Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

The Wayfaring Stranger, Scena Riservata

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view post Posted on 30/1/2013, 17:39
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La taverna è un edificio aereo, nel piccolo villaggio perso tra le risaie, al margine della grande foresta rigogliosa. Le porte sono di carta di riso, e dall’interno filtra una luce dorata. Ombre si muovono sul fondale candido dei battenti e pare quasi si tratti di un teatrino o di ombre cinesi. Alcune si inchinano, altre brindano e ridono. Fuori solo i grilli e qualche passante che rincasa in tutta fretta. La luna si sta alzando e ben pochi, in questo villaggio, si possono definire nottambuli o festaioli. La taverna, se così si può chiamare, ha i suoi clienti affezionati e ogni tanto ospita qualche viaggiatore nelle poche stanze al primo piano.
Ma questa è una serata strana. Questa sera c’è una nuova arrivata. Non pare una viandante ansiosa di riposarsi e non è una delle vecchie che passano di lì avide dei pettegolezzi della giornata. Non ha le mani consumate dal lavoro nella risaia e i suoi piedi non sono abituati alle ore sotto il sole battente. La sua pelle è quasi pallida, abituata ai belletti e alla cipria, le sue caviglie sono sottili e non porta le calze. A coprirla c’è solo un kimono color smeraldo, come le foglie della foresta. Sul suo margine inferiore mani sapienti hanno dipinto macchine di colore apparentemente casuali, ma che guardate nell’insieme riproducono lo stormire delle fronde di un enorme bosco.
Forse qualcuno di più istruito, qualcuno venuto dalla capitale, potrebbe perfino riconoscerla. Basterebbe un’occhiata per identificare quegli occhi grigio verde, quelle labbra piene dipinte di rosso e i lunghi capelli lisci come la seta. Ma in quel luogo di onesti lavoratori nessuno l’ha mai vista. Lei non ha detto il proprio nome e si è limitata a mescolarsi a loro.
Inaspettatamente, nonostante il suo aspetto, è riuscita ad attaccare bottone con i pochi avventori. Forse per il suo modo di portare il kimono, morbido sulle spalle. Quando inclina il collo o si piega in avanti sull’onda di una risata mostra la parte alta della schiena, i margini di un tatuaggio nero e scarlatto. Forse per il modo in cui parla o ride, sempre accompagnando le sue parole cinguettanti con un movimento fluido delle mani. Ha i gesti di una danzatrice, ma quel luogo è troppo piccolo perché possa esibirsi.


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Appena entrata ha detto di non avere soldi per pagare. Ma i suoi occhi hanno scintillato vividi sotto le lunghe ciglia e la sua bocca ha formulato una promessa silenziosa. Il proprietario è giovane e sua moglie è stata scelta ancora prima che nascesse per un patto tra famiglie. Forse non la ama o forse la straniera dal profumo intenso è un qualcosa che non gli potrà capitare mai più. Forse vuole semplicemente assaggiare il suo sapore esotico o forse spera di convincerla a rimanere per sempre.
Ha bevuto moderatamente, intrattenendoli con i racconti del proprio viaggio fin lì. Dice di voler visitare ogni villaggio del regno per poterlo poi raccontare a corte, al proprio ritorno. E per ogni villaggio riporterà a casa una memoria, un fatto, un evento. Forse il taverniere spera che al suo ritorno parlerà anche di lui. Ogni tanto, quando le si avvicina, le cinge la vita con le braccia e le poggia un bacio avido sul collo. Lei non si ribella, non rabbrividisce. Lui non lo sa, ma lei lo ha già intrappolato tra i propri rovi. Dietro la maschera della sua gaiezza spensierata, si cela una malinconia infinita quanto il cielo stellato. Ha deciso di viaggiare nella speranza di trovare qualcosa che le mancherà per sempre e ogni villaggio che passa se ne rende sempre più conto.
Da qualche parte, fuori, nelle tenebre, la sua guardia del corpo insonne veglia sul suo ludibrio.
Qualcuno le chiede se non si sia mai innamorata. Lei ride e allunga una gamba con noncuranza. Pare una bambola, uno di quei meccanismi ad orologeria fatti per recitare la propria parte fino a quando non termina la carica. Eppure nella sua mente c’è un solo nome. Si domanda se là fuori il suo fedele compagno senza volto la pensi. Si domanda se mai troverà mani umane e occhi umani capaci di accettarla come fa lui nel proprio involucro di metallo.
Si domanda. Ma sul suo volto c’è solo un sorriso sfrontato. Nelle sue mani l’ennesimo bicchiere. Ride, perché quello è l’unico aspetto con cui verrà amata. Perché la sua possibilità l’ha già perduta e questa è la sua benedizione e la sua condanna. I suoi occhi sono lucidi, splendenti quanto le stelle, non sa neppure lei se per l’ubriachezza o per le lacrime.




CITAZIONE
Scena Riservata, si prega di non intervenire <3
 
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view post Posted on 11/2/2013, 18:01
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Eternal Light
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Gli occhi demoniaci brillavano nel buio, straripanti odio e crudeltà.
Ti vedo tuttora. Ti aspetto, di nuovo. Il tuo turno non finisce qui.
Il mezz’elfo emise un gemito di dolore quando le dita del demone si strinsero attorno alle sue spalle, l'artiglio acuminato piantato in quella destra. Non c’era via di fuga: il buio in cui echeggiava la voce abissale dell’essere lo incatenava. Sentì la testa stretta tra il pollice e l’indice della creatura e seppe che era giunta l’ora.
E’ la fine del tempo!
Cominciò a stringere cercando di far scoppiare la testa del ragazzino come un acino d’uva troppo maturo, molle e insignificante.

Ghin spalancò gli occhi e si erse sulla schiena provando a riprendere fiato. I capelli puliti tempestavano con i loro riflessi argentei il morbido cotone delle lenzuola e delle bende attorno alle pallide spalle nude.
Era vivo, era in salvo. Ricordava solo la morte del castellano di RottenHaz e poi un bagliore bianco, accecante, seguito dal buio più totale. Non sapeva dove fosse né chi lo avesse lavato e medicato. Non aveva importanza: non poteva rimanere lì; doveva diffondere le notizie riguardo a quel che era accaduto per fermare Lord Falkenberg prima che mettesse a ferro e fuoco altri luoghi, ogni luogo. Non c’era tempo per quesiti inutili.
Il rozzo legno del pavimento scricchiolò quando vi poggiò i piedi scalzi e prese a camminare con un’andatura incerta, diretto verso una porta scorrevole coperta di carta. Solo delle coperte poggiate per terra arredavano la semplice stanza, ma non c’era nulla degli averi del ragazzino, persi o nascosti da qualche parte da chiunque lo avesse condotto in quel posto. Varcò l’uscita indossando solo le brache marroni, diretto verso le voci al piano di sotto.

Dove andate? Siete ancora ferito! …e copritevi almeno!
La ragazzina dai lunghi capelli neri, acconciati sulla nuca, nascose il viso tra le mani abbronzate, mentre l’attenzione dell’intera sala ricadeva su Ghin, sul suo torso sottile e perlaceo alla luce delle candele. Sentendosi tutti quegli occhi addosso, il mezz’elfo rimpianse la mancanza dell’avvolgente mantello nero e perse tutta l’arditezza che il timore dell’incubo aveva fatto sorgere in lui. Si coprì i gomiti con le mani e posò gli occhi scarlatti verso il basso chiedendosi cosa avesse avuto intenzione di fare presentandosi così al cospetto di sconosciuti.
L... Lord Falkenberg…
No, doveva raccontare cose troppo importanti per farsi vincere dall’imbarazzo. Forse i Falkenberg Korps erano vicini, forse sarebbero stati su di loro per la notte. Non poteva tirarsi indietro. Alzò lo sguardo per incrociare a turno quello degli astanti, troppo impensierito da quello che avrebbe voluto dire per riuscire a guardarli veramente.
Lord Falkenberg ha distrutto Waulsort! Ha messo a ferro e fuoco città e foreste, vuole fare lo stesso con il mondo intero! Bisogna distruggerlo, diffondete la voce! Solo Corigliano… solo il castellano è morto, ma lui…
Lui è più attivo che mai!

Per pronunciare l’ultima frase, impresse quanta più potenza riuscì alla voce ancora un po’ infantile, ma le persone attorno a lui si limitarono a fissarlo con la bocca spalancata e occhi sbarrati, allontanandosi da lui. Probabilmente l’avevano preso per pazzo.
Un uomo giovane e meno a disagio degli altri, probabilmente il padrone della locanda, si avvicinò a Ghin con passo deciso e, prendendolo per il polso, provò a trascinarlo via, quasi certamente per riportarlo nella stanza di sopra. Il ragazzino cercò di opporre resistenza piantando i piedi per terra: atto inutile, vista la mancanza di forze nel suo corpo appena risvegliato dopo una dura battaglia e un lungo riposo.
Dovete diffondere la voce…
Mugugnava cercando di non perdere altre assi di legno contro la spinta dell’uomo indispettito, probabilmente anche un poco adirato per la presenza e le parole inopportune del mezz’elfo.

 
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view post Posted on 16/2/2013, 21:25
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Il ragazzino irruppe nella stanza come un lampo nel cielo sereno. L’atmosfera di sogno, il sottile filo che si era teso tra i presenti, si frantumò come un cristallo troppo fragile. La Rosa spalancò gli occhi, girandosi di scatto verso di lui. Pensò che fosse un nemico, un sicario mandato fin lì da qualche avversario, ma si rese conto ben presto di come fosse innocuo. Era fragile, su di lui c’era l’odore del terrore. Pareva temere che da un momento all’altro la fine si abbattesse sui quei muri fragili e sul regno del riso e del sole color dell’oro. Sebbene fosse solo una sciocchezza, probabilmente un delirio, la giovane sentì comunque un senso di freddo avvolgerle le tempie, un’ansia strisciante.
Più il locandiere, irritato, cercava di liberarsi dell’intruso, più lei ne era incuriosita. Le piaceva il suo aspetto delicato, i suoi capelli sottili, il fisico che pareva quello di un ragazzino inadatto alla guerra, la sua pelle diafana. Le piaceva il colore dei suoi occhi. Sollevò una mano, intimando all’uomo di fermarsi.
Nonostante non avesse alcuna autorità su di loro, nonostante non avesse nemmeno pagato, tutti si immobilizzarono. Chi voleva urlare brutalmente tacque, chi stava per unirsi al padrone nel gettare l’intruso fuori dalla porta interruppe il proprio gesto a mezz’aria. Come in un quadro, tutti furono colti impreparati dal suo gesto. Lei socchiuse gli occhi, prendendo tempo, soppesando quelle parole che non capiva, quei nomi che ignorava. Ascoltò il canto dei grilli e la voce senza suono dei propri incubi.
Sorrise, fingendo una sfrontatezza che non provava.



Lord Falkemberg è più attivo che mai…
Si picchiettò il mento con il dito indice, ritmicamente. Ad ogni movimento il suo sorriso diventava sempre più malizioso.
Mi voglio augurare che questa notte qualcuno saprà eguagliarne le prodezze”.



Non rise, lo fecero gli altri al suo posto. Immediatamente l’atmosfera si distese, come se tutta la stanza fosse stata riscaldata. Si sentì nuovamente nel proprio elemento, come calata nell’acqua tiepida delle terme. Il padrone allentò la presa sul braccio del giovane, tornando al proprio posto. Lei però non abbassò la guardia: era ancora incuriosita da lui, ancora più di quanto non lo fosse dal suo messaggio.
Gli tese una mano, il polso e l’avambraccio scoperti, seducenti. Gli rivolse uno sguardo invitante, ricacciando indietro le domande che avrebbe voluto porgli.



Siediti al mio fianco, ragazzo. Qual è il tuo nome?



Tese il calice vuoto all’uomo alle proprie spalle, senza mai perdere il contatto visivo con il nuovo arrivato. Credeva sarebbe stata una notte come tutte le altre, con piccoli uomini uguali a tutti gli altri. E invece ora aveva trovato una preda nuova, esotica, mai vista prima. Sentiva l’aspettativa stuzzicarle la gola, invitarla a parlare ancora, a stringerlo contro di sé e chiuderlo nella trappola. Avrebbe fatto con calma, gesto dopo gesto. Si sarebbe goduta ogni singola parola che lui avesse detto, ogni singola espressione del suo viso, ogni suo minimo gesto.
Gli sorrise, dolcemente, sperando che lui si fidasse di lei abbastanza a lungo.


 
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