Sandstorm; behind enemy lines

Lo stridio di dolore del Behemot fendette l'aria. C'era qualcosa di inconcepibilmente musicale nei suoi versi, per quanto assordanti.
Il mostro non parve nemmeno ribellarsi agli attacchi dei suoi nemici: il colpo di cannone di Nëshnäk gli si infranse contro il petto, spingendolo indietro e scavandogli nel torace un grosso foro circolare. I fendenti di Rekla gli menomarono le gambe, costringendolo in ginocchio. L'onda d'urto di Veronica gli scavò il viso, deformandolo e spaccandolo come se fosse stato appena colpito da una martellata.
L'incanto di Zaide, infine, ebbe l'effetto peggiore in assoluto.
Il Behemot tentò di ribellarsi per qualche istante a quella forza che pareva fare di tutto per controllarlo, inutilmente: mosse qualche passo indietro, alzò le braccia come ad allontanare qualche insetto fastidioso e iniziò ad agitarsi con ferocia, dimenando gli arti e scuotendo il corpo senza apparente ragione. Poi la sabbia che lo componeva iniziò a muoversi, a spostarsi frenetica, a strisciare lungo la pelle del mostro come un nugolo di piccoli ragni in fermento.
Il Behemot cercò di ribellarsi a quell'incanto, ma fu tutto inutile.

Il suo corpo iniziò ad esplodere una parte dopo l'altra, producendo il rumore basso di un soffio tutte le volte che la sabbia scoppiava intorno alla sua spalla, alla sua testa o alla sua gamba per ricadere inerte al suolo.
L'elemento che lo componeva iniziò ad abbandonarlo lentamente, rovinando pezzo per pezzo. Il Behemot emise lunghi e strazianti gemiti di dolore mentre perdeva inesorabilmente cocci del proprio corpo senza possibilità di ribellarsi.
In poco meno di un minuto la struttura del suo corpo fu talmente devastata da non permettergli più nemmeno di reggersi in piedi, e si schiantò al suolo con un grande tonfo. Quell'impatto lo sparpagliò ovunque, ritrasformandolo nella sabbia che era stato prima che le due Streghe lo Evocassero.

Il silenzio riempì il cortile, portando con sé una spiacevole sensazione di vuoto.
Il vento violento delle maree ormai prossime spazzava i resti inerti del Behemot, senza dargli pace.

Poi la sabbia iniziò a turbinare silenziosamente innanzi ai loro occhi.
Poi iniziò ad unirsi, ad amalgamarsi.
Si modellò in una figura a loro ormai familiare. Una figura che portava con sé la disperazione.

Il Behemot, di nuovo, si ergeva su di loro. Integro e senza alcuna danno.
Squarciò il silenzio con un ruggito disumano, artigliando l'aria e agitando le braccia.

Per un istante avevano creduto di poter eliminare la creatura con una semplice combinazione di attacchi, ma ciò non era bastato. Dopo aver apparentemente ceduto innanzi alle loro offensive, infatti, il Golem si era disfato con il solo obiettivo di riformarsi completamente e tornare integro qualche secondo dopo. Le sue carni erano invulnerabili e il suo corpo una tomba per i suoi nemici. Era una creatura nata dai rituali più perversi, in grado di rigenerarsi all'infinito, abbastanza da consumare i suoi avversari nel tentativo di abbatterla definitivamente.
Stava per lanciarsi di nuovo contro il gruppo. Stava per animare le sabbie perché li stritolassero in maniera ancora più violenta di prima. Stava per abbattere i suoi pugni su di loro e frantumarli come statuette di porcellana. Stava per compiere tutta questa devastazione, quando venne attirato da un suono.
Centinaia di passi che si muovevano nelle vicinanze.
Centinaia di ombre che stavano entrando del cortile dei Sospiri di Ferro.
Il secondo contingente dei pelleverde, inevitabilmente attratto dalla confusione.

« Neem uit die Behemoth! »



La lotta contro il Behemot fu lunga ed estenuante.
L'unione dei pelleverde al gruppo di avventurieri, tuttavia, fu abbastanza perché nessuno decidesse di arrendersi. Lanciarono contro il golem qualsiasi tipo di offensiva di cui potevano disporre, facendolo a pezzi decine di volte. Quest'ultimo, d'altra parte, continuò a rigenerarsi e a modellare la sabbia intorno a sé perché combattesse per conto suo: creò sue copie, cercò di inondare il contingente nemico e sommergerlo con la polvere, ma fu tutto inutile. La tenacia dei pelleverde era tale da permettere loro di rialzarsi dopo qualsiasi offensiva, più forti ed emozionati di prima; il loro furore li spinse a lanciarsi numerosi uno dopo l'altro contro il corpo del Behemot, sostenuti dagli incanti e dagli attacchi dei quattro avventurieri che li avevano condotti fino a quel momento.
Il combattimento durò diversi minuti; quasi una mezz'ora. Poi il Behemot non ebbe più la forza di rigenerarsi: il suo corpo esplose letteralmente in diverse parti, provocando un insolito scroscio di sabbia su tutto il cortile.

I pelleverde esultarono. Iniziarono a battersi i pugni con violenza sul petto e a intonare entusiasmanti canti di guerra.
Era la loro prima vera vittoria contro Razelan Vaash da quando la loro reliquia si era allontanata. Quella constatazione ebbe un effetto adrenalinico su ciascuno di loro, riportando il morale degli orchi a quello che era sempre stato, dopo il lungo periodo di incertezza che avevano attraversato.

Raymond si unì a loro solo in quell'istante.
Sotto il suo sguardo i pelleverde stavano cantando e danzando all'interno del cortile, euforici per la vittoria ottenuta contro il mostro. Nonostante ciò, sul suo viso non era dipinta la minima gioia.
Si avvicinò ai suoi compagni con passo silenzioso, mentre orchi e troll battevano allegramente le loro larghe mani sulle sue spalle e cercavano di coinvolgerlo nell'estasi generale.
Una volta raggiunti Rekla, Zaide, Nëshnäk e Veronica, lasciò cadere ai loro piedi un oggetto pesante e rotondo, avvolto in un telo rosso. Cadendo nella sabbia e rotolando per un istante, questo si rivelò per ciò che era.
Una testa di donna; decapitata.
Adara o Zaria? Non che ormai avesse troppa importanza.
Raymond non era riuscito ad eliminarle entrambe, ma aveva portato con sé la prova di ciò che stava per affermare. Quella testa lo disgustava, ma dava fede alle informazioni che portava in seno.

« Razelan e il suo esercito sono alla tomba della Chimera. Si sono uniti ai Rooi Valke. Ora hanno il nome di Ala Rubra. »

Lasciò che i suoi compagni assimilassero l'informazione per ciò che effettivamente stava a significare.

« È lì che combatteremo l'ultima battaglia. »

La maschera da Corvo che aveva trovato sul viso della Strega, però, non la mostrò ai compagni.
La nascose fra le vesti
chiedendosi cosa significasse.