| J!mmy |
| | Lo chiamavano Duevite, ma di vite gliene erano state strappate ben più di due. La prima volta era accaduto quando aveva appena compiuto sedici anni. Suo padre, che l’inferno l’abbia in gloria, aveva insistito perché venisse istruito alla guerra, e così era stato fatto. Giorno dopo giorno, luna dopo luna, Nicholas aveva versato sangue e sudore sull’acciottolato circondato dalle quattro fatiscenti palizzate della blasonata magione di Kroan, una fortezza attorniata da una fama di gran lunga superiore alla verità di ciò che all’interno si celava. Aveva odiato quella struttura, così simile a una prigione che aveva desiderato di fuggire lontano ogni secondo della propria infanzia, immaginandosi a cavalcare per lande selvagge, proiettato sul tramonto come il personaggio di un caldo e meraviglioso dipinto. Benché i pasti avessero assunto di lì a breve il sapore dell’olio della tempera e il calore gli si fosse avvinghiato alla collottola come una morsa di soffocante terrore, però, quell’immagine non poté che rimanere per lunghi anni quel che era sempre stata dal principio: un frutto della sua immaginazione.
« Più forte! Colpisci più forte! » gli urlò il maestro d’armi. Sia lui che Nicholas si trovavano nel bel mezzo del cortile. L’uomo, prestante e nerboruto come i guerrieri di cui si sentiva cantare solamente nelle storie dei bardi, compensava con la propria sapienza ciò che la dea zelena gli aveva impedito di possedere: sul suo volto, scarno e rugoso, indossava ogni sorta di cicatrice possibile, mementi e fonti al contempo della sua impareggiabile abilità di combattimento; le spade che lo avevano ferito, aveva assodato un Nicholas forse troppo acerbo, dovevano averlo penetrato davvero nel profondo, perché si diceva che da allora il suo spirito fosse divenuto solido e indistruttibile come acciaio di Lyor. Nick non aveva potuto fare a meno di domandarsi se anche lui avrebbe dovuto vantare una simile quantità di sfregi e rinunciare al bell’aspetto prima di potersi ritenere un vero guerriero. « Per voda, alza quella fottuta guardia! » « Non vorrai mica dare vita facile al tuo avversario, o si? » Il maestro aveva mulinato una nodosa spada di legno e, prima che lui avesse anche solo potuto pensare di scansare il colpo, lo aveva già percosso sul polso che impugnava la sua, di arma, che cadde a terra in un tonfo. « Santo cielo, ragazzo, quante volte ti ho detto di non allentare la presa? » aveva continuato a inveire, sbuffando. No, vista da quell’angolazione e da quel tempo, la sua esistenza gli era sembrata appena paragonabile agli ammassi di sterco delle vacche delle miriadi di stalle che costellavano ogni anfratto di Kroan. L’odore di merda era sempre stato così intenso che a chiudere le palpebre poteva percepirne l’aroma acre persino adesso, lì, nella polverosa aria del Deserto dei See. “Fottiti” avrebbe voluto urlare in faccia al padre. Bastardo com’era, meritava ai suoi occhi la più atroce delle torture; ma, evidentemente, il dio usoda aveva deciso che fosse il caso di rinviare un simile piacere, perché solo alcuni giorni dopo un messo fece capolino in città.
« Partirai con il grosso della cavalleria, domattina » gli aveva comunicato il lord suo padre un paio d'ore più tardi « E' deciso. » Negli occhi di lui, benché piccoli e stretti fino a sembrare fessure intarsiate fra spesse sopracciglia grigie, poté quasi scorgere un debole barlume di compiacimento. A leggere le parole della missiva, infatti, un certo lord Janos intendeva informarli che i barbari – da secoli acerrimi nemici della sua famiglia – avevano già conquistato la quasi totalità delle regioni nord-occidentali dell’Isola dell’Acqua, e che le loro fila s’ingrossavano incessantemente di mercenari e tagliagole del più rancido dei lignaggi. Quelle pochissime righe, vergate con urgenza e imprecisione, avevano avuto nell’animo di suo padre l’effetto di un lampo a ciel sereno. Aveva sottovaluto per troppo a lungo il pericolo, e adesso che proprio quel pericolo era venuto a sbattergli sul muso stava mandando il suo stesso figlio a morire per lui sul guado di un fiume che a malapena riusciva a trattenere un’orda di selvaggi assetati di sangue e gli dei solo sapevano di che altro, come se quella decisione potesse in qualche maniera giovare ad alleviare la gravità del suo tremendo errore. E, ciò che più aveva spaventato Nicholas, era stato che ne fosse pienamente consapevole.
Le sorti della guerra, come previsto, andarono allo sfacelo. Il giovane lord Varry non era stato sufficientemente preparato per una tale responsabilità. Dopo aver perso il guado, dunque - lo ricordava ancora come se non possedesse altra memoria all’infuori di quella - l’esercito aveva cominciato ad arretrare e a disperdersi, cercando rifugio nella fitta boscaglia che separava il Lungo Corso dai domini di Kroan. Una volta superata quella selva, per la sua famiglia non vi sarebbe stata più alcuna speranza. Aveva provato ad urlare, quindi, ad incitare gli uomini a ricomporre i ranghi e a resistere, ancora, ancora, ancora, ostacolando la loro fuga anche fisicamente se necessario, ma quelle grida in pieno scontro, con teste ferrate che sciamavano dappertutto sul campo come in preda a un terribile incendio, si confusero al ragliare dei soldati, sortendo l’unico effetto di attirare su di sé l’attenzione dei barbari. Prim’ancora di raggiungere le briglie della sua cavalla, il cuore che pulsava panico e disperazione, quelle bestie gli furono addosso come avvoltoi e lo fecero loro prigioniero in meno di mezza mattinata. Un’umiliazione che, ne era stato certo, suo padre non gli avrebbe mai più potuto perdonare. Poi fu buio, e quando infine aveva riacquistato i sensi lo aveva fatto tra le note stonate di una bislacca litania. Dinanzi a sé, avvolta dalla penombra, una vecchia megera gli teneva il capo fermo, con un palmo della mano premuto sulla fronte: indossava vesti sdrucite e rattoppate alla men peggio, impugnava una lunga verga rinsecchita almeno quanto la sua pelle ed esibiva due agghiaccianti sclere completamente bianche che guizzavano frenetiche a destra e a manca quasi cercassero in qualche maniera di sfondare il muro della cecità. Negli anni a venire su di lui erano state narrate storie delle più strambe, come quella che gli affibbiava il merito della orrenda strage compiuta a Kroan, strage di cui avrebbe desiderato davvero essere l’artefice, ma che invece era stata niente di più e niente di meno che il vano tentativo del lord suo padre di opporsi all’avanzata della mandria di barbari. Alla fine, anche l’ultimo baluardo dell’Isola dell’Acqua era caduto, come ogni cosa... ... e da quel giorno non era esistito uomo alcuno in grado di batterlo.
« ... Varry? Che stai facendo? » Un suono familiare lo ricondusse alla realtà. Con la mano sinistra che ancora tremava per la foga, Nicholas guardò lo stuolo di cadaveri mutilati tutt’intorno a sé. Erano tumefatti, freddi, poteva percepirne il gelo persino senza toccarli, come se qualcosa avesse preso controllo del suo corpo e lo avesse guidato in quell’atroce carneficina. Ma il gelo che gli fece più male fu senza ombra di dubbio quello che torreggiava sulle iridi color pece della donna che amava. Rekla era immobile di fronte a lui, la daga stretta in pugno e pronta a muoversi per qualunque necessità. Sembrava che avesse paura di lui, o che stesse proteggendovisi. Ma il Primo Consigliere non era una minaccia, né avrebbe mai fatto nulla che potesse nuocerle; quindi perché stava alzando la lama contro di lui?
Lei non ti vuole, ti sta solo usando. Sei per lei nient’altro che un insignificante insetto.
Quel sussurro s’intrufolò nei suoi pensieri con prepotenza, inducendolo a ricercarne immediatamente la fonte. Fu allora che esaminò con maggiore attenzione i corpi che giacevano ai suoi piedi: alcuni indossavano panni di velluto nero sormontati da pettorine di cuoio lavorato, elmi taurini, spade e randelli lunghi ben oltre la comune misura e scudi sul cui ventre era stato cesellato lo stemma caratteristico della casata Estgardel. I pensieri divennero più confusi, inestricabili, dolorosi. E più si sforzava di ricordare, più tutto si annebbiava e diveniva contorto, mentre un raccapricciante senso di rimorso affiorava tra le viscere dello stomaco: Tenebre; aveva ucciso delle Tenebre.
Lei non è tua, non ti desidera. Brama un vero guerriero, uno di quelli che tu non potrai mai essere.
« Basta... » fu la sola parola che gli uscì di bocca.
« Nicholas... dammi la spada, Nicholas. » Era al servizio della Nera Regina da quasi tre anni ormai, ed avrebbe giurato che mai – mai – aveva sentito nel suo tono di voce una tanto affabile e dolce screziatura. Lei gli rivolse un sorriso asciutto, dall’incertezza palpabile, ma comunque un sorriso, uno dei pochi di cui Duevite credeva che disponesse... ed era per lui! Tutto per lui! Solo per lui! « Io so che non mi tradirai. Io ti conosco. »
Mente! Lei non sa! Lei non ti conosce! riprese la voce nella sua testa, talmente aguzza da sembrare il sibilo di uno spettro. Aveva paura, e per questo non smetteva di tremare. Ma, ciò che era peggio, era indeciso. Ovunque guardasse, ovunque rivolgesse la propria attenzione non vedeva altro che uomini che combattevano altri uomini, soldati che volgevano le armi contro i loro stessi compagni, fratelli, alleati. D’un tratto, capì che forse qualcosa di buono stava accadendo; capì che quella che aveva davanti non era la vera Rekla, ma solo l’esito di un altro artifizio dell’Ala Rubra. Stavolta, però, non avrebbe fallito... non di nuovo. D’un tratto, il tradimento gli sembrò il gesto più naturale che potesse esserci.
« Io non... Tu non mi conosci » fece eco ai propri pensieri, esitando come se quelle parole lo ferissero lettera dopo lettera « Tu... non sai. » Nicholas, spada in pugno, scattò in avanti ruggendo come una fiera traviata dalla fame. Superò uno, due, tre Shadar-kai in ritirata, senza degnare loro del minimo sguardo. Quando giunse a poche falcate dalla finta Nera, il buio della notte era già svanito.
Tu non sei niente. Sei sempre stato niente. E adesso che anche lei lo ha capito, hai perso tutto. Tutto.
« Io non ti combatterò. » La donna abbassò l’arma, sicura, e spalancò le braccia, forse certa che quel gesto avrebbe arrestato la sua furia o avrebbe suscitato in lui una qualche deviata forma di compassione. Ma la compassione era l’arma dei deboli, questo suo padre glielo aveva insegnato bene. Allungò la mietitrice sull’interlocutrice e, con una secca torsione del busto, vibrò un colpo che fendette silenziosamente l’aria in due metà. Ma prima che il ferro della lama potesse baciare il morbido collo della fanciulla, l’orecchio si tese per udire un suono quasi impercettibile, ma vivido e pulsante: un sospiro di vento soffiò più violentemente degli altri, e una zaffata di caldo liquido lo raggiunse alle narici, agli zigomi, alla bocca. Si fermò. Guardò. Laddove prima si ergeva un’austera lady dei territori meridionali, ora non rimaneva che uno spettro di donna, cianotico e scarno in quel suo involucro di magra carne un tempo pallida. Tra i seni di lei, di Rekla, spuntava la punta inconfondibile di una lama; non la sua, però, non quella della mietitrice. E di chi, allora? Sgranò gli occhi, ripulendosi goffamente il volto, piangendo: sangue, sangue dovunque, nero sangue di essere vivente. Il retrogusto ferroso fu per le sue labbra un tonico chiarificatore. Nessun artifizio, nessuna illusione; aveva parlato con una creatura in carne ed ossa, la sua creatura in carne ed ossa. Questo... significava allora che...
« NO! » CITAZIONE Rekla Estgardella Nera Regina–––––––––––––––––––––– Stato Umano { Intelligenza 4 | Forza 1 | Maestria armi da mischia 1 }–––– « Energie: 55% « Stato fisico: ferite da taglio lievi e sparse + lacerazione alta da perforazione alla coscia destra + danno di critica entità al petto. « Armi: Constantine • riposta; Vesar "Luna dell'inferno" • sguainata₪ ₪ ₪ Attive...Nessuna.... e passiveLa connessione tra l'evocatore e il mostro è molto più potente di quella che potrebbe mai avere con qualsiasi altra delle sue creature. Loro sono la stessa cosa, divisasi solamente con l'obiettivo di distruggere il proprio avversario. Per questo, i loro corpi sono legati insieme non solamente dalle mere catene che fuoriescono dal gauntlet. Nel caso in cui Rekla dovesse subire un danno provocato dal proprio avversario (e non autoinflitto tramite tecniche o atti impulsivi) ella potrebbe decidere di suddividere tale ferita e farne subire la metà esatta al proprio colosso, che griderà, alimentando la propria furia. Esemplificando, se Rekla dovesse subire un danno Medio, ella potrebbe decidere di prenderne solamente uno Basso, facendo sì che il mostro, tuttavia, subisca anch'egli un danno Basso. In poche parole, potrà smezzare qualsiasi danno rivolto alla propria persona, purché l'evocazione sia già presente sul campo. Viceversa, potrà anche decidere di suddividere i danni rivolti all'evocazione, subendone la metà, poiché i due non sono che diverse emanazioni dello stesso corpo [Tecnica passiva].
Nel principio, la Riluttanza Il primo stadio di violenza contrappone il rifiuto della verità al suo viscerale attaccamento alla propria arma, il quale diverrà indissolubile, tanto intenso e profondo da impedire a chiunque di scinderlo. L’arma diviene un ninnolo, un prezioso memento, un tesoro inestimabile per la fanciulla che potrà impiegarlo per evocare istantaneamente l'ombra sotto forma di lorde creature, potenziate di un punto CS addizionale e a un costo energetico ridotto del 5%.
.Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa della gola, come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.Il peccato di gola coincide con un desiderio d'appagamento immediato del corpo per mezzo di qualche cosa di materiale che provoca compiacimento. É un'irrefrenabilità, un'incapacità di moderarsi nell'assunzione di cibo o, più in generale, nel desiderio incontrollabile di qualcosa che si brama. E' stato proprio per quest'ultima ragione che Rekla ha accresciuto la propria fame nell'ambito della negromanzia, al punto da strappare il sottile velo che separa ciò che è vivo da ciò che è morto. Più precisamente, in termini di gioco, la Nera Regina acquisisce il potere dell'immortalità; questo non significherà che non sentirà la stanchezza o perderà i sensi una volta al di sotto del 10%.
.Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d'Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero. Il superbo è una persona innamorata della propria superiorità, vera o presunta, per la quale si aspetta un riconoscimento. La superbia affonda le sue radici nel profondo dell'uomo, sempre teso alla ricerca e all'affermazione della propria identità. Quest'ultima non è qualcosa che si elabora al proprio interno, ma che ciascuno negozia nel rapporto con gli altri da cui attende, appunto, il riconoscimento. Tale bisogno nell'essere umano è fortissimo: forte al pari di altri bisogni più esistenziali… Allo stesso modo Rekla è innamorata di sé, della sua sicurezza, del suo corpo. Così facendo, nonostante le origini ancora sconosciute, la giovane insinua in chi le sta accanto non molta fiducia, oserei dire nessuna piuttosto, ed un timore di non poco conto. Tutto ciò, ovviamente, è efficace laddove chi la affianca non sia un demone né possegga un'energia superiore alla sua.
Vizio dell'Animo • честолюбие Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario. (Tomo furtivo)
An endless guard In breve, il giovane Shiverata apprese l'orrenda verità su chi fossero i nemici e le prede cui il Magus l'aveva destinato. Non ne fu felice. L'anello gli imponeva di cercare e sconfiggere gli emissari dell'Abraxas: lui era costretto a frapporsi fra il mondo umano e l'Ombra, senza poter abbracciare nessuno dei due. Il dono lo condannava ad una guardia senza fine, perché il fiore di ossidiana, quel cuore del fiato di drago, non conosceva scalfiture. Il Maestro l'aveva definito nero come il peccato e resistente come la roccia. Lo era molto di più. Inoltre lo costringeva ad una percezione impossibile da interrompere, gli donava non la visione esatta ma la totale percezione del nemico, della sua presenza. Era orribile -e per questo maledisse il nome del Maestro. { Abilità Passiva: L'anello è indistruttibile. ; Abilità Passiva: Auspex sui non-morti, il portatore sarà sempre a conoscenza della loro presenza nei paraggi. } ₪ ₪ ₪ NoteDunque, ho deciso di raccontare gli avvenimenti dall'unico punto di vista del Primo Consigliere di Rekla. Quest'ultima, ormai provata dalla battaglia, cerca di fermare Nicholas che - come larga parte del resto dell'esercito - è dovuto soccombere alla potenza del corpo di Rainier e ha decimato svariate fila alleate. Nel suo caso, però, ho scelto di ravvisare le ragioni di questa influenza in una serie di altri rancori e rimorsi che si succedono nel passato e nel presente dell'uomo, e che gli hanno annebbiato la mente fino a fargli credere addirittura che la donna che vedeva adesso non fosse in realtà la vera Rekla, ma un ennessimo artifizio generato dall'Ala Rubra. Decide quindi di attaccare, ma prima che la lama possa toccarla un'altra affiora dal petto della Nera. Solo a quel punto, Nicholas - vedendone il sangue scuro - comprende che quella era davvero la sua Regina e si abbandona al panico di averla uccisa/fatta uccidere. Per le motivazioni, l'esito e le conseguenze di questo improvviso colpo di scena vi rimando al prossimo post, benchè la scena free di Rekla sia effettivamente conclusa qui. Questo accadimento avrà un apposito sviluppo a breve, che ovviamente non sto qui a spoilerare. Sappiate comunque che la ferita al petto della Nera è particolarmente grave e le viene inferta dalle spalle (qualora non si fosse capito), cogliendola totalmente impreparata, e che quindi a farlo non sia stato chiaramente Duevite. Con ciò, se il Qm me lo concederà, ci rivedremo al prossimo turno per ulteriori approfondimenti; altrimenti, è stato un piacere ruolare con tutti voi.
edit: corretti alcuni errori di battitura. Edited by J!mmy - 22/5/2013, 17:09
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