Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Gocce di Luna

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Yomi
view post Posted on 10/4/2013, 17:02




Inoltrandosi per le vie del mercato grande, Motoko Aoyama si trovò -non per la prima volta- a chiedersi come tante persone riuscissero a vivere compresse in un luogo così stretto, angusto e maleodorante. Gli odori del mercato erano un crogiolo di disgustosi olezzi, frutto di una promiscuità di beni d'ogni genere ammassati in bella vista su bancherelle esposte ai venti che spiravano per le strette vie rigurgitanti folla. C'erano pesci e verdure che avevano viaggiato per giorni interi su carro e venivano pulite ed eviscerate sul posto, secchi ricolmi di acqua lurida venivano semplicemente gettati in vie secondarie ed erano frutto di contesa di scarafaggi e topi finché uno scroscio di pioggia non si decideva a lavare via la lordura, sebbene fosse impossibile privare quelle strade delle macchie scure e sopratutto dell'odore pressante e insostenibile. Dalla quantità di rifiuti prodotti era possibile misurare il benessere della città, le avevano spiegato in passato, tuttavia la giovane Miko non riusciva ad associare quell'arazzo caotico chiamato Taanach ad un luogo di agiatezza: gli uomini erano grassi e nervosi, i crani assaliti da calvizie e rughe profonde come solchi d'aratro, le donne feroci e volgari, vestite d'abiti pesanti perfino nella calura di quei giorni e con tanta tintura sui visi e profumi sulle mani da sembrare attrici di teatro oppure prostitute. Quel posto non faceva per lei, non le apparteneva e le sembrava alieno, confuso, orribile. Eppure c'era nel mezzo, stretta nella mantella da viaggio sugli abiti cerimoniali da sacerdotessa consunti per il lungo viaggio e con il rigido Kasa di paglia ben calato sul volto sia per per schermare dai raggi del sole che nel vano tentativo di non attirare troppo l'attenzione.

Era un pesce fuor d'acqua, là in mezzo. Mentre avanzava a fatica nella folla aveva l'impressione di essere bersaglio di occhiate da ogni dove, e non si sentiva troppo al sicuro anche con la pesante sciabola nodachi al fianco e la magra scarsella nascosta negli abiti. Era una guerriera Shinmei ed un'esorcista capace, poteva affrontare schiere di armati e misurarsi alla pari con i maestri di spada del palazzo della Protettrice d'Oriente, eppure persa nelle vie di Taanach si sentiva veramente insicura e con il solo desiderio di trovarsi altrove, possibilmente in un posto tranquillo. Non c'erano città con così alta densità di abitanti in oriente, perfino il mercato della capitale Miyako non reggeva il paragone. Per sopravvivere in una tale babele forse gli occidentali nel corso di generazioni erano diventati più indolenti degli Abitanti della Fine del Mare, oppure semplicemente resi pazzi dal loro stile di vita. In un certo senso trovava appropriato dover cercare un kami morente in quel posto; non era assolutamente ciò che avrebbe scelto lei per morire ma era in linea con i modi di fare di Hazuki, per quel poco che era riuscita a capire nel corso degli anni in cui avevano viaggiato assieme. Ad ogni luna nuova la vita di quella stupida andava via via spegnendosi e non sapeva quanto a lungo avrebbe tirato avanti, un pensiero che non la faceva dormire la notte. Le era capitato il giorno prima di vedere un vecchio riverso in un vicolo, il mento abbandonato sul petto e le mani inerti al suolo, i palmi segnati dalle piaghe rivolti verso l'alto. Nella sua mente la figura di quell'uomo si era sovrapposta a quella di Hazuki costringendola a prendere atto della possibilità di trovarla in quel modo, abbandonata come immondizia. Non era una morte degna di una figlia di Shinaka e non era quello che aveva pensato per lei sua sorella il giorno in cui l'aveva sottratta ai suoi cari per servire il Nobile Casato Konoe in qualità di Bestia Guardiana di un sigillo. Peggio ancora, non aveva idea di che cosa sarebbe successo all'artefatto di cui in teoria Hazuki era la custode; probabilmente sarebbe andato perso per sempre, ma averne la certezza era uno dei motivi per cui doveva trovarla.

« ... Chiedo scusa! »
Avvicinandosi alla finestra che dava sul forno riuscì a raccogliere l'attenzione dell'uomo a cui si era rivolta per un istante, il tempo che servì a quest'ultimo
a capire che non era una cliente bensì una scocciatrice.
« Sto cercando una ragazza. E' giovane, ha occhi e capelli di un verde acceso e modi frivoli. »
Questi grugnì qualcosa che Motoko non riuscì a capire, poi tornò a immergere la pala fra le braci per estrarne una fila di pagnotte fragranti.
« Potrebbe essere passata di qui nei giorni scorsi... »
Insisté in evidente imbarazzo, ma l'uomo ci mise diversi secondi a degnarla di attenzione e anche quando lo fece fu alquanto rigido.

« Visto niente. »
Mugghiò piantando la pala al suolo come una guardia cittadina farebbe con la sua alabarda.
Motoko sospirò e fece per procedere, quando voltandosi notò di essere di fronte ad un edificio annerito dal fumo e segnato dal divampare di fiamme.
« C'è stato un incendio? »
Chiese automaticamente, più pensando ad alta voce che sperando in una risposta.
« In due ci si sono bruciati vivi. Morti per amore, si dice, non ci ho capito poi il perché » lamentò l'uomo. « Brutta storia, ci tireranno giù tutto e ci spianeranno per costruire di nuovo, e per settimane davanti al mio forno ci sarà trambusto e polvere, ci sarà. Bruciati vivi, mostro d'un diamine cane! »

Ignorando i borbottii dell fornaio, la giovane Miko rimase per qualche attimo a fissare quel posto, come incantata dai vetri infranti e dai tentacoli neri simili a grinfie che si estendevano per i muri come per ghermire e stritolare muri e finestre. Aveva una strana sensazione, ma non riusciva a identificarla. Non si era mai fidata granché del suo istinto, e fu per questo che ringraziò l'uomo e proseguì oltre, rivolgendo al luogo del duplice suicidio non più di un'ultima occhiata come sperando di intravedere qualcosa. Rimase delusa, quindi tornò a concentrarsi sulla sua ricerca con il cuore pesante e la mente affollata di pensieri...

« E' passata oltre... »
La schiena poggiata fra le due finestre che davano sulla stanza devastata dal fuoco, Hazuki di Shinaka si lasciò scivolare a terra sentendosi improvvisamente stanca, sebbene avesse trascorso gli ultimi due giorni nel dormiveglia, rigirandosi sul pavimento sporco preda delle febbri e di sogni che troppo spesso viravano ad incubi capaci di mescolarsi alla realtà. Aveva creduto di trovarsi altrove, ad un certo punto, poi aveva pensato di essere ancora sulle montagne del Dio Rosso da cui proveniva. Per un'intera notte aveva dimenticato il suo nome ed il motivo per cui era laggiù, poi era arrivato il sole a svegliarla, bruciandole gli occhi e dandole tanto dolore da farla gridare. La sua razza era resistente, non mangiava e non beveva da giorni ma era lungi dal morire di inedia, però non era immune ai morsi della fame ed alla disperazione che aleggiava in quel luogo. Non era sola. C'era una vecchia con un gatto, una bambina mai nata che piangeva, alcuni disgraziati morti durante l'ondata di peste di un decennio prima, un uomo e una donna sfigurati dalle ustioni con i capelli bruciati e gli occhi tristi che si fermavano davanti a lei, immobili, la fissavano tenendosi per mano e non dicevano una parola.
Ce n'era abbastanza per impazzire.

« Fra poco sarà notte, mh...? »
Non aveva cognizione del tempo, ma sentiva il calore dei raggi del sole filtrare dalle voragini nel muro da diverse ore, si era persa ad immaginare la polvere che danzava in essi.
« Fra poco sorge la luna... »
Chiuse gli occhi, stanchissima. Desiderò non riaprirli più.
 
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view post Posted on 25/6/2013, 14:47

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Si dice che la più pericolosa delle creature non sia la feroce pantera delle ombre, né il mortale basilisco dagli occhi di fiamma. No, niente di tutto ciò. Ciò che zanne e aculei intrisi di veleno possono fare alla carne non è nulla in confronto all'atroce sofferenza che può causare un cuore ferito, un'anima annerita dalla paura e accecata dalla vendetta.
Non esiste creatura più pericolosa di una donna abbandonata.

E in cerca di vendetta.

Le giornate erano trascorse lunghe e tediose, in quel tetro palazzo chiamato Grauenhal. i primi giorni Caelian si aggirava nelle immense stanze della fortezza in rovina, ma piena di quel fascino intatto che solo i luoghi perduti possiedono. Osservava il suo viso perfetto nei grandi specchi argentei di quelli che, secoli prima, erano stati i saloni da ballo; cercava sul suo volto candido un segno di stanchezza, una ruga, una cicatrice delle mille battaglie della sua vita, ma la superficie liscia rifletteva solo un ovale di pura bellezza, gli occhi come due stelle splendenti e una cascata di capelli d'oro fino. Non vedeva nient'altro che il sogno segreto di qualunque fanciulla al mondo: la bellezza e la giovinezza eterna.

Ma i giorni erano diventati mesi, e Caelian si struggeva nella solitudine di quel tetro maniero, quel luogo che non molto tempo prima aveva chiamato casa, insieme all'unica persona al mondo che avesse mai amato. Che l'avesse mai amata. o almeno, così credeva.

Ogni mattina, lo specchio le restituiva l'immagine di una ragazza talmente bella da togliere il fiato, il ritratto della giovinezza, dell'amore e della serenità. Il riflesso di una purezza incontaminata e intoccata dagli anni e dagli eventi. Finchè una mattina, con un urlo selvaggio, Caelian si scagliò con i pugni chiusi contro il vetro levigato, incurante del dolore e del sangue che prese a colarle lungo i polsi fino a macchiare l'abito bianco. Colpì e colpì sempre più forte, finchè le schegge non le furono penetrate nella carne e dello specchio non rimase che una distesa di frammenti acuminati che finalmente riflettevano l'immagine che lei aveva di se stessa: una donna ferita, a pezzi, distrutta nel cuore e nella mente.

Non aveva chiesto lei quella vita, non aveva mai voluto quella bellezza maledetta.
La morte sul rogo, secoli prima, avrebbe dovuto essere la sua fine, prima che un'anima nera la strappasse dalle fiamme per farne il proprio mostro.
La morte tra le fiamme della cripta di Laslandes sarebbe stata l'occasione per distruggere quella vita fasulla che aveva imparato ad accettare nonostante tutto: ma ancora una volta, qualcuno l'aveva tolta dalle fiamme e consegnata ad una nuova esistenza. Zaide, la strega.
La donna che l'aveva presa per mano e portata a Taanach nonostante Caelian avesse cercato di distruggerla; la donna che le aveva regalato le giornate più intense e perfette della sua intera, lunga vita. Un sogno, null'altro che un sogno. Infranto ora dalla sua lontananza, dal suo colpevole silenzio: la solitudine e la gelosia attanagliavano la fanciulla togliendole il respiro, ma non era più disposta a sopportare ancora a lungo quella maledizione.
Gocce di sangue costellavano il pavimento segnando la traccia dei suoi passi nei lunghi corridoi del castello fino alle porte della grande biblioteca.
Caelian indugiò un momento sulla soglia, prima di spingere la pesante porta di legno massiccio: quello era un luogo sacro per Zaide, la stanza dove la strega si rinchiudeva per ore a leggere e studiare tomi arcani in lingue dimenticate, il luogo che racchiudeva l'intimità più profonda della donna che un tempo amava con tutto il cuore.

Era il luogo perfetto per l'inizio della fine.



- Venite da questa parte, c'è qualcuno qui sotto!

- Laggiù, presto!

- Impossibile, saranno altri corpi come quelli dei due poveracci carbonizzati davanti al vecchio forno...

- No, no, respira!

- Cosa? ...Com'è possibile?

- Ma come ha fatto l'incendio ad arrivare fin qui?

- In realtà dicono che sia partito proprio da Grauenhal, dalle vecchie sale.

- Però...

Nell'aria l'odore di bruciato ristagnava da due giorni. Erano occorsi gli sforzi di centinaia di volontari per domare le fiamme e arginare il pericolo prima che la catastrofe coinvolgesse l'intero sobborgo. Le voci stanche di chi aveva lavorato fino all'alba per spegnere l'incendio si mescolavano a quelle eccitate delle iene che approfittavano della confusione per frugare tra le macerie in cerca di tesori, o di cadaveri da spogliare. Ma nessuno avrebbe mai immaginato di trovare un sopravvissuto, non dopo due giorni. Non in quello che sarebbe stato ricordato nella storia come il peggior incidente mai avvenuto a Taanach.

- Largo, fatemi passare...Permesso, sono un dottore.

Il capannello di gente che si era riunito attorno al punto in cui era stato rinvenuto il corpo fece ala per lasciare spazio al dottore, che si chinò su quel lacero fagotto di carne e stracci che un tempo doveva essere stata una donna.
La osservò con pietà: respirava, ma le ustioni avevano ricoperto il suo corpo completamente senza speranza. Sembrava una donna giovane, anche se non avrebbe potuto giurarlo.

- Figliola, riesci a sentirmi?

Un rantolo soffocato fu la risposta. Un silenzio lugubre era calato sulla piccola folla, mossa a compassione da quella povera vita spezzata.
E poi un sussulto percorse gli astanti, quando videro la creatura muoversi nonostante le ferite mortali, ed alzarsi in piedi. Molti arretrarono, inorriditi. non c'era traccia di sofferenza, negli occhi di quella donna. Due occhi blu come il cielo e lucenti come stelle del mattino, incastonati in un volto informe e irriconoscibile per le piaghe; solo il dottore ebbe la forza d'animo di porgerle la mano e chiederle con voce tremante:

- Come ti senti, cara? Appoggiati a me, avrai tutte le cure necessa...

Non poté finire la frase.

- Non mi occorrono le vostre cure. Non mi occorre la vostra pietà.
La voce della donna era un basso rantolo, arrochito dal fumo e dall'arsura. Il suo sguardo pareva perforare i presenti d'odio.
- Morirete tutti.


Eccomi! Finalmente pronta ad iniziare questa scena, molto importante per me. Dato che Caelian è un PnG creato per la quest Messa Nera e successivamente diventato molto personale, per qualunque dubbio o dettaglio naturalmente chiedimi pure! I riferimenti agli eventi di cui si parla sono legati a Sandstorm, in caso di dubbi ovviamente sono qui ^^
Scusa se non sono ancora entrata nel vivo, ma mi serviva questa premessa. Puoi ora decidere tu se hai assistito a questa scena, o sei arrivato successivamente...insomma a tuo totale piacere.
Riassumendo: Zaide e Caelian vivevano insieme più o meno felicemente a Grauenhal (ti rimando qui per approfondimenti), quando Zaide è partita per il sud in cerca di avventura e libertà (Sandstorm, che da una sono diventate tre quest, quindi anche a livello temporale l'assenza di Zaide si è fatta sentire), lasciando Caelian in preda all'incertezza e alla gelosia. Il resto penso sia chiaro: decidendo di distruggere ogni legame con la strega, Caelian dà fuoco alla biblioteca generando il più spaventoso incendio mai visto a Taanach, e sperando probabilmente di morirci. Solo che Caelian non può morire -cosa che non sa- (è un po' complicato da riassumere, la sua storia si trova in Messa Nera, ti basti sapere che per il capriccio di un potente negromante è stata salvata dal rogo secoli prima e trasformata in una specie di fanciulla eterna).
A te la penna!


 
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Yomi
view post Posted on 4/7/2013, 00:34




Mentre avanzava a fatica verso il luogo dell'incendio premendo con le ginocchia sul secchio per costringerlo ad arrancare in avanti, fu assalita dall'orribile ed arcinota sensazione di aver sopravvalutato una volta di più le sue capacità. Popolani senza un briciolo dell'antico orgoglio dei Sette Grandi Casati d'Oriente la doppiavano trasportando di gran lena un catino per mano, ciascuno dei quali riempito solo per i due terzi, umiliandola ad ogni passaggio. Il fardello rappresentato dalla pesante sciabola cerimoniale che sbatteva a terra ad ogni passo contribuiva a farla sentire inadeguata e infantile, ed era solo per orgoglio e puro senso del dovere che si costringeva a terminare quella insulsa via crucis verso le fiamme, dove fu costretta a cedere il suo fardello ad un affannato abitante di Taanach, che come se nulla fosse issò il catino e ne riversò il contenuto verso le fiamme crepitanti, salvo poi sbatterle di nuovo lo strumento fra le mani con urgenza, spingendola a ingoiare la propria dignità e correre verso il pozzo da cui stavano attingendo acqua per domare l'incendio.
La grande città bruciava, e in quell'apocalisse di fuoco c'era gente che era rimasta ferita ed altri ancora che rischiavano di esserlo nel caso in cui altri edifici fossero coinvolti. Anche se nulla l'obbligava a farlo non poteva certo rimanere insensibile di fronte ad una simile emergenza, ed era questo che la poneva là, tanto vicina all'inferno da poterne sentire il calore sul viso!

« Largo, fatemi passare... Permesso, sono un dottore. »
Come molti, si fermò ad osservare un uomo farsi largo nella folla, scostandosi di lato per non intralciarne il passo e seguendone il percorso con aria apprensiva. Avevano trovato un superstite, dunque. Motoko alzò gli occhi al cielo, domandandosi se ci fosse una qualche preghiera da rivolgere agli dei locali adatta alla situazione. Era una miko di un tempio shinto, non una guaritrice, tuttavia se anche non poteva fare granché per alleviare il dolore, forse poteva essere d'aiuto nel dare aiuto all'anima di quel poveretto.
Il clamore successivo e le grida di orrore la riscossero da quei pensieri, generando in lei una terribile sensazione che aumentò d'intensità ad ogni passo, mentre si trovava a lottare contro la massa compatta della folla per avanzare di qualche passo e vedere con i suoi occhi cosa stava succedendo.
Non ebbe bisogno di spiegazioni per capire cosa stava succedendo, e come i suoi occhi incrociarono quelli della creatura dal corpo devastato dalle fiamme -eppure in piedi e colma d'odio-, non esitò a mettere mano alla spada ed a premere sulla folla con rinnovato vigore.

« Allontanatevi!! »
Intimò ad alcuni dei presenti, fra cui il medico, che incuranti del pericolo che avevano di fronte erano rimasti come paralizzati, intenti a fissare quella figura arsa viva eppure ancora viva... e pericolosa. Incapaci di distogliere lo sguardo non reagivano nemmeno quando questa proferì un'evidente minaccia, gli occhi che bruciavano di rabbia quanto l'incendio alle sue spalle. Spada alla mano, Motoko si frappose fra lei e l'anziano, spezzando l'incantesimo che sembrava possedere l'uomo e costringendolo ad arretrare. L'espressione determinata, la Shinmei si pose di fronte all'entità sconosciuta in posizione di guardia, la mano destra poggiata sull'elsa della spada orientale, pronta a sfoderarla per attaccare in qualunque momento.
« Stai lontana! Alla larga!!! »
E per rafforzare le sue parole estrasse dalle maniche due sigilli sacri ofuda, che puntò sull'essere con fare minaccioso. Della potenziale futilità della minaccia rappresentata da due pezzi di carta con sopra incise delle formule di esorcismo qualora non avesse di fronte uno spirito maligno, ovviamente, la prode erede del nobilissimo casato Aoyama non tenne granché conto, tanto era certa della natura di quel concentrato d'odio che aveva di fronte...

 
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view post Posted on 11/7/2013, 09:20

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L'aria ancora impregnata del calore mortifero dell'incendio solleticava le narici di Caelian.
Il brusio della folla attonita le accarezzava la mente, gli sguardi insieme solleciti e disgustati la rinvigorivano un istante dopo l'altro. Tutti la temevano, quei vili. Se l'avevano riconosciuta, se avevano capito che quelle fattezze carbonizzate appartenevano alla donna della Strega, avevano ben ragione di tremare. Coloro che invece vedevano in lei solo una povera sventurata da compatire...Ebbene, lei non sapeva che farsene della loro compassione.

I suoi occhi incontrarono lo sguardo allarmato del dottore ancora chino su di lei: qualcuno nella folla aveva gridato un avvertimento, ma poche teste si erano voltate a guardare chi mai potesse essere così insensibile da insultare quella povera vittima delle fiamme.
Ma il dottore aveva visto l'ombra che si annidava dietro i suoi occhi, quelle pozze cristalline incastonate in un corpo mostruoso. E Caelian aveva intuito l'improvviso fiotto di paura che inondava tutto il suo essere e si spandeva nell'aria come un profumo attraente e velenoso.

- Avresti dovuto allontanarti, caro dottore...

- Co-cosa...?

Non poté finire la frase. Il suo sguardo terrorizzato seguì con orrore il serpente di fumo nero che gli usciva dalla bocca, strisciando sul suo viso fino al suo collo. Se urlò, quando la serpe malefica prese a strangolarlo, nessuno lo udì: la folla impazzita si lanciò in una scomposta fuga da quel luogo di morte, accalcandosi e spingendosi incurante di coloro che cadevano a terra e venivano calpestati. Caelian assaporò il suo momento: era così che allora si sentiva Zaide quando uccideva...In realtà non era l'atto in sé, ma tutto ciò che lo precedeva e lo seguiva: l'odore della paura, il panico irrazionale, la micidiale aura di terrore che emanava dalla sua persona.

Caelian rise.

Quando cercò di rialzarsi, notò che la donna che aveva urlato il suo vano avvertimento non cercava di fuggire in mezzo alla folla, ma se ne stava lì ritta in piedi osservandola, due inutili pezzi di carta tra le mani. La sua espressione era indecifrabile. Aveva paura di lei? La disprezzava? La capiva?
La donna si appoggiò ad una sporgenza del terreno per rimettersi sulle proprie gambe. Erano malferme, ma con l'aiuto di un bastone non avrebbe avuto difficoltà a camminare.

- Salve, straniera. Cosa ti porta a questi ridenti lidi?

Si sentiva un'altra persona. Grande, pericolosa.
Onnipotente.
Non temeva più niente e nessuno, e simulare quella conversazione cordiale dopo un omicidio la faceva sentire una donna nuova e affascinante.

- Peccato che tu debba vedermi in queste condizioni...Non sono stata sempre così brutta, sai?

In quell'istante, rapido come un bagliore, un mutamento appena percepibile attraversò il volto e il corpo di Caelian: per una frazione di secondo, in mezzo alle macerie, si ergeva la donna più bella che Taanach avesse mai visto. I lunghi capelli argentei scomposti dalla brezza calda della collina, la pelle intatta e candida, puro alabastro. E uno sguardo dolce, lontano e vagamente malinconico.

Ma forse fu solo un'idea.
Di fronte alla sconosciuta non c'era alcuna fanciulla dalla pelle d'alabastro e dai capelli d'argento, ma solo un mostro nero e avvizzito.
Solo i suoi occhi continuavano ad ardere come stelle nella notte.

- Cosa cerchi, qui sulla collina della Strega?



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