Le grida terrificanti tagliarono l'aria notturna cmoe una mannaia affilata.
Erano così disumane ed inattese da lasciare senza fiato, e far tremare le membra.
Fu come ricevere un pugno dritto nello stomaco: l'ansia lo prese rapace, lasciandolo inquieto ed a disagio.
Si guardò attorno febbrile, notando la ritirata dei lupi solo con un istante di ritardo: ciò che catturò la sua attenzione fu il terribile essere putrefatto che si stagliava immediatamente alle sue spalle. Era colossale, solido, ma dal suo corpo si levava un nauseante puzzo di morte e malvagità. Era un cadavere ambulante, un abonimio della natura: Raan rimase atterrito da quell'immagine, incapace di distogliere lo sguardo dagli occhi senza vita delle bestia umanoide.
« Cosa... »
Si riprese dopo qualche attimo, balzando indietro di qualche passo e riprendendo la propria compostezza guerriera.
« E' questo l'essere che ha spaventato i lupi?? », esordì allarmato, incredulo dinanzi ad un mostro simile. Non aveva mai visto, nè udito, nulla di simile: era semplicemente spaventoso, uscito intero e vivido direttamente da un incubo.
« Da quale inferno proviene?? »
Kirin strinse a sè il cucciolo di drago che teneva tra le braccia, un famiglio che Raan precedentemente aveva visto sulle spalle di Elmara. Perchè...?
« Interessante osservazione, Raan. », esordì il giovane guardingo. « Per quanto io sarei interessato ad avere qualche delucidazione in più su tutta la storia. E non parlo soltanto della creatura che sembrerebbe aver spaventato il branco di lupi. Si può sapere che diavolo era quell'urlo? E perché all'improvviso mi sembra di scorgere un chiaro invito ad entrare, quando fino ad un attimo prima un branco di lupi sembrava tutt'altro che intenzionato a lasciarci il passaggio libero? »
Le energie del monaco, tuttavia, erano catalizzate più sul nemico dinanzi a lui che sul Sole Notturno; l'idea di un mostro risvegliato nel sonno eterno della morte per imperversare sul mondo dei vivi gli risultava semplicemente rivoltante.
E, incredibilmente, Ravenue gli si avvicinò poggiandogli una mano sulla possente spalla di carne ricucita e pelle tesa.
Il non-morto immediatamente si accasciò, sfilacciandosi, come se si trattasse di una semplice bambola di pezza, una marionetta priva del suo manipolatore.
« Da dove viene? È un simpatico prodotto di natura artigianale. », rispose, il tono tranquillo e mellifluo. Un sorrisetto soddisfatto aleggiava sul volto del Dottore, come se stesse parlando di un sottoposto capace, o di un figlio meritevole. « Non posso entrare più nei dettagli, o dovrei ucciderti, dopo. O chissà, forse dovrei già cominciare a pensarci. »
De Lussan sogghignò visibilmente pronunciando quella mezza minaccia, una frase a cui Raan rispose silenziosamente con un'occhiata intimidatoria. Improvvisamente aveva perduto tutta la propria benevola ammirazione per quell'uomo, sostituita da sospetto e una buona dose di paura per ciò che aveva evocato, e legato a sè. « I lupi sono stati spaventati da qualcosa sicuramente più pericoloso di loro. Vuol dire che siamo ufficialmente invitati ad un suicidio di massa. Andiamo. Non abbiamo molta scelta, e se dobbiamo morire voglio farlo in fretta. »
« Sinceramente preferirei fosse il "Loro" suicidio di massa. », interloquì Kirin, leggendo tra le righe la tensione tra i due e dividendoli idealmente con la sua presenza. « D'accordo, andiamo, dato che si è deciso di non attendere oltre il resto del gruppo. »
Raan, per nulla convinto, guardò torvo il dottore, annuendo però alle parole dell'altro compagno di battaglia. « Tieni quella cosa lontana da me ed andremo d'amore e d'accordo, Dottore. », commentò, tagliente, ora prendendo le distanze dall'uomo. « Fai strada. »
Ravenue si avvolse stretto dentro al manto nero che indossava, un'espressione rilassata sul volto adulto.
« Tranquilli, anche io sono troppo giovane per lasciarmi morire facilmente. »
Si avvicinarono al castello in rovina, valicando quel centinaio di metri che fino a qualche minuto precedente era stato invaso da orde di lupi feroci. Ad ogni passo, le ombre del Sole Notturno svettavano sempre più prominenti e minacciose su di loro, come se la notte calata sul mondo già non fosse sufficiente a trasformare un rudere in un ricettacolo di paure e orrori silenti.
Fuochi fatui tinti dell'azzurro delle anime perdute si annidavano nel fossato della fortezza, osservandoli immobili nella loro stasi ultraterrena. Quando attraversarono il ponte levatoio calato da chissà quale mano eterna, facendo il loro ingresso nella corte interna, la pesante grata metallica che rinforzava i bastioni calò inesorabile; ogni ripensamento era loro precluso, ora.
« Questo castello ci ama, parola mia. », sospirò il monaco sconsolato. « Giusto per essere sicuri che nessuno di noi potesse avere dei ripensamenti. Che premurosi "Padroni di Casa". », rincarò la dose Kirin. Raan si rivolse quindi al Dottore, l'unico che sembrava sapesse quale fosse la loro missione: « Nuove istruzioni? »
L'amico dai capelli violacei, al suo fianco, si sentì in dovere, non a torto, di precisare. « Se De Lussan vuole farci da guida, non ho nessun'obiezione al riguardo, purché andiamo da qualche parte. Questo cucciolo comincia a pesare e non ho la più pallida idea di come fare a svegliarlo! »
« Perfetto, tanto nessuno di noi voleva tornare indietro, no? Dunque, sempre dritti. »
Ravenue non sembrò neppure pesare le parole dei suoi due compagni: proseguì infatti imperterrito, incurante di ogni altro dettaglio, come se l'atmosfera lugubre o i tanti interrogativi non lo tangessero affatto.
La corte interna del castello era disseminata di sterpaglie, erbacce e una buona dose di incuranza protratta per un paio di secoli. Gli edifici attorno a loro erano chiaramente abbandonati, e tali erano rimasti sino ad oggi: assi di legno inchiodavano porte e finestre di alloggiamenti e magazzini, e non un animale abitava le stalle, nè un soldato s'addestrava nel campo d'armi. Nonostante il buio, riuscirono a scorgere l'alta rovina di una torre tranciata a metà da quello che probabilmente era stato un fulmine - o peggio.
Prima di muoversi in direzione del portone principale al mastio, Raan si voltò verso Kirin, domandando notizie. « Alt, raccogliamo un attimo le idee: tu cosa sei riuscito a scoprire sul Sole Notturno e i Lupi di Dorham? Perchè io ho avuto una nottata terribile - e temo andrà peggio. »
Decisamente, quella non era stata tra le sue missioni più riuscite.
Come al solito, De Lussan sembrò ignorare le idee da loro formulate: « Questo sembra un posto tranquillo. Se volete possiamo riposarci qui per un po', ma con i suoni strani che provenivano dai dintorni preferirei approfittare del fatto d'avere ancora i muscoli caldi e darmi da fare, almeno per identificarli. »
Dal canto suo, Raan approvò il tentativo del Dottore di saggiare la resistenza delle massicce porte chiuse del castello, ma a quel problema sarebbe stato lui, e la sua forza, ad ovviare. « Prima però voglio sapere a cosa andiamo incontro. Non sono propriamente pratico del genere di magie che sfoggiate da queste parti. »
Kirin non fece attendere le informazioni che Raan cercava, concorde con lui sul brainstorming prima della perlustrazione interna. Gli narrò del Cavaliere, l'uomo di cui il monaco aveva sentito parlare alla locanda, e riconobbe il trio con cui per poco non aveva combattuto alla Nuova Virago dalla descrizione di Distruzione. Ciò che restava sembrava il racconto di un empio rituale per squarciare i cieli, o un'apocalisse di simile natura, che non piacque affatto allo Jellbraxi. Una cerimonia con una vittima sacrificale, celebrato quella stessa notte. Non riusciva bene a collocare i tre uomini d'arme, però: l'oste gli aveva detto che lavoravano per il Cavaliere, mentre Kirin ne parlava come se volessero ostacolarlo; che stessero facendo il doppio gioco? Difficile dirlo.
E, forse, tutto ciò non riguardava per nulla il Sole Notturno.
Oppure, tutto vi ruotava attorno, e ciò avrebbe giustificato le grida disumane e le assurde magie che stavano vivendo.
E poi, l'Ombra... Non potè fare a meno di ricordare il crogiolo d'oscurità dal quale era uscito l'uomo eterno delle sembianze di Laurens de Graaff,
"l'uomo che avrà importanza nella tua morte".
« Perfetto. Quindi è inutile stare con le mani in mano. », tagliò corto Ravenue, troncando il filo di riflessioni del monaco. « Qualsiasi cosa stia accadendo qui, non abbiamo dati a sufficienza per pianificare qualcosa. Limitiamoci ad andare avanti facendo il meno rumore possibile. »
Questa volta fu il turno di Raan di ignorare il Dottore. Era sinceramente dispiaciuto per la morte dell'elfa, giustiziata in maniera ignobile e barbara da sconosciuti senza scrupoli. Kirin sembrava aver preso a cuore la sua compagna di missione, anche se solo per qualche ora, e chi era Raan per negare quel sentimento?
« Mi dispiace per Elmara. », disse. « Avremo modo di farla pagare ai suoi assassini. »
Si avvicinò al portone, esaminando gli assi che lo inchiodavano.
« Non penso di riuscire ad aprirle silenziosamente. Chi abita queste rovine sa già che siamo qui. »
Con qualche fatica, tuttavia, riuscì a smuovere i blocchi e ad aprirne i pesanti battenti, entrando così nel castello vero e proprio.
Dinanzi a loro si stagliò un modesto atrio semicircolare, che diramava due alle proprie estremità due rampe di scale di forma convessa che si riabbracciavano su un terrazzamento qualche metro più in alto. Torce consumate costellavano le mura della sala, spente e inutilizzabili. Direttamente innanzi a loro, poi, la scalinata principale si innalzava verso il piano superiore.
« Vado a dare un'occhiata lassù. »
« Di solito è nei piani più in alto che si trova chi si cerca. E nei piani più in basso che si nasconde chi vuole attaccare. Resta visibile e non allontanarti troppo, non dividiamoci. Io salgo a vedere sopra. »
Kirin seguì lo Jellbraxi su per la rampa di scale di destra, in direzione del terrazzamento. Tutto sommato, a Raan non dispiaceva la compagnia del giovane guerriero: sapeva il fatto suo e ne aveva dato prova contro i lupi, ma non solo: non pareva d'indole malvagia, e questo al monaco importava più di ogni altra cosa.
A mezzo-piano, scorsero una lunga fila di porte sprangate; in fondo al corridoio, a malapena visibile per via del buio, un'unica, enorme porta si alzava verso il soffitto, parzialmente divelta - o squarciata - da qualcosa ben più potente di un piede di porco. Impossibile vedere oltre.
La voce di De Lussan si fece sentire dall'atrio sottostante: « Qui vedo un lungo corridoio con colonne ai lati, tante porte e due corridoi. Voi cos'avete trovato? »
« Da quanto riesco a vedere, davanti a noi c'è un corridoio lungo che termina con un ampio portone; una delle due ante sembrerebbe scardinata. Cosa ci sia oltre non saprei... Però lungo le pareti laterali ci sono delle porte chiuse con assi inchiodate. Raan, tu noti altro? »
Raan scosse la testa, riflettendo. Era improbabile che le porte sbarrate fossero state utilizzate di recente, quindi le loro uniche opzioni stavano nello scoprire dove conducevano le porte e i corridoi individuati dal dottore, oppure oltrepassare quella porta scassinata e scoprire chi ne fosse l'artefice. « Io propongo di andare là in fondo. Il Dottore è dei nostri? »
Ravenue li raggiunge, invocando prudenza e, nel caso, di fare dietrofront per controllare l'altra sala. Kirin si prese la retroguardia, mentre Raan si avvicinava alla porta, guardingo, per sbirciarvi attraverso e valicarla.
Non si udiva nulla all'interno, e ciò che si riusciva a vedere dell'interno erano panche in legno ben lontane dall'essere poste in ordine, il più delle quali mezze distrutte o carbonizzante, e ciò che sembrava essere un altare, là in fondo alla stanza.
« Oh oh oh. Una chiesa sconsacrata? Una sala del trono? In ogni caso, avanziamo con prudenza. Ad occhio non sembrano esserci pericoli, ma in questo labirinto sappiamo che c'è qualcuno quindi non abbassiamo la guardia alla prima stanza vuota che troviamo. »
« Perchè devo sempre infilarmi in situazioni inquietanti...? », mormorò lo Jellbraxi a denti stretti, avanzando circospetto. Aveva la pelle d'oca e la paura, sorda, gli stava rodendo il fegato.
« Perché ho come l'impressione che entro breve si farà vivo il comitato di benvenuto? Troppo facile che sia solo una semplice sala abbandonata. »
Contro ogni aspettativa, invece, fu proprio quella: la polvere era ferma, e sembrava che nessuno fosse stato lì da molti, molti anni. Le panche erano fissate al pavimento, per metà bruciate e per metà distrutte, in corrispondenza con lo squarcio nella porta, come se un unico colpo violentissimo avesse sfondato tutto - ma non osavano immaginare quale potenza dovesse avere quel colpo. In fondo alla sala si levava proprio un altare, rialzato di tre gradini. Sulla parte frontale v'era un'ara con un'incisione in caratteri sconosciuti, e, alle sue spalle, una statua: un uomo con un'ampia veste e il volto liscio, privo di connotati, per metà coperto da un cappuccio.
Era evidente che nessuno era transitato qui nel recente passato. I segni di distruzione nella cappella, tuttavia, erano spaventosi. « Che genere di rituale è stato eseguito qui?? », domandò Raan retorico.
L'attenzione di Kirin si focalizzò sulla statua. « Sembra quasi l'effige del Cavaliere... una persona senza identità, come... un volto senza lineamenti... Ma non è possibile... Per caso qualcuno di voi ha qualche idea di chi possa rappresentare quella statua? »
Raan scosse la testa, e anche Ravenue negò qualsiasi conoscenza sull'identità del monumento.
Improvvisamente, un nuovo, lugubre rintocco squarciò l'immobilità dell'aria viziata e stantia di quell'orrorifica cappella.
Poi, una voce lontana, distorta.
"...al terzo rintocco!"
Poi, di nuovo silenzio.
Il primo a proferir parola fu De Lussan.
« Da dove veniva? Ovunque fosse, è quella la nostra direzione. »
« Si sono concorde a seguire questa linea d'azione. Purtroppo non sono riuscito a capire da dove provenisse quella voce; però temo che il tempo a nostra disposizione per cercare di fare qualcosa sia ormai agli sgoccioli, se le mie supposizioni si rivelassero esatte. Se abbiamo solo l'intervallo tra un rintocco e l'altro, considerando come primo quello accompagnato dall'urlo e il secondo quello appena udito,... dobbiamo cercare di ridurre i possibili luoghi dove andare a cercare, prima che scocchi il terzo. Sarebbe troppo scontato tornare indietro ad esplorare la zona che avete intravisto voi, De Lussan? Sono consapevole che potrebbe trattarsi di un tentativo a vuoto. »
« O c'è un passaggio segreto in questa cappella, oppure questo è un vicolo cieco, e dobbiamo prendere un'altra strada » Raan si guardò attorno frenetico, cercando tracce di passaggio, ma la polvere, spessa ed alta, lo fece desistere. « Che facciamo? Torniamo indietro? »
Senza dire altro, si precipitarono fuori dalla cappella, tornando di gran carriera sui loro passi per ispezionare l'ala perlustrata dal Dottore. Raan si concentrò sulle fila di porte, seguendo l'ordine d'ingresso, mentre Kirin e Ravenue corsero a verificare i corridoi soprastanti.
Diviso dai compagni, cominciarono a raggiungerlo flebili voci, come molto distanti, impossibili da discernere. Incerto, lo Jellbraxi proseguì nella direzione di quei rumori, inquieto nell'animo.
Tutte le porte conducevano ad un'ampia anticamera, cui un'alta porta ad arco, priva di battenti, s'affacciava su un enorme salone drappeggiato con tendaggi color amaranto che cadevano sin dal soffitto. Ciò che tuttavia catturò l'attenzione - e l'orrore - del monaco non fu il pavimento in marmo scuro, nè il tappeto sgualcito che correva sino all'alto scranno in fondo allo spazio.
Al centro della sala, due figure umanoidi, argentate, evanescenti, stavano parlando tra loro
Ma non erano umane, nè corporee.
E, forse, non parlavano affatto.
Si fermarono improvvisamente, e li videro.
OT: perdonate il ritardo: sto avendo problemi familiari a non finire e il portatile era scarico, privo di caricabatterie appresso. Ho rimediato solo stamattina. My bad.