Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Deöwyr VS Rage

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view post Posted on 30/9/2012, 11:50
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C a t a r s i

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wf7NI


'Alchimista del Drago vs Caccia92
« energia Verde, pericolosità C - energia Rossa, pericolosità D »

La Fossa Verde
Fra le più antiche costruzioni di Taanach vi è una fossa da combattimento, conosciuta dagli indigeni come la Grande Verde, un duplice riferimento alle enormi dimensioni della stessa e alla melma verdastra che compone la maggior parte del terreno di scontro, contrariamente alle solite fosse, ricolme della terra rossa del Plakard. Posta nella zona periferia ad est della Città Vecchia, questa imponente costruzione a pianta circolare presenta un unico anello di tribune, nonostante al suo interno siano presenti tre arene, a loro volta circolari -permettendo così agli spettatori di seguire più di uno scontro simultaneamente. Ogni arena è divisa dalle altre da pareti di un materiale simile al vetro, ma enormemente più resistente. Ampi corridoi laterali permettono agli atleti l'ingresso alle zone di combattimento dagli spogliatoi, posti in un seminterrato al di sotto delle gradinate. Le tre arene circolari sono identiche fra loro: tutte di pianta circolare (con un diametro di 25 metri), sono divise in quattro sezioni da quattro camminamenti in marmo, posti a pochi centimetri dall'acqua melmosa, profonda circa mezzo metro, che riempie le sezioni. Al centro di ognuno di questi acquitrini, un pantano di alghe e fango propone una singolare alternativa alla pavimentazione. I quattro camminamenti, ognuno lungo 10 metri e largo uno e mezzo, confluiscono in una piazzetta circolare di cinque metri di diametro, al centro della quale -su un basamento rialzato- è posta una statua della Madre Verde, una donna incappucciata con un libro fra le mani.

Primo Post :: Deöwyr
Player Killing :: Disattivo.
Durata :: Un post di presentazione e cinque di combattimento.
Tempi di Risposta :: Quattro giorni dal post dell'avversario. Ogni giorno di ritardo corrisponderà a 0,25 punti di penalità in sportività.
Regole :: Il duello sarà valutato al pari di qualsiasi scontro ufficiale e saranno applicate le stesse regole. Ogni chiarimento esterno al gioco andrà effettuato in privato o in altre sedi; le trasgressioni in questo senso saranno sanzionate nella sportività dell'utente. La modifica di un post comporterà ben più gravi penalità.
Tempo e Meteo :: Pomeriggio ; Sereno.
Background :: Agli sfidanti verranno comunicati ora e data dell'incontro a mezzo missiva. Verranno fatti entrare nell'arena dai due corridoi opposti, paralleli a due dei camminamenti.


 
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view post Posted on 4/10/2012, 20:45

Esperto
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GOyO8





Zanne ricurve fendevano l'aria, l'avorio sporco incrostato di sangue secco e umori rappresi. Le lame calarono come mannaie verso di lui e affondarono nello stomaco. Sventrarono la carne, recisero i tendini e perforarono i muscoli, spezzarono le ossa. Le sentì frugare dentro di sè, bucargli organi e penetrare in tessuti molli e roridi, e infine riemersero con un risucchio liquido. Calde viscere colavano lungo le scanalature delle protuberanze ossee, e Deöwyr avvertiva la sensazione umida delle intestina rigurgitate fuori dallo squarcio che grondavano sul suo corpo. C'era dolore, atroce e infinito, ma ancora di più c'era paura. Un terrore sordo e pulsante che scorreva nelle vene, un gelo siderale che stringeva il cuore e lo soffocava in una morsa di freddo, cristallizzandolo in una contrazione eterna. La paura si amplificò e lo investì con la forza di mille cavalli in corsa quando il capo deforme della creatura riemerse dalle sue budella e gli sorrise. Un ghigno bestiale, coronato da chiostre di denti fitti come alberi nella foresta, le fauci imbrattate di sangue e resti organici. Il suo sangue.
Il Re dei Ghoul lo fissava, dalle profondità remote dei suoi occhi spenti e lattiginosi. Ciò che lo rendeva così terrificante era la sua forma vagamente umana. Pensare che quella creatura, un tempo, era stata una persona simile a lui, una fanciulla dai lineamenti delicati e vaporosi capelli d'ebano, lo atterriva, in confronto a quello che era diventata. Cranio deforme e irregolare, sguardo perso in pozzi di nivei abissi, naso schiacciato fra zigomi così sporgenti che quasi bucavano la pelle tesa allo spasmo, e un macello putrefatto al posto delle labbra che erano state come raschiate via.
Si immerse ancora nel suo ventre esposto e lo dilaniò, poi tornò a mostrarglisi. I suoi tratti stavano mutando, plasmati da una forza invisibile che li modellava secondo logiche perverse: le ossa si protendevano con scricchiolii secchi, le zanne crescevano, la carne si disfaceva e riassemblava in nuove forme. Affondò diverse volte nella poltiglia ribollente che era diventato il busto del Falconiere, e per ciascuna di esse l'aspetto dell'essere degenerava in mostruosità sempre peggiori, finchè l'elfo non ebbe più davanti il Re dei Ghoul, ma un abominio vasto e informe grande quanto l'universo, e forse di più. Spalancò le fauci e piombò su di lui, fagocitandolo.


cmc1


Deöwyr si svegliò, sudato e ansante, tastandosi il busto alla ricerca di ferite inesistenti: un incubo, soltanto un incubo.
O qualcosa di più? Un marchio, ecco cos'era - riflettè con amarezza. Il segno indelebile del fallimento, l'eco che dal passato riverberava la sua inadeguatezza. Ancora una volta, come tutte le precedenti, si era illuso. Disperato, sprofondato nelle viscere della terra e attanagliato dall'ombra, aveva avuto la presunzione di affidarsi a una fiammella di speranza. E quando si era spenta al primo soffio di vento, lui si era trovato di nuovo al buio.
Si sollevò seduto e scosse la testa per dissipare i fumi del sogno che esitavano a svanire nella luce del giorno. Ma come poteva dirsi certo di essere davvero sveglio, adesso? Che cosa gli garantiva che ciò che vedeva era reale, ciò che toccava tangibile, l'aria che respirava vera? Forse l'intera sua vita negli ultimi anni non era stato altro che un sogno - o un incubo, e lui non si era mai mosso dalla Torre Nera. Forse in quel momento giaceva privo di sensi sotto i ferri di macchinari crudeli, il corpo dilaniato. Come nell'incubo. E come il Ghoul seppellito da millenni in una tomba muffita era convinto di essere ancora una giovane regina rifulgente nella sua splendida città, così lui non si era mai mosso dalla sua prigione. Gli uomini mentono. La realtà mente. Non c'era nessuna ragione per non credere a quel pensiero che l'aveva folgorato. E per un attimo volle addirittura crederci: sarebbe stato tutto molto più facile, se avesse potuto abbandonare per sempre le speranze. Niente più illusioni, niente più delusioni. Soltanto dolore. Solido, concreto dolore. Leale e affidabile. La sofferenza non l'avrebbe mai tradito.
Poi lo sguardo gli scivolò su Astro, appollaiata accanto a lui. Lo fissava con occhi dorati dai riflessi d'oricalco, fieri e selvaggi.

«Ma tu non mi mentiresti mai, vero?»

No, non l'avrebbe fatto. Deöwyr sospirò con un misto di sollievo e delusione, e si costrinse ad alzarsi. Impugnò la lettera posata accanto a lui, rileggendola ancora una volta.


___ ________ ____________________ ________ ___



Il sole splendeva a picco nel cielo terso come un cavaliere dalla corazza scintillante ammantato di una fluente cappa blu oceano. Sparuti nembi rarefatti increspavano la superficie di zaffiro, come pieghe nel tessuto. Niente più che spettri in dissoluzione, ectoplasmi traslucidi che andavano sfilacciandosi all'orizzonte, bruciati dall'ardore della stella.

Deöwyr avanzò lungo il corridoio d'ingresso con Astro abbarbicata sul suo guantone. Pareti opalescenti simili a blocchi di rugiada pietrificata lo avvolgevano in spire sinuose, ma neanche gli spessi strati di vetro potevano soffocare il clamore della folla assiepata sulle tribune. Boati attutiti e ritmati che gli ricordarono il cuore pulsante di una gigantesca creatura. Anche il suo si allineò alla cadenza regolare, dilatandosi e contraendosi al tempo di incitamenti e fischi, mentre si preparava ad emergere dal tunnel di cristallo.
Nel pugno stringeva la missiva che aveva ricevuto il giorno prima. Non ne erano passati più di un paio dallo scontro col Custode al limitare di Vecchia Taanach, quando un individuo misterioso l'aveva fermato per strada con la lettera in mano. Lo avvolgeva un lungo tabarro verde cupo allacciato alla gola; gli occhi erano celati nell'ombra del cappello a tese larghe, aveva lineamenti scavati e il volto butterato. Era il crepuscolo, tinto di arancio e porpora, e le tenebre si allungavano sulla terra come incubi striscianti. L'uomo gli aveva porto la carta rimanendo in silenzio, serrando le labbra spaccate in una linea dura, prima di dileguarsi negli anfratti desolati della periferia.
Nella missiva c'era tutto ciò che occorreva sapere riguardo il grande torneo allestito in città per i membri del Goryo. Nomi e titoli di potenti non significavo niente per l'elfo, ma l'idea degli scontri attirò subito la sua attenzione, ridestando in lui una nuova speranza. Aveva esitato, certo, come ogni volta prima di avventurarsi in una nuova impresa, serrato nella morsa della paura di una nuova disfatta, tormentato dagli incubi delle delusioni passate. Aveva esitato, ma non a lungo: quella era la sua natura, ne era conscio. Ergersi verso il raggiungimento del proprio scopo e precipitare nella polvere, e poi alzarsi ancora. C'era qualcosa di perverso in quel suo continuo ostinarsi, ma anche di essenziale. Era quella perversione a mantenerlo consapevole, determinato. Vivo.
I suoi precedenti tentativi erano falliti perchè partiti dal basso, con penuria di mezzi e risorse esigue. Allo stato attuale non sarebbe mai riuscito a ottenere informazioni degne di nota sulla Torre Nera, neanche con tutto l'impegno suo e di Astro: aveva bisogno di un diverso punto di osservazione.

«Tu non cacci certo al suolo, vero piccola?»

Come lei si librava ad altezze inarrivabili alla ricerca di prede, prima di calare in picchiata come un lampo d'ossidiana, così lui doveva trovare una valida sistemazione da cui osservarsi intorno. E di certo il vincitore di quel torneo avrebbe acquisito fama e potere a sufficienza per poter disporre di simili strumenti. Avrebbe trionfato, ne era certo.

«Preparati allora: andiamo a caccia.»

L'utero di vetro lo spinse fuori dall'accogliente riparo del corridoio, e il Falconiere si ritrovò immerso nel baillame generale.
L'arena era un gigantesco anello di vetro e metallo incastonato nella labirintica struttura di Vecchia Taanach, una necrosi nera e marcia che squarciava la distesa di tuguri. Lungo tutta la circonferenza correva un'imponente tribuna che contornava i tre campi da combattimento contenuti all'interno della Fossa Verde - questo il nome dell'ampio avvallamento. Orde fameliche affollavano gli spalti, parassiti necrofagi in fremente attesa di una carogna da infestare.

Non certo le nostre, bestie!

Appena mise piede fuori dal passaggio laterale, l'elfo fu investito da un'orgia di grida, strepiti e imprecazioni, e da una zaffata di odore nauseante. Il fetore era insopportabile, e la fonte fu subito chiara: la conca adibita a luogo dello scontro era riempita per la gran parte da un pantano di acqua melmosa e putrido fango; il sole surriscaldava l'acquitrino e faceva ribollire la poltiglia marcescente con un tanfo ancora più penetrante. Quattro passerelle perpendicolari solcavano la marea palustre e la dividevano in altrettanti sezioni, ognuna lunga una dozzina di passi e abbastanza stretta da contenere a malapena due guerrieri affiancati. Il marmo dei camminamenti era frammentato da striature nere e chiazzato di residui organici in decomposizione, soltanto pochi pollici sopra il livello della fanghiglia, dalla quale essudavano sottili vapori mefitici. Al centro convergevano in una piazzetta circolare dominata da una scultura: sopra il basamento squadrato di dura roccia stava eretta la figura di una donna incappucciata, scolpita in un mantello dai profondi panneggi granitici, con un tomo corposo stretto fra le mani: la Madre Verde, così Deöwyr l'aveva sentita nominare.
Sollevò il braccio con uno scatto e Astro spiccò il volo in un frullare d'ali, descrivendo cerchi concentrici sopra di lui.
Il suo avversario ancora non si vedeva, ma sapeva che sarebbe comparso a breve. Un senso di trepidante attesa lo pervase, di fronte alla nuova possibilità. Ingiustificato, perchè provato già molte volte e molte volte disatteso, ma inevitabile. I rumori della folla scemarono fino a ridursi a un brusio distinto, e rimasero soltanto lui e Astro.
Avanzò di pochi passi lungo il primo ponte di marmo, scrutando le verdi profondità del pantano stagnante, gli ammassi di viticci vegetali e i grumi di alghe putrefatte.
Presto al fango si sarebbe mischiato il sangue.
E questa volta, non il suo.


{ D E Ö W Y R }
- i l f a l c o n i e r e -

~ ~ ~



{INFO
    status fisico « illeso
    status mentale « illeso
    energie « 100%
    cs deöwyr « 2xintelligenza
    cs astro « 1xforza, 1xrapidità
    consumi « basso 2, medio 7, alto 17, critico 37

{EQUIP
    carneficina « mano {arma naturale}
    lacrime di ferro « pugnalix20 {riposti}
    artiglio « arma bianca {riposta}
    guanto del tempo « tirapugni + bracciali dello scudo {indossato}
    sole bianco « bomba accecante {riposto}
    stordente « veleno psionico {riposto}
    rigenerante « oppio {riposto}
    energetico « anello del potere {indossato}

{PASSIVE
    CITAZIONE
    Esperimenti } [...] La prima fase, sorta di “acclimatazione” al compagno animale, si era invece conclusa brillantemente. Certo, in principio le cose non furono semplici, e Deöwyr ne porta i segni su di sé: una sottile cicatrice scarlatta, spesso nascosta dai folti capelli color cenere, deturpa il viso dai lineamenti delicati, lascito del primo incontro con Astro. Ma già durante il periodo di reclusione i due hanno sviluppato una sintonia speciale, molto più della altre numerose coppie; un processo proseguito anche una volta evasi dalla torre che ha portato a un’empatia eccezionale. Non possono comunicare, non nel senso comune del termine, eppure il giovane conosce ogni pensiero e necessità del volatile, così come Astro appare partecipe di sentimenti, emozioni e turbamenti dell’amico - sarebbe improprio chiamarlo padrone, perché si considerano reciprocamente loro pari. Non si perdono mai di vista se non per brevi periodi, quando lei deve procacciarsi il cibo, e vivono quasi in simbiosi. L’uno è un prolungamento dell’altra, parte stessa del suo corpo come un braccio o un’ala, anzi molto di più, del suo essere: le loro anime sono fuse in un sinodo di carne e piume. Il rapace accompagna e assiste Deöwyr in ogni occupazione; perfino in combattimento, quando capita di dover fronteggiare per qualunque motivo un avversario, Astro non si tira indietro e lotta al fianco dell’elfo { passiva razziale }.
    Di più: forse per il lungo periodo passato insieme, forse per un effetto inatteso degli esperimenti fisici iniziali cui i due sono stati sottoposti, non solo Deöwyr ha assunto alcune caratteristiche del falco, ma è avvenuto anche il contrario. Nel corso dei duelli Astro si rivela sempre una preziosa alleato grazie alla capacità di utilizzare alla perfezione abilità e tecniche del compagno, talvolta con alcune differenze nelle loro manifestazione, ma con i medesimi effetti { passiva personale }.

    CITAZIONE
    Mutazione } Sono passati quasi dieci anni dalla fuga dalla Torre Nera, e nonostante all'epoca il Falconiere e Astro fossero solo alle prime fasi della Combinazione Fisica, sul lungo periodo sono emersi alcuni effetti di quegli esperimenti. Vere e proprie mutazioni fisiche, come la mano artigliata di Deöwyr, e non solo: l'elfo è infatti di vedere il mondo con gli occhi della compagnia, osservando tutto ciò che si palesa all'attenzione di Astro: panorami, persone, costruzioni. E' una vera e propria vista aggiuntiva che l'elfo può scegliere di lasciare in disparte - e in questo caso le immagini rimarranno al limitare del campo visivo senza infastidirlo nè interferire con la reale visione - oppure di richiamarla per focalizzarsi su di essa, ottenendo così un innegabile vantaggio. Potrà orientarsi al meglio scrutando dall'alto un paesaggio, accorgersi di attacchi alle spalle, e molto altro { passiva personale }. La comunione fisica e mentale fra i due non termina qui: l'elfo condivide le capacità straordinarie (CS) da lui possedute con la fedele amica, spartendosele così in egual misura: della somma totale, metà spetteranno al Falconiere, e metà ad Astro. In caso di CS dispari, il punto in più andrà al personaggio. { passiva personale }.

    CITAZIONE
    Labirinto della Mente } Una mente tormentata, persa nel labirinto di se stessa, senza via di uscite, con insidie sempre in agguato ad ogni svolta del percorso. Come un fortino a lungo sotto assedio le cui difese sono prossime a crollare, ai cavalieri all'interno non rimane che una soluzione, un ultimo disperato tentativo: la sortita. Così l'intelletto di Deöwyr, accerchiato da ogni lato, fugge da sé verso nuove terre da conquistare. L'elfo ha sì imparato a tenere sotto controllo la malia distruttrice che affligge la sua mente, ma soprattutto è divenuto esperto nel manipolare quelle altrui. In particolare, si è concentrato sulle illusioni: per anni ha fatto pratica contro gli avversari, e ormai ha raggiunto una perizia in quest'arte tanto elevata da poter attivare le tecniche illusorie istantaneamente, senza bisogno di sprecare tempo a concentrarsi { passiva illusionista I }. Inoltre, per quanto all'inizio le sue magie fossero rozze, spesso inefficaci e richiedessero alti dispendi di energia a fronte di effetti non sempre soddisfacenti, col tempo il Falconiere ha affinato la sua dote, limando là dove possibile, fino a raggiungere la perfezione pressoché completa. Così ogni illusione da lui generata richiede un dispendio energetico di gran lunga inferiore alle normali tecniche { -5% }, pur non potendo scendere sotto un certo limite { almeno 1% }. In questo modo si garantisce un prezioso vantaggio contro qualunque nemico { passiva illusionista II }.
    Infine, la sua abilità ha raggiunto il massimo grado, superando anche gli incantatori più esperti. Difese che solitamente non crollerebbero cedono di fronte all'inaudita potenza delle sue illusioni, ogni scudo è infranto, ogni barriera spazzata via. Questo perchè le sue tecniche manipolatrici, di qualunque forza, subiranno un sensibile rafforzamento, arrivando a raddoppiare i danni inflitti { passiva illusionista III }.

    CITAZIONE
    Dimentica } Deöwyr sa bene cosa si prova. Conosce la frustrante impotenza di fronte a una forza intangibile, impalpabile, eppure tanto concreta e feroce da sottrarti ogni ricordo più caro. I contorni si fanno sfocati, i colori sbiadiscono, la luce scompare e fauci d'oscurità ti inghiottono. Tutto questo è dimenticare, e l'elfo ha appreso come far provare ciò che tanto lo angoscia anche gli avversari, almeno per una volta. Il primo effetto è che l'avversario tenderà a non fare caso alla presenza di Astro, concentrandosi solo sull'elfo. Infatti il Falconiere esercita un'influenza psionica che spinge gli altri a ignorare del tutto il falco, fino a evitare di attaccarlo o difendersi dalle sue offensive, per focalizzarsi esclusivamente su di sè. Tenteranno in tutti i modi di arrecare danno a Deöwyr, spesso costretti a ricorrere a tattiche grossolane perchè impossibilitati dalla loro stessa furia di annientamento ad elaborare strategie complesse { passiva personale }.
    [...] La sua mente è lo strumento più delicato e prezioso che possieda: l'ha esercitato a tal punto che anche senza consumare particolari energie è ormai in grado di resistere a influenze psioniche di livello passivo: malie di terrore, incantesimi di credibilità e altri trucchetti del genere non avranno alcun effetto su di lui { passiva personale }.

    CITAZIONE
    Le due metà dell'Essere } Nello stesso tempo Deöwyr e Astro, uniti insieme, compongono un unico essere di cui formano le due metà. Complementari l'uno dell'altro, hanno vicendevolmente bisogno di se stessi, perchè presi singolarmente, separati e isolati non avrebbero motivo di esistere. Solo in questo modo acquistano senso. Tanto strettamente correlati che i pensieri del falco sono gli stessi dell'elfo, le emozioni, il dolore. Una volta per duello, se Astro subisse un danno totale pari a Critico, le ferite saranno spartite in parti uguali fra loro due { passiva }.


{ATTIVE
    //

{NOTE
    E infine anch'io ho postato: scusa per l'attesa, Caccia. Naturalmente, ringrazio Coldest per lo splendido banner iniziale. Passando al post, la prima parte è un sogno riguardante gli avvenimenti della quest La città dei Ghoul. Nella seconda cito brevemente la free in corso con Apo, che sebbene non ancora conclusa è ambientata prima del torneo. Per completezza ho riportato già ora tutte le passive con i testi estesi, dal prossimo post farò un riassunto degli effetti. Non c'è molto altro da dire, se non augurarti buon divertimento!

 
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Caccia92
view post Posted on 8/10/2012, 19:54






CANE MANGIA CANE
Dalle origini all'evoluzione

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L'uomo cavalcava sulla strada deserta. Le ombre lo inseguivano, minacciosi rimorsi che tentavano di frenare il suo animale coperto di schiuma e di polvere. Il cuore batteva all'impazzata da qualche parte intorno alla gola, il sudore si era infiltrato sotto le palpebre e i muscoli delle gambe si stavano infiammando. L'uomo non aveva mai cavalcato tanto in vita sua e nemmeno in maniera così frenetica. Dentro la sua testa avvertiva la lancetta che si muoveva inesorabile verso la tacca successiva, scandendo il passato, il presente e il futuro. Suo figlio. Sua moglie. Il parto. La via era dritta e priva di ostacoli, ma sembrava interminabile. Ogni metro macinato si trasformava in stanchezza e la stanchezza si accumulava in fretta. L'uomo spronò il cavallo, ancora e ancora verso un'orizzonte dove l'alba tingeva di fuoco le nuvole.
...non è tuo...
La voce era il sibilo di un serpente a sonagli. Lo tormentava dall'inizio del viaggio, riempiva di furore il suo spirito. Quella voce non aveva ragione di esistere, era solamente il frutto della pazzia di un disperato. Il figlio era suo. Lui aveva piantato il seme nella donna, lui aveva compiuto l'atto. Il patto era chiaro, il patto era sempre stato chiaro.
...il patto è chiaro...
Cos'era, allora, quell'inquietudine che lo perseguitava come una sanguisuga incollata alla schiena? Cos'era quel presentimento di rovina che rendeva così incerti i suoi pensieri?
In lontananza comparvero i primi profili dei bassi casolari e del campanile della chiesa. Man mano che avanzava, l'uomo riusciva a distinguere il colore dei muri, i fiori appassiti sui davanzali, le insegne cigolanti delle botteghe e le sagome in movimento delle carovane dei mercanti. Grit'Ungol non era un paese ricco, non era un paese grande e, soprattutto, non era un paese facile. La piazza principale era solo un misero spazio ricavato in mezzo all'assembramento di abitazioni sgangherate, sede del mercato che si teneva ogni lunedì del mese. Le persone si stavano già dirigendo in quella direzione per barattare le poche cose in loro possesso, in cambio di un tozzo di pane e di una bottiglia d'acqua.
L'uomo oltrepassò la sentinella all'ingresso senza degnarle un saluto, il cuore che continuava a pulsare nel petto come il martello che sbatteva sull'incudine. Ovunque guardasse, volti conosciuti lo osservavano come se desiderassero la sua morte. Tutti a Grit'Ungol sapevano cosa stava per succedere...una donna priva di ovaie stava per dare alla luce un figlio. E il padre era sempre stato sterile.
L'uomo tirò bruscamente le redini. La casa di legno marcio si innalzava su due piani, priva di finestre. Il puzzo di escrementi e povertà lo raggiunse come una brezza velenosa. Smontò da cavallo ed entrò dall'unica porta che dava sulla strada.
...sei arrivato troppo tardi...
In mezzo alla stanza spoglia stava una donna coperta di stracci. L'unico lusso che si era concessa era un lenzuolo steso sul pavimento di terra battuta. La donna stava cantando una canzone al fagotto insanguinato che stringeva tra le braccia.
« Vieni. Vieni a vedere tuo figlio. » sussurrò lei.
L'uomo si avvicinò incerto alla moglie, evitando di calpestare le pozze di liquido rosso che facevano da padrone all'ambiente circostante. Aveva partorito in casa, da sola, nell'agonia silenziosa. Voleva piangere e farsi del male...non era arrivato in tempo.
« Hai...come ti senti? » chiese. Una domanda stupida.
La donna sollevò il viso. Aveva lineamenti delicati, capelli lunghi e sporchi, due occhi azzurri incrostati di lacrime represse. Nonostante la sua condizione, la fanciulla riuscì comunque a schiudere le labbra in un sorriso luminoso.
« Tranquillo, non ero sola. Mi ha aiutato un ragazzo che dice di essere tuo amico. » rispose serenamente.
Dall'ombra emerse la figura di un giovane incappucciato. Il mantello nero scendeva fino ai piedi per coprirne le fattezze e dal suo corpo si sprigionava un gelo incomprensibile. Il suo respiro era un rantolo, il suo sguardo era fatto di ghiaccio. La pelle del volto era percorsa da lunghe cicatrici distorte. Era lui. Era il ragazzo del patto.
...guarda tuo figlio, Harcade...
L'uomo guardò il bambino. In un solo attimo, in un solo istante, Harcade si rese conto del suo errore.
E una risata maligna rimbombò tra le mura della casa, disperdendosi nelle vie del paese e verso l'orizzonte di Asgradel.



¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯45px-Skull-Icon.svg¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯




La risata lo svegliò nel cuore della notte. La luna proiettava una debole luce spettrale sul cimitero, avvolgendo di bianco il marmo delle lapidi disseminate nella valle arida. Adorava quel posto, così silenzioso e privo di vita, immerso nel cuore tenebroso di Taanach. Alcune ossa sporgevano dalla terra come monito agli stranieri, spesse ragnatele pendevano dalle tombe come sottili tende per i morti. Non un alito di vento, non un movimento tra le ombre e i fantasmi immobili di ere passate. Forse aveva sognato quella risata malefica, quell'uomo che cavalcava inutilmente sulla strada fatta di sabbia, quella donna così simile a sua madre. Non ricordava quasi nulla del suo passato fatto di emarginazione, follia e sangue. Eppure...eppure quel sogno riempiva la sua testa di strani pensieri. Avrebbe ardentemente desiderato altri spezzoni della vicenda.
Seppe immediatamente che qualcuno era stato lì. Il puzzo di vita impregnava il suo giaciglio, le impronte erano ancora fresche sulla terra battuta. Digrignò i denti. Avrebbe trovato quell'uomo che aveva interrotto il suo sonno, lo avrebbe scuoiato e appeso alla croce di qualche lapide. Odiava l'umanità. Odiava la società, l'organizzazione e tutto quello che vi era di marcio nelle promesse lasciate a decomporsi al vento. La vendetta ottenebrò i suoi sensi, spingendolo ai bordi del cimitero in cerca di qualcosa da uccidere. Ma non c'era nulla in quel posto, solo un misero pezzo di carta abbandonato tra le carcasse di topi morti. L'unica prova che dava ragione ai suoi presentimenti.
Rage allungò una mano per raccogliere la lettera. Dai lembi neri di stoffa consunta, emersero dita bianche percorse da cicatrici, segni indelebili di un'esistenza volta allo sterminio e alla malattia. Non c'era nulla di umano in lui, solo un riflesso che detestava e ripudiava. Lesse velocemente velocemente il contenuto del messaggio, stringendo sempre più le palpebre da cadavere. Era l'invito ad un grande torneo che prometteva al vincitore gloria, onore e denaro. E cos'erano quelle futili cose per lui? Niente. Ma il suo interesse fu comunque catturato dalle modalità e dal regolamento delle sfide. Persino il nome della manifestazione lasciava intendere lo scopo reale degli scontri. Selezione. Una dura selezione per Taanach. Ecco cosa voleva il Goryo per la città maledetta.

« Cane mangia cane. »

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Rage lanciò uno sguardo al teschio di un uomo che sbucava dagli arbusti. Lo osservò a lungo, pensando al destino di molti guerrieri del torneo. Si chiese se anche quelle ossa, un tempo, avevano partecipato alla battaglia, ed erano cadute nel tentativo di trovare la gloria all'interno del clan. Cosa voleva lui realmente? Era attirato dalla possibilità di squartare e uccidere davanti ad una folla ruggente, alla luce del giorno e senza esitazione. Lo avrebbero elogiato, quei porci, per le sue macabre abilità. . Una dimostrazione dell'odio che covava e della vendetta che un giorno sarebbe calata sul mondo intero. Avrebbero gioito, gridato, esultato...per quello che poi sarebbe toccato anche a loro. Una morte lenta e dolorosa, accompagnata dalla risata maligna di un demone bianco.

« Presto dovrò ripulire l'acciaio. »

Con l'euforia che trasudava dalla pelle, Rage si incamminò nell'alba di un giorno cremisi. Vagò a lungo per le strade di Taanach, attendendo con impazienza che il sole si ergesse nel cielo plumbeo, un'ombra scura che attraversava vicoli sporchi e strade ricolme di rifiuti. Circolò intorno alla sua destinazione, avvicinandosi sempre di più come l'avvoltoio alla carcassa putrefatta. Alla fine giunse all'entrata dell'arena; era una struttura concentrica, dalle antiche pareti di pietra soffocate da rampicanti secolari. Superò un arco crepato e si inoltrò attraverso un lungo corridoio buio. Le voci rimbombavano sulla roccia e ricolmavano lo spazio vuoto come uno sciame di vespe: grida, imprecazioni, urla di sofferenza. La gente di Taanach non doveva assomigliare alla classica popolazione umana...era probabilmente composta da tagliaborse, mostri e tutta la feccia ripudiata da Asgradel. Ma quel particolare non importava a Rage. Lui era venuto per uccidere.
Al termina di una breve scalinata, l'assassino si ritrovò all'esterno. La folla, disposta sulle tribune rialzate, lo accolse come un eroe leggendario. Dinnanzi ai suoi piedi si allungava una passerella di marmo, che sovrastava una gigantesca palude di fango e carne morta. Il puzzo di marcio e veleno si era impadronito dell'aria. Sorrise. Quell'arena doveva essere stata creata appositamente per ricordare ai perdenti la fine che avrebbero fatto. Camminò lentamente in mezzo all'acquitrino, scrutando il profilo che si stagliava al centro della piazzola: un ragazzo -questo sembrava- dai folti capelli color cenere e dallo sguardo fisso e implacabile; vestiva qualcosa di simile ad una casacca e portava un guanto artigliato sul braccio; sopra di lui volava un falco che emetteva deboli striduli. Un falconiere. Ma non importava nemmeno quello...era lì per ucciderlo.
Rage si bloccò proprio davanti al suo avversario, gli occhi bianchi che mandavano lampi di odio. Imbracciò con la mano destra la Spolpa Cadaveri, la falce insanguinata, mentre con la sinistra sollevava il cappuccio. Voleva mostrare all'altro il volto della Morte.






——— R a g e ———

Critico {33%} ~ Alto {15%} ~ Medio {6%} ~ Basso {2%}


Fisico: Illeso.
Mente: Illeso.
Energia residua: 100%
CS: Concentrazionex4

Passive ———
Prima Iride ~ Rennen: Il primo strato è quello della percezione, del riconoscimento. Osservare il paesaggio e scrutare in ogni anfratto, attraverso l'etere che circonda la figura di Rage; egli sarà così in grado di svelare qualsiasi tipo di arte magica presente sul campo di battaglia o qualunque tipo di attacco magico con lo scopo di colpirlo. Le trappole arcane risulteranno ben visibili e le illusioni ambientali non avranno effetto. L'oscurità e le tenebre occulteranno completamente la figura di Rage, a patto che le ombre ricoprano per intero il suo corpo.
Seconda Iride ~ Komat: Il secondo strato è quello dell'immediatezza, dell'assoluto controllo sull'energia. La velocità di generazione della forza magica attraverso il semplice battito di palpebre. Rage può attivare tecniche magiche con il semplice volere mentale, senza sprecare tempo per l'accumulo di concentrazione. Questo stadio garantisce anche un buon dominio sulle riserve energetiche: Rage non sviene raggiunto il 10% delle energie.
Terza Iride ~ Tuer: Il terzo strato rappresenta la potenza, l'odio plasmato attraverso la sofferenza e il desiderio perenne di vendetta. L'occhio incrementa le abilità di Rage, portandolo ai livelli massimi nella creazione della magia oscura. Tutte le sue tecniche magiche infliggeranno danno di un livello superiore rispetto al consumo speso, mentre le tecniche fisiche subiranno un pari ribassamento.
Imputazione ~ Acrimonia: Un cadavere rianimato è tutt’altro che un miracolo, quanto più una maledizione. Occhi che osservano, che scrutano, eppure ciechi. Il guizzo vitale dell’interesse travolto dal gelo della noncuranza. Le membra fredde e tremanti scosse da una volontà assente, recisa ancor prima che il corpo si appropinqui alla decomposizione. Un aborto disconosciuto, l’opera contro natura di un mago improvvisatosi divinità per un attimo, un’ossessione per chi, incrociando lo sguardo, si troverà a fronteggiare Rage e l’abominazione appena palesata. Tale è l’impulso a repellere l’intruso sul campo di battaglia che ogni avversario abbia intenzione di duellare con il negromante, dovrà prima volgere le proprie attenzioni all’evocazione, prendendola di mira nelle offensive seguenti. Questa malia agirà a livello passivo, e sarà possibile contrastarla mediante un’opportuna difesa psionica.

Attive ———
//

Riassunto/Note ———
A te Alchi. La prima parte è -un po' per rispecchiare il tuo post, un po' perché era idea mia- un sogno che narra i fatti del passato di Rage. La scena è ambientata in un paese sperduto, molti anni prima. Credo che si intuisca, dalle varie battute, il significato del sogno. Nella seconda parte Rage legge la lettera e decide di partecipare al torneo. Arriva all'arena, si posiziona dinnanzi a te e attende la tua mossa.
Ho descritto anch'io per esteso le passive, per darti un'idea generale. Buon divertimento!!
P.S. appena in tempo xD
 
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view post Posted on 12/10/2012, 18:37

Esperto
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La statua della Madre Verde proiettava la sua ombra su Deöwyr, cupa e densa come la distesa palustre di alghe e canne marce di cui era la protettrice. Un boato si levò dalle tribune in fermento quando il secondo sfidante fece il suo ingresso dal lato opposto dell'arena. Lo osservò mentre si avvicinava percorrendo la passerella di marmo che fendeva l'acquitrino, una pozza di tenebre nella piena luce del giorno, come un presagio di sciagura. Era ammantato in una lunga cappa nera dalle maniche larghe e avanzava con lentezza, recando con sé il lezzo della morte. Impossibile non riconoscerlo: era diverso dall'odore ammorbante della fanghiglia, qualcosa di più acre e freddo, che ti penetrava dentro e distruggeva ogni speranza, un orizzonte buio e ghiacciato ai confini estremi del mondo, sul quale non sorgeva mai il sole. Superò il basamento e si fermò davanti a lui; nel pugno stringeva una lunga falce ricurva incrostata di sangue, e il Falconiere si chiese quante anime avesse mietuto il filo di quella lama. Quando mosse l'altro braccio intravide un guizzo bianco sotto la stoffa, un bianco insano, il colorito esangue dei cadaveri spolpati dai vermi e dalla putrefazione. Le sue dita erano larve rinsecchite, le carni pallidi ammassi deformi percorsi da trame di cicatrici e solchi che tessevano storie di dolore e tormento su quel fisico martoriato. La tunica modulava pieghe e rigonfiamenti inumani sul corpo deturpato dello spettro, forme sbagliate celate alla vista. Il respiro era un rantolo di sofferenza, ogni movimento accompagnato da suoni molli e tintinnii di metallo. Quando sollevò il cappuccio, non era il volto di un uomo che gli si presentò alla vista - non di uno vivente, almeno. Orditi intrecciati di tagli e sfregi, zigomi ossuti e pelle esangue tesa come vecchia pergamena che pareva dovesse sgretolarsi al primo tocco. E poi gli occhi. Quegli occhi tanto simili alle orbite del Re dei Ghoul, spenti e nivei, abissi lattiginosi che lo fissavano da un altro mondo, da un'altra realtà, sepolti nella desolazione del volto smorto e senza vita.
L'elfo dovette riconoscerlo: era spaventoso. Avrebbe atterrito molti - ma non lui. Troppi orrori aveva vissuto nella Torre Nera per lasciarsi impressionare. Bambini torturati, incroci bestiali, esperimenti crudeli e sevizie di ogni tipo. L'espressione slavata della creatura non poteva incutergli paura, e neanche pietà, ribrezzo o compassione per il suo passato, per ciò che aveva dovuto subire. Vedeva soltanto un cadavere che si ostinava a calcare il mondo dei vivi e gli intralciava la strada: tanto bastava per volerlo distruggere ad ogni costo. Il suo posto non era sopra il camminamento in marmo, ma immerso nel putridume in decomposizione - e avrebbe fatto in modo di ricordarglielo.
La morte in persona gli si faceva incontro, ma lui non ne aveva paura.
«Non temo la morte...» un sorriso beffardo si allargò sul suo volto: capiva bene che quell'ostentazione era tutta a suo vantaggio, ma se l'altro pensava di avere a che fare con un avversario qualunque, si sbagliava. «... perchè l'ho già sconfitta.» Si sbagliava di molto.
Fra i sospiri di ghiaccio e il fantasma aleggiante della Mietitrice, un ricordo affiorò.


stregamorte


Il vento spirava, freddo e crudele, imperversando sulla vallata ghiacciata. Spazzava la conca di cristallo incastonata in una cinta di montagne svettanti e aguzze, risaliva sulle guglie incrostate di brina e precipitava nelle gole frastagliate, si innalzava verso le cime innevate protese al cielo come artigli per poi inabissarsi in neri crepacci senza fondo. Ringhiava, una bestia selvaggia e indomita, un verso primitivo, il respiro dell'universo, e si abbatteva sui fianchi dei monti, sulla roccia martoriata ed erosa dal freddo.
Sotto il cielo d'acciaio Deöwyr arrancava a fatica in mezzo a una tempesta di neve. Con la mano tentava di schermarsi gli occhi dai turbini bianchi che gli mulinavano contro come spiriti maligni gelosi del proprio territorio; il pesante mantello cremisi schioccava e garriva nell'aria sferzato dalle raffiche incessanti, si allungava dietro di lui in una scia di sangue vermiglio sul mondo bianco della landa. Astro era più in alto, a lottare fra le correnti contrarie, il corpo rigido nello sforzo del volo.
Era stato quando il freddo e il gelo l'aveva quasi sovrastato; quando la sua convinzione era venuta meno, e già si rassegnava a fermarsi, adagiarsi sul suolo nevoso e lasciare che la coltre lattea lo seppellisse in una tomba di cristallo, quando l'unico sentimento che lo spingeva ancora a proseguire era solo la paura per la sorte di Astro: era stato allora che aveva scorto la catapecchia, nulla più che un antro incavato nel fianco della montagna, una ferita dai margini slabbrati nella vecchia carcassa della creatura millenaria. L'interno era oscuro e tetro, pervaso dal tanfo di secoli trascinatisi uno dietro l'altro. La strega lo aspettava, quasi attendesse la sua venuta. Ingenuo com'era all'epoca si fidò delle sue parole, portò a termine le imprese richieste, la aiutò a sfuggire alla morte per pochi frammenti d'eternità - e infine fu ingannato.

Una fitta dolorosa lo assalì al ricordo della maledizione infertagli, ma era altro ciò a cui stava pensando, nel presente dell'arena di fango e marmo. Come il cadavere del suo sfidante, anche la vecchia maga non era davvero una creatura viva. Ne rammentò la figura. Le gambe sprofondavano nel terreno ghiacciato, dove la carne cedeva il posto a intrecci vegetali, rami e radici gelate. Lungo le caviglie che sporgevano dalla lastra traslucida risalivano viticci di liane, si aggrovigliavano attorno ai polpacci fino a inerpicarsi oltre le ginocchia: le era impossibile divellere le gambe da quella prigione di roccia e ghiaccio. Il volto era una maschera di rughe spesse e scavate, incorniciato dai sottili fili argentei dei capelli simili a ragnatele. Le braccia secche e atrofizzate, il corpo tutto ritorto su se stesso, ingobbito in una posa dolorosa e contorta come un vecchio tronco nodoso.
La fattucchiera si vantava di aver sconfitto la Morte, di avere ottenuto la vita eterna. Ma poteva davvero definirsi tale quella forma di esistenza? Mentre guardava la pelle arida e secca, le membra ossute, gli occhi cerulei e spenti, di una tonalità turchese simile al ghiaccio, e la metamorfosi in atto, il Falconiere non la pensò così. Mera sopravvivenza ad uno stadio inferiore, ecco di cosa si trattava. Eppure lei si ostinava a chiamarla vita.

Ma se si assegna alla vita un valore tanto basso, forse neanche la morte vale poi molto.

_____ ________________________ _____


NO FEAR OF DEATH
- i'm the darkness, you're my star -





«Non temo la morte»

Era la verità, ma non tutta. Non aveva paura di perdere la propria vita, anzi più di una volta aveva accarezzato l'idea allettante della fine ultima, di una quiete dove sopire ogni preoccupazione, ogni ansia per il passato che svaniva dietro di lui minacciando di lasciarlo senza alcun ricordo, spaesato e indifeso, vulnerabile al mondo esterno; succedeva, specie dopo l'inaridimento di una delle tante false piste verso la Torre Nera, nei periodi di depressione che seguivano i fallimenti. Ciò che invece lo terrorizzava con sincero sgomento era la possibilità della morte di Astro. Al solo pensarci lo aggrediva una disperazione opprimente, non quantificabile, la sensazione del nulla più assoluto - ma non il nulla dopo la vita, bensì quello in vita. Danzava sul friabile orlo dell'abisso, e una lieve spinta avrebbe potuto farlo precipitare nel baratro in una caduta senza fine, lunga quanto l'esistenza. Quello di cui aveva paura era la solitudine. Talvolta si chiedeva se il suo affetto per Astro fosse vera amicizia, o soltanto una deviata forma di egoismo.
Possibile che la sola ragione della loro unione derivasse dalla brama ardente di non rimanere completamente solo in quel mondo estraneo? Possibile che la propria ostinazione nel proteggerla e custodirla fosse in realtà il tentativo di non essere abbandonato dall'unica compagnia che gli restava? Possibile che tutto ciò per cui aveva combattuto, sofferto e ucciso si rivelasse infine soltanto una menzogna?

«no»

Non era così, non poteva essere così!
Non era così, perchè il loro legame andava ben oltre la semplice amicizia che due persone avrebbero potuto stringere, perchè loro erano un unico sinodo di carne e piume, ossa e artigli, perchè la gioia di Astro era la sua, la rabbia di Astro era la sua, il dolore di Astro era il suo. Un unione più forte delle convenzioni degli uomini e dei vincoli sociali: erano un essere solo, loro che avevano condiviso supplizi atroci nella Torre Nera, che avevano sopportato insieme, pianto e sofferto, e alla fine esultato. Le loro stesse anime erano fuse in un intreccio inestricabile, erano come la neve e il vento, la foglia e il ramo, la terra e il fiore. E tutto questo non era una menzogna, Deöwyr ne era certo.
Ne era certo, mentre la guardava volteggiare superba sul campo di battaglia, scrutare dall'alto il loro nemico e prepararsi a combattere con lui, ancora una volta, forse per l'ultima. Ne era certo, perchè avevano condiviso l'intera vita, e allora cos'è la morte di fronte a questo? L'avevano già ingannata, là fra i picchi ghiacciati, avevano superato con l'aiuto l'uno dell'altra le missioni della strega immortale, avevano prolungato il suo incantesimo per uno pugno di tempo.
Ne era certo, e poco importava se anche lei non poteva ribadirlo con la sua voce, se la maledizione della vecchia gli aveva impedito di sentire il suono di quelle parole dolci e soavi come il miele di primavera. Poco importava, perchè ogni risposta di cui aveva bisogno la leggeva nei suoi occhi d'oricalco, nello sguardo umido e infuocato, mite e feroce; nel lampo muto dal riflesso d'ossidiana che saettava e colpiva con la rapidità della folgore; nelle sue azioni di altruismo, nel suo lanciarsi in battaglia con lui senza esitazione, senza temere per la propria vita.
Svanita, qualunque paura era svanita, mentre scorgeva Astro sbattere le ali, una, due volte, e scuotere l'aria immota generando turbini vorticosi sopra l'elfo e il suo avversario.


astrocmc2-1


Pigri tentacoli di vapore si dipanarono sulla palude, viluppi densi di foschia che si avvolsero lungo la statua al centro della piazza, si allargarono fluttuando lenti e offuscarono ogni luce in una caligine lattiginosa. La coltre calò sul campo di battaglia, impedendo la visuale, eppure Deöwyr non aveva paura: era immerso in un buio candido, ma Astro squarciava le tenebre come una stella, la sua guida, la sua amica: chiuse gli occhi e fu un tutt'uno con lei. Vide il mondo dall'alto, attraverso la nebbia fumosa, vide se stesso e la creatura inumana di fronte a lui, a non più di un paio di passi. Vide una cascata d'ombra precipitare verso la schiena dello spettro, uno scroscio di soffice tenebra pronto ad investirlo, ma non l'avrebbe lasciata da sola ad affrontarlo: sempre attraverso lo sguardo penetrante di Astro si vide estrarre un pugnale e scagliarlo contro l'altro, verso quel cuore nero e avvizzito che pompava fiele e polvere nelle vene del cadavere, e subito dopo un'altra scintilla argentea, indirizzata alla gola. Non lo vedeva in prima persona, ma mirò e lanciò senza esitazioni all'altezza dei bersagli, perchè dall'alto lei gli offriva una visuale completa e sapeva che non l'avrebbe tradito.

Le parole gli risuonarono in mente:

«Non temo la morte»

Non aveva più paura, perchè sapeva che se fosse morto Astro l'avrebbe seguito oltre i confini della vita, nel regno del ghiaccio e della notte. L'avrebbe seguito, e non l'avrebbe lasciato mai solo.
Non aveva più paura, perchè lo stesso avrebbe fatto anche lui.


{ D E Ö W Y R }
- i l f a l c o n i e r e -

~ ~ ~



{INFO
    status fisico « illeso
    status mentale « illeso
    energie « 76% {100-17-7}
    cs deöwyr « 2xintelligenza
    cs astro « 1xforza, 1xrapidità
    consumi « basso 2, medio 7, alto 17, critico 37

{EQUIP
    carneficina « mano {arma naturale}
    lacrime di ferro « pugnalix18 {riposti}
    artiglio « arma bianca {riposta}
    guanto del tempo « tirapugni + bracciali dello scudo {indossato}
    sole bianco « bomba accecante {riposto}
    stordente « veleno psionico {riposto}
    rigenerante « oppio {riposto}
    energetico « anello del potere {indossato}

{PASSIVE
    esperimenti « astro partecipa al combattimento + astro può usare le pergamene di deöwyr
    mutazione « deöwyr vede ciò che vede astro + cs divise a metà fra i due
    labirinto della mente « cast istantaneo illusioni + sconto 5% + danni aumentati di un livello
    dimentica « difesa psionica passiva + influenza psionica passiva: il nemico è distratto da astro, si concentra esclusivamente su deöwyr cercando di annientarlo in tutti i modi a discapito di strategie più complesse
    le due metà dell'essere « se astro subisce danno critico lo smezza con deöwyr

{ATTIVE
    CITAZIONE
    Battito d'Ali } Planata, picchiata, volo librato, stazionario. Molti sono i tipi di volo di cui è Astro è capace, uno per ogni possibile situazione, come una solitaria attrice teatrale costretta a cambiare rapidamente maschera per ogni personaggio, senza che il suo vero volto, la sua essenza più pura, possa mai venire alla luce. Fra tutti, c'è poi il volo battente, quando cioè il falco solca il blu liquido del cielo sfrecciando a velocità impossibili, con le ali che battono furiose, senza sosta, tanto che l'occhio umano neanche è in grado di distinguerne con chiarezza i contorni. Deöwyr con un consumo { medio } di energie può rendere sfumati e indistinti i margini del proprio corpo, indefinibili quanto un sogno appena svegli, come se l'elfo imitasse la tecnica dell'amica. I suoi movimenti risulteranno sfuggevoli ed elusivi, a stento riconoscibili dall'avversario inevitabilmente confuso, rendendolo immune da ogni colpo fisico per un certo lasso di tempo. Un'abilità che il Falconiere ha derivato da Astro e fatta propria, ma che lei stessa si riserva di usare nelle situazioni estreme. Tuttavia questo non è il solo modo che Deöwyr conosca per celare la propria presenza: infatti, con un dispendio di energie { medio } sarà in grado di generare nell'ambiente circostante una fitta nebbia che si spanderà su tutto il campo di battaglia, ricoprendo un'ampia zona. La bruma, densa e bianca come le nuvole basse che ricoprono le vette dei monti fra le quali Astro ama sfrecciare, impedirà all'avversario la possibilità di vedere e orientarsi nello spazio circostante, mentre per il caster non ci saranno problemi a penetrare con lo sguardo la cortina. Anche Astro è in grado di generare questa fiumana vaporosa con pochi semplici battiti d'ala, e in questo caso lei sola manterrà una perfetta visuale del terreno di lotta, in modo da guidare al meglio il Falconiere. La tecnica ha durata di due turni.

    CITAZIONE
    Mille Piume } Morte inseguiva da tempo la vecchia strega insidiandola nei modi più subdoli e sottili. Una volte una raffica di vento aveva sfondato la porta della catapecchia e lei era quasi morta assiderata per il gelo esterno. Un'altra, un mucchietto di paglia vicino alla prigione di radici della fattucchiera aveva preso fuoco per autocombustione, rischiando di appiccarle l'incendio. Così la megera aveva pensato di premunirsi dalle future insidie dell'acerrima rivale con un mantello. Non uno comune, bensì ricavato tessendo assieme mille piume di altrettanti uccelli. Infatti quale protezione esiste migliore del manto dei volatili? Protegge dal freddo nel rigido inverno, ripara dalle temperature eccessive quando fa caldo, tiene al sicuro da acqua, vento e qualunque agente atmosferico. La vecchia dunque voleva ricavare il mantello perfetto, unendo assieme le piume di mille esemplari diversi: la leggenda racconta che un mantello di tale foggia possa addirittura rendere invisibile colui che lo indossa. L'ideale per sfuggire a Morte, ma alla strega mancava ancora una singola piuma, una di falco per la precisione: Astro non esitò a concedergliela perché la maga mantenesse poi l'impegno preso con Deöwyr.

    Una piuma cedette la ragazza falco alla vecchia, una soltanto: niente in confronto alle miriadi che la rivestono e di cui lei non esita a privarsi, per scopi ben più importanti. Con un consumo { Alto } di energie le basterà sbattere le ali una volta: da esse inizieranno a piovere piume color della pece, dieci, cento, mille perfino. Una pioggia letale: esse infatti non cadranno uniformemente sul terreno, ma si dirigeranno nella direzione impressa dal movimento. Qualsiasi corpo e oggetto si trovi lungo la loro traiettoria, ad esclusione di quello del Falconiere, verrà colpito e danneggiato con un danno fisico pari ad Alto. I danni provocati saranno ferite da taglio del tutto identiche a quelle inflitte da una lama. Le piume scompariranno nel momento in cui toccheranno il terreno o incontreranno un bersaglio, lasciando solamente la traccia mortale del proprio passaggio.

{NOTE
    La storia della strega è ripresa dal BG del mio artefatto "LadyHawke". Detto questo, ecco il mio attacco: attivo Favore della Nebbia per celare la mia presenza e quella di Astro; lei ti attacca dall'alto alle tue spalle con Mille Piume, indirizzate alla schiena, sperando di sfruttare la passiva che ne svia l'attenzione, mentre io scaglio due pugnali in rapida successione, verso il cuore e la gola, con una mano sola perchè l'altra, mutata (Carneficina) non è utilizzabile per questo genere di cose. La nebbia, essendo castata da Astro, agisce anche sul pg, tuttavia grazie alla passiva che mi permette di vedere ciò che vede lei, ai due CS in intelligenza e al semplice posizionamento dei due pg (uno di fronte all'altro) non ho problemi a mirare. A te!

 
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Caccia92
view post Posted on 16/10/2012, 15:16






Il giorno stava invecchiando e la debole luce del sole scompariva dietro i monti a Nord. Sul villaggio calava la tenebra e le ombre striscianti, insieme alla cecità, portavano anche rimorsi maledetti. Il vento sussurrava parole prive di significato attraverso la sabbia che vorticava sulle strade e sui mattoni delle abitazioni.
Harcade fissava il nulla dall'uscio di casa sua. Era riuscito a rimediare un pezzo di legna per accendere un fuoco e tenere al caldo sua moglie e suo figlio. Avvertiva il crepitio delle fiamme e lo scoppiettio dei tizzoni, ma il suo cuore era comunque attanagliato dal gelo. Accanto a lui, apparentemente a proprio agio e privo di espressione, stava il ragazzo del patto; era alto e snello, il mantello nero che si piegava al vento, il volto bianco percorso da un bagliore innaturale.
« Quel bambino...non sembra... » ad Harcade mancava la voce.
« ...umano? Lo è, te lo posso assicurare. » rispose tranquillamente il ragazzo, il rantolo del suo respiro che si affievoliva.
« Perché ha quelle cicatrici? »
Ci fu un istante di silenzio, un attimo interminabile in cui solo il sussurro della notte calante avvolgeva il paese. Il cuore di Harcade perse un battito quando il giovane lo fissò con occhi vacui e spenti, privi di qualsiasi colore.
« Quello è odio. Una malattia che solitamente si contrae nel tempo, ma che tuo figlio porta già dentro. »
L'uomo rimase interdetto per alcuni secondi, invecchiato di cento anni in un solo giorno. Non riusciva a comprendere nulla di quello che aveva sentito e l'inquietudine, quella sanguisuga attaccata al petto che succhiava la sua speranza, lo stava spingendo a ricredersi sul patto stipulato. Quante sorprese erano ancora celate sotto quei lembi scuri? La domanda successiva sarebbe stata molto più difficile delle precedenti.
« E cosa odia? »
Un sorriso appena accennato, forse di derisione.
« L'umanità. Il bimbo è solo una scintilla di vita in carni martoriate. Il solo fatto di essere nato è già una sofferenza per lui- » il tono di voce del ragazzo era tranquillo, rilassato, come se stessero parlando di questioni perfettamente normali « -è appena giunto al mondo ed è già un assassino. » aggiunse infine. Harcade lo guardò stupefatto e colmo di angoscia. Un assassino? Come avrebbe fatto un neonato ad uccidere qualcuno?
Il giovane dal mantello nero rise divertito.
« Come credi che abbia fatto a creare un bambino da un'ovaia marcia e da seme sterile? » una pausa diabolica, un lampo di malvagità dal profondo dell'inferno...
« Rage è sbocciato dalla pelle di un cadavere. »




¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯45px-Skull-Icon.svg¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯






Cadaveri. Ne vedeva dappertutto, ogni giorno, ogni ora, dall'alba al tramonto. Vedeva cadaveri camminare per la città, cadaveri che si affaccendavano intorno alle botteghe e alle case, piccoli cadaveri che correvano per le strade malfamate di Taanach. Persino in quel momento poteva osservare i morti, centinaia di morti che chiedevano a gran voce il sangue nell'arena: si trovavano stipati sulle tribune di marmo rialzate, una massa putrida che si accalcava e spintonava per i posti in prima fila. Corpi privi di scopo aggrovigliati gli uni sugli altri, sbavando, sudando e urlando come un branco di bestie. Il suo sguardo vagò per le tribune, ma non riuscì a distinguere forme e colori e dettagli. Per lui, quella folla ruggente non era altro che carne marcia stipata e pronta alla macellazione. La sua mano ebbe un fremito, come se volesse protendersi verso quel bordello e porre fine ad ogni suono. Oh, quanto lo desiderava. Trovarsi nel mezzo di uomini inermi, separati dall'inferno solo dal luccichio della sua lama. Per un attimo si dimenticò dei vapori venefici, della poltiglia lurida e verdognola, delle passerelle, del falco che lanciava richiami dall'alto, del ragazzo che lo fissava dall'altra estremità della piazzola. Si dimenticò ogni cosa e sprofondò in un limbo di dolore indescrivibile e ossa bianchissime. L'odio era qualcosa da assaporare, da coltivare e far crescere, l'odio dava le più grandi soddisfazioni; era come una droga potente...un volta assaggiato, non se ne poteva fare a meno. Il bisogno diveniva sempre maggiore, sempre più incontrollato, quasi selvaggio. Non ricordava il passato, ma non riusciva a smettere di provare rancore verso la vita, di provare rancore per ogni respiro e ogni battito di cuore. Quella era la sua essenza: un assassino privo di misericordia.

« Non temo la morte »
non temo la morte


Quel sussurro lo colpì nel profondo, ridestandolo da un sogno ad occhi aperti. Il sole era alto nel cielo e il suo calore si irradiava all'interno dell'arena, facendo ribollire la brodaglia di marciume che stava intorno a lui. Da quel mare di sporcizia si levavano dense volute di fumo grigio, impregnate della puzza dei rifiuti organici. Rage sollevò lo sguardo e vide il suo avversario, scompigliati capelli color cenere su un viso giovane e immacolato. Si domandò per quale motivo era venuto a cercare la morte, se della morte non aveva paura. Quando si perdeva il timore per la fine di ogni cosa, si perdeva la speranza della vita. Quel ragazzo aveva forse rinunciato ai propri sogni? Aveva trasformato il coraggio in pazzia? Ma Rage non si faceva ingannare tanto facilmente. Un uomo, per quanto disperato e vuoto, avrebbe urlato lo stesso nell'attimo in cui la lama sarebbe sprofondata nelle sue carni. Si poteva dimenticare l'esistenza della morte...ma il dolore? Il dolore era troppo forte per essere scacciato dalla mente.

« La morte è l'ultima tappa del viaggio... »

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« ...prima esiste la sofferenza. »


Seppe che era iniziata la guerra della sopravvivenza. La folla ruggì sugli spalti, il marmo tremò sotto mille piedi e zoccoli. Non c'era polvere a vorticare nell'arena, ma l'aria sembrava comunque pesante e soffocante. Da una parte stava Rage, la morte e l'odio, dall'altra il ragazzo con l'artiglio d'acciaio, un'incognita che non temeva la fine di tutto. Faceva caldo quel giorno.
Le volute di fumo venefico incominciarono a condensarsi lentamente, avviluppandosi su pilastri invisibili, attorcigliandosi come rampicanti privi di consistenza. Un manto di nebbia calò a poco a poco sulla superficie del lago di melma e sulle passerelle di marmo, fredda nebbia grigia che si aggrappava alla terra. Dalle tribune risuonò il malcontento, il banco era talmente fitto da non vedere a un palmo dal naso. Il ragazzo scomparve, il cielo e il falco vennero nascosti da un vapore innaturale, miliardi di piccole gocce ammassate in un piccolo spazio vitale. Rage respirò quel fumo gelido e si rese conto che non aveva sapore.
"Questa è magia...e non mi piace."
Concentrò lo sguardo sul paesaggio circostante, lampi di furore che scaturivano dalle pupille bianche come le ossa. Senza sbattere le palpebre, l'assassino lasciò che dalle iridi scaturisse un'onda di puro dolore, un'onda palpabile quanto il marmo su cui appoggiava i piedi. Dovunque guardasse, la nebbia si contorse su se stessa, si ritrasse come un animale spaventato alla vista della lancia. Le pareti di vetro dell'arena tornarono visibili, il cielo si ridipinse di azzurro e il ragazzo riapparve dal suo nascondiglio di condensa. Non gli piaceva combattere all'ombra. Era da vigliacchi, da porci. Forse il suo avversario aveva paura della morte se voleva celarsi dietro la magia. Ma cosa sperava di fare? Quel bagliore...
I pugnali non lo sorpresero. Rage sollevò la falce a frapporsi tra il pericolo e il suo corpo, lasciando che il metallo delle due armi da lancio cozzasse contro il piatto della lama della Spolpa Cadaveri. Se non avesse diradato il banco grigio, in quel momento avrebbe avuto due profonde ferite, una al cuore e una alla gola. Forse mortali. Ma non ebbe comunque il tempo di esultare per quella piccola vittoria: una fitta di dolore lo colse improvvisamente alla schiena. Come una decina di aghi conficcati nella pelle, avvertì diverse lacerazioni aprirsi la strada nella pelle e nei muscoli. Rage cadde in ginocchio, sorpreso dal fiotto di caldo liquido che iniziava la sua corsa lungo la colonna vertebrale; alcune cicatrici tornarono a riaffiorare nella sua mente, fiamme invisibili che mangiavano le scapole e i dorsali. Sussultò, colto da uno spasmo involontario, e sputò sangue sul marmo bianco. Respirare faceva male, rantoli di sofferenza che raggiungevano troppo alla svelta i polmoni. Il suo avversario aveva colto la lezione al volo...al volo...
Rage guardò in alto e vide il falco. Non ci mise molto a realizzare quello che doveva fare. Quella battaglia era impari, non poteva sperare di uscire incolume con il volatile che lo sorvegliava costantemente. E che lo feriva. Tornò a fissare il ragazzo, mentre si rimetteva in piedi con uno sforzo. Digrignò i denti e serrò le labbra per non sputare altro sangue.

« Quella bestia sta con te, vero? »

Era una domanda retorica.
Seguita da una pausa estirpata dal silenzio dell'inferno.

« Vuoi vederla bruciare? »


Senza esitare, Rage allungò una mano verso il cielo, le dita bianche che si protendevano verso l'animale. Urlò come un lupo affamato, ridendo come il balestriere che ha incoccato il dardo. Ma non attaccò, conscio solo del fatto che stava sbagliando bersaglio. Non era il falco il pericolo principale, nonostante le sue intuizioni. Qualcosa gli diceva che il Falconiere doveva essere distrutto, doveva essere annientato per primo. Ritrasse la mano e guardò il ragazzo dai capelli color cenere. Era lui che odiava, non la bestia. Era lui che lo aveva ferito.
Sollevò la Spolpa Cadaveri, lo sguardo perso in una trance diabolica. Con un movimento fluido del braccio, piantò la lama nella melma, in profondità, nelle viscere stesse dell'arena. Quello che tirò fuori era simile ad un uomo, ma di umano possedeva solo i tratti: un ammasso di carne putrescente e marcia, pelle traslucida ricoperta di alghe nere e muschio giallo, occhi privi di vita e ossa sporgenti. Il cadavere si contorse, riportato al mondo dal filo invisibile della negromanzia. Era privo della mascella e l'arcata di denti superiore assomigliava ad una lama seghettata.
"Uccidi".
Il morto si scagliò con furore verso il Falconiere, le braccia protese in avanti per strozzarlo. Lo avrebbe assalito con tutta la sua forza, cercando di serrare le dita attorno al collo, mordendo e scalciando. Ma quello era solo l'inizio dell'orrore. Rage, al principio della battaglia, aveva già scatenato il suo servo più micidiale. E ne era contento.

...

« Temi ora la morte? »










——— R a g e ———

Critico {33%} ~ Alto {15%} ~ Medio {6%} ~ Basso {2%}


Fisico: Danno Alto dal lacerazione alla schiena.
Mente: Illeso.
Energia residua: 100% - (6% + 2%) = 92%
CS: Concentrazionex4

Passive ———
Prima Iride ~ Rennen: Riconoscimento di qualsiasi fonte magica e illusione ambientale. Totale occultamento nelle tenebre.
Seconda Iride ~ Komat: Attivazione istantanea di tecniche magiche. Nessun svenimento al 10% di energie.
Terza Iride ~ Tuer: Danno magico di un livello superiore al consumo speso, danno fisico di un livello inferiore al consumo speso.
Imputazione ~ Acrimonia: Ammaliamento che costringe ad attaccare le evocazioni della Spolpa Cadaveri.

Attive ———
Quarta Iride ~ Devas: L'orbita ellittica dell'iride si avvicina alla pupilla. Man mano che il cerchio si restringe, le abilità derivanti dall'Atsugai si fanno sempre più forti. Al quarto strato c'è la repressione, l'annichilimento e il potere di dissolvere. Rage può annullare definitivamente una tecnica magica spendendo un consumo pari alla potenza della tecnica stessa; l'occhio è in grado di reagire con un quantitativo di energia Basso, Medio o Alto, a discrezione di Rage.
Consumo di energie: Medio

Profanazione ~ Anatema: Imprimendo nell’arma un quantitativo di energia pari a Basso e colpendo al petto un cadavere presente sul campo di battaglia - approssimativamente in direzione del cuore – Rage lo asservisce a sé fino a che sarà sua intenzione. Il prezzo del legame instaurato equivale a un consumo Basso per ogni turno che segue a quello di attivazione, e non richiede l’utilizzo di slot tecnica aggiuntivi; non appena il negromante deciderà di troncare il dazio imposto, il cadavere crollerà giù vittima della fisica perdendo ogni utilità. La spoglia della quale si prende possesso può essere animale, bestiale, umana, demoniaca o angelica senza differenza alcuna. Esso non è che un fantoccio privo di vita e sensibilità; non può infatti saggiare emozioni o sensazioni, e neppure il dolore potrà scalfire l’atarassia di un pupazzo d’ossa e carne putrescente. Sarà gestito dal negromante e non andrà trattato autoconclusivamente. L’evocazione perde ogni funzione una volta che avrà incassato un danno totale pari a Mortale, e la sua potenza è pari a Basso e di un grado energetico inferiore a quello posseduto. Se nel campo di battaglia non v’è alcun cadavere disponibile, mediante un fendente discendente nel terreno, Rage può eviscerare dalla superficie un corpo a proprio piacere purché consono all'ambientazione nella quale si trova. In un castello potrà evocare e sottomettere un cavaliere a lungo dimenticato, così come in un bosco un lupo dal manto logoro e consunto dalla decomposizione. La modalità con la quale ciò avviene è racchiusa nel mistero della negromanzia, nella sottile linea che si interpone fra vita e morte.
Consumo di energie: Basso
Turno di evocazione: Primo

Riassunto/Note ———
Che attacco subdolo Alchi! xD In ogni caso dirado la nebbia che hai creato tramite l'attiva della quarta iride, riuscendo così a reagire e a parare i pugnali con la falce. Naturalmente l'attacco del falco va a segno, essendo Rage girato di spalle (-.-'') e subisco un danno Alto alla schiena. Poi intendo bruciare l'animale perché inizia ad infastidirmi, ma sul punto più bello -quando stavo per arrostirlo- subisco la tua passiva e concentro su di te i miei sforzi. Evoco un cadavere putrescente con la Spolpa Cadaveri e te lo scaglio addosso. Tutto quello che devi sapere è descritto nella tecnica Anatema.
Non so come dovrebbe reagire Astro alla mia passiva di ammaliamento -visto che tu ne sei immune- quindi fai un po' tu.
A te la penna!
 
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view post Posted on 19/10/2012, 20:53

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Era un rantolo affannato, un raschiare nell'ombra. La voce della creatura si levò per la prima volta, sibilante, incrinata dal rancore e da un odio universale, sfumature dolorose celate sullo sfondo di ogni respiro. Era il verso della vita che spirava fuori da un corpo, per sempre lontana, per sempre perduta. O almeno così parve a Deöwyr.

« La morte è l'ultima tappa del viaggio... »

L'aveva già udito - quel suono; emanava dai corpi dei bambini martoriati nella Torre Nera, aborti di esperimenti falliti che languivano abbandonati, un lento strazio prima della fine. Una fitta dolorosa aggredì il Falconiere al ricordo, ma lui la ricacciò indietro, sepolta nel profondo del suo cuore temprato nel ghiaccio: l'indifferenza, si era reso conto a un certo punto, era l'unico mezzo per sopravvivere al mondo; soltanto Astro ne era immune.
Le loro erano suppliche, non minacce, ma il gemito raschiante era lo stesso. Solo una era la differenza: presto o tardi la nera signora li coglieva nelle sue braccia rasserenanti, placando ogni angoscia; invece quell'altro si trascinava in uno stato d'agonia perenne, così vicino e allo stesso tempo distante dalla morte, ostinandosi nel respingerla. O forse non era una sua scelta, forse agognava con tutta la sua anima avvizzita quell'ultima tappa del viaggio, ma gli era impossibile raggiungerla. Deöwyr non lo sapeva, e in fondo neanche gli importava.

« ... prima esiste la sofferenza. »

Ma il tempo delle parole era finito: adesso a parlare sarebbe stato il sangue e il gelido metallo. A confermarlo c'era l'orda di gente assiepata sugli spalti, uomini affastellati gli uni sugli altri che si contorcevano come in preda a convulsioni, ululavano e latravano, si agitavano simili a bestie fameliche che si avventano sulla preda. Quando la coltre ricoprì con ampi drappi umidi il campo di battaglia strepitarono la proprie rimostranze, come se loro due, al centro dell'arena, non fossero altro che schiavi messi lì a scannarsi per soddisfare la folla, e ad essa dovessero sottostare. Forse era proprio così, almeno nelle intenzioni di chi aveva imbastito quello spettacolo macabro, ma per il Falconiere il duello era solo un mezzo per raggiungere i propri scopi; se gli altri volevano divertirsi, che facessero pure. Se desideravano il sangue, li avrebbe accontentati. Se bramavano una carogna da spolpare, l'avrebbero avuta: ma non la sua.

La nebbia vorticò, sconvolta da una nuova forza. Deöwyr la sentì sulla propria pelle: il tocco dell'abisso. La cortina si dibattè, piegata e distorta, poi iniziò a diradarsi in filamenti sfilacciati ed evanescenti, si avvolse in spirali sempre più strette, abbandonò il marmo e il pantano a cui era abbarbicata come una sanguisuga e si ritirò, un'orda di spettri in fuga. All'elfo ricordò la bruma mattutina alle pendici dei monti, incendiata dall'alba oltre le vette, che evaporava in volute sottili sotto il calore abbagliante del sole. Questa volta però non erano i raggi dorati a disperderla, ma un'energia oscura, un vento nero che soffiava dalle lande della notte e la fagocitava con ingordigia. In breve della nebbia non rimase che un pallido ricordo, come di un sogno al risveglio.
Ora l'elfo era in grado di scorgere il proprio avversario in prima persona: la falce ricurva descrisse una parabola nell'aria, luna di ferro nel pieno del giorno, e i pugnali cozzarono contro il piatto della lama affilata. Ne fu deluso, ma non sorpreso; durò poco, perchè lo spettro non si avvide dell'attacco più letale, portato da Astro alle sue spalle. La pioggia di piume si abbattè sulla sua schiena, e anche se non poteva vederle il Falconiere si immaginò le ferite, squarci oblunghi aperti nella pallida carne in disfacimento come crepacci in un ghiacciaio. L'essere crollò in ginocchio sul duro marmo, schiacciato dall'impeto dello scroscio di tenebre.
Deöwyr esultò dentro di sè, ma non lo diede a vedere: il volto piatto dell'altro gli incuteva una strana sensazione, quasi che avesse la capacità di trascinare nell'apatia e nella desolazione anche le sue emozioni, se soltanto le avesse esternate con troppa chiarezza. E lui non voleva ridursi a un fantasma tremolante, un pezzo di carne morta bruciata dal sole: era per quello che lottava contro il suo passato, che non si arrendeva allo stillicidio di ricordi che senza sosta fluivano lontani dalla sua portata verso una totalità annullante, come un fiume dopo il disgelo che sfocia nella vastità blu dell'oceano, a mille miglia dalla propria sorgente, remota e dimenticata.

«La sofferenza è ciò che mi rende vivo...» le labbra si arricciarono in una smorfia ibrida, piegate in un'espressione di insieme disprezzo, orgoglio e derisione. «... una sensazione che tu non potrai mai provare.»

La sofferenza attuale, ma soprattutto quella passata. La memoria del dolore patito all'interno della Torre Nera era uno sprono continuo a non arrendersi, un pungolo acuminato che lo sospingeva in avanti nella sua ricerca senza fine per ritrovare la prigione della sua innocenza perduta. I ricordi lo riempivano di rabbia, di desiderio di rivalsa: lui doveva tornare dove tutto aveva avuto inizio, per scoprire chi si celava dietro quel progetto delirante, per aiutare tutti i ragazzini e i loro compagni animali a fuggire; per distruggerla dalle fondamenta - perchè un'aberrazione del genere non potesse più ripetersi. Allo stesso tempo, era il dolore che lo manteneva aggrappato alla realtà, oltre all'unione con Astro; per quanto tentasse di negarlo anche a se stesso, a volte non poteva fare a meno di pensare che neanche l'amore per la sua amica sarebbe stato sufficiente a salvarlo, non quando l'ennesima speranza svaniva e lui si ritrovava sommerso dall'amarezza e dalla delusione. La portata di certe emozioni annichilitrici rischiava di investirlo e spazzarlo via come una tempesta; soltanto un modo esisteva per salvarsi: farle proprie e sfruttarle a suo vantaggio. Così il dolore diveniva l'attrito che gli impediva di scivolare via dall'esistenza, verso quella vacuità terrificante sempre incombente su di lui; era la frizione che sfregava, graffiava e lo tratteneva al mondo. Rampini rugginosi infilzati nella sua carne che lo ancoravano alla realtà.
Tutto questo era la sofferenza passata. E la follia presente. La follia della massa infervorata che lo circondava, la follia di uomini che volevano vedere altri uomini straziarsi e distruggersi senza motivo alcuno, la follia di chi per quello gioiva. Non gli era possibile riconoscersi nella pletora di febbrili spettatori, non c'era modo di inserirsi fra loro. Le tribune erano già piene, stipate fino allo scoppio, e lo stesso valeva per il mondo che lo circondava - o forse intrappolava, nelle sue maglie di odio e violenza: impassibile, nel migliore dei casi. Più spesso ostile, o apertamente nemico. Non era il suo, di mondo. Non lo voleva, lo respingeva come un mendicante cencioso in cerca di riparo, e allora neanche Deöwyr lo cercava più. Il suo universo, da quando aveva memoria, era stata la Torre Nera: era la sua casa, stipata di orrori, ma pur sempre l'unica casa che avesse mai avuto. Per questo doveva tornarci, e annientarla. Cosa avrebbe fatto dopo, era una domanda che preferiva non porsi.
Un emarginato, ecco cos'era. Un forestiero sulle terre del continente, guardato con sospetto o ignorato. Proprio come il mio avversario - riflettè in un attimo. Rabbrividì al solo pensiero, pervaso da un senso di disgusto. Entrambi erano estranei, ma non uguali fra loro. L'altro rappresentava ciò che lui cercava di evitare con tutte le forze: era solo, divorato dall'odio, senza uno scopo. Il Falconiere invece aveva Astro, e una meta da raggiungere: la Torre Nera. L'unica cosa che aspettava lo spettro era una fredda fossa sotto un cielo grigio. No, non erano affatto uguali. Aveva bisogno di credere in questo.
La vita impersonava tutto quello che la morte non avrebbe mai potuto essere. Il bacio tiepido della fiamma e il soffio gelido del vento, il tocco lieve di una carezza e lo sfregio dell'acciaio, la dolcezza di un frutto e il sentore metallico del sangue. Impulsi opposti, eppure concorrevano nel dipingere le tinte dell'esistenza. La morte, invece, era solo terra fradicia, ossa sbiancate e notte senza stelle.

« Quella bestia sta con te, vero? » Il ringhio cavernoso lo riscosse dalle sue meditazioni.
« Vuoi vederla bruciare? »


deoeye



Il volto del Falconiere si contrasse, serrato dall'ira e dall'angoscia. Lo scempio si era rialzato in piedi, ghigno famelico sul volto, i denti macchiati di sangue, e dita pallide e glabre protese verso l'alto. Verso Astro. La nausea lo assalì al solo immaginarsi quella carne morta toccare la sua amica, e se non si gettò subito contro di lui per fermarlo fu solo perchè sapeva che lei non si sarebbe lasciata afferrare (o piuttosto perchè era attanagliato dal terrore?). Proruppe in una risata lunga e malvagia come le ombre nel crepuscolo, salvo poi abbassare il braccio e roteare la falce. Deöwyr sospirò, sollevato e insieme furente, e scoccò all'avversario un'occhiata rabbiosa, incendiata da fiamme così alte e vivde che si sarebbe pensato fosse in grado da sola di incenerire la creatura e strappargli la carne marcia dalle ossa. La cicatrice che gli tagliava l'occhio era avvampata e pulsava con un dolore sordo che soltanto ora si placava: era il segno della loro unione, il lascito del primo incontro con Astro, testimonianza del loro legame indissolubile, come un filo legato a stretti nodi. E monito per chiunque altro, chè non provassero a reciderlo. Non se tenevano alla propria vita - o alla morte.

«Non avresti dovuto minacciarla.»

La voce era cupa, gutturale, e risaliva direttamente dal profondo del suo animo.
Pareva il ringhio di una fiera pronta ad avventarsi sulla sua preda.

«Ti farò provare la sofferenza»

Non semplice dolore, come quello che gli aveva lasciato in eredità fitti intrecci di cicatrici. Lo strazio che voleva infliggergli era a un livello superiore, più puro e assoluto. Voleva violentarlo nell'anima e nel corpo, devastargli la mente e le ossa, estirpare quella scintilla nera che lo sorreggeva e animava contro ogni logica.

«Forse non ti sentirai più vivo, ma poco importa: sentirai il dolore... » Strinse gli occhi riducendoli a due feritoie scure e pericolose, le labbra fessurate in una linea dura. «... così tanto da pentirti del giorno in cui sei emerso dalle viscere della terra!»


nonmorto


La falce dello sfregiato affondò nel pantano e ne uscì con un risucchio umido, ma non da sola: dalle profondità dell'acquitrino riportò alla superficie una creatura immonda e ripugnante. L'essere si arrampicò sulla passerella di marmo. Un reticolo contorto di ossa spezzate e tendini sfilacciati, grumi putridi di materia organica, coaguli di carne marcescente e rivoli di liquame infetto che grondavano dal corpo scarnificato. Mezza faccia era stata spazzata via come divorata da una bestia affamata, e quel che restava erano occhi spenti sepolti nella polpa avvizzita e chiostre di denti affilati. Morte chiama altra morte - pensò Deöwyr con una punta d'ironia, prima che il cadavere gli si avventasse contro, famelico.

Sottili increspature si arricciarono sul suo corpo come onde provocate da un sasso scagliato in uno stagno. Le mani spellate della creatura sibilarono nell'aria e artigliarono soltanto un pugno di pulviscolo inondato dalla luce del sole, lì dove un momento prima si trovava l'elfo. I denti si serrarono sul vuoto, calci e pugni mancarono il proprio bersaglio, perchè l'elfo era diventato un contorno vago, tremulo, come un ricordo impossibile da mettere a fuoco, sempre un attimo più lontano, un respiro mozzato oltre le proprie possibilità, un battito di cuore troppo distante anche per coloro il cui cuore batteva solo per pompare cenere e fango nelle vene: il morto resuscitato e quello mai seppellito. Il Falconiere si mosse rapido, deciso a farla subito finita. L'essere evocato esercitava una strana attrazione su di lui, un interesse macabro che lo spingeva ad attaccare, ma non era lui il suo bersaglio, mero ammasso di putredine che sapeva di decomposizione. Era l'altro che doveva uccidere, e così avrebbe fatto: ma si rese conto che Astro non avrebbe resistito all'impulso di calare in picchiata sull'aborto emerso dal lago di melma. L'istinto la guidava, la sua natura ferina le suggeriva che la carcassa animata era una minaccia per Deöwyr, e in quanto tale andava eliminata. Lui non poteva sprecare il suo tempo con la creatura: doveva salvare se stesso e Astro, e l'unico modo era annientare lo spettro grigio che gli si parava di fronte, pochi passi oltre il suo fantoccio di fanghiglia. Glielo imponeva la ragione, ma anche il cuore: gli aveva predetto sofferenze indicibili per fargli pagare cara la minaccia verso Astro - e lui rispettava le promesse.
Tuttavia, non intendeva lasciarla sola contro il corpo risorto, questo no. Le avrebbe fornito tutto l'aiuto di cui era in grado. Estrasse una biglia liscia e chiara e la frantumò sul solido camminamento, chiudendo gli occhi un attimo prima dell'urto, giusto il tempo necessario - così come sapeva avrebbe fatto Astro. La sfera esplose generando un'ondata di luce in grado di accecare chiunque sul campo di combattimento non si fosse protetto preventivamente. Il buio brillò oltre le palpebre socchiuse, e in quell'istante il Falconiere vide con assoluta precisione cosa avrebbe fatto appena riaperti gli occhi. Grazie alla sua aura elusiva e al disorientamento causato dal flash abbacinante sfilò accanto all'evocazione, superandola senza esitare, mentre Astro alle sue spalle si precipitava contro di lei, gli artigli d'ossidiana protesi verso gli occhi bianchi della deformità, con l'intento di cavarglieli dalle orbite. Lui invece si diresse sull'avversario. Lo fissò per un attimo, quanto bastò a generare la potente illusione che gli aveva riservato: un turbinare frenetico di piume, ampie ali nere che oscuravano la luce, unghie arcuate e becchi adunchi che schioccavano come funi troncate di netto. Lo stormo di falchi si sarebbe avventato contro l'uomo avvolto nella lunga cappa, avvinghiandosi alle braccia, serrando le gambe, tentando in ogni modo di immobilizzarlo. Ma questo sarebbe avvenuto solo nella sua mente: in realtà Deöwyr si sarebbe scagliato su di lui, accecato e distratto, con le lame scintillanti di Carneficina - la mano mutata - snudate, il pugno chiuso della mancina pronto a martellare con le nocche rinforzate del suo guanto. Entrambi avrebbero cercato il bersaglio con estrema precisione: le lamine cornee miravano a trapassare la gola da una parte all'altra, mentre il secondo colpo l'elfo lo avrebbe affossato nell'addome del nemico, con tanta forza da farlo piegare in due.
Tutto questo vide, e un secondo dopo riaprì gli occhi.

Una battaglia infinita, lo scontrarsi di forze contrastanti che nella loro collisione plasmavano il mondo intero. Passato contro futuro, amore contro odio, vita contro morte. Deöwyr aveva già ribadito la sua risposta, ora toccava all'altro.

«Temi tu la vita?»



{ D E Ö W Y R }
- i l f a l c o n i e r e -

~ ~ ~



{INFO
    status fisico « illeso
    status mentale « illeso
    energie « 54% {76-15-7}
    cs deöwyr « 2xintelligenza
    cs astro « 1xforza, 1xrapidità
    consumi « basso 2, medio 7, alto 17, critico 37

{EQUIP
    carneficina « mano {arma naturale}
    lacrime di ferro « pugnalix18 {riposti}
    artiglio « arma bianca {riposta}
    guanto del tempo « tirapugni + bracciali dello scudo {indossato}
    sole bianco « bomba accecante {usata}
    stordente « veleno psionico {riposto}
    rigenerante « oppio {riposto}
    energetico « anello del potere {indossato}

{PASSIVE
    esperimenti « astro partecipa al combattimento + astro può usare le pergamene di deöwyr
    mutazione « deöwyr vede ciò che vede astro + cs divise a metà fra i due
    labirinto della mente « cast istantaneo illusioni + sconto 5% + danni aumentati di un livello
    dimentica « difesa psionica passiva + influenza psionica passiva: il nemico è distratto da astro, si concentra esclusivamente su deöwyr cercando di annientarlo in tutti i modi a discapito di strategie più complesse
    le due metà dell'essere « se astro subisce danno critico lo smezza con deöwyr

{ATTIVE
    CITAZIONE
    Battito d'Ali } Planata, picchiata, volo librato, stazionario. Molti sono i tipi di volo di cui è Astro è capace, uno per ogni possibile situazione, come una solitaria attrice teatrale costretta a cambiare rapidamente maschera per ogni personaggio, senza che il suo vero volto, la sua essenza più pura, possa mai venire alla luce. Fra tutti, c'è poi il volo battente, quando cioè il falco solca il blu liquido del cielo sfrecciando a velocità impossibili, con le ali che battono furiose, senza sosta, tanto che l'occhio umano neanche è in grado di distinguerne con chiarezza i contorni. Deöwyr con un consumo { medio } di energie può rendere sfumati e indistinti i margini del proprio corpo, indefinibili quanto un sogno appena svegli, come se l'elfo imitasse la tecnica dell'amica. I suoi movimenti risulteranno sfuggevoli ed elusivi, a stento riconoscibili dall'avversario inevitabilmente confuso, rendendolo immune da ogni colpo fisico per un certo lasso di tempo (2 turni). Un'abilità che il Falconiere ha derivato da Astro e fatta propria, ma che lei stessa si riserva di usare nelle situazioni estreme. Tuttavia questo non è il solo modo che Deöwyr conosca per celare la propria presenza: infatti, con un dispendio di energie { medio } sarà in grado di generare nell'ambiente circostante una fitta nebbia che si spanderà su tutto il campo di battaglia, ricoprendo un'ampia zona. La bruma, densa e bianca come le nuvole basse che ricoprono le vette dei monti fra le quali Astro ama sfrecciare, impedirà all'avversario la possibilità di vedere e orientarsi nello spazio circostante, mentre per il caster non ci saranno problemi a penetrare con lo sguardo la cortina. Anche Astro è in grado di generare questa fiumana vaporosa con pochi semplici battiti d'ala, e in questo caso lei sola manterrà una perfetta visuale del terreno di lotta, in modo da guidare al meglio il Falconiere. La tecnica ha durata di due turni.

    CITAZIONE
    La caccia del Falco } Il falco è un animale per natura solitario; non necessita di aiuti altrui per sopravvivere, basta a se stesso. I picchi montuosi più inaccessibili sono insignificanti puntini lattei sotto di lui, gli orizzonti più estremi barriere facilmente superabili. Vola sul mondo libero e selvaggio, nuota nelle nuvole, respira aria pura come gli occhi di un bambino. Anche nella caccia non ama accompagnarsi ai suoi simili: nessun alleato, nessun rivale, solo lui e la preda e un gioco chiamato vita.
    Astro però è una esemplare atipica. Fin da cucciola è vissuta in cattività, senza conoscere le sconfinate ampiezze dei cieli se non dopo la fuga dalla Torre Nera, leale compagna e amica non di un altro rapace, ma di un umano, addirittura. Non c'è da sorprendersi dunque se all'occorrenza - ovvero per aiutare Deöwyr - accetti di forzare la propria indole innata servendosi in combattimento di altri rapaci a lui simili, come fossero tanti compagni di caccia. Con un consumo { basso } di energie e un rapido battito d'ali Astro genera accanto a sé una copia esatta identica in ogni dettaglio, differente all'occorrenza solo in alcune caratteristiche, come l'avere il corpo ricoperto di ferite. Essendo questo falco una mera illusione non sarà in grado di arrecare in alcun modo danno all'avversario, limitandosi a passargli attraverso una volta a contatto, pur potendo muoversi, volare, planare, fingere di attaccare, emettere suoni e compiere ogni altra azione propria dell'originale. Anche Deöwyr può evocare un doppione di se stesso, in grado di parlare ed equipaggiato come l'elfo, ma pur sempre completamente innocuo.
    vCon un dispendio di energie { alto }, invece, e alla condizione di un contatto visivo con l'avversario da parte di Astro o del Falconiere, un vero e proprio stormo di falchi si avventerà sul nemico, ghermendolo con i loro artigli affilati. L'illusione parrà del tutto realistica alla vittima, che in breve si ritroverà imprigionata nella ferrea morsa dei volatili, anche se mai del tutto immobilizzata. Per quanto si affanni e si sforzi e smani, ogni sforzo risulta vano: gli animali, anche se uccisi o feriti, si rigenerano immediatamente. La tecnica dura solo pochi attimi prima che i falchi scompaiano nelle profondità del cielo ma provoca comunque gravi danni alla mente di chi la subisce.

{NOTE
    Niente flashback o sogni questo turno, non vorrei risultare troppo pesante (già il post è lungo di suo). Dunque: attivo Sfocatura (Battito d'Ali) per evitare l'attacco fisico dell'evocazione, poi uso una Bomba Accecante con l'intento di impedire temporaneamente la vista a Rage e alla creatura e avanzo rapidamente verso di te passando oltre l'evocazione (quella ci vuole un Mortale per abbatterla, no grazie xD!), mentre Astro attirata dalla passiva cala sul cadavere e tenta di cavargli gli occhi con gli artigli. Io casto Illusione Imprigionante su Rage (ti ricordo che per la passiva di Dominio il danno aumenta di un livello, ma non la potenza) e lo attacco con Carneficina (gola) e il tirapugni incorporato nel guanto (colpo sferrato all'addome). Dall'uso della biglia in poi è tutto narrato come eventi che devono ancora avvenire, anche se ho usato l'espediente della "premonizione" per evitare di appesantire troppo coi futuri. Ah, naturalmente il pg può "ignorare" l'evocazione grazie alla difesa psionica passiva che annulla Acrimonia. Vai Caccia!

 
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Caccia92
view post Posted on 23/10/2012, 14:45






« La sofferenza è ciò che mi rende vivo... » disse il Falconiere « ...una sensazione che tu non potrai mai provare. »
una sensazione...che non potrò mai provare?


La sua mente si annebbiò, una nube di rosso intenso, simile a polvere di arenaria, offuscò ogni altro pensiero razionale. Quelle parole avevano risvegliato in lui un odio talmente profondo da scuotere il corpo, da far digrignare i denti e serrare le dita delle mani. Un odio indicibile. La sofferenza era ciò che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita, un dolore enorme che lo aveva costretto ad uccidere, a massacrare, a svuotare teschi. Conosceva la sofferenza meglio di chiunque altro, era stato dannato per l'intera esistenza. Affermare il contrario era una pazzia. Il suo cuore avvizzito perse un battito e una fitta pulsante si inserì tra un polmone e l'altro. Conosceva quella sensazione...era la sete di morte. Da troppo tempo conviveva con quell'orrore, da troppo tempo aveva fatto i conti con una fame implacabile di carne. Era la sua essenza. Fare defluire il proprio male attraverso quello degli altri; egoistico, certo, ma anche decisamente appagante. Non aveva mai preteso una motivazione nobile o sensata per assassinare e squartare le persone. La semplice e pura malvagità governava la sua falce e i suoi ideali, una malvagità che si portava avanti con la consapevolezza di essere nella stessa condizione delle vittime moribonde. Solo gli stolti e quelli privi di anima potevano uccidere e affermare di non conoscere la sofferenza. Rage, invece, viveva attraverso essa.

« Non avresti dovuto minacciarla. »

Si riferiva al volatile? Non comprese.
Che strano legame c'era tra l'uccello e quel ragazzo?

« Ti farò provare la sofferenza. »


Ancora quella minaccia così simile ad un atto di scherno. Ancora quelle parole che, su di lui, avevano un impatto ben diverso che su chiunque altro. Il suo cuore avvampò, le dita si serrarono attorno alla falce e i muscoli si irrigidirono. Le ferite sulla schiena pulsavano, come per ricordargli che anche lui poteva diventare una facile preda dell'orrore del mondo. Il cieco furore che scorreva nelle vene lo spinse ad osservare con una bramosia quasi maniacale la sua creatura che andava all'attacco. Desiderava ardentemente che il cadavere mordesse il Falconiere, che strappasse brandelli di carne dal suo corpo minuto, che lo infettasse con il veleno della morte. Desiderava tutto il male possibile per il suo avversario, in quel momento più che mai. Lo voleva vedere strisciare e gemere, riverso in una pozza di sangue e ossa.
"Uccidi. Squarta. Dilania."
Ma la creatura sembrava impazzita. I suoi artigli affondavano nel vuoto, le sue mascelle si chiudevano nel nulla, la sua bava colava sul pavimento di marmo. Rage riusciva a percepire la frustrazione della sua creazione, un misto di stupore e rabbia che andava ad aumentare ogni secondo che passava. Impartì altri ordini mentali, chiedendo maggiore precisione e tenacia al suo servo maledetto. Tutto inutile. Il Falconiere sembrava fatto di aria, un riflesso nella pozza di fanghiglia e melma che circondava l'arena. Cosa stava succedendo? La folla sugli spalti era una baraonda di malcontento per i colpi falliti.

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Poi qualcosa di sbagliato accadde. Rage ebbe solo il tempo di osservare il Falconiere che stringeva tra le mani una piccola sferetta bianca, una perla talmente lucida da sembrare di metallo. All'interno di essa si scorgeva una sorta di denso liquido argentato. La sfera cadde per terra e si frantumò all'istante: un sole incandescente scaturì dall'impatto. L'intero paesaggio divenne completamente bianco e oro, uno sfondo anonimo in cui non si scorgevano ombre, dettagli e colori. L'arena scomparve, l'avversario scomparve, ogni cosa venne celata dall'improvvisa luminescenza. Senza punti di riferimento e con gli occhi che dolevano, Rage rimase perfettamente immobile. Immobile e in attesa.


__ ______ _________________ ______ __


Il cadavere fatto di rifiuti organici ebbe un sussulto spaventoso e il suo sguardo si perse nei meandri della pazzia. Nessuno poteva dire con certezza che cosa lo aveva investito così duramente da indurre le convulsioni. Eppure, nonostante il chiaro flusso che gli perforava la mente, l'essere immondo non aveva mutato i propri lineamenti, non aveva mutato l'espressione da scheletro rianimato. Era solamente un involucro privo di vita e, ignaro delle leggi del dolore e della sofferenza, non aveva emesso un solo gemito. Non si era mosso.
Nemmeno quando la sua gola venne frantumata e le sue costole distrutte il cadavere si mosse. Privo com'era di nervi, non aveva la benché minima percezione del dolore fisico e mentale. Incassati i colpi -provenienti da un artiglio e un tirapugni- e avendo saggiato solamente lo spostamento del corpo, il mostro si limitò ad osservare il ragazzo che stava di fronte a lui. Per un momento era diventato tutto bianco, ma in quell'istante aveva una visuale completa del campo di battaglia.
Il cadavere non si chiese per quale ragione fosse lì. Non si domandò per quale motivo aveva ricevuto delle ferite così brutali.
Non era niente. Non era altro che un morto riesumato.

« Temi tu la vita? »

...
Quella domanda non aveva senso.

__ ______ _________________ ______ __




Rage ebbe un sussulto e si tastò il volto. Una lacerazione profonda si era fatta strada dalla palpebra allo zigomo e bruciava al contatto con l'aria. Qualcosa lo aveva colpito con un becco affilato, tentando di cavargli l'occhio destro. Era riuscito a salvare la vista, ma la ferita aveva inondato la guancia con il suo sangue nero. Sollevò lo sguardo appena in tempo per vedere il falco che volteggiava sopra la sua testa. Sapeva di doverlo ammazzare, eppure una strana catena invisibile impediva alla sua mano di protendersi verso il cielo e incenerire quelle dannate piume.
L'odio che scorreva attraverso le sue vene mandò un impulso e la sua attenzione fu nuovamente catturata dal falconiere. Da quell'angolazione poteva osservare la schiena del suo avversario, i muscoli protesi a massacrare il cadavere che aveva ripescato dal liquido marcio dell'arena. Rage sorrise. Il ragazzo era abbastanza vicino, tanto vicino da permettergli di protendere il manico della falce per toccarlo. Ma non bastava una semplice ferita per placare il suo furore. Voleva infliggere un danno di gran lunga superiore.
"Veleno."
La sua creatura si irrigidì all'istante. Dagli squarci alla gola e al petto, da ogni buco nella carne putrefatta, incominciò a defluire un denso gas dal colore verdastro. La nube venefica si espanse nell'area intorno al morto, fumo talmente nauseante da far ribollire la palude che delimitava la passerella del combattimento. Come la nebbia che aveva avvolto l'arena alcuni minuti prima, il veleno si condensò in enormi banchi smeraldini. Chiunque avesse respirato quell'aria maledetta, sarebbe stato preda di convulsioni, vomito e forte nausea, avrebbe avuto vista e olfatto debilitati. Rage si mosse quasi simultaneamente alla propagazione del gas, stringendo la Spolpa Cadaveri con entrambe le mani. Avanzò di qualche passo, sollevando la portatrice di morte sopra la testa. Un colpo brutale e senza precisione, volto solo a far del male al Falconiere. Voleva distruggerlo con ogni mezzo a sua disposizione e non si sarebbe fermato mai. Mai. Nemmeno quando avrebbe visto la luce svanire dagli occhi del ragazzo.
Anche il cadavere bianco aveva allungato le braccia nel tentativo di una muta vendetta, sbavando e fagocitando veleno da ogni poro.

« Le fauci dell'abisso si chiudono su di te... »

...per ingoiare le tue carni e la tua anima.










——— R a g e ———

Critico {33%} ~ Alto {15%} ~ Medio {6%} ~ Basso {2%}


Fisico: Danno Alto dal lacerazione alla schiena. Taglio profondo sulla guancia destra.
Mente: Illeso.
Energia residua: 92% - (6% + 15% + 2%) = 69%
CS: Concentrazionex4

Zombie: Ferita di livello Critico alla mente, trachea distrutta, addome sfondato.
Turno di evocazione: Secondo.

Passive ———
Prima Iride ~ Rennen: Riconoscimento di qualsiasi fonte magica e illusione ambientale. Totale occultamento nelle tenebre.
Seconda Iride ~ Komat: Attivazione istantanea di tecniche magiche. Nessun svenimento al 10% di energie.
Terza Iride ~ Tuer: Danno magico di un livello superiore al consumo speso, danno fisico di un livello inferiore al consumo speso.
Imputazione ~ Acrimonia: Ammaliamento che costringe ad attaccare le evocazioni della Spolpa Cadaveri.

Attive ———
Surrogazione ~ Viltà: Il legame che scorre fra Rage e il corpo soggiogato è più intenso di quanto paia. Tra l’uno e l’altro fluisce più di semplice forza magica ed energia, esso è più del banale filo conduttore che intercorre fra negromante ed evocazione. Il primo è legato alla morte per ossessione, un tormento frutto di un passato lugubre, avvolto dalle tenebre, una notte senza luna e senza stelle che ha trovato luce in fondo al buio più nero. Il secondo è legato alla morte per semplice dato di fatto, e ciononostante rievocato alla squallida pantomima di quel che è definibile vita. È proprio in virtù di ciò che l’uno potrà sostituirsi all’altro nel momento del bisogno, nell’istante in cui ci si troverà a far fronte al dolore e ad una nuova morte. In termini di gioco Rage, spendendo un ammontare energetico pari a Medio, sostituisce la propria posizione sul campo di battaglia con quella della salma sottomessa. La tecnica ha valenza di spostamento elusiva qualora sia utilizzata per scopi che esulino la difesa; in quest’ultimo caso infatti, essa avrà valenza di difesa assoluta.
Consumo di energie: Medio

Dissezione ~ Eresia: Stanti motivazioni che fanno parte di un istinto universale e innato nell'uomo, la decomposizione è vista come un fenomeno temuto e terribile. A tale principio si associa la secrezione di sostanze sgradevoli e persino ripugnanti ai sensi, che nel periodo interessante la putrefazione si sviluppano liberandole nell’aria, appestandola coi suoi miasmi. Il cadavere appena riesumato non fa differenza, ed è così che Rage, spendendo un consumo pari ad Alto e lasciando che il proprio schiavo si apra una ferita lungo l’addome - o più in generale nei punti in via di marcescenza - libererà nell’area circostante una nube verdognola. Tale è la rapidità con la quale essa ammorberà l’aria che sembrerà quasi deflagrare. L’odore sarà terribile e nauseante, aggredirà le vie respiratorie ostacolando la normale respirazione, irriterà gli occhi al punto da rendere difficoltosa la vista, non escludendo accessi di somatizzazione quali nausea e vomito nei soggetti più vulnerabili. I sintomi del miasma liberato colpiscono chiunque ne venga in contatto in un’area piuttosto vasta, meno che Rage. La nube permane sul campo di battaglia per due turni compreso quello di attivazione, apporta un danno Medio complessivo agli organi colpiti per turno, e sarà possibile schermarsi mediante un’opportuna difesa psionica di livello Medio. La tecnica, escludendo qualsiasi interazione ad opera di Rage, non ha parametri statistici di riferimento.
Consumo di energie: Alto

Riassunto/Note ———
Devo ammettere che mi stai davvero mettendo alle strette. Dunque, visto e considerato che non posso assolutamente vedere l'attacco che sta per arrivare, decido di utilizzare l'espediente della Viltà per scambiare la mia posizione sul campo di battaglia con quella del cadavere rianimato. La creatura, quindi, si becca tutti i tuoi danni (al momento è cieco pure lui), pur non provando dolore. Nello stesso lasso di tempo io vengo ferito da Astro, poiché aveva attaccato precedentemente il cadavere.
La mia strategia è semplice: ti trovi tra me e lo zombie, di conseguenza decido di destabilizzarti per avere un colpo sicuro. Dal non-morto si sprigiona una nube tossica (Eresia) che si espande per diversi metri nell'area. Poi ti attacco con un colpo simultaneo della falce -brutale, quindi approssimativamente alla schiena- e della creatura; quest'ultima intende strozzarti.
A te! ^^
 
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view post Posted on 26/10/2012, 20:00

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DAYS OF
FUTURE PAST

- searching for my memories -




Tinte fosche offuscano la luce, nubi nere che eclissano il sole, e un velo d'ombra cala sul tuo passato. Così si sentiva Deöwyr quando l'ennesimo ricordo scivolava via come una lacrima fredda e lo lasciava sbigottito e attonito, a domandarsi, a interrogarsi, senza poter trovare una risposta, prima che la consapevolezza stessa di aver smarrito qualcosa lo abbandonasse, dietro di sè soltanto un'eco lontano e un vuoto impossibile da colmare. Accadeva senza preavviso, come una brezza levatasi fra le fronde o un'onda infranta sugli scogli, la memoria svaniva in una nube spettrale ed era inutile sforzarsi e affannarsi, perchè per quanto lui provasse non poteva più richiamarla a sè. Era perduta, per sempre. Dove un attimo prima c'erano colori, sapori, suoni, frammenti di vita incastonati in un mosaico più vasto, non rimaneva che uno squarcio slabbrato colmo di nulla; dove rilucevano sprazzi di luce, soltanto pozze di ombre dense e maligne - e ogni sfumatura cangiante svaniva.
Il suo passato evaporava, bruciato dall'ardore di una malia incontrastabile; tutto ciò che era in grado di fare era cercare di fabbricarsi un presente con nuovi ricordi, affastellare esperienze le une sulle altre in una pila caotica, erigere un castello di sensazioni, emozioni e conoscenze nel quale asserragliarsi per sfuggire allo stillicidio di ricordi. Era un castello di carta sorretto da niente e privo di mura. Non puoi costruirti un presente e garantirti un futuro senza il passato, nello stesso modo in cui non puoi innalzare una fortezza senza le fondamenta. Questo lo sapeva, sapeva che la sua unica speranza era ritrovare la Torre Nera prima di perdere del tutto se stesso, eppure non poteva fare a meno di agire in quel modo, sempre alla ricerca di nuovi ricordi, come prove che testimoniassero che sì, lui c'era, lui esisteva davvero. Ma prove per chi, poi?
Erano i giorni di un futuro passato, ciò che stava dietro di lui era anche quello che lo aspettava davanti, che aspirava raggiungere, ma non poteva, sempre un orizzonte troppo lontano. Un ouroboro storpio, di questo si trattava: un serpente che non riesce neppure a mordersi la coda, per quanto si impegni. L'eterno ritorno, perchè eterne e senza fine erano le sue peregrinazioni, e i suoi fallimenti.
Così si affidava al presente, fragile come vetro screziato, e allo stesso modo allettante. Se la sua memoria lo tradiva, allora gli rimaneva soltanto la realtà, il mondo che lo circondava in un fluire caotico ed estraniante: lo detestava, eppure ad esso doveva appigliarsi per mantenere la presa su di sè, sulla propria coscienza, identificarsi - anche se solo per contrasto - e andare avanti.
Ma se anche il presente iniziava a ingannarlo e la realtà si confondeva in contorni sfumati come il passato, allora il suo castello di sabbia rischiava di essere spazzato via da una marea troppo impetuosa, troppo cupa nei suoi riflessi di un blu abissale, e ogni certezza crollava.


deocmc


Quando riaprì gli occhi era già in carica, ma contro un bersaglio diverso. Il mondo intorno a lui era cambiato, come se la deflagrazione di luce abbacinante scaturita dalla biglia lo avesse plasmato in nuove forme, fuso e rimodellato secondo disegni che il Falconiere non poteva prevedere. Il lezzo era lo stesso, di morte e putrefazione, ma al posto dello spettro che respirava trovò ad attenderlo il cadavere emerso dalle profondità dell'acquitrino, con la sua carne fradicia di melma, le incrostazioni di muschio e licheni, gli occhi spenti privi d'emozione. Occhi che non si accesero neanche quando l'illusione lo sforzò con tutta la sua forza: soltanto il corpo rispose allo stimolo, si dibattè in agonia spruzzando attorno grumi organici e gocce di fango denso e scuro. Non c'era bisogno di una mente, per questo, di ragione e consapevolezza. Meri impulsi nervosi che agitavano la carne morta senza rendersi conto che non c'era più motivo di farlo, come gli spasmi della coda recisa a una lucertola.
Una morsa glaciale scese sul Falconiere e quasi lo paralizzò nel panico di quell'attimo. Era disorientato e incredulo, tuttavia continuò a correre. Se c'era una cosa che aveva imparato in tutti questi anni era questa: corri, o sarai perduto. La stasi è morte, la quiete è rovina, il passato svanisce alle tue spalle come una strada che frana e l'unica cosa che puoi fare è correre, non fermarti, non guardarti alle spalle. Se ti fermi è finita, e Deöwyr correva, avanzava. Non ti voltare, se vuoi salvarti.
Divorò la distanza scivolando veloce sul lastricato di marmo, gli occhi puntati sulla creatura abietta che fissava un punto lontano e impossibile, oltre ogni facoltà, in preda a visioni che trascendevano il mero piano materiale e la proiettavano in una dimensione altra.

non ti voltare

Carneficina mandava riflessi lucenti sotto i dardi del sole come zanne snudate in procinto di affondare nella preda, il guanto di cuoio conciato una chiazza d'ombra sull'altro lato. Correva, il sangue che martellava nelle orecchie, il cuore che pompava furioso e gli spaccava il petto con ritmiche percussioni e i tonfi sordi dei battiti sovrastavano perfino il ruggito della folla e tenevano il tempo della sua vita.

se vuoi salvarti

Non c'era tempo per pensare, non poteva permettersi di riflettere e chiedersi come fosse possibile, cosa fosse successo, o l'oscurità alle sue spalle sarebbe calata su di lui come la notte giù dai monti, sprofondandolo nell'oblio, come astri in un cielo stellato che si spegnevano uno dopo l'altro, fiaccole di luce oscurate dal respiro implacabile dell'universo, vasto e profondo.

non ti voltare

Astro dietro di lui si abbatteva sull'essere ricoperto di cicatrici, lacerava la pelle livida, si ritirava fra un frullare d'ali e gli sprazzi neri della luce che si infrangeva sulla levigata superficie degli artigli. La vide nella propria mente, senza guardarsi indietro non ti voltare e si aggrappò a lei, al suo pensiero, alla sua presenza mentre ritraeva il braccio per caricare il pugno, mentre fendeva lo spazio con le lame di Carneficina. Fiotti di liquame infetto zampillarono dagli squarci alla gola, gorgoglii umidi e scricchiolii di ossa marce accompagnarono il colpo all'addome, ma nonostante tutto il morto rimase in piedi.

Si ritrasse, ansimando ma sollevato. Un trucco, solo di questo si era trattato. Un vile inganno messo in scena dal suo avversario per evitare attacchi forse fatali: poteva ancora contare sulla realtà, sul duro granito dei camminatoi, sul tanfo penetrante della palude ristagnante, sulla folla in estasi nelle tribune, sui nemici da abbattere. Più di tutto, su Astro che volava al sicuro, fuori dalla portata degli avversari: e lei bastava per continuare a credere, per continuare a lottare e non lasciarsi travolgere da emozioni in grado di annientarlo, o peggio ancora dall'apatia di una vuota esistenza dopo la cessazione di ogni speranza. Era sottile e pericolante, quel suo equilibrio, un ponte di travi oscillante su un baratro infernale, eppure c'era. Stretto, come le passerelle di marmo, lambito dall'abisso come la fanghiglia putrida lambiva la piazza ristretta. Così vicina, così infida. Lui e l'evocazione si erano spinti quasi al bordo, e oltre... oltre rimaneva soltanto il pantano, letale per chi ci fosse caduto e affogato. Letale - si ripetè Deöwyr, e assaporò l'idea che andava delineandosi. Un ghigno trionfante gli si dipinse sul volto.

Non era ancora il tempo: dai crateri in suppurazione scavati nel corpo decomposto della creatura rianimata sgorgarono ampie volute di vapore venefico, verde come la distesa ribollente che li circondava. La nebbia si diffuse sul campo di battaglia e assalì il Falconiere prima che potesse difendersi, acre e nauseante. Gli occhi gli pizzicavano, la gola era serrata e gli arti infiacchiti, mentre si sforzava di ricacciare indietro i conati. Attraverso la coltre di giada intravide l'aborto avanzare a braccia protese verso di lui, e nello stesso tempo un'ombra convergere da dietro, tramite la seconda vista di Astro.
Anche lei doveva essere rimasta vittima della nebbia mefitica, realizzò con una fitta d'ansia che gli trafisse il petto. Non temeva per la sua sorte in uno scontro fisico - era troppo abile per lasciarsi sopraffare da qualsivoglia avversario - ma quella cortina impalpabile andava oltre le sue capacità. E per quanto avesse tentato di convincersi di poter accettare che lei soffrisse e morisse con lui, al momento decisivo le sue certezze vacillavano. Soprattutto, non poteva sopportare che ciò avvenisse per lui. A causa sua. L'attacco era indirizzato contro Deöwyr, non il falco, e non avrebbe permesso che ne venisse coinvolta, non quando non era in grado di difendersi.

~
Vola, vola lontano, non è nemico che puoi abbattere questo, non è di carne che puoi artigliare, non è d'ossa che puoi scalfire col tuo becco schioccante, non è di paura che puoi suscitare dispiegando le tue ali maestose e nere come la notte! Vola, librati in alto, oltre questa bruma che non puoi fendere e disperdere come le nuvole basse sulle vette, oltre la foschia animata da uno spirito maligno che non puoi sconfiggere, prima che questa dannata si attacchi alle piume e appesantisca i tuoi battiti d'ali, prima che ti trascini giù al suolo. La terra è morte per te, l'aria è vita! Vola, combatterò io questa battaglia per entrambi, come tu hai fatto in passato, allontanati almeno per ora, stagliati contro il sole nell'aria limpida e tersa, non affondare in questo pantano di vapori malefici! Vola, e lei volò.
~

Percepì le sue suppliche e si sollevò in alto, fuori dalla portata delle spirali che si dispiegavano come tentacoli di vapore smeraldino. L'elfo avvertì che non era stata abbastanza rapida e che la debilitazione aveva colpito anche lei, ma se non altro si era portata al sicuro dal perdurare dell'effetto, e ciò lo rincuorò un poco, mentre gli avversari gli piombavano addosso.
Non servì essere straordinariamente rapidi, per evitarne i colpi, e per fortuna - perchè in caso contrario, probabilmente ne sarebbe stato sopraffatto. L'evanescenza tremolante che increspava la sua figura non l'aveva ancora abbandonato, così gli bastò barcollare a sinistra perchè le braccia protese del cadavere afferrassero ancora una volta il nulla; nello stesso tempo il movimento elusivo vanificò l'arco argenteo descritto dalla falce alle sue spalle: gli arrivò soltanto lo spostamento che provocò nell'aria, e la brezza gelida era come la promessa di ciò che avrebbe potuto infliggergli il vivo metallo.
Ignorò le parole dell'essere amorfo e cinereo, in parte perchè assorto nella battaglia, in parte perchè intendeva conservare le forze smorzate per ben altri fini. Non c'erano più di un paio di passi fra lui e il bordo della piazza, con l'evocazione che si trovava proprio in mezzo, quasi in bilico sull'acquitrino, spostata lateralmente rispetto all'asse centrale e allo stretto ponte che si dipartiva dall'estremità opposta. Serrando gli occhi per scorgere meglio oltre la cortina, caracollò addosso al profilo sfuocato che ancora si contorceva dinnanzi a lui nel vano tentativo di abbrancarlo. Ai suoi piedi si era formata una pozza di liquame e viscidume sgocciolato dalla carne impregnata d'acqua e dalle ferite che vomitavano melma invece di sangue: gli si avventò contro di spalla per colpirlo in pieno petto, sperando di sfruttare la superficie scivolosa e le sue forze residue per scaraventarlo anche solo un passo più in là, nelle profondità in decomposizione.
Poi si sarebbe rivolto contro il burattinaio che manovrava i fili di quel fantoccio privo d'anima. Chissà quali indicibili orrori si celavano fra le tenebre del suo passato, da quale germe perverso era stato generato un mostro simile, quale la fonte da cui scaturiva il suo male? Non lo sapeva, ma l'illusione proiettata sul campo di battaglia agì da sola, scavando nel tempo e rivangando ricordi seppelliti perchè non tornassero alla luce, mai. La visione esisteva solo nella mente dello sfregiato, eppure per un istante - uno soltanto - il Falconiere la intravide fra le pieghe della realtà, sfocata e incerta come una figura lontana nel deserto distorta dall'aria rovente. Intuì una donna e un uomo, vestiti di panni modesti ma puliti, l'uno accanto all'altra. Lei, forse, era stata molto bella un tempo, occhi come lapislazzuli incastonati in un viso dalla carnagione pallida incorniciato da lunghi capelli, ma la vita l'aveva segnata in profondità: il dolore ne aveva offuscato lo sguardo, un velo quasi tangibile, gli anni avevano rapito il sorriso dal suo volto e la sofferenza appesantito le guance. Lui era slanciato e snello, muscoli compatti e guizzanti sotto la pelle scura, il volto dai lineamenti rozzi bruciato dal sole: un contadino. Sapeva di luce e di grano, del vento che ondeggia le spighe dorate, ma alle sue spalle un'ombra tetra lo minacciava e ne seguiva ogni gesto, proiettando la sua aura negativa; dello sconosciuto si scorgeva il lungo mantello pece drappeggiato in morbide pieghe, e nient'altro: la faccia era nascosta nell'oscurità. Sua padre e sua madre... Un senso di amarezza e frustrazione lo pervase: era ironico pensare come fosse in grado di rievocare ricordi dal passato altrui, mentre non riusciva neppure a conservare intatti i propri, così come per un secondo invidiò quell'uomo misterioso che gli si parava di fronte: nonostante tutto, poteva almeno dire di aver conosciuto i propri genitori, a differenza sua. Passò subito: adesso non erano altro spettri di un tempo remoto senza più alcuna importanza. Il presente diceva che lui aveva Astro e una speranza, mentre l'altro era sorretto solo da un odio sordo e pulsante. Non aveva motivi per invidiarlo. Per eliminarlo, quello sì: doveva sbarazzarsi di lui per procedere nel suo cammino, e non avrebbe esitato un attimo di più. Mentre l'altro sarebbe stato distratto dall'illusione, Deöwyr avrebbe evocato tre possenti artigli di rapace dal suolo ai suoi piedi, lunghi e arcuati come zanne di una bestia mastodontica, per impalarlo sulle loro acuminate estremità eburnee. Nello stesso tempo, un altro pugnale avrebbe tagliato la nebbia: pur con la visuale impedita era in grado di scorgere il profilo scuro del suo avversario, a qualche passo di distanza. Mirò con approssimazione, all'altezza del petto, e impresse quanta più energia possibile, vacillando per gli effetti della cortina.

Lo spettro si sbagliava: le fauci si sarebbero serrate non sull'elfo, ma su di lui.
Fauci di ferro e d'avorio, strazianti come l'ultimo rantolo prima della fine.



{ D E Ö W Y R }
- i l f a l c o n i e r e -

~ ~ ~



{INFO
    status fisico « danno alto (nausa e altri sintomi)
    status mentale « illeso
    status fisico astro « danno alto
    energie « 46% {54-7-1}
    cs deöwyr « 2xintelligenza
    cs astro « 1xforza, 1xrapidità
    consumi « basso 2, medio 7, alto 17, critico 37

{EQUIP
    carneficina « mano {arma naturale}
    lacrime di ferro « pugnalix17 {riposti}
    artiglio « arma bianca {riposta}
    guanto del tempo « tirapugni + bracciali dello scudo {indossato}
    sole bianco « bomba accecante {usata}
    stordente « veleno psionico {riposto}
    rigenerante « oppio {riposto}
    energetico « anello del potere {indossato}

{PASSIVE
    esperimenti « astro partecipa al combattimento + astro può usare le pergamene di deöwyr
    mutazione « deöwyr vede ciò che vede astro + cs divise a metà fra i due
    labirinto della mente « cast istantaneo illusioni + sconto 5% + danni aumentati di un livello
    dimentica « difesa psionica passiva + influenza psionica passiva: il nemico è distratto da astro, si concentra esclusivamente su deöwyr cercando di annientarlo in tutti i modi a discapito di strategie più complesse
    le due metà dell'essere « se astro subisce danno critico lo smezza con deöwyr

{ATTIVE
    CITAZIONE
    Battito d'Ali } Planata, picchiata, volo librato, stazionario. Molti sono i tipi di volo di cui è Astro è capace, uno per ogni possibile situazione, come una solitaria attrice teatrale costretta a cambiare rapidamente maschera per ogni personaggio, senza che il suo vero volto, la sua essenza più pura, possa mai venire alla luce. Fra tutti, c'è poi il volo battente, quando cioè il falco solca il blu liquido del cielo sfrecciando a velocità impossibili, con le ali che battono furiose, senza sosta, tanto che l'occhio umano neanche è in grado di distinguerne con chiarezza i contorni. Deöwyr con un consumo { medio } di energie può rendere sfumati e indistinti i margini del proprio corpo, indefinibili quanto un sogno appena svegli, come se l'elfo imitasse la tecnica dell'amica. I suoi movimenti risulteranno sfuggevoli ed elusivi, a stento riconoscibili dall'avversario inevitabilmente confuso, rendendolo immune da ogni colpo fisico per un certo lasso di tempo (2 turni). Un'abilità che il Falconiere ha derivato da Astro e fatta propria, ma che lei stessa si riserva di usare nelle situazioni estreme. Tuttavia questo non è il solo modo che Deöwyr conosca per celare la propria presenza: infatti, con un dispendio di energie { medio } sarà in grado di generare nell'ambiente circostante una fitta nebbia che si spanderà su tutto il campo di battaglia, ricoprendo un'ampia zona. La bruma, densa e bianca come le nuvole basse che ricoprono le vette dei monti fra le quali Astro ama sfrecciare, impedirà all'avversario la possibilità di vedere e orientarsi nello spazio circostante, mentre per il caster non ci saranno problemi a penetrare con lo sguardo la cortina. Anche Astro è in grado di generare questa fiumana vaporosa con pochi semplici battiti d'ala, e in questo caso lei sola manterrà una perfetta visuale del terreno di lotta, in modo da guidare al meglio il Falconiere. La tecnica ha durata di due turni.

    CITAZIONE
    Ricorda } Rivivere un momento del passato. Distinguere con nitore anche il più piccolo dettaglio, come se non un solo giorno fosse passato da allora. Assaporare tutte le impercettibili sfumature di colori, suoni, odori. Quale esperienza più sublime? Il tempo si ferma, l'universo si arresta e ogni cosa è cristallizzata in un istante perfetto e immutabile, tranne te, che ti sposti a ritroso nell'esistenza, fra i ruderi del passato. L'elfo, fra breve, non ne sarà più capace. Ma è in grado di far provare tutto ciò agli altri: con un consumo { basso } ricrea nella mente dell'avversario una singola immagine rappresentante un momento trascorso, un ricordo, ma anche una semplice apparizione momentanea. L'illusione è visibile nel campo di battaglia soltanto da chi è affetto dalla malia. E mentre il nemico è assorto nella contemplazione della memoria, perduto nei suo meandri, Deöwyr agisce nel presente, approfittandone per portare a termine un attacco ben più letale.

    CITAZIONE
    L'Era del Comando } Gli antenati mantenevano il comando della terra che si plasmava: creature, insetti e primitive forme di vita, si prostravano innanzi al potere di coloro che si libravano nel cielo, figli del vento, potendo essi imporre la loro volontà col semplice battito di ciglia. Tale potere si è tramandato insieme alle ali, consentendo al Falconiere di trascinarlo fino al presente e di utilizzarlo contro i suoi nemici, in quanto erede legittimo di coloro che un tempo dominavano. Qualora egli lo voglia, per esempio, potrà sfruttare il potere mistico delle bestie antiche, ad un costo energetico { Medio }, per materializzare tre giganteschi artigli rapaci che si infilzeranno nel corpo di un suo avversario, causandogli un danno eguale; laddove, però, tale potere venga utilizzato dal Falconiere brandendo le ali piumate dei suoi antenati, tale potere avrà l'effetto ulteriore di rallentare i movimenti del suo avversario per tutto il suo turno di attacco successivo.

    { Tecnica magica, costo Medio, tre artigli rapaci - di una grandezza pari a quella del corpo dell' avversario prescelto - si materializzano dal suolo e infilzano un nemico causandogli un totale di danni pari a Medio; se la tecnica è castata mentre si è sotto effetto della tecnica "L'era del vento", il nemico sarà anche rallentato in qualunque suo movimento per tutto il suo successivo round di attacco. }

{NOTE
    E dire che volevo scrivere un post più snello e veloce degli altri, invece...
    Spiazzato dallo scambio di posizione fra Rage e il cadavere, non riesco a difendermi dall'improvvisa nube tossica (il danno è potenziato dalla tua passiva). L'evocazione mi attacca, ma schivo ancora grazie a Sfocatura (secondo turno di attivazione), così come evito la falce alle spalle. Mentre Astro si allontana dal campo di battaglia, almeno per ora, dopo aver subito anche lei Eresia (Acrimonia la induce ad attaccare prima l'evocazione solo se il suo intento è colpire in seguito il pg) io provo a tirare una spallata al non-morto per buttarlo giù dalla piccola piazza circolare, quindi mi rivolgo a Rage: uso l'attiva di Dominio per distrarti con l'illusione, nonostante la tua passiva te la faccia riconoscere come tale, e subito dopo materializzo i tre artigli sotto di te, mentre scaglio un pugnale verso il petto. Preciso che la visione è stata concordata con Caccia stesso. Credo di aver detto tutto, a te!

 
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Caccia92
view post Posted on 30/10/2012, 16:19






Era qualcosa che marciva dentro di lui, una sensazione di impotenza e delirio. Poteva vedere suo figlio crescere, coltivare l'odio che gli avevano promesso, l'ira che si espandeva dentro i suoi occhi bianchi. Ma non poteva fare nulla per fermarlo. Ecco cos'era riuscito a fare nella vita: mettere al mondo un demone assassino. E lei, sua madre, che ancora si ostinava a dargli amore e affetto, come se quell'essere potesse provare sentimenti diversi dalla rabbia. Lily non aveva ancora visto il male nel ragazzo, eppure Harcade aveva la sensazione che qualcosa di terribile stesse per accadere. Era disperato. Sapeva che, prima o poi, suo figlio avrebbe ucciso entrambi per il semplice gusto di farlo. Era il puzzo di morte e sangue, il modo in cui li fissava, l'espressione vuota e insieme ricolma di ferocia che serbava per chi lo aveva messo al mondo. Per lui, per Rage, esistevano soltanto odio e sofferenza, odio e dolore, odio e furore. Nient'altro. Incolpava il mondo intero del suo stato e delle sue cicatrici, andando in cerca di vittime a colazione, pranzo e cena. Suo figlio era un'aberrazione mostruosa, una pianta marcia da estirpare dalla terra.
Doveva agire. Quella notte, mentre dormiva. Doveva togliere a suo figlio il diritto di esistere, quello stesso diritto che lui aveva così ostinatamente cercato. Non si considerava più suo padre da molto tempo...in realtà, non si era mai sentito un vero e proprio padre. Harcade era sterile. Non aveva nemmeno capito il modo in cui il bambino era stato generato. Da un cadavere, aveva detto il suo "benefattore", dalla pelle putrefatta e marcia di qualcuno che era stato assassinato. E, forse, proprio il rancore dei morti alimentava la fiamma della spietata vendetta che ardeva dentro il corpo di Rage. Non si sarebbe fermato mai. Mai.
Doveva farlo. Doveva uccidere suo figlio...

...o suo figlio avrebbe ucciso tutti gli altri.

__ ______ _________________ ______ __




Nessuna nuvola solcava il cielo, ma l'arena era comunque tinta di ombre scure quanto la notte. Ricordi. Non di una persona sola, non di persone vive, non di bei momenti passati a sorseggiare del buon vino. Erano ricordi di sangue. Una macchia rossa sulla passerella, una crepa evidente nel marmo, un osso che fluttuava nel limbo di melma e liquame. Ogni singolo particolare raccontava una storia e tutte quelle storie, bene o male, richiamavano la signora incontrastata del mondo: la Morte. Per spada, lancia o fiamma, la Morte raccoglieva i propri figli per gettarli in pasto ad un abisso senza fine, fatto di polvere nera. Il perdente ai cani, il vincitore ai rimorsi. E chi agonizzava veniva preso lentamente, chi implorava pietà veniva consumato inesorabilmente, chi era giovane veniva assaggiato per primo. La Morte non guardava in faccia a nessuno, nemmeno a se stessa. Quella era la verità. Solo gli uomini scrutavano il volto delle proprie vittime, perdendosi poi nel ricordo dei cadaveri passati o nell'angoscia di quelli futuri.
Ma lui era diverso.
Lui non aveva bisogno di una coscienza e non provava rimorso. La sua falce mieteva e squartava e dilaniava, freddo metallo nelle fredde mani di un uomo dallo spirito di ghiaccio. Non c'era niente che scorreva nelle sue vene, niente che poteva riscaldare il suo cuore ricolmo di rabbia. L'odio era il punto di partenza di qualsiasi sua azione, parola o sensazione. Odio, odio che scorreva come un fiume. Che cosa poteva temere, quindi, nell'arena fatta di vetro e di roccia? Che cosa poteva scalfire la sua mente oltre alla cieca visione della rovina?
Un ricordo. Solo un ricordo in particolare poteva destare il suo interesse. Un'ombra del passato ormai dimenticato.

L'ambiente era cosparso del veleno verde, una cortina appena percettibile ed estremamente letale. Rage aveva sperato nell'indebolimento dei sensi dell'avversario, ma quando si avventò sul Falconiere riuscì soltanto a fendere l'aria. Le tre lame della sua falce volarono oltre i bersaglio, mancandolo di netto e impiantandosi nella passerella di marmo. Sembrava così sfuggevole quel nemico, così difficile da colpire anche quando era girato di spalle. Era sicuro di poterlo uccidere -nessun uomo era immortale- eppure quella faccenda incominciava ad innervosirlo. Non aveva ancora visto del sangue.
Il Falconiere si gettò di slancio contro il cadavere riesumato, spingendolo con grande forza nella melma che circondava la passerella. La creatura cadde, l'espressione del volto immutata, inabissandosi come un sasso nello stagno putrido, il braccio che arrancava sul pelo della fanghiglia per tentare di fermare la discesa. Stava tornando da dove era venuto, stava tornando nel baratro di rifiuti artificiali e scarti organici. Rage si chiese, senza alcun motivo, quanto poteva essere profondo quel lago di sporcizia velenosa. Sugli spalti la folla ululava, alcuni si erano spostati dalla prima fila per evitare la cortina di nebbia sprigionata dal cadavere, altri si erano fatti più vicini per scrutare meglio la battaglia. Grida, imprecazioni, lamenti, una gran confusione di suoni misti al puzzo di sudore e sangue. Nell'Akerat sapevano come rendere un posto molto simile all'inferno.
E in quell'istante apparvero le figure. Dapprima solo increspature nell'aria, volute di nebbia quasi invisibile, poi contorni sempre più definiti e marcati. Fuoriuscirono dal nulla dell'etere, fantasmi giunti da un luogo recondito e irraggiungibile. Erano in tre: un uomo, una donna e uno spettro. L'uomo aveva la carnagione scura, era alto e dinoccolato, le mani ricoperte dai calli e uno sguardo carico di angoscia; la donna era quasi bella, possedeva un volto dai tratti fini e splendidi occhi azzurri, ma la pelle era stata logorata dal tempo e dalla disperazione; lo spettro...lo spettro era uno sconosciuto ricoperto da un pesante mantello nero. C'era qualcosa di famigliare in lui, qualcosa che aveva attirato Rage in maniera impercettibile. L'assassino non aveva ancora riconosciuto le altre due figure. L'orrore era appostato dietro l'angolo del destino.

« Avrei dovuto ucciderti quel giorno... » disse l'uomo. La sua voce veniva da lontano, velata da una tristezza palpabile.
« Ti ho dato tutto il mio amore, ma non è bastato. » sussurrò la donna. Dai suoi occhi sgorgavano lacrime inconsistenti.


Erano loro...i suoi genitori. Coloro che lo avevano messo al mondo tra l'agonia e il dolore, coloro che lo avevano guidato attraverso la malattia per condurlo ad un'esistenza fatta di morte e atroci sofferenze. Li aveva ammazzati, li aveva ammazzati tanto tempo fa. Cosa...cosa provava ancora nei loro confronti? Suo padre aveva tentato di strangolarlo nel sonno, lo avevo ben impresso nella mente e lo odiava con tutto il suo cuore, ma ricordava a stento il volto e la voce della madre. Lo sguardo così limpido, le mani così delicate sulla sua pelle percorsa da cicatrici, le parole dolci prima di dormire. Non riusciva a focalizzarsi sul passato. Perché aveva ucciso sua madre? Lei lo aveva gettato nella società come carne da macello...gli voleva bene...era solo una lurida puttana...lo copriva con stoffa pulita...odiava ogni cosa...odiava...

« Ti ho dato tutto il mio amore. »

Basta. Zitta.

« ...tutto il mio amore... »

Fai silenzio, troia!

« ...amore... »

« LASCIAMI IN PACE! »


Pazzia, furore, rabbia. Rage incominciò a far roteare la falce in maniera furibonda, spazzando l'aria come un forsennato. Tentò di colpire la donna che stava di fronte a lui, di infilzare l'uomo che lo fissava con orrore. In cuor suo sapeva che quel ricordo era frutto di una sciocca illusione, uno scherzo della sua immaginazione, ma qualcosa si era sbloccato in lui. Un'immagine persa nei meandri della sua testa, qualcosa di talmente doloroso da farlo urlare. E urlò, urlò come un dannato all'inferno mentre la lama della falce passava attraverso i corpi trasparenti dei suoi genitori, urlò mentre le mani insanguinate di un bambino gli comparivano dinnanzi ai suoi occhi. Erano stati giorni terribili e subito cancellati. Ora tornavano a tormentarlo con i dubbi e un rimorso che pensava di aver sconfitto da tempo: il rimorso di una scelta diversa. Come poteva non odiarla? Come poteva non distruggerla?
Lo sconosciuto osservava i suoi affondi, immobile come una statua. Poteva percepire il suo respiro simile ad un rantolo, il suo sguardo penetrante e famelico, la sua esultanza nell'ombra del cappuccio. Lo sconosciuto era parte della sua ira, parte del suo essere, parte della sua anima marcia. E lo stava guardando mentre si scatenava in un delirio di maledizioni e pazzia. Rage era quasi certo che quell'essere con il cappuccio stesse sorridendo.

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Avvertì una morsa stringersi intorno alle gambe e una fitta risalire lungo i polpacci. Il suo sguardo cadde in basso e vide artigli giganti spuntare dal sottosuolo per ghermirlo. Non riuscì ad evitarli, la sua concentrazione era stata ottenebrata dalla follia. Le punte acuminate gli bucarono la pelle, i muscoli e le gambe, facendo fuoriuscire fiotti di sangue caldo dai fori nel mantello. Rage cadde in ginocchio una seconda volta, preso alla sprovvista dal susseguirsi degli eventi e dai ricordi che avevano straziato la sua mente. Per un secondo interminabile si sentì debole, indifeso, gettato nell'ombra di uno scontro più grande di lui. Come poteva combattere il suo passato se era così pericoloso e reale? Quegli artigli, tuttavia, erano diversi dai tre fantasmi che erano tornati a tormentarlo, diversi nell'essenza e nel colore. Un lampo di lucidità penetrò nelle tenebre del dubbio. C'era qualcosa di sbagliato in tutto quello...sì, lui lo sapeva...
Si scostò all'ultimo. La lama del pugnale squarciò un lembo di mantello e lacerò parte della carne del fianco destro. Con un tiro più preciso avrebbe provocato danni ben maggiori, ma il Falconiere, evidentemente, era ancora debilitato dalla nube tossica che invadeva l'arena. Gli spettri erano scomparsi, gli artigli si erano ritratti nel sottosuolo. Rage aveva ormai capito e l'odio aveva ripreso a incendiare le vene. Il cuore incominciò a palpitare in maniera frenetica, gli occhi gelidi mandavano lampi di rabbia attraverso le iridi bianche. Forse, in tutti gli anni passati ad uccidere e a collezionare ossa, l'assassino non era mai stato così arrabbiato.

« Tu... »
Era un sibilo malvagio.
Lo sguardo era fisso sul Falconiere mentre si rimetteva faticosamente in piedi.
« Tu morirai... »


Invocò i morti. Dal sottosuolo si avvertì un rombo sordo: mani scheletriche spuntarono come funghi, una dopo l'altra, alcune prive di falangi, altre munite di artigli. Erano una decina, ossa che si contorcevano tra il marmo e la melma, arti che reclamavano qualcosa da artigliare, da stringere, da trattenere nell'inferno. Senza muscolo e nervi, grondavano sangue attraverso le giunture delle dita. Erano i menomati, gli squartati, quelle vittime fatte a pezzi dopo l'ultimo respiro. Molte mani erano abbastanza vicine al Falconiere per afferrarlo e bloccarlo.
Rage, intanto, aveva generato la sfera di fuoco nero, una delle manifestazioni più concrete dell'odio accumulato durante la sua vita. Il globo vorticava a mezz'aria vicino al suo cappuccio, spargendo scintille buie dappertutto. Era una fiamma talmente scura da risucchiare la luce del giorno, talmente scura da apparire come una distorsione della realtà. Un buco nell'aria, un mostro famelico che desiderava il petto del nemico.

« Voglio vederti bruciare! »

Dopo l'urlo, il colpo.










——— R a g e ———

Critico {33%} ~ Alto {15%} ~ Medio {6%} ~ Basso {2%}


Fisico: Danno Alto dal lacerazione alla schiena. Taglio profondo sulla guancia destra, ferita sul fianco (nel complesso un danno Basso). Danno Medio da lesioni alle gambe.
Mente: Illeso.
Energia residua: 69% - (6% + 15%) = 48%
CS: Concentrazionex4

CS arti scheletrici: Forzax2
Turno di evocazione: Primo.

Passive ———
Prima Iride ~ Rennen: Riconoscimento di qualsiasi fonte magica e illusione ambientale. Totale occultamento nelle tenebre.
Seconda Iride ~ Komat: Attivazione istantanea di tecniche magiche. Nessun svenimento al 10% di energie.
Terza Iride ~ Tuer: Danno magico di un livello superiore al consumo speso, danno fisico di un livello inferiore al consumo speso.
Imputazione ~ Acrimonia: Ammaliamento che costringe ad attaccare le evocazioni della Spolpa Cadaveri.

Attive ———
Richiamo ~ Rabbia delle Ossa: La forza inesauribile delle braccia e delle gambe. Le ossa delle vittime compaiono dal terreno per proteggere il loro assassino contro la propria volontà. Ad un consumo pari a Medio, gli arti scheletrici spunteranno dal sottosuolo per afferrare il bersaglio e impedirne i movimenti; le evocazioni, una decina, avranno potenza Bassa; non provocano danno, non vanno trattate autoconclusivamente e perdureranno sul campo di battaglia per due turni, a meno di subire un danno Basso.
Consumo di energie: Medio

Quinta Iride ~ Amars: Lo strato di iride bianca che fa da contorno alla pupilla. Le potenzialità dell'occhio, in questa zona, non si limitano più a conferire qualità difensive. La quinta sezione è votata alla rabbia, alla violenza e alla distruzione. Rage può spendere un consumo di energie pari ad Alto per generare, dal nulla, una palla di fuoco nero; la sfera incandescente levita a mezz'aria per qualche istante, poi si scaglia contro il bersaglio designato. Provoca danni Alti da ustione.
Consumo di energie: Alto

CITAZIONE
Dissezione ~ Eresia: Stanti motivazioni che fanno parte di un istinto universale e innato nell'uomo, la decomposizione è vista come un fenomeno temuto e terribile. A tale principio si associa la secrezione di sostanze sgradevoli e persino ripugnanti ai sensi, che nel periodo interessante la putrefazione si sviluppano liberandole nell’aria, appestandola coi suoi miasmi. Il cadavere appena riesumato non fa differenza, ed è così che Rage, spendendo un consumo pari ad Alto e lasciando che il proprio schiavo si apra una ferita lungo l’addome - o più in generale nei punti in via di marcescenza - libererà nell’area circostante una nube verdognola. Tale è la rapidità con la quale essa ammorberà l’aria che sembrerà quasi deflagrare. L’odore sarà terribile e nauseante, aggredirà le vie respiratorie ostacolando la normale respirazione, irriterà gli occhi al punto da rendere difficoltosa la vista, non escludendo accessi di somatizzazione quali nausea e vomito nei soggetti più vulnerabili. I sintomi del miasma liberato colpiscono chiunque ne venga in contatto in un’area piuttosto vasta, meno che Rage. La nube permane sul campo di battaglia per due turni compreso quello di attivazione, apporta un danno Medio complessivo agli organi colpiti per turno, e sarà possibile schermarsi mediante un’opportuna difesa psionica di livello Medio. La tecnica, escludendo qualsiasi interazione ad opera di Rage, non ha parametri statistici di riferimento.
Consumo di energie: Alto
Turno: Secondo

Riassunto/Note ———
Questo è proprio un bel duello! Allora, preso dalla tua illusione (che mi fa impazzire), non riesco a difendermi dagli artigli che mi feriscono alle gambe. In ginocchio e immobile, evito solo parzialmente il tuo pugnale, che mi ferisce al fianco. Poi, preso da cieco furore, evoco degli arti scheletrici del sottosuolo che puntano ad afferrarti e a bloccarti sulla passerella di marmo...questo per permettere alla mia palla di fuoco nero di raggiungerti e bruciarti il petto. (lol)
Ricordati che Eresia è ancora attiva! Buon post Alchi e buona fortuna!
 
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view post Posted on 7/11/2012, 21:11

Esperto
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Guardava le stelle, a volte.
Nelle notti limpide, l'aria tersa, il mondo in ombra attorno a lui, si sdraiava e mirava il cielo, in alto, oltre i poggi ondulati delle colline erbose, oltre i picchi innevati delle montagne; fissava la notte trapuntata di puntolini accesi e lucenti - e immaginava. Sentiva il respiro profondo dell'universo, un ansito immane che pervadeva ogni cosa, sentiva la deriva degli astri e dei pianeti, sentiva le galassie avvolgersi in spirali di fuoco e ferro, e tutto quanto fluire dentro di lui, diffondendosi nelle sue membra. Era allora che si domandava come sarebbe stato. Come sarebbe stato staccarsi da terra e librarsi verso il cielo notturno, lasciare dietro di sè le vallate, i fiumi, i popoli, perfino la Torre Nera, dimenticarsi di tutto e salire sempre più in alto. Come sarebbe stato perdersi nella gelida vastità dell'universo, annullarsi in esso come una lacrima nell'oceano. Come sarebbe stato vedere il proprio corpo dissolversi e la sua essenza disgregarsi, e alla fine non lasciare di sè nient'altro che una scia di cenere ghiacciata nella coda infinita di una cometa. Se fosse asceso fino alle stelle, Astro l'avrebbe seguito anche lassù, attraverso lo spazio siderale, sulla spinta del battito delle sue ali d'argento? . Di questo, Deöwyr ne era certo.

~

Ma adesso, sopra l'arena di fango e melma e putrefazione, non c'era nessuna notte stellata: soltanto un implacabile sole che lo trafiggeva coi suoi dardi di luce. E anche se fosse stato diversamente, non avrebbe potuto vedere così lontano verso il cielo: la nebbia venefica lo avvolgeva, si avviluppava su di lui in volute tossiche, gli ottenebrava i sensi e cancellava il paesaggio circostante. La cortina dai riflessi di smeraldo agiva come la malia che gravava sul suo passato e sui ricordi della Torre Nera: offuscava i contorni e dissolveva le immagini, fagocitava ogni cosa. Come poteva impedirlo? Come arginarla? Se per spezzare l'incantesimo doveva ritrovare la sua antica prigione e abbatterla, allora per spazzare via la coltre era necessario raggiungere lo spettro intessuto di dolore e cicatrici e annientarlo una volta per tutte.
Prima però doveva sbarazzarsi dell'evocazione: la spallata la raggiunse in pieno petto, accompagnata dagli scricchiolii delle fragili ossa che si spezzavano come rami secchi. Non era forte quanto avrebbe sperato, ma il cadavere era già indebolito e maciullato, nonchè in equilibrio precario: rimase in bilico per qualche attimo sull'orlo della piazza, gli arti sbrindellati che si affannavano invano alla ricerca di un appiglio, poi piombò nell'acquitrino ribollente. Neanche all'ultimo momento i suoi occhi si accesero o l'espressione mutò dalla fissa vacuità scolpita sul suo viso, eppure il suo braccio percorso da tendini a vista e fibre striate si agitò e si protese in alto quando già il resto del corpo in putrefazione era affondato nella melma. La mano artigliava l'aria e tentava di intrappolare nelle sue grinfie un pugno di luce, almeno un grumo di calore da portare con sè nella distesa putrefatta, là dove c'era solo freddo e verde oscurità in decomposizione. Mero riflesso incondizionato - si ritrovò a domandarsi l'elfo - o azione cosciente? Possibile che quella creatura all'apparenza sprovvista di qualsiasi ragione o intelletto tentasse consapevolmente di opporsi all'inabissamento? Che dopo aver assaggiato per il tempo di pochi respiri l'aria pura e il tepore del giorno rifiutasse con tutta se stessa il ritorno alla morte che l'attendeva, si affannasse con disperazione per aggrapparsi a questa vita? Temeva forse il nulla eterno fra le alghe e la carne marcia - temeva l'oblio?

mano

Non c'era tempo per queste riflessioni: alla fine anche le dita artigliate scomparvero sotto il pelo della fanghiglia e lo scheletro si inabissò - per sempre. Dall'altro lato dello spiazzo il burattinaio grigio aspettava il suo turno. Attraverso la foschia lo intravide dibattersi in preda a un'agitazione frenetica; la falce fendeva l'aria e tracciava orbite potenzialmente letali, ma tutto ciò che lacerava era il vuoto dinnanzi a lui, là dove stava assistendo alla proiezione di un passato dimenticato riemerso alla luce come un affogato che il mare rigetta sulla riva, col suo seguito di orrori: il corpo gonfio d'acqua, le membra deformi, la faccia divorata dai pesci - rimorso, sofferenza, vecchi fantasmi tornati in vita. Urlò, un grido primitivo e doloroso come la forgiatura del mondo, e continuò anche quando le zanne d'osso e avorio eruppero dal terreno e ne squarciarono le carni e lui cadde in ginocchio, fino a quando l'urlo non fu soffocato nel gorgoglio del sangue e la lama del pugnale lo raggiunse con un sibilo, portandosi via un brandello di stoffa dal mantello e un lembo di pelle dal suo fianco.
Il Falconiere non trattenne un singulto. L'aveva ferito, deturpato, sconvolto nella mente e nel corpo, ridotto a un ammasso di grigia carne sfregiata: eppure non voleva saperne di arrendersi, la nebbia non si diradava, la magia malevola proseguiva nella sua opera di annichilimento, e Astro restava troppo lontana, troppo distante da lui.

« Tu... morirai! »

E questa volta il suo tono raschiante e malvagio lo fece rabbrividire. Di colpo si sentì nudo ed inerme, senza Astro al suo fianco, esposto a qualunque volere del mostro. Fu tentato di invocarla vicino a sè, ma si trattenne: non voleva esporla alla nebbia nociva che ancora aleggiava sul campo di battaglia, non poteva permetterlo. Doveva resistere, ancora per un poco.
Un ringhio montante fece tremare il sottosuolo, increspando la superficie dell'acquitrino in onde fangose e concentriche, fratturando il marmo venato della pavimentazione. Emersero dalle viscere dell'arena, una dopo l'altra: mani mozzate, i moncherini sanguinolenti recisi al polso, pallide come la morte e rosse come il sangue. Dita adunche, falangi spezzate, ossa frantumate: strisciavano, si contorcevano, avanzavano lungo il granito della piazza. C'erano arti recisi, carne scuoiata e tendini sfibrati: si lasciavano dietro una scia di melma e coaguli organici. Si avventarono su di lui prima che potesse scansarsi - stordito e confuso com'era per gli effetti della nebbia corrosiva - e gli si avvinghiarono addosso, inchiodandolo sul posto, ma senza ferirlo: Deöwyr capì subito che si trattava di un mero diversivo, in attesa del vero attacco.
Oltre la coltre vaporosa, scorse la vera minaccia: accanto all'avversario ronzava un vorticante ammasso di ombre, un fuoco oscuro il cui crepitare somigliava tanto alle risate malvagie dei demoni dell'inferno. Il sole nero roteò, rapendo la luce del giorno, e sparse nell'aria circostante lacrime di tenebra, prima di precipitarsi contro di lui. Provò a divincolarsi dalla stretta dei moncherini, ma invano, mentre la sfera di pura notte gli calava incontro distorcendo lo spazio al passaggio: era troppo debole per dissolverlo, impossibilitato a scansarsi per colpa dei resti cadaverici, e il globo ardente di buio puntava dritto al suo petto per fagocitarlo, proiettando la sua ombra cupa su di lui.


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Astro! Astro non era lì affianco a lui, ma ciò non significava che l'aveva abbandonato. Un viluppo di piume, scure e setolose, rivestì il suo petto sotto i vestiti un attimo prima dell'impatto. Erano insolitamente dure e resistenti, più simili a scaglie ossee che al folto manto piumato tipico del falco, eppure somiglianti nell'aspetto. La divoratrice di luce si schiantò sull'intreccio di scaglie crepitando e scricchiolando: per un secondo il Falconiere sperò che la barriera fosse sufficiente a fermarla, senza fare i conti con la propria debolezza. In condizioni migliori non avrebbe avuto difficoltà a proteggersi del tutto, ma adesso, in preda alla nausea e assalito dalle mani mozzate, riuscì soltanto a smorzare l'impeto della sfera di fiammeggiante crudeltà: quello che lo investì era odio puro, concentrato nella sua essenza sublimata, senza nessun altra emozione a stemperarlo. Infranse la corazza di piume squamate e si abbattè sul petto: bruciò il tessuto e aggredì la carne, sbalzandolo indietro sul freddo pavimento della piazza, fin quasi sull'orlo della distesa paludosa. Gli mozzò il respiro, mentre fitte lancinanti si propagarono dal punto colpito e incendiarono la pelle; un flash abbagliò i suoi ricordi: ventose impiantate nella carne, freddi macchinari di metallo che succhiavano la vita dal suo fragile corpo di bambino. Si sentì come allora, piccolo e impaurito, una speranza indifesa rannicchiata in posizione fetale all'ombra della statua della Madre Verde. Nel suo sguardo d'improvviso spento danzavano i riflessi palustri della pozza organica. Sollevò un braccio tremante e lo allungò verso di essa.


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Non era un cielo stellato che aveva di fronte, ma un lago di maleodorante fanghiglia. Eppure i sentimenti che provava erano simili, le domande che si affastellavano nella sua mente le stesse. Se non poteva raggiungere la volta notturna, perchè non accontentarsi di quella distesa? Era poi tanto grande la differenza?

Come sarebbe stato?

Un universo stagnante lo aspettava, lo lusingava con la sua muta promessa di un oblio eterno, di un vuoto senza spazio nè tempo - senza più un passato da cui fuggire e un futuro da rincorrere. Anche lì fluttuavano gli astri, ossa sbiancate galleggianti e viticci che affioravano dal fango. Anche lì la possibilità di una dissoluzione lenta priva di affanni: eroso dagli acidi e dalla materia decomposta fino alla dissoluzione completa, e al termine di lui non sarebbero rimasti che pochi resti risicati. Muovere un passo, immergersi nel liquame, lasciare fluire dentro di sè la melma che si avvolgeva in pigri mulinelli a spirale come galassie di terra e lerciume.

Come sarebbe stato?

La nebbia sospirava sulla sua pelle e lo trascinava verso il baratro, sottili tentacoli di bruma che lo sospingevano in avanti, là dove lo aspettava l'allettante offerta del nulla. Perchè avrebbe dovuto affannarsi ancora? Rialzarsi a fatica, soffocare le stilettate di dolore al petto, radunare le proprie forze per l'ennesimo attacco, l'ennesimo tentativo destinato a fallire: chi lo costringeva a farlo? Sarebbe stato molto più facile lasciarsi sprofondare nel pantano.

Come sarebbe stato?

Protese la mano e un dito sfiorò una bolla satura sulla superficie, che esplose liberando una piccola zaffata di gas. Niente più preoccupazioni, niente più ricerche infruttuose, sofferenze e patimenti. Anche l'angoscia dei ricordi che venivano meno sarebbe sparita, anche la Torre Nera e gli strazi della sua infanzia. Poteva seguire il cadavere che aveva ricacciato nelle viscere liquide della terra - perchè no?

Come sarebbe stato?

In ogni caso, meglio di com'era adesso, di come era sempre stato ed era destinato ad essere se avesse perseguito sulla strada infinita e contorta della sua vita. Astro l'avrebbe seguito anche laggiù, attraverso lo melma densa e fetida, sulla spinta del battito delle sue ali d'argento? . Di questo, Deöwyr ne era certo. Avrebbe vendicato il suo compagno, ucciso lo spettro cinereo, per poi tuffarsi in picchiata dietro di lui, raccogliendo le ali al corpo. Il fango ne avrebbe appesantito le piume e impedito qualunque movimento: soffocando, sarebbe sprofondata insieme a lui. C'era qualcosa di sbagliato in questo, il Falconiere lo percepiva, ma cosa - esattamente? Era disposto a innalzarsi al cielo insieme a lei verso l'annientamento, perchè allora non anche affondare nel sottosuolo?
Perchè non è quello il suo posto. Perchè lei si deve librare in alto verso le stelle, non precipitare nel ventre della terra. Perchè non merita di soffrire per colpa del suo amore.
Astro però dov'era? Non era lì con lui, non c'era ad aiutarlo e sostenerlo, pensò amaramente. Non poteva neanche scorgerla, tanta la distanza che li separava.

Come sarebbe stato - presto l'avrebbe scoperto. Si allungò verso la pozza mefitica.
. . .

Uno stridio lacerante squarciò il silenzio della sua mente. Era un verso fiero e addolorato, remoto ma mai così vicino: era Astro che lo chiamava, che gli chiedeva un altro sforzo, supplicava ancora un tentativo. Sollevò gli occhi al cielo: la cortina lo ricopriva come una cappa pesante e impenetrabile, eppure oltre la nebbia gli parve di intravedere un guizzo scuro e veloce, come un lampo nero. Forse lo stava solo immaginando, ma il verso - quello no: risuonò un'altra volta, ancora più acuto, e Deöwyr unì la sua voce allo stridio: un ringhio ferale proruppe dalle sue viscere e si fuse col grido del falco in una sinfonia selvaggia e feroce.

«Ghhhhaaaaaa!»
Non mi ha abbandonato!

Si proiettò in piedi rinvigorito da nuova linfa vitale, scuotendosi e scalciando per liberarsi dalla presa degli arti mozzati. Mulinò Carneficina da un lato all'altro per sferzare, squarciare e recidere dita e mani, mentre con la mancina estraeva Artiglio dal fodero: una volta snudata, la lama sinuosa scintillò d'argento alla luce del sole, come un sorriso di ferro alla vista delle prede, e calò anch'essa sulle evocazioni.

«Sì, morirò... ma non qui!»

Avrebbe fatto strage della carne recisa e delle ossa spezzate, sprizzato fuori da loro fontane di sangue o sbuffi di cenere - non lo sapeva con certezza. Subito dopo, che fosse riuscito a ucciderle tutte o meno, avrebbe riposto la spada per estrarre un nuovo pugnale.
(tu muori qui)

«Non oggi!»

Aveva già provato a ferirlo con i coltelli, senza mai riuscirci appieno, e le possibilità di successo attuali erano ancora inferiori: la nube verdognola gli bruciava gli occhi e appannava la lucidità, scuotendogli il petto per i conati trattenuti, e il dolore provocato dal globo nero era crudo e pulsante come se gli fosse penetrato dritto nel cuore pompando sofferenza ad ogni battito. Eppure aveva una risorsa segreta che l'altro - si augurava - non poteva sospettare. Avrebbe scagliato il pugnale contro il suo nemico, perchè in quel momento non aveva abbastanza forze per battersi in un corpo a corpo: un tiro fiaccato dalle sue condizioni, ma assai più letale dei precedenti. La lama si sdoppiò una volta a mezz'aria, poi ancora, e ancora, moltiplicandosi fino a superare la decina di coltelli, finchè l'attacco non assunse proporzioni letali. La sventagliata di metallo si serrò sulla creatura come una chiostra di denti affilati per dilaniare gola, volto e petto.
(tu muori oggi)

«NON DA SOLO!»

Forse non l'avrebbe ucciso con quel colpo, ma non importava. Il suo obiettivo era resistere ancora per poco tempo, intrattenerlo fino a quando la coltre non si fosse diradata del tutto - già la vedeva dissiparsi ed evaporare, arsa dal sole a picco - e poi sferrare l'attacco decisivo con l'aiuto di Astro. Sarebbe stata al suo fianco, come sempre: come nella Torre Nera, come contro la morte affrontata per conto della strega-albero, come negli abissi della città dei Ghoul, come poco fa, quando l'aveva richiamato alla vita, come ogni volta in passato - e in futuro. L'altro invece no, non aveva nessuno. La sua compagnia erano gli esseri che resuscitava al mondo strappandoli dalle loro fredde tombe; fingeva di non essere solo, ma la realtà era evidente: le sue evocazioni non avevano sentimenti, non combattevano per reciproca amicizia, per aiutarlo e proteggerlo. Erano solo carne morta e inanimata che sottostava meccanicamente ai suoi ordini. Questa era la sua condanna.
Niente a che vedere con Astro e il Falconiere.
(tu muori solo)
. . .

solo

...

solo



{ D E Ö W Y R }
- i l f a l c o n i e r e -

~ ~ ~



{INFO
    status fisico « danno critico (nausa e altri sintomi) + alto al petto (bruciatura)
    status mentale « illeso
    status fisico astro « danno alto
    energie « 44% {46-7-0+5}
    cs deöwyr « 2xintelligenza
    cs astro « 1xforza, 1xrapidità
    consumi « basso 2, medio 7, alto 17, critico 37

{EQUIP
    carneficina « mano {arma naturale}
    lacrime di ferro « pugnalix16 {riposti}
    artiglio « arma bianca {impugnata, poi riposta}
    guanto del tempo « tirapugni + bracciali dello scudo {indossato}
    sole bianco « bomba accecante {usata}
    stordente « veleno psionico {riposto}
    rigenerante « oppio {usato}
    energetico « anello del potere {indossato}

{PASSIVE
    esperimenti « astro partecipa al combattimento + astro può usare le pergamene di deöwyr
    mutazione « deöwyr vede ciò che vede astro + cs divise a metà fra i due
    labirinto della mente « cast istantaneo illusioni + sconto 5% + danni aumentati di un livello
    dimentica « difesa psionica passiva + influenza psionica passiva: il nemico è distratto da astro, si concentra esclusivamente su deöwyr cercando di annientarlo in tutti i modi a discapito di strategie più complesse
    le due metà dell'essere « se astro subisce danno critico lo smezza con deöwyr

{ATTIVE
    CITAZIONE
    Stormo } Due è un buon numero. Né troppi, né troppi pochi. Due forse è il miglior numero che si possa desiderare. La quantità perfetta. Due. Deöwyr e Astro, in due, contro un mondo intero, e fino ad oggi se la sono cavata egregiamente. Eppure, di tanto in tanto, può tornare utile un numero maggiore. Moltiplicare. Accrescere. Amplificare. Giusto qualche volta. Il falco è un animale solitario, Astro già lo è meno - ha il suo compagno elfico - altri uccelli addirittura vivono in stormi. Grossi ammassi semoventi di piume e becchi e artigli. Vorticanti galassie in miniatura composte da ali che frullano frenetiche e stridii laceranti. Più si è, più possibilità sussistono che qualcosa vada per il verso sbagliato, vale per qualsiasi creatura. Però sì, è vero, a volte l'unione fa la forza, e il fatto non può passare sotto silenzio. Con un dispendio { nullo } di energie Deöwyr è in grado di incrementare sensibilmente il numero delle frecce scagliate, dei coltelli lanciati, delle pallottole esplose. Da uno, se ne creano una dozzina, e tutti veri, concreti, tangibili, dolorosi. Oppure, con armi di grosso calibro, raddoppiare i colpi. Uno stormo di freddo acciaio volante, dritto al cuore del nemico.

    CITAZIONE
    Piume } Una piuma cade con lentezza, dolcemente cullata dalla brezza leggera, descrivendo ampi cerchi concentrici nell'aria prima di morire al suolo, come altre prima di lei. Fra gli elementi più caratterizzanti della mutazione ci sono certamente loro, leggere come un soffio, morbide quanto un abbraccio. Spuntano di tanto in tanto sul corpo del Falconiere, una dal braccio, una dalla gamba, magari dal collo, poi si staccano dopo un minuto, un giorno, un anno, e cadono come lacrime seriche. Le piume proteggono Astro dall'acqua e dal freddo, regolano il volo, le forniscono un rifugio caldo e sicuro. Senza piume lei non esisterebbe, e senza di lei Deöwyr non esisterebbe. L'elfo ha imparato come controllarle così da poterle sfruttare in combattimento: con un consumo { Variabile } infatti, un fitto piumaggio lo ricopre non interamente, ma a zone, a seconda del suo volere. Possono essere le braccia, le gambe, il torace o la testa, le piume gli garantiranno sempre una difesa salda, perchè a differenza di quelle che crescono spontanee sono molto resistenti e solide al tatto, tanto da assomigliare piuttosto a delle squame ossee. Come questo sia possibile, Deöwyr non lo sa con certezza. Ricorda - gli sembra di ricordare, ma potrebbe sbagliarsi - un timido bacio tanti anni fa, le sue labbra tremanti accostate con un fremito a quelle di Doreah, un tocco leggero, solo per un istante, ma forse sufficiente per assorbire una punta dell'essenza da rettile di lei. Ma è esistito per davvero quel bacio? O è solo una mera illusione? Tutto è così... offuscato. Non può dirlo.
    Le piume-scaglie, una volta terminato il loro compito proteggendo il Falconiere, svaniranno immediatamente riassorbite dalla pelle, almeno fino al prossimo utilizzo.

{NOTE
    Turno di transizione prima del gran finale. In sintesi, mi difendo dalla palla di fuoco nero con la Variabile personale, ma indebolito dalla nebbia e distratto dalle mani scheletriche non posso erigere una protezione abbastanza forte, e riesco solo ad abbozzare uno scudo Medio. Subisco quindi il restante Medio che raddoppia ad Alto per la solita passiva, così come avviene col la nebbia ancora attiva: in totale quindi un bell'Alto che diventa Critico - una botta di salute, insomma! L'attacco: tento di liberarmi ed eliminare le evocazioni con calci, Carneficina e Artiglio (in totale hanno le mie stesse CS), poi scaglio un pugnale verso Rage: viste le mie condizioni fisiche non è particolarmente letale, ma con Moltiplicazione ti arriva addosso una sventagliata di coltelli. Nota finale: Astro rimane lontana dal duello e fuori dal raggio d'azione del gas per questo turno.
    Ps: ho usufruito della proroga dal 31 al 5 per Lucca: con questi giorni la scadenza risulta fissata al pomeriggio di giorno 9, per cui sono ampiamente in tempo.

 
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Caccia92
view post Posted on 9/11/2012, 23:14






Stava immobile al centro dell'arena, circondato da volute di fumo impalpabili. Le ferite visibili sotto gli squarci nel mantello, il sangue che colava copioso sulla pelle bianca. Stava immobile come una statua di cera, mentre il vento lo avvolgeva e le grida dalle tribune lo spronavano a combattere. Quella era la selezione naturale del Goryo, un pretesto per vedere chi doveva soccombere e chi poteva continuare a sopravvivere. In cuor suo -quel cuore avvizzito e privo di calore- sapeva che poteva abbandonarsi al dolore che pulsava dentro il petto, al dolore che percorreva la schiena come un serpente di spine, al dolore che esplodeva nella testa. Ma non poteva farlo, non poteva concedersi il lusso di morire. L'uomo moriva da solo e, negli ultimi istanti di luce, ripercorreva ogni tappa dell'esistenza, soffermandosi con maggiore attenzione sul male che aveva procurato al mondo. Poteva pentirsi. Era facile la morte, era dolce la morte. Niente più supplizio, niente più sofferenza, niente più rimorsi e ricordi. Ma lui non poteva. Lui non poteva perché sapeva che, dall'altra parte, molti lo stavano aspettando. Nessuno per confortarlo, troppi per torturarlo. Riusciva quasi a vederli, volti rabbuiati dalla fine giunta troppo velocemente, occhi ardenti che chiamavano vendetta, mani putrefatte pronte a strappargli la carne dalle ossa. Era l'inferno che lo attendeva. Quanto male aveva portato nel mondo? Quanto male avrebbe ricevuto come compenso? Si ritrovò a sorridere di malavoglia. Durante la sua vita lo avevano insultato, lo avevano deriso, lo avevano flagellato con la loro incomprensione...e lui aveva ricambiato con la falce. Era già stato torturato dalle cicatrici e dall'odio, tutto quello che poteva aspettarsi in futuro era una prospettiva ancora peggiore. Non aveva scelta, doveva continuare a fare del male. Il più a lungo possibile, forse per l'eternità. Finché rimaneva nel suo inferno, ogni individuo avrebbe sofferto in egual misura. Una logica perfetta.
Uno stridio lo riscosse dai meandri della sua mente. Guardò il cielo e vide l'ombra scura del falco che si avvicinava all'arena, gracchiando come un forsennato. Percepiva il pericolo nell'aria, la sofferenza del suo padrone. E Rage incominciò a ridere, a ridere di gusto. Il Falconiere era davanti a lui, distrutto, dilaniato dalla palla di fuoco nero, spezzato dal veleno, trattenuto dalle vittime che aveva richiamato dal sottosuolo. Stava provando dolore e a lui piaceva quella sensazione. Anche il suo avversario non aveva scelta: soccombere o continuare ad essere torturato. Se rimaneva in quel mondo marcito da tempo, sarebbe sottostato alle sue regole, al suo volere, al suo progetto. Ogni individuo avrebbe sofferto in egual misura.
Il Falconiere si rimise in piedi. Aveva preso la sua decisione.

« Sì, morirò...ma non qui! »

Non esiste luogo.

« Non oggi! »

Non esiste giorno.

« NON DA SOLO! »

...
Tutti gli uomini muoiono soli.


Così osservò il tentativo disperato di un folle nell'ultimo atto della sua esistenza. Il ragazzino, prima di morire, aveva deciso di riporre la speranza nelle lame per infondere ancora un po' di dolore nel mondo. Rage lo capiva, capiva la sua prospettiva della fine, vedeva tutti i suoi sogni andare in fumo, tutti i suoi desideri cancellati in un attimo di realtà. In quel momento il Falconiere voleva solo spaccare il cuore del suo giustiziere, voleva farlo soffrire come lui stava soffrendo. Era mosso soltanto dalla possibilità di privare, di togliere, di uccidere. Non si pentiva. Che cosa stupida. Come tutti gli uomini, non aveva ancora capito la vera logica delle cose.
Rage rivestì il proprio corpo di ossa. L'armatura si generò da un punto imprecisato nel petto, un globo bianco che si espandeva e andava ad intrecciarsi intorno alle braccia, alle gambe, al collo, alla testa. Spesse vertebre acuminate alle giunture, lunghe costole spezzate al torace, un grande teschio a fungere da elmo. Ancora una volta le vittime della sua rabbia lo avrebbero protetto contro la loro volontà, lo avrebbero schermato dal pericolo di nuove ferite. Quello era il suo mondo, quello era il suo inferno. I pugnali del falconiere giunsero sibilando, decine e decine di spine luccicanti affamate di carne. Rage avvertì solo l'impatto del metallo nelle ossa e, ad ogni colpo, il suo sorriso sadico si allargò. Ricoperto interamente dall'esoscheletro fatto di cadaveri gettati nel baratro, il suo aspetto non aveva più nulla di umano.

« Tu non capisci... »

Era un ringhio basso sotto lo spesso elmo bianco.

« ...non sei tu a decidere... »

Non esiste giorno, non esiste luogo. Non per gli uomini.
Quello era il suo inferno.

jpg

« IO SONO LA MORTE! »


Era una certezza per lui, un motivo per continuare il suo cammino, un motivo per evolversi attraverso i secoli e le ere di Asgradel. Assassino inafferrabile, viaggiatore nero, falce della condanna. Plasmato dall'odio e dalla rabbia, gettato in un inferno senza padrone e privo di controllo. Quello era il suo mondo, quello era il suo inferno. E come tale, come impersonificazione del male più assoluto, la sua missione non avrebbe avuto fine. Il Cane Mangia Cane era servito a qualcosa: confermare la sua logica. Nessun rimorso, nessun rimpianto, solo l'assoluta convinzione che il suo destino era quello di uccidere e di massacrare. Era nato e aveva sofferto per ripagare gli uomini con il sangue e l'ira. Lui era il diavolo, lui era la morte.
Rage sollevò un dito verso il cielo e cadde l'oscurità. Una tempesta priva di tuoni, pioggia e lampi si condensò nel cielo plumbeo del pomeriggio, gettando la sua ombra sull'arena e sulle tribune. Non percepì il malcontento degli spettatori, non percepì l'aria che si fermava, non ascoltò i rumori che si perdevano nel buio. La notte era giunta, un demone nero che aveva gettato la sua mano sul campo di battaglia. C'era ancora sufficiente luce per scorgere contorni e profili indefiniti, il resto era stato divorato dalle tenebre. Quello era il suo mondo, quello era il suo regno. La Morte si mosse, lentamente, pregustando ogni passo che la portava più vicino al Falconiere. Il cappuccio calato sulla testa, un teschio al posto del volto, mani bianche che stringevano la falce a tre lame. Aggirò il ragazzo dai capelli color cenere sulla sinistra, concentrando lo sguardo per non perdere di vista i tratti confusi dall'oscurità. Era un'ombra tra le ombre. Avvertiva il marmo sotto i piedi, il gorgoglio della melma, il tanfo della decomposizione. Ma non importava. Ogni cosa faceva parte del suo progetto, ogni cosa faceva parte del suo abisso.
E quando fu abbastanza vicino, quando riuscì a percepire l'odore del sangue, Rage sollevò la Spolpa Cadaveri sopra la testa. Un taglio netto, feroce, brutale. Dalla spalla all'anca. Ancora una volta per spezzare una vita, per elargire la sua sentenza.
Lui era la Morte.








——— R a g e ———

Critico {33%} ~ Alto {15%} ~ Medio {6%} ~ Basso {2%}


Fisico: Danno Alto dal lacerazione alla schiena. Taglio profondo sulla guancia destra, ferita sul fianco (nel complesso un danno Basso). Danno Medio da lesioni alle gambe.
Mente: Illeso.
Energia residua: 48% - (2% + 6%) = 40%
CS: Concentrazionex4

CS arti scheletrici: Forzax2
Turno di evocazione: Secondo. distrutti.

Passive ———
Prima Iride ~ Rennen: Riconoscimento di qualsiasi fonte magica e illusione ambientale. Totale occultamento nelle tenebre.
Seconda Iride ~ Komat: Attivazione istantanea di tecniche magiche. Nessun svenimento al 10% di energie.
Terza Iride ~ Tuer: Danno magico di un livello superiore al consumo speso, danno fisico di un livello inferiore al consumo speso.
Imputazione ~ Acrimonia: Ammaliamento che costringe ad attaccare le evocazioni della Spolpa Cadaveri.

Attive ———
Ade ~ Teschi dell'Abisso: A consumo variabile, Rage può imbastire difese di qualunque tipo con le ossa dei demoni, creando armature, formando barriere, scudi, cupole, difese dirette o a trecentosessanta gradi. Tutte queste manifestazioni dovranno però avere lui come punto d'origine e non potranno perdurare sul campo di battaglia dopo aver compiuto ciò per cui erano state richiamate: le difese svaniranno dopo aver incassato il colpo, dunque. La potenza delle manifestazioni è variabile, pari al consumo speso per richiamarle, e di un livello inferiore al consumo se sviluppate a trecentosessanta gradi intorno all'assassino.
Consumo di energie: Basso - 360°

Sigillo ~ Favore degli Inferi: Il patto stipulato con i demoni dell'inferno sotterraneo. La magia nera scaturisce dalla terra per scagliare l'odio incanalato dall'assassino. Ad un consumo pari a Medio, Rage muterà il giorno in notte e il cielo diverrà talmente oscuro da cancellare le stelle e la luna; durante questo periodo, della durata di due turni, gli angeli non potranno trasformarsi, mentre ai demoni sarà concesso l'uso della metamorfosi. Tutte le tecniche passive dei paladini saranno annullate.
Consumo di energie: Medio
Turno: Primo

Riassunto/Note ———
Allora, passo subito alla parte del combattimento (perché Rage è un individuo molto instabile mentalmente, difficile spiegare i suoi ragionamenti): genero, utilizzando la variabile difensiva, un'armatura fatta completamente di ossa e che mi ripara tutto il corpo; ho deciso di utilizzare un consumo basso, in quanto dovevo parare solo attacchi fisici. I tuoi coltelli si impiantano nell'armatura, ma non producono danno. Successivamente faccio calare la notte sull'arena; non è oscurità illusoria, tant'è che anch'io fatico ad individuarti con precisione sul campo di battaglia. Non ho utilizzato questa tecnica per l'effetto sugli avatar o sui paladini, ma per usufruire della mia passiva: nell'oscurità risulto totalmente occultato - o, per lo meno, è quanto dovrebbe accadere. Ti aggiro sul fianco sinistro, sperando di essere invisibile, e preparo un colpo di falce quando sono abbastanza vicino. Un affondo brutale dalla spalla al fianco.
A te!
 
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view post Posted on 13/11/2012, 22:33

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Un dardo luminoso penetrò la coltre nebbiosa e andò a infrangersi sul volto del Falconiere. La cortina si diradava, incendiata dal calore del pomeriggio, e si sfilacciava come una fune sottoposta a un peso troppo gravoso. Lo scontro volgeva a termine, lo sentiva nelle ossa. Era un'intima convinzione, accompagnata dalla consapevolezza che ci sarebbe stato solo un vincitore, e nessuna pietà per il vinto. Anche gli spettatori, dalle tribune, l'avevano compreso e rumoreggiavano. Per loro quella battaglia non rappresentava altro che un piacevole diversivo, la soddisfazione della propria sete di sangue e violenza ad essi preclusa nel tempo restante, due cani rognosi che si scannavano contendendosi un osso vecchio e spolpato. Non si rendevano conto di come in realtà a fronteggiarsi non fossero semplici uomini, ma due principi contrapposti e inconciliabili che aspiravano ad annientarsi reciprocamente: vita contro morte. L'una escludeva l'altra, ma non su quell'isola di marmo e roccia innalzata dagli abissi fangosi, dove era stato loro permesso di convivere per un frammento di tempo. Deöwyr e Astro, la vita, energia selvaggia discesa dalle profondità cobalto del cielo, e al lato opposto Rage, la morte, con le sue creature d'ombra risorte dalle viscere infette della palude. Ma l'incantesimo non poteva durare: ormai era il momento di decretare chi avrebbe trionfato.
Quando erano giunti per la prima volta a Taanach aveva fatto una promessa, a se stesso e ad Astro. Ricordava la città che si spalancava davanti a lui in tutta la sua decadente maestosità, i meandri contorti della periferia, budelli di strade e vicoli luridi che serpeggiavano fra le basse abitazioni diroccate: arterie irrorate di fiele, dei rifiuti e gli scarti che il cuore sano e splendente della metropoli pompava lontano da sé, nelle appendici in cancrena che marcivano fra le urla dei disperati. Aveva giurato che quello sarebbe stato un nuovo inizio, che da lì si sarebbe messo alle spalle tutti i fallimenti passati per ripartire con nuova determinazione. Non era stato facile fin dal principio, quando si era ritrovato a fronteggiare il Custode ammantato di nero nella sua corazza d'oricalco, eppure non si era arreso e aveva proseguito. E adesso non aveva certo intenzione di fermarsi, non quand'era così vicino al raggiungimento del proprio scopo.

Gli arti mozzati caddero uno dopo l'altro come foglie in autunno, ripiombarono nella palude da cui erano venuti. Il pugnale fendette la cortina ormai rarefatta, si moltiplicò come tante lacrime d'argento per poi scrosciare sullo spettro simile a una pioggia battente e letale. Bianche ossa lo ricoprirono, proteggendolo. Gabbia toracica prominente, protuberanze gibbose, costole piegate, reticoli sottili o spessi, ossa attorcigliate e spezzate per comporre una livida armatura coronata dal teschio scarnificato e scavato che rivestì il volto inespressivo. La struttura ossea incassò i colpi e lasciò indenne l'uomo imprigionato nell'esoscheletro.

« IO SONO LA MORTE! »

Ruggì, un verso gutturale soffocato a stento dal cranio spigoloso che fungeva da elmo.


sguardo-2


«NON E' VERO!»

Esplose subito in risposta il Falconiere, e una fitta gli squarciò il petto nello sforzo improvviso, mentre il mondo roteava confuso intorno a lui. Le parole sgorgarono spontanee senza che si affannasse per cercarle; forse era un'esigenza inconscia, la necessità di affermare le proprie possibilità di vittoria, di sopravvivenza. Se davvero era la morte quella che aveva di fronte, allora era spacciato - poteva lottare, ma presto o tardi era destinato a capitolare. Invece, aveva bisogno di credere che il suo nemico era un uomo come tanti altri; al di là di metafore e allegorie, oltre i significati fallaci attribuiti dalle parole, rimaneva solo un simbolo, e il simbolo è la rappresentazione di qualcosa di più forte adottato per celare le proprie mancanze. Sotto lo scheletro corazzato, oltre la cappa scura, non lo aspettava la Morte, ma carne calda in attesa delle sue lame.

«La morte non sanguina.»

Gli appariva tutto più chiaro, ora: il velo che gli offuscava la vista si era dissolto al sole come la nebbia velenosa. Lui l'aveva ferito, ne aveva straziato le carni, trafitto le membra, aveva fatto sgorgare il suo sangue. Ed era vermiglio e tiepido come il suo. La morte non può essere colpita.

«La morte non soffre.»

L'illusione gli aveva stravolto la mente e offuscato i sensi. Deöwyr l'aveva visto impazzire coi propri occhi: con la falce fendeva i fantasmi che incombevano dal suo passato, mosso da una furia cieca, tremava di paura di fronte al nulla reso folle dal terrore e dal rimorso. La morte è fredda, è insensibile, non si lascia sconvolgere.

«Tu sei soltanto... una MENZOGNA!»

E infine comprese.
La verità gli si disvelò dinnanzi agli occhi come un guscio che si schiude e lascia uscire ciò che celava al suo interno. Si era ingannato, fin dal principio. Il suo nemico era una menzogna: il Falconiere aveva creduto che fosse un emarginato, un diverso come lui, seppure in maniera differente. Niente di più errato: lo spettro era come tutti gli altri, rappresentava quello stesso mondo che da sempre rifiutava e respingeva l'elfo, ne incarnava l'intima anima malvagia, solo senza alcuna falsa patina esterna. Era il seme scuro che germogliava nell'ombra, il lato crudele non mascherato da riflessi ingannevoli, l'espressione sincera di ogni corruzione che albergava sulla terra. Era come quegli invasati sugli spalti, ma a differenza loro non si preoccupava di celare la propria natura nelle altre occasioni: aveva scelto di manifestarla senza esitazione. Era crudeltà allo stato puro, nella sua forma più essenziale.
Il mondo era una menzogna. Dopo la fuga dalla Torre Nera si era presentato a Deöwyr come un luogo meraviglioso e splendido, l'aveva attirato in fantasticherie ingannevoli, adulato con finte possibilità, ammaliato e sedotto. Gli aveva donato la speranza e nutrito le sue aspettative, gli aveva promesso una vita finalmente serena, libera, lontana dal dolore dell'infanzia, e quando lui si era lasciato convincere, quando davvero aveva iniziato a crederci, allora gli aveva tolto tutto, rivelandosi per quel posto crudele che era. Non c'era spazio per lui là fuori, questo gli aveva fatto capire: a quel punto l'unica alternativa rimasta era ripercorrere a ritroso i propri passi, e fu lì che realizzò orripilato la caducità della sua memoria. Il mondo lo respingeva, e al tempo stesso non gli permetteva di allontanarsene; lo costringeva a vivere in un eterno esilio dal corso dell'esistenza. Era malvagio, e quella malvagità rappresentava il suo avversario.
Infine, il Falconiere era una menzogna. Aveva mentito a se stesso, convincendosi che non gli importava più niente della realtà che lo circondava, raffreddando il suo cuore di fronte all'indifferenza della gente; si era imposto un falso dogma: solo la Torre Nera contava. Non era così. La verità affermava una cosa diversa: lui odiava il mondo, odiava il genere umano, odiava tutti perchè l'avevano tradito, perchè aveva riposto ogni speranza di un avvenire migliore in loro, ed essi l'avevano deluso. Prima gli avevano fatto credere che tutto ciò che sognava e bramava era divenuto realtà, poi l'avevano risvegliato con mani crudeli. Li odiava per aver distrutto le sue aspettative, dunque odiava il suo nemico perchè era la personificazione sublimata di quella disumana perfidia che permeava la gente. Mentiva a se stesso, quando affermava che lo spettro non significava niente per lui, che era solo un ostacolo da abbattere per proseguire sul proprio cammino. No, in quel momento lo detestava con tutto il cuore. Il suo desiderio più grande era arrecargli il dolore più vasto possibile, abbatterlo, annientarlo. Vendicarsi. Tutto era una menzogna, se ne rendeva conto adesso.
Soltanto Astro era vera: la vedeva stagliarsi nel cielo limpido, la nebbia fallace svanita del tutto.

_____ ________________________ _____


EVERYTHING IS A LIE
- but I'll write my own truth -




Calò la notte. Nubi cupe si addensarono sopra l'arena e oscurarono il sole, rapendo la luce dal giorno. Come un velo di tenebre e silenzio, il buio fluì sul Falconiere, su Astro, sull'uomo grigio - spense ogni cosa. Forse il suo destino era di non riuscire a vedere chiaramente la realtà dei fatti, di rimanere per sempre nell'oscurità della menzogna: la coltre venefica si era appena dissolta, quando nuove tenebre piombarono nel suo campo visivo. Forse era quella la notte che aspettava, grembo umido e accogliente pronto a riceverlo, nel quale dimenticarsi di tutto il resto.
No. Non era così che doveva andare. Non era il cielo trapunto di punti luminosi che contemplava nei rigidi crepuscoli invernali, non era illuminato da stelle, era una cappa opprimente che lo intrappolava nelle sue pieghe schiacciandolo fra la terra e l'infinità dell'universo. Non c'era nessun dissolvimento ad attenderlo, solo un pozzo nero senza fine che sarebbe stato la sua prigione: confinato nella sua mente, senza alcuna visione esteriore, condannato per l'eternità ad assistere alla lenta e angosciante deriva delle proprie memorie. Solo lui e il suo passato, eretto contro uno sfondo vuoto e sconfinato, e più nessuna strada da percorrere per avvicinarglisi. Soprattutto, una ragione gli impediva di abbandonarsi al torpore funesto che a ogni battito di cuore gli appesantiva di più le membra: la promessa fatta ad Astro, il patto stretto fra di loro, che non si sarebbero arresi. Mai.

Il suo avversario sparì, fagocitato dalle tenebre. Ancora una volta intendeva sfruttare la sua elusività per coglierlo di sorpresa, questo era fin troppo chiaro. Deöwyr socchiuse gli occhi, due fessure sottili, concentrandosi per individuarlo. I passi lenti e leggeri sul marmo, il fruscio della lunga veste fra le ombre, l'oscurità agitata da sussurri di morte: si avvicinava. Per ultimo venne il sibilo della falce, il soffio ferale del metallo che mordeva l'aria e si apprestava a trafiggere la carne: scorse la lama incrostata di sangue e mucillagine soltanto un respiro prima che calasse su di lui, bagliore d'argento e cremisi che squarciava la notte e si avventava sulla sua spalla. Una sensazione, un intuizione, forse soltanto il caso. Sollevò il braccio per ripararsi, Carneficina protesa verso l'abisso insondabile, e il ferro stridette contro altro ferro sprizzando scintille giallastre nello spazio buio. Per un istante fu in grado di vederlo: orbite scavate fra le cicatrici, ghigno serrato su un volto crudele, sguardo di morte fisso nei suoi occhi - poi fu riassorbito dalle ombre. La falce scivolò sulle lame acuminate della mano mutata, più in basso, verso il fianco: ci fu un rimescolio quasi liquido mentre l'arma affondava nella carne e il sangue sgorgava copioso, poi un'esplosione di dolore, intenso e accecante. Si piegò a metà. Urlò.


espressione-1


Doveva rialzarsi, o sarebbe stato sopraffatto. Doveva rialzarsi come già aveva fatto prima, quando la nebbia lo incatenava a terra e la disillusione pesava più di un macigno che poteva trascinarlo nelle profondità dell'acquitrino. Doveva rialzarsi, ma non pensava di esserne in grado. La sofferenza, la nausea, le ferite lo sopraffecero. Poteva proiettarsi in alto ancora, per l'ultima volta, ma temeva che lo sforzo l'avrebbe bruciato e smembrato, brano a brano, fino a lasciare di lui solo uno scheletro friabile. Non ce la faceva, non riusciva a sollevarsi - e allora si lasciò cadere, assecondando la parabola discendente del suo corpo, delle sue speranze. Lasciarsi distruggere era l'unico modo per distruggere lo spettro, perdere la sola maniera per vincere.
In fondo, quello era un uomo come tanti altri - anzi, più debole. Cercava di celare le proprie fragilità affogandole nel sangue dei suoi simili, prima che loro potessero fare lo stesso con lui. Trucidava, scannava, macellava perchè il suo terrore più grande era di essere ripagato con la stessa moneta: per sfuggire alle sue manchevolezze e alle perfidie del mondo si era serrato in un'armatura di mostruosità e nefandezze, inscalfibile e più dura perfino della corazza d'osso che l'aveva schermato dalla cascata di pugnali. Ma dentro quell'armatura era appassito e imputridito, riducendosi a un coagulo di carne marcia e odio cieco, fino a rappresentare in prima persona ciò che da sempre fuggiva. Era lo spettro di un uomo, e il Falconiere non intendeva lasciarsi abbattere da una creatura simile.
Deöwyr mosse la mano guantata ad afferrare un'altra biglia, liscia e violacea, mentre barcollava in avanti verso un manto d'ombra. Ci fu un rumore secco di vetro in frantumi, seguito dal soffio del gas nocivo che si diffondeva nella notte. La sottile caligine ondeggiò e sospirò nell'aria, riverberando fra le volute arricciate gli echi di versi e stridii laceranti. Se l'altro si trovava nel raggio d'azione del veleno - e di ciò non ne dubitava: sentiva ancora il freddo bacio della falce sulle proprie carni - sarebbe stato investito da un'ondata di illusioni raccapriccianti. Artigli lunghi e neri che dilaniavano la pelle, squarci scavati da becchi lordi di umori viscerali, ferite slabbrate e piume insanguinate. Non avrebbe interrotto la propria caduta verso il punto da cui era balenata la falce - non poteva anche volendolo. Protese la mano sana in avanti, lì dove la logica gli suggeriva si trovasse il suo avversario. Non che la logica o qualunque altra forma di pensiero razionale avesse più senso, ormai. La mente del Falconiere era ottenebrata, quasi in preda all'oblio: due pensieri la illuminarono per un attimo, forse l'ultimo. Astro stava calando in suo aiuto, intravide il luccichio degli occhi nella notte alle spalle della nera pozza informe che doveva essere lo spettro pallido e smunto. E poi, la consapevolezza che lo stesso spettro stava per affrontare le proprie più grandi paure. Un tocco leggero, solo di questo aveva bisogno. I becchi si sarebbero tramutati in volti umani, distorti dal dolore e dalla rabbia; le ali spezzate, deformate e riplasmate in arti macilenti, in membra crudeli e fameliche; i fischi acuti mutati in grida e ringhi straziati. I decapitati, gli sventrati, i mutilati: tutte le vittime del mietitore grigio risorti alla vita emergevano dal pantano, spaccavano il marmo, si riversavano fuori dall'inferno illuminati dai bagliori sulfurei delle fiamme danzanti. Un groviglio di corpi deperiti e cadaverici che tornavano su questa terra sospinti da un unico desiderio: la brama di vendetta. L'avrebbero ghermito, afferrato, trascinato in basso, per rivolgergli lo stesso trattamento che la creatura aveva riservato loro. Erano soltanto un incubo, ma le unghie spezzate laceravano davvero la pelle, i denti guasti affondavano nella carne, le braccia putride si attorcigliavano su di lui. Intanto, Astro sarebbe calata dall'alto per l'ultima volta, spalancando le sue ali come un tetro sipario sulla vita del non-morto. Intravedeva l'amico affannarsi contro un vuoto terribile, un abisso più scuro fra le ombre del crepuscolo: mirò poco più avanti rispetto all'elfo, senza che il bersaglio fosse visibile, ma lì dove doveva trovarsi la sua schiena o la gola. Gli artigli duri come diamante, affilati quanto rasoi, pronti a serrarsi sulla preda.

Deöwyr si lasciò cadere, forse per non rialzarsi più: stremato, eppure felice.
Tutto era una menzogna, ma lui stava scrivendo la propria verità
vergandola col sangue dei nemici.
E Astro era con lui.



{ D E Ö W Y R }
- i l f a l c o n i e r e -

~ ~ ~



{INFO
    status fisico « danno critico (nausa e altri sintomi) + alto al petto (bruciatura) + squarcio al fianco (medio)
    status mentale « illeso
    status fisico astro « danno alto
    energie « 22% {44-7-15}
    cs deöwyr « 2xintelligenza
    cs astro « 1xforza, 1xrapidità
    consumi « basso 2, medio 7, alto 17, critico 37

{EQUIP
    carneficina « mano {arma naturale}
    lacrime di ferro « pugnalix16 {riposti}
    artiglio « arma bianca {riposta}
    guanto del tempo « tirapugni + bracciali dello scudo {indossato}
    sole bianco « bomba accecante {usata}
    stordente « veleno psionico {usato}
    CITAZIONE
    Altra biglia scovata scavando fra i cumuli di immondizia e gingilli inutili accatastati nella catapecchia. A differenza del Sole Bianco è colorato di una tonalità violacea, e una volta scagliata per terra o spezzata sull'avversario sprigiona una nube di gas venefico che aggredisce la vittima, provocandogli un danno Basso e visioni raccapriccianti. Lo sventurato vedrà becchi adunchi e artigli affiliati dilaniare la sua carne, strappargli gli occhi e lacerargli la pelle, e l'illusione gli parrà reale in tutto e per tutto. Un ottimo diversivo per distrarre e atterrire il nemico.

    rigenerante « oppio {usato}
    energetico « anello del potere {indossato}

{PASSIVE
    esperimenti « astro partecipa al combattimento + astro può usare le pergamene di deöwyr
    mutazione « deöwyr vede ciò che vede astro + cs divise a metà fra i due
    labirinto della mente « cast istantaneo illusioni + sconto 5% + danni aumentati di un livello
    dimentica « difesa psionica passiva + influenza psionica passiva: il nemico è distratto da astro, si concentra esclusivamente su deöwyr cercando di annientarlo in tutti i modi a discapito di strategie più complesse
    le due metà dell'essere « se astro subisce danno critico lo smezza con deöwyr

{ATTIVE
    CITAZIONE
    L'Artiglio del Falco } Penetrano la carne, lacerano i muscoli, recidono i tendini con uno schiocco secco. Rilucono di cremisi nell'oscurità, stillando lacrime scarlatte. Gli artigli di Astro, grigi strumenti di morte dai riflessi argentati: la sua arma più temibile.
    Quelle stesse unghie uncinate che, come una promessa eterna, tracciarono una sottile e pulsante cicatrice vermiglia sul pallido volto di Deöwyr, ora si adoperano per aiutarlo contro qualunque nemico. Vaga minaccia sospesa nell’aria finché il falco si libra alto nel cielo, assumono contorni concreti quando l’animale si lancia in una folla picchiata, pronta a ghermire la sua preda. Con un consumo di energie { medio } il rapace è in grado di donare una durezza straordinaria ai propri artigli, in modo da poter bucare con facilità vestiti, armature e ossa, furia implacabile cui è quasi impossibile sottrarsi. Quanti occhi Astro ha così cavato, quanti brani di carne strappato e arti maciullato! Il potenziamento dura solo pochi attimi, ma tanto basta a gettare la vittima nelle più atroci sofferenze; una tecnica micidiale, resa ancor più letale dal possibile effetto sorpresa: non sono in molto infatti a curarsi del falco, quando già devono fronteggiare l’elfo.
    Non solo: l’animale può scegliere di focalizzare piuttosto le proprie energie sul becco, invece che sugli artigli, concentrando tutta la forza in un unico punto, con danni meno estesi ma ugualmente devastanti.
    Anche Deöwyr può sfruttare questa abilità su particolari tipologie d'armi che non siano da fuoco o da tiro, ma preferisce usarla per rinforzare gli artigli naturali che col passare del tempo hanno progressivamente sostituito le dita della mano destra: questi, già pericolosamente affilati e taglienti, acquistano una durezza adamantina tale da poter forare ogni materiale e vincere qualunque resistenza per ferire in profondità gli avversari, oltre a una velocità sorprendente grazie alla quale il colpo risulta assai difficile da schivare.

    CITAZIONE
    Ricorda } Rivivere un momento del passato. Distinguere con nitore anche il più piccolo dettaglio, come se non un solo giorno fosse passato da allora. Assaporare tutte le impercettibili sfumature di colori, suoni, odori. Quale esperienza più sublime? Il tempo si ferma, l'universo si arresta e ogni cosa è cristallizzata in un istante perfetto e immutabile, tranne te, che ti sposti a ritroso nell'esistenza, fra i ruderi del passato. L'elfo, fra breve, non ne sarà più capace. Ma è in grado di far provare tutto ciò agli altri: con un consumo { basso } ricrea nella mente dell'avversario una singola immagine rappresentante un momento trascorso, un ricordo, ma anche una semplice apparizione momentanea. L'illusione è visibile nel campo di battaglia soltanto da chi è affetto dalla malia. E mentre il nemico è assorto nella contemplazione della memoria, perduto nei suo meandri, Deöwyr agisce nel presente, approfittandone per portare a termine un attacco ben più letale.
    Ma non sempre ricordare è un'esperienza piacevole. Ognuno di noi ha un frammento di passato che vorrebbe tenere nascosto. Un momento terribile sepolto nel profondo del cuore, sopito ma non morto, pronto a riaffiorare in superficie con inaudita potenza. Dopo un dispendio { Alto } di energie e un rapido contatto fisico con l'avversario, il Falconiere può generare un'illusione rievocante una fase appena trascorsa del duello come anche un ricordo estraneo, il tutto a sua discrezione. Il nemico rivive tutta l'atrocità della memoria rievocata, o sente come assolutamente vera l'immagine creata, tanto da subire considerevoli danni non solo alla mente, ma anche al corpo. Infine, l'illusione suprema: con un consumo { Critico } e un contatto almeno visivo si insinua nella mente del proprio avversario, rievocando un ricordo del passato o del futuro di varia natura a sua scelta. L'elfo potrà decidere di volta in volta di mostrargli immagini liete e gioiose oppure rammentargli i passaggi più terrificanti e angosciosi della sua vita, ricordi passati o avvenimenti che devono ancora verificarsi, come la morte della vittima. L'illusione sembrerà durare ore, giorni, anni al malcapitato, quando nella realtà sarà passato un solo attimo.

{NOTE
    Nel turno precedente ho usato un Oppio, come si comprende dal calcolo delle energie e dallo status dell'equipaggiamento, però mi sono dimenticato di specificarlo nelle note e dal post potrebbe non risultare così esplicito - per cui chiarisco ora. In particolare, lo mastico nel momento in cui mi rialzo spronato dallo stridio di Astro e inizia la mia fase offensiva. Detto questo, eccoci all'ultimo post. Non posso fare nulla contro il calare della notte e l'invisibilità di Rage, ma grazie ai CS in Intelligenza deduco l'imminente attacco (non bisogna essere dei geni per capirlo, in realtà xD). All'ultimo provo a frapporre Carneficina fra me e la falce: a causa della sorpresa e della differenza di 2 CS a tuo vantaggio, subisco ugualmente un danno considerevole (quantificabile in Medio). A questo punto siamo a stretto contatto: pur non vedendoti scaglio a terra la biglia contenente il veleno psionico (gli effetti, decisi al momento dell'acquisto, sono quelli descritti nel post - comunque ho inserito la descrizione completa più sopra) e mi protendo in avanti, quasi cadendo, per toccarti e attivare l'illusione di Dominio (sempre potenziata dalla passiva): giusto qualche morto assortito che torna in vita per vendicarsi di Rage. Nel frattempo Astro cala alle tue spalle: vede soltanto me ingaggiare battaglia con qualcuno nascosto nell'ombra, per cui mira approssimativamente alla tua gola/schiena attivando la tecnica Affondo sugli artigli. Concludo sul punto di svenire, ma ancora cosciente.
    E' tutto: il mio duello finisce qui. Grazie Caccia per il bel combattimento, io mi sono divertito molto e spero anche tu!

 
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Caccia92
view post Posted on 17/11/2012, 17:09






Esiste un sottile legame tra pazzia e ragione, un misero filo sospeso sul vuoto tra due montagne. Esiste anche un punto esatto, nel mezzo di quel filo, in cui un uomo può spostarsi da una parte all'altra della vita. Qualcuno decide di abbandonarsi alla follia, tralasciando i semplici concetti di responsabilità e buon senso per ottenere una facile gestione delle cose; qualcuno decide di guardare la propria anima per scoprire la realtà del mondo e integrarsi con la normalità. I primi muoiono senza rimorsi o rimpianti, i secondi muoiono sapendo di perdere tutto. I pazzi navigano nel limbo, gli altri nella confusione. Ma ognuno possiede, seppur di poco conto, un appiglio a cui aggrapparsi nel momento della scelta. Istinto, ragione, consapevolezza, destino.
Esiste un uomo che non ha scelto una parte, che si è gettato nel baratro tra le due montagne. Un uomo che ha tagliato i legami, un cancro, un mostro talmente orrendo da spaventare persino la morte. Un uomo convinto che l'estinzione della propria specie sia l'unica via per riuscire a sopravvivere. Paradossalmente, Rage odia se stesso. Non per ciò che è diventato, ma per ciò che è stato: un ingenuo. Nascosti nei recessi della sua mente ci sono i ricordi di un bambino che ha speranze per il futuro, un bambino che ancora cammina tra ragione e pazzia, un bambino che ama sua madre. Quanto odia il suo passato. Ha consesso la possibilità agli uomini di fargli del male, di farlo soffrire, di torturarlo quando la rabbia già lo consumava dentro. Le cicatrici sono squarci di un furore che prova a fuoriuscire da un corpo estraneo, pelle e muscoli e ossa non ricoprono nient'altro che dolore pronto ad esplodere. Rage è la malvagità allo stato puro, la malvagità incondizionata e impossibile dell'inferno. Persino le bestie hanno un minimo di pietà, ma Rage non possiede un'anima. Generato da un guscio vuoto di carne putrefatta, plasmato dalla malattia, gettato in un mondo di sofferenza. Non può essere umano per il semplice fatto che non può scegliere un lato della vita. Non ha simili, non ha origini, non ha legami. L'unica cosa che comprende è l'odio, la scintilla che lo ha portato al mondo...per distruggerlo.

__ ______ _________________ ______ __




Ebbe un fremito quando avvertì la lama sprofondare nei muscoli del Falconiere, facendosi strada tra gli organi e le ossa. Un brivido doloroso lungo la schiena, una soddisfazione talmente forte da farlo sorridere. Le tenebre erano calate su Asgradel, fiotti di fredda luce nera avevano avvolto e ammantato l'arena come una bestia mostruosa. La notte buia, priva di stelle e di luna, aveva generato il vuoto sul campo di battaglia, un vuoto pieno di suoni e di odori. Poteva avvertire il terrore dell'avversario, il puzzo di paura e la consapevolezza di essersi trovato in mezzo al cimitero dei senza nome. Quanti erano affogati nel liquame verde? Quanti erano stramazzati sul marmo incrostato? Quanti erano stati dilaniati dalla furia di un gigante? La morte aveva tanti nomi e tanti volti, ma nessuna apparizione era reale quanto l'uomo incappucciato con la falce. Rage sapeva di possedere il potere di vita sul suo mondo e sul suo inferno. Le tenebre erano calate, la campana suonava l'ora del sangue. La sentenza era stata elargita, l'abisso si era aperto per ingurgitare una nuova anima. Io sono la Morte. Il Falconiere cadeva nel limbo del dolore, privato della vista e del corpo, straziato dal metallo e dal fuoco. Cadeva senza possibilità di risalita, risucchiato da un buco pieno di cadaveri. Quello era il suo mondo, quello era il suo inferno. Io sono la Morte.
Era convinto che la fine fosse giunta quando percepì il rumore metallico. Uno schiocco leggero, da qualche parte ai suoi piedi, come di una biglia di vetro che si frantumava al suolo. Poi l'aria diventò irrespirabile, ogni boccata era veleno che penetrava nei polmoni e risaliva fino al cervello. Non comprese. Il buio tremò dinnanzi al suo sguardo, animali indistinti presero forma attraverso l'etere oscuro. Becchi affilati fatti di acciaio, artigli adunchi simili a tenaglie, corvi demoniaci dagli occhi rossi. Urlò, ritirandosi da quella visione maledetta. I corvi squarciavano il mantello e la carne, si insinuavano nei lembi di stoffa per aggrapparsi ai muscoli, laceravano il suo volto e le sue spalle. Urlò di nuovo. Era avvolto da una nube di uccelli che tentavano in tutti i modi di ucciderlo, di spezzare le sue ossa con le zampe, di massacrarlo con i becchi luccicanti. Arretrò di un passo mentre mulinava la falce per allontanare le bestie. Come poteva essere reale? Quello era il suo mondo e i corvi banchettavano sui cadaveri che lasciava per la strada. Erano avvoltoi. Rage odiava gli avvoltoi.

Un tocco delicato sul braccio.
Un bagliore, un lampo nella notte.

E il suo mondo si ruppe. E il suo inferno bruciò.


Senza nessun preavviso, senza nessuna possibilità di comprensione, le bestie si trasformarono in uomini. Rage rimase immobile. I cadaveri erano bianchi e perlacei, statue semoventi prive di arti e di mandibole; alcuni avanzavano strisciando sul ventre come vermi, altri arrancavano protendendo in avanti le braccia scheletriche, altri ancora saltellavano sull'unico piede che gli era rimasto; guaivano, vomitavano le viscere, sudavano sangue, sbavano e perdevano pezzi di carne lungo il cammino. I cadaveri allungarono il passo, spronati dalla visione del mietitore di anime, sospinti dal desiderio di trovare finalmente vendetta nella terra dei vivi. Rage rimase immobile. I morti schiudevano la bocca priva di denti o ricolma di zanne, spintonavano nel tentativo disperato di raggiungere per primi il loro scopo; richiamati dal buco in cui era caduto il Falconiere, erano i riflessi delle persone dilaniate da una falce. Volevano il dolore, volevano la sofferenza, bramavano una giustizia contorta. Pronti a tutto, a mordere e a scalciare, esultavano nella loro trionfale avanzata verso la gloria. E Rage rimase immobile.
Forse era morto, forse aveva davvero raggiunto l'altro inferno. Avvertiva ancora gli spasmi alla schiena, sapeva che le sue gambe erano ancora spezzate dalle lacerazioni. La morte, dunque, non cancellava il corpo. Oppure lui non era morto e il Falconiere sapeva come far riemergere i cadaveri. Quella prospettiva lo infastidiva, lo faceva ribollire di rabbia. Nessuno aveva potere nel suo mondo, nessuno aveva la capacità di uccidere attraverso quell'orrore. Lui era il solo, era quella la sua natura! Per quale motivo, altrimenti, era nato? Per quale motivo era stato generato e gettato nella malattia? Era l'odio che gli permetteva di utilizzare le proprie vittime per i suoi scopi, era l'odio che imponeva alle creature di sbucare dal terreno, era l'odio che generava tutto quello. Che cosa stava succedendo?

« NO! »
la disperazione nella voce, l'angoscia nel cuore
« IO SONO LA MORTE! NON POTETE TOCCARMI! »


I cadaveri erano ormai vicini. Rage venne preso dal panico, un panico talmente vero da risultare quasi umano. Senza indugiare o pensare, sollevò entrambe le braccia per proteggersi dall'orda di mostri che lo stava per investire. Il terreno tremò, il marmo si squarciò nel tentativo di far passare il muro che emergeva dal nulla. Ossa bianchissime, quasi trasparenti, si intrecciarono verso l'alto per comporre una muraglia di imponenti dimensioni. Teschi, vertebre e costole erano stati richiamati per fronteggiare l'attacco di scheletri indemoniati. Ma contro i demoni del passato, quella non era una difesa solida. Rage osservò stupefatto i cadaveri che superavano senza problemi il muro, passavano attraverso le ossa e continuavano la loro marcia maledetta. Solo il falco, calato in picchiata per soccorrere il suo avversario, non riuscì a raggiungere il bersaglio...l'unica bestia che non aveva catturato l'attenzione di Rage.
Urlò di nuovo. Le dita lo presero, i denti affondarono. L'esplosione di dolore accompagnò la follia di quel momento. La testa andò in fiamme, il cuore iniziò a martellare furiosamente, suoni e odori lo avvolsero nel fuoco della distruzione. Tentò di spazzare via i cadaveri con la falce, ma questi lo trattenevano, si aggrappavano come animali, si avventavano e strappavano ogni cosa. Rage cadde, soverchiato su tutti i fronti. La notte divenne più buia e, per un istante, i dubbi lo assalirono. Quella non poteva essere la fine. Lui non poteva morire. Troppe persone dovevano ancora soffrire, troppe persone dovevano ancora pagare, la società umana doveva essere distrutta. Il Goryo non poteva eliminarlo in quel modo!
Io sono la Morte.
Perse i sensi. Rage venne trascinato nell'abisso insieme al Falconiere, straziato dai suoi stessi poteri, sopraffatto dalla sua stessa natura. Perso nel suo mondo. Perso nel suo inferno.
Così crollava la Morte.








——— R a g e ———

Critico {33%} ~ Alto {15%} ~ Medio {6%} ~ Basso {2%}


Fisico: Danno Critico generale. Taglio profondo sulla guancia destra, ferita sul fianco (nel complesso un danno Basso). Danno Medio da lesioni alle gambe.
Mente: Danno Alto + Basso da lesione alla mente.
Energia residua: 40% - 15% = 25%
CS: Concentrazionex4

Passive ———
Prima Iride ~ Rennen: Riconoscimento di qualsiasi fonte magica e illusione ambientale. Totale occultamento nelle tenebre.
Seconda Iride ~ Komat: Attivazione istantanea di tecniche magiche. Nessun svenimento al 10% di energie.
Terza Iride ~ Tuer: Danno magico di un livello superiore al consumo speso, danno fisico di un livello inferiore al consumo speso.
Imputazione ~ Acrimonia: Ammaliamento che costringe ad attaccare le evocazioni della Spolpa Cadaveri.

Attive ———
Richiamo ~ Rabbia delle Ossa: La forza inesauribile delle braccia e delle gambe. Le ossa delle vittime compaiono dal terreno per proteggere il loro assassino contro la propria volontà. Con un consumo pari ad Alto, braccia e gambe si intrecceranno, partendo dal sottosuolo, per formare un grande muro di ossa dinnanzi a Rage; la tecnica è di natura magica e ha potenziale difensivo pari ad Alto.
Consumo di energie: Alto

CITAZIONE
Sigillo ~ Favore degli Inferi: Il patto stipulato con i demoni dell'inferno sotterraneo. La magia nera scaturisce dalla terra per scagliare l'odio incanalato dall'assassino. Ad un consumo pari a Medio, Rage muterà il giorno in notte e il cielo diverrà talmente oscuro da cancellare le stelle e la luna; durante questo periodo, della durata di due turni, gli angeli non potranno trasformarsi, mentre ai demoni sarà concesso l'uso della metamorfosi. Tutte le tecniche passive dei paladini saranno annullate.
Consumo di energie: Medio
Turno: Secondo

Riassunto/Note ———
La prima parte del post è una breve spiegazione della natura di Rage, un riassunto per far capire al lettore ciò che si cela nel suo animo. Allora, passando al combattimento: naturalmente vengo sorpreso dalla tua biglia e l'illusione mi attanaglia la mente. Il tuo tentativo va a buon fine, riesci a toccarmi e a far partire l'orda di cadaveri - ho descritto un po' a piacimento il processo, spero non ti dispiaccia! Dopo varie riflessioni, genero un muro di ossa difensivo per proteggermi dai cadaveri, ma l'unico che fallisce l'attacco è Astro (l'unico che il muro poteva fermare). Ho considerato questa possibilità in quanto il falco attaccava contemporaneamente alle illusioni. Niente, alla fine prendo tutti i danni della tua tecnica non avendo difese per contrastarla. I danni raddoppiano, Alto al corpo e Alto alla mente, quindi è un disastro. Per solidarietà -cioè perché le ferite erano troppo gravi- decido di svenire anche io al termine del combattimento.
Dalle tribune dovrebbero vedere Deöwyr e Rage stesi per terra, uno di fronte all'altro (lol). Mi sono divertito molto, ho trovato tanti spunti per spiegare il mio personaggio al lettore e, in generale, è stato un duello appassionante. Ce le siamo date di santa ragione, ma era giusto così. Bella giocata Alchi!
 
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view post Posted on 27/11/2012, 19:15
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C a t a r s i

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[Deöwyr]_________________

[Scrittura] -
Ti attesti su buoni livelli, il tuo lessico è ricco e ho apprezzato alcune perifrasi d’effetto. Tuttavia gli ultimi 2-3 post mi sono sembrati semplicemente “eccessivi”, nel senso: è incredibile come tu abbia inserito così tanti elementi in un singolo combattimento. Avrebbero reso cento volte meglio in una lunghezza adeguata, senza costringere il giudice a fare su e giù nella barra di scorrimento per vederli nella loro interezza. Non sei abbastanza fluido per permettertelo: chi scrive post così introspettivi dovrebbe sapersi adattare, e accontentarsi di poche parole pregne di significato, invece di dipanarsi su un testo di diversi minuti di lettura. Per il resto Deowyr è un personaggio definito e ben costruito, tu non fai errori, la prova è sicuramente molto buona nel suo complesso. Interpretazione sempre fedele al personaggio, appropriata in ogni istante e soprattutto in ogni scelta.


[Strategia] -
Non si può dire che non sfrutti tutto il repertorio a disposizione: affetti il tuo avversario più di una volta, grazie a delle combinazioni particolarmente efficaci, anche se entrambi avreste potuto sfruttare meglio l’arena circostante. Ho poco apprezzato la “sparizione” del tuo famiglio dal secondo turno attivo. Credo sia stata una scelta in favore di un non-abuso decisamente sportivo, ma aggravante sotto il punto di vista strategico. Peccato perché sei partito davvero bene nei primi turni attivi, riuscendo a beccare in pieno i tuoi attacchi al nemico, poi…ti perdi. In un turno solo subisci un quantitativo di danno che –dovrebbe- metterti KO o quantomeno costringerti a terra. In generale, Deowyr da l'idea di poter essere molto più pericoloso.


[Sportività] -
Qualche errore grossolano che non posso non segnalare. Nel quarto post attivo il tuo personaggio subisce un critico di danno fisico, eppure nonostante questo si libera con pugni e calci dalle evocazioni di Rage. Ulteriore aggravante l’errato confronto di CS: le evocazioni di Rage ne hanno 2 in Forza, tu ne possiedi 2 in Intelligenza, eppure da come si libera il tuo personaggio sembra che anch’egli possieda delle CS in ForzaTra l’altro sfrutti quelle CS per una mira più accurata nel lancio delle armi all’inizio (?) e peri bloccare un attacco totalmente al buio (??) alla fine del combat. A dirla tutta, credo che solo in quest’ultimo caso tu abbia usato a dovere le tue CS. -. Altro fattore estremamente borderline gli ultimi tuoi due turni di combattimento: non si spiega come Deowyr riesca a reggersi in piedi, a castare tecniche, a muoversi e a non crollare a terra svenuto nonostante un critico+alto e sul finale un ulteriore medio di danni fisici in corpo. Per il resto ho dovuto penalizzare, anche se di poco, l’uso di Oppio –segnalato nel turno successivo, siamo pur sempre in un torneo ufficiale.



[Rage]_________________

[Scrittura] -
La lettura di ogni tuo post è resa interessante da un lessico vasto e una correttezza grammaticale impeccabile; Rage è un personaggio solitario, crudo, tormentato, e tu riesci a renderlo al meglio. Posto che la qualità dei tuoi scritti è indiscussa, ti riporto un consiglio di un utente molto più anziano di me: non soffermarti troppo sugli stessi pensieri e sugli stessi concetti, seppure propinati in diverse sfumature, oppure alla lunga giungerai ad un punto di esasperazione. Concediti qualche nuova sperimentazione, cerca di rendere il tuo stile meno “statico” e ridondante, questo è l’unico consiglio che mi sento di darti.
L’unico altro neo che ho da recriminarti è la lunghezza eccessiva di alcuni post –non quanto quella del tuo avversario quantomeno- tuttavia assolutamente giustificata da BG, ricordi o sensazioni particolari.


[Strategia] -
Anche in questo campo ho poche cose da recriminarti. Sei riuscito a gestire le tue energie in modo da giostrarti al meglio l’evocazione, tenere a bada i due nemici e sul finale uscirne meno “ammaccato” del tuo avversario. Certo è che avresti potuto evitare di subire danno anche durante l’uso della difesa assoluta, e io avrei cercato di sfruttare meglio la pergamena “Notte” -accompagnandola a una tecnica offensiva magari- ma a parte questo te la sei giocata davvero bene contro una pericolosità superiore alla tua.


[Sportività] -
Il personaggio incassa il giusto e si stanca quando è il momento. Cerca di dare maggior attenzione per gli effetti postumi dei danni subiti. Troppo facile ricordarsi di una lesione solo al momento dell’impatto, continuando il duello tenendo poco in considerazione il dolore e gli impedimenti fisici. Per il resto, la condotta è stata corretta e rispettosa delle azioni nemiche.



VALUTAZIONI




[Deöwyr]
Scrittura: 7,5 + 7 + 6,5 = 7,000

Strategia: 7 + 6,75 + 7 = 6,917

Sportività: 5,5 + 6 + 6,75 = 6,083

MEDIA: 6,667


[Rage]
Scrittura: 7,5 + 7 + 6,5 = 7,000

Strategia: 7,5 + 7,5 + 7,5 = 7,500

Sportività: 7,25 + 7 + 6,25 = 6,833

MEDIA: 7,111

 
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