cosa fare ora? Non poteva di certo andarsene per dove era venuto, uscire da quella città era fuori discussione. Inoltre, rimaneva ancora curioso di sapere cosa stessero nascondendo, chi era la persona che aveva mosso la milizia cittadina e che aveva ordinato il recupero di tutti i fuggitivi... Perchè tutto questo? E dove avrebbe potuto trovare le informazioni che cercava? Chi poteva sapere qualcosa di più sull'argomento? Non ne aveva la più pallida idea.

Lui e Firin ripresero a camminare, stavolta più lentamente, alla ricerca di qualcosa o qualcuno che sarebbe stato in grado di rispondere agli interrogativi che si erano posti. Avevano deciso di raggiungere una piazza, o comunque un luogo con molte persone presenti, per cercare di carpire informazioni su ciò che stava accadendo in città. Non appena si addentrarono nell'ennesimo vicolo deserto, sentirono due rumori provenienti da due diverse fonti: da un vicolo laterale potevano sentire rumori alquanto sospetti, che tuttavia non riuscì a identificare chiaramente...era come se ci fosse un ostacolo che attenuasse il rumore. Invece, dalla fine del vicolo che avevano imboccato, provenivano delle voci decisamente umane e concitate, appartenenti probabilmente ad un gruppo numeroso di individui. Per quanto fosse spinto dalla propria curiosità a conoscere la sorgente degli strani rumori, Ahren decise di proseguire diritto verso la folla di persone. Non voleva rischiare di perdere energie o di farsi scoprire dalle guardie che pattugliavano la città, inoltre era riuscito a sentire alcune parole isolate provenienti dal gruppo di uomini e donne, e una in particolare veniva ripetuta numerose volte. "Sindaco". Il sindaco, il primo cittadino della città. Chi, se non lui, poteva sapere di più su quello che stava succedendo in città?
Silenziosamente Ahren si accostò alla folla che procedeva lungo la strada. Era formata da un grande numero di persone, tutte vestite con abiti poveri, lerci e con un forte odore di pesce marcio, talmente sgradevole da far storcere il naso persino a Firin. Non avevano nulla, procedevano armati solamente della loro forza d'animo. Si facevano coraggio l'un l'altro, volevano delle risposte, avevano bisogno di capire che cosa sarebbe successo a loro e ai loro cari. Mentre procedevano verso l'abitazione del sindaco, il giovane elfo poté notare alcune donne particolarmente poco vestite: avevano perso la loro dignità tempo addietro, e l'avevano venduta al miglior offerente. D'altronde, come potevano guadagnare qualcosa per sfamare sè stesse e i loro figli in una città di ladri? Era per questo che cercavano delle risposte, loro volevano un futuro.
D'un tratto, il brusio della folla si intensificò: erano arrivati alla meta. Di fronte a loro, l'abitazione del sindaco.




Ferite Accumulate:
Nessuna

Status Psicologico:
Nervoso e teso.

Energia Residua:
77%

Abilità Passive:
Empatia Animale:
Razza nata e evoluta all'interno delle foreste, in contatto con la natura, a sviluppato con essa un'affinità non indifferente, crescendo e rafforzandola.
Alcuni vantaggi non possono essere certo ignorati... ed è per questo che gli elfi, talmente attaccati ai loro beni, sono l'unica classe a poter utilizzare il proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.

Note:
Post molto povero di contenuti, assolutamente inaccettabile. Perdonate il ritardo e lo schifo della risposta, le motivazioni le ho già spiegate sopra, non sono per niente soddisfatto, ma non potevo permettermi di bloccare tutto >_< Scusate ancora.


Edited by Ahren Elessedil - 10/8/2012, 17:13
 
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view post Posted on 12/8/2012, 16:33
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C'era un grande rumore, laggiù nella piazza dei Quattro impiccati. Rumore a clamore, un addensarsi di voci e schiamazzi proprio come il giorno in cui tale piazza aveva preso quel nome. Il giorno nel quale il vecchio Sindaco, sua moglie ed i suoi due figli erano stati appesi al balcone del municipio in attesa che, uno dopo l'altro, morissero asfissiati.
Neirusiens non perdonava gli inetti. E nemmeno gli imbecilli.
Chiudendo un attimo le palpebre, il volto magro a tendersi di una strana espressione corrucciata, Ian Arrow si chiese una volta, una e per sempre, quale di quelle due qualità gli appartenessero. La mediocrità? La stupidità?
Battè una volta l'indice sulla scrivania in mogano, un lungo sospiro a sgusciare dalla sua bocca sottile.
Se tutto fosse andato come previsto, se ogni cosa avesse finito con il sistemarsi al suo posto, forse nessuna delle due. Forse, forse.
Dalla porta vicina, entrò proprio allora un omuncolo basso e corrucciato, la fronte aggrottata velata da una patina sottile di sudore. Da sotto i vestiti appuntati si poteva già avvertire l'acidulo sentore della paura.
"E' ora, Signore. La folla attende in piazza"
Ian Arrow annuì una volta, il gelo degli occhi ad incupirsi ancor più di un'espressione sera e concentrata.
"Apri le finestre"
ordinò dunque, un cigolio della sedia ad accompagnarlo mentre con uno sbuffo si alzava in piedi, si assestava il farsetto inamidato, si sistemava i capelli già perfettamente accomodati. E guardava un attimo nell'angolo della stanza. Il punto più buio, di solito del tutto ignorato da chiunque entrasse, uscisse o vi soggiornasse. Un angolo che, suo malgrado, ricambiò lo sguardo di Ian con pacata accortezza, un sibilo noncurante a far rabbrividire appena i peli sulla nuca dell'altro uomo presente.
Ed infine, con un mezzo sospiro, il sindaco varcò le finestre della sala uscendo allo scoperto sul balcone dove una folla in subbuglio lo attendeva. Un silenzio glaciale accolse la sua comparsa, il contemporaneo zittirsi di tutto quel baccano che donava un che di inaspettatamente solenne a quell'uomo ora uscito allo scoperto. Dalla sua postazione, Ian Arrow si schiarì una volta la gola, ben consapevole che dalle sue prime parole sarebbero dipese le sorti dell'intera orazione che ad esse sarebbero seguite.
"Cittadini di Neirusiens"
cominciò dunque lentamente, le mani che si poggiavano al cornicione e convulsamente prendevano a stringerlo.
"La pazzia sembra essere infine giunta nella nostra città cogliendo ciò che di più caro ed importante in essa albergava"
Troppo solenne la parola albergava? Quanti di quei bifolchi ne conoscevano il significato?
Con un sospiro Ian continuò.
"Ha preso i nostri mariti, le nostre mogli ed i nostri figli, strappando loro il volto e con esso la vita senza per questo avere il benché minimo riguardo nel mostrarsi, nel palesare il proprio orribile intento omicida al pubblico giudizio"
Dalla folla, un tiepido mormorio di approvazione.
Presto, Ian. Quella gentaglia non sarebbe stata buona ancora a lungo.
"Ma io" alzò il tono "Io, Ian Arrow, ho finalmente scoperto il fautore di questi terribili delitti!!"
Questa volta, dalla folla si levò un vero e proprio grido di stupore. Molto simile al contemporaneo belare di tante pecore -in realtà- ma decisamente più confortante delle urla in stile -uccidiamolo!- che fino ad allora erano serpeggiate fra le strade di Neirusiens.
"Sbarrando le porte della città ho impedito che questo efferato assassino fuggisse indisturbato così che, Dio mi sia testimone, sarà in nostro potere catturarlo ed assicurargli un equo processo!!"
Dalle facce, il Sindaco capì immediatamente che nessun processo e nessuna equità sarebbe passata per le menti dei cittadini di Neirusiens. Ora che avevano un capro espiatorio, ora che avevano un obiettivo comunque, l'unica cosa importante era sapere il nome. Da li in poi, una rapida e violentissima discesa.
"E questo vile manigoldo, questo diabolico omicida, questo spietato mostro altri non è che una donna!" pausa. Le persone pendevano dalle sue labbra "Una donna dai lunghi capelli neri al cui petto si stringe un infante, una bambina!!"
Con orrore, la folla si paralizzò su se stessa. Incerta.
Poi, da un punto imprecisato, risalì una voce mascolina, rude ed al contempo sprezzante
"Una strega!!"
furono le sue uniche parole. Parole dettate dall'esperienza, dalla logica e dal carisma di cui solo un capo poteva essere capace. Le parole del capo dei Dentimozzi.
E fu con un mezzo sorriso che Ian Arrow vide finalmente le genti animarsi tutte all'unisono, uno schiumare di marea che in un attimo coinvolse la piazza intera in un sempre più alto innalzarsi di voci, imprecazioni, accuse. Alcuni l'avevano vista, la straniera. Altri ci erano passati accanto senza prestarle molta attenzione. Altri, alla dogana, erano stati lì lì dall'arrestarla e metterla in gattabuia. Lei e il suo complice, un ragazzino ancora infante che per fuggire aveva fatto letteralmente saltare in aria un carro. Come si chiamava?
Ian Arrow alzò una volta entrambe le mani al cielo, richiamando a fatica l'attenzione della gente
"Trovate questa donna e uccidetela! La bambina, che nulla ha colpa, portatela a me!"
E nel finale innalzarsi di grida ed incitamenti, il Sindaco si ritirò nuovamente nei propri alloggi, un sogghigno imprudente a rigargli il viso sottile.

OOO

Lentamente, Edwin si portò un boccale di scuro vino alle labbra, ingurgitando a piccoli sorsi quel liquido pungente fino a terminarlo del tutto. Con un sospiro soddisfatto lo posò sul tavolo poco distante per poi tornare ad osservare il ragazzo che, mesto, gli stava innanzi. Nelle sue mani un eguale calice alcolico, rimasto intonso a riflettere le evanescenti luci delle torce tutt'intorno.
Gli sorrise per poi, allungandosi appena, dargli una sonora pacca sulla spalla.
"Tranquillo ragazzo" lo rassicurò con un breve cenno del capo in direzione della coppa "Non sono solito ricambiare la fiducia e il valore con l'avvelenamento"
Una pausa, un paio di uomini armati che passarono proprio allora accanto ad entrambi. Edwin li seguì brevemente con lo sguardo.
"Non hai idea di quanto le tue parole mi siano state d'aiuto. Esse non fanno altro che confermare i miei sospetti sull'intera faccenda"
si interruppe nuovamente, questa volta per poggiare entrambi i gomiti sulle proprie ginocchia così da essere più vicino a Vreael.
"Questi omicidi non sono affatto il frutto delle manie omicide di un uomo"
nella sua voce, chiara, potè avvertirsi una note di timore. Con un rapido movimento si tirò allora in piedi facendo segno al ragazzo di seguirlo rapidamente. Presto fu affiancato da un paio di uomini in armatura a cui fece segno di stare più indietro.
"Nessuna delle vittime portava alcuna ferita o segni di violenza. Perfino i vestiti erano intatti"
Arrivarono allora dinnanzi ad una porta che Edwin aprì servendosi di una chiave. Voltandosi fece cenno a Vrael di entrare e ai due individui di rimanere fuori di guardia. Una volta dentro, un forte odore di putrefazione investì entrambi, rivoltante preambolo dell'unico arredamento presente: una donna giaceva immobile sopra un tavolo, il corpo nudo tanto bianco -ed in alcuni punti violaceo- da farla sembrare una statua di pessimo gusto. Edwin si schiarì la gola una volta, il nauseabondo fetore che per un attimo gli impediva di parlare. Poi, socchiudendo gli occhi, prese ad avvicinarsi al tavolo.
"Il nostro medico ha anche pensato" si bloccò, invitando con una mano Vrael ad avvicinarsi "Che si fosse potuto trattare di avvelenamento"
cautamente prese fra le dita un polso della donna, mostrando falangi e vene. Mostrò poi un largo taglio sul ventre già ricucito.
"Ma per quel poco che abbiamo potuto analizzare non sembra. Così abbiamo continuato a cercare alla cieca fino a quando non abbiamo scoperto questo"
Con due dita Edwin toccò dunque le palpebre della giovane schiudendole poco dopo con una leggera pressione. Nere, sclera e iride ricambiarono lo sguardo di entrambi. L'occhio era totalmente scuro. Deglutendo a vuoto, Edwin si scostò dal cadavere.
"Questa è magia antica" spiegò cupamente prendendo dunque a dirigersi verso la porta della stanza "Più antica e malefica di quanto alcun mago o incantatore potrebbe mai osare"
Uscendo, prese a dirigersi verso un lungo tunnel ricco di porte sui lati. Probabilmente si trattava di vecchie celle di conservazione. Un paio di bivi, ed improvvisamente Edwin entrò in una porta sulla destra, il chiarore all'interno a rivelare un ampio tavolo circolare posto al centro di una piccola stanza. Su di esso, scartoffie e pergamene di ogni tipo. Attorno ad esso, una decina di individui tutti intenti a conversare animatamente. Nel vedere Edwin si bloccarono scoccando poi subito dopo uno sguardo dubbioso al giovane alle sue spalle.
Edwin chinò il capo in segno di saluto per poi annuire in direzione del nuovo venuto.
"Lui è dei nostri. E' quello che ha salvato Loris dalla sua prematura dipartita"
Immediatamente l'ostilità si tramutò in calorosa accoglienza, tiepidi sorrisi che si levarono per un breve istante in direzione del ragazzo per poi spegnersi nel ritornare di tutti quanti alle proprie faccende. Edwin si girò nuovamente.
"Noi crediamo -perché non esiste alcuna memoria certa a riguardo- che si tratti di un antico rituale per divorare l'anima di un mortale" concluse con un sospiro cupo "Ma nessuno all'interno di Neirusiens possiede le capacità o le memorie necessarie ad eseguirlo tranne uno"
Alla sua destra un ragazzo dai folti capelli neri alzò improvvisamente lo sguardo quasi che si fosse sentito preso in causa. Edwin intercettò il suo movimento e sorrise accondiscendente, una che di paterno ad aleggiare sul suo sguardo stanco.
"Il Sindaco"
A quelle parole tutti i presenti si voltarono a guardare Edwin.
"Tutti sanno che egli è da sempre stato un appassionato di antichità ed in particolare di antichi libri e scritti arcani ed alcuni" questa volta il movimento di disagio del giovane fu impossibile da non notare "L'hanno sentito parlare da solo nel proprio ufficio con toni anche accesi. Nessuna risposta, ovviamente, ma spesso Demoni e Diavoli non hanno bisogno di rispondere quando li si interpella"
Detto questo prese una carta dal tavolo sulla quale, sbiadite dal tempo, vi erano disegnate alcune linee e volte geometriche. Una mappa.
"Da tempo progettiamo dunque di entrare direttamente nel municipio e nella stanza del Sindaco così da scoprire il segreto. Martin ci guiderà attraverso i passaggi segreti"
E con quelle parole il ragazzo che fino ad allora aveva attentamente seguito la discussione si fece avanti piegando appena la testa in segno di saluto. Edwin lo ricambiò per poi scompigliargli i capelli con una mano.
"Da qualche parte dovrà pur finire, no?"
concluse con un mezzo sorriso.

OOO
Padjz

"Attenta!"
Spencer emise un lungo, contratto gemito nel vedere come -con l'agilità di un felino- Hocrag la saltava a piè pari per scagliarsi direttamente contro Aris, la sua improvvisata compagna di sventure. Si sentì mancare per un istante, sapendo perfettamente di avere ora lei in mano l'unico strumento di difesa della donna -la katana-. Era dunque inerme, indifesa, e cosa peggiore era che la colpa era sua. Imprecò sommessamente.
"Stai giù! Buttati a terra!"
Tentò di dire, il corpo che agile scattava all'indietro onde scagliarsi contro l'aggressore. Si maledì. Lo aveva cercato? Lo aveva inseguito? Bene, eccolo ora. Eccolo pronto a far fuori entrambe senza un minimo di riserva, quasi che non gli importasse niente e nulla di trasformarsi di un pazzo omicida. L'aveva trovato e ora l'unica cosa che desiderava era perderlo di nuovo, giusto quel tanto per evitare di far uccidere Aris e quella strana bambina che ella si portava dietro.
Trasse un profondo respiro e si slanciò in avanti, la katana protesa alla propria destra in una parodia di fendente mentre gli occhi, fissi, altro non poterono fare se non assistere al feroce approssimarsi di Hocrag, al suo protendersi in avanti, dita e denti divenuti improvvisamente delle vere e proprie armi da utilizzare contro Aris, donna indifesa, il cui corpo ora pareva incapace di muoversi.
La vide tremare, la vide spostare frettolosamente il proprio sguardo da Hocrag a lei alla piccola e poi nuovamente ad Hocrag. Dubbiosa. Spaventata. Concentrata.
E poi alzare entrambe le mani innanzi a sé.
"Aris, no!"
strozzato, il grido di Spencer riecheggiò per il vicolo, rimbombando un'infinità di volte prima di spegnersi nell'abbraccio in cui la donna imprigionò in quell'istante l'uomo. Una stretta morbida, delicata, che portò entrambi a sbilanciarsi all'indietro, ad inclinarsi su se stessi e a cadere infine sul selciato in un tonfo attutito. Spencer gridò, il proprio slancio che perdeva di potenza facendole abbandonare la spada a terra e precipitare sul corpo d Hocrag che, a piene mani, strattonò con tutta la sua forza all'indietro. Pesava. Eppure fu quasi con leggerezza che questo seguì la sua volontà separandosi da Aris ora immobile a terra.
"Stalle Lontano!"
gli intimò lei nella foga del gesto ma invano: era svenuto. Gli fu subito chiaro dalla mollezza del suo corpo, dall'assenza di alcuna resistenza.
Poco lontano Aris deglutì una volta, palesemente atterrita dall'intera faccenda e poi, lentamente, si tirò a sedere. Nei suoi occhi vi era una nota più scura del solito, un'ombra che per Spencer fu impossibile da non notare; assomigliava a quella poc'anzi veduta nello sguardo di Hocrag. O era solo una sua impressione?
Si passò una mano sulla fronte sudata, chinandosi appena a recuperare la katana poc'anzi abbandonata.
Qualunque cosa fosse, presto Aris tornò a sorriderle con noncuranza, voltandosi e prendendo fra le braccia la piccola che invano avevano entrambe tentato fino ad allora di nascondere.
"Troviamo una casa libera"
disse gravemente
"Quest'uomo ha bisogno di riposare e noi pure. Non passerà molto tempo prima che trovino la pista"
Spencer le scoccò uno sguardo interrogativo, incapace di capire cosa, fra tutte quelle cose, le stesse irrimediabilmente sfuggendo.
"Pista?"
chiese dubbiosa. Aris le indicò con un cenno del capo Hocrag, evidentemente ordinandole di farsi carico del suo corpo per ora inerme.
"Quest'uomo ha lasciato dietro di sé una scia di morte ed ora tutta Neirusiens sta cercando un assassino. Prima o poi le sue tracce li porteranno da noi"


Ed eccoci di nuovo^__^
Come nuovo particolare della faccenda, Vrael scopre che gli omicidi altro non sono che dei "furti di anime": esse vengono divorate lasciando poi il corpo della vittima inerme e vuoto. Purtroppo però gli abitanti di Neirusiens sono ancora per lungi dallo scoprire il responsabile di tale crimine. A differenza loro, però, il sindaco pare essere perfettamente certo di chi sia l'individuo su cui puntare il dito accusatore: Aris e sua figlia. Egli non conosce il nome, ma nella descrizione punta principalmente sul fatto che si tratta di una straniera con una bambina.

Ahren: Dalla posizione in cui si trova, Ahren riesce ad udire perfettamente il discorso del Sindaco, accorgendosi però di quanto siano pericolose le sue parole. Egli infatti non ha fatto il suo nome ma è chiaro che fra la folla si nascondono coloro che facilmente potrebbero identificare Ahren al pari di Aris. Ahren ricorda la donna e capisce che tutte quelle accuse potrebbero nascondere tanto la verità quanto la menzogna: l'incontro con la donna è avvenuto infatti dopo che le vicende di Neirusiens hanno avuto inizio. Ecco dunque un bello spunto di riflessione. Dopo il generale pandemonio, la folla prende dunque a dividersi per le varie viuzze di Neirusiens, iniziando a setacciare a tappeto la città alla ricerca della donna e, pur meno palesemente, di Ahren. Ecco dunque la prima scelta. Ahren decide di mischiarsi fra la gente e seguire le ricerche oppure preferisce tentare di dileguarsi fra i vicoli di Neirusiens?

Vrael: A te la parte più "spy" della quest. Il gruppo dei Crostascura si prepara ad assaltare la casa del Sindaco passando attraverso cunicoli e passaggi segreti noti solo alla servitù e a poche genti di malaffare. In questo caso la scelta di seguire il gruppo è obbligata. I preparativi sono rapidi e sbrigativi: da lungo tempo la cosa era stata pianificata e il via dipendeva esclusivamente dall'arbitrio di Edwin. Il gruppo si inoltra per le fognature, seguendo un dedalo di cunicoli e gallerie che portano infine ad un bivio dove il gruppo si deve dividere in due: il primo entrerà direttamente in casa mentre il secondo si preoccuperà di setacciare la zona circostante ed i passaggi per fare piazza pulita di guardie e sorveglianza. Prima scelta: Che gruppo sceglie Vrael? Dico fin da subito che Edwin sarà nel primo gruppo.

Goth': Con una semplice parola sussurrata da Aris nel suo orecchio, "Dormi", Hocrag viene messo fuori gioco cadendo in un sonno profondo. Al suo risveglio, egli si trova in una piccola casa di periferia, un camino acceso e il volto di Aris ad accogliere il suo ritorno nel mondo e vivi. Sul volto della donna c'è un che di gentile nel chiedergli il suo nome e nel rivelargli di stare attento: la cosa che si annida nel suo cuore è stata solo messa a riposo, ma qualsiasi turbamento potrebbe riportarla all'attacco. Ora Hocrag è perfettamente capace di agire per proprio volere salvo avvertire un vago senso di dolore al petto e strane ombre nella propria visione periferica. In ogni caso, gli è ora possibile parlare con Aris e vedere la bambina il cui volto pare albergare vagamente nella memoria. Qualunque domanda su di lei verrà evasa puntualmente da Aris la quale si rifiuterà di dare qualunque informazione. Spencer, viceversa, chiederà spiegazioni ad Hocrag per il suo comportamento, aggiungendo di trovarsi in quel luogo esclusivamente alla sua ricerca. La conversazione verrà comunque interrotta dal sopraggiungere di voci in lontananza: un gruppo di uomini ha infatti intravisto la figura di Hocrag aggirarsi per i vicoli e ne sta seguendo le tracce. Sono una decina circa, energia gialla. Prima scelta: Hocra decide di scappare o di affrontarli? Nel caso decidesse di scappare: da solo o con Aris e Spencer?

Come di norma: 4 giorni per postare più eventuali proroghe. :sisi:
 
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view post Posted on 16/8/2012, 12:35
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Sembra quasi una lacrima, il sapore salino sulle gote, un oblio liquido che scende dagli occhi chiusi—paralizzati—di qualcuno che non può più vedere. È nera. Scivola sulla pelle immota, vibrando tenue per il suono delle parole sussurrate poco distanti. Il tendersi dell'irreale e del sogno, mentre il mondo del senzavita privo di sensi cambiava e cambiava ancora. Aveva fallito, era caduto a terra. Il suo corpo lo sapeva, la sua anima lo sapeva, ma l'involucro dell'oblio che rappresentava taceva. Non gli importava, non più, a quanto pareva, giacendo egli immobile, a terra. Un attimo solo, e perse completamente i sensi, la lacrima asciugata al tiepido sole. Non importava più nulla. Non più.
NON—



—non c'è niente nell'oscurità della tua anima e tutto quello che si vede è solamente nero per un tempo infinito che non passa mai e sembra non avere mai avuto inizio perché mai non avrà una fine
... e il mondo è invece cambiato, nel risveglio senza sogni—qualcosa un globo informe si gonfia e si sgonfia—e intorno a sé si vede una casa—nessun colore—. Una casa qualunque, alcuni oggetti messi bene in ordine su una scrivania poco distante—una casa di un fuggitivo forse preda di saccheggi libri a terra resti di fogli sparsi e bruciati un odore di chiuso—e due persone davanti a sé. Qualcosa che brucia, uno scoppiettio nel camino acceso, rosso, sangue, luce. È accecante, il rapido battersi di ciglia è sufficiente a rendersi conto di questo, ma è quasi troppo, il suo corpo non è più abituato ad agire. Non sa più come comportarsi. Non vuole vedere nessuno, all'infuori della sua anima tormentata, non vuole far del male a nessuno, solo deve completare la sua ricerca, solo deve capire che cosa
(movimenti involontari dei muscoli e delle terminazioni nervose)

« Ben svegliato. »

Colpo di tosse, mettendosi a sedere, piano, respirando forte, male al petto. Non rispose guardò avanti e guardò a destra - muro - riguardò lei. Sapeva chi fosse. O meglio, sapeva chi avesse rappresentato. Una preda— (ombre intorno a loro volge lo sguardo ma non c'è nessuno)

« Stai tranquillo, sei di nuovo in te. Sì, dal momento che riesci a non tentare di ucciderci. »

C'era un che di sarcastico in queste parole. Tuttavia erano pronunciate con un tono materno, non c'era traccia di condanna. Come volesse dire che lo sapeva, aveva visto tanti come lui, non era colpa sua—certo che lo è lui è l'assassino che stanno cercando cosa aspetta perché non fugge perché rimane lì da lui ha visto di cosa era capace lui ha ucciso tanti lui ha provato a uccidere lei e lei e—non erano soli, una terza figura stava sdraiata, immobile, pareva addormentata, poco distante. Ma la sua faccia era familiare. Non sapeva il suo nome, non sapeva chi fosse ma qualcosa stava palpitando premendogli e comprimendogli la testa mentre le sue vene pulsavano. Lei la conosceva. Lei l'aveva conosciuta. Lei era—

« Chi è lei? »

Il suo gesto era inequivocabile, lento, come fosse compiuto dalla mano di un morente. Un paragone azzardato, per molti versi. La ragazza guardò nella direzione della mano del senzavita, ma voltò in fretta lo sguardo, di nuovo verso quest'ultimo. Sembrava preoccupata per altre cose. Non c'era tempo per simili inutili spiegazioni. Non c'era tempo per—nessuno deve sapere chi è la bambina nessuno deve sapere chi è la bambina lo scoprirò e ti divorerò come farò con ogni persona com'è il mio destino com'è il mio desiderio—qual'è il desiderio—

« Come ti chiami? »
« Non è pericoloso vero? »

Spencer, seduta lì vicino, guardava il senzavita con una certa diffidenza. Non si sentiva al sicuro, essendo nella stessa stanza con lui, a soli due passi; forse ancora sentiva e poteva sentire l'eterna irreale apparente nera follia del ragazzo. Se Hocrag avesse voluto, avrebbe potuto ucciderle entrambe con facilità, in pochi secondi, o almeno era quanto ella pensava. Avrebbe potuto—ma la ragazza l'avrebbe di nuovo impedito chi era lei come aveva potuto ostacolare i suoi intenti il suo desiderio il volgere del suo istinto—L'obliato guardò Spencer, tendendo le labbra. La sua mente taceva, il suo animo era almeno in superficie calmo, non si sentiva spinto da alcun desiderio. Tutto era normale, voleva solo affondare di nuovo nel nero, e restarci per sempre. L'unica cosa ormai possibile, per un essere privato sia della vita che della morte.

« Io, non lo so, non importa chi sono...— »
« Sì, va tutto bene, non averne paura— »
« HOCRAG! »

primoge

(ma subito dopo si calmò e si interruppe d'improvviso)

Gli sguardi degli altri due erano puntati su di lei. Il senzavita, da parte sua, era incuriosito, ma già sapeva perché lei lo doveva odiare. Era giusto. Era il naturale ciclo degli eventi. Egli era destinato ad essere odiato—sapeva perché ala ragazza era lì, solo per lui, voleva ancora spiegazioni, spiegazioni che tuttavia lui non le avrebbe potuto dare—poiché non riusciva a darle neppure a se stesso—ormai non esisteva più nessuno che potesse sapere più di loro—

« Perché ... ti comporti così? Perché hai cercato di ucciderci? Perché— »
ma ogni domanda successiva le era morta in gola. Non sapeva come comportarsi, non sapeva che altra domanda porre: come poteva un ragazzo, appena ripresosi da uno svenimento, un ragazzo portato alla follia dalla sua mente e solo da quella, giustificare i propri comportamenti? Anche se essi volevano dire aver tentato di uccidere? Eppure se ne era già resa conto. Poco prima di decidere di dirigersi verso di lei, egli aveva cambiato direzione. Non l'aveva puntata, l'aveva guardata con strani occhi ma era stata preda di una forte nausea, niente più. Quindi egli aveva diretto le sue attenzioni sull'altra. Avrebbe potuto ucciderla, no? Perché non l'aveva fatto? Questo voleva chiedergli, questo voleva—ma non poteva in che modo poteva chiedere spiegazioni pure sul non aver tentato di uccidere

« ... perché tutto questo? »

fu l'unica domanda. L'altra abbassò lo sguardo, così pure l'altro. Questi non rispose, non poteva giustificare nulla, o almeno, non a persone che non fossero come lui—ma in tal caso nessuno avrebbe avuto bisogno di spiegazione alcuna—perché così doveva accadere, e basta. Non poteva far altro che comportarsi in quel modo, era necessario.

« Era necessario, Spencer. Io ... non so altro. »

Forse mentiva, ma cercava di mentire più a se stesso che ai propri interlocutori. In realtà sapeva, qualcosa, ma quello non era il momento adatto per parlarne. Con nessuno, avrebbe potuto parlarne.
Silenzio. Tornò a parlare l'altra, forse tentando di prendere in mano la situazione. Non avevano tutto il tempo per le chiacchiere, d'altronde; pensò anche di giustificare in qualche modo il comportamento del ragazzo—ma non sapeva nulla lei non lo conosceva non sapeva NULLAstai lontana

« Io mi chiamo Aris. Devi comunque stare attento, Hocrag; ciò che si annida in te è stato solo messo a riposo, ma un qualsiasi turbamento, di ogni genere, potrebbe risvegliarlo. »

Spencer si alzò di scatto dalla sua sedia, estremamente turbata, come se non si aspettasse di sentire quelle parole. Pensava fosse finita? Forse ci sperava, ma quelle parole vanificavano ogni suo pensiero inconscio. Camminò in giro per la stanza; avrebbe voluto scappare, ma nello stesso tempo non poteva: era completamente in balia degli altri due. Non aveva potere nel proprio destino, doveva sottostare alle decisioni altrui. E ai loro sbalzi d'umore. Era in trappola, e non poteva far nulla per fuggire. Questo si vedeva, gli altri lo sapevano, quasi sicuramente. Volle fuggire, ma da sola non avrebbe potuto—era legata a loro—
Il ragazzo e Aris erano quindi rimasti soli, allontanandosi Spencer— ora il senzavita doveva sapere—come aveva fatto ad addormentarlo all'improvviso—Dormi—una sola parola—la ricordava confuso ma essa albergava nella sua memoria più profonda—non era normale—era come lui?—vide davvero mai del nero nei suoi occhi?—che cosa sei, Aris?—

« Chi sei, Aris? »

Il suo volto sembrò oscurarsi per un breve istante, ma di nuovo il suo solito tenue sorriso lo tornò ad illuminare di luce fioca. Socchiuse la bocca per replicare, ma poi ci ripensò. Non aveva davvero nulla da nascondere? Non c'era da esserne così sicuri—luci azzurre intorno alla casa—sussurri in lontananza—non erano più soli—

« Aspetta. »

Il suo volto divenne pietra, aveva sentito qualcosa anche lei. Dovevano fuggire, li avevano trovati.

« Che succede? »

Aris raccolse la bambina con un balzo, mentre il senzavita si tirò in piedi di scatto.

« Andiamo. »

Hocrag si guardò in giro. Dovevano fuggire non c'era tempo per lasciare libera la sua anima contro quegli uomini che altro non si meritavano se non di—doveva raggiungere il suo obiettivo—avevano perso troppo tempo—non gli interessavano le ragazze ma Aris sapeva qualcosa che poteva servire e voleva conoscere la sua identità—Dormi—chi era—come aveva fatto—in cosa lui stesso si stava tramutando— Egli fece un gesto per indicare la finestra. Non potevano uscire dalla porta, gli uomini stavano arrivando da quella direzione. Aris scosse la testa, indicò la bambina. Cosa? L'avrebbe presa lui, o Spencer, mentre ella avrebbe scavalcato. Aris scosse la testa, non voleva lasciare la sua bambina ad altri. Ma cosa stava dicendo, preferiva affrontare gli uomini? Non rispose, era turbata, il tempo scorreva, lei era immobile. Il senzavita avrebbe tanto voluto lasciarla lì, ma non poteva, a questo punto. I suoi occhi divennero bianchi, la sua pupilla scomparve.

toc-toc
Silenzio.
pum

« Entriamo. »

Sfondarono la porta con facilità, il legno era già marcio di suo. Erano una decina, non avrebbero di certo fallito. Stavano seguendo l'uomo, ma non era solo. Erano uomini addestrati a combattere fin dalla nascita, per un motivo o per l'altro, non si sarebbero fatti sopraffare tanto facilmente, e per questo i loro lineamenti lasciavano trasparire l'eccitazione. Entrarono convinti di averli sottomano e coglierli alla sprovvista, con una faccia crudele quanto la vita che erano costretti a passare, ma di colpo i loro lineamenti si tesero, invece, nello stupore.

« Ma che caz-? »

Davanti a loro e intorno a loro solo specchi che riflettevano la propria immagine, lui e i suoi uomini distoglievano lo sguardo dai veri ragazzi, oltre alle cianfrusaglie a terra, armadi e tavoli. La stanza era piccola e pure sembrava immensa. Ma come diamine—?

« Eccoli! »

Stavano su una sedia, oltrepassando quelle pareti liquide. Hocrag per ultimo, sfiorando entrambe le ragazze come accompagnando il loro salto, fuori dalla finestra, quindi saltò anche lui. Gli uomini gli arrivarono dietro un attimo di ritardo e si infransero contro i solidi specchi, che vibrarono un istante, ma non mutarono la loro posizione. Specchi, specchi e specchi. Picchiarono e urlarono, in trappola, ma le loro urla giunsero appena ai tre ragazzi, già lontani.



La strada proseguiva tortuosa ma per fortuna sempre in discesa. Corsero o quasi una decina, venti, trenta minuti, mentre il tempo pareva essersi fermato lasciando a loro il tempo di fuggire e di mettersi in salvo. Appena in tempo. Si fermarono solo all'ingresso di un porto, che sembrava quasi abbandonato. Solo silenzio, lì intorno. Ripresero fiato. Non avevano parlato fin da quando erano ancora dentro la casa, tutti sapevano che era meglio tenersi il fiato per la corsa. Ma ora potevano dirsi nuovamente al sicuro, da quegli uomini. Probabilmente, almeno per qualche tempo, anche da altri.

« Grazie. »

Hocrag non rispose, né fece alcun cenno della testa. Aris sapeva che tuttavia l'aveva sentito, e, ora, si sentiva in debito con lui. Le aveva salvate da una possibile cattura, dopotutto. Doveva ricambiare il favore, respirò piano.

« È necessario tuttavia scacciare ciò che è entrato in te, prima che, svegliandosi, ti consumi dall'interno, riducendo la tua anima a pezzettini; prima devo solo nascondere tuttavia la bambina, la situazione è troppo pericolosa per entrambe. Stavo pensando che questo potesse essere un buon posto. Allora? »

Le parole furono pronunciate con calma, con le giuste pause, ma né il senzavita né Spencer avevano aperto bocca. E così ora. Aris non mise fretta, anche se non avevano tempo da perdere. Hocrag non la guardò. Davvero desiderava liberarsi di ciò che impestava il suo corpo e la sua anima? Davvero si sentiva posseduto da una cosa estranea, o piuttosto ciò di cui parlava la donna era qualcosa che già risiedeva in lui, e che ora si era solo manifestato apertamente?

Non rispose, si limitò ad alzarsi in piedi—era ancora lucido non sapeva che avrebbe fatto a loro tre—a loro quattro—se fosse stato nuovamente in balia di se stesso. Fintanto che era con Aris, tuttavia, riusciva a mantenere una certa calma. Perché? Non importava neppure. Le ombre che tuttavia riusciva ancora a vedere intorno a loro non lo lasciavano stare. Erano in attesa, ma con la donna insieme a loro non riusciva a desiderare di sprofondare in esse, come viceversa molto spesso aveva desiderato. Come avrebbe desiderato, se non ci fosse stata Aris. Non seppe se era una nemica o un'amica. Non voleva essere aiutato. Non voleva che altri si intromettessero. Lui aveva scelto quel destino, lui aveva deciso, lui si era consegnato a—la donna e la bambina—le vedeva davanti—tutto si fece più chiaro, le ombre più presenti—chi erano—ma non può essere—e pure non poteva essere altrimenti—buio più pressante—doveva star calmo diceva—spalancò un istante le nere iridi—



primoge2

« Nascondiamo la bambina. »





hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 70%

Attive utilizzate nel turno. » p r i g i o n i a Sembra che i diversi piani spaziotemporali possano tra loro trovare un'intersezione, un punto in cui si uniscono. Se altri piani interferiscono con la Realtà, vi saranno dei problemi, dei limiti alla Realtà stessa, in questo caso. Con l'unica cosa visibile che sarà una sottile linea di colore scuro lungo il terreno. Dopo qualche secondo di ferma concentrazione e una spesa di energia pari a Medio, Hocrag può fare interferire due di questi piani, per poter circoscrivere l'area del duello in un cerchio invisibile dalle dimensioni variabili. Da questo momento in poi sarà impossibile uscire dal cerchio, che avrà come formato delle pareti invisibili lungo la circonferenza, impossibili da superare: le pareti si dismostreranno a specchio, in realtà, e non lasceranno guardare oltre. Chi sarà imprigionato all'interno del cercho si troverà disorientato, quindi, gli sarà impossibile capire qual'è il punto esatto in cui deve oltrepassare le pareti e gli specchi, che pure non sarà facile se non distruggendole. Esse infatti sono abbastanza alte, ma possono essere anche valicate volando o con un grandissimo salto, prima che scompaiano al termine del secondo turno a partire da quello di attivazione o prima se distrutte da un danno totale pari a Basso.

Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo, le sue parole inducono a credergli e dargli fiducia, fa danno psion un livello superiore e danno fisico un livello inferiore.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Risvegliatosi, Hoc è nella stanza con le due -tre- ragazze. Dopo qualche botta e risposta sentono delle voci in lontananza (e Hoc ne vede le aure avvicinarsi: organizzano una fuga, tutti insieme, dal momento che Hoc vuole sapere di più su Aris (e sulla bambina). Quindi Utilizzo l'abilità per far diventare la stanza una casa degli specchi, e fuggire oltrepassandoli mentre gli uomini sono chiusi dentro. Giungendo alle porte del porto, quindi, la compagnia si ferma a riprendere fiato, ma ad un tratto, quando Hoc si sta per avvicinare al rendersi conto della somiglianza della bambina con qualcuno, decide di andare a nasconderla, per evitare cose spiacevoli, nel poco di lucidità che gli rimane ancora, data più o meno dalla presenza di Aris.
 
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view post Posted on 20/8/2012, 15:55
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永久の美
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Gli parve ancora di vederselo davanti, quel corpo di pallida ceramica riverso sul tavolo, i lunghi arti nodosi lasciati al giogo di se stessi ed abbandonati in maniera scomposta lungo la superficie lignea che era diventata il suo letto di morte -ma era davvero morte?
Aveva seguito Edwin senza troppe esitazioni, dopo che avevano interrotto la loro ben più disimpegnata conversazione, certo ormai che quel gruppo di briganti non rappresentasse per lui una fonte di pericolo. E tuttavia, già quando l'aveva introdotto in quel buio stanzino totalmente pregno di quel puzzo cadaverico, con quella figura ad attenderli come sentinella spettrale, aveva cominciato ad intuire quanto la situazione lo sovrastasse. Nel vedere il corpo da fata della ragazza, così bianco e cereo da non lasciar trasparire il minimo sentore di vita, ne aveva percorso con gli occhi ogni singolo angolo ed anfratto; ogni piega della pelle ed ogni purpurea macchia che coloravano qua e là il suo corpo. Era scivolato languido su quel taglio che Edwin si era premurato di fargli notare cercando per quanto possibile di mantenere il controllo, tentando con ogni mezzo a sua disposizione di ascoltare le parole dell'uomo e di memorizzarle, certo che gli sarebbero servite tanto in quel frangente quanto come merce di scambio, nel caso la situazione fosse finita per rivoltarglisi contro. Si concentrò dunque sulla voce del capo di quella banda, annotandosi mentalmente ogni piccolo dettaglio riguardo a quella donna che uscisse dalle sue labbra; niente ferite, niente contusioni, nessun tipo di veleno ad insozzare le sue vene … solo il nero, quel tetro bagliore che, demoniaco, riluceva sulle sue iridi, deformandole e rendendole nulla più che pozzi senza fondo lasciti di un oblio lungi dall'essere svelato. Possessione, di questo aveva parlato; magia antica. E l'ansia che provava nel pronunciare simili parole era semplicemente palpabile, seppur ben celata; Edwin aveva paura, aveva paura di quello che aveva di fronte al momento e di ciò che avrebbe potuto trovarsi di fronte in futuro. E come a volersi lasciare alle spalle quelle tetre constatazioni, si era lesto allontanato da quel buco ripugnante, con l'Elfo che, ancora sconvolto ed sgomento, gli trotterellava dietro come un bambino attaccato alle sottane della madre. E intanto continuava a spiegarsi, a parlare, a fornirgli dettagli … come se procedesse nella tacita speranza che quel giovane piovutogli in mezzo ai piedi dal nulla potesse in qualche modo essere la chiave per il lucchetto che teneva rinchiusa quella spinosa situazione, mentre lo conduceva lungo un corridoio stracolmo di porte a destra ed a sinistra. Poi un vocio, concitato eppure soffocato dallo spessore di una porta; un tramestio di seggiole e voci che, una volta entrati, si era rivelato essere un gruppetto di uomini, tutti raccolti attorno ad un tavolo a discutere sopra alcuni stracci di piante e mappe, alcune malamente disegnate altre appena abbozzate. Li avevano ricevuti con un'aria interrogativa, tramutatasi molto presto in allegria quando si venne a sapere chi era lo straniero dai lunghi capelli castani e cosa aveva fatto. Ma nessuno di loro era lì per gioire della salvezza di Loris, non era quello il momento. Ed Edwin rivelò infine i dettagli più succosi dell'intera vicenda, rivelando una possibile traccia che, minuscolo lume di speranza in quel buio labirinto di interrogativi, conduceva al sindaco ed alle sue strane manie, come sempre miste alle numerose voci e leggende che, a Neirusiens, trovavano il loro porto d'oro. Un discorso nuovo per Vrael, un discorso che invece gli uomini dovevano aver già sentito parecchie volte; e tuttavia un discorso che fece risaltare la timidezza e la riservatezza di un giovane dalla chioma corvina che, prodigatosi in un rapido inchino, si era rivelato essere la loro guida in quella folle impresa: raggiungere le stanze del sindaco e porre fine ai suoi perversi esperimenti.

Ecco perché ora si trovava in quel dedalo di gallerie maleodoranti, fianco a fianco con Edwin e proprio alle spalle del ragazzo chiamato Martin che, armato di torcia, si faceva strada con sicurezza attraverso quell'intreccio di mura tutte uguali. L'Elfo Vrael faceva parte dei Crostascura ora, e la sua nuova posizione gli imponeva di seguirli; non che fosse necessario un simile monito: moriva dalla voglia di vedere come sarebbe andata a finire, e questo brivido quasi animale era capace di sopraffare persino la paura che, in quel momento, albergava nel cuore di tutti i presenti. L'ansia prima di compiere il grande passo, il respiro prima del balzo. Il tutto avvolto in quell'atmosfera cupa e silenziosa che, da quando si erano messi in cammino, aveva permeato tutta la loro marcia furtiva. Il nervosismo era ovunque, chiaramente percepibile, e si traduceva perlopiù in un fetore stantio di sudore ad emanarsi da tutti i pori degli uomini che, in quel luogo chiuso, non faceva che aggiungere più peso ad una situazione che già di suo era ben lungi dall'essere considerata leggera o semplice.
Dopo aver proceduto per un tempo difficilmente definibile e dopo aver svoltato un'infinità di volte un po' a destra, un po' a sinistra, talvolta in salita e talvolta in discesa, giunsero infine ad un vicolo cieco. Il mormorio di disappunto e fastidio che cominciò a sollevarsi venne subito zittito da Edwin che, fatto qualche passo in avanti assieme alla giovane guida, poggiò un orecchio sulla superficie liscia della parete di stoffa che avevano davanti … un superficie fin troppo perfetta e lavorata per essere nata assieme a tutti gli altri cunicoli; un superficie, insomma, che non faceva parte delle gallerie. Gli occhi serrati e l'espressione corrucciata, Edwin premette con più forza il volto sul panno finché, con l'aria decisamente più sollevata, fece cenno a tutti gli altri di avvicinarsi, pur intimando con lo sguardo che il silenzio venisse preservato. Vrael lo fissò per alcuni istanti: non sapeva se fosse una semplice fantasia scaturita dalla troppa suggestione di alcuni libri che aveva letto, ma era certo che troppa calma non era mai un buon segno. Era la casa del sindaco, dannazione! Già solo la servitù avrebbe dovuto essere ben più rumorosa; se si consideravano poi tutti coloro che vi lavoravano dentro, di certo quel piattume sonoro non avrebbe avuto modo di esistere. Ma la frase che stava per pronunciare gli morì in gola quando vide un paio di uomini poggiare le spalle sulla superficie e, sotto modesto ordine di Martin fare forza contro la parete, mentre altri uomini avevano già incoccato alcuni dardi sulle proprie piccole balestre, pronti a coprire i compagni nel caso improbabile in cui qualcuno si trovasse nella stanza. Ma spalancato quello che in seguitò si rivelò essere un arazzo agganciato al muro, non vi fu nessuno ad accoglierli. Non un rumore, non una persona e nemmeno un dannatissimo topo che magari si trovasse lì per caso. Con un sorriso fin troppo carico di speranze, Edwin fece cenno ad i suoi di muoversi ed essi, da perfetti taglia-gole quali erano, sgattaiolarono attraverso la stanza fino alle porte, dando una fugace occhiata ad i corridoi pronti ad eliminare qualsiasi ostacolo gli si fosse parato davanti. La cosa sorprese non poco il ragazzo. Evidentemente quella che si trovava lì era l'elite dei Crostascura; la creme de la creme del gruppo. Gli uomini scivolavano silenziosi e letali attraverso i corridoi, le orecchie tese ad ogni minimo rumore, ogni più piccolo e fugace movimento, fruscio di vesti. Si sarebbe potuto senza problemi definire “bello” da vedere, come fosse stato uno spettacolo in cui ogni persona conoscesse alla perfezione il proprio ruolo, muovendosi con eleganza e disinvoltura tra le scene dei vari Atti. Ed essendo quell'esibizione perfettamente orchestrata, anche quando saltuariamente apparvero delle difficoltà -identificabili in ignari servitori di passaggio che non avevano altra colpa se non quella di essere per disgrazia lì presenti- queste vennero magistralmente superate con un elegante tocco di stile che avrebbe aggiunto un po' di pepe alla manifestazione. Il che, in termini decisamente più spiccioli e concreti, significò l'assassinio di un paio di persone da parte del gruppo di ribelli, che commise suddetti omicidi in maniera a dir poco sublime: non un grido, non un macabro rituale … semplicemente un gorgoglio strozzato e il meno sangue possibile; le vittime venivano fatte fuori velocemente e, altrettanto velocemente, venivano abbandonate a se stesse.
Tutto sembrava star scorrendo liscio come l'olio, ogni calcolo si dimostrava corretto ed ogni previsione azzeccata; si muovevano rapidi e quieti, e sembrava che nulla avrebbe potuto fermare la loro volata verso il traguardo, verso il tanto ambito trofeo. Ma quando infine, raccolti attorno ad un porta più maestosa e pregiata delle molte che avevano sorpassato, irruppero nella stanza del sindaco, una brutta sorpresa pose fine ad ogni sentimento positivo che il gruppo potesse aver coltivato fino a quel momento. E il silenzio della casa assunse finalmente un significato; e l'assenza di personale aggiunse senso a qualcosa che già stava assumendo un orribile accezione. Ed a squadrarli con disprezzo, seduto sulla poltrona del sindaco non trovarono colui che si aspettavano -e attorno a quello, ghignanti, numerose altre presenze a fissarli con alterigia.

« È un piacere incontrarti di persona, Edwin. »
Una voce melensa ad emergere da quel corpo comodamente sistemato sulla morbida pelle del proprio seggio.
« Sai, avevo sentito un gran bene di te, eppure eccoti qui … caduto in trappola.
La mia trappola.
»
Calò lo sguardo sulle mani che teneva congiunte, i gomiti a fare da perno sul tavolo, prima di proseguire con inusitata freddezza ed un tono fin troppo abituato a dare ordini.
« … Mettete via le armi. »
Tutto qui.
Solo questo disse, senza nemmeno degnarsi di alzare di nuovo lo sguardo su di loro. Semplicemente, era certo di aver vinto quella battaglia prima ancora che iniziasse e non aveva dunque motivo di concedere il proprio sguardo ai perdenti.
Non è nella natura di un vincitore.
Paura ed agitazione travolsero l'intero drappello di uomini alle spalle del comandante dei Crostascura, molti fecero un passo indietro ed altrettanti si apprestarono a chinarsi, pronti a rinunciare alla propria arma pur di aver salva la vita come se poi, conclusesi le formalità, non li avrebbero uccisi lo stesso.
Ma c'era un motivo per cui Edwin era al vertice di quei ruffiani; c'era una ragione per cui era riuscito ad ottenere il loro rispetto.
Ed altrettanto c'era un motivo per cui in tutti quegli anni non aveva ceduto alle malie di Neirusiens.
L'uomo si voltò verso i propri sottoposti, serio, senza che la sua espressione lasciasse trapelare nulla. Li passò con gli occhi uno ad uno.
Vrael, il nuovo acquisto; Martin, che così giovane si trovava in una situazione così pericolosa. E poi tutti gli altri, che avevano affidato le proprie vite alla sua saggezza.
Li guardò e sembrò vedere ben oltre la loro espressione turbata, direttamente dentro i loro cuori.
Solo dopo aver fatto trascorrere dei lunghi istanti in cui poté riflettere, finalmente spostò di nuovo la sua attenzione su “Edmund-il-capo-delle-guardie” e galoppino del sindaco.
« Io invece non ho sentito granché parlare di voi … ma essendo la fama di un uomo dettata dalle azioni che egli compie, non mi sorprenderebbe affatto scoprire che nessuno qui, nemmeno i vostri stessi uomini, sappiano chi siete veramente. »
La voce carica di un'ironia che mai ci si sarebbe aspettati da quell'uomo dall'aspetto serio.
La lingua un coltello affilato pronto a ferire ad ogni sillaba, ad ogni lettera perfino.
« Ne abbiamo fatta di strada per giungere sin qui; si tratta di un possibilità unica ed irripetibile … non ho -non abbiamo- nessuna intenzione di sprecarla. »
Lo disse un po' più forte, così che anche i più terrorizzati -o semplicemente i più disattenti- potessero sentirlo.
« E cosa dovremmo aspettarci piegandoci al vostro comando?
Sarebbe sempre la morte, semplicemente meno onorevole e ben più dolorosa … o magari la tortura …
»

« No, se speravi di scoraggiarci con questo subdolo teatrino hai sbagliato persone. »
Alle sue spalle, già alcuni urli di approvazione a dare più forza alle sue parole, mentre l'atmosfera sembrava rivoltarsi contro colui che inizialmente ne era il padrone.
« È il momento che Neirusiens sappia come e da chi è stata stregata. »
Lapidario, adamantino, risoluto.
Edwin non si sarebbe arreso, e alle sue spalle tutti i Crostascura a fare eco alle sue carismatiche parole. Non si sarebbero tirati indietro, non quest'oggi.
Non sarebbero stati loro i topi di fogna di Neriusiens ma, anzi, avrebbero finalmente spodestato quel regime satanico che avvelenava la città con i suoi malefici.

E mentre una grossa vena andava dipingendosi sul collo di Edmund, Vrael si incantò nel sentire le parole di Edwin, nel vederlo aizzare la folla e zittire il nemico.
E non poté che ammirarlo ancora di più.
Sperò davvero che sopravvivesse a tutto quello, certo più che mai che quell'uomo avrebbe avuto ancora molte sorprese da rivelare.
Questo del tutto dimentico che, in effetti, anche la sua vita era in pericolo.


Vrael

| ReC 300 | AeV 175 | PeRf 75 | PeRm 275 | CaeM 150 |


Energia_80% [(10+10)]
Status Fisico_Danno lieve al volto; labbro spaccato. Danno lieve ad entrambi i polsi + Basso (da impatto) alla testa.
Status Psicologico_Totalmente concentrato su Edwin
Equipaggiamento_Islingr (Riposta)
Albitr (Riposto) 11/15.

Tecniche Utilizzate_


Note_Probabilmente sono noioso, ma chiedo ancora scusa per il ritardo e ringrazio per la lunghissima proroga ^__^'''
Passando al post in sé, devo dire che questo giro mi sono trovato un po' in difficoltà ad inserire Vrael come protagonista, dato che gli eventi, più che riguardare lui in persona, riguardavano la situazione che gli si stava creando attorno. Così ha avuto più il ruolo di spettatore passivo che altro; mi auguro che ciò non crei problemi.
Per quanto riguarda la scelta finale dei Crostascura, ho realizzato che Edwin non si sarebbe mai tirato indietro, tanto per personalità, che per ostinazione e, diciamocelo, anche per non perdere credibilità. Di conseguenza, non ho fatto arrendere i Crostascura ma, anzi, ho fatto si che Edwin li aizzasse per quanto possibile alla battaglia (spero di aver reso bene il suo carisma, ma non ne sono certo ^////^).
Ecco qui, il resto sta alla nostra cara QM :sisi:
 
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view post Posted on 4/9/2012, 16:28
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i4AiX

Non aveva progettato di trovarsi in quella situazione. Non lui. Non il piccolo ed insignificante topo d'appartamento che il Sindaco spesso si divertiva a deridere per la sua piccola statura, il suo principio di balbuzie o la sua naturale goffaggine propria di un'età ancora troppo giovane, troppo precoce per poter sfoggiare la serietà e la sicurezza di un adulto.
Non lui, certo.
Non quella specie di bamboccio -ne era fin troppo consapevole- che ora, spada in pugno, se ne stava li ritto fra Edwin ed il nuovo arrivato -un tipo abbastanza difficile da leggere ma tutto sommato rassicurante da avere accanto- pronto ad attaccare quelli che ad occhio e croce erano di certo gli uomini più addestrati di Neirusiens.
A dirla tutta, Martin non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in nessuna di quelle situazioni.
Entrare di soppiatto in quella magione che fino al giorno prima gli aveva garantito un pasto caldo ogni giorno, un misero letto dove dormire e qualche regalo extra da parte di compiacenti nobili di passaggio. Oltre che ai rimproveri, certo. E le umiliazioni, non scordiamolo. E sgusciare come un ratto fra i passaggi segreti, le porte nascoste e quei doppi muri per certo invisibili alla maggioranza del personale. Ed infine, armato di una spada -lui, che nemmeno sapeva come brandirla- entrare nella stanza più importante di tutte. Più calda, più lussuosa e meglio arredata. La stanza del Sindaco, insomma. Del primo cittadino, manco a dirlo.
Con un mezzo sospiro, Martin si chiese perché diavolo, fra le mille opzioni nella vita, aveva proprio deciso di farsi infinocchiare proprio in questa.
Ragazzino inutile, lo chiamavano spesso.
E a pensarci bene anche ora, anche nel momento di estremo bisogno dove anche Edwin dall'alto della sua carismaticità pareva capace di sudare freddo, era proprio così che si sentiva. Un bamboccio inutile, appena capace di farsela sotto dinnanzi allo sguardo sornione di quel tizio li -l'altro superuomo dallo sguardo di ghiaccio- e probabilmente solo di peso nella prossima baraonda che sarebbe seguita.
E la pace della caldaia?
E il caldo abbraccio di Lucy, quella grassa cameriera che di buon grado aveva acconsentito a fare di lui un "uomo"? Il suo petto non era certo florido come quella di una giovane, ma almeno era caldo, morbido e in qualche modo gli faceva venire in mente sua mamma -pace all'anima sua-
No, certo che no. Lui, Martin il topo, aveva dovuto fare l'eroe per una volta. Ed eccolo ora qui, inutile fra gli eroi.
In un attimo di sommo rimorso si chiese se Edwin avrebbe potuto chiedere a qualcun altro di assolvere a quel compito ingrato -portare gli agnelli nella tana dei leoni- senza dover disturbare lui. Ma l'istante dopo capì che no, nessuna cameriera sarebbe stata tanto stupida da acconsentire a quell'ingrato compito.
E quindi lui. Lui l'idiota. Lui lo scemo. Lui...
Avrebbe potuto scappare?
Ora, qui?

Ma poi Edwin si voltò un secondo a guardarlo, breve occhiata a scorrere fra lui ed il nuovo arrivato.
Ad entrambi.
In egual modo. In egual misura. Come se, alla fin fine, lui non fosse stato affatto inferiore all'altro, a quel ragazzo abbastanza sicuro, abbastanza certo della propria abilità per non divenire il primo bersaglio di quei soldati.
Così quando Edwin decise in un impeto di coraggio di lanciarsi per primo all'attacco, improvvisamente, fu quasi con convinzione, quasi con vero furore che egli lo seguì, un grido selvaggio per farsi forza e via così, la spada in pugno.
Più tardi, egli avrebbe pensato alla propria bravata come a qualcosa di molto stupido. E di avventato. E probabilmente di suicida, come molte delle cose che si fanno in giovane età.
Sul momento però, fu quasi felice di aver trovato tutta quell'impavida stoltaggine.
E anche di esser riuscito, inciampando, ad infilzare un soldato rimasto shockato dalla sua stupidità -forse si stava sbellicando dalle risate-
E anche di aver causato, nel ruzzolare ed infilzare randomico, il ribaltarsi della scrivania dietro la quale stava il capo delle guardie.
In un attimo Edwin riuscì con un balzo ad esser su di lui, spada in pugno stretta sotto la gola del poveretto in una ben poco velata minaccia. Alcuni uomini giacevano già a terra privi di vita, ma a quanto pare in quell'istante non importava già più.
Ora, e grazie a lui a quanto pare, a Martin, erano in vantaggio.
"Dirgli di arrendersi"
ordinò nell'orecchio dell'altro Edwin -il capo-
"O credo che il mio braccio non reggerà ancora a lungo il peso di questa spada"


OOO

Erano quasi giunti nella parte più decadente -ma la più sicura ora- del porto quando da lontano proruppe il grido di una donna. Un grido stridulo, acuto, il medesimo che poc'anzi avevano potuto ben udire tutti e tre. Aris si gelò per un attimo, il volto esangue che si voltava appena in direzione di quel suono straziato per poi deglutire a vuoto, un tremito a percorrerla da capo a piedi. Sbrighiamoci -avrebbe voluto dire- ma le mancava il fiato per parlare, così si limitò a guardare Hocrag e poi Spencer, un attimo per poi accennare appena con il capo ad un riparo poco distante.
Era tardi, ormai. Tardi per avvertire quel senso di prossimità, di immanenza simile ad un fastidioso formicolio dietro la nuca. Troppo tardi per guardare in volto i suoi due improvvisati compagni di sorte e dir loro a chiare lettere che da quel momento in poi, da quell'istante in avanti, le cose si sarebbero fatte sempre peggiori.
Così si limitò ad ansimare senza vergogna -loro due parevano freschi come rose appena sbocciate, quasi che fino ad allora tutti e tre non avessero fatto altro che cogliere margherite in mezzo ai prati in fiore- ed indicare un punto più in avanti. E rimanersene zitta. Ed apparentemente tranquilla. Perfino quando Spencer informò entrambi che sarebbe tornata un istante indietro per andare a controllare la fonte di quell'urlo. Ed assicurarsi che la vittima non fosse stata nessuno che lei conosceva.
"Vi ritroverò" ironizzò in un finto sorriso "Io i guai li fiuto a distanza".
Per un attimo Aris fu tentata dal chiederle Perchè, realmente, quell'urlo fosse tanto importante da costringerla ad abbandonarli ed avventurarsi sola in mezzo ai vicoli, ma esitò.
Non c'era tempo. Davvero.
Non ora. Non adesso che tutta Neirusiens pareva stare trattenendo il fiato in attesa di qualcosa. Di qualcuno. Non...
"Stà attenta" le ordinò con quel suo essere -da poco- mamma "Appena hai finito torna al porto. Noi rimarremo qui per un bel po'"
Ebbe appena il tempo di notare una traccia di paura saettare negli occhi della ragazza prima che Spencer si voltasse e scomparisse nel buio dei vicoli. Appena la sensazione di terrore che da lei si propagava come un'aura pallida, fulgente, quel genere di aroma tanto caro ai predatori.
E poi si voltò.
La bimba nelle sue braccia che si divincolava appena nell'avvertire i battiti del suo cuore accelerare.
"Andiamo" sussurrò "Più rimaniamo allo scoperto peggio è"

OOO

L'attimo dopo, con un sonoro calcio allo stipite, Edwin sfondò la porta sul retro della magione del Sindaco. Il Capitano emise un lungo gorgoglio rabbioso, la benda sudicia ora stretta sulla sua bocca che gli impediva di esibire in tutta la loro franchezza i coloriti epiteti con cui fino ad allora aveva apostrofato i pochi membri del gruppo Crostascura. Al suo fianco, Martin emise un lungo sospiro contratto, il poco coraggio avuto fino ad allora che rapidamente sbiadiva lasciando al suo posto solo la gelida sensazione del panico.
Era stato un eroe?
Si chiese con un moto di orrore.
O solo un idiota con tanta fortuna?
Sbattè una volta gli occhi, gocce di sudore ad inondargli per un attimo la vista.
Sua madre però diceva che spesso i grandi eroi nascevano da grandi stupidi molto ma molto fortunati.
Era il suo caso?
Ancora prima di accorgersi come, Edwin aveva preso a condurli per uno stretto vicolo nel quale, cinque o sei isolati di corsa dopo, trovarono una porta dischiusa ad accoglierli. Senza fiato vi si fiondarono dentro tutti, lunghe scale in discesa a condurli presto verso un locale umido e freddo. Era buio dentro, così Martin dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di capire dove -esattamente- si trovassero.
Stranamente però, questo breve momento di acclimatamento non servì affatto ad Edwin: quando due dei suoi riuscirono ad accendere un paio di lanterne che erano state appese ai muri portanti, egli era già chino sul Capitano, un pugno insanguinato levato verso l'alto e l'altro stretto al bavero dell'uomo ora riverso a terra.
Nel buio di quelle che parevano le dispense della macelleria di Neirusiens, gli aveva spaccato il labbro. Tutt'attorno a loro, i resti striminziti delle razzie che quel clima di terrore aveva concesso ai piccoli criminali del posto ed in un angolo, Martin non potè che rabbrividire, i cadaveri del macellaio e moglie.
Era presto per avvertire l'odore della decomposizione ma il ragazzo non dubitava che di a poco tutto quel luogo avrebbe iniziato a puzzare peggio di quello sparuto laboratorio che Edwin aveva allestito.
"Allora, mio caro" prese a parlare il capo dei Crostascura "Chi ha cantato avvertendoti che saremmo arrivati?"
Attorno a lui non rimanevano altro che una decina dei suoi uomini più lo Straniero e Martin, misero rimasuglio di ciò che era stato il gruppo solo poco tempo prima.
Sufficienti perché il volto di Edwin esprimesse qualcosa di ben al di là della semplice rabbia. Ma non abbastanza per intimidire il Capitano.
Lui si limitò a sorridergli lentamente, uno sbavo di sangue a colargli lungo il mento raso di fresco.
E piegare il capo.
"A quando il momento in cui deciderai di lasciar perdere queste inutili smancerie? I miei ragazzi potrebbero innervosirsi non vedendomi tornare"
Con un sorriso, Edwin gli spezzò di netto il naso. Rialzò il pugno, la pelle delle nocche ora spezzata e sanguinante.
"Dipende da quanto tu sarai carino con me dicendomi tutto quello che mi interessa"
replicò asciutto
"Non amo uccidere, ma certamente con te potrei fare un'eccezione vista la situazione".
"Non ami?"
Con un ghigno il Capitano sputò di lato un po' di bava sanguigna per poi esibirsi in un rosso ghigno.
"Ma certo, quasi scordavo: Edwin il Clemente, così ti chiamano i tuoi." una pausa "Sei un ladro, un criminale, un truffatore ed un bugiardo. Eppure no, il sangue proprio sembra non piacerti"
"Sono un tenero, lo sai. Ma in qualche modo si deve pur sopravvivere a Neirusiens"
fu la ghignante replica dell'altro.
"Certamente" sogghignò il capo delle guardie. Vi era un non so che di ilare nei suoi occhi "E Loris cosa ha da dire di tutta questa tua cara dolcezza?"
Improvvisamente, lo sguardo di Edwin gelò. Loris? Parve chiedersi senza parlare.
"Ma si, certo. Loris il fratellino minore del grande uomo che sei. La tua fidata spalla."
Loris?
Lo sguardo di Edwin parve ingrigire.
"Credi sia un caso che lui non si trovasse con voi durante la sortita al Municipio? Che un assassino fosse così bravo da avvicinarlo pur lui trovandosi in mezzo ai suoi compagni senza però riuscire ad ucciderlo?"
Per un istante, Martin ebbe il timore che Edwin avrebbe sgozzato sedutastante il Capitano. Che in un impeto di rabbia o incredulità egli avrebbe semplicemente fatto ciò che un momento prima si era astenuto dal compiere.
Poi però, lentamente, Edwin socchiuse le palpebre, un sospiro ad uscire dalle sue labbra.
"Avete già fatto incursione nella nostra base" constatò "E promesso quanto di più generoso Loris chiedesse come prezzo per il suo tradimento"
Una pausa.
"Ma per il mio assassinio, cosa ha chiesto?"
Da dietro i suoi denti sporchi d sangue, il Capitano esplose in una fragorosa risata.
"Ora il tuo amato fratello se ne sta quieto quieto al fianco del Sindaco in riva al Lago. E' il suo Consigliere, ora."
Ancora una volta Edwin sorrise cordialmente, sospirò. E l'istante dopo il suo pugno colpì dritto in viso il Capitano tanto forte da tramortirlo.
Si alzò in piedi pulendosi le vesti. Troppo arrabbiato per curarsi di avere entrambe la mani insanguinate. Troppo calmo per concedersi di rimanere in quel luogo un istante di più.
Si voltò verso i suoi e con un mezzo movimento indicò a tutti di uscire rapidamente. Poi guardò Vrael, lo sguardo di vetro a passare su di lui per un lungo, intenso, istante.
"Non temere. So riconoscere un vero tradimento quando lo vedo"

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OOO

Messa in quell'intrico di reti, la piccola pareva una piccola sirena pescata per errore, un bozzolo di stoffe ed esche a circondarla come i resti del suo regno sottomarino oramai perduto. Aris sorrise debolmente, una nota di ironia in quel suo dolore di momento in momento sempre più acuto.
La stava lasciando.
Eppure non poteva fare a meno di farlo, di lasciarla dove sapeva che tutti, o almeno i più pericolosi, non l'avrebbero cercata per un poco. Almeno fino al suo ritorno. Sospirò. Al suo possibile ritorno. Strinse gli occhi, un bacio sulla fronte della piccola per evitare di piangere come una madre qualunque.
"Non piangere"
le sussurrò debolmente.
"Non fino a quando sarai certa che io non potrò tornare a prenderti"
Sentiva chiaramente che qualcosa stava per spezzarsi dentro di lei. Che da un momento all'altro ogni briciola della sua sicurezza si sarebbe sciolta e lei, come una stupida, avrebbe preso ad urlare dicendo "Non mi separerò dalla mia bambina!".
Ma aveva scelta? Quanto di tutto ciò che era accaduto fino ad allora avrebbe potuto chiamarsi casualità? Fatalità?
Lei e il giovane del carro. Lei e i due gemelli. Lei e Spencer. Lei e...
Con un rigido movimento si tirò in piedi, il braccio che andava precipitosamente ad asciugare le poche lacrime che erano sfuggite al suo controllo. Non guardò l'individuo che le stava alle spalle. Eppure fu proprio a lui che si rivolse in quel tono piatto, rapido e frugale che in qualche modo aveva imparato ad adottare.
"Andiamo"
ripetè -strano che continuasse a pronunciare quella parola tanto perentoria.
"Se restiamo qui finiranno per trovarci" una esitazione. Un ultimo sguardo alla piccola mentre, lentamente, chiudeva la porta della stiva sotto di sé "Lei non piangerà"
Poco dopo erano di nuovo in mezzo al porto gremito di barche. Accovacciati come due ladri e alla ricerca di un luogo ove nascondersi. In lontananza vi erano delle voci di uomini, ma era davvero troppo tardi per curarsene. Entrarono in una pescheria abbandonata, i movimenti senza fiato di Aris che chiudevano una dopo l'altra le porte fino a rinchiudere entrambi in quello che certamente era stato l'alloggio del proprietario. Ansimò collassando letteralmente contro lo stipite.
Ora che era il momento di tener fede alla propria promessa, la ragazza si ritrovò quasi ad avere paura, suo malgrado. Si umettò le labbra, il volto nella penombra che sbiancava di quella luce bluastra ed ovattata che ovunque aleggiava.
"Sarà doloroso"
lo avvertì con voce incrinata. Si voltò lentamente, lasciando che la sua schiena aderisse alla parete alle sue spalle.
"E appena avremo finito ci troveranno e probabilmente ci condurranno da Lui"
continuò avanzando di un passo e sedendosi lentamente a terra. Con la mano invitò Hocrag a fare lo stesso posizionandosi direttamente dinnanzi a lei.
"Ti prego solo di una cosa" lentamente, ella alzò una mano e la posò direttamente sul petto del ragazzo. Rabbrividì quasi avesse toccato ghiaccio puro. Quando la ritrasse, fili di oscurità seguirono il suo movimento dalla pelle di lui a quella di lei "Quando te lo chiederà, non dire il Suo nome."
Detto ciò si sporse verso il ragazzo e, occhi negli occhi, lo baciò.
Non dire il Suo nome, altrimenti non sarà Lui ad ucciderti ma Lei stessa.

KRGH1



Eccoci qui. Scusate il ritardo. In questi giorni sono stata reclutata per "lavori da uomo" che hanno prosciugato ogni mia energia. Scusate.
Finalmente in questo capitolo si scopre l'inganno di Loris, fintamente ucciso giusto per tradire il fratello e guadagnare un poco di potere in più. Dal canto suo Hocrag riesce a mettere al riparo la piccola senza essere attaccato da ogni parte.
Purtroppo per entrambi, questo giro non offre scelte ma -non uccidetemi- è solo perché si tratta di un passaggio obbligato. Per un po', Spencer non si vedrà^^

Goth': Ciò che Aris fa non è altro che compiere -al contrario- l'operazione svolta dalle ombre. Ella preleva direttamente dal corpo di Hocrag l'ombra e la chiude nel proprio corpo. Per fare ciò, però, ella deve rivelare la propria natura, mostrare cioè le sembianze che normalmente ella tiene nascoste. Durante il trasferimento, Aris dunque perderà i propri tratti per velarsi di un'aura nera che la renderà irriconoscibile salvo per i contorni umanoidi della sua figura. I suoi occhi si tingeranno di una nera patina nella quale Hocrag sarà in grado di percepire chiaramente l'abisso già provato durante l'incontro con Chimerés. Non potrà sottrarsi al bacio ed impotente si vedrà presto circondare da un'aura oscura e fitta, mille scintille nere a simulare il vero e proprio fratturarsi della realtà ed infine, un grido cieco, acutissimo: in questo caso, è la voce dell'ombra che viene distrutta da Aris.
Dopo questo, purtroppo, il suo perdere completamente i sensi nel sopraggiungere -rumore di fondo- di alcune voci. Al suo risveglio, si ritroverà legato con catene ad un ceppo in una cantina maleodorante di pesce. Solo. Attorno a lui una folla silenziosa di pescatori intenta a scrutarlo con ostilità. Tutti loro sono convinti di aver preso il "ragazzo" di cui parlava il Sindaco, ma essendo uomini "di mare" -molto superstiziosi e legati alle faccende di fantasia- temono che Hocrag sia una specie di spirito maligno incarnatosi in uomo. Fra le righe -e le mille domande- Hocrag riuscirà ad intuire che Aris ha ripreso le proprie sembianze umane e viene tenuta sotto chiave da qualche parte, ancor più temuta di lui. I pescatori sono incerti sul decidere chi dei due sia l'assassino, ma per sicurezza si sono limitati ad andare a chiamare la Banda del posto (i DentiMozzi) per evitare di dover scortare entrambi. Hai poco tempo prima che i DentiRotti arrivino, quindi a te impostare un dialogo -o un'azione- per scappare/tentare di mettere in salvo Aris o anche solo te stesso. Il posto in cui entrambi sono stati rinchiusi è probabilmente un deposito per il pesce da mettere in conserva, parecchi metri sotto terra e raggiungibile solo attraverso un'unica entrata -scale-. Dentro la stanza si trovano una mezza dozzina di uomini armati (energia bianca) più altrettanti fuori di guardia. Sono intimoriti e facilmente suggestionabili.

Strange: Ecco qui la resa dei conti. Con una sorta di orribile impresa alla anti-eroe, Martin riesce a creare il diversivo adatto affinché Edwin riesca a prendere in ostaggio il Capo delle guardie e trascinarlo a forza fuori dalle mura del Municipio. Solo grazie a questo la guerriglia scatenatasi all'interno della stanza ha fine riportando meno morti del previsto. Edwin è ferito, ma ora come ora la sua ira è tale da indurlo a trascurare qualsiasi dolore. A te il farglielo notare o meno. Fortunatamente la saggezza dell'uomo è tale da non indurlo a pensare che l'azione di Vrael fosse complice di quella del fratello, ma una volta lasciato il Capitano, i suoi intenti sono palesi: uccidere il fratello e con lui, se possibile, il Sindaco. In ragione di questo corre immediatamente alla vecchia base per trovare alcuni superstiti all'attacco: purtroppo solo pochi uomini si sono salvati nascondendosi mentre la maggioranza degli altri sono gravemente feriti o morti. Edwin riesce a recuperare una ventina di uomini prima che la base venga invasa da una cinquantina di uomini armati: sono di DentiMozzi che, alleati al Sindaco nella lotta all'assassino, sono stati informati dell'attacco sferrato al Municipio e del sequestro del capo delle guardie. Fra di loro, il capo della fazione Morghen, un burbero uomo di mezza età dai capelli rosso fuoco e i bicipiti scolpiti dal lungo lavoro. E' un uomo grossolano e spiccio, dedito all'alcool e alle buone compagnie. Le due fazioni sono da sempre rivalissime fra di loro, per cui è importante fare attenzione: lascio gestire a te le parole che Edwin -e anche Vrael- dirà per convincerli a non farli fuori/prigionieri.

Per entrambi Questa scena non dovrà essere gestita autoconclusivamente. Si tratta di una parte puramente gdr quindi avrei bisogno che voi mi scriviate esattamente cosa avete intenzione di fare e dire così che io costruisca con voi la scena. Fate pure domande sull'ambiente, le persone, il numero di tizi, le condizioni dei tizi, la planimetria e quant'altro. Visto l'arrivo del Torneo e l'inizio delle scuole: 5 giorni per postare più possibili proroghe.


Edited by Eitinel - 4/9/2012, 17:54
 
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view post Posted on 9/9/2012, 12:22
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—e la sensazione che un grido ti stia lacerando aumenta sempre più mentre la donna posa le tue dita sulla tua pelle e i tuoi occhi iniziano a vedere nero e nient'altro—una parte di te vuole scappare ma sai parimenti che devi resistere—una parte di te sta passivamente immobile ad aspettare il proprio destino—il tuo corpo si sta dividendo e si sta spaccando—occhi spalancati nel vuoto—sporgersi verso il frantumarsi dell'oblio—lo spazio non esiste—sembra non esserci nulla intorno—è bianco—eppure hai l'ombra davanti—è quella che avevi dentro—è ARIS—ti osserva e ti ingloba e tu senti come morire ma vorresti provarlo davvero questa è la transizione di un'esistenza che se ne va e tu rimani immobile con il tuo involucro e a bocca aperta perché non sai come altro osservare la donna che hai davanti che in realtà è solo una massa informe d'ombra e che ti GUARDA prima di sentire una voce straziante e un urlo (lo stesso di prima) ampliarsi e raggiungere livelli estremi, mentre anche in te cresce la rabbia e la frustrazione e vorresti uccidere la ragazza uccidere uccidere uccidere te stesso e uccidere mentre l'urlo continua e il tuo cervello sta per esplodere—(fischio lacerante e acuto)—ma tutto passa e capisci di non essere tu, che tutto quello non esiste, che i sentimenti non sono tuoi, che le gambe non ti reggono più, che il tuo corpo ha bisogno di cadere in avanti, che la tua mente smette di pensare e che i tuoi occhi si chiudono, in questo istante, sul freddo pavimento.

Ti rendi conto di non essere nulla più che un sospiro, lo stesso che le tue labbra esalano stanche, nelle mani di qualcuno che non sei tu, che non vedi, forse percepisci—c'è un che di piacevolmente pacifico nell'osservare te stesso privo di qualsiasi sentimento o emozione, un vuoto senza possibilità di scelta, senza poter anche solo pensare di vivere. O di morire. In fondo, in entrambi i casi, di decidere. E ti rendi conto di vibrare nel vento come una foglia, ma nello stesso tempo essere sia la foglia che il vento che la scuote. E passa tutto, come il sospiro che esali, e una giornata d'autunno, tingendo le foglie brune il paese, tutto è buio. Di nuovo, il nucleo della tua essenza che ribolle inappagato.
E si placa nel nulla.

(movimento involontario delle pupille che si muovono ininterrotte, rumore di passi, urla concitate—)

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Poi c'è il risveglio. L'aprirsi delle palpebre, come rinascere, ancora una volta. Niente oscurità davanti a sé. Alcun desiderio di sangue e di morte. Essere in pace con se stessi. Muovi un braccio, ma non ci riesci. Apri del tutto gli occhi, nel sentirti allora legato, mentre inizi a percepire ora la corda che ti circonda e ti stringe il petto, nonché i polsi. E intorno a te numerosi uomini armati, alcuni che ti guardano, strani, alcuni che si muovono in tondo. Nervosi. Provi a scuoterti, a muoverti, ma i nodi sono fatti relativamente bene. Alcuni notano i tuoi movimenti, vedono che sei sveglio. E percepisci in loro paura. Paura di ciò che non si conosce, la paura del buio.
E dell'oblio contenuto in te.

« Rimani fermo, non provare a scappare. »

Sono visibilmente incapaci a gestire un prigioniero, a giudicare dal nervosismo con cui si muovono, febbrilmente, e alla tensione che percorre i loro corpi come una scossa ininterrotta; però a quanto pare i nodi li sanno fare bene. L'unica cosa che sai di loro. Sono stretti, abbastanza per non riuscirli a sciogliere con la forza, ma non troppo da bloccare la circolazione sanguinea negli arti. In effetti ti chiedi che fare. Per la prima volta da molte ore ti senti padrone del tuo corpo. Tutto quello che succede intorno è percepito dallo sguardo e dal pensiero ... ma ti prende ora un colpo al cuore. Non c'è nulla nella tua anima, nella tua esistenza. Tutto tace, nell'osservare meramente gli altri e ciò che gli altri provavano—ricordi passati riaffioravano pesantemente e con forza—. Sei tornato come prima, grazie alla ragazza. O a causa della ragazza—non avresti potuto far nulla per opporti a lei—in mano di altri, in balia del desiderio altrui—. Inizi a tremare, eppure non c'è per niente freddo nella stanza. Solo un forte odore di mare. Devi chiedere ad Aris. E ti ricordi di lei come una sorella, come una persona che hai sempre conosciuto, tanto da dimenticare il momento in cui vi siete incontrati—e ti ricordi di lei come un nemico, qualcuno che ha tolto da te l'unica cosa che, piano, ti faceva vivere—(attraverso la morte di altri)—solo questo ricordi e la bambina abbandonata non rientra nei tuoi pensieri, non più— e cerchi la donna con lo sguardo, senza trovarla. Non è in quella stanza, ma la percepisci non troppo lontano, con difficoltà, stava male, devi vederla, devi chiedere di lei, devi —(tornare come prima)

« Dov'è la ragazza? »

Al che gli uomini si guardano intorno con fare circospetto, come possa sbucare da un momento all'altro, dal tetto o dalle pareti, piuttosto. Erano più che preoccupati. Erano terrorizzati. E uno di loro ti risponde subito, per cercare di metterti a tacere. Ma l'unica cosa che ti rimane della realtà è la parola e il corpo. Non posso toglierti anche quello. Non ne hanno le capacità e la forza.

« Non rispondiamo alle richieste di un — »

Si ferma a metà della frase, apri gli occhi. Cosa voleva aggiungere? Cosa sei ai loro occhi? Vuoi saperlo, vuoi chiederglielo, ma forse sai la risposta. Vuoi chiederglielo forse per osservare come il loro sentimento verso di te equivale al tuo sentimento verso te stesso.
Sei un mostro, obliato, questo pensano di te.



Il problema era tuttavia un altro: non lo era più. E la consapevolezza di questo portava con sé un sentimento di rabbia, di frustrazione per lui che non poteva provare emozioni. Non si mosse, ma voleva liberarsi. E le persone con le armi spianate non facevano altro che stare in piedi, muoversi intorno a lui, fare la guardia. La guardia per cosa? Doveva arrivare qualcuno, sicuramente. Qualcuno che sapeva cosa fare, più di loro, perlomeno. Hocrag era curioso di osservare chi fosse. Loro erano troppo spaventati, non avrebbe ricevuto altre risposte. Ma provò lo stesso.

« Cosa state aspettando? »

Non diedero traccia di averlo sentito parlare, tanto che persino lui stesso dubitò di aver pronunciato un pensiero articolato. Respirò piano, abbassando lo sguardo, le pupille scomparendo nel candido degli occhi. Sì, ne era sicuro, sarebeb arrivato qualcun altro. Sorrise, e li guardò. Sperò che notassero l'assenza anche dell'iride, da ora, nei suoi occhi. Solo bianco, che li guardava. Un'espressione neutrale—la parola di un dio, quasi. Il tono divenne solenne.

« Io non sono chi voi cercate. Tuttavia stanno per arrivare i miei padroni, riesco a sentirlo, a cui non piacerà trovarmi in queste condizioni. Vi uccideranno, o mi ordineranno di farlo. Potrei farlo anche adesso, ma non siete miei nemici, come non lo è la ragazza che avete, come penso, catturato. Liberatemi, prima del loro arrivo, e posso salvarvi dalla fine certa cui siete andati incontro interrompendo ciò che stava succedendo prima del vostro arrivo. O le conseguenze saranno terribili—e lo stesso vale per la ragazza. È la scelta giusta da fare. L'unica che vi può salvare ormai. »

L'avrebbero sentito? Fino alla loro risposta, un solo pensiero solcava la mente del senzavita.
Voleva tornare a desiderare la morte degli altri, e il loro sangue sulle labbra.
E dentro di sé, a questo pensiero, il suo cuore sorrise.





hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 70%

Attive utilizzate nel turno. »

Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo, le sue parole inducono a credergli e dargli fiducia, fa danno psion un livello superiore e danno fisico un livello inferiore.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Dopo essere stato "esorcizzato" dall'ombra, "grazie" ad Aris, Hoc si risveglia ritrovandosi legato. "Capisci di desiderare davvero qualcosa solo quando l'hai persa": questa è esattamente la spiegazione di ciò che succede ad Hoc. Non sente più dentro di sé l'ombra, il che gli dà un senso di rabbia e frustrazione, perché voleva tornare ad essere vivo come lo era prima; vuole tornare a desiderare. Quindi cerca Aris e non la trova; alcuni pensieri e alcuni tentativi di dialogo, quindi prova a convincere gli uomini a slegarlo, supportato dalla propria passiva che induce gli altri a credere alle sue parole. Non avendo più l'ombra, torna ad essere più razionale e meno istintivo di prima: ma vuole tornare ad essere vivo, se vivo si può definire lo stato indotto dall'ombra. E per questo deve trovare Aris, prima che le succeda qualcosa.
 
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view post Posted on 9/9/2012, 16:27
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永久の美
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Cercò di regolare il respiro, mentre percepiva il battito del proprio cuore finalmente decelerare, una mano davanti alla bocca ad eliminare importuni grumi di sangue e saliva reduci della precedente battaglia. Gli venne quasi da ridere, pensando a come quel ragazzino -forse persino più ragazzino di lui- aveva totalmente rivoltato l'esito di una battaglia probabilmente disperata e potenzialmente suicida ... sarà che nemmeno il nemico si aspettava da lui un simile gesto. Eppure li aveva salvati tutti, o quasi, da morte certa; nonostante tutto, l'Elfo si ritrovò a provare per lui gratitudine, mentre gli arrivavano a distanza le parole di Edwin e dello spocchioso capitano che credeva d'averli nel sacco. Poi la notizia tanto inattesa e malfamata, di seguito lo schiocco violento di un pugno sul naso. Loris ... un traditore; lui che era a tutti parso come la prima nobile vittima di quella ingiuriosa congiura, altro non era che il più viscido, il più ignobile degli ingannatori. La bile cominciò a farsi sentire assieme a sangue e saliva. Poi la certezza: In un certo senso, era tutta colpa sua.
Si voltò rapido verso Edwin con in volto una maschera di ansia ed apprensione, ma non poté nemmeno iniziare a parlare che l'altro chetò ogni sua preoccupazione. Lui non era come gli altri, lui non si faceva prendere dall'ira distruggendo ogni cosa sul suo cammino; lui "Sapeva riconoscere un vero tradimento quando lo vedeva".
Ma non era messo bene, non lo era affatto. Le ferite che aveva sanguinavano copiosamente ed il suo incedere non era più spavaldo e sicuro come lo era stato fino ad allora. Ma nessuno si pose davanti alla sua strada. Gli altri Crostascura, scossi, spaventati o semplicemente feriti tanto quanto il proprio capo se ne stavano silenziosi ed irrequieti, incerti su quale sarebbe stata la loro prossima mossa e spaventati da ogni evenienza, ogni più piccola incognita. Martin in particolare se ne stava rincantucciato a terra, schiena al muro e tentava di fermare i tremori che di tanto in tanto percorrevano tutto il suo corpo cingendosi in un abbraccio, le nocche che sbiancavano tanta era la forza con cui stringeva la manica strappata dell'abito. Non avrebbero potuto andare da nessuna parte in quelle condizioni, pochi, affaticati ed atterriti dalla notizia appena ricevuta.
Vrael raggiunse Edwin ponendosi fra lui e l'uscita della minuta galleria in cui si trovavano, sguardo serio e l'espressione sufficientemente risoluta da riuscire a tenere testa a quella più-che-convinta dell'altro uomo.

« Non un altro passo "Edwin il Clemente" »
Cominciò con tono falsamente serioso,
in un tentativo senza speranza di alleggerire l'atmosfera ancora satura di rancore e disprezzo.
« Sei un uomo intelligente, sai meglio di me che non è questo il modo in cui riusciremo ad ottenere una vittoria. »
Sorrise dentro di sé.
In quelle condizioni, dubitava perfino di ottenere un mezzo-pareggio.
« Guardati! Non sei più in grado di reggere una simile pressione. »
Puntò gli occhi color ambra in quelli profondi ed avvenenti di Edwin, sperando che non commettesse follie e che, per una volta, fosse lui a lasciarsi convincere.
Avrebbe dovuto capirlo: se per disgrazia lui fosse caduto, tutta Neirusiens sarebbe stata perduta.
E non ci sarebbe stato più uno ieri, un oggi e un domani per la gente che tanto strenuamente aveva difeso. Solo inganni, solo abusi ... solo morte.
E nessun Edwin il Clemente a tappare le falle di una società in ormai irrefrenabile declino.
Cercò di far trasparire tutto questo attraverso quello scambio di sguardi, di volontà e di emozioni.
Ma ancora una volta, l'uomo di Neirusiens si dimostrò due passi avanti a lui.
« E chi lo farà se non io? Mh? Tu forse? O Martin, o Largh? »
I suoi occhi spaziarono nei dintorni, posandosi prima sul volto dell'Elfo, poi sulla figura fragile e tremante del ragazzino, infine su uno dei suoi uomini più avanti con l'età.
Ed era chiaro cosa intendesse: a tutti loro mancava qualcosa per essere a capo dei Crostascura. E non si parlava di esperienza, di coraggio, di carisma ... era un qualcosa in più che l'uomo aveva e che gli altri da lui indicati no. Una sensazione di fiducia, di affidabilità ... questa era la vera forza di Edwin.
Nel momento del bisogno, lui avrebbe saputo cosa fare.
« È inutile perdersi nei sogni e nelle fantasie.
Se non agiamo subito, sarò come aver già accettato la vittoria dell'avversario.
E non lo faccio per Loris, per vendetta; non solo, almeno.
Come tutti voi desidero dal profondo del cuore uccidere colui che ci ha traditi, ma sono maturo a sufficienza per capire che la posta in gioco è molto più alta.
... E voi?
»
Silenzio.
Tutti, lo sapevano, in cuor loro.
Aveva ragione, come sempre.
Vrael abbassò lo sguardo e si fece da parte, biascicando incoerentemente poche parole su come "si preoccupava solo per lui", ma l'uomo si limitò a mettergli una mano sulla spalla, prima di avviarsi di nuovo verso l'uscita.
« Non ti preoccupare per me ... se verrà il momento in cui la mia vita sarà a rischio, sono più che sicuro che sia tu, che Martin, che Largh accorrerete in mio aiuto.
... e non sarò mai realmente in pericolo, a meno che non lo vorrò io stesso.

Ora andiamo, dobbiamo racimolare quanti più uomini possibili ... è probabile che si stia giungendo al finale di questa oscura faccenda.
»

L'immagine che si presentò loro davanti una volta raggiunto il covo fu in una parola "oscena". Sangue, sangue fresco sparso ovunque, a gocciolare dagli angoli e dagli spigoli come umidità condensata; e a terra, solo una mare di cadaveri, di corpi riversi al suolo uno sopra l'altro in un puzzo mefitico di sudore e lacrime. Sparuti lamentii ad accogliere il loro ingresso forse fin troppo tempestivo.
Non ci fu bisogno di scorgere il volto di Edwin per capire quanta rabbia lo stesse pervadendo in quel momento, e quella volta davvero nessuno, nemmeno lo spregiudicato Vrael osò rivolgergli la parola. Fu l'uomo che, in un sibilo pieno di veleno, ordinò a tutti i presenti di cercare ovunque, di guardare in ogni angolo ed ogni buco alla ricerca di superstiti. Lui dal canto suo si avvicinò al corpo più vicino, abbassando con solennità le palpebre spalancate e piene di terrore del cadavere. Pochi i superstiti, molti di loro gravemente feriti e prossimi a spirare. Devastazione ovunque: seggiole rovesciate, tavoli distrutti, carte sparpagliate ovunque e ben poche luci ad illuminare quel tetro palcoscenico del tutto privo di vitalità. Poi un leggero scossone, un tramestio sommesso e tutti scattarono sull'attenti, le armi in pugno e l'odio a traspirare da ogni poro; avrebbero ucciso tutti coloro che, stupidi, credevano di poter occupare il covo dei Crostascura! Ma quando i fantomatici topi uscirono dalla propria fogna, si rivelarono essere loro compagni, più codardi o più furbi degli altri, che avevano trovato la salvezza in uno dei molteplici contenitori per la merce del contrabbando. Si gettarono ai piedi del proprio capo, disperati, implorando perdono per la loro viltà e tentando di spiegare, tra i sussulti ed il digrignarsi dei denti, quello che era accaduto. Ma tutt'altro interessava Edwin, si poteva leggerlo nel suo sguardo ... tutti quegli uomini non potevano essere più di una ventina. Non certo il numero più adatto quando si tenta di rovesciare il ruolo di uno degli uomini più potenti di tutta Neirusiens. Ma nel momento esatto in cui l'uomo si decise a pronunciare poche parole di conforto, accaddero molte cose contemporaneamente: la spada di Martin, che ancora teneva stretta fra le dita tremanti, scivolò a terra in un tintinnio cupo; tutti gli sguardi si voltarono verso la fonte del rumore; la porta d'ingresso del covo venne letteralmente scardinata ed un gruppo ben nutrito di uomini armati proruppe negli alloggi dei Crostascura. Avvenne tutto assieme, tutto nel medesimo istante. Quasi al rallentatore.

« Guarda guarda quanti topolini sono sopravvissuti ... »
Fu una voce roca a spezzare la magia di quel momento.
Una voce biascicante, la cui cadenza non era sempre corretta.
Seguirono risate di scherno. Molte risate di scherno.
« Oooh Edwin Edwin ... ma che ti è successo?
Non eri così quando io e te ci siamo visti l'ultima volta. Credo fosse quando due dei tuoi sicari fecero fuori un paio dei miei uomini. Non ci fu davvero verso per ottenere un risarcimento.
Allora eri ritto ed impavido ... ma guardati adesso!
»
Rise. Sguaiatamente.
Ed i suoi uomini risero con lui, come se non volessero fargli capire che, in realtà, ci fosse ben poco di cui essere allegri.
Ma quello non se ne curò, e proseguì nella propria grassa ilarità finché non si ritenne soddisfatto, piccoli rivoli dai bava a scivolare dalle labbra ove alcuni denti mancavano di chiudergli la bocca, un ché di umidiccio a ungergli gli irti peli della barba incolta.
« Oggi pagherete tutte quelle vi abbiamo fatto passare quando ancora valevate qualcosa qui in giro.
Lo sai anche tu, un gruppo di criminali debole non può esistere a Neirusiens.
»
Scosse la testa con teatralità mentre picchiettava con le dita l'impugnatura della grande mazza che si portava appresso.
Edwin lo fissava.
Lo fissava e pensava, freddo come il ghiaccio, totalmente distaccato ed immune ad ogni offesa.
Decise che si era divertito abbastanza e che era giunto il tempo di interromperlo.
« Dimmi ... che cosa ti ha promesso il sindaco, pur di ottenere il tuo appoggio, eh?
Di certo qualcosa di veramente veramente prezioso, se accetti di chinare la testa a lui con il rischio che uno dei suoi boia te la tagli via alla prima occasione propizia.
»
Ancora una volta, la sua parola ebbe l'innato potere di ottenere silenzio ed attenzione.
C'era davvero da chiedersi come facesse.
L'omone tuttavia lo interruppe burbero, dandogli la classica risposta da tutto muscoli e niente cervello.
La risposta di chi non aveva capito affatto che gioco giocasse il sindaco.
« AH! Credi davvero che quel pascià si scomodi per noi dopo aver rivoltato l'intera città?
No, è troppo pigro per certe cose ... e poi, tagliare la testa ai DentiMozzi non è impresa facile!
»
Si batté una mano al petto, nuovamente imitato da tutta la propria compagnia.
Era necessario che si continuasse a parlare, prima che decidessero di smetterla di starli a sentire e gli saltassero direttamente addosso per farli a pezzetti.
Fu Vrael ed immischiarsi -di nuovo- unico dei presenti con ancora un briciolo di lucidità mentale.
« Ma non capite?
Aiutando il sindaco ad ammassare su di sé tutto il potere vi precludete ogni possibilità di truffa, di brigantaggio. È certo che, una volta raggiunto l'apice della forza, egli non lascerà che si continuino liberamente tutti i traffici che da sempre sono la vostra fonte di ricchezza!
»
Affiancò Edwin, le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi e lo sguardo torvo.
L'ingenuità di quei folli attaccati solo ad un profitto che mai si sarebbero potuti godere lo disgustava.
Morghen dal canto suo -così si chiamava il capo dei DentiMozzi- si limitò a sollevare un sopracciglio.
« E questo chi è?
Un altro dei giocattolini dei tuoi uomini?
Siete proprio caduti in bas ...
»
« Non capisci che il ragazzo ha ragione?
Le guardie cittadine hanno già dimostrato la loro linea di condotta verso di noi.
In fondo, chi è che ha confinato te e la tua gente in quel misero "mercato del pesce"?!
Non otterrai niente da tutto questo, solo morte e sofferenza, per te e per i tuoi uomini.
»
Il Crostascura lo interruppe prima che potesse finire di parlare.
Con certa gente, incalzare era una necessità.
« Di cosa sei in cerca?
Ricchezza? Potere? Rivalsa?
E allora faresti bene ad ascoltare tutte le offerte che ti vengono poste innanzi prima di accettare quella che ti capita tra le dita.
»
Edwin sorrise, un che di amaro a tinteggiare gli angoli della sua bocca, il guizzo pacato dei suoi occhi.
« Ecco ciò che io offro a Morghen, valoroso capo dei DentiMozzi, dovesse lui unirsi alla mia causa:
Quando prevarremo, ti assicuro che l'intera zona portuaria di Neirusiens tornerà ad essere sotto il tuo controllo, e che tutti i nostri spostamenti attraverso l'acqua passeranno attraverso la tua giurisdizione.
Inoltre sono disposto a pagarti due volte quello che ti ha offerto il Sindaco ... i Crostascura sono ricchi e potenti, sai che, seppur a malincuore, posso permettermelo.
»
Attese.
Inspirò, espirò.
« E ultimo ... intendo pagare il debito umano che abbiamo con voi.
Una volta che tutto questo sarà finito, io sarò tuo; il mio sangue diverrà tua proprietà.
E certo intuisci il vantaggio di avere me come ostaggio o comunque la gioia di poter abusare di me a tuo piacimento.
»
Molte voci si levarono all'unisono a quel punto; gridolini eccitati dalla parte dei DentiMozzi, urla di disapprovazione dalla parte dei Crostascura; un mescolarsi di voci una sopra l'altra in una confusione senza eguali.
I due gruppi che già si armavano pronti a cozzare l'uno sull'altro.
Da una parte coloro che volevano proteggere il proprio paladino, dall'altra quelli che bramavano di incatenare a sé il suo fato. Quasi all'unisono i due comandanti proruppero in un "Silenzio!" tanto forte ed imperioso da far chetare tutto e tutti.
Fu Edwin che, con rabbia e determinazione, si rivolse ai proprio uomini.
« Silenzio cani! Tutti voi!
Questa è la mia scelta.
Sarà Morghen ora a decidere.
»
Mai si era rivolto loro in quel modo.
Nel suo tono c'era autorità, ma nel suo sguardo una tacita supplica.
Anche per lui non era facile accettare tutto quello.
Ma, a quanto pareva, per amore di Neirusiens, per amore dei propri uomini e per la volontà di raggiungere Loris ed ucciderlo, era pronto anche a quello.
Li fissò di nuovo uno per uno, come aveva fatto poco prima nella stanza del sindaco, i suoi occhi brillanti che silenziosamente chiedevano "Siete con me?"
Non attese che qualcuno rispondesse o altro, il vedere l'intero gruppo chinare il capo fu per lui più che sufficiente.

Si voltò verso Morghen.
« Fa' la tua scelta, dunque.
Un'occasione del genere non ti ricapiterà a breve e così a buon mercato.
Puoi evitare una strage e ricavarne un profitto ineguagliabile.
Dimostra a tutti di avere un briciolo di dignità, e che i DentiMozzi non si piegano alle lusinghe di un uomo che va oltre la corruzione.
»

Vrael

| ReC 300 | AeV 175 | PeRf 75 | PeRm 275 | CaeM 150 |


Energia_78% [(11+11)]
Status Fisico_Danno lieve al volto; labbro spaccato. Danno lieve ad entrambi i polsi + Basso (da impatto) alla testa + affaticamento per la battaglia e danni lievi (Basso).
Status Psicologico_Sconcertato.
Equipaggiamento_Islingr (Riposta)
Albitr (Riposto) 11/15.

Tecniche Utilizzate_


Note_Ultimamente sono sempre sul filo del rasoio, chiedo scusa^^'''
Allora, per prima cosa dico che fino ad ora ho sbagliato segnare le Energie di Vrael, per un mio errore nel confrontarmi con la tabella delle energie. Spero davvero che non influenzi la valutazione e chiedo scusa ç__ç
Inoltre, ho aggiunto all'Elfo un leggero danno diffuso in tutto il corpo per via della precedente battaglia dalla quale non poteva ragionevolmente uscire illeso.
Per il post, mi limito a seguire le indicazioni concordate con la QM nel confronto con i DentiMozzi che mi auguro portino ad un buon esito.
Le offerte che Edwin pone a Morghen (dopo che lui e Vrael gli hanno spiegato i rischi della situazione) sono tre: 1. Giurisdizione sull'intera zona portuaria di Neirusiens. 2. Un pagamento più ricco di quello del sindaco (che Edwin è convinto di potersi permettere). 3. Se stesso.
Mi auguro che sia sufficiente x'D
 
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view post Posted on 17/9/2012, 18:15
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And...bla..Bla..BLA
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bZjyA
Fa la tua scelta. Dunque.
Così straparlava il moscerino. Così sproloquiava quella sottospecie di omuncolo che addirittura osava definirsi "Il Grande Capo dei Bla-bla-bla".
Patetico. Come se trattare fosse stata una delle possibilità a sua disposizione. Come se davvero fra nemici ci si potesse un giorno sedere a tavolino e decidere sul da farsi.
Con un sogghigno, Morghen si portò una mano al volto, le dita callose che passavano per un attimo fra i peli cisposi della barba rossastra lisciandola pensosamente. Eppure, non potè certo mancare di notare, la proposta era allettante. E ghiotta soprattutto considerando le ricchezze che i Crostascura effettivamente possedevano.
E poi avere un pezzo da novanta come Edwin costretto ad abbassarsi al pari di un zerbino e pregarlo di "collaborare" aveva un suo fascino. Un fascino che alcuni avrebbero certamente chiamato -potere-.
Morghen però preferì soprannominarlo Soddisfazione. Un po' perché non conosceva alcun sinonimo di potere abbastanza dotto da rivaleggiare con la dialettica di Edwin. E un po' perché in fondo era quello che sentiva in questo istante dentro di sé. Quasi una sensazione di pressione al petto e un po' giù, proprio nei pantaloni che più di altri sapevano essere onesti in taluni casi.
Così, aspirando per un secondo il fetore del sudore di tutti quei Crostascura spaventati a morte dalle parole del proprio capo, spostò il proprio peso da un piede all'altro, la mano che si spostava dalla barba alla cintura.
"Ho sempre pensato che pregare sarebbe stato il tuo destino, Edwin"
sogghignò lentamente
"Così come guadagnare un'intera fortuna per poi doverla un giorno donare a chi più se la merita. Troppa onestà -tu dovresti saperlo meglio di tutti- non porta proprio da nessuna parte. E non paga"
Fu proprio contento di quelle due frasi. Degne di un grande stratega. Degne di colui che a breve sarebbe diventato l'uomo più potente di Neirusiens. Forse più del Sindaco. Certamente, ed era questa la cosa importante, più di quell'uomo che ora gli stava innanzi.
"Ma non perdiamo altro tempo."
finse un tono pratico per poi, spostando lo sguardo fra i fedeli ad Edwin, concentrarsi un attimo su quello che poc'anzi aveva parlato. Arricciò le labbra. Un ragazzino, ad occhio e croce. Poco meno che un poppante ancora puzzolente di latte. Probabilmente quella spada gliel'aveva regalata la sua balia insieme al cavallino di legno e la bambola di pezza. Schioccò la lingua per poi, con un cenno del capo, invitarlo a spostarsi al proprio fianco.
"Tu, ragazzino" il suo alito aveva il vago sentore del pesce rancido "Vieni qui e fai in modo di restarci fino a quando non te lo dirò io"
Era un ordine. E come tale Morghen si aspettava venisse eseguito all'istante. Sorrise ad Edwin.
"Con permesso. Potrai anche essere mio socio in affari, ora, ma non per questo è mia intenzione essere così stupido da considerarti un amico"
Detto ciò l'uomo girò sui tacchi e prese a dirigersi verso l'uscita. Pareva sapere perfettamente dove andare, il volto scurito da sole velato da una soddisfazione apparentemente inossidabile.
Apparentemente, appunto.
Nell'esatto istante in cui due uomini fecero la propria comparsa da un vicolo in ombra, i volti stravolta da una tensione palpabile, anche Morghen fu costretto a sostituire il suo trionfo con una nuova, ineluttabile, preoccupazione.
"Signore!"
Uno dei due aveva sporchi capelli biondastri, una zazzera arruffata che la diceva lunga sulla sua igiene personale.
"Abbiamo catturato la Strega! Quella che il sindaco stava cercando!"
Per un secondo gli occhi di Morghen brillarono di una luce tutta nuova. Ma per fortuna, per fortuna, nemmeno lui era così tanto stupido. Quei due avevano degli sguardi troppo terrorizzati, troppo ansiosi per non poter intuire che ci fosse stato sotto qualcosa.
"Questa donna aveva con sè una bambina?"
Il ragazzo alla destra del primo ebbe un singulto sordo. I due si guardarono un attimo, e quando tornarono a fissare il loro capo fu chiara la risposta che avrebbero dato.
"E allora come fate a sapere che è proprio lei la Strega?"
Questa volta era stato Edwin a parlare, la sua figura comparsa da dietro le fila in silenzio. La reazione di Morghen fu tanto immediata quanto imprevedibile. Con un solo movimento di mano centrò in pieno viso l'altro così forte da schiantarlo a terra. Tornò dunque a rivolgersi ai propri sottoposti.
"Perdonatelo" disse quietamente "Non aveva ancora capito chi fosse il capo, qui."
Il biondo gli rivolse un'occhiata atterrita ma poi continuò.
"L'abbiamo trovata intenta a compiere una terribile magia" replicò tremante "Stava rubando l'anima ad uno spirito malvagio"
"Spirito?"
la voce di Morghen parve alzarsi di un paio di ottave.
"Si" annuì l'altro "Con lei c'era un uomo. Quando li abbiamo presi lui era come morto, ma i suoi occhi erano neri e spalancati. Abbiamo pensato che era l'altro tizio che tutti cercavano così l'abbiamo preso."
Il ragazzo scambiò un'occhiata all'altro, incerto su come continuare. Evidentemente quella non era la parte peggiore. Deglutì poi riprese.
"Però non era morto" attorno a lui si alzarono dei mormorii spaventati "Anzi. Il bastardo si è come svegliato improvvisamente e ha preso a minacciarci. Lui sentiva tutto quello che accadeva nella casa. Sapeva che stava arrivando qualcuno. E ha detto che quelli li ci avrebbero ammazzato o gli avrebbero ordinato di ammazzarci se non lo lasciavamo andare".
Per quanto recondita, Morghen ebbe la chiara sensazione che qualcosa di terribilmente sgradevole sarebbe ora uscita dalle labbra di quei due. Qualche pessima notizia. O qualche manifestazione di incredibile, intollerabile, ingiustificabile incompetenza. Chissà perché, fu colto dal desiderio di schiaffeggiarli entrambi in misura preventiva.
"Lucas ha perso la testa" Ecco. Infatti. "Ha detto che spostandoci non ci avrebbero trovato -i tizi di cui parlava l'uomo- così gli ha spaccato la faccia con una pala ed è corso a prendere la donna." deglutì a vuoto, ben conscio dello sguardo che in quella ricevette dall'intero gruppo "Non so cosa le ha fatto. So solo che ad un certo punto tutta la casa ha cominciato a tremare e lei si è messa a strillare come una pazza. Non ho mai sentito una cosa del genere. Era come se qualcosa ti azzannasse le viscere per poi strappartele fuori a suon di vomito" si leccò le labbra nervosamente. Probabilmente la memoria era ancora vivida.
L'altro, magnanimo, gli venne in aiuto.
"Poi si è fatto silenzio e lui se n'è uscito tutto grondante di sangue dalla stanza con la donna svenuta sottobraccio. Forse le ha tagliato la gola. Non lo so, io stavo ancora vomitando." "Anche io" aggiunse l'altro.
"Dov'è andato?"
Il ragazzo ansimò.
"Al Pilastro, dove il Sindaco ci aveva detto di andare. Lucas ha detto che ci avrebbe portato di persona la Strega da lui"
Il volto di Morghen si accese improvvisamente di una sfumatura scarlatta. Dovette far leva su se stesso per non pestare a sangue quei due. Per non far loro pagare la propria imbecillità ed al contempo il coraggio di venirgli a riferire ognuna di quelle scempiaggini.
"E il mostro?"
chiese asciutto
"Noi siamo corsi qui subito ad avvertirvi mentre qualcun altro è andato dietro a Lucas. Quando ce ne siamo andati lui era incatenato bene al muro e Hans e gli altri stavano decidendo cosa fare."
Quindi non avevano hanno la più pallida idea. Per quel che ne sapevano ora il tizio avrebbe potuto aver già fatto fuori tutti quanti ed essersi ripreso la ragazza in un battito di ciglia. Fantastico. La punizione di Morghen fu rapida ed indolore, un movimento appena avvertibile di lama e pugnale che lasciò in silenzio i presenti fino al nuovo parlare dello stesso. Pareva che la saliva gli si fosse seccata tutta d'un colpo perché si sentì la bocca impastata nel prendere fiato. Forse era rabbia, forse era fastidio. O forse la vacua sensazione che vi fosse del vero nelle parole dei due. Nel loro sproloquiare di mostri e Streghe. E anime risucchiate. E nero di occhi.
Anche lui aveva visto il cadavere nella sede dei Crostascura. Anche lui aveva notato lo strano fenomeno che accompagnava la morte di ogni abitante di Neirusiens. E a guardarlo, anche Edwin pareva aver colto il nesso ben più -dannazione a lui- di quanto non fosse possibile a Morghen. Mente astuta la sua. Fin troppo per i suoi gusti.
Prese dunque fiato, ancora, e questa volta si decise a sobbarcarsi il ruolo che a forza si era ritagliato nell'intera faccenda.
"Il gruppo dei Crostascura andrà a vedere che diavolo è successo in quella casa. Se c'è il tizio, affrontatelo e portatemelo vivo -non importa come-. Se non c'è trovatelo. I miei uomini invece verranno con me al Pilastro a riprendersi la ragazza" una pausa, giusto il tempo di riflettere "Tu Edwin verrai con me. Non voglio correre rischi di alcun tipo con te."

OOO

"Dannazione! Hai visto come ci guarda? E se a quello gli partono i cinque minuti e ci fa secchi tutti?""Che diavolo facciamo? Io con questo qui non ci sto!!""Gli ordini erano di non muoverci e di fare la guardia al prigioniero!""Da morto so io a chi farai la guardia, imbecille! Ma non vedi che potrebbe spaccare quelle cavolo di catene semplicemente col pensiero?"
Con un movimento stizzito Hans fece schiantare la propria spada sul tavolo di quella misera stanzetta. Di piatto. Un rumore sordo che in un solo istante bloccò tutti gli altri dalla propria affannosa discussione insensata. Ansimò affannosamente, Hans, il volto velato da una patina di sudore ora mortalmente pallido, quasi cadaverico.
Non era un tipo coraggioso, Hans. Ma almeno il senso del dovere ce l'aveva. E Morghen aveva detto di ASPETTARE. E non fare niente. E di certo non di uccidere i prigionieri o menomarli. O scappare come dei conigli. O piangere come delle donnicciole.
Quindi lui...
"State zitti!"
imprecò ruvidamente. Sentiva il gusto del sangue in gola per quanto poc'anzi si era morso le labbra dal dolore.
"Sono stanco di sentirvi bisticciare come dei lattanti."
"E io sono stanco di sentirti fare il capo, Hans"
replicò un uomo di media età, alto quasi fino al soffitto e scuro come la pece.
"Sono stanco di sentirti blaterale quasi fossi tu e non Morghen a doverci comandare. Se io ora dico che me ne vado, e che la situazione si è fatta davvero troppo pesante per i miei gusti, allora andarmene è esattamente ciò che farò. E non ti ci provare a fermarmi, caro. Sai benissimo quanto sono bravo con questo maglio senza che io debba spiegartelo"
"Sei solo un vigliacco!"
Lo apostrofò un ragazzetto poco distante. I suoi occhi avevano una insolita tonalità verdastra simile al muschio. Nel chiarore del focolare parevano brillare di una tiepida luce.
"Cosa hai detto?"
"State calmi voi due. Non è nelle mie prerogative infilzare entrambi da parte a parte"
Era stato un altro a parlare, un uomo al cui fianco poggiava una spada bastarda dalla rozza fattura.
"Credo che la sola cosa che saresti capace di infilzare è la tua testa vuota, Gray" fu la replica dell'uomo scuro "Quando invece quello che dovremmo far fuori è questo mostro malefico!" dicendo quello puntò il maglio contro il prigioniero che, incatenato, sedeva in un angolo della stanza.
"Ho detto che non si farà fuori nessuno! Non erano questi gli ordini!" la voce di Hans si strozzò nel gridare. Il nero gli scoccò un'occhiata furiosa "Quello ha detto che ci avrebbe ammazzato. Io me ne frego degli ordini!"
"Te ne freghi anche della mia spada?" rimbeccò l'altro uomo poco distante.
"Io me ne vado"
decretò il ragazzetto girandosi all'improvviso ed imboccando la porta poco distante. Gesto che venne intercettato da Hans che con un balzo lo bloccò per un braccio.
Gesto che, sfortunatamente, venne colto anche dal nero che in un sol attimo si girò in direzione del prigioniero.
"Anche io me ne vado"
concluse alzando il maglio per prendere lo slancio. Alle sue spalle, il baluginare ampio di una spada bastarda.
"Ma non prima di aver risolto questo spiacevole contrattempo"

1q4wi



Ed eccomi qui^__^ Scusate il ritardo mal l'apertura del Torneo è stata fatale.

Hocrag: Per te una situazione difficile. L'uomo scuro è una energia verde e, preso dalla situazione, pare fermamente deciso ad attaccare Hcrag malgrado questi si trovi ancora in catene. Le catene gli permettono di alzarsi e spostarsi per meno di un metro ma, a meno di utilizzare qualche stratagemma, non si romperanno con la semplice forza. Le chiavi le ha Hans, anch'egli energia Verde e deciso ad attaccare solo se Hocrag tenterà di scappare. Il ragazzo è una gialla, attaccherà solo se attaccato. L'uomo con la spada bastarda è una Verde, e attaccherà solo se attaccato. Questa la situazione. A te decidere come gestirtela. Nel caso in cui deciderai di attaccare puoi gestire il combattimento autoconclusivamente.Fuori dalla casa Hocrag potrà facilmente notare la scia di sangue lasciata da Lucas. Potrà decidere se seguirlo o se andare per una strada diversa. Dimmi cosa intendi fare.

Strange: La situazione è critica. Edwin è costretto a seguire per filo e per segno gli ordini di Morghen senza alcun diritto di replica. A seconda di come si comporteranno i Crostascura nel recupero di Hocrag il comandante dei DentiMozzi agirà nei confronti di Edwin. Ora dinnanzi a te si apre la possibilità di andare con il gruppo dei Crostascura o restare con i Dentimozzi. Scrivimi in confronto la tua scelta.

Esiziale: Bentornata!! Sono felicissima di riaverti con noi. In base agli spostamenti "comandati", l'ultima azione di Spencer è stata quella di trarre in un vicolo Ahren per nasconderlo dalla folla inferocita. Ella infatti aveva sentito le voci e, un po' per curiosità, un po' per istinto, aveva deciso di seguire la cosa più da vicino. Bene. In quel contesto, Ahren racconterà per filo e per segno le parole del Sindaco, descrivendo inoltre la donna che tutti cercano: Aris. La cosa migliore per entrambi sarebbe fuggire alla svelta da quel vicolo e raggiungere Hocrag e Aris al Porto ma proprio allora tre uomini compaiono nel vicolo. Sono stati attirati dal parlare di Ahren e, pur facenti parte del gruppo di inseguitori "popolani", sono per certi versi molto più pericolosi: uno di loro ha uno sguardo strano, gli occhi del tutto simili a quelli di Hocrag durante la possessione dell'ombra. Si tratta di una energia verde in quanto a potenza. Dispone di due pugnali. Gli altri due paiono ignari della cosa, e certamente meno pericolosi. Hanno uno una pistola e l'altro un pugnale. Energie gialle. Purtroppo, tutti e tre ti attaccano. Mi servirebbe che gestissi autoconclusivamente le due gialle ma non la verde: descrivimi in confronto cosa avresti intenzione di fare di modo che io possa replicare. Non so se hai seguito un poco la gestione della quest: le varie fasi e scelte della quest le abbiamo gestite in confronto. Mi piacerebbe fare la stessa cosa con te. ^__^



5 Giorni per postare più possibilità di proroghe.
 
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view post Posted on 21/9/2012, 22:39
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L'eco di quella tacita supplica ancora gli rimbombava in mente mentre, accelerando il passo, si apprestava a seguire il folto gruppo dei DentiMozzi che sfilava davanti a lui come una lunga processione di topi di fogna pervasi di fetore. Sin dal principio non aveva creduto a quella sfuriata di Edwin, ma vederlo perdere le staffe, vuoi per la gravità della situazione, vuoi perché in effetti facesse tutto parte di un piano, gli era apparso davvero troppo strano ... inadatto a lui.
Ma oramai credeva di averlo inquadrato a sufficienza per capire che quell'uomo avrebbe fatto di tutto per Neirusiens -chissà poi perché?.
Ma la situazione stava degenerando rapidamente, fin troppo rapidamente, e a quel punto perfino un bambino si sarebbe reso conto che No, qualcosa non andava; non più. Il successo che fino ad allora aveva sorriso sulle loro gesta a dir poco epiche per la rozza, subdola città dei briganti stava lestamente svanendo, mentre affondavano sempre di più nell'abisso del fallimento. L'Elfo non era più conscio di cosa stesse effettivamente facendo ... quando era giunto il momento di scegliere, aveva optato per Edwin, solo per lui. Per quell'uomo così diverso dagli altri che era stato capace di catturare più della semplice attenzione. Non avrebbe saputo dire cosa ci fosse di esattamente differente, ma c'era; Lo sentiva. E tanto gli bastava.
Vedere che il Crostascura davanti a lui non rischiava -per il momento- la vita era un incentivo più che sufficiente per andare avanti, per continuare a rischiare. D'altronde, se mai avesse imbucato un vicolo laterale, se mai si fosse dileguato tra la folla, chi mai l'avrebbe notato? Tutti erano così tesi ed indaffarati che scomparire dalla vista e dimenticarsi quel brutto incidente non sarebbe stato affatto difficile. Ma quel giorno aveva scelto in maniera differente, più matura, perché non si possono sempre lasciare i problemi e gli impicci alle spalle. talvolta è necessario affrontare la situazione di petto. E lui l'avrebbe fatto, se non altro quella volta.
Aveva legato con qualcosa dopo tanto tempo, con qualcosa che esulasse dall'onirico e, forse, dall'immaginario e non poteva permettere che quelle sensazioni così materiali gli scivolassero via delle dita; se le sarebbe godute sino alla Fine, qualunque fosse la Fine che gli si poneva innanzi.
Ma prima che la sua mente potesse procedere in elucubrazioni ancora più profonde che, vista la sua persona, sarebbero certamente scadute nel distorto e nel corrotto, un che di eccitato percorse l'intero gruppo dei DentiMozzi che, da Morghen fino all'ultimo degli sguatteri parve vibrare all'unisono come un un grandissimo tamburo.

"Sangue ... c'è del sangue a terra!
Da questa parte!"

Come al solito la concitazione s'era trasmessa da uomo a uomo, in uno scalpiccio non troppo dissimile da quello di una scolaresca in gita. Tutti accorsero verso la fonte dell'interesse senza pensarci due volte, in una calca che ben presto occupò l'intero angolo di strada ove giaceva la fantomatica macchia cremisi.
"Di là! Ce ne sono altre.
Di qua."

Ironico il pensiero che pervase la mente del giovane, forse perfino con troppa sufficienza.
Il tutto si era trasformato in una meravigliosa Caccia al Tesoro.
Tutto pareva concentrarsi intorno a questi demoni, alla fanciulla posseduta, alle ombre che parevano capaci di spuntare da ogni angolo del creato. Ma nessuno mai vedeva nulla, nessuno sentiva nulla. E chi per primo fosse riuscito ad ottenere il segreto di quelle creature infernali, manchevole marchingegno del Demonio stesso, si sarebbe anche accaparrato il potere perverso che da esse sembrava scaturire.
Il grande ammasso di uomini deviò così di lato, imbucando un percorso laterale come chi, dopo ore di insuccesso, ha finalmente trovato la via.
E non ci volle molto a raggiungere quel fantomatico Tesoro di cui tutti andavano fantasticando ma che pareva essere così sfuggevole.
Ansimante, zoppicante, e tremante, un uomo massiccio fu presto scorto dai più lesti dei DentiMozzi; ed addossata a lui, in una posizione innaturale, stava Lei, l'oggetto di tanto desiderio, di molteplici brame. Ma chi era, alla fine?
E come inchiostro a stillare dalle pagine di un libro, dalla sua ferita non grondava sangue come accadrebbe ad un normale essere vivente, ma uno strano liquido nero simile a pece ... una sorta di oscuro "Icore" che solo incontrata la solida impurità del terreno si tingeva finalmente di quel rosso che gli era ben più naturale, ben più consono.
Vano fu ogni sforzo del fuggitivo di sottrarsi ai propri inseguitori. Da troppo a lungo cercava la salvezza con quel pesante fardello sulle spalle, e la faticava infine aveva cominciato a prendere anche un omone robusto come lui. Ansimava profondamente quando i suoi compagni lo accerchiarono tagliandogli la strada e bloccando la sua folle corsa; la sua pupilla schizzava rapida a destra e poi a sinistra e il suo capo continuava a spaziare in ogni direzione, alla ricerca di una via di fuga.
Fu Morghen allora a farsi avanti, il suo tono burbero a pervadere l'animo di tutti.
« Non un altro passo Lucas ... potrebbe essere l'ultimo. »
Come al solito, non si era certo perso in inutili smanceria o frasi di apertura.
Dritto al punto, come si confaceva ad un uomo del suo "calibro".
« Hai due secondi di tempo per dirmi che accidenti sta succedendo qui ... »
Parole al vento. Quello svitato probabilmente non ne avvertì nemmeno una.
Continuava a muovere quella sua testolina come un uccello in gabbia, strabuzzava gli occhi, emetteva suoni incoerenti. Come se qualcuno si fosse succhiato via la sua mente.
Continuava a blaterare frasi priva di logica e balbettii senza senso, finché Morghen fu capace di riconoscere alcune parole.
"Donna ... ragazzo ... stregoneria"
Poi più nulla, solo un tergiversare senza capo né coda di brontolii bestiali ed sconclusionati gesti delle mani.
Furono ripetuti i tentativi di faro ragionare, così come quelli di convincerlo a lasciare andare la donna. Ma non vi fu verso. Nulla di ciò che gli veniva detto o fatto sembrava ancora raggiungerlo.
In un certo senso, era già bello che andato.
E poi in un secondo, come era già successo molte volte in quel frenetico rincorrersi di eventi già da tempo pianificati e prestabiliti, il mondo si sconvolse.
E poi un grido ... no, "una vera e propria voce ed un'unica nota che alta salì al cielo" spegnendo nel lasso di tempo di un istante ogni luce di Neirusiens. E tutti capirono prima ancora di vedere dei minuti lumini rifulgere nell'oscurità che il messaggio di quello scenario a dir poco raccapricciante potesse essere uno solo:
Stavano arrivando.
E poi si scatenò il putiferio.
Molti urli si sollevarono in risposta al primo, molteplici uomini sguainarono le proprie armi nel medesimo istante, in un tintinnio cupo di corpi metallici che scintillavano nella penombra come lucciole in una notte d'Estate.
Morghen fu il primo a buttarsi nella mischia, dimentico di ogni piano, di ogni progetto. Quello era il suo mondo.
E in seguito ruggiti, gutturali, rochi.
Lo schiarirsi di gola dell'assassino oltre l'umano eppure oltre il bestiale. Qualcosa, come si era già detto, di più.
E poi il Crac di un osso che va in pezzi, ed il tonfo di un corpo che cade a terra esanime, privo di vita.
Lei ... Lei era viva.
E sebbene agli occhi dei pochi che ancora si concentravano su di lei ella apparisse ancora come la bellissima strega che con un solo guizzo degli occhi avrebbe potuto strappar via loro l'anima, la realtà parlava più di un demone della fattezze di donna che con un guizzo degli artigli occhi, avrebbe potuto trucidarli tutti.
Ma non si concentrò su coloro che la fissavano inebetiti e frastornati, tutt'altro. Voltò loro le spalle e con passo non esattamente stabile si diresse verso la direzione in cui l'uomo la stava conducendo, ovunque questa potesse mai condurre.
« Fermatela imbecilli!
Non lasciate che raggiunga il Pilastro!
»
Ancora una volta, la voce supponente di Morghen riscosse i suoi dal torpore dell'incomprensione. Uomini che, però, seguirono lesti il destino del loro compagno. In tre tentarono di avventarsi sulla donna, ed in tre caddero sotto i suoi colpi, che nessuno parve in grado scorgere (perché troppo lesti? O perché si trattava di una stregoneria?).
Ma d'altronde, a Vrael cosa importava? Quella era l'occasione perfetta per trarre in salvo Edwin ed al contempo levarsi d'impiccio. Ci sarebbe stato il tempo di approfondire la conoscenza con la donna magari davanti ad una tazza di the e con delle manette massicce a bloccarle quelle sue appendici assassine.
L'Elfo cercò il proprio comandante con lo sguardo, certo che mai e poi mai si sarebbe lasciato coinvolgere in quella rissa priva di senso. E difatti, come sempre -"fastidiosamente" come sempre- l'uomo lo aveva preceduto, e già si trovava oltre lui, già più avanti nel vicolo, ben distante dal pericolo. O almeno così avrebbe dovuto essere.
Sfortuna volle che, mentre appoggiava un palmo al muro e chinava il capo, come a voler riprendere per un secondo possesso di sé, Lei si muovesse verso di lui.
Non pareva nemmeno farlo consapevolmente, ma le sue intenzioni erano ovvie; fin troppo.
Nessun uomo sarebbe rimasto in piedi se intralciava il suo percorso; indifeso o meno che fosse, ella l'avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
E Vrael si mosse prima ancora che la sua mente elaborasse un pensiero; un qualcosa. Semplicemente, partì all'attacco, con il clangore della battaglia che gli rombava dietro e l'incombenza della paura che gli ronzava nelle orecchie.
Un gesto rapido della mano, e la creatura venne investita da un violento fascio di luce, neri arabeschi a guizzare nell'aria ed a sfrecciare vicinissimi ad Edwin, ancora chino, ancora troppo affaticato per potersi difendere da solo.
Ma il demone si rialzò con facilità, l'unico danno tangibile visibile sul suo corpo i vestiti laceri e strappati all'altezza del fianco; e poi si gettò di nuovo all'attacco, ma sempre contro il bersaglio più vicino. Sembrava che non le importasse chi la colpisse o con che cosa venisse colpita; era come una belva, una sorta di spostato animale che mirava solo a disfarsi degli ostacoli che il mondo le poneva davanti.
Schizzò rapida contro il nemico e Vrael fece altrettanto. Le due figure cozzarono in aria e la forza incredibile della donna sorprese non poco l'Elfo, che si ritrovò presto a terra sotto il peso del di lei vigore.
Fu allora che la fissò negli occhi per la prima volta e poté scorgere in essi due pozzi di nero catrame, profondi come gli infiniti tunnel di Neirusiens e freddi come il ghiaccio. E pure mentre lei stringeva con veemenza i suoi polsi spingendolo a terra con sempre più forza, il ragazzo capì che non l'avrebbe mai vinta con qualcosa di materiale, ma con qualcosa di onirico.
Con l'Incubo stesso da cui ella sembrava provenire.
E mantenendo intenso il contatto fra le sue pupille ambrate e quelle color ossidiana di lei, mentre il sangue tornava a colare fresco dai suoi polsi già logorati dalle corde, riversò in lei tutto il dolore che gli stava provocando, un cipiglio malevolo a trasudare dalla sua espressione concentrata, dal suo tentativo spasmodico di non perdere la concentrazione, l'immagine di cento e più soli a bruciare la sua pelle di tenebra.
Quella era la sua scommessa. Quello il suo tentativo.
Frenare l'indole malvagia di un demone con un dolore che veniva da dentro, dall'anima.
.

Perché era quello l'unico luogo in cui sperava di trovare ancora la donna che ella era stata un tempo ... questo, se mai lo era stata davvero.

Vrael

| ReC 300 | AeV 175 | PeRf 75 | PeRm 275 | CaeM 150 |


Energia_55% [(11+11)] + [(11) + (6+6)]
Status Fisico_Danno lieve al volto; labbro spaccato. Danno lieve Basso ad entrambi i polsi + Basso Medio (da impatto) alla testa + affaticamento per la battaglia e danni lievi (Basso).
Status Psicologico_Confuso, sconcertato da se stesso e da ciò che avviene attorno a lui.
Equipaggiamento_Islingr (Riposta)
Albitr (Riposto) 11/15.

Tecniche Utilizzate_

Twisted Mind
Il non possedere una vera e propria moralità, o un codice etico degno di essere chiamato tale, pur venendo considerato dai molti -dormienti- un vero e proprio peccato, può rivelarsi talvolta un'arma letale, nelle più disparate situazioni. È talmente ridotta la quantità di rispetto che Vrael nutre verso l'altrui esistenza, mero ostacolo alla suo capriccio, che egli non avrà alcuna difficoltà, attraverso il suo discutibile ed indecifrabile modo di fare, ad introdursi nella mente dei propri avversari, per sconvolgerla con una singola, quanto violenta, immagine di dolore, spaesamento o affini (Basso). Inoltre, l'aver vissuto per lunghi anni con questo suo difetto -a detta del senso comune- della personalità, che potrebbe benissimo essere definito cronico, egli ha sviluppato per l'arte delle Illusioni una particolare predisposizione, che gli permette di beneficiare degli effetti di derivazione di tale branca perversa della magia, anche senza necessità di avere un contatto fisico con l'avversario, e con velocità di esecuzione assai superiore alla media (Passiva)
[Dominio Illusionista]


ͽL'Essenza del Chaos
»Come vessillo di questa sua indefinita identità, mista tra Bene e Male, mescolata con essi, ma mai esplicitamente uno dei due, l'Elfo ha sviluppato un metodo che gli consente di liberare la vera natura del proprio subconscio, potendo generare, nelle vicinanze del suo corpo, un flusso energetico dagli sfavillanti toni biancastri, percorso nella sua interezza da intricati arabeschi color della pece. Attraverso tale manifestazione (che sarà da considerarsi Dominio Elementale), Vrael sarà in grado di generare armi, proiettili, sfere, flussi e altro ancora, tutti formati da suddetto elemento. Tutte queste derivate della tecnica dovranno, tuttavia, avere lui -o comunque zone antistanti- come punto d'origine e non potranno perdurare sul campo di battaglia per più di un turno. La potenza del flusso è variabile, direttamente proporzionale al consumo speso per richiamarlo (eventuali tecniche a 360° saranno di un livello inferiore al costo speso).
[Personale - Dominio Elementale - Offensivo]

»Dolore
Quando si ritiene che la tortura fisica sia assai inferiore a quella psicologica, viene da sé che si propenderà sempre e comunque verso il secondo genere. Attraverso quest'infida e fulminea tecnica, Vrael sarà in grado di provocare nella mente dell'avversario una fittizia, per quanto realistica, sensazione di dolore, che potrà concentrarsi in un unico punto del corpo della vittima o diffondersi equamente nel medesimo, potendo anche costringere alle ginocchia il malcapitato, dovesse la sua capacità di concentrazione non essere sufficientemente alta. La tecnica ha natura psionica, e per castarla sarà sufficiente percepire visivamente il bersaglio. In caso egli venga colpito, la tecnica calamiterà gran parte della -se non tutta- sua attenzione, lasciandogli alla fine un danno Basso alla mente.
Costo. Basso



Note_*sbocca sangue* Sì, alla fine ce l'ho fatta a non chiedere proroghe, ma sono comunque in ritardo ç____ç
Sono talmente stanco che non ho nemmeno la forza di chiedere scusa per bene, specie per la scarsa qualità del post in un punto così importante della trama ç___ç
Quel che succede, in breve, è esattamente ciò che c'è da aspettarsi: Vrael rimane vicino ad Edwin, ragionando per la prima volta su come i sentimenti fisici e tangibili che gli provoca stare vicino a lui ed al suo mondo sia qualcosa di a lungo dimenticato (e soprattutto ben diverso dalla sua ossessione per Eitinel o -in parte minore- Ashlon).
Egli quindi segue da vicino tutto lo svilupparsi della vicenda, mantenendo il basso profilo che gli è caratteristico, fino a quando si giunge allo scontro diretto con Aris (che ho sicuramente gestito in maniera pietosa ç__ç).
Fondamentalmente, vedendola caricare verso Edwin, Vrael assale la donna con un emanazione di potenza Media derivante dal proprio Dominio Elementale, sbalzandola via ed allontanandola dal Crostascura. Al suo secondo tentativo si assalto, si getta letteralmente contro di lei (a mo' di scudo umano per Edwin) venendo fisicamente sopraffatto dall'avversaria (che certamente è più forte di lui). A quel punto, con una sorta di pseudo-intuizione, realizza che è futile cercare di ferire la donna sul piano fisico, vista l'aura di misticismo che circonda la sua persona; l'assale dunque mentalmente (attraverso il Dominio Illusionista e la Pergamena 'Dolore') sperando che il suo attacco abbia su di lei una qualche efficacia
 
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view post Posted on 22/9/2012, 14:13
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Sarebbe l'unica cosa che il suo corpo desidera, l'involucro privo di vita che è la sua persona, ma non è più possibile. Non c'è nessun istinto, non c'è nessun sentimento di morte. Eppure gli uomini lì intorno erano chiaramente intenzionati ad attaccarti, o almeno colui che ora, davanti al senzavita, brandiva una spada dal filo lucente, in contrasto con le fioca illuminazione del posto. Sospiri, sconsolato. Le tue parole non hanno avuto effetto, i pescatori -o presunti tali- non si erano spaventati al punto da darti le chiavi e liberarti dalla prigionia in modo civile, per trovare Aris, colei che, unica, poteva rispondere alle tue domande. Che poteva ridarti ciò che ti aveva tolto senza che tu potessi opporre resistenza. All'improvviso, pensando, forse, di fare del bene. O di prendersi l'ombra.
E l'uomo si avvicinò con passo rapido, ma non correndo, come sicuro di sé.

« Dì le tue ultime preghiere. »

Furono le sue parole, forse le sue ultime. Lasciasti che gli occhi incrociassero quelli del nemico, dell'uomo che aveva tanta paura dell'ignoto da uccidere chiunque potesse portare esso vicino a lui. Lo guardasti negli occhi, occhi scuri che si confondevano nel nero della pelle, cerchiati da un bianco che, violentemente, contrastava con tutto il resto. Un bianco fuori posto, un candore dimenticato, dell'uomo quando era bambino; lo potevi vedere persino giocare, allegro per i prati, o più probabilmente sulla nave con il padre, e le sue merci. Ma ora è tutto finito, lui, insieme alle sue speranze e forze interiori. Aveva fatto la scelta sbagliata. E non sempre dalle scelte sbagliate si può tornare indietro. Soprattutto nelle scelte che coinvolgono l'ignoto; e una mente obliata, ad esempio, in un corpo privo di vita.

« Stai sbagliando. »

E l'uomo sentì queste parole, perché i suoi lineamenti si tesero in un sorriso; un sorriso malvagio, tuttavia, che portò via dal suo viso segnato dal tempo anche l'ultimo residuo di bianco che gli rimaneva, nei bulbi oculari. I suoi occhi divennero interamente neri, e cambiarono espressione nel vedere il tuo sorriso—
(o forse era il riflesso del tuo sguardo e della tua persona la causa dell'oscurità lì intorno?)
—il colpo vibrò spaventato, ormai, ma si infranse contro l'aria, e l'uomo fece un passo indietro. Non ti aveva colpito, perché la spada aveva oltrepassato le tue membra. Non avevi il desiderio della morte, ed è per questo che tutti erano ancora vivi; ma volesti desiderare di possederlo ancora una volta—Aris era la chiave—sentimento artificiale—l'obiettivo era lei e dovevi andartene—e le chiavi le aveva l'uomo, che spaventato ti guardava, quindi osservava con lo sguardo il nero che, piano, cercava di fare altri passi indietro—ma non sarebbe andato lontano—talvolta, le scelte compiute sono un punto di non ritorno.
E un suono lacera l'aria, una nota che vibra violentemente come proveniente addirittura da dentro la stanza (ma l'hai già sentita), nello stesso istante in cui apri le labbra che avevano fino a quel momento preso la forma di un sorriso e articoli qualche parola, melodiosa, ad una tonalità più bassa ma percebile all'udito degli uomini intorno, che, impossibilitati a fare alcunché, aspettano timorosi, forse del momento buono per scappare. Ma è troppo tardi. E quando la vibrazione del suono lacerante entra in loro, essi cadono a terra, urlando dal dolore, e tenendosi il corpo che ora si inizia a tingere di un colore scuro. Così anche l'uomo con le chiavi, che pure guarda con occhi imploranti il tuo corpo. Non ti interessa di loro, ma nemmeno vuoi la loro morte. Vorresti desiderarlo, ma non puoi. E tutto per colpa di Aris—devi trovarla, ora—riesci ancora a ricordare il sentimento perduto—

« Liberami. »

E l'uomo si avvicina, strisciando a terra, mentre gli altri non hanno la forza e la volontà di opporsi a lui, ancora. Si stanno contorcendo dal dolore, poiché chiunque lì intorno ha sentito il doppio canto della morte. Arriva vicino, e dopo alcuni tentativi, interrotti da costanti e forti colpi di tosse (tossiva sangue) ti libera dalla prigionia. Ti alzi e ti muovi rapido verso la porta, quando l'uomo, visibilmente spaventato, ti parla.

« Vivrò? »

Per un momento lo guardi, e nei tuoi occhi è percepibile l'assenza di malvagità che ha deciso quelle azioni. Ma è percepibile anche l'assenza di un qualsiasi altro sentimento od emozione che, viceversa, quelle ultime parole dell'uomo dovrebbero suscitare. I tuoi occhi sbattono ancora una volta e distogli lo sguardo, impassibile, correndo alla volta di Aris, seguendo le macchie di sangue a terra. I tuoi occhi sono neri, ma non più per l'ombra che ti alla fine ha abbandonato. Per un tuo desiderio di oblio.

jpqFe



Sotto ai tuoi piedi c'è sangue, e sai già di chi è; speri di essere in errore, ma in realtà non ti importa nulla del suo destino. L'unica cosa che deve fare è rimanere in vita abbastanza a lungo da riparare al danno commesso. C'è un'altra cosa che prende la tua attenzione: intorno è buio. Tutte le luci, dopo il suono acuto che si è dipanato fuori dalla terra stessa, a cui hai aggiunto la tua preghiera, si sono spente; anche quelle dell'abitazione, ma non ci avevi fatto caso (ecco perché l'uomo ci ha messo tanto a liberarlo); intorno a te, innumerevoli occhi ti guardano, e paiono dirigerti nel luogo che già vuoi raggiungere, il più presto possibile.

(sono ombre come te)

E la tua corsa su quel percorso accidentato dura un minuto o due, fino ad arrivare da un gruppo di uomini, qualcuno a terra, qualcuno che stava combattendo, e Aris. Ti fermi. Perché la sua visione ti ha risvegliato sentimenti che non ricordavi.
Vuoi avvicinarti, ma la temi. Ella è ombra, interamente ombra, proprio come eri tu. Vuoi essere lei.

« Aris. »

Forse è sbagliato attirare l'attenzione degli uomini intorno. Forse è sbagliato attirare l'attenzione dell'oscurità che pervade l'anima della donna. Ma devi farlo, pena la perenne esistenza priva di desideri.

(liberami dalla mia assenza)
(prendi il vuoto)




lo stesso urlo riecheggia nella propria testa




hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Ottimale.
Status Mentale. » Oblio.
Energia Residua. » 31%

Attive utilizzate nel turno. »
[...] Che sarà manifestabile in molti modi all'esterno. Forse non tutti visibili dallo stesso Hocrag, ma saprà, eccome, se la magia oscura avrà preso possesso del suo corpo. Il suo spirito sarà intaccato da strani pensieri, pericolosi incubi; la sua già provata essenza sarà di nuovo stravolta, lacerata, rimescolata - per trasformare il senzavita, e continuarlo ad allontanare dalla realtà del mondo esteriore. Ancora di più, se possibile - e ciò gioverà, se non al suo spirito, al suo involucro, al suo flebile corpo. Esso diverrà oscuro, confuso e sfocato, come alienato dalla dimensione del mondo altrui: sarà impossibile distinguerne i movimenti, come sarà intangibile da tutto ciò che non sia una magia, di fatto - in particolare gli attacchi fisici. Sarà l'astrarsi della sua porzione di reale, portandosi in un livello più vicino alla sua essenza - nella sua irrealtà, attraverso l'oscuro squarcio del reale che persisterà in lui, ad attendere, ombra sempre presente, parimenti invisibile. [medio, magica, due turni; sfocatura]
nenia oscura | Finché, in ultimo, non potrà il marchio sprigionare una forza che catturi in sé tutti coloro che si trovano nelle vicinanze del giovane. Questi inizierà a cantare, ma non sarà in realtà lui a produrre il suono, bensì il marchio stesso; in esso si manifesterà il richiamo per le Ombre, e parimenti sarà un canto di morte, per tutte le persone che odono lo stesso canto che avrà, a seconda dei casi, solo due intonazioni diverse. Ma il canto di per sé sarà uguale. E se la nenia avrà l'intonazione della morte, si apriranno ferite da taglio come emorragie interne per alti danni, all'interno del corpo di ogni essere vivente che sentirà il canto, senza che essa possa fare, ormai, alcunché. Perché il canto di morte è uno ed unico. E l'ultima cosa che ciascuno deve ascoltare; o, ormai, l'ultimo suo desiderio. [Psion con danni magici, critica.]


Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia, resistenza ad un Mortale aggiuntivo, le sue parole inducono a credergli e dargli fiducia, fa danno psion un livello superiore e danno fisico un livello inferiore.

Consumo energia tecniche. » [Trentatrè.][Quindici.][Sei.][Due.]
Note. » Dopo che il nemico si avvicina e sferra il colpo con la spada, attivo sfocatura, che mi protegge dagli attacchi fisici; quindi, nel momento in cui sento il suono acuto, attivo Nenia oscura, che causa un danno alto a tutti i presenti (eccetto me); a questo punto Hans non ammette più resistenza e mi libera, dietro mia richiesta; quindi esco rapidamente dalla struttura e mi dirigo verso Aris, seguendo il sangue a terra, attirando poi la sua attenzione, o perlomeno provandoci. È un post abbastanza chiaro, dal momento che l'ombra l'ha abbandonato, ma ormai sono abituato a fare note xD.
 
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42 replies since 24/5/2012, 15:35   1111 views
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