| J!mmy |
| | Era mattina. La luce era incredibilmente calda, e penetrava gli opachi rosoni della Sala dei Teschi dissolvendosi in un meraviglioso caleidoscopio di giallo e arancio. Neppure la soffocante penombra che albergava tra i colonnati o le dozzine di carcasse murate assieme alla calce tra un arazzo e l’altro poterono offuscare una simile bellezza. Tuttavia, sullo scranno stava seduto un uomo duro in volto e plagiato dalla fatica, che si massaggiava con aria stanca una delle tempie che non smetteva di pulsare, e pulsare, e pulsare. Si accarezzò la barba ispida del mento come se riflettesse su di un’importante questione – o fingesse semplicemente di farlo. Dinanzi a lui, a tre scalini di distanza, vi era un secondo uomo attorniato da oltre una dozzina di sentinelle, tutte bene armate e con lo sguardo rigidamente spedito a disperdersi nel vuoto di fronte a loro; per qualche istante, quando la luce del sole scivolò sui loro spallacci e sui loro elmi neri a foggia d’animale, parvero persino tramutarsi improvvisamente in statue di solida pece. L’uomo al cospetto di Duevite parlò, blaterando di come lui e la sua famiglia fossero oramai prossimi alla morte, data la tremenda siccità degli ultimi tempi e l’insufficiente razione di frumento che le autorità dispensavano loro. Erano trascorsi già quasi venti giorni da quando la Nera Regina aveva lasciato il proprio posto sul trono di Fortescuro e il feudo non poteva davvero essere più allo sbaraglio: lamentele, suppliche, carestie, malattie ovunque e un’insignificante quantità di guardie rimaste ad assicurare l’ordine e la sicurezza in città. Gli era stato affidato il controllo e la salvaguardia del regno del meridione in sua assenza, ma più tempo passava e più Nicholas Varry si rendeva conto di quanto poco vi fosse realmente da controllare e di quanto presto non sarebbe rimasto che un mesto ricordo della fantomatica Città Infame. E adesso doveva anche sopportare di ascoltare i piagnistei di quei rifiuti! No, quello del reggente era un ruolo che gli andava dannatamente scomodo.
« E sia, dirò ai miei uomini di raddoppiare la vostra razione di frumento per una settimana. Ora va'. » Il Lord Assassino, quel dì, pareva incredibilmente provato dalla stanchezza. Indossava vesti color d’ottone, con un morbido farsetto di cuoio a sovrastare una camicetta in lino bianco e dai ricami elaborati; al fianco destro del podio la Mietitrice dimorava silenziosa.
« Cos... ? Oh... oh, grazie infinite mio lord! » replicò incredulo l’uomo, trattenendo lacrime di gioia « Che il Sovrano vi benedica! » Ma ignorava che nella subdola trappola che era la vita, nessuno dava nulla per nulla, neanche il più misericordioso dei sovrani, neanche il suo di Sovrano. Duevite agitò lentamente indice e medio, e una delle sentinelle gli si apprestò solerte: portava una rozza celata a forma di cervo e dagli occhi di questa colavano due lunghe scalfitture arrugginite, simili a lacrime di sangue. Il lord si strofinò nuovamente i peli del pizzetto, arricciando il naso e corrugando la fronte. Quindi avvicinò la bocca all’orecchio del soldato.
« Portate lui e il figlio fuori dalla città e impiccateli: basterà a tenere lontani i corvi per un po' dai nostri campi » sussurrò. « Risparmiate la moglie, invece. Lei la voglio in una casa dei giochi; varrà più da puttana che da morta. » No, la carica di sostituto non faceva affatto al caso suo.
“Dove sei finita, mia regina?” Nel frattempo, da qualche parte nel deserto...
Nove giorni prima. Fin da quando era bambino, Skjor aveva avuto una passione smodata per le asce bipenni. La loro strana forma gli ricordava la verità che stava celata dentro ogni bivio, il dualismo che ne stipava ogni anfratto, l’atroce indecisione tra lewe e dood; eppure, quell’arma così affascinante e così letale rappresentava un’improvvisa profanazione di qualunque di queste universali ideazioni: comunque la si voltasse, infatti, portava sempre e solo alla morte, come una moneta truccata dalle facce identiche. E neppure tre decadi di esistenza bastarono a togliergli dalla testa quest’idea. Skjor era un barbaro, un comunissimo orco dell’est, generato dagli aspri monti del Vixar e temprato dalla durezza dei campi di battaglia. Il buon vecchio F’gorn - che l’Unico l’abbia in gloria - era stato suo maestro d’armi fin da quando era un infante ancora inchiostrato di sangue, lo aveva reso il combattente che era e gli aveva insegnato tutto quanto in suo possesso. Gli aveva insegnato che in guerra sopravviveva il più valoroso, e che chiunque fosse in grado di farlo andava rispettato e onorato degnamente; gli aveva insegnato che il fuoco era l’espressione dell’immensa volontà dell’Occhio, e che quella stessa volontà guidava su cammini gloriosi i passi solidi di ogni pelleverde del pianeta, giacché quella era per lui l’unica strada del trionfo; gli aveva insegnato che le femmine erano un dono raro e che, come tale, andassero preservate indipendentemente dalla razza o dal colore della loro vel. Fu quest’ultimo pensiero ad attraversarlo mentre, dall’esterno del padiglione di Khol-huum il mastro ferraio, osservava colei che i suoi fratelli chiamavano Swart Koningin. Si diceva che fosse bella né più né meno della media delle femmine umane e che avesse occhi cupi e profondi come la notte più oscura. Ma se i chierici avevano deciso che trattenerla al campo fosse la decisione più saggia, lui non avrebbe certo osato contraddirli, obbligandosi a ripudiare qualunque forma di timore o titubanza in proposito.
« La lama è un po’ smussata alla base » le sentì dire all'anziano fabbro, che annuì pigramente « Ho bisogno che la affili. » Skjor indossava vesti semplici, quel giorno. Il petto prominente e muscoloso era lasciato scoperto, mentre larghe braghe di cuoio indurito lo cingevano dall’ombelico fin sotto alle caviglie, dove lasciavano spazio a gambali alti qualche pollice e bordati di pelliccia di volpe del deserto. Non certo un abbigliamento degno d’un simile incontro, insomma, ma poco gl’importava in effetti.
« Io sentito dire tuo valore grande, Swart Koningin » disse avvicinandosi. Quelle parole fuoriuscirono dalle sue labbra come un boccone di carne troppo amaro e mal masticato. Nel parlarle, però, la donna si volse come se avesse appena ricevuto un insulto, al punto che finì quasi col preoccuparsi che non avesse usato le parole adeguate o l’avesse in qualche modo offesa. Quando poi Rekla si rese conto di chi aveva dinanzi, tornò ad ignorarlo e ad osservare Khol-huum che sfregava ripetutamente una grossa cote sulla lama di Vesar "Luna dell'Inferno".
« Il valore non ha importanza per me, orco; è per i deboli » ribatté lei, senza degnarlo del ben che minimo sguardo. Quella risposta giunse al viso di lui con una tale veemenza che parve scudisciare sulle sue guance come un nerbo ruvido. Il valore era quanto di più sacro, ad eccezione della fede, contasse per Skjor. Sentirla sputare tanto impudentemente sulla propria disciplina e sul proprio credo fu peggio che venire trapassato da trenta o più lance. I denti dell'orco schioccarono, la mano si appoggiò lentamente sull’aràkh infoderata all’anca, ma la Koningin fu troppo strafottente per notarlo.
« Quel valore ha salvato tua vita » grugnì il barbaro, arricciando furiosamente il naso « Questo rende te debole? » In tanti anni di esistenza, di nemici subdoli e venefici ne aveva conosciuti a iosa, e tutti erano caduti in combattimento sotto il suo braccio. Rekla Estgardel, invece, respirava ancora e lo faceva con incredibile superbia: era questo a renderla davvero minacciosa. « Tieni tuoi occhi aperti, donna. » E, come una nube allo sbuffo del vento, Skjor si dileguò.
CITAZIONE Rekla Estgardella Nera Regina–––––––––––––––––––––– Stato Umano { Intelligenza 4 | Forza 1 | Maestria armi da mischia 1 }–––– « Energie: 100% « Stato fisico: illeso. « Armi: Constantine • riposta; Vesar "Luna dell'inferno" • sfoderata₪ ₪ ₪ Attive...Nessuna... e passiveLa connessione tra l'evocatore e il mostro è molto più potente di quella che potrebbe mai avere con qualsiasi altra delle sue creature. Loro sono la stessa cosa, divisasi solamente con l'obiettivo di distruggere il proprio avversario. Per questo, i loro corpi sono legati insieme non solamente dalle mere catene che fuoriescono dal gauntlet. Nel caso in cui Rekla dovesse subire un danno provocato dal proprio avversario (e non autoinflitto tramite tecniche o atti impulsivi) ella potrebbe decidere di suddividere tale ferita e farne subire la metà esatta al proprio colosso, che griderà, alimentando la propria furia. Esemplificando, se Rekla dovesse subire un danno Medio, ella potrebbe decidere di prenderne solamente uno Basso, facendo sì che il mostro, tuttavia, subisca anch'egli un danno Basso. In poche parole, potrà smezzare qualsiasi danno rivolto alla propria persona, purché l'evocazione sia già presente sul campo. Viceversa, potrà anche decidere di suddividere i danni rivolti all'evocazione, subendone la metà, poiché i due non sono che diverse emanazioni dello stesso corpo [Tecnica passiva].
Nel principio, la Riluttanza Il primo stadio di violenza contrappone il rifiuto della verità al suo viscerale attaccamento alla propria arma, il quale diverrà indissolubile, tanto intenso e profondo da impedire a chiunque di scinderlo. L’arma diviene un ninnolo, un prezioso memento, un tesoro inestimabile per la fanciulla che potrà impiegarlo per evocare istantaneamente l'ombra sotto forma di lorde creature, potenziate di un punto CS addizionale e a un costo energetico ridotto del 5%.
.Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa della gola, come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.Il peccato di gola coincide con un desiderio d'appagamento immediato del corpo per mezzo di qualche cosa di materiale che provoca compiacimento. É un'irrefrenabilità, un'incapacità di moderarsi nell'assunzione di cibo o, più in generale, nel desiderio incontrollabile di qualcosa che si brama. E' stato proprio per quest'ultima ragione che Rekla ha accresciuto la propria fame nell'ambito della negromanzia, al punto da strappare il sottile velo che separa ciò che è vivo da ciò che è morto. Più precisamente, in termini di gioco, la Nera Regina acquisisce il potere dell'immortalità; questo non significherà che non sentirà la stanchezza o perderà i sensi una volta al di sotto del 10%.
.Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d'Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero. Il superbo è una persona innamorata della propria superiorità, vera o presunta, per la quale si aspetta un riconoscimento. La superbia affonda le sue radici nel profondo dell'uomo, sempre teso alla ricerca e all'affermazione della propria identità. Quest'ultima non è qualcosa che si elabora al proprio interno, ma che ciascuno negozia nel rapporto con gli altri da cui attende, appunto, il riconoscimento. Tale bisogno nell'essere umano è fortissimo: forte al pari di altri bisogni più esistenziali… Allo stesso modo Rekla è innamorata di sé, della sua sicurezza, del suo corpo. Così facendo, nonostante le origini ancora sconosciute, la giovane insinua in chi le sta accanto non molta fiducia, oserei dire nessuna piuttosto, ed un timore di non poco conto. Tutto ciò, ovviamente, è efficace laddove chi la affianca non sia un demone né possegga un'energia superiore alla sua.
Vizio dell'Animo • честолюбие Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario. (Tomo furtivo)
An endless guard In breve, il giovane Shiverata apprese l'orrenda verità su chi fossero i nemici e le prede cui il Magus l'aveva destinato. Non ne fu felice. L'anello gli imponeva di cercare e sconfiggere gli emissari dell'Abraxas: lui era costretto a frapporsi fra il mondo umano e l'Ombra, senza poter abbracciare nessuno dei due. Il dono lo condannava ad una guardia senza fine, perché il fiore di ossidiana, quel cuore del fiato di drago, non conosceva scalfiture. Il Maestro l'aveva definito nero come il peccato e resistente come la roccia. Lo era molto di più. Inoltre lo costringeva ad una percezione impossibile da interrompere, gli donava non la visione esatta ma la totale percezione del nemico, della sua presenza. Era orribile -e per questo maledisse il nome del Maestro. { Abilità Passiva: L'anello è indistruttibile. ; Abilità Passiva: Auspex sui non-morti, il portatore sarà sempre a conoscenza della loro presenza nei paraggi. } ₪ ₪ ₪ NoteAlcune annotazioni:
• Ho suddiviso il post in tre per tre protagonisti e tre punti di vista diversi dello stesso "timeskip". Spero apprezziate l'idea, nata per spezzare la monotonia e la solita banalità. • Nella parte inerente a Rekla (secondo pezzo) ho evitato di dilungarmi troppo, sia narrando alcuni eventi precedenti la "fine" delle due settimane attraverso gli occhi dell'orco Skjor (terzo pezzo), sia saltando letteralmente la parte della proposta e della visione che coinvolge la donna e i chierici tramite alcuni espedienti. No, non li ho lasciati al caso, non preoccupatevi: semplicemente utilizzerò queste informazioni nei miei post futuri. • Chiedo scusa in anticipo per eventuali distrazioni o errori, ma la carne al fuoco era parecchia ed ho preferito non appesantire ulteriormente il tutto.
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