And...bla..Bla..BLA ······· - Group:
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Per un attimo fu come se il mondo, il suo asse, il suo centro, si flettesse. Si piegasse, e nella frazione di un istante vertesse a coincidere come punto di snodo, come vertice primo nella sagoma di quella donna alla carica. Di quel mostro. Di quell'essere che con occhi d'abisso si slanciava, si contorceva, scattava e ringhiava al pari di una belva assassina. Nell'esatto istante in cui ella guardò verso di lui, nel preciso momento in cui i loro occhi si incrociarono, Edwin seppe di avere molto poco per pensare. Molto poco per ricordare. Molto poco, insomma, per vivere. Prese un respiro, contrasse la mascella, strinse la presa sulla propria spada e, il tremito delle membra che mandava a mille il suo cuore, ringraziò. Per quel giorno. Per quella vita. Per i mille patimenti. Per le mille giornate senza acqua e senza pane, passate a brancolare alla cieca da una bettola all'altra nella speranza che qualche buon'anima, qualche uomo di buon cuore gli allungasse uno scarto di pesce, un rimasuglio di minestra, una crosta di pane ammuffito. Espirò lentamente, Edwin, e per quel lungo momento che per ogni uomo precede la morte, ringraziò. Nel suo modo rozzo. Nel suo stile da poco di buono con un'anima. Perché sapeva che non ci sarebbe stata una seconda occasione per quello. Una seconda possibilità per ricordarsi che ognuno, prima o poi, deve giungere a patti con la propria coscienza e decidere -quale triste alternativa- se consegnarsi all'alto o al basso della giostra che di ogni uomo fa il proprio diletto. Dove andrai, Edwin? Dove, il tuo spirito si schianterà mentre venti inclementi, sciami sferzanti ti sbatteranno di qua e di la fino a ridurre il tuo essere ad un nulla? Dove, mio caro criminale dalle mani pulite, andrà a finire il tuo peccato di tradimento, violenza, menzogna, omicidio...codardia? Probabilmente, fra le nere fauci di questa bestia, pensò tristemente, ben stretto in quella morsa canina che molti prima di me travolse. E vinse. Probabilmente, rimuginò portando innanzi a sé la propria arma inutilmente affilata, in un qualche pertugio dimenticato da demoni e diavoli, dimenticato perfino da coloro che della dannazione si dovrebbero occupare per lavoro. E certamente concluse non sarebbe stato affatto male.
Meglio di quel puzzo costante di sudore. Meglio di quello stantio aggravarsi di anni e sofferenze. Meglio, infine, della precipitosa quanto affannata vita di individui come un tempo era lui. Aggrappati alla speranza. Abbarbicati all'idea che non vi sia mai una fine. Mai una fine al credere. Una fine all'arrampicarsi e risalire dove il puzzo è meno stantio. Dove il fiato si fa più ampio e la voce, quella vera, possa infine levarsi e gridare, aperta forza "Edwin! NO!"
Poi il tremore. Poi il dividersi di ideale e reale, la sfaccettata gamma delle possibilità a collidere nell'unica visione possibile, sconcertante eppure terribilmente vera. Quanto il suo arrendersi. Quanto il suo lasciar ricadere a terra la lama e con un balzo sporgersi in avanti, mani sudate a protendersi, ad aprirsi e poi richiudersi -stretta animale- sulle vesti umide di una sagoma poco distante, poco diversa dal groviglio di corpi che attorno, nell'oscurità, si accavallino e malevoli si contorcano. Per un attimo Edwin si ritrovò ad ansimare, la tensione dello sforzo a sbiancare e poi arrossire i suoi lineamenti ed infine, un grido ad uscirgli direttamente non dalle labbra ma dall'anima, egli riuscì a separare Vrael dalla furia che lo sovrastava. Cadendo all'indietro, ruzzolando e sul selciato picchiando gomiti e schiena, la pesantezza dell'altro a franargli addosso insieme al puzzolente sentore di paura e dolore. A rovinargli in viso insieme al grido disumano della creatura, al suo volgere gli occhi verso l'alto e per una volta strillare -o forse meglio dire, ululare- a quella luna che solo lei pareva capace di vedere. Da gelare il sangue, decretò. Da stringere le budella e chiedersi, dannazione, "Perchè diavolo non mi hai lasciato a crepare, razza di idiota?" Ecco le sue prime parole dopo il fuggire confuso di lei. Dopo il volgersi di mille e più lumi in un'unica direzione e rapidi saettare via, quasi che il Cielo, quello vero, li avesse all'unisono reclamati. "Quando mai ti ho detto che uno dei motti dei Cristascura è rimetterci la pelle come uno stupido per salvare la pelle ad un vecchio con un piede già nella fossa?" Sapeva di avere il fiato corto. E sudore appiccicato ovunque come una maschera di fango. Però non potè proprio esimersi dallo stringere in un rude abbraccio quello stupido ragazzo. Quell'idiota che per poco non buttava gli anni migliori della sua vita per... [color=black"Lascia che te lo dica una sola volta, ragazzo"[/color] nella sua voce, il rauco risalire di quella paura che per un secondo, solo un secondo, aveva creduto di non provare "Se uno getta la spada e chiude gli occhi dinnanzi alla morte, non è proprio affar tuo ricordargli che sta solo facendo la figura dell'imbecille" una pausa, il suo rapido abbassarsi a recuperare l'arma precedentemente dimenticata a terra. "Potrebbe rimanerne offeso nell'orgoglio" E nello stendersi del suo sorriso, nel suo socchiudersi di occhi chiari come ghiaccio e sciogliersi in una grassa risata, ecco il sopraggiungere di Morghen. Più basso di una spanna di quanto non sembrasse solo pochi minuti prima. Più rosso e martoriato di quanto ce lo si ricordasse. E abbastanza stizzito dalla faccenda generale -e ancor più dalla goliardia di Edwin- da zittire tutti quanti in un sol attimo. Si mosse a fatica, una delle due gambe percorsa da una ferita abbastanza profonda da farci scorrere in tutta la sua lunghezza un mignolo. E grugnì. "Vedo che siete tutti ancora abbastanza vispi da ridacchiare come donzelle mentre attorno a voi i veri uomini" pausa significativa. Edwin sospirò "Lottano per la sopravvivenza di Neirusiens" E delle madri. E delle mogli. E dei figli. Si. Si. Chiaro. "E tu chi diamine sei?" Mentre gli occhi di tutti i presenti si spostavano improvvisamente in una insperata direzione molto lontano da quella tenuta fino ad allora, il movimento del capo dei Crostascura fu repentino. Brutale. Eppure stranamente leggero. In un sol attimo il piatto della spada incontrò la nuca di Morghen, lasciando che il suo sguardo inviperito si addolcisse della più morbida sensazione del sonno. Mossa che portò immediatamente tutti i presenti a girarsi nuovamente verso di loro e poco dopo a portare all'unisono le mani dei DentiMozzi a stringersi attorno alle else delle loro spade. "Sono certo che da dormiente farà meno danni" fu la glaciale spiegazione di Edwin mentre, dai vicoli in ombra, l'intero gruppo Crostascura faceva la sua comparsa nello spiazzo aperto. Lui li salutò con un cenno, per nulla sorpreso dal fatto che nessuno di loro -ma proprio nessuno- avesse seguito gli ordini di Morghen preferendo viceversa seguire il gruppo dei DentiMozzi nell'ombra. Solo allora, lentamente, Edwin portò la propria attenzione sull'ultimo arrivato. Un uomo scarno, evidentemente provato -come le voci avevano riferito- eppure abbastanza abile da nascondere la propria presenza anche in piena vista, anche sotto gli occhi di coloro che, attenti, parevano stranamente incapaci di notarlo -o volerlo notare-. Gli rivolse una lunga occhiata per poi, lento, piegare appena il capo in segno di saluto. Forse non li avrebbe uccisi tutti quanti. Forse. Ma tutto dipendeva da come lui, Edwin, fosse riuscito a gestire quei pochi secondi antecedenti la decisione finale. Prese dunque fiato, lui. "Thomas ti ringrazia per la dolcezza dimostrata nel persuaderlo a non suicidarsi. E lo stesso fanno i miei uomini ancora estasiati dalla casa degli specchi da te creata." deglutì piano, cautamente. "La donna sta andando al pilastro. Io ti posso condurre li" una pausa, lo sguardo che si alzava così da cogliere gli occhi di tutti -si, anche i DentiMozzi- "Posso condurvi tutti, così da porre finalmente la parola fine a questa dannata storia di fantasmi e assassini." Uno sguardo a Morghen, il volto rubicondo ora addolcito da una smorfia fanciullesca. "Lui starà bene in una di queste case. Al sicuro, prima che dalle ombre e dalle voci, da se stesso" Detto questo, una mano all'elsa della spada e l'altra sul collo, ad asciugare il sudore, si voltò. Nei suoi occhi, il bruno tralucere di Neirusiens ora per metà sommersa -velo quiescente- da un'oscurità fitta, ora per l'altra acquattata nella più torbida penombra. Uno strano scompiglio regnava fra i vicoli, simile al sommarsi di cauti mormorii che dai muri, dai tombini, dai pavimenti e dalle finestre cieche esalassero come spiri bramosi, eco spente del brusio che molto più avanti, molto più in là acquistava di istante in istante forza e potenza.
Per un secondo, uno solo, Edwin si concesse di essere preoccupato. Di aggrottare le sopracciglia, stringere le labbra e domandarsi, un filo sottile di disperazione a macchiare i suoi occhi di gelo Da quando Neirusiens era diventata così rumorosa? Da quando, vociare soffuso, anche il silenzio aveva trovato la propria voce? Il proprio suono? Si passò la lingua sulle labbra, il gesto di un istante a colmarne molti altri che, da li in avanti, non ci sarebbero stati -o potuto essere- C'erano storie che narravano della Voce della Morte. Della Melodia del Riposo Eterno. Del Sogno. E di Velta, la regina di ognuno di questi visi che del trapasso, della Fine, sono sinonimi. Che ora, una e per sempre, fosse giunto il momento per Neirusiens di perire?
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Ed eccoci qui alle ultime battute finali. Grazie all'intervento di Vrael, Edwin evita di fare una pessima fine a causa delle ire di Aris. Il gruppo quindi, qualche ferito in più, qualche uomo in meno, riesce a sopravvivere all'attacco abbastanza perchè tutte le ombre vengano richiamate nella direzione del pilastro. Ecco dunque il primo momento di "calma". Ancora una volta, Vrael ha dato un motivo ad Edwin di ringraziare la sua "esistenza", sentimento che viene ampiamente dimostrato dall'abbraccio che gli concede. Egualmente, la sopravviveva di Edwin rende possibile il mettersi a tacere di Morghen il quale, freddato da un colpo di spada alla nuca cade ovviamente a terra privo di sensi. Il gruppo dei DentiMozzi è ora in mano al capo di Crostascura e dei suoi uomini i quali, al posto che cercare Hocrag si sono limitati a seguirlo per tutto il tempo. Ulteriore punto di pregio, Edwin è il solo che fra i due avrebbe potuto concedere una "buona" accoglienza ad Hocrag: tutti gli uomini -o quasi- che il senzavita si è trovato innanzi facevano parte degli informatori del Crostascura. Risparmiandone alcuni si è evitato che l'accoglienza riservata fosse solo un sommario "uccidetelo" ma, diversamente, un "ti aiuterò".^__^ Spero che questi piccoli risvolti possano piacere. Detto questo:
Strange: Il coraggio dimostrato da Vrael ha consolidato il rapporto di fiducia che si era creato con Edwin. Ora, se possibile, egli lo considera un vero e proprio amico. Da questo momento in poi fino a fine quest, Edwin difenderà Vrael con ogni mezzo, anche chiamando a sé i Crostascura. Tienine conto per questi ultimi giri. Autoconclusivamente potrai disporre di 10 energie bianche che ti difenderanno -su ordine di Edwin- nel caso in cui il tuo pg venga attaccato.
Goth': L'aver risparmiato alcuni degli individui che nel corso della quest ti si sono posti innanzi ti ha reso più agevole l'accoglienza dei Crostascura che, al posto che attaccare Hocrag, lo considereranno in parte un alleato. Morghen, visti gli ultimi sviluppi, avrebbe istantaneamente dato ordine di attaccare. Nei suoi confronti i DentiMozzi riservano però una aperta ostilità. non fare affidamento su di loro o Hocrag potrebbe ritrovarsi un pugnale conficcato nella schiena...^__^'
Detto questo: Il gruppo intero si sposta in direzione del lago. Ovunque la città è in fermento ma, stranamente, non si vedono più persone o figure umane aggirarsi fra i vicoli. Tutto, insomma, pare "vivo" anche se immobile e deserto. L'oscurità è ora una fitta penombra, abbastanza densa da rendere difficile lo spostarsi per coloro che non possiedono alcuna abilità particolare e di tanto in tanto, come dispersi, vi capita di incappare in presenze vacue, più "sensazioni" di essenze che vere e proprie entità. Nessuno, comunque, si pone sul vostro cammino lasciandovi raggiungere, uniti, le rive del Lago. Qui vi si presenta una scena alquanto agghiacciante: tutti gli abitanti di Neirusiens sono ora in silenzio in ammollo nell'acqua, i corpi distesi a pelo d'acqua -galleggianti- come se, all'unisono, essi si siano addormentati nell'atto di "fare il morto". Sul lago l'oscurità è incredibilmente fitta, per cui sfavillanti paiono le luci -gli occhi- delle ombre che fra di loro aleggiano di tanto in tanto sfiorandone qualcuno, carezzandone un altro. Sono moltissime, e tutti insieme i loro movimenti paiono delle circonferenze concentriche attorno al vertice costituito da un nero Pilastro ossidiana posto pochi metri oltre la riva del lago: per la sua lunghezza delle profonde scanalature lo incidono assumendo le sembianze di "scritte" e "disegni" dal significato oscuro. A vederlo, il termine Pilastro trova veridicità solo in parte: da come è stato scolpito, pare più un incrocio fra un Fiore ancora chiuso i cui petali, al vertice, inizino a sbocciare spiegandosi in sei direzioni differenti. Accanto ad esso il Sindaco svetta ritto di spalle, il volto rivolto al lago come in contemplazione. Poco distante un uomo giace a terra inerme, gli occhi sbarrati e neri -senza vita- mentre alta su di lui, nera, la figura di Aris se ne sta immobile come allucinata, il volto ora umano rivolto al vertice del pilastro come in attesa.
Per questo giro si va di descrizione. Potete arricchire il "percorso" con dialoghi, particolari, riflessioni e quant'altro. Goth': le scritte sul pilastro tu le conosci già. Gestisci come vuoi la cosa.X'D. Perdonate questo giro vuoto ma mi serviva un cambio di "regia" per assestare la conclusione nel migliore dei modi.
Per qualsiasi domanda, fate pure. 6 giorni trattabili per rispondere, torneo permettendo.
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