Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Night's Watch - The Moon and the braves, Prima Notte :: Indagini

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 9/7/2012, 18:18
Avatar

Suzushikei
·····

Group:
Member
Posts:
1,581
Location:
Dalle nebbie del passato...

Status:




Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra



Night's Watch...
Dorham, la città dei paradossi, atto terzo...


Probabilmente l'Angelo non si aspettava un così rapido cambio di scenario. Ancor prima di venire a patti con quelli che sembravano spiriti imprigionati in armature dalle fogge sconosciute, una nuova realtà si palesò davanti al ragazzo, facendo sparire l'illusione di una dimora infestata solo da anime erranti.
Una triade di risate echeggiò alle orecchie di Kirin, distinguendosi da quei suoni metallici che l'avevano accolto; e nel mentre quei suoni che sembravano schernire il giovane Avatar scemavano di intensità, fino a perdersi nelle tenebre; le armature, come tanti ossequiosi soldati, lasciarono il passo ai loro “Signori”.
I tratti dei nuovi arrivati presero lentamente vita man mano che gli occhi del ragazzo si abituavano a quel buio persistente.
Se ad una prima occhiata potevano passare per umani, qualcosa nelle loro fattezze “stonava” con quella prima frettolosa catalogazione.
Un vecchio, il cui fisico era stato forgiato nelle sabbie del tempo e nel sangue dei suoi avversari, a giudicare dall'aura che lo circondava; perfetta contrapposizione del tizio dall'aspetto di ratto, la tipica persona che la gente comune tende a scordarsi di aver incontrato dopo il mio sguardo.
E per concludere, quello che più di tutti sembrava celare un'essenza diversa da quella dei semplici uomini: una cascata di riccioli dalle tonalità dell'oro rosso, che incorniciavano un volto dalla carnagione così pallida da sembrare quasi trasparente, uno spirito infuocato, dominato dagli istinti più primordiali.


Pare che oggi tutti i ragazzini di Dorham abbiano deciso di darci fastidio

Fortuna vuole che qui -di sicuro- nessuno potrà sentirlo urlare.

Pronunciò la sua sentenza di morte, enfatizzandola con la lama puntata alla gola dell'Avatar; un gesto così rapido da coglierlo di sorpresa. Quella creatura sarebbe stata il giudice e il boia del ragazzo, se l'uomo canuto non ne avesse sospeso l'esecuzione sia con un gesto della mano bloccando il polso dell'altro, sia con il suo eloquio.

Al tempo, Distruzione. Al tempo. Sentiamo cos'ha da chiedere.

La consapevolezza di avere una lama puntata contro la propria gola, percependone la gelida punta di metallo, non aiutava di certo Kirin a mantenere il sangue freddo, ma era conscio che se si fosse fatto prendere dal panico, la sua vita sarebbe stata recisa nel giro di pochi attimi. L'Avatar sapeva di avere solo una chance e, per una volta, decise di essere sincero. Alla fine era lì per ottenere delle informazioni; nei misteri di quella città città era incappato solo per un sadico scherzo del destino.
«Suppongo che sia meglio tralasciare le presentazioni di rito...» esordì, cercando di mantenere, per quanto possibile, un tono di voce calmo «Mi trovo qui per recuperare un'antica memoria, una storia che ormai si è trasformata in leggenda. Ho ascoltato un racconto che parlava di Nemarchos, dei Lupi di Dorham e di voci riguardanti la licantropia, tanti piccoli frammenti, che però, sono insufficienti a completare il quadro di quello che successe realmente. Io sono alla ricerca di informazioni riguardanti il Sole Notturno.» lasciò in sospeso il discorso per un breve istante, per sottolineare quali fossero le notizie a cui anelava, per poi proseguire «Durante la mia ricerca, però, la mia strada ha incrociato quella del Cavaliere. Suppongo che non fossero esattamente fatti miei, ma quando uno finisce coinvolto, beh, le prospettive cambiano un po' e sono stato indirizzato qui dai racconti di una donna... Mh... Perché ho il sospetto che mi abbia dato una falso indizio?» Alla fine era solo una domanda retorica, ormai era troppo tardi per andare a chiedere spiegazioni alla prostituta piangente.

L'essere il fulcro del divertimento dell'uomo più anziano, non era esattamente un buon punto di partenza, ma gli concesse comunque attimi di respiro.


"Visto, Gabriel? Sembra che abbiamo un alleato."
L'Angelo scrutò per un istante il vecchio.
Alleato? Si stava nuovamente prendendo gioco della sua persona?
Pensieri che rimasero prigionieri nella sua mente, mentre Gabriel, “Distruzione” o qualunque fosse il nome del suo carnefice, si intrometteva nel discorso.


"Cosa sai del Cavaliere?"

Non era una domanda, quanto più un ordine.
Il ragazzo soppesò le proprie parole, prima di replicare.


«Non molto, principalmente informazioni di seconda mano. Mi è stato detto sia uno straniero, la cui identità sembra sia sconosciuta, giunto in città circa sei mesi fa, poco dopo il Capodanno Rosso. Alcuni pensano che abbia la sua dimora in questa villa, l'unico indizio tangibile che avevo in mano. Mh, per essere corretti due indizi: ho visto la carrozza nera con un blasone raffigurante un teschio sormontato da due alabarde incrociate, che dovrebbe appartenere al Cavaliere.» spiegò, dirigendo lo sguardo sul tizio canuto «Alleato, dici, vecchio? In genere preferisco non farmi coinvolgere nelle faccende altrui. Ho delle informazioni da ricercare su eventi più antichi dei fatti avvenuti poco tempo fa; d'altra parte una volta che mi sono ritrovato invischiato in questa storia il minimo che possa fare è cercare di capire cosa stia succedendo. Non mi piace quando il fato decide per me: c'è qualcuno a cui devo restituire un calcio in piena faccia e ripagare la gentilezza di una donna che non è più in vita. Inoltre vorrei capire che fine abbia fatto una ragazza, una giovane prostituta, con il corpo martoriato, di nome Amelie. l'oggetto di interesse del Cavaliere. E questo è quanto.» concluse, rifocalizzando la sua attenzione sull'uomo dalla chioma d'oro rosso.

Notando gli sguardi che si lanciarono, e il risolino di quello dalle fattezze da ratto, ebbe la spiacevole sensazione di trovarsi nel momento clou del proprio processo.


"Sì, corrisponde. Specialmente il dettaglio della donna Rossa." sottolineò proprio quest'ultimo.

Tsk! Come se fosse così incurante della vita da rischiarla per mentire a quei tre.

«Ora che avete avuto le vostre risposte e sapete che non vi ho mentito, potrei sapere io cosa diamine sta succedendo in questa dannata città? Ragazze picchiate a sangue, donne decapitate, uomini armati di bastoni che fuoriescono da una villa dove la gente sembra non preoccuparsi di rompere le palle ai propri vicini. Chi o cosa è il Cavaliere? Ha qualche legame con quello che sto ricercando? E lo considerereste una grave scortesia fare le famose presentazioni di rito? Per inciso, anche se non ve ne dovesse fregare nulla, mi chiamo Kirin e non ragazzino!» Esplose il ragazzo. Purtroppo in forma angelica non riusciva a mantenere troppo a lungo un eloquio forbito ed educato, come la sua controparte umana.
E l'umore di certo non stava migliorando quando cominciarono a parlare della sua sorte come se lui non avesse voce in capitolo.


"Che ne facciamo di questo qui?"
"In questa città accadono cose tremende, ragazzino. Ti consiglierei di uscire da questa villa e tornare ai tuoi affari."

Un avvertimento, quest'ultimo, che l'infante avrebbe accolto, ma non l'Avatar.

«Si, suppongo sarebbe più saggio seguire il vostro consiglio ed andarmene da qui, dimenticando ogni cosa. D'altra parte non credo che, ignorare quello che sta succedendo in città, possa evitarmi di finire ancora una volta coinvolto nelle trame del Cavaliere.» esordì, con un'espressione fin troppo seria in volto «Da quanto mi è parso di capire sembra che siamo più o meno dalla stessa parte, almeno per ora. Probabilmente tutto ciò non ha nulla a che fare con la mia missione, di sicuro non era la mia priorità iniziale, e tutto sommato se uno è tanto debole da farsi ammazzare peggio per lui, ma come ho sottolineato prima non mi piace essere preso a calci e trovare un intralcio nella mia ricerca di informazioni. Per cui possiamo venirci incontro oppure, ok, ognuno per la propria strada.»

Che il ragazzo avesse raggiunto il punto di non ritorno e fosse stato così fortunato da camminare ancora nel mondo dei vivi, fu abbastanza palese dalle parole che gli furono rivolte da “Distruzione”.

"Se non vieni con noi non avrai molte altre strade da percorrere." Un invito che Kirin non poteva rifiutare.

"D'accordo, vi seguirò.» Non che avesse altra scelta.

E “Nebula”, l'uomo dai lineamenti da ratto, si premunì che al ragazzo non venisse in mente alcun ripensamento.

"Credo tu sia uno dei pochi che sia sopravvissuto ad un incontro con il Cavaliere. Davvero notevole. Bhè, devi sapere che il nostro comune amico viene da molto lontano, è adepto di una religione votata al male. Lui e la sua combriccola hanno in programma qualcosa -qualcosa di grosso che verrà fatto questa notte. Per questo hanno preso la donna dai capelli rossi."

«Lasciamo stare i convenevoli. Preferirei avere qualche altra informazione sul Cavaliere. La provenienza, ad esempio. Tanto lontano non è esattamente un luogo. E non che sia un esperto di culti religiosi, ma in genere non si usa rapire delle vergini? Inoltre perché ho come l'impressione che voi abbiate almeno un sospetto su quello che stia per accadere questa notte? A proposito, che ora è?» chiese, tenendo a mente che aveva un appuntamento al quale non poteva tardare.

"Le dieci in punto, giovincello. Quanto alle intenzioni del Cavaliere, non sappiamo molto più di quanto ti ho detto."

Preferendo tenere per sé alcuni commenti sarcastici circa il loro essere avari di informazioni, Kirin seguì il terzetto all'interno della dimora fino a scendere tramite una botola all'interno di un tunnel sotterraneo. Per sua fortuna, le sue minute dimensioni, anche in forma di ragazzo, lo aiutarono a muoversi con una certa disinvoltura senza sbattere la testa sul soffitto o camminare ingobbito.
Per quanto tentasse di orientarsi, fu ben chiaro che sottoterra perdere le direzioni era fin troppo facile.
E così, dopo circa una quindicina di minuti, l'Angelo si ritrovò davanti ad un vicolo cieco senza avere la più pallida idea di dove fossero finiti. In compenso aveva ben chiaro che lo considerassero un'ottima esca attira trappole, visto l'invito a passare in testa al gruppo.
Peccato che l'Avatar non accettasse di buon grado quel ruolo. Instaurando un collegamento mentale decise di chiarire alcuni fatti, provando a farsi dare qualche altra informazione.


*Ora, evitando inutili allarmismi visto che non ho intenzioni ostili, prima di aprire quella botola, gradirei qualche piccola spiegazione aggiuntiva. Preferisco in questo modo, così evitiamo di rischiare di farci sentire da chiunque sia lassù. Chi è il vostro contatto? Parole d'ordine? Segni distintivi? Se state mandando me avanti è perché vi aspettate problemi. Bene, qualche idea al riguardo? Sono profondamente allergico alle imboscate. Ah, potete replicare inviandomi i vostri pensieri.*

Aveva scoperto le sue carte, e sebbene si fregiò di un punto d'onore nell'aver sorpreso il vecchio, le repliche mentali di “Nebula” e “Distruzione”, lo rimisero in riga.

"Non è questo il posto dell'incontro, e tu fai troppe domande ragazzino."

"APRI - LA - FOTTUTA - BOTOLA."

*Ok, ok!* replicò mentalmente, sfruttando le sue capacità telecinetiche per aprire la botola. *Suppongo che tocchi ancora a me andare per primo.* E senza attendere l'ovvia risposta, Kirin cominciò a salire, cercando di fare il minimo rumore possibile e mantenendo i sensi allertati.

Kirin non seppe quale fu la sorpresa maggiore, se il ritrovarsi davanti la giovane elfa di nome Elmara o sentire i commenti del vecchio:
"Posticino allegro! Nebula, non ci avevi detto che intendevi farci incarcerare."

«Per tutti gli Inferi, si può sapere che cazzo sta succedendo?»

E addio anche all'ultimo barlume di buona educazione da parte del ragazzo.


Riepilogo

Kirin, l'infante umano:
~ReC [250] ~AeV[100] ~PeRf[75]~PeRm[325] ~CaeM[150]

Zeross, l'avatar angelico:
~ReC [275] ~AeV[150] ~PeRf[150]~PeRm[475] ~CaeM[100]

Stato Energetico: (95 - 5 )% = 90%
Energie Consumate nel turno: Basso (5), Telecinesi
Stato Fisico: Illeso
Stato Psichico: Diffidente, Sorpreso

~Tecniche usate:

Telepatia: Liv I Esper
Grazie alla sua natura angelica, Kirin è in possesso di marcate doti telepatiche, grazie alla quale può aprire un canale mentale con uno o più individui, potendo così comunicare direttamente alla mente con un linguaggio non verbale, per questo non ostacolato da pareti o simili. Con l'apporto di un Consumo Basso, inoltre, Kirin è in grado di applicare una forma basilare di telecinesi sugli oggetti.

~Passive

Carisma:
Kirin ha il dono di ispirare fiducia in chiunque incroci il suo sguardo o ascolti la sua voce. Questa abilità conferisce un'aura passiva di charme che sostituisce l'abilità passiva razziale dell'Avatar Angelico. (Abilità Personale)

Telecinesi Superiore: Liv II Esper
A questo livello di consapevolezza della propria mente, Kirin riesce ad avere un maggior controllo sulla telecinesi. Per l'angelo risulterà naturale muovere il proprio equipaggiamento con la sola forza del pensiero, senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto la propria posizione.

~Equipaggiamento

Lama Oscura: Oggetto magico (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)
Arma delle dimensioni di un coltello.

Eternal Mail: Armatura

Genbu: Buckler (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)

Oggetto di Background, Puppet
 
Contacts  Top
K i t a *
view post Posted on 9/7/2012, 21:24




Night's Watch ❞.
LA PRIMA NOTTE
separatore




La prova si rivelò sufficiente per lo Spettro.
Sembrava ben lieto di aver saggiato il potenziale della guerriera, assaporando tra sé in che maniera questo sarebbe potuto tornarle utile.

«… quando deciderò di prenderti.»


Un sottile brivido le corse lungo la schiena, rendendole la pelle anserina; A quanto pare avevano siglato un contratto, ben vincolante nei suoi confronti, per cui all’aiuto che lui le avrebbe fornito, a lei sarebbe toccato servire a qualsiasi scopo le fosse stato imposto. Deglutì leggermente, cercando di non dare a vedere alla creatura quanto si sentisse spaventata, mostrandogli tutta la spavalderia e la sicurezza di cui fosse in grado, ma ogni cosa pareva in realtà inutile: lo Spettro sembrava nutrirsi delle sue emozioni, fagocitare la sua paura e crescere ancora di più davanti ai suoi occhi. O forse era lei a sentirsi sempre più piccola, annichilita dalla maestosità e potenza – seppure inespressa – di Mana Cerace.

Si limitò ad allargare le braccia ed ogni cosa si disperse nel buio, per poi ridare sfumature e contorni dopo pochi istanti. Lo scenario però era radicalmente mutato, non era più l’angusto vicolo in cui era avvenuto il loro incontro, bensì un immenso palazzo che cominciava ad essere arso da alte fiamme. Lo sguardo della donna scivolò dallo Spettro al suo fianco, verso la scena sottostante; ciò che maggiormente colpì gli occhi avidi, assetati d’informazioni, furono gli uomini che guidavano l’assalto. Di umano parevano vantarne unicamente la forma: alte creature, pallide come la luna, nonostante la sua totale assenza, la pelle glabra, il viso etereo su cui spiccavano unicamente gli occhi – se così si potevano definire le profonde pozze che avevano sul volto – di un azzurro luminoso, simile agli occhi del suo capitano, quasi simili ai suoi occhi. Sembravano emanare una chiara iridescenza dalla propria cute, nonostante non vi fosse altro lume che non le fiamme che iniziavano a mangiare la fortezza.
Mentre Mana Cerace le indicava la scena a loro adiacente, lei non distoglieva minimamente la vista, cercando di catturare quanti più dettagli potesse. «Chi sono quegli esseri?» domandò mentre li fissava intensamente. «Sono gli Estranei» rispose lui con semplicità. Quel nome non le diceva nulla, ma la facilità con cui si facevano breccia tra i lupi lasciava pochi dubbi riguardo alla situazione: «Sono loro la causa della scomparsa dei Lupi?» chiese ancora. «Puoi vederlo con i tuoi occhi: stanno attaccando il Sole Notturno. E lo distruggeranno, eliminando i difensori. Fino all'ultimo» le rispose come se non parlassero di niente di più pregnante dell’andamento delle stagioni. Aggrottò le sopracciglia, soppesando ancora le creature, la cui forza le suscitava una grande curiosità. Si voltò verso lo Spettro, nella testa un fiume in piena di pensieri e domanda da porgergli; cerco di richiamare a sé tutto il rispetto e l’eleganza con cui dal suo passato Dio fu creata. Nessuno meglio di lei era in grado di apprezzare e rispettare le scale gerarchiche, e ben sapeva come stessero le cose tra loro due. «Spettro del Buio, chi sono questi Estranei? E dov'è Nemarchos?» disse infine. «Nell'Overworld venivano chiamati Algenti: sono esseri corrotti, discendono dagli Elfi che abitavano Soreville e che hanno dato ospitalità a Shiverata, venendo soggiogati dal potere dell'Ombra. Quanto al Comandante Nemarchos, sta organizzando le difese. Vuoi vederlo?».
Quasi non riusciva a contenere l’impazienza che provava; più si rendeva conto di avere a disposizione tutte le informazioni di cui necessitava, più si entusiasmava, chiedendone di più, sempre di più. «Sì.» gli rispose, sapendo che in quell’unica parola vi era intrisa quanta più brama fosse umanamente provabile. «Come desideri».

Di nuovo tutto si dissolse per ricomporsi poco dopo, in una nuova prospettiva: erano ora all’interno di un’ampia sala, all’interno dei quali sostavano due uomini, uno dei quali in piedi di fronte all’altro, seduto su di una sorta di trono. Non avrebbe avuto bisogno di chiedere niente, sapeva che quello era Nemarchos.
Non avrebbe mai trovato le parole giuste per descriverlo, sennonché corrispondeva perfettamente all’idea che si era fatta su di lui. Le sembrò quasi che Fenrir, ben riposta al suo fianco, gioisse alla vista del ritrovato padrone, nonostante quello non fosse altro che un ricordo, nonostante potesse vedere la sua “gemella” tenuta saldamente dal precedente proprietario. I lunghi capelli grigi, tenuti incolti e dalle punte irregolari, si mescolavano con la folta barba, lasciando visibile solo il naso pronunciato e i profondi occhi scuri, rivolti in quel momento verso il pavimento, sopraffatto dai pensieri. L’uomo al suo fianco era incurvato verso il comandante e gli parlava animatamente, lasciando tintinnare i piccoli cerchi che componeva la lunga catena legata al collo. Ad un tratto Nemarchos si alzò, percorrendo la sala ad ampie falcate, e rispondendo con fare concitato all’uomo presente. Poteva vedere le sue labbra muoversi, ma non riusciva ad udire alcun suono; frustata si voltò verso lo spettro, sempre presente al suo fianco, e gli disse: «Che cosa succede? Perché il comandante non è fuori a muovere la difensiva con i suoi compagni?». Lui non mostrò alcuna particolare reazione e si limitò a spiegarle: «Il Comandante ha appena parlato con il Maestro al suo servizio. Nessuno dei due capisce che razza di nemici siano i loro, ma aspetta, sta per arrivare la parte più interessante…».




separatore



VARIE ED EVENTUALI



FORMA UMANA
× REC 175 × AEV 125 × PERF 125 × PERM 150 × CAEM 150 ×


PASSIVE


PRESENZA ANGELICA Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
FOR I AM IMMORTAL Fenrir era molto più che una semplice spada per il suo primo possessore: si trattava di un trofeo, della prova tangibile che testimoniava la sua grandezza e -benché non molti ne fossero a corrente- la sua contiguità con un mondo che non era quello dei semplici umani. In Nemarchos risiedevano infatti due nature che sopravvivevano grazie ad un rapporto di perfetta simbiosi, condividendo un corpo che tuttavia era tenuto a subire delle trasformazioni; nonostante questo, quel corpo era in grado di sopravvivere a battaglie estenuanti, di sopportare ferite che avrebbero stroncato qualsiasi altra vita. Questo era dovuto al suo retaggio, a quella doppia natura selvaggia e pragmatica insieme, capace di scatenare una forza vitale ben più salda nella sua linfa di molte altre. Alla morte di Nemarchos, questa forza era ancora così vigorosa, così contraria alla prematura dipartita, che venendo cacciata dal corpo andò a nascondersi nell'oggetto che all'uomo era stato più caro, e che insieme era testimonianza di questa sua particolare natura. Pur rimanendo quiescente all'interno della lama, la forza vitale di Fenrir si trasmette al portatore, rendendolo capace di sopportare un numero virtualmente infinito di ferite, che sembreranno rimarginarsi immediatamente (nonostante i malus a queste afferenti, quali sanguinamento, perdita di forze, incapacità di movimento ecc. ecc.), rendendolo di fatto immortale. L'unica maniera per uccidere colui che possiede la Zanna dei Lupi, è decapitarlo [Abilità Passiva - Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione].
L'ABITO FA IL MONACO Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lucifero saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni.

ATTIVE


//

ENERGIA
61/100


NOTE

 
Top
view post Posted on 12/7/2012, 16:44
Avatar

storyteller
······

Group:
Member
Posts:
4,680
Location:
mnemonia

Status:


THE MOON AND THE BRAVES
NIGHT'S WATCH :: FIRST NIGHT

IV
I won't kill thy soul


Let this be our prayer when we lose our way
Lead us to the place guide us with your grace
To a place where we'll be safe



Θ


{ Città Alta - Villa di Monfilles }


Il vecchio Kostaki continuò a guardarsi intorno, apparentemente ignorando la presenza di Elmara e la domanda di Kirin. Nebula, per contro, si avvicinò al ragazzino, intimandogli di fare silenzio:
Parla ancora, piccolo” disse, mentre nella sua mano destra si materializzava un agglomerato di nebbia in foggia di un pugnale, “e ti aprirò la gola da un lato all'altro senza il minimo problema.
La sua voce era poco più di un sussurro inquietante, che provocò nei suoi due compagni reazioni opposte: Distruzione si limitò a fare un ghigno divertito, mentre Kostaki scosse la testa, annoiato dall'ennesimo diverbio.
Basta” disse, con un tono improvvisamente serio che non ammetteva repliche.
Ragazzo, qui c'è in ballo qualcosa di molto più grande del tuo orgoglio e della tua curiosità, è chiaro? Adesso è il momento di agire. Possibilmente in silenzio.
Si voltò a fronteggiare Elmara, soffermandosi sui capelli rossi e la sua aria leggermente inebetita.
Una donna dai capelli rossi. Perché la cosa non mi stupisce?

Qualche attimo di silenzio, poi si voltò a fronteggiare Nebula.
Dove ci troviamo esattamente?
Se non abbiamo sbagliato strada” rispose quello, con un sorrisino imbarazzato, “dovremmo essere nelle segrete di Villa Monfilles. E vista l'ora, fra non molto la processione dovrebbe muoversi.
Fece una breve pausa, indicando Elmara:
La sua presenza, comunque, dovrebbe significare che il posto è questo.
Kostaki annuì e tornò a voltarsi verso Kirin e la donna dai capelli rossi. Incrociò le braccia all'altezza dell'ampio torace e parò con voce piana, conciso ma non sbrigativo.
Il Cavaliere” spiegò, “porterà a compimento il rito, e lo farà stanotte: tutti i poteri dell'Ombra passeranno all'Erede. Questo provocherebbe uno squarcio nel cielo di Asgradel, da cui andrebbero a riversarsi forze che nessuno può controllare, se non la stessa Ombra.

Servirà una donna dai capelli rossi da offrire come sacrificio: l'Erede dovrà possederla e poi ucciderla.
Mentre Kostaki parlava, Distruzione si piazzò vicino alla porta, in ascolto. Nebula, invece, si sedette a terra, giochicchiando con il suo pugnale.
La processione muoverà fra non molto tempo, e noi la seguiremo. E tu” si rivolse ad Elmara, “non potrai venire con noi. Probabilmente verranno a prenderti, se ti salvassimo scoprirebbero la nostra interferenza.

Nebula ridacchiò:
Vorrei vedere la faccia del Duca!
In quell'istante, Distruzione fece cenno a tutti di tacere: stavano arrivando. Nebula si appiattì contro la parete, attirando a sé tutti gli altri, meno Elmara. Una densa foschia parve scendere sul quartetto, rendendolo totalmente invisibile. Il chiavistello girò schioccando, la porta si aprì.
Due uomini, incappucciati di bianco, osservarono la donna dai capelli rossi.
Ma che graziosa figliola!” latrò il più alto dei due.
Vestiti e vieni con noi.

Kostaki sussultò: i Monatti erano arrivati.


Θ


{ Fuori da Dorham - Strada per il Sole Notturno }


Quella strada polverosa, priva di lastricato, poteva essere definita in molti modi, nessuno dei quali gradevole.
Il terreno digradante e fangoso non rendeva agevole la salite, così come la mancanza di illuminazione e la presenza su ambo i lati di una vegetazione che andava infittendosi pian piano che ci si allontanava dal sentiero principale.
Ogni tanto, per Raan era possibile udire un fruscio più forte degli altri, o il rumore secco dei rami spezzati; per quanto fosse ardimentoso l'animo del ragazzo, quello era l'ultimo posto in cui trascorrere la notte da soli. O almeno, così gli sembrava.
Per quello che poteva stimare, visto che la vista del castello gli era negata dalla vegetazione, dovevano mancare poco più di trenta minuti di buona marcia per giungere a destinazione -pregando che Laurens fosse puntuale, e così anche gli altri.

Improvvisamente, dalle fronde alla sua destra provenne un rumore più violento, stridente, quasi un grido di un qualche animale.
Voltandosi, il monaco poté scorgere due piccole fessure -come due occhi rossi e luminosi- aprirsi nell'oscurità, sormontate da una luce arancione, vaga e fumosa. Prima ancora di potersi porre domande, un nuovo rumore accompagnò l'avvicinarsi di quelle sorgenti di luce, finché dall'oscurità boscosa non venne fuori... la testa di una scimmia. Già, proprio la testa di una scimmia, dagli occhi infuocati, cesellata nel legno del braciere di una pipa alquanto originale -anche se non abbastanza da competere con il suo possessore.
Questi era un uomo dall'età indefinibile, ma si poteva agevolmente dire che avesse superato la quarantina, con corti capelli rossicci, privo di barba, e con due sopracciglia cespugliose e sorprendentemente mobili sopra i due occhi di un verde incantato, stranamente limpido.
Indossava una livrea di un bel verde smeraldo, listata d'argento sulle spalle, e una sorta di farfallino al collo. Benché avesse fra le labbra il beccuccio della pipa, riusciva ugualmente a sorridere con l'aria di chi la sa lunga. In qualche modo, riusciva al contempo ad essere inquietante e simpatico.
Buonasera, viaggiatore!” esordì, mettendo in mostra un sorriso di denti perfetti.
O.W. Grant, per servirla.


Θ


{ Circo delle Pulci - Regno del Buio }

La scena a cui Samael e Mana Cerace poterono assistere fu breve, ma estremamente interessante.
La porta della sala in cui si trovava Nemarchos si aprì di schianto, il pesante legno di frassino vibrò e parve doversi sganciare dai cardini e crollare -invece, contro ogni probabilità, resse. Sulla soglia si stagliò una figura longilinea, avvolta da un'aura di rispettabilità e -in qualche maniera- potere.
Si trattava di un uomo dal volto scavato e pallido, testimonianza di un'enorme stanchezza dovuta ad un qualche tarlo che ne stava divorando l'anima -e non solo quella. Entrò a grandi passi nella stanza, piazzandosi proprio al centro e rivolgendo al Comandante un inchino fin troppo deferente. Nemarchos si alzò in piedi, sorpreso e preoccupato.
Chi siete?!” domandò, non senza una punta d'ansia nella voce.
L'altro si sollevò dall'inchino, esibendo un sorriso stanco.
Il mio nome è Nerocriso Camposanto, al vostro servizio.
Come siete arrivato qui? E perché? Non vedete che siamo nel mezzo di un assedio?!
L'uomo si prese la libertà di avanzare, senza palesare alcuna intenzione diversa dal prendere posto sullo sgabello più prossimo. Quando si fu seduto, scoccò un'occhiata in tralice al suo anfitrione.
E' proprio a causa dei vostri problemi che mi trovo qui” sentenziò, incalzando subito dopo l'interlocutore per non dargli il tempo di sommergerlo con altre domande.
I vostri nemici sono molto particolari: si tratta di Algenti, delle forme di vita corrotte ma estremamente potenti, quasi impossibili da uccidere. Molto improbabile che ci riusciate voi.
E quindi cosa consigli di fare?” domando Nemarchos, sempre più nervoso, passando direttamente al tu senza nemmeno accorgersene.
Gli Algenti sono figli dell'Ombra. Va sconfitta l'Ombra, non l'orda di combattenti che vi stanno assalendo, l'unico modo per farlo è accogliere l'Ombra nel corpo di un umano che sia abbastanza forte da sopportarne il peso. E poi ucciderlo.

Come fai a sapere queste cose? Chi diavolo sei?!
Sono quello che ti chiede di sacrificarti per la salvezza di questo mondo e di molti altri, Comandante. Sono il primo che si è sacrificato per gli stessi motivi. Sono il fondatore dei Guardiani della Notte.
Nemarchos, che conosceva molto bene la Leggenda del Re Ombra, rimase a bocca aperta.
Io sono l'archetipo: sono il figlio del Re Ombra.

Il ricordo si dissolse. Tutto tornò alla normalità. C'erano i vicoli, i bambini erano tornati ad essere solamente bambini e di Mana Cerace nemmeno una traccia.
A parte una voce, che aleggiò intorno a Samael come il sospiro di una brezza gelida.
Molto presto dovrai ricambiare il favore.


Θ


{ Circo delle Pulci - Corte dei Miracoli }


Poteva anche ricordare la strada da prendere, il buon Ludvic, ma non ne ebbe il tempo né il modo.
Il rumore secco di una porta che si richiudeva lo fece sussultare e quando si voltò, pronto ad affrontare un nuovo nemico, si trovò di fronte una persona che conosceva ma che appariva -in qualche modo- diversa.
Il Maestro era di fronte a lui, ma sembrava più curvo, meno inflessibile. Più che altro, appariva enormemente preoccupato, come se un pensiero gravoso lo sconvolgesse del tutto.
Benché fosse cieco, si fermò esattamente dove si trovava il corpo della guardia e le impartì qualcosa che doveva essere simile ad una benedizione, con il volto serio e apparentemente dispiaciuto.
Un vero peccato” constatò, riferendosi allo scempio. Era senza dubbio agitato, ma non sembrava temere minimamente Ludvic, quasi lo considerasse come la più pallida delle minacce.
Se solo tu fossi stato più paziente, si sarebbe potuto evitare. Ma sei un uomo impulsivo e collerico, oltre che un pessimo bugiardo.

Allargò le braccia, ad indicare l'intera segreta -forse l'intero palazzo.
Questo è tutto ciò che abbiamo. Basta nominare il Canto Notturno perché in molti abbiano paura di perdere quel poco che hanno ottenuto. Ma non sei un loro inviato: loro non sarebbero riusciti ad arrivare fin qui, benché l'uomo che ti ha condotto da me creda il contrario.
Arretrò di un passo, portando le mani dietro la schiena.
Se vuoi avere delle risposte sincere, sii il primo a darle: perché sei qui?
Quindi fece un gesto vago con la mano destra, abbassando il tono di voce:
E non darti pena di minacciarmi o provare a uccidermi: non riusciresti nemmeno a farmi il solletico.

—◊—◊—◊—◊—◊—◊—


Note del Quest MasterInizia a sbrogliarsi la matassa, ragazzuoli.

Shinodari: Non mi pare ci sia molto da aggiungere. [Tempo Rimanente: 1h 40m]

Elmara: Idem come sopra. Per questo turno non ho fatto ricorso a pngizzazioni né altro, però spero che l'inconveniente non si ripeta. [Tempo Rimanente: 1h 40m]

Drag: Sei a due terzi della strada per raggiungere il maniero, quando incontri questo losco figuro, che però sembra divertente e tutto sommato inoffensivo. Hai piena libertà d'azione, ma se hai visto il film da cui è tratto il personaggio sai già cosa fare. [Tempo Rimanente: 1h 50m]

Orf: A quanto pare il vecchio Maestro non è poi così rincoglionito. E ti ribadisco il suggerimento: assalirlo non sarebbe una condotta furba. [Tempo Rimanente: 2h 20m]

Kita: Mi pare che anche qui sia tutto molto chiaro: il ricordo si interrompe, tutto torna alla normalità e Mana Cerace ti lascia con una promessa vagamente allarmante. [Tempo Rimanente: 2h 20m]

E questo è tutto. Per domande, curiosità e bestemmie, usate il topic di Confronto.
Il tempo limite per postare è fissato alle ore 23.59 di giorno 17 Luglio.
Preavviso: per questo turno NON saranno concesse proroghe, per nessuna ragione.
 
Top
Drag.
view post Posted on 15/7/2012, 17:44




E' quando ogni via sembra preclusa, mentre cammini nell'oscurità, che la volontà dello spirito di un uomo mostra la propria grandezza - il destino gli darà una mano,
portando nuovo equilibrio nel flusso.




Raangard stava mancando come monaco Jellbraxi; camminava con passo svogliato lungo la mulattiera che si snodava attraverso una lugubre foresta ammantata d'ombra, dimentico degli insegnamenti che fondavano la sua stessa esistenza.
Probabilmente, ribelle, li stava inconsciamente ignorando: non sopportava il fallimento.
Non il suo.
Raan era sempre stato il primo tra gli apprendisti: il migliore nel combattimento, il più rapido all'apprendimento, il più incline al comando, il più giusto tra i coetanei. Non era avvezzo alla sconfitta - ma questo avveniva su Pyat, in un Monastero tranquillo.
Su Asgradel aveva scovato un'infinità di assurde invidualità, un susseguirsi di singoli fenomeni che lui non solo non poteva controllare, ma neppure comprendeva. Era in quei momenti che Raan si rendeva conto di quanto arrogante fosse, e di quanto ancora avesse da apprendere, da migliorare.

Assorto nei propri pensieri, sobbalzò letteralmente quando dinanzi a lui apparvero gli occhi infuocati di un'ombra nascosta nel folto del bosco. Immediatamente, mise un paio di metri tra sè e quell'essere sconosciuto, pronto alla battaglia - gli dèi solo sapevano quanta gente lo volesse morto in quella città -, ma quando alle perle di brace seguì la sagoma di un affabile ed enigmatico signore sulla quarantina, corti capelli rossicci, completo verde e una pipa dalla strana foggia, il monaco si rilassò visibilmente.

« Buonasera! », esclamò Raan, lieto non si trattasse di una minaccia quando l'altro lo salutò con estrema cortesia, presentandosi. « Mi chiamo Raangard. »
Lo sguardo azzurro del ragazzo passò dall'uomo al cammino dinanzi a loro, così scuro e tetro.
« Sono molto lieto vi sia qualcun altro che cammina su questa via, la notte e la solitudine vanno a braccetto nel spaventare i viaggiatori... »

O.W. Grant - così si chiamava il suo interlocutore - lo scrutò con penetranti occhi di un verde smeraldino, limpidi e magnetici. « Puro vangelo! », disse, facendo schioccare la lingua. « Potremmo fare insieme un tratto di strada. Dove siete diretto? »
Lo sguardo di Raan si illuminò rallegrato.
« Volentieri! », annuì, facendo cenno al nuovo compagno di viaggio di aprire il cammino e affiancarlo. « La mia meta sono le rovine del Sole Notturno, ma non sono tanto ansioso di raggiungerla: un amico mi ha dato appuntamento lì, ma ho fallito nell'incarico che mi aveva chiesto di portare a termine. »
Lo Jellbraxi scosse il capo contrito, allargando il braccio destro desolato. Il pugno mancino, invece, continuava a stringere il Jido Kasa aperto sopra di lui, quasi riparando i rari raggi di luce lunare che riuscivano a tagliare le spesse fronde degli alberi.

« E voi, signor Grant? Dove vi conduce la strada? »
O.W. diede un nuovo tiro con la pipa, la cui curiosa testa di scimmia rischiarò per un istante il loro cammino.
« Oh, io vado dappertutto e da nessuna parte, e mi va bene così. », rispose, enigmatico e vagabondo. « Cosa cercate alle rovine? »
Raan lo guardò, poi disse, schietto e sorridente: « Non ne ho assolutamente idea. »
Scoppiò a ridere, perdendo qualche secondo prima di continuare a spiegare quella frase apparentemente senza senso.
« Ha voluto fare il misterioso, dicendo che nascondono tesori e segreti, così siamo partiti cercando informazioni sulla vecchia storia di Nemarchos. Personalmente non sono molto interessato, ma è una bella avventura e ho incontrato un sacco di gente interessante. E poi ho un debito di riconoscenza nei confronti di Laurens, sono felice di saldarlo in questo modo. »
Grant gli restituì un'occhiata incuriosita, continuando a camminare.
« Un uomo d'onore dunque. Vi piace l'avventura? »
Il giovane monaco accennò un inchino per ringraziare l'uomo del complimento ricevuto, poi soddisfò la sua domanda senza la minima esitazione: « Non lo nego: è ciò che la vita mi ha dato, e mi piace. Giusto sei mesi fa non avrei mai immaginato di trovarmi qui, lontano dal monastero che ho sempre chiamato casa, eppure... E' una scelta che sono felice di aver fatto. »

Il suo percorso era tortuoso ed irregolare, alcune scelte erano state ovvie, altre difficili, ma era sapeva che non v'era altro modo se non quello per riequilibrare il flusso. In quell'istante si rese conto di quanto era stato stupido nei lunghi minuti prima di incrociare il proprio destino con quello di O.W., quasi insultando il perpetuo scorrimento dell'universo - sotto qualunque cielo egli si trovasse.
Scrutò quindi quell'uomo con occhi nuovi, ed una mentalità più aperta.
Gran era sicuramente un uomo inusuale, sicuramente fuori posto in quel contesto - o forse no? Che non fosse stato un caso?

« Bisogna stare attenti alle scelte, sono un veleno lento. », stava intanto dicendo il compagno di viaggio. « Ma in fondo, la vita intera lo è. Quindi siete soddisfatto della vostra vita? Assolutamente soddisfatto? »
Raan accantonò per un momento i suoi pensieri, ridendo sommessamente. « Magari! La mia vita è un caos totale. Per esempio, ora sono insoddisfatto per una lunga serie di ragioni: non essere riuscito a raccogliere le informazioni che il mio amico desiderava, non essere riuscito a regolare i conti con due Monatti di Dorham che han tentato di uccidermi... Potrei andare avanti all'infinito! »
Si zittì qualche istante, prima di riprende, riallacciando le riflessioni precedenti con il momento attuale.
« Però è la mia vita; continua a scorrere, e prima o poi prenderà significato, come un flusso che si raddrizza da solo. Non essendo riuscito nella mia missione, mi sono diretto prima del tempo verso il Sole Notturno - ed ho incontrato voi, signor Grant, che mi tenete una così buona compagnia. Se non avessi fallito non vi avrei conosciuto. Vedete? Si raddrizza da solo, in qualche piccolo modo. »

Grant gli rivolse un sorriso d'apprezzamento.
« Oh, mi piace come ragionate, giovanotto! Però i desideri sono infidi. Il vostro amico dovrebbe stare attento. »
Il giovane monaco si strinse nelle spalle, gettando lo sguardo verso il buio dinanzi a loro. La strada serpeggiava ancora attraverso il bosco, allungandosi quasi all'infinito.
« Dipende da cosa si desidera, e se si è capaci di sostenere quel desiderio. Se una persona non sa neppure che cosa vuole, forse gli conviene fermarsi a riflettere e non chiedere al mondo ciò che dovrebbe domandare a se stesso. Tuttavia, immagino che Laurens de Graaff sappia bene cosa desideri... Solo che non me l'ha detto. »
Ridacchiò, allegro. Grant, invece, diede una nuova tirata alla pipa e si mostrò nuovamente d'accordo con lui.
« Molto ben detto! Però il suo amico ha fatto un errore: si deve sempre comunicare ciò che si desidera. »
« Probabilmente avete ragione, signor Grant. », concesse Raan, annuendo impercettibilmente. « Spero solo che non l'abbia fatto per una mancanza di fiducia nei miei confronti. Oppure, come me, ha molti desideri e la sua coscienza sta cercando di mettersi in pace con se stessa per poter sceglierne uno, il più importante, quello che raddrizza da solo il flusso. »

Si rese improvvisamente conto di aver divagato, uscendo dal seminato tracciato per loro conversazione; v'era un qualcosa di magico nella persona di O.W., quasi stesse cercando di fargli da coscienza, aiutandolo a partorire una via d'uscita per la sua mente affaticata dai pensieri.
« Vi domando scusa, », disse, voltandosi verso l'uomo. « ho involontariamente confuso la nostra amabile conversazione con le mie personali ambizioni. »
L'altro non parve turbato dalla piega che aveva preso la discussione. « No, anzi, è interessante. Dunque voi avete un desiderio che potrebbe raddrizzare il flusso? »

Questa era una domanda complessa.
Raan aveva molti desideri: voleva tornare su Pyat, voleva riavvolgere il tempo perchè potesse avvisare tutti, al Monastero Alta Vetta, che i Nataren di Shen Hakuryuu li avrebbero attaccati, trucidando gli scolari ed i discepli nel sonno, facendo strage tra gli apprendisti ed i maestri. Voleva più potere, più potenza per difendere Hime, Hime che lui aveva sempre amato, Hime che ora era prigioniera, forse morta, e che si era sacrificata lanciandolo nello Specchio dei Mondi.
Cosa desiderava davvero, Raan?

« Può darsi: il problema è quale flusso io voglia raddrizzare... Non c'è solo la mia vita in ballo. »
Si zittì, guardando verso il basso con fare tremebondo. Doveva mettere ordine nella sua mente.
« Se dovessi esprimere un desiderio riguardante l'immediato, sarebbe quello di poter ripagare degnamente il mio amico con il successo dell'incarico che mi ha assegnato: conoscere la vera e completa storia del Sole Notturno, di Nemarchos e dei suoi seguaci... La storia che ha marchiato Dorham per così tanti anni. Signor Grant, che domanda difficile mi avete posto! »

O.W. non parlò immediatamente.
Anzi, parve proprio stesse riflettendo sulle sue parole, soppesandone una ad una.
« Una risposta dunque. Siete sicuro? »

Il giovane monaco annuì, piuttosto convinto. « Sì: ho molti altri desideri, che tuttavia voglio provare a conquistare con le mie sole forze. Questa risposta, purtroppo, è l'unico desiderio su cui non ho più potere. »
Eccola, la risoluzione, la determinazione che Raan andava cercando. Quella era già una risposta.
« Signor Grant, amico mio, parlate come se poteste garantirmi questo favore! »
Grant gli offrì un'occhiata tipica di coloro che la sanno lunga su come va il mondo.
« Ognuno si crea la propria fortuna, mio giovane amico. »

Questi aspirò nuovamente dalla pipa; gli occhi della scimmia si illuminano di un alone vermiglio, molto intenso. Poi, sorrise.
« Oh, sono arrivato: temo che le nostre strade dovranno dividersi. »
Gli tese la mano, indicando un sentiero che si perdeva nel fitto della foresta.

Raan non perdette tempo a domandarsi dove O.W. fosse arrivato, poichè chiaramente non v'era nulla di nulla lì in mezzo al bosco.
Dopotutto, non importava davvero: Grant lo aveva aiutato molto durante quei pochi minuti trascorsi in compagnia.
« E' stato un vero piacere, signor Grant. Sarei davvero lieto se dovessimo incontrarci nuovamente in futuro. »
Sorrise ancora una volta, ricambiando la stretta del compagno viaggiatore.

« Sono sicuro che succederà. »
O.W. Grant venne inghiottito dalla vegetazione, allontanandosi fischiettando, un sorriso sul volto e la compiutezza nel cuore.

« Che tipo. »
Il commento mormorato di Raan si perse nella notte.
Il giovane, contagiato dall'allegria dell'incredibile O.W. Grant, ombrello in mano, proseguì per la via in mezzo al bosco, diretto verso il Sole Notturno.

[...]



Dopo una decina di minuti, inaspettatamente, giunse a destinazione.
Il Sole Notturno era posto su di un'altura che dominava la piana fin dove riusciva a scorgere, delimitata dalla foresta. La via principale si trasformava da sentiero a strada in mattoni rossi, anche se molto rovinati. Udì degli ululati, distanti; l'atmosfera era da brividi, surreale ed inquietante.

« Che postaccio. »

Il castello distava circa trecento metri, raggiunto solo da uno stretto sentiero tutto in salita.
Mentre guardava in aria, decisamente a disagio dal tetro paesaggio, notò a dieci metri da lui un uomo. Eppure sembrava più alto di Laurens.
Il giovane monaco si prese qualche istante, cercando di capire se si trattasse del suo amico pirata, o di un altro della compagnia.
Piuttosto titubante, si avvicinò di qualche metro, chiamando a gran voce.
« Ehm, buonasera? Chi è là? »

Non riusciva ancora a vederlo in viso, ma dalla sua posizione poteva vedere una massa ribelle e scompigliata di capelli cremisi. Per un momento pensò si trattasse di uno dei tre che aveva incontrato alla Nuova Virago, ma la sensazione di pericolo che sentiva dentro gli diceva altrimenti.
Tenne gli occhi fissi sullo sconosciuto, un brutto presentimento nel cuore.

Si prospettava una lunga, lunghissima notte.


Edit: dimenticato un font=color, corretto.


Edited by Drag. - 15/7/2012, 19:06
 
Top
Orƒ
view post Posted on 16/7/2012, 21:22




Night's Watch - The Moon and the braves
capitolo quinto; di come scoprì i segreti di Dorham

« Hai vinto vecchio, non sono stati i Canto Notturno a inviarmi qui. A dirla tutta, oramai non ne faccio nemmeno più parte. »
Esordì il cavaliere, accompagnando quella frase e quella immediatamente successiva con la caduta della sciabola rubata pochi secondi prima dalla guardia.
« Lavoro per il Clan Goryo e sono qui in cerca di informazioni sul Sole Notturno, Nemarchos e i Lupi di Dorham. Dimmi ciò che voglio e come posso andarmene di qui, io me ne andrò senza provocare altri problemi. »
E con quell'ultima parte intendeva chiaramente il corpo della guardia steso inerme a terra.

"Mi hai detto chi ti manda, ma non il motivo."
Ribatté il vecchio, intento a carpire più informazioni possibili sul conto di Ludvic.
« Dobbiamo recuperare più informazioni possibili e poi esplorare le rovine del castello. Sembra contengano ben più di qualche gingillo e a noi sta scoprire cosa. »
Rispose il cavaliere, incurante del tipo di informazioni che lasciava trapelare. Ormai si era stancato di menzogne e sotterfugi, preferiva essere chiaro fin da subito pur di ottenere ciò che doveva scoprire sui Lupi di Dorham.
"Perché il Goryo si interessa di quegli avvenimenti? E' passato tanto di quel tempo..."
« E' quello che vorrei scoprire anch'io, e probabilmente nemmeno il Goryo sa cosa ci sia là dentro. »

"Ed io sono l'unica persona che può dirtelo: lì dentro non c'è assolutamente nulla."
La risposta del vecchio fu rapida e schietta, ma nelle sue parole e nei movimenti trapelava un certo ripensamento. "Nulla di buono, almeno."
Inspirò vistosamente, come se a pronunciare la prossima frase avesse bisogno di tutta la forza di cui era dotato.
"Io lo so perché io c'ero: il mio nome è Aemon. Ed ero il Maestro dei Lupi di Dorham sotto Nemarchos."
Ludvic rimase turbato da quelle parole, sembrava lo stesso prendendo in giro e questo non andava giù al cavaliere.
« Non mi convinci vecchio, cosa dovrebbe esserci di così cattivo lì dentro? Come hai fatto a fuggire all'incendio? E Nemarchos, i tuoi compagni Lupi, che fine hanno fatto? »
"In quel posto maledetto sono conservate le spoglie dell'ultimo Custode dell'Ombra conosciuto. Nemarchos mi ordinò di salvarmi perché ero il più saggio, l'unico che avesse la conoscenza ed i poteri per effettuare il rituale.
Gli altri sono morti, tutti.
"

« Dunque gli altri si sono sacrificati. Chi o cosa dovrebbe essere questo Custode dell'Ombra? Di quale rituale parli? »
I dubbi di Ludvic si fecero più intensi e le domande più numerose.
"Gli altri sono stati...necessari. Il Custode dell'Ombra è colui che accoglie in sé un frammento dell'Ombra originale, depotenziandola. Funziona come una sorta di sacrificio: quando c'è un Custode, l'Ombra aumenta il suo potere, ma non può usarlo per distruggere il piano abitato dal Custode. Quando il Custode muore, l'Ombra viene ferita gravemente. Tutto questo è successo, l'ultima volta, molto tempo fa. Io ho più di duecento anni."
Il cavaliere indietreggiò nel sentiere quale fosse l'età del vecchio.
« Duecento... anni!? Incredibile.
Dunque, il rituale serviva per indebolire l'Ombra? Esattamente, cos'é questa Ombra, ne parli come se fosse un essere materiale o una qualche sorta di divinità malvagia.
»
Il maestro si fermò qualche secondo assumendo un'aria severa, simile ad un insegnante che per la millesima volta ripete la solita storia, con la stessa cadenza e passione di quando ha cominciato.
"L'Ombra è viva. Si muove, si muove sempre, con i suoi lunghi tentacoli cerca di abbrancare il mondo -tutti i mondi."
Sorrise e continuò, "L'Ombra ha un nome, talmente orribile e maledetto che non può essere pronunciato: ha un Nome nel Buio."
"Hai un nome a cui rispondi, il nome con cui ti chiamano gli uomini. Ma qual è il nome del tuo mistero, il nome a cui rispondono i tuoi ricordi, le tue paure, la tua ispirazione? Credi che ci sia una parola che può descrivere tutto questo? Non c'è: se ci fosse, sarebbe il nome del tuo buio."

« Che cosa devo evitare? »
Dopo tutte le informazioni ricevuto, Ludvic doveva assolutamente sapere come agire e come comportarsi. Questa storia dell'Ombra sembrava ben più grande di lui, tanto da spaventarlo.
« Avrà ben capito che non posso evitare di addentrarmi nelle rovine, quindi mi dica: cosa devo fare per evitare tutti i pericoli che mi attendono? »
Lo sguardo cristallino di Ludvic andò a incrociare quello spento e puro del vecchio, in attesa di una risposta o una rivelazione.
"Questo potrebbe essere un problema, in effetti. Seguimi."
Si voltò e risalì alcuni gradini, girandosi poi verso il cavaliere.
"Avanti, non abbiamo molto tempo"
Il marchiato si limitò ad annuire e a seguirlo, non senza essersi guardato attorno un'ultima volta.
_ ___________ _

Attraversarono numerose porte segrete, immersi per la maggior parte del tempo nelle ombre; il cavaliere seguiva fedelmente il maestro, che distava da lui a circa mezzo metro.
Alla fine entrarono in una sala stracolma di gabbie contenenti degli esemplari di corvo. Il vecchio fece cenno a Ludvic di sedersi su una delle sedie, questi obbedì accertandosi che la struttura in legno fosse solida.
« Una stanza segreta? »
Quella era la prima domanda dopo la lunga marcia nella silenziosa oscurità dei corridoio segreti, immersi nelle pietre centenarie della bassa Dorham.
"Direi piuttosto un rifugio o un archivio."
Lo corresse il vecchio, mostrandogli nel frattempo uno scrigno contenente un medaglione grigiastro e rinchiuso in una gabbia d'alabastro.
"Di che colore è la pietra?"
Il cavaliere rimase attonito dalla domanda improvvisa del vecchio e tentennò per qualche secondo, infine rispose che il colore era grigio.
"Molto, molto male. Ci vorrà un po'."
Posò lo scrigno ed estrasse alcune pergamene.
"Questo medaglione è fatto di ossidiana. Fiato di drago. E' una delle poche cose in grado di distruggere completamente gli Estranei. Dovrai affidarti a questo una volta nel castello, ma sfortunatamente è rimasto inutilizzato per troppo tempo. Posso riaccendere i suoi poteri, ma ci vorrà un po' di tempo."

« Quindi con quel medaglione potrò mandare via l'Ombra? In ogni caso, fate ciò che dovete. Ho tempo fino a mezzanotte per tornare con le informazioni. »
Il tono di Ludvic era chiaramente confuso, tutte quelle informazioni così complesse e dirette lo lasciavano spiazzato.
"Non potrai scacciare l'Ombra, solo un Custode può farlo. Ma potrai almeno sopravvivere."
« Sempre meglio di niente. Esiste già un Custode che tu sappia? »
"L'ultimo è stato Nemarchos, che io sappia."
« Capisco. Un'ultima cosa, cosa dovrò dire agli altri miei compagni quando sarò al castello? C'è la possibilità che qualcuno legato in qualche modo all'Ombra, o manipolato da essa, si sia infiltrato tra le nostre fila? »
Il maestro non seppe dare risposta, ma lo avvertì che l'Ombra aveva occhi ovunque.
« Ok, valuterò cosa fare. Può procedere quando vuole. »
Il maestro cominciò il rituale, mentre Ludvic ripensava a come agire e cosa sarebbe stato opportuno rivelare ai suoi compagni.


Ludvic Dmitri Greymoor
275 ~ 200 ~ 200 ~ 300 ~ 225
Consumi - 55%;
Status - Danno alla schiena (Basso), danno al volto (Basso), contusioni per caduta (Medio); Deciso.

Cuore d'Ossidiana | la spada - Spada bastarda (riposta);
Bocca di Fuoco | la pistola - Pistola a pietra focaia [5/5] (riposta);
Anima d'Acciaio | l'armatura - Corazza di Piastre (indossata);
---
words can not say, words full of vile darkness - passiva razziale (immunità alle influenze psioniche passive), alzare difese istantaneamente in modo inconscio, difese 360° con potenza pari al consumo;
---

//.
 
Top
K i t a *
view post Posted on 16/7/2012, 23:11




Night's Watch ❞.
LA PRIMA NOTTE
separatore




Le parole di Mana Cerace riecheggiarono nel vicolo ancora colmo d’ombra, mentre i bambini tornavano a palesarsi, ripresa la forma innocua di poco prima. La promessa, o minaccia non proprio velata, con cui si era congedato preoccupava non poco la giovane donna, che strinse con forza le labbra, dando le spalle al gruppo e allontanandosi di fretta. Ne è valsa la pena, ne varrà la pena si ripeteva mentalmente, un mantra con cui tentava di scacciare cattivi presagi.
Immersa nei suoi pensieri si ritrovò nuovamente all’altezza del bivio, dove si era separata con il suo compagno. Lo sguardo dilagò all’altezza della strada, anch’essa avvolta dal buio e rimase immobile per alcuni secondi, soppesando le possibilità. La curiosità le corrodeva le interiora, una belva affamata che la supplicava di procedere, avida di conoscere quanto più potesse afferrare. Lasciandosi vincere dalla bramosia, s’incamminò nel vicolo, seguendo le presunte orme del guerriero nero. Il tragitto si rivelò tranquillo e agevole; immersa nell’oscurità solo i rumori dei proprio passi echeggiava nella strada. Giunta al limitare del vicolo si trovò di fronte tre piccole vie che si snodavano in punti differenti del circo. Le soppesò per alcuni istanti, per poi decidere di intraprendere nuovamente la strada a sinistra. Dopo tutto le aveva portato fortuna prima… No?

La strada prese ad inclinarsi verso il basso, proseguendo lungo una piccola discesa. Man mano proseguiva più gli edifici si facevano fatiscenti, chiaro segno del degrado che regnava in quel quartiere. Storse il naso, infastidita dal puzzo che pareva fuoriuscire dai massi stessi; perfino la luna pareva avere ribrezzo di quel posto, degnandolo di esigui raggi che le permettevano unicamente di controllare dove mettesse i piedi. Continuò imperterrita ad avanzare, sperando in un poco di buona sorte.
Un leggero rumore e un guizzo scuro si palesò all’improvviso, per prendere poi la forma di un piccolo gatto, dal manto dello stesso colore del cielo notturno, ma gli occhi due fanali brillanti nell’oscurità. Lei si fermò, osservandolo con interesse, che pareva ricambiato dal piccolo felino.

Gli animali erano le sole creature che su quel mondo non solo tollerava, ma addirittura apprezzava. Nella sua breve vita terrena aveva avuto modo di osservare i comportamenti di alcuni esemplari, e li aveva trovati a dir poco affascinanti. Molti sembravano possedere un’intelligenza addirittura superiore a quella di un comune uomo; arguti ed eleganti, sottostavano unicamente alle proprie regole e parevano aver trovato un equilibrio molto migliore che quello della cosiddetta società. Spesso aveva avuto la sensazione non fossero altro che simulacri cui erano stati condannati con grande ingiustizia, proprio come lei.

Il gatto prese ad avvicinarsi lentamente e con fare circospetto, gli occhi di smeraldo fissi in quelli cerulei di lei. Arrivò sino ai suoi piedi per poi aprire appena le piccole fauci ed emettere un sommesso miagolio. La guerriera incurvò leggermente il labbro e si chinò, acquattandosi, per allungare la mano verso il suo dorso, carezzandolo dolcemente. Il contatto della pelle nuda sul pelo morbido e caldo dell’animale le diede una sensazione quasi più confortevole di un abbraccio. L’animale sembrava goderne quanto lei, tanto che cominciò ad emettere dei sommessi scoppiettii, prendendo a muoversi intorno alla sua mano, strusciandosi contro di quella e contro le sue gambe, per poi issarsi sulle zampe posteriori, poggiando le anteriori sulle ginocchia della donna. Questa si lasciò andare ad un grande sorriso, afferrando con delicatezza la creatura e trattenendola tra le braccia, ripercorrendo la curvatura del corpo minuto con la punta delle dita. Il gatto strusciò la testolina contro la sua spalla e cercò di afferrarle le dita tra le zampe, strofinandovi sopra la lingua ruvida e secca.
Intenta a giocare con il piccolo animale avvertì in lontananza dei rumori sospetti che ne richiamarono l’attenzione. Dopo pochi secondi intravide dei lumi rossastri, accompagnati da un capannello di persone, con l’aria tutt’altro che amichevole. Fissavano con astio palpabile non lei – straniera in quel posto dimenticato da qualsiasi Dio – ma la creatura che teneva tra le braccia. Un grosso energumeno guidava il piccolo plotone di villici, grosso quasi quanto era alto, l’espressione dura e non particolarmente brillante contratta dalla rabbia: «Ecco il gatto!» disse lui, mentre il resto della folla ripeté «Il gatto! Il gatto!» con la stessa intensità, avanzando verso Samael. Lei per tutta risposta strinse il gatto tra le braccia, che scrutava con attenzione ed espressione severa il gruppo di nuovi arrivati, e fece un piccolo passo indietro, lasciando correre lo sguardo tra i vari individui. Erano lerci e rozzi, coperti da pochi stracci legati uno ad un altro senza cura o ingegno, solo il minimo indispensabile per coprire la propria pelle. L’uomo di un passo avanti al resto del gruppo la fissava, vagamente intimorito, ma senza ulteriori preamboli le disse: «Dacci il gatto, ragazzina». Il sopracciglio di Samael si contrasse lievemente, uno spasmo istantaneo che racchiudeva però tutta l’irritazione che provò. Come si permetteva quel bruto e insignificante uomo a rivolgersi a lei in questa maniera?! Impettita strinse gli occhi in due fessure e rispose in un sibilo velenoso: «Perché dovrei?». «Perché non te lo stiamo chiedendo.» rispose quello prontamente. Lei sbuffò, e disse ancora: «Hai scelto la motivazione peggiore per convincermi a lasciarlo andare». Per quale motivo continuava a dialogare con quelle persone?! Laurens e la sua dannata lingua lunga l’avevano contagiata, pensò mentre continuava a fronteggiare l’uomo con lo sguardo. «Quel gatto è maledetto e deve morire! Se lo proteggi, sei maledetta anche tu!» sbraitò lui, agitando un pugno. Dalle file posteriori presero ad agitarsi e le parole «E' UNA STREGA! E' UNA STREGA!» dilagarono sulle bocche dei presenti.
Samael dovette fare un serio sforzo di concentrazione per non ridere in faccia all’uomo e alle sue assurdità. Se si era svegliato con il pensiero che il suo più grande problema fosse quel piccolo animale, non aveva idea di quale maledizione lui avesse trovato sulla propria strada. Fissò il gatto per un breve istante, che ricambiò lo sguardo, impegnato ad osservare tutta la scena comodamente supino tra le braccia della donna. Riportò gli occhi su quello dell’uomo e disse: «Tu sei un folle, umano. Questo gatto è innocuo!». Le parole proferite ebbero l’effetto di alcol su di un fuoco; il vociare crebbe d’intensità, l’appellativo strega sputato con disprezzo e odio. L’uomo sembrava sapere dove sarebbero andati a parare, e cercava di evitare l’irreparabile. Forse non era tanto stupido quanto sembrava. «Dacci il gatto e non ti faremo nulla!» le disse, tentando l’ultima mediazione. «No.» rispose lei, testarda e sicura della propria superiorità.

L’effetto del diniego fu immediato; la folla le andò addosso, bastoni e forconi imbracciati, pronta a colpirla. Sollevò il braccio con cui reggeva lo scudo, cercando di riparare il volto e il petto dall’assalto; i bastoni impattarono nelle braccia e nella schiena, mentre i forconi raschiarono sull’armatura, cercando di infilarsi nei punti non fasciati. Il dolore fu forte e si lasciò sfuggire un flebile gemito seguito da una cospicua imprecazione; fece scivolare la mano nell’impugnatura della spada e con gesto fluido e deciso la sguainò. La lama tagliente urtò contro la pelle degli uomini di fronte a sé, bagnandola di liquido purpureo, mentre i feriti urlarono doloranti. La fiumana si ritirò leggermente, spaventata dalla reazione della guerriera; quella fece vorticare la spada, l’animale ben saldo nell’altro braccio e li scrutò rapida con odio. Cominciava ad aver perso sin troppo tempo con le parole. Se volevano vederla come una strega, era il momento di dargli almeno un valido argomento per farlo.
La spada prese a brillare, sprigionando una luce fortissima che irradiò il vicolo. Il fulmine sgargiante abbracciò l’arma, che la guerriera indirizzò verso l’alto, per poi esercitare una lieve stoccata: un gesto elegante quanto letale. Numerose saette si propagarono nell’area, abbattendosi contro la folla. Quelli gridarono, spaventati e feriti dalla potenza della folgore e molti presero a disperdersi, vinti dalla paura; i più stolti rimasero, decisi a sacrificare la propria vita pur di prendere quella dell’animale. Abbassò la spada, ponendola perpendicolare al proprio corpo e avanzò verso i rimasti che caparbi si apprestavano ad affrontarla con forconi e bastoni. Vorticò la lama, indirizzandola di taglio verso il petto degli uomini, spezzando con facilità il legno che vi frapponevano; la loro vita non le interessava, si preoccupava unicamente di renderli inoffensivi. L’arma dilaniava la carne delle gambe e dei fianchi, mentre il sangue scorreva copioso nel lurido ciottolato della strada. Non si fermò sin quando non ti trovò di fronte l’energumeno che per primo l’aveva minacciata; quello sollevo il bastone, pronto a colpirla, ma lei – maestra d’armi di sicuro superiore al rozzo uomo – fece scattare l’arma contro il polso con cui stringeva il legno nodoso, per poi saettare contro la gamba, all’altezza del legamento del ginocchio, ferendolo in profondità. Quello ululò dal dolore e cadde carponi sul terreno, lo sguardo rivolto verso la donna, intriso del più palpabile disprezzo. Lei lo fissò con disgusto, e non era la sola. Gli occhi smeraldini del gatto erano fissi su quelli dell’uomo, fissandolo intensamente, quasi cercasse di arrivare alla sua anima; lui lasciò scivolare i suoi da quelli della donna a quelli dell’animale e così rimase sin quando l’arma della donna non calò sul suo collo, recidendogli di netto le arterie, per poi crollare al suolo, in una crescente pozza di sangue.

Senza aspettare oltre, neanche curandosi di controllare quali fossero i superstiti e che si accingessero a fare, strinse il gatto al petto e prese ad avanzare rapida nel vicolo, nella direzione cui era provenuta la folla. Cercò di muoversi quanto più velocemente potesse, provata dallo scontro, il respiro irregolare che le muoveva rapido il petto sotto l’armatura.
Mentre si addentrava nell’oscurità, non poté a fare a meno di riprendere il filo dei pensieri precedenti: neanche Laurens avrebbe potuto dire che non ci aveva provato a non spaccare nessun naso…




separatore



VARIE ED EVENTUALI



FORMA UMANA
× REC 175 × AEV 125 × PERF 125 × PERM 150 × CAEM 150 ×


PASSIVE


PRESENZA ANGELICA Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
FOR I AM IMMORTAL Fenrir era molto più che una semplice spada per il suo primo possessore: si trattava di un trofeo, della prova tangibile che testimoniava la sua grandezza e -benché non molti ne fossero a corrente- la sua contiguità con un mondo che non era quello dei semplici umani. In Nemarchos risiedevano infatti due nature che sopravvivevano grazie ad un rapporto di perfetta simbiosi, condividendo un corpo che tuttavia era tenuto a subire delle trasformazioni; nonostante questo, quel corpo era in grado di sopravvivere a battaglie estenuanti, di sopportare ferite che avrebbero stroncato qualsiasi altra vita. Questo era dovuto al suo retaggio, a quella doppia natura selvaggia e pragmatica insieme, capace di scatenare una forza vitale ben più salda nella sua linfa di molte altre. Alla morte di Nemarchos, questa forza era ancora così vigorosa, così contraria alla prematura dipartita, che venendo cacciata dal corpo andò a nascondersi nell'oggetto che all'uomo era stato più caro, e che insieme era testimonianza di questa sua particolare natura. Pur rimanendo quiescente all'interno della lama, la forza vitale di Fenrir si trasmette al portatore, rendendolo capace di sopportare un numero virtualmente infinito di ferite, che sembreranno rimarginarsi immediatamente (nonostante i malus a queste afferenti, quali sanguinamento, perdita di forze, incapacità di movimento ecc. ecc.), rendendolo di fatto immortale. L'unica maniera per uccidere colui che possiede la Zanna dei Lupi, è decapitarlo [Abilità Passiva - Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione].
L'ABITO FA IL MONACO Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lucifero saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni.

ATTIVE


IL SIGNORE DELLA FOLGORE Sfruttando l'innata predisposizione con la folgore, sarà in grado di ricoprire la sua arma di un pesante alone elementale che la rivestirà di energia magica.
Nell'atto pratico questa concentrazione di energia permetterà di rendere il danno inflitto maggiore rispetto ad un normale fendente; tale abilità è a consumo variabile e il danno inflitto sarà proporzionale al consumo speso. La lama sarà avvolta di luce, dall'effetto meramente scenico.
Consumo di energia: Critica. (area)

ENERGIA
17/100


STATO FISICO


Ferite di bassa entità e contusioni lungo braccia e schiena.

NOTE


1# Attacco prima con la variabile portata a critica e ad area, dopo di ché mi faccio strada a suon di spadacciate, puntando più a renderli inoffensivi che non a ucciderli, tranne al mr simpaticone cui si può leggere chiaramente la fine che gli riservo,
2# Si prega di immaginare il "no" di Samael detto con questa espressione,
3# ... PRRRRAAAAAOOOOOWWWWWWWW *W*
 
Top
view post Posted on 17/7/2012, 04:14
Avatar

Suzushikei
·····

Group:
Member
Posts:
1,581
Location:
Dalle nebbie del passato...

Status:




Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra



Night's Watch...
Dorham, la città dei paradossi, atto quarto...


Stava diventando un'abitudine alquanto seccante ritrovarsi una lama puntata alla gola per enfatizzare l'ennesima minaccia di morte. Kirin, per quanto infastidito dai modi di Nebula, evitò di replicare per non peggiorare la pessima situazione in cui si trovava. Un'atmosfera fin troppo tesa per i suoi gusti, che non prometteva nulla di buono.
Si costrinse a prestare ascolto alle parole del vecchio, per quanto la conclusione di quel discorso non gli piacque affatto.
Il loro modus operandi non contemplava correre rischi inutili, come prodigarsi a salvare una sconosciuta dalle segrete di villa Monfilles; soprattutto se la fanciulla in questione aveva la chioma cremisi, che la segnava come una possibile offerta per il rituale di quella notte.
In definitiva l'unica possibilità che Elmara aveva di scappare da quella prigionia ricadeva sull'Avatar. E sulla decisione che avrebbe preso all'arrivo dei carcerieri.
Purtroppo per la donna, il ragazzo si lasciò trascinare al sicuro, scomparendo alla vista, protetto da un manto di invisibilità, senza provare a condurla con sé, tentando di proteggerla dal suo destino. Probabilmente il suo gesto sarebbe stato interpretato agli occhi della fanciulla come un comportamento da vigliacchi, ma Kirin era consapevole di avere le mani legate: un suo gesto impulsivo avrebbe comportato più danni che altro. La sola alternativa cui riusciva a pensare era di provare a trovare un accordo e in tempi brevi. Scelse di adottare la “via della diplomazia”, esprimendosi in quel suo linguaggio telepatico, che gli veniva fin troppo naturale.


*Lei non c'entra nulla con questa storia. Non era questa la sua missione. Credevo che la prescelta fosse un'altra. Vecchio, stai chiedendo ad entrambi molto. Per quanto comprenda le vostre motivazioni, mi rimetterò al vostro piano solo se ci sarà una possibilità di salvare l'elfa e il suo cucciolo, se non ora, in un secondo momento. Sebbene nulla mi leghi a questa donna, a malapena ne conosco l'identità, è uno dei membri del gruppo con cui sono arrivato qui a Dorham. Sarebbe alquanto fastidioso spiegare al nostro capo il motivo della sua prematura dipartita.*


L'Angelo per quanto ostentasse sicurezza nei suoi pensieri, stava ricorrendo ad un bluff. Non conoscendo Laurens, non poteva essere certo che non li considerasse come merce sacrificabile per il raggiungimento dei suoi obiettivi.
Inoltre, da quel poco che ricordava del proprio passato, aveva imparato a sue spese una profonda verità: se si voleva uscire da una difficile situazione non ci si poteva aspettare l'aiuto di nessuno.
Realtà che venne rimarcata dal pensiero lapidario del vecchio.


"Non metterò a rischio la vita di milioni di persone per salvare questa donna, ragazzino. Né per il tuo capriccio, né per quello del tuo padrone."

Morte sua, vita mia...
Alla fine tutto si riduceva a queste quattro parole.

Kirin osservò l'esecuzione senza provare a recidere quei tentacoli d'Ombra che avevano reso inoffensivo l'ultimo disperato tentativo di Elmara di sfuggire al suo inevitabile fato, restando vincolato alla mano di Kostaki poggiata sulla sua spalla. Non provò alcuna emozione nel vedere la lama recidere la gola della fanciulla, facendo sgorgare il caldo liquido cremisi, che scivolò via portando con sé anche l'ultimo suo alito di vita. O forse quella mancanza di sentimenti era una difesa per evitare di mostrare alcune delle debolezze tipiche della sua controparte umana.

Attese che i Monatti lasciassero la cella, abbandonando il corpo senza vita della donna che avrebbero dovuto scortare altrove, prima di riprendere il contatto mentale.


*Una vita persa contro migliaia che potranno essere salvate. Spero tu abbia ragione, vecchio. Non mi sono mai piaciuti gli sprechi. Suppongo non abbiamo altro da fare qui. Non sono un prete, ma posso onorare la sua memoria prendendomi cura del cucciolo di drago. Lui viene con noi. Passo successivo?*

Che gli stava succedendo? Perché quell'attimo di sentimentalismo per quella creaturina di poco conto? Sul serio voleva prendersene cura proprio lui, che aveva vissuto sfruttando gli altri?
E per quanto quel cucciolo di drago fosse solo un peso, Kirin si avvicinò a lui. L'avrebbe portato con sé e non avrebbe accettato un no come riposta.


"Come ti pare, ma non credere che alzeremo uno solo dito per salvare lui o te. E se ci sarà d'impedimento in qualche modo, farà una bruttissima fine."

Quasi non ascoltò le parole dell'uomo canuto; ormai aveva ben chiaro il loro pensiero su come “liberarsi” dei contrattempi.
Si limitò a raccogliere tra le proprie braccia quell'esserino, al momento così indifeso, seguendo il terzetto fuori dalle segrete.

Prima svolta a sinistra lungo il corridoio, una coppia di torce, una rampa di scale di pietra, nove gradini in tutto, una porta chiusa...

Il ragazzo memorizzò ogni singolo particolare quasi volesse in futuro far ritorno in quella tomba non consacrata, dove giacevano le spoglie dell'elfa.


*Devo fare da esca anche questa volta o stiamo aspettando qualcosa o qualcuno?* esordì una volta arrestato il suo incedere, fissando il resto del gruppo.
E sebbene avesse parlato alle loro menti, con quella frase trasmise anche un malcelato tono di sfida.


"Tranquillo, ometto: ce la caviamo da soli." Fu la divertita risposta da parte del tizio dai lineamenti da ratto.

Come un sol uomo, quasi si leggessero nei pensieri, Nebula e Distruzione riuscirono a eliminare le due guardie di sentinella ancor prima che si accorgessero di essere morte.
L'apertura della porta, i corpi riversi al suolo, quanto tempo era trascorso? A malapena pochi battiti del cuore. Pochi istanti in cui l'interesse del ragazzo si era concentrato sui due, consapevole di quanto fossero letali i tizi con cui si stava accompagnando.

Immerso nel proprio mutismo Kirin seguì il vecchio, ascoltando i loro commenti.
Per ora preferiva riorganizzare le idee e capire cosa farne del cucciolo che si ostinava a portare con sé.


"Li addebiteranno ai Monatti, sicuramente sono fuggiti. Il Duca non sarà contento."

"Nemmeno noi saremo contenti se rimaniamo qui. Dobbiamo avvantaggiarci sulla processione."

"Il nostro uomo?"

"Lancerà un vaso con un fiore dalla finestra del secondo piano dal lato Est."

"Tu sei il più piccolo: vai sul lato Est, appostati dove non puoi essere visto. Lanceranno un vaso: vedi di riconoscere il fiore e poi vieni a riferirci. Tutto chiaro?" E improvvisamente il ragazzo si ritrovò spiacevolmente al centro dell'attenzione.

Lato Est, riconoscere il fiore, tornare a riferire.

Nessuno dubbio sfiorò la mente dell'Angelo, che replicò con un cenno d'assenso all'ordine di Kostaki.


Si diresse dove richiesto, facendo attenzione a non essere notato durante i suoi movimenti, alla ricerca di un posto al riparo da occhi indiscreti dove, al contempo, potesse avere una buona visuale del secondo piano. In tutto ciò continuò a tenere in braccio il cucciolo, sospirando tra sé sull'assurdità di tale situazione.
La prima nota stonata, l'indizio che avrebbe dovuto far comprendere a Kirin alcune cosette circa la sua ingenuità, si trovavano a qualche metro di altezza, una volta raggiunto il punto di osservazione. Ma non li colse, dedicando un'occhiata di sfuggita alla finestra spalancata dai vetri infranti e a quel lenzuolo strappato che penzolava inerte dal davanzale, prima di trovare un rapido riparo nelle alti siepi.
Deposto sul terreno Sally, il ragazzo si accucciò a sua volta, sollevando lo sguardo verso il secondo piano, in attesa del segnale stabilito, mantenendo i sensi in allerta.


Le sabbie del tempo cominciarono a scorrere inesorabilmente, accorciando il tempo che lo separava al ricongiungersi con il suo mandante alle rovine del castello.

L'attesa durò trentacinque minuti, tempo che servì a Kirin a schiarirsi le idee e cominciare a ragionare lucidamente.
Il dubbio che era affiorato nella sua mente si trasformò in una gelida realtà quando il ragazzo, con in braccio il cucciolo, ritornò sui suoi passi, trovando il chiostro vuoto...
Era caduto nell'inganno più stupido di questo mondo, senza il minimo sospetto.
Purtroppo non aveva tempo per correre alla ricerca dei tre tizi, di Amelie, né di capire dove si sarebbe tenuto il rituale, che per quanto si fosse fatto fregare, era ancora convinto si sarebbe realmente tenuto. Le ore concesse per la sua ricerca erano quasi agli sgoccioli e per quanto fosse tentato di continuare a curiosare in affari che non dovevano essere la sua priorità, scelse di abbandonare villa Monfilles e i suoi orrori.
Imprecando mentalmente tutte le divinità del pantheon conosciuto, più gli Inferi, i Demoni, i Diavoli, il Cavaliere e la nefasta triade, l'Avatar si diresse a passo sostenuto verso il luogo dell'appuntamento con Laurens.
Con una smorfia di disappunto il'Angelo si rese ben presto conto che, per raggiungere la piana del Sole Notturno, avrebbe dovuto percorrere un sentiero in salita; l'ideale per mantenere il suo proposito di tenere un'andatura veloce, per non parlare del dolce peso del cucciolo che gravava sulle sue braccia.
Optando per un compromesso procedette a passo spedito, evitando, però, di arrivare in cima senza fiato. Qualcosa gli diceva che avrebbe avuto bisogno di ogni briciolo di energia per spiegare a Laurens per quale dannato motivo non era stato in grado di compiere la missione affidatagli e per riferire della morte di Elmara.
Raggiunto il luogo dell'appuntamento, però, l'Avatar trovò una nuova sorpresa ad accoglierlo, come se non ce ne fossero state abbastanza da quando aveva messo piede a Dorham.
A poca distanza da lui c'era Raan, e fin qui tutto nella norma, e un tizio che decisamente non sembrava essere il loro mandante.
Prima dei lineamenti, quello che colpì l'Angelo fu la tonalità di quella massa scarmigliata di capelli: rosso!
Ok, cominciava ad averne abbastanza di capelli scarlatti e dei casini associati a quel particolare colore.

Sospirando tra sé, si avvicinò quel tanto che gli permettesse di essere udito da entrambi.


«Ehi, tu, per tutti i Demoni, chi o cosa saresti?» Domandò con il suo solito “eloquio forbito”, rivolgendosi allo sconosciuto.


Riepilogo

Kirin, l'infante umano:
~ReC [250] ~AeV[100] ~PeRf[75]~PeRm[325] ~CaeM[150]

Zeross, l'avatar angelico:
~ReC [275] ~AeV[150] ~PeRf[150]~PeRm[475] ~CaeM[100]

Stato Energetico: 90%
Energie Consumate nel turno: //
Stato Fisico: Illeso
Stato Psichico: Ferito nell'orgoglio

~Tecniche usate:

Telepatia: Liv I Esper
Grazie alla sua natura angelica, Kirin è in possesso di marcate doti telepatiche, grazie alla quale può aprire un canale mentale con uno o più individui, potendo così comunicare direttamente alla mente con un linguaggio non verbale, per questo non ostacolato da pareti o simili.

~Passive

Carisma:
Kirin ha il dono di ispirare fiducia in chiunque incroci il suo sguardo o ascolti la sua voce. Questa abilità conferisce un'aura passiva di charme che sostituisce l'abilità passiva razziale dell'Avatar Angelico. (Abilità Personale)

Telecinesi Superiore: Liv II Esper
A questo livello di consapevolezza della propria mente, Kirin riesce ad avere un maggior controllo sulla telecinesi. Per l'angelo risulterà naturale muovere il proprio equipaggiamento con la sola forza del pensiero, senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto la propria posizione.

~Equipaggiamento

Lama Oscura: Oggetto magico (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)
Arma delle dimensioni di un coltello.

Eternal Mail: Armatura

Genbu: Buckler (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)

Oggetto di Background, Puppet
 
Contacts  Top
Ravenau De Lussan
view post Posted on 23/7/2012, 19:48




Lasciai sfilare la lama nell'aria, compiendo un ampio arco, dalle mie spalle in avanti. La arrestai poco prima che toccasse terra, stringendola salda nel mio pugno destro, limitandomi a cercare di capire l'affilatura della lama attraverso il sibilo prodotto dal movimento. La rapidità del gesto sembrò disegnare un'esatta mezzaluna dorata, pallida gemella della compagna che, alle mie spalle, illuminava malamente il paesaggio.
Il suono prodotto fu minimo, ma sembrava un leggero sussurro d'aiuto.
L'ossigeno sembrava aver sofferto, per un brevissimo attimo, prima di rendersi conto di non avere niente da cui sanguinare. Come presentazione, una spada non poteva desiderare niente di meglio. Decisamente era l'arma del capitano Laurens: spietata, elegante, e decisamente priva di qualsiasi tipo di pietà. Sembrava incapace di ferire, il suo giudizio sembrava apparire semplicemente definitivo: un'arma creata per uccidere e niente meno.
Mi venne naturale limitarmi ad inarcare un sopracciglio, sollevare niente più che un lembo di labbra quasi a deformarmi il viso in una specie di scarno sorriso, perchè non era decisamente il mio gioco. Ma mi piaceva, mi dava l'impressione di avere quell'arco in più alla mia faretra utile per potermi muovere in avanti più velocemente. Era stato un piccolo colpo di fortuna, il fatto di aver avuto quel piccolo pegno da parte del capitano, per quanto usarlo fosse considerato persino da me un atto puramente privo di rispetto nei suoi confronti.
Oh, beh.
Non che io sia la massima espressione in terra del rispetto. Che poi, quando dovremmo avere rispetto?
Che cos'è, davvero, il rispetto?
Siamo educati a dirci che, per persone socialmente ritenute importanti, dobbiamo comportarci secondo schemi rigidi. Non dobbiamo coglierle di sorpresa.
Le persone per cui proviamo rispetto, quindi... Sono le più codarde che possano esserci.
Se mi permettete, scelgo il mio rispetto personalizzato, e lo lego al massimo a chi sono costretto a rispettare. Io ho bisogno di Laurens e temo abbastanza il suo potere, e tanto mi basta per trattarlo con quello che al massimo potrebbe essere definito contegno.
Tanto più.
Ma sto divagando.
Quel che conta è che non avevo molti problemi a sostituire il capitano in questa missione suicida. La vita sulla terraferma (si può davvero definire così, la vita ai Goryo?) cominciava davvero ad annoiarmi. Mi faceva sentire... Prigioniero. Se all'offerta aggiungi la possibilità di condurre la spada del grande capo, come segno di riconoscimento, l'accettare è un atto assicurato.
Il vento tendeva al gelo e mi attraversava le bende, sul petto, come tanti sottili stiletti d'acciaio. Scivolava via dalle colline ai miei due lati, nella conca dove mi trovavo, puntando direttamente a me, schiantandosi contro le pareti del castello che immediatamente s'ergeva alle mie spalle. Sembrava tutto combinato per realizzare un ambiente perfetto, dove le stelle illuminavano il necessaire per rendere quella costruzione e la sua posizione un perfetto calcolo poetico e geometrico.
Poggiai il piatto della spada sulla mia spada, lasciai che le correnti sollevassero il mio mantello. I miei capelli, rossi e lunghi, si sollevarono dando un tono di possanza e solennità al momento.
Dovevo attendere l'arrivo dei due giovani mandati dal capitano, dal grande capo, e guidarli nel loro cammino. Bella roba, ero nulla più ce una balia in un cammino che neanche conoscevo, ma gli ordini non si discutono, in fondo.
Li scorgevo in lontananza, avvicinandosi sembravano formiche che crescevano lentamente, e quando mi furono vicini continuai a pensare a loro come piccole formiche. Che criterio aveva avuto Laurens nel coinvolgerli? Sembravano due novellini.
«Ehi, principessina. Dà una regolata al tuo vocabolario quando mi rivolgi la parola.
Il tono poteva sembrare scherzoso, ma era più qualcosa privo di qualsiasi impatto emotivo. Era un tacito ammonimento. Forse avrebbero notato la spada, o almeno avrebbero dovuto, se avevano almeno, chissà, il dono della vista.
«Sono stato inviato da Laurens De Graaf. Sarò io a guidarvi da qui in avanti, il mio nome è De Lussan. Ravenue, per gli amici. Quindi voi potete chiamarmi Dottor De Lussan. E badate, prima di fare domande del genere, di presentarvi, la prossima volta.»



*[So che il tuo pg è un maschio, è semplicemente un modo di rivolgersi del mio pg nei confronti del tuo.]
 
Top
view post Posted on 10/9/2012, 01:12
Avatar

storyteller
······

Group:
Member
Posts:
4,680
Location:
mnemonia

Status:


THE MOON AND THE BRAVES
NIGHT'S WATCH :: FIRST NIGHT

V
Let it Burn


(how long)
can you stand the pain?
(how long)
how long will you hide your face?
(how long)
how long will you be afraid?



Θ


{ Sole Notturno - Piana dei Lupi }

Iniziò lentamente, come un lugubre lamento funebre,
ma in breve tutti loro capirono che c'era qualcosa di molto peggiore di alcune prefiche pronte a strapparsi i capelli. Nell'oscurità non attendevano i septon, né i funerali di un Lord Comandante. L'ululato durò per quasi un minuto intero, annichilendo ogni altro suono. Occhi, decine di occhi giallastri, come stelle troppo basse, iniziarono a punteggiare la sommità della collina.
Ravenue lo sapeva, Laurens l'aveva avvertito: "Il Parco degli Dei alle spalle del castello non è popolato solamente dagli Alberi-Diga. I lupi non saranno amichevoli."
Non aveva mentito.

Il terzetto non fece neppure in tempo a lamentarsi che fu possibile, alla pallida luce lunare, riconoscere le sagome di decine e decine di animali che scendevano il pendio, guidati da due esemplari che apparivano molto più sviluppati degli altri: sembravano più alti di almeno una spanna, dovevano pesare quasi il doppio di un normale lupo adulto, eppure sembravano i più agili. Non erano normali lupi, poco ma sicuro.
Il branco si fermò a una decina di metri dai tre. Tutti i lupi ulularono, salve il più grosso. Infine, quando questi sollevò il capo rilasciando il suo lamento, tutti scattarono in avanti.
Volevano guadagnarsi la cena.


Θ


{ Circo delle Pulci - Piccolo Vicolo }

Il gatto miagolò più forte, stanco di essere portato in braccio in quella corsa.
Samael fu costretta a fermarsi, il fianco iniziava a dolerle per la lunga corsa; alle sue spalle nulla, nemmeno i rumori. Gli uomini contro cui aveva combattuto sembrava non avessero nemmeno tentato di seguirla. Si ritrovava in un vicolo strettissimo, le case ai lati erano più alte delle precedenti e -se possibile- anche peggio ridotte. La luce della luna non riusciva a filtrare, tutto era scuro, se non per una lancia di penombra che a fatica tagliava a metà l'angolo destro in fondo alla via.
Nelle tenebre qualcosa si mosse. Nulla di grosso o troppo pesante, sicuramente non un uomo. Più che il rumore dei passi, era possibile avvertire il fruscio delle vesti. Il gatto miagolò ancora, stiracchiandosi.
Con un balzo si liberò dalla presa di Samael, andando a terra. Teneva le orecchie abbassate e la coda dritta, guardandosi intorno, come se cercasse qualcosa.
Qui, Salem” sussurrò una voce. Femminile, dolce.
Il felino proseguì verso la voce, trotterellando allegramente fino all'angolo del vicolo. Una mano scivolò fuori dall'ombra, e sembrarono le dita affusolate di una donna quelle protese ad accarezzare la schiena dell'animale.
Per un attimo -ma solo per un attimo- sembrò di vedere non la pelle diafana e morbida che le ricopriva, ma una sottile striscia di carne raggrinzita, come secca, mezza putrefatta, attaccata alle ossa scoperte. Lì dove rimanevano lembi di pelle, erano macchiati. Ma fu solo un attimo, poi la mano si ritirò nell'Ombra.

Hai salvato Salem” disse la voce -e non era una domanda.
Ancora il frusciare degli abiti, che si rivelarono essere una mantella argentata, con un cappuccio che celava il volto di chi la indossava; eppure era aperta sul davanti, lasciando intravedere una pianeta di seta, leggera, trattenuta in vita da una cintura cremisi.
La figura si privò del cappuccio, rivelando lunghi capelli biondi e due occhi verdi intarsiati d'oro e cattiveria.
Sorrise, piegando le labbra di rubino.

Il mio nome è Kim, la Strega di Alnitak.
Il gatto andò a strusciarsi sulla lunga gonna della donna, accennando delle fusa.
E il tuo?


Θ


{ Circo delle Pulci - Corte dei Miracoli }

Il Maestro non sembrava troppo preoccupato, a dirla tutta.
Certamente era indaffarato nel compiere i suoi rituali, e per un discreto lasso di tempo rimase in silenzio a borbottare formule alchemiche. Non di meno, dopo circa venti minuti, estrasse un altro piccolo scrigno, e quando lo aprì un maligno riverbero arancione si riflesse sulla sua fronte glabra. Ludvic non riuscì a vedere cosa vi fosse all'interno, ma questo non aveva alcuna importanza. Il Maestro vi cacciò dentro il medaglione, quindi richiuse il baule e si sedette ad aspettare.
Dopo una manciata di secondi, come se avesse attentamente soppesato l'opportunità di parlare o meno, si rivolse nuovamente all'uomo che aveva di fronte.
Conosci tu la storia del Re Ombra
E iniziò a raccontarla.

C'era una volta tanto tanto tanto tempo fa un regno.
E come tutti i regni anche questo aveva il suo Re: a differenza di molti altri governanti che avevano a cuore solo le loro ricchezze e il loro potere questo Re era buono, gentile, generoso. E come tutti i Re anche questo aveva la sua Regina: era stupenda, di una bellezza abbagliante; si racconta ancora che la sua bellezza era tale da far commuovere le rocce e da render pudica la pioggia, che non osava sfiorarla per paura di renderle disonore.
Il Re e la Regina regnavano con giustizia e serenità sul loro popolo: i campi erano fecondi, gli alberi da frutto ricolmi di pesche e mele, i pascoli erano verdi, le acque dei fiumi cristallini. Nessuno pativa la fame o la sete, ognuno era rispettato e benvoluto: gli stranieri che si trovavano a passare nel regno rimanevano profondamente colpiti da quel piccolo paese che pareva un paradiso. Il sole non tramontava mai: non esistevano furti o carestie, né omicidi o malattie. Poi giunse l'Ombra che portò la guerra, e con essa la notte e la morte. I campi cosparsi di sale, i pascoli ospitavano solo gli armenti morti, sbranati, i fiumi si macchiarono di rosso sangue: un denso fumo grigio si levava dalle case in fiamme, il sangue sparso era così tanto che formò un fiume. Ovunque era paura e grida disperate e dolore: alcuni venivano smembrati, altri arsi vivi, i più fortunati svanivano semplicemente, inghiottiti dalla mostruosa fame dell'Ombra. Nel giro di poche ore quell'autentico Paradiso venne stuprato in mille modi diversi, finendo per diventare un Inferno. L'Ombra pareva inarrestabile, e i soldati del Re potevano far ben poco se non soccombere: fu così quindi che l'Ombra giunse al castello mentre il Re e la Regina piangevano calde lacrime di dolore per la morte di ognuno. Con ampie falcate l'Ombra avanzava fino a quando non entrò nella sala del trono: dentro c'erano il Re e la Regina, inginocchiati l'uno davanti all'altra mentre si tenevano le mani con dolcezza, piangendo. L'Ombra mosse tre passi verso i due, indicò la Regina e disse con voce arrogante:
«Voglio la tua anima, o finirò di sterminare il tuo popolo.»
Il Re allora si alzò in piedi e si frappose fra la Regina e l'Ombra:
«Prendi me al suo posto!»
E mentre la Regina piangeva e si disperava aggrappandosi al mantello del marito per non lasciarlo in pasto all'Ombra il Re le sorrise con la dolcezza che si rivolge solo a chi si ama, donandole le sue ultime parole:
«Non piangere, amore mio: io vivrò per sempre nelle terre e nelle acque di questo regno. Quando sarei sola io sarò lì, nella tua ombra, a consolarti. Io ti proteggerò nei secoli dei secoli che verranno.»
Fu così che l'Ombra prese il Re e si ritirò senza mai più far ritorno, lasciando che il sole tornasse a splendere sul regno. Senza la saggezza del Re però il regno non fu mai più lo stesso: tutti lo piansero, senza alcuna eccezione, imprimendo nei loro cuori il nome di quel Re affinché non venisse mai dimenticato. Da allora viene tramandata questa leggenda, o mito, o favola:
la leggenda del Re Ombra.

—◊—◊—◊—◊—◊—◊—


Note del Quest MasterSignori, rieccoci. Mi scuso anzitutto per la lunga pausa, ma l'estate si è rivelata inclemente: prima l'abbandono forzato di Elmara, poi i problemi di salute miei e di Kita, infine la vacanza di Drag mi hanno funestato la voglia di giocare (difatti, in giro per il forum, ho fatto il minimo indispensabile). In ogni caso, eccoci di ritorno, e non preoccupatevi: siamo in dirittura d'arrivo.

Shinodari, Drag & Ace: Per voi è semplice: non dovrete fare nulla in confronto, questo turno dovrete semplicemente imbastire un autoconclusivo: di fronte a voi ci sono 60 lupi affamati, più altri due più grossi che però non vi attaccano. Dieci di questi lupi valgono come una singola energia bianca, divideteli come preferite ma non siate autoconclusivi con i due lupi grossi. Shinodari, a te ricordo che hai in braccio un drago. [Tempo Rimanente: 1h]

Orf: Il Maestro ti racconta una strana storia. A te capire dove va a parare il tutto; se hai letto i post precedenti, dovresti arrivarci senza troppi problemi. [Tempo Rimanente: 2h 05m]

Kita: Dove c'è un gatto nero c'è sempre una strega. E tu l'hai trovata. [Tempo Rimanente: 2h 10m]

E questo è tutto. Per domande, curiosità e bestemmie, usate il topic di Confronto.
Il tempo limite per postare è fissato alle ore 23.59 di giorno 15.
Non lesinerò le proroghe ove necessarie, ma sarebbe buona cosa se non ve ne fossero.
 
Top
Drag.
view post Posted on 14/9/2012, 22:09




Già amava quell'uomo.



« Piacere! Io sono Raan. »
La sua esclamazione riempì il silenzio che aveva seguito la dichiarazione del Dottore, il quale, tra il serio e il faceto, aveva redarguito Kirin per la sua esternazione colorita.
Il giovane monaco esibì un largo sorriso, ignorando volutamente la mano sulla spada del nuovo arrivato: se avesse voluto attaccarli, avrebbe potuto farlo in un qualsiasi momento prima del loro arrivo, poichè da quella posizione si riusciva facilmente a tener d'occhio il sentiero che si inerpicava verso il Sole Notturno, mentre era arduo il contrario.
E poi, un po' ingenuamente, Raan si fidava di quel tizio.
Diceva di venire per conto di Laurens, e non sembrava minaccioso. Non troppo, perlomeno.
Dopotutto, si presentava come un Dottore. Un cerusico, uno dedito alla cura degli altri.
Lui simpatizzava per quel genere di personaggi.

« Lui è Kirin! », disse, precedendo le presentazioni del suo compagno, indicandolo. Stava cominciando a levarsi una brezza fredda, sicuramente dovuta alla notte incombente; lo Jellbraxi rabbrividì, coprendosi all'interno della sua scura veste monacale. Era quell'atmosfera lugubre a renderlo inquieto, non la punta di gelo che si stava insinuando nelle sue ossa.

« Allora, Ravenue, che si fa? »
Probabilmente l'amico dai capelli rossi non avrebbe gradito il fatto che lui lo avesse chiamato con quel nome, ma prima che il giovane potesse rincarare la dose, un lungo ululato si levò sopra le rovine del castello, così alto, potente, corale, che avrebbe potuto acquistare forma fisica e ghermire la Luna intera.

Poi apparvero le iridi giallastre di mostri in agguato. A coppie, sempre più numerose, quasi l'intero firmamento si stesse manifestando da quelle tenebre terrene.
Ma non erano astri, nè fuochi fatui.
I Lupi di Nemarchos rivivevano dalla leggenda.

« Oh. »
(commentò)
« Ecco cosa si fa. »

Strinse forte il Jidō Kasa; le sue nocche diventarono pallide, mentre le sagome delle belve crescevano e crescevano... Fino a colmare l'intero pendio, coprendo le chiazze d'erba essiccata con zanne, artigli e muscoli tesi dalla tensione della caccia.

Sono un po' tanti, pensò Raan, lanciando un'occhiata ai suoi compagni.
Tanti persino per me.
C'erano almeno cinquanta esemplari davanti a loro, bestie che da sole risultavano pericolse, e in gruppo diventavano temibili; il basso ringhiare di molteplici gole gli fece accapponare la pelle, mentre lo sguardo indagatore di due lupi alfa, potenti e imperiosi, li scrutava.

Erano le loro prede.
Venne abbaiato un segnale, e l'orda caricò.

« Qui mi sa che ci si fa male, amici miei! »

Il monaco chiuse il Jidō Kasa, la fedele arma del suo ordine: lo tenne stretto nella mano destra, levandolo all'altezza del viso, parallelamente al suolo scosceso.
La mano sinistra era aperta, tesa verso l'innumerevole nemico.
Una sfida notevole.

Serrò strette le palpebre, raccogliendo il proprio io interiore: lo spirito guerriero addestrato per una vita intera lo avrebbe dominato completamente, trasformando l'allegro monaco in una macchina da guerra.
Quando riaprì gli occhi, le fauci di un lupo in salto distavano poche spanne dal suo volto.
Ruotò la mano mancina verso l'esterno, girando il busto in senso orario. Il movimento prese il lupo per la collottola, lanciando le sue temibili zanne laddove non potevano nuocergli. I piedi si mossero di conseguenza, accompagnando la rotazione del torso; l'inerzia stessa del balzo della belva venne scagliata a terra con una semplice torsione della mano sinistra.
La bestia ululà di dolore, ma venne presto zittita dal puntale metallico dell'ombrello-arma, conficcatosi nelle cervella dell'animale.

Perfetto. Fluido. Elegante.

La danza di morte del ragazzo proseguì imperterrita, schivando con salto laterale in torsione le zampate letali di un'altra bestia. Servendosi dell'ombrello conficcato nel terreno come perno, colpì un secondo lupo con entrambi i piedi uniti, forte della sua possanza fisica sovrumana. Il secondo mostro, tuttavia, non gli lasciò tregua lanciandosi su di lui con le zanne snudate. Atterrato sul ginocchio destro, Raan estrasse dal terreno l'ombrello; il potevo lupo si ritrovò a stringere tra i denti l'inusuale arma del ragazzo, il quale non fece altro che scuotere la bestia verso l'esterno, respingendola.
Ma per ogni assalitore che eliminava, altri due ne prendevano il posto.

Sono sotto assedio, pensò febbrilmente.
Nell'istante in cui quel pensiero rompeva la sua concentrazione, artigli affilati lo graffiarono da tergo e sopra il gomito destro; solo la sua prontezza impedì al lupo di portar via con sè buona parte della sua pelle, e nonostante il dolore non venisse percepito dal monaco - addestrato a ben altre ferite -, Raan comprese di non poter proseguire a lungo con quel genere di controffensive. Se si fosse lasciato cadere, sarebbe stato sopraffatto, sommerso sotto decine di artigli affamati.

Aprì di scatto il Jidō Kasa, rompendo l'osso del collo a due bestie in agguato alla sua destra, poi si voltò precipitosamente, ondeggiando il grande ombrello, facendo indietreggiare un altro trio; lo stavano circondando.
Concentrò le proprie energie spirituali attorno all'epidermide, costruendo un guscio di Ki temporaneamente impenetrabile alle offensive di quelle belve: avrebbe avuto un po' di respiro.

Tenendo a distanza un piccolo gruppo di mostri con il movimento rotatorio dell'ombrello, stretto ora nella mano mancina, Raan tenne alta la destra, pronta al colpo.



« Seishin-Tekina Atsuryoku. »

Il pugno fendette l'aria come un mortale rasoio, e l'energia sprigionata dalla sua pressione spirituale fu quasi visibile ad occhio nudo. L'onda d'urto investì tre lupi, scaricando il proprio peso insostenibile sulle loro carni.
Quando le bestie collassarono, gli altri esemplari compresero che quella preda non era così indifesa come appariva all'inizio. Un coraggioso ruppe il brevissimo stallo avventandosi su di lui, ma le sue fauci non riuscirono a rompere la pelle del monaco, difesa magicamente dal suo Ki.

Raan non aveva neppure un attimo di respiro, e la sua mente, in buona parte attenta alle mosse di tutti quegli avversari, comprese che non sarebbe riuscito a vincere così tanti nemici in maniera tradizionale. Presto le energie gli sarebbero venute meno, e senza di esse i suoi colpi si sarebbero fatti più deboli, le sue difese più penetrabili.

Come un lampo squarcia il cielo in preda alla tempesta, il ricordo del suo disastroso arrivo su Asgradel afferrò prepotente i suoi pensieri.
Aveva già affrontato belve simili, e ne era uscito solo grazie a Dave McKean... E uccidendo il capobranco del gruppo.

Lo sguardo del monaco corse verso i due alfa rimasti nelle retrovie, terribili e potenti.
Mentre si difendeva dall'assalto di un piccolo mostro, agile e spietato, schivando il suo affondo e contrattaccando con una potente gomitata sul muso, formulò un'idea.

« DISTRAETELI! »,
gridò ai proprio compagni, augurandosi che lo udissero.
« Io ho un conto da saldare. »

Piegò le ginocchia, i polpacci che si contraevano per la tensione in procinto di sprigionarsi.
Il piccolo lupo tornò alla carica nonostante il sangue che sgorgava copioso dal suo volto, ma il monaco non era già più lì.
Egli era balzato verso il cielo, confondendo la propria sagoma con quella di stelle crudeli, spettatrici di una simile carneficina.
Un salto azzardato, un attacco aereo il cui punto d'atterraggio era lo stazzato profilo del grande lupo che aveva ordinato l'attacco dell'orda.

Il Jidō Kasa, chiuso, si tinse improvvisamente di un colore rossastro, liberando un'aura malevola.
Raan stava per scatenare l'inferno, e il puntale d'acciaio dell'ombrello era il suo mirino.

Yashinoki O Moyashite.


«« ReC: 225 AeV: 225 PeRf: 375 PeRm: 150 Caem: 225 »»

Status.
    Lacerazione di media entità sulla schiena, lacerazione di bassa entità tra la spalla e il gomito destro, mana 45%.
Passive da Considerare.
    Senzo no tsuyo-sa, la forza degli antenati: Dominio Forza del Toro completo (forza titanica, insensibilità dal dolore, può sostenere fino a due Mortali prima di morire).
    Shikkari to shita teikō, ferma resistenza: passiva razziale, non sviene sotto il 10%.
Tecniche Utilizzate (nell'ordine).
    Ryū No Kawa, pelle di drago: il guerriero riesce a rendere la propria pelle più resistente del normale, così da poter resistere a piccole armi da lancio. La tecnica ha natura fisica. Il guerriero circonda il proprio corpo di un alone rossastro, indurendo la resistenza della propria pelle. A seconda della personalizzazione è possibile che l'indurirsi della pelle provochi un certo mutamento in essa, sebbene non tale da impedire il riconoscimento del soggetto. In questo modo il guerriero potrà resistere a colpi di piccole armi da lancio, come shuriken, kunai, proiettili di piccolo calibro o simili. La tecnica vale come una difesa a 360° contro i normali colpi fisici per il tempo di due turni. Si basa sulla PeRf del possessore e non sulla sua PeRm. [Consumo Medio]
    Seishin-Tekina Atsuryoku, Pressione Spirituale: già citata [Consumo Basso]
    Janpu, il balzo: il guerriero, concentrando la propria forza nelle gambe, riesce a compiere un balzo fuori dal comune, che può raggiungere grandi altezze. La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di compiere un balzo di altezza molto superiore al normale. Il peso e l'agilità del personaggio potranno influire sull'altea del salto. La tecnica potrà servire per evitare attacchi di ampia portata, ma non sarà così rapida da poter evitare attacchi rapidi o movimenti frenetici. Potrà valere come una difesa di livello Basso. E' una tecnica istantanea, valida per il tempo di un solo salto. Si basa sulla AeV del caster e non sulla sua PeRm. [Consumo Basso]
    Yashinoki O Moyashite, palmo bruciante: il guerriero circonda la propria spada di un'aura che provocherà un'esplosione ad ogni impatto. La tecnica ha natura magica. Il guerriero circonda la propria arma di un'aura scintillante dal colore tendente al rossastro, liberamente caratterizzabile. L'aura indicherà l'attivazione della tecnica. La tecnica si potrà attivare anche sulle armi da tiro, da lancio o da fuoco. Da questo momento, ogni volta che l'arma impatterà contro qualcosa, genererà un'esplosione in grado di provocare danni e ustioni per un livello totale di Medio. La tecnica dura due turni compreso quello di attivazione, ma può essere terminata anticipatamente per volontà del caster. La tecnica è basata sulla PeRf, in quanto la potenza dell'esplosione è equivalente alla quantità di forza impressa dal guerriero. [Consumo Alto]
Equip.
    Jido Kasa, l'Ombrello Automatico: impugnato, in più occasioni aperto, chiuso alla fine del post.
Note e Sunto.
    Dunque. Il combattimento si articola in tre turni.
    Nel primo sostanzialmente non uso tecniche: puro CQC senz'armi, forte dell'addestramento di Raan, delle sue passive e della sua PeRf. In questo turno, tuttavia, prendo danni.
    Nel secondo, mi difendo con Ryu No Kawa (2 turni), contrattaccando con la Pressione Spirituale.
    Nel terzo, Ryu No Kawa è ancora attiva e mi difende (oltre al solito CQC senza tech), poi prosegue con il Janpu, il balzo per schivare l'ultima offensiva, superare l'orda e lanciarsi stile meteora su uno dei due boss - sul quale tenta di scaricare l'Effetto Esplosivo del Guerriero, che durerà due turni di cui questo è il primo. L'ultimo attacco ovviamente è ipotetico come da istruzioni, il resto è autoconclusivo.

    Edit: corretto un errore di battitura.


Edited by Drag. - 15/9/2012, 10:17
 
Top
view post Posted on 16/9/2012, 06:48
Avatar

Suzushikei
·····

Group:
Member
Posts:
1,581
Location:
Dalle nebbie del passato...

Status:




Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra


IlcantodelLupo



Night's Watch...
Dorham, la città dei paradossi, atto quinto... Il Canto del Lupo



Principessa?
Principessa a chi?
E poi sarei io che dovrei darmi una regolata sulle offese?
Ma tu guarda da che pulpito arriva la predica!


Questi erano i pensieri che affollavano la mente dell'angelo, per nulla disposto a scendere a compromessi con il messo di Laurens.

Ravenue De Lussan...
Ravenue per gli amici; Dottor De Lussan per il resto del mondo, ma non per lui... L'appellativo “Dottore” era troppo altisonante per i suoi gusti.
Naturalmente il giovane avatar non avrebbe mai ammesso neanche con se stesso di essere stato troppo rude nel modo di rivolgersi allo sconosciuto, per quanto a suo discapito ci fossero delle attenuanti. Incurante delle presentazioni di rito, si chiuse in un volontario silenzio, scrutando De Lussan di sottecchi.
Non si fidava, non dopo quello che aveva passato nelle ultime ore. E non riusciva proprio a capire come Raan potesse essere così amichevole con chi, potenzialmente, poteva aver mentito sulla natura della sua presenza in quel luogo. Era la sua parola contro quella di... già, di chi? Laurens De Graaf che, convenientemente per De Lussan, non era lì a confermare o smentire le sue affermazioni.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalle parole di Raan.


« Lui è Kirin! » Il ragazzo annuì soddisfatto in direzione del suo compagno di missione; almeno qualcuno non soffriva di cecità selettiva nel riconoscere che fosse un maschio. Maschio! Ci voleva poi tanto a capirlo?

«Esatto, ci tengo a sottolineare a mia volta che sono un LUI! L_U_I Rimarcò l'ultima parola, scandendola per sicurezza: non poteva sapere se il nuovo arrivato avesse problemi anche all'udito, oltre che alla vista.

Probabilmente per il quieto vivere, ammesso che l'uomo fosse quello che diceva di essere, Kirin avrebbe dovuto porgere le proprie scuse per il suo eloquio volgare, ma nella forma angelica “l'umiltà” non faceva parte del suo vocabolario.


« Allora, Ravenue, che si fa? »

Ravenue? Eravamo già a “RAVENUE”?

Fissò incredulo Raan, che stava entrando sempre più in confidenza con qualcuno che, come unica prova delle sue buone intenzioni, non li aveva attaccati a vista.
Naturalmente questo poteva essere un dato da non sottovalutare, un primo passo per collaborare, se proprio non si voleva mettere di mezzo la “fiducia” reciproca; peccato che Kirin non fosse dell'umore adatto per comprendere una tale verità.
La sua innata capacità di ispirare fiducia non aveva avuto effetto su De Lussan e questo era un fatto da non sottovalutare: quell'uomo non era facile da manipolare. Inoltre il cucciolo non dava segno di riprendere conoscenza e questo era un male per le sue povere braccia, che stavano sopportando da un po' il peso di una creaturina che era pur sempre un drago.


«Non dovremmo attendere anche gli altri...» Ammesso siano ancora in vita visto la sorte toccata alla fanciulla elfa... «prima di incam...» La frase morì in gola, quando l'attenzione si focalizzò su un gruppo di creature che decisamente non erano i loro compagni di missione.

Improvvisamente un ululato echeggiò attorno a loro, come un canto funebre; il loro canto funebre.


Lupi!

Come tante piccole fiaccole di una luce giallastra, le iridi degli animali si accesero nella notte di Dorham.


«Dannazione! Ci mancavano solo loro per concludere la nottata!» Esclamò ironico, lasciandosi andare ad un profondo sospiro.

Decisamente il colore rosso gli portava sfortuna.
E considerando che i suoi compagni, drago compreso, si fregiavano di avere i capelli o le scaglie di quella tonalità cromatica, i guai si erano improvvisamente triplicati.

Kirin provò a fare una stima al volo del numero di creature che stavano convergendo verso di loro, mentre cercava di elaborare il più rapidamente possibile un piano d'azione per togliersi da guai.

Cinquanta,... no, forse sessanta unità: purtroppo era solo una stima di massima. Non poteva essere certo del reale ammontare dei membri appartenenti al branco, che sembravano essere guidato da due creature di stazza più imponenti dei loro sottoposti.

Ed ora?
Poteva contare sul supporto degli altri o semplicemente vigeva la legge: “ognuno per se stesso”?
Non sarebbe stato facile affrontarli, non con il cucciolo esanime tra le sue braccia. Avrebbe dovuto come minimo proteggere entrambi; riguardo gli altri due... Beh, non c'era tempo per fare una strategia: avrebbe improvvisato.

Il branco non impiegò molto ad accorciare le distanze.
Si fermò a circa una decina di metri dal terzetto.
Kirin si costrinse a restare immobile, osservando le mosse degli avversari.
Se volevano risultare meno vulnerabili agli attacchi nemici, la disposizione ottimale sarebbe stata quella di stare spalla a spalla, coprendo a vicenda i punti deboli gli uni degli altri, ma comprendeva che ci sarebbe voluta una coordinazione tale che solo un gruppo affiatato poteva permettersi di possedere.
E utilizzare la telepatia avrebbe rischiato di distogliere la concentrazione dei suoi compagni dagli avversari.

Un ultimo ululato.
Il segnale!


Non ebbe tempo per ulteriori riflessioni, che i lupi diedero il via all'attacco.
Dopo aver girato attorno all'angelo, probabilmente alla ricerca di un punto debole, che purtroppo per lui era rappresentato da Sally, uno dopo l'altro, gli esponenti più giovani, più istintivi, si lanciarono addosso alla sua persona sfruttando ogni spazio libero lasciato dai loro simili.
Il giovane avatar si ritrovò a fronteggiare quattro animali. Repentinamente il ragazzo sollevò a difesa uno scudo di forza per bloccare per un breve istante l'avanzata di uno di loro, proteggendosi da quegli attacchi alla schiena che difficilmente sarebbe riuscito a contrastare. Concentrandosi sfruttò la telecinesi per sollevare Sally in alto, lontano dalla voracità dei nemici, pregando che il cucciolo non decidesse di scegliere proprio quel momento per destarsi dal suo stato di incoscienza. Purtroppo questa distrazione costò cara a Kirin. Uno dei lupi riuscì a penetrare la difesa affondando le zanne nel corpo del ragazzo all'altezza del polpaccio sinistro, mentre il suo compagno riusciva ad artigliarlo all'avambraccio destro, non protetto dallo scudo. E fu più per istinto che per freddezza di ragionamento che riuscì a frapporre il buckler tra l'animale e la gola a cui stava puntando con il suo assalto. Stringendo i denti l'avatar cercò di scrollarsi di dosso quello sul lato destro, impugnando la lama con la mancina portando un primo affondo sul muso e successivamente colpendo l'occhio destro con quanta forza aveva in corpo. Il lupo guaì dal dolore e lasciò la presa per crollare stremato al suolo.


Uno in meno...

Ma non c'era tempo per rallegrarsi. Il tempo di un respiro e la barriera si infranse in tante schegge di ametista, lasciandolo alla mercé dei nemici. Sfruttando l'istante di tentennamento da parte dei lupi, che si stavano riorganizzando, controllò con la telecinesi il corpo senza vita del loro compagno per scagliarlo addosso a quello che continuava a morderlo al polpaccio, allontanandolo da sé. Un gesto che gli provocò una fitta di dolore, a causa della lacerazione subita, ma che si costrinse a sopportare se non voleva soccombere ai successivi assalti.
Purtroppo i posti mancanti furono repentinamente occupati da una coppia di lupi, i cui movimenti sembravano controllati da una sola mente. La sincronia dei loro attacchi riuscì a mettere in difficoltà Kirin, che dopo aver inferto un calcio in pieno ventre ad uno degli attaccanti per rispedirlo indietro e reciso la gola di uno dei canidi, si era scoperto durante l'azione per ritrovarsi attaccato su due fronti. E mentre gli artigli del primo lupo scivolarono sullo scudo provocando un taglio di poco conto sul dorso della mano, il compagno riuscì a balzargli addosso, incombendo sul fianco destro con le zampe anteriori e spingendo il ragazzo verso il terreno. La perdita di equilibrio fu provvidenziale per schivare l'attacco di un altro lupo, il cui morso mancò di un pelo la clavicola, ma non impedì al successivo avversario di saltargli addosso schiacciandolo al suolo.


Ancora almeno quattro di loro addosso...

«Maledetti bastardi! Il peso del lupo che premeva contro il suo petto gli stava rendendo difficoltoso il respiro. Inutile provare a divincolarsi, aveva poche possibilità di uscire dai guai senza l'ausilio della sua aura sacrilega. Si concentrò per modellare la sua essenza d'ombra in uno strale che colpì il canide ustionandolo. Ululando dal dolore l'animale allentò la presa permettendo al ragazzo di muovere l'arto in modo da affondare la lama nel petto del lupo con tutta la rabbia e la disperazione che stava cominciando a provare, fino a raggiungere il cuore spegnendone l'ultima scintilla di vita. Facendosi scudo con il cadavere, Kirin riuscì ad evitare gli attacchi più letali, riempiendosi di tagli nelle zone lasciate scoperte. Sapeva che era una soluzione momentanea; presto la carcassa avrebbe cessato di essere utile. Facendo appello alle sue capacità telecinetiche scagliò la massa inerte contro i suoi stessi compagni nel duplice tentativo di creare un'apertura che gli permettesse di rialzarti in piedi e di spezzare l'accerchiamento almeno per un istante.
Comprendeva perfettamente quando fosse complicato combattere contro un branco così numeroso, senza neanche avere il tempo per riprendere fiato per riorganizzarsi con i propri compagni. E proteggere il cucciolo lo aveva costretto a dedicare una parte della sua concentrazione a tale scopo, minando la sua capacità di creare delle combinazioni di attacco più efficaci.


Pazienza...

I lupi non davano tregua e l'offensiva non tardò ad arrivare. Ma questa volta qualcosa sembrò cambiare nel ragazzo.
Socchiuse gli occhi lasciando trasparire uno sguardo gelido.


«E' un vero peccato che siate immuni alla mia malia. Ma non sarebbe stato divertente, non è vero?» Considerò, facendo trasparire dal tono della sua voce una sfumatura tagliente.

«Se pensate di vincere con il numero...»

Lame di ametista si alzarono dal terreno erigendo un muro che tagliò fuori metà dei lupi che erano ritornati a contendersi la sua vita.

«...vi sbagliate di grosso!»

La sua attenzione si volse al trio che era scampato, libero di muoversi contro la sua persona.
Con un gesto il pugnale si liberò dalla presa della mano volando a conficcarsi nell'occhio sinistro della prima creatura alla sua destra, il compagno al centro fu atterrato con un destro in pieno muso e un calcio circolare colpì la milza del terzo, dopo aver deviato sull'avambraccio l'attacco di quest'ultimo. Riprendendo rapidamente il pugnale, lo finì recidendone la gola.


«Non ho nessuna intenzione di morire! NON QUI! NON ORA Gridò, riprendendo in braccio Sally. Non poteva più permettersi di tenerlo lontano dallo scontro. L'avrebbe protetto in un altro modo.

Uno dopo l'altro i lupi più irruenti caddero sul terreno, abbattuti dagli attacchi dell'angelo, il cui corpo si riempiva di ferite causate da un'artigliata o da un morso andato a segno.
Aveva perso il conto di quanti lupi erano morti, anche solo impossibilitati a continuare a combattere, ammonticchiati l'uno sopra l'altro quasi a formare una sorta di trincea che lo proteggeva contro la nuova ondata.
Quando sembrò che non ci fosse più movimento attorno alla sua persona, Kirin si ridestò dallo stato di trance in cui era scivolato, volgendo lo sguardo in direzione della voce che si era rivolta a lui e a... De Lussan?

«Distraeteli?» ripeté a voce bassa il giovane avatar, mentre la sua attenzione si focalizzava sui lupi superstiti che sembravano non essere intenzionati a permettere a Raan di lasciarseli alle spalle.

Distrarli? Per quanto lo stratega fosse la sua controparte umana, non ci volle molto a capire quale fosse l'intenzione del compagno.

Era un azzardo, ma poteva funzionare. Uccidere il capo branco o quelli al comando nel tentativo di sbandare i suoi sottoposti.
Senza sprecare altro tempo, Kirin poggiò al suolo il cucciolo, raccolse un sasso bello grande dal terreno, lo avvolse con l'aura di telecinesi e lo diresse contro il lupo ferito in precedenza da Raan.
Il risultato fu la combinazione di un meraviglioso colpo di fortuna combinato con i riflessi rallentati dal corpo sofferente.
Per quanto la parola fiducia gli provocasse dei sentimenti contrastanti, tra cui un crescente senso di nausea, scelse di fidarsi di quel ragazzo dai capelli rossi.

Purtroppo per quanto la sua forza di volontà fosse ancora salda, si rese conto che il fisico lo stava tradendo, facendolo vacillare per un istante, mentre recuperava il drago da terra. Aveva quasi raggiunto il suo limite.
Da quel momento in poi sarebbe stata importante la collaborazione di De Lussan per tenere a bada anche gli ultimi nemici, fornendo a Raan tutto il supporto possibile fosse anche solo un sasso, un pugnale o uno scudo, che stava perdendo la sua lucentezza macchiato dal sangue di quelle creature.



Riepilogo

Kirin, l'infante umano:
~ReC [250] ~AeV[100] ~PeRf[75]~PeRm[325] ~CaeM[150]

Zeross, l'avatar angelico:
~ReC [275] ~AeV[150] ~PeRf[150]~PeRm[475] ~CaeM[100]

Stato Energetico Residuo: [90 - 65]% = 25%
Energie Consumate nel turno: Basso x 5 [25%], Telecinesi liv.I; Medio [10%], Strali di Energia Oscura; Alto [20%], Muro di Lame di Ametista; Medio [10%], Scudo di Forza
Stato Fisico: Ferite di entità complessiva Media sparse su tutto il corpo; lacerazione di entità bassa al polpaccio sinistro
Stato Psichico: Adirato, al limite della resistenza psicofisica

~Tecniche usate:

Telepatia: Liv I Esper
Grazie alla sua natura angelica, Kirin è in possesso di marcate doti telepatiche, grazie alla quale può aprire un canale mentale con uno o più individui, potendo così comunicare direttamente alla mente con un linguaggio non verbale, per questo non ostacolato da pareti o simili. Con l'apporto di un consumo Basso, inoltre, Kirin è in grado di applicare una forma basilare di telecinesi sugli oggetti.

Telecinesi Superiore: Liv II Esper
Con l'apporto di un consumo Medio, l'avatar è in grado di manipolare lo spazio attorno a sé, dando vita ad uno scudo di forza invisibile. Tale barriera potrà avere dimensioni massime pari all'altezza stessa di Kirin, e coprirà solamente un lato e mai tutto il corpo.

Strali di Energia Oscura:
Kirin è in grado di manipolare l'oscurità presente nella propria anima, dando vita a strali di energia di tenebra che può rivolgere contro il proprio avversario, producendo danni da ustione di livello Medio.
Gli strali per la loro natura sacrilega sono l'anatema delle creature angeliche che subiranno gravi ustioni, danni a livello Alto, mentre contro chi ha un'essenza demoniaca, risulteranno indeboliti, danni a livello Basso. L'essenza degli strali resterà in ogni caso immutata, potenza Media.
Consumo di energia: Medio (pergamena "Sfera d'Ombra" del Negromante)

Muro di Lame d'Ametista:
Kirin attingendo alle arti arcane eleverà a sua protezione un muro di lucenti lame d'ametista.
La barriera ha potenziale difensivo pari ad Alto e nessun potenziale offensivo. Le dimensioni coperte dal muro potranno essere particolarmente grandi, permettendo di generare una difesa non solo potente, ma anche di grande portata.
Consumo di energia: Alto (pergamena "Muro d'Ossa" del Negromante)

~Passive

Carisma:
Kirin ha il dono di ispirare fiducia in chiunque incroci il suo sguardo o ascolti la sua voce. Questa abilità conferisce un'aura passiva di charme che sostituisce l'abilità passiva razziale dell'Avatar Angelico. (Abilità Personale)

Telecinesi Superiore: Liv II Esper
A questo livello di consapevolezza della propria mente, Kirin riesce ad avere un maggior controllo sulla telecinesi. Per l'angelo risulterà naturale muovere il proprio equipaggiamento con la sola forza del pensiero, senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto la propria posizione.

~Equipaggiamento

Lama Oscura: Oggetto magico (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)
Arma delle dimensioni di un coltello.

Eternal Mail: Armatura

Genbu: Buckler (Oggetto più Abilità Attiva sigillata)

Oggetto di Background, Puppet
 
Contacts  Top
Orƒ
view post Posted on 16/9/2012, 12:37




Night's Watch - The Moon and the braves
capitolo quinto; di come scoprì i segreti di Dorham

Non passarono molti minuti dall'inizio del rituale, ma il pensiero di ciò aspettava il cavaliere nelle rovine lo agitava abbastanza perché ogni singolo secondo sembrasse un'eternità.
Per la maggior parte del tempo il Maestro borbottò arcane formule alchemiche, probabilmente frutto di millenni trascorsi a perfezionarle.
Improvvisamente, estrasse un altro scrigno da cui balenava una luce ambrata che si rifletteva sulla testa calva del vecchio; rapido prese il medaglione e lo richiuse dentro.
Il contenuto del bauletto, eccezione fatta per il medaglione, era un mistero per Ludvic, che si chiedeva ancora come avrebbe dovuto salvarsi nel caso l'Ombra l'avesse attaccato.
Il vecchio si sedette, forse soppesava le parole con cui iniziare il discorso o attendeva un momento propizio, finché non si decise.
Conosci tu la storia del Re Ombra
Non fece nemmeno in tempo a rispondere con un secco "no" che aveva già iniziato quello strambo racconto.

C'era una volta tanto tanto tanto tempo fa un regno.
E come tutti i regni anche questo aveva il suo Re: a differenza di molti altri governanti che avevano a cuore solo le loro ricchezze e il loro potere questo Re era buono, gentile, generoso. E come tutti i Re anche questo aveva la sua Regina: era stupenda, di una bellezza abbagliante; si racconta ancora che la sua bellezza era tale da far commuovere le rocce e da render pudica la pioggia, che non osava sfiorarla per paura di renderle disonore.
Il Re e la Regina regnavano con giustizia e serenità sul loro popolo: i campi erano fecondi, gli alberi da frutto ricolmi di pesche e mele, i pascoli erano verdi, le acque dei fiumi cristallini. Nessuno pativa la fame o la sete, ognuno era rispettato e benvoluto: gli stranieri che si trovavano a passare nel regno rimanevano profondamente colpiti da quel piccolo paese che pareva un paradiso. Il sole non tramontava mai: non esistevano furti o carestie, né omicidi o malattie. Poi giunse l'Ombra che portò la guerra, e con essa la notte e la morte. I campi cosparsi di sale, i pascoli ospitavano solo gli armenti morti, sbranati, i fiumi si macchiarono di rosso sangue: un denso fumo grigio si levava dalle case in fiamme, il sangue sparso era così tanto che formò un fiume. Ovunque era paura e grida disperate e dolore: alcuni venivano smembrati, altri arsi vivi, i più fortunati svanivano semplicemente, inghiottiti dalla mostruosa fame dell'Ombra. Nel giro di poche ore quell'autentico Paradiso venne stuprato in mille modi diversi, finendo per diventare un Inferno. L'Ombra pareva inarrestabile, e i soldati del Re potevano far ben poco se non soccombere: fu così quindi che l'Ombra giunse al castello mentre il Re e la Regina piangevano calde lacrime di dolore per la morte di ognuno. Con ampie falcate l'Ombra avanzava fino a quando non entrò nella sala del trono: dentro c'erano il Re e la Regina, inginocchiati l'uno davanti all'altra mentre si tenevano le mani con dolcezza, piangendo. L'Ombra mosse tre passi verso i due, indicò la Regina e disse con voce arrogante:
«Voglio la tua anima, o finirò di sterminare il tuo popolo.»
Il Re allora si alzò in piedi e si frappose fra la Regina e l'Ombra:
«Prendi me al suo posto!»
E mentre la Regina piangeva e si disperava aggrappandosi al mantello del marito per non lasciarlo in pasto all'Ombra il Re le sorrise con la dolcezza che si rivolge solo a chi si ama, donandole le sue ultime parole:
«Non piangere, amore mio: io vivrò per sempre nelle terre e nelle acque di questo regno. Quando sarei sola io sarò lì, nella tua ombra, a consolarti. Io ti proteggerò nei secoli dei secoli che verranno.»
Fu così che l'Ombra prese il Re e si ritirò senza mai più far ritorno, lasciando che il sole tornasse a splendere sul regno. Senza la saggezza del Re però il regno non fu mai più lo stesso: tutti lo piansero, senza alcuna eccezione, imprimendo nei loro cuori il nome di quel Re affinché non venisse mai dimenticato. Da allora viene tramandata questa leggenda, o mito, o favola:
la leggenda del Re Ombra.

Ludvic rimase perplesso, non riusciva a comprendere come mai il vecchio si fosse messo improvvisamente a raccontare storielle - per quanto attinenti alla minaccia che gravava su tutta Asgradel.
Impiegò qualche secondo ma il suo essere impulsivo e l'agitazione non gli consentivano di trovare il bandolo della matassa.

« Le spoglie conservate nelle rovine.. sono i resti del Re? E' lui che impedisce all'Ombra di distruggere questo piano? »
Aveva ripensato velocemente a quanto sapeva, ma il maestro rispose schietto alle parole del cavaliere.
"I resti del Re? Nessuna cronaca o leggenda riporta che il Re sia morto: si è semplicemente unito a qualcosa di più grande. No, non è questo."

« Vecchio, non ho tempo per questi giochetti, devo dirigermi il più rapidamente possibile alle rovine! Se quello non è il corpo del Re.. che sia quello della Regina!? Ma perché sarebbe divenuta un Custode dell'Ombra, quando suo marito si era sacrificato per lei? »
"Dovrai ancora attendere un po', in ogni caso. Il fiato di drago non è ancora pronto."
Il vecchio sospirò malinconico, vedendo l'irruenza e l'incapacità di ragionare di Ludvic.
"Non sempre le spoglie sono semplici cadaveri. Non è un corpo che si va a cercare al Sole Notturno."

A questo punto Ludvic non aveva dubbi, il vecchio voleva portarlo a comprendere qualcosa da solo. Difficile capire il perché, soprattutto in una situazione simile, ma il cavaliere poteva solo stare al gioco.
« Hai detto che l'Ombra voleva l'anima della regina ma il Re si sacrificò al suo posto. Tra le rovine custodivate le spoglie dell'ultimo Custode e hai detto che le spoglie non sempre sono cadaveri. Che sia l'anima del Re ad essere celata in quelle rovine? E' questo che proteggevate tu e i Lupi di Dorham? »
"I Lupi di Dorham proteggevano solo sé stessi. Fu Nemarchos a sacrificarsi, seguendo l'esempio del Re, è stato l'ultimo Custode conosciuto su questo piano."
Quelle parole fecero brillare nella mente di Ludvic un ricordo, nient'altro che poche parole proferite dal maestro ma a cui non aveva avuto risposta.

« E' vero, dicevi che eri l'unico a saper fare un rituale e che i tuoi compagni sono stati.. necessari. Necessari per il rituale vero? E a cosa serviva? »
"Sono stati necessari per prendere tempo. Eravamo assediati, se loro non avessero combattuto non avremmo mai fatto in tempo."
Si voltò come se vi fossero finestre nella stanza o che volesse ancora vedere.
"Il rituale serviva a consacrare Nemarchos, a renderlo parte dell'Ombra."

« Quindi hai trasformato Nemarchos nel Custode e il suo sacrificio è stato necessario per ferire l'ombra, giusto? Ma che cosa ha a che fare tutto questo con la storia del Re Ombra? »
E quello, secondo quanto ricordava, era l'unico modo per ferire l'Ombra.
"Il Re Ombra fu il primo a immolarsi, concedendosi all'Ombra. E' stato il suo primo Custode, prendendo esempio da lui la Regina fondò l'ordine dei Custodi dell'Ombra."
Immediatamente Ludvic pensò che Laurens potesse farne parte, che li avesse inviati in giro per Dorham in cerca d'informazioni sul Custode.
Ma dove andarci cauto, non aveva mai parlato di Laurens con il maestro e non voleva certamente nominarlo ora.
« E questo ordine immagino sia ancora attivo e che stia cercando un nuovo Custode, visto che l'ultimo è stato Nemarchos? Altrimenti l'Ombra potrebbe distruggere questo piano. »
"Non su Asgradel, mio giovane e impaziente amico. L'ordine dei Guardiani non è nato su questo piano, così non è un antenato del Leviatano il re di cui ti ho narrato."
Il vecchio distrusse ogni convinzione del cavaliere, che a questo punto vedeva la minaccia dell'Ombra come qualcosa di superiore e che difficilmente avrebbe contrastato.

« Quindi dovremo cercare da noi il prossimo Custode o soccomberemo all'Ombra. »
"Forse non te ne sei reso conto: stiamo già soccombendo."
L'ideale di speranza di Ludvic andò in mille pezzi, ma per lui non era ancora tutto finito.
« Cosa!? No, possiamo ancora fare qualcosa, ne sono certo. Se riuscissimo a rifare il rituale e trovare un nuovo Custode, forse potremmo fermare l'Ombra! »
"Su Asgradel c'è già un Custode. Perché credi che l'Ombra non abbia già preso il sopravvento?"
"Questa notte, però, la invocheranno. E grazie al sacrificio, l'Ombra sorgerà di nuovo."
Quella notizia alleggerì notevolmente l'animo di Ludvic, in fondo bastava trovare chi voleva invocarla e fermarli una volta per tutte.
« Quindi c'é ancora una speranza! Chi sta invocando l'Ombra? Ditemi dove si trova e lo fermerò anche a costo della vita! »

"Finché non conosciamo l'identità del Custode, nulla può essere fatto."
"Il Cavaliere avrà già dato inizio alla processione."


Ludvic Dmitri Greymoor
275 ~ 200 ~ 200 ~ 300 ~ 225
Consumi - 55%;
Status - Danno alla schiena (Basso), danno al volto (Basso), contusioni per caduta (Medio); Deciso.

Cuore d'Ossidiana | la spada - Spada bastarda (riposta);
Bocca di Fuoco | la pistola - Pistola a pietra focaia [5/5] (riposta);
Anima d'Acciaio | l'armatura - Corazza di Piastre (indossata);
---
words can not say, words full of vile darkness - passiva razziale (immunità alle influenze psioniche passive), alzare difese istantaneamente in modo inconscio, difese 360° con potenza pari al consumo;
---

//.
 
Top
Ravenau De Lussan
view post Posted on 19/9/2012, 00:29




Ok, almeno adesso sapevo i loro nomi. Non che per me avessero una ben che minima utilità, ma se avessero tirato le cuoia durante la missione sapere che nome scrivere su quelle lapidi in fondo non sarebbe stato male. Troppi militi ignoti, a questo mondo, troppo comodo.
«Grazie, Raaf.»
Pronunciai volutamente il suo nome come fosse una smorfia, un versaccio, un dolore. Che fosse ben chiaro che nonostante tutto il nome è un livello di confidenza che va guadagnato, non preso. L’identità è cosa rara.
«Il che si fa mi sembra così ovvio che rispondere a certe domande dovrebbe essere stupido per legge. E tu, non saranno un paio di palle tra le gambe a permetterti di definirti un uomo. Cerca di non essere solo parole, cazzo moscio.»
Avevo trovato il mio giochino. Avevo fatto un primo cenno all’edificio alle mie spalle, lasciando ben intendere come presto avremmo dovuto familiarizzare col buio chiuso di un edificio diroccato e tutto quel che nascondeva. Chissà chi di loro, per primo, avrebbe avuto paura del buio.
«De Graff mi ha detto di avvisarvi, in ultimo, che queste non sono quel genere di zone dove organizzare un pic-nic con gli amici. Tenete pronte le armi, perché io non ho questa gran voglia di sporcarmi.»
Che volete farci, sono un uomo onesto, prima di qualsiasi altra cosa.
Continuate la storia quando finite di ridere di quest’ultima affermazione.
Stop, cambio di registro. Non lo diedi a vedere, la mia espressione cercò di restare quella concentrata dell’uomo che vede un qualsiasi spettacolo noioso. Ma dentro di me, non mi fidavo di quanto stesse accadendo. Ogni variazione ai piani sono guai, di solito.
L'ululato delle bestie si mescolò al soffio del vento, divenendo un unico grande boato capace di penetrare il corpo e vibrare nelle ossa. Arrivò prima delle ombre, prima che fosse possibile, all'ombra di una luna piena forse troppo presente, inquadrare perfettamente quelle sagome che, dalla cima delle alture, distorsero l'orizzonte increspandolo di nero. Un pensiero tranquillizzante quanto un chirurgo armato con un coltello da macellaio, effettivamente. Infilai le mani lungo il mio mantello, cercando.
Quell'orizzonte frastagliato di macchie nere parve muoversi, ondeggiando come una marea di piena, pronta ad abbattersi sulla costa inerme. Poi il rumore incostante e disordinato delle zampe che graffiavano sulla pietra, che strappavano l'erba. Erano veloci. Sembravano inarrestabili.
Non sapevo se sentirmi onorato, per la fiducia che Laurens riponeva in me, o rivolgergli contro ogni possibile santo, e che l'anima gli venisse strappata a morsi dalle bestie dei fantomatici inferni.
Appoggiai le mani sulle impugnature delle mie lame. Strinsi forte da far male, percependo il freddo dell'acciaio ed il ruvido delle bende su ogni callo della mia mano. Tirai, aprendo le mie braccia a ventaglio, spade verso l'alto, inclinate un po' in avanti, perché quelle bestie ne percepissero la presenza abbastanza da restarne lontane.
Non che mi illudessi. Pochi secondi ed erano già di fronte a me e quei poveri dannati in missione per conto del mio capitano.
Artigliavano il terreno come una debole preda. Le zanne sembravano più affilate delle sue lame. Ed in tutto questo, due bestie, più grandi delle altre, sembravano capeggiare i gruppi. Quanti regali, neanche fosse stato il mio compleanno. Troppa grazia.
Chinai lo sguardo in avanti e mi gettai nella mischia. Inutile perdere tempo, ogni secondo guadagnato sarebbe stato testimone di una vittoria esaltante.
Due lupi schizzarono verso di me, zanne al vento. Solo i rivoli di bava, acidi pesanti, sembravano precederli, schizzati in avanti nella foga. Cercai di prendere bene la mira, volevo divertirmi.
Tesi le mie lame in avanti, correndo verso quel labirinto di denti affamati. Movimento secco, quando le due bestie erano ad un passo da me, affondandole dritte in gola, in quel vuoto d’intestino fino a quel momento neppure letale. Poi strinsi le lame verso l’interno, portandole verso di me, in avanti, sentendole lacerare dall’interno organi, muscoli, pellicce.
Nell’ordine.
I miei machete conquistarono l’esterno in un fragore d’interiora e sangue. In un solo colpo ero una scarlatta macchia dall’incredibile fetore pronta a scattare, scheggia impazzita, in quel mare di grigio.
Un terzo animale cercò di schizzarmi addosso, poco alla mia sinistra, e dovetti liberarmene con un colpo secco, un taglio orizzontale all’altezza dei suoi occhi dorati. Divennero un ricordo, una condanna segnata da un guaito, dimenticato anche lui in un ammasso di materia cerebrale sperduto sul terreno.
«Avanti un altro, il vostro ammaestratore di cani preferito ora è libero!»
Era tempo di cominciare a dare spettacolo.
Altre due bestie scalciarono verso di me, provenendo da due direzioni opposte, la mia destra, la mia sinistra. Era tempo di chiedere un aiuto.
Compii un leggero balzo all’indietro, ed ecco che lì dov’ero crebbe una piccola pozza di pura energia maligna. Nera, l’ombra crebbe, nel giro di un semplice istante, fino a definire la sagoma di un nerboruto ammasso di carne decomposta che ormai non aveva più niente di umano. Un abito in pelle ne nascondeva le cicatrici che ne univano i frammenti, ma il viso, scoperto, rivelava un disegno maligno, figlio di un diavolo. Una cicatrice profonda solcava tutto il volto, rendendo le labbra un’unica smorfia tirata verso l’alto, coprendo interamente un occhio. Al posto dei capelli, segni di suture casuali, come frutto del divertimento di un accoltellatore folle.
La sua sola iride si soffermò su di me, e capì le mie intenzioni. Le sue braccia, ammassi disordinati di muscoli, si allargarono, afferrando al collo i due lupi, sollevandoli dal terreno. Tendendoli verso di me.
«Ti ringrazio, Nemesis.»
Un colpo di frusta, un guizzo della lama, e le teste delle due prede trovarono un percorso ben diverso dal resto dei loro corpi.
«Ora va e datti da fare.»
Meccanicamente, la vera bestia del gruppo si voltò, sferrando un unico montante ad un altro lupo in arrivo, lasciando distintamente percepire lo scricchiolio delle ossa rotte. Poi saltò verso l’alto, a braccia aperte, atterrando con il suo enorme corpo e la sua terrificante mole su altri due di quei cani troppo cresciuti. L’erba si tinse di un rosso quasi disgustoso, ed il suono fu quello dei liquidi che, in un solo attimo, cercano la fuga da un qualsiasi involucro. All’improvviso, quei due animali, nella mia testa, venivano rappresentati come niente più che due tubetti spremuti. Mentre lasciavo affondare la lama, in verticale, nel cranio di un ennesimo animale, non potevo che ritenermi a mio modo divertito.
Stavo quasi perdendo di vista quei due ragazzini che si erano gettati in modo così avventato nella mischia.
Ascoltò il richiamo di quel tipo che aveva un nome come un volgare rutto. Reel. Distraeteli, aveva detto. Sarebbe stato divertente vedere cos’avrebbe combinato.
Lasciò scorrere in avanti il suo compagno di battaglia, a questo scopo. Due metri di defunto ambulante per poco meno di larghezza e muscoli ovunque che cercava di urlare, a suo modo, nonostante le corde vocali amputate. Il risultato fu un quasi comico richiamo, del tutto simile a quello tipico dei nostri avversari.
Occhi a me, sembrava a dire, prima di avventarsi sui due avversari, in maniera quasi suicida. Bello sforzo, per un essere già defunto. Puntò a travolgere il lupo più vicino, allargando il braccio, stringendo il palmo in un pugno, preparandosi a colpire con violenza.
Io?
Io estraevo il mio machete dal fianco di un’altra bestia. Ero sudato, avevo il fiatone e cominciavo davvero da essere stanco, ma se avevo fatto bene i miei conti avevo capito dov’era il cuore di quegli animali, ed una volta che hai le mani sul cuore di qualcuno, il passo per fare male è davvero piccolo.



Statistiche: ReC (250) ; AeV (175) ; PeRf (125) ; PeRm (250) ; CaeM (175)

Stato Fisico: Principi di stanchezza, muscoli leggermente indolenziti.
Stato Psicologico: Ottimale.
Riserva Energetica: 100%
Dominio: Evocatore.
Evocatore; Effetto passivo: Per via degli studi affrontati e anche per via di una certa predisposizione alla materia evocativa, ogni evocatore può vantare di un tempo di evocazione superiore a quello di un comune mago o druido. Difatti le sue evocazioni sorgeranno sul campo a tempo zero, istantaneamente, senza bisogno di concentrazione ma solo di un consumo energetico.

Machetes: Non ditemi niente, ma per me i bisturi sono roba da pederasta. Solo i fighetti della chirurgia operano con strumenti del genere. Dov'è il brivido? Dov'è la passione? La rabbia nascosta in un filo di ruggine? Non c'è molta roba più lussuriosa dell'atto catartico e liberatoria del movimento libero e puramente istintivo di una lama che scende ad aprire in due uno strato d'epidermide, poi un muscolo, poi un organo vitale, poi una vita. È troppo poetico per rifugiarsi dietro un bisturi, davvero. È per questa ragione che, se proprio un pirata (perchè è questo che siamo, nonostante tutto: pirati della peggior specie) deve girare armato, io ho rivolto la mia attenzione ai coltelli più affilati che mi ha passato il convento. Eccomi quindi con due coltelli di una trentina di centimetri circa di filo infilati ai lati della cintura, uno a destra e l'altro a sinistra, con il manico rivolto verso l'alto. Sono formati da un unico blocco di metallo, taglienti lì dove si trova il filo, più ergonomico lì dov'è l'impugnatura, a formare la sagoma di una stretta di mano ricorperta da bende bianche, ormai sporche da macchie di sangue della provenienza più disparata. Non sono nulla di eccezionale, ma che devo dirvi, è il fascino retrò del puro blocco d'acciaio stretto in mano che ti dà il potere di scelta sulla vita e la morte in un solo attimo.
Tra parentesi, una scelta quasi obbligata.

Dead Men Walking: Non è curioso come i cani si affezionino ai loro padroni? Come i fedeli si aggrappino insistentemente alle gambe dei loro creatori, dei loro dei, ciecamente, come a credere che diventarne l'ombra possa essere la massima aspirazione di una vita? Ho passato mesi a pensarci, mentre osservavo i miei capolavori.
Sapete, sono sempre stato particolare in quel che ho fatto, soprattutto nel mio lavoro. Ma si, quello del chirurgo. Ho sempre cercato di sperimentare e provare nuove vie, lavorando su vivi e morti di ogni tipo. Ammetto di aver sempre fatto distinzioni al riguardo, sono sempre stato di mentalità chiusa e mi sembrava offensivo per i vivi preferire a loro i defunti, qualora ne capitasse l'occasione. Il problema dei vivi è sempre stato trovarli, piuttosto. Quindi mi è spesso capitato di dover mettere mano a bei corpi già prossimi al consumo del tempo, o malati, o malconci. Questo ha offerto alla mia collezione, in ogni caso, una merce piuttosto variegata. Ed il risultato, alla fine, era lo stesso. Come ho detto prima, ancora non so perchè questo accada. Le malelingue sostengono che sia la mia anima putrida ad attrarli, il mio spirito venefico, il mio fascino dal puzzo di pece. Quando ne ho bisogno, previa apparizione di lingue d'ombra che crescono dal terreno a delinearne i fatiscenti corpi, le mie creature accorrono in mio aiuto. Deliziosi. Non riesco mai ad evocarli oltre i tre metri di distanza dal mio corpo, ma riescono sempre a fare il loro lavoro. È sempre bello ammirare come eseguano perfettamente i miei compiti e si adattino ad ogni situazione. Inoltre, pregevole caratteristica utile per dare un tono all'ambiente, una volta richiamata, ogni mia creatura sparisce solo qualora io lo voglia. Beninteso, semplicemente significa che, se distrutta, i suoi brandelli continuano a restare sul campo di battaglia, non svaniscono. Oltre una certa quantità di tempo, anzi, smettono persino di muoversi, a causa della poca energia che sono in grado di sviluppare. Solitamente non durano più di un attacco, ma posseggo tipi e tipi di esperimenti. Averli con me mi fa sentire a casa, anche se effettivamente a casa possedevo decine di modelli differenti per caratteristiche, virtù e difetti. Questo, ad esempio, è il mio catalogo.

nemesis_ Questo zombie è gradevolmente particolare. Il suo viso è una maschera di pelle e ossa esposte, segnate casualmente da cicatrici per tenerne insieme le parti. Il risultato è un orrido ritratto di crudeltà e disgusto, e personalmente tutto questo è adorabile. Il suo occhio destro è coperto da uno strato di epidermide cicatrizzata, mentre il restante, sottile ed affilato come un rasoio, è totalmente bianco, bordato da un contorno sanguinolento. Il suo sorriso è una mandibola esposta, lasciata aperta e digrignante. Ossa artificiali ripercorrono la sua struttura corporea fondando un leggero scheletro che sembra cerchi di uscire dalla sua custodia di pelle e cuciture, creando un insieme di muscoli orripilante. La massa corporea è superiore a quella di un uomo normale, avvolta in vesti di cuoio scuro. La sua forza è superiore alla norma, ed è su tale caratteristica che il Nemesis fonda la sua utilità. Ne posso evocare solo uno per volta.
Nemesis possiede un potenziamento medio al parametro corrispondente alla forza fisica nel turno in cui è evocato. L'evocazione possiede un'energia in meno rispetto a quella del suo evocatore (quindi bianca).
- Medio -

Riassunto: Sinteticamente, mi butto nella mischia e, mentre combatto, evoco Nemesis a darmi una mano. Il turno termina con Nemesis che si avventa su di un lupo, quello ignorato da Reel, con l'intento di affrontarlo con un pugno. Vi domando scusa per il ritardo, ma tra la laurea incombe e devo terminare tutto entro fine settimana, vi chiedo scusa ancora.
 
Top
K i t a *
view post Posted on 19/9/2012, 14:01




Night's Watch ❞.
LA PRIMA NOTTE
separatore




Cominciò a rallentare la sua corsa, mentre il gatto tra le sue braccia miagolava più forte, lamentando la posizione scomoda. Si fermò in un vicolo stretto e buio, e lo lasciò andare, adagiandolo dolcemente a terra; quello si stiracchiò, sollevando il posteriore mentre il busto creava un arco, sfiorando il terreno con l’addome. Lo fissò compiere quelle operazioni metodiche, mentre cercava di rallentare il proprio respiro; poggiò la schiena sul muro e chiuse gli occhi, respirando a fondo. Aprì gli occhi dopo pochi secondi: aveva avvertito un fruscio. Si guardò intorno, ma era impossibile scorgere qualcosa nel buio fitto. Il gatto teneva le orecchie sollevate e la coda dritta, perpendicolare al suolo, come se aspettasse qualcosa.
A un tratto una voce, dolce e tranquilla, femminile, si propagò nel silenzio: «Qui, Salem». Era poco più di un sussurro, ma nel silenzio tombale fu chiaro; subito il gatto si mosse in direzione della voce, verso l’angolo del vicolo. Samael riuscì a cogliere solo una mano piccola e sottile, su cui il gatto si strusciò. « Hai salvato Salem» disse lei. Un altro fruscio e finalmente poté scorgere una minuta figura avvolta in un mantello argenteo; quella si mise di fronte alla guerriera e abbassò delicatamente il cappuccio, mostrando dei lunghi capelli biondi e dei grandi occhi verdi, fissi su quelli di Samael. « Il mio nome è Kim, la Strega di Alnitak.» si presentò quella « E il tuo?» chiese infine, mentre il gatto si strusciava contro la sua gonna.

Allora c’è davvero una strega, pensò lei mentre la scrutava. Più che dalla bellezza era colpita dall’aura di fascino che la donna emanava; qualcosa le diceva che era più pericolosa di quanto in realtà mostrasse. « Mi... mi chiamo Samael...» rispose, con grandi difficoltà nel parlare: la stanchezza era ormai insopportabile. « Alcuni suoi vicini mi hanno scambiato per lei, signora. Gente... gente cordiale» disse infine, chiudendo gli occhi e sorridendo leggermente, stremata. «La cordialità non appartiene alle pulci. Sembri stanca. » rispose la donna, sorridendole e voltandosi « Seguimi» ordinò, sparendo poi nell’oscurità. Samael le andò dietro, arrancando con difficoltà. Non faceva caso a dove lei stesse andando, troppo debole per opporsi in qualche modo si limitava a ripercorrere i suoi passi all’interno del vicolo. Al tocco della donna su di un muro si spalancò un passaggio e la seguì al suo interno, camminando nell’oscurità per interminabili minuti.
Finalmente a interrompere l’oscurità fu il traballare di diverse candele all’interno di una piccola stanza. Una volta dentro la strega si tolse il mantello, per poi voltarsi verso di lei. C’era qualcosa nel suo aspetto di estremamente familiare, e senza un motivo apparente sentì una fitta di paura percorrerle il corpo. «Aspettami qui » intimò, sparendo dietro una porta di legno. La guerriera si guardò intorno e afferrò una piccola poltrona, avvicinandola al basso tavolino. Dopo pochi istanti la donna tornò, reggendo in mano una ciotola di legno povero, il cui contenuto emanava rivoli di vapore, nonché un odore a dir poco nauseabondo. « Prendi» intimò nuovamente; lei la raccolse nuovamente, osservandola. « Cosa... cosa è?» chiese, titubante. « Non chiedere, mangia. Ti rimetterà in forze.» rispose lei. Samael decise di fidarsi; accostò la ciotola alle labbra e cominciò a mangiare.
Il primo impatto fu dei peggiori: le prese subito un forte conato di vomito. Il secondo sorso fu doloroso come se le stessero tagliando le viscere. Il terzo parve gradevole. Non aveva idea di cosa stesse bevendo, pregava la sua buona stella di non aver commesso un grande, grandissimo errore. «Perché hai salvato Salem? » chiese. Lei alzò leggermente le spalle: «Era la cosa giusta da fare. Se la prendevano con lui perché non potevano avere... te ». « Non potranno mai avere me, certe forze non si estinguono prima del tempo. Sei straniera. Cosa ci fai qui?» interrogò ancora. «Cerco informazioni in merito ad una vecchia storia di Dorham. Avete mai sentito parlare dei Nemarchos e dei suoi Lupi? » rispose. La domanda parve colpirla, e s’irrigidì di colpo. Fece un passo indietro e la scrutò sospettosa: «Ti manda il Cavaliere? ». Samael aggrottò le sopracciglia, colpita dal titolo usato dalla donna. «Cavaliere? No, niente del genere » disse.
Lo stomaco prese a bruciarle all’improvviso. La strega parlò ancora: «Chi ti manda allora? ». Si poggiò una mano sull’addome, per poi rispondere: «Mi manda un capitano, non so perché gli interessi questa storia, eseguo la richiesta ». Il bruciore dilagava, espandendosi su tutto l’addome, come se le viscere le andassero a fuoco. «Un capitano. Quindi non sapete nulla del Cavaliere? » insistette lei. « Ugh. No. Nulla. Chi è? Un vostro nemico?» cercò di rispondere. «Più vostro che mio, da ciò che dici. Lui vuole distruggere anche il ricordo di Nemarchos, e lo farà questa notte. » disse con semplicità lei. Samael strinse con forza le braccia intorno alla pancia, cercando di non perdere la concentrazione: «C-cosa... perché? » chiese. «Il Cavaliere si affida alle vie dell'Oscurità, vuole risvegliare l'Ombra. Dopo stanotte, nessuno ricorderà nulla di Nemarchos, dei Lupi o dei Guardiani». «L'ombra? Laurens... perché vuole cancellare il loro ricordo? Cosa... cosa facevano i Lupi? » il panico cominciava a crescere, più forte del dolore. « I Lupi erano una compagnia mercenaria, ma quella notte...» un fremito la scosse, interrompendo per qualche secondo il racconto «...sono diventati Guardiani della Notte, il loro Comandante si sacrificò come Custode. Stavo andando dall'unica persona che puoi fermare il Cavaliere, quando ti ho incontrata». Cominciava a sentire l’acre sapore del sangue in bocca, mentre il dolore era sempre più acuto. Una parte di sé desiderava morire, un’altra, più forte e prepotente, continuava a lottare, desiderosa di arrivare sino in fondo per poter aiutare Laurens, il solo motivo per cui si trovava in quel posto. Mugolò leggermente, stringendo gli occhi «C-chi? » chiese. La strega distolse lo sguardo: «Stai soffrendo? » domandò di rimando. Non aspettò una risposta e sparì nuovamente oltre la porta, tornando con un bicchiere di liquido verde. Glielo porse e ordinò di nuovo: « Bevi questo». Lei scosse la testa, spingendo il busto in avanti « Non... non ha importanza... devo... avvisare lui...». « Quello che ti ho dato da mangiare, se non accompagnato da questa bevanda, ti ucciderà. Bevi, poi andremo dall'unica persona che può aiutarti.» spiegò con semplicità. Dopo quelle parole la guerriera afferrò il bicchiere, facendo sparire la bevanda in pochi sorsi. L’effetto fu immediato: il bruciore si attenuò, il respiro prese a tornare regolare, le forze aumentarono. Stava bene, eppure… eppure qualcosa non tornava. «Molto bene. Andiamo adesso, la strada non è molta, ma nemmeno il tempo. » disse la strega, per poi voltarsi e allontanarsi. Samael si limitò ad alzarsi e a seguirla, sempre più desiderosa di vederci chiaro in quella bizzarra storia. Per un pezzo ripercorsero il tragitto precedente al contrario, ma a un certo punto svoltarono nel punto opposto di un bivio, proseguendo il cammino nel buio. « Siamo arrivati.» informò la voce tranquilla della donna.

Una luce fortissima le investì, rendendole impossibile vedere. Pian piano si abituò a quel fascio e riuscì a notare una grande sala luminosa e di fronte a loro un vecchio coperto di stracci.
Ci siamo, pensò con decisione.




separatore



VARIE ED EVENTUALI



FORMA UMANA
× REC 175 × AEV 125 × PERF 125 × PERM 150 × CAEM 150 ×


PASSIVE


PRESENZA ANGELICA Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
FOR I AM IMMORTAL Fenrir era molto più che una semplice spada per il suo primo possessore: si trattava di un trofeo, della prova tangibile che testimoniava la sua grandezza e -benché non molti ne fossero a corrente- la sua contiguità con un mondo che non era quello dei semplici umani. In Nemarchos risiedevano infatti due nature che sopravvivevano grazie ad un rapporto di perfetta simbiosi, condividendo un corpo che tuttavia era tenuto a subire delle trasformazioni; nonostante questo, quel corpo era in grado di sopravvivere a battaglie estenuanti, di sopportare ferite che avrebbero stroncato qualsiasi altra vita. Questo era dovuto al suo retaggio, a quella doppia natura selvaggia e pragmatica insieme, capace di scatenare una forza vitale ben più salda nella sua linfa di molte altre. Alla morte di Nemarchos, questa forza era ancora così vigorosa, così contraria alla prematura dipartita, che venendo cacciata dal corpo andò a nascondersi nell'oggetto che all'uomo era stato più caro, e che insieme era testimonianza di questa sua particolare natura. Pur rimanendo quiescente all'interno della lama, la forza vitale di Fenrir si trasmette al portatore, rendendolo capace di sopportare un numero virtualmente infinito di ferite, che sembreranno rimarginarsi immediatamente (nonostante i malus a queste afferenti, quali sanguinamento, perdita di forze, incapacità di movimento ecc. ecc.), rendendolo di fatto immortale. L'unica maniera per uccidere colui che possiede la Zanna dei Lupi, è decapitarlo [Abilità Passiva - Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione].
L'ABITO FA IL MONACO Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lucifero saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni.

ATTIVE


ENERGIA
17/100


STATO FISICO


Ferite di bassa entità e contusioni lungo braccia e schiena.

NOTE


Nulla da dichiarare u.u
 
Top
view post Posted on 21/9/2012, 17:18
Avatar

storyteller
······

Group:
Member
Posts:
4,680
Location:
mnemonia

Status:


7gGwP

THE MOON AND THE BRAVES
NIGHT'S WATCH :: FIRST NIGHT

VI
Heart of Courage


Oh, life is bigger,
it's bigger than you,
and you are not me.
The lengths that I will go to,
the distance in your eyes.
Oh no, I've said too much.



Θ


{ Sole Notturno - Piana dei Lupi }

I due lupi più grandi osservarono la scena della battaglia apparentemente impassibili.
Solo quando Raan tentò di coinvolgerli, attaccando, svicolarono agilmente, balzando di lato, ma senza snudare le zanne o dare l'impressione di volersi unire alla mischia. Entrambi sembravano concentrati su Nemesis, come se l'evocazione del Dottore li avesse spaventati.
A vederli così, tutti gli altri lupi cessarono di combattere e si riunirono intorno al capobranco.
Improvvisamente l'aria venne squarciata da un urlo selvaggio che pareva provenire dal castello. Nubi pesanti, cariche di pioggia, parvero confluire dal nulla, oscurando il pallido lucore argentato di luna e stelle.
I lupi iniziarono a girare in tondo, guardando in ogni direzione -come se si aspettassero un attacco da un momento all'altro. Ma non erano i tre uomini che temevano, c'era dell'altro, doveva esserci.
Un rintocco, secco, fece da contraltare all'urlo.
A qualche centinaio di metri di distanza, il rumore delle catene che sferragliavano, il ponte levatoio arrivava a terra con un tonfo sordo, unica via per superare quell'acquitrino fangoso che un tempo era stato un fossato.

I lupi sollevarono il capo tutti insieme,
e per qualche attimo rimasero ad osservare l'apertura spontanea del Sole Notturno.
Infine il capobranco abbassò il muso, allontanandosi in fretta. Tutti gli altri proseguirono.
La via per il maniero era libera -e lo stesso castello sembrava invitare il terzetto a proseguire.
Un nuovo urlo, ancora più agghiacciante. Poi, il silenzio.


Θ


{ Circo delle Pulci - Corte dei Miracoli }

Bussarono alla porta, il Maestro si voltò di scatto, rivelando così tutta la tensione accumulata fino a quel momento.
Quasi come se potesse vedere anche attraverso il legno con quei suoi acquosi occhi ciechi, l'anziano sollevò stancamente la mano destra.
Entra pure, Bowen.
La testa rossiccia di un uomo che doveva aver superato i quarant'anni fece capolino.
Aye, m'lord.
A cosa devo questa interruzione?
L'uomo osservò Ludvic, indeciso sul da farsi. Evidentemente si trattava di notizie importanti.
Parla pur--
--e credo che potremmo anche finirla!” sbottò la Strega, aprendo definitivamente la porta e superando l'attendente. Dietro di lei veniva Samael, vagamente stordita dalla nuova percezione del mondo che stava sperimentando.

Il Maestro si accigliò.
Cos'è questa storia? Perché sei qui, Kim? E chi è quella donna?
Senza scomporsi, la strega raggiunse la parte più distante dallo scrittoio, adocchiando lo scrigno in cui era stato riposto il medaglione. Passò le dita affusolate sulla parte esterna, una piccola cornice d'oro bianco, finemente cesellato.
Per lo stesso motivo per cui hai tirato fuori questo” rispose, enfatizzando eccessivamente l'ultima parola. “Ho scoperto qualcosa di davvero interessante, Aemon.
L'irritazione del Maestro crebbe -Ludvic riuscì a notarlo: si toccò ripetutamente la catena che portava al collo, ma non osò interrompere la donna, evidentemente portava grosse novità nel suo carniere.
Il Cavaliere ha avuto un contrattempo, non è riuscito a scovare la donna giusta.
Ancora, il Maestro non disse nulla. Tutti tacquero.
Ho guardato nelle luci della cintura--
Quelle visioni sono sempre incerte, poco attendibili.
Aye, ma sembra che ci siano tre ombre che giocano contro il Cavaliere.
La Strega fece un mezzo sorriso rivolto a Ludvic.
Lui guiderà le forze contro l'Erede. Abbiamo ancora tempo, Aemon.

Il Maestro lasciò scivolare le dita sulla stoffa degli abiti che indossava, incerto sul da farsi.
Sicuramente quelle recate da Kim erano buone notizie, ma loro da soli non sarebbero riusciti a fare granché: potevano disporre di pochi uomini, avevano un lungo cammino da coprire in brevissimo tempo e comunque...
...e comunque non potremmo fare molto, senza il Custode.” “Per questo ho portato lei.
Aemon si voltò verso Samael -incredibile come riuscisse a individuare la presenza delle persone all'interno di una stanza pur non vedendole, solo attraverso il loro odore.
La ragazza?

Lei ci porterà dal Custode.
Il volto attonito del Maestro perse ogni colorito. C'era solo una spiegazione.
Le hai dato...” “...la Tremenda Maestà, aye.

—◊—◊—◊—◊—◊—◊—


Note del Quest MasterHere we are. Ci apprestiamo alla parte conclusiva. Chi sono le ombre che Kim ha visto nella Luce? Chi è il Cavaliere, chi l'Erede? Ok, sembra una puntata di Mistero così. Rewind.

Shinodari, Drag & Ace: I lupi vi hanno abbandonati, non gli è piaciuto il vostro modo di menare le mani. Brutti cattivi. In compenso, ora la strada per il castello è libera. O almeno così sembrerebbe. [Tempo Rimanente: 55m]

Orf, Kita: Ed ecco che tornate ad incontrarvi. Credo che nel post sia tutto chiaro (per quanto possibile). [Tempo Rimanente: 2h]

Kita - Ottieni il seguente potere (da utilizzare solo nella presente quest).
CITAZIONE
« rex tremenda maiestatis »
Nessuno conosce il reale nome di quella misturba biancastra con venature vermiglie. La sua stessa esistenza è avvolta da un alone di mistero: molti sostengono che non esista, altri che sia un estratto di foglie d'Aconito impreziosito dal sangue di un qualche animale potente e sconosciuto. Nessuno ne conosce la ricetta, ma si mormora che solo le Tre della Cintura sappiano come prepara questo potentissimo veleno che, se accompagnato da un bicchiere di Shemie'e diventa una pozione dagli effetti sorprendenti.
Il principale è la capacità del soggetto, di iniziare a percepire i poteri negativi, riuscendo a vedere la dimensione dell'Ombra come sovrapposta alla propria reale -individuandone i vettori, coloro che a lei si sono venduti, percependo l'utilizzo di suoi poteri, anche all'interno di un'area discretamente vasta. Ai suoi occhi, le maglie della Trama Nera saranno perfettamente visibili.
Potrà addirittura indagnare la natura di queste sensazioni, ma solo concentrandosi esclusivamente su quello.
Inoltre, egli sarà in grado di servirsi indirettamente dell'Ombra, lasciandosi permeare dalla Trama Nera e rilasciando l'energia sacrilega sotto forma di una sfera nera lucente, in grado di distruggere ogni cosa al suo passaggio. Tuttavia, il contraltare di quest'ultimo potere è un dazio da pagare alla Trama, un tributo di sangue e sofferenza, perché chi utilizza il potere è nemico e non figlio dell'Ombra.

[Passiva - Auspex sull'elemento Ombra/Sacrilego, il portatore è perennemente in grado di percepire la presenza di Negromanti, Non-Morti, Av. Demoniaci e qualsiasi altra creatura legata all'elemento Ombra/Sacrilego. E' inoltre in grado di percepire distintamente l'utilizzo di una qualsiasi tecnica magica basata sul medesimo elemento, ma senza poterne indagare strettamente né la natura né la potenza.
Consumo Nullo - Una volta rintracciata la presenza di un artificio dell'Ombra, o dell'utilizzo di un potere ad esso legata, il portatore può cercare di indagarne la natura semplicemente occupando uno slot. Se utilizzata in quest, sta al QM decidere quante e quali informazioni dare.
Consumo Nullo, danni Bassi Psionici + danni Bassi Fisici, potenza Media - Il portatore può generare un attacco a bersaglio singolo di potenza media, basato sull'elemento Ombra. La sfera così evocata risulterà di un livello più potente cosntro difese di natura magica, e di un livello inferiore contro difese di natura fisica. L'utilizzo del potere provoca un doppio danno autoinflitto, mentale e fisico -entrambi di potenza pari a Basso.]

E questo è tutto. Per domande, curiosità e bestemmie, usate il topic di Confronto.
Il tempo limite per postare è fissato alle ore 23.59 di giorno 26.
Cerchiamo di non finire in proroga, che ci siamo quasi.
 
Top
40 replies since 13/6/2012, 21:06   1260 views
  Share