Andrea Isabella era una giovane guerriera del Nord, come Arya, e conosceva il suo cognome. Beh, chi non conosceva gli Holstein? Era uno dei più grandi casate del Nord, alla quale erano appartenuti grandi eroi delle leggende e valorosi guerrieri, ma anche grandi lavoratori che mandavano avanti il paese grazie alla forza delle loro braccia e al sudore. Andrea mostrò loro il bivacco dove li avevano veduti la prima volta, poco prima che Atlas finisse nella trappola. Si avvicinarono al fuoco, ed Arya si sedette sull'erba fresca. Le venne offerto del cibo, Arya era un po' titubante poiché non era il massimo nella materia "Relazioni umane" e non sapeva bene come reagire a tanta gentilezza ingiustificata. In effetti, nessuno era stato gentile con lei se non con Neytiri. Accettò la carne e il pane offerti, e ne condivise parte con il Meta-lupo. Andrea continuava a far domande, ad Arya sembrò un po' invadente ma non rispondere sarebbe stato scortese nei confronti di tanta gentilezza, perciò prese fiato e cominciò: «Sono, sono giunta al Toryu...» fece immediatamente una pausa, poiché non sapeva esattamente come continuare. In effetti non aveva una via ben precisa da seguire, ogni tanto sognava di dar sfogo alla sua sete di vendetta cercando gli assassini di Neytiri, a volte sognava invece di poter trovare suo padre, perso chissà dove, solo, vivo ma in cerca di aiuto. Altre volte, aveva semplicemente voglia di lasciarsi tutto alle spalle e cominciare una nuova vita. Cosa l'aveva spinta veramente ad arrivare fino a Basiledra? Qual'era il vero motivo? «Vorrei ritrovare mio padre...» le venne immediato, improvviso, nel bel mezzo della riflessione, involontario. «Partì quando ero piccola in una missione, dal quale non tornò mai. Ecco io... ho sempre pensato che fosse un qualcosa di pianificato... Io sento che è vivo, da qualche parte, e ha bisogno di me...» Tenne a freno le lacrime per lunghi minuti, finchè una non le scese sulla guancia destra, fredda come un fiocco di neve. «Inoltre beh, in seguito ad alcune sventure mi ritrovai sola al mondo, Atlas mi portò via dal luogo in cui vivevo e fuggimmo nella foresta. Mi salvò la vita, poichè nel mio castello venivo spesso maltrattata. Mi portò da una sciamana che mi insegnò la... magia. Ma vennero a portarmi via anche lei, un gruppo di selvaggi e di cavalieri con uno stemma sui loro scudi che non ricordo nitidamente... la uccisero. Da allora cerco vendetta, spero di rivedere quel dannato stemma e capire chi e perchè ha fatto quel che ha fatto...» Arya prese ancora fiato e le lacrime aumentarono, discrete e silenziose. Sentiva il bisogno di aprirsi e sfogarsi come non aveva mai fatto. Anche Atlas abbassò il testone verso terra, con aria di profonda tristezza, mentre il piccolo grifone cercava di attirare la sua attenzione. «Infine, se non dovessi riuscire a portare a termine uno di questi obiettivi, o entrambi, mi piacerebbe trovare un posto in questo mondo, il posto che mi è stato negato... Diventare forte, e magari tornare a casa un giorno con un Nome e il potere necessario ad allontanare chi ha preso il potere al posto di mio padre e che mi ha rovinato la vita.» Era chiaro che Arya si riferisse a suo zio Darius, colui dal quale tutto era partito. Aveva forse parlato troppo, ed era comunque troppo poco rispetto a tutto ciò che Arya aveva sopportato nella sua vita. Si asciugò in fretta le lacrime, il suo volto era rimasto impassibile per tutto il tempo ed il suo sguardo perso nel vuoto.
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