Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Contrapunctus; Il canto dell'Abisso

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Shervaar
view post Posted on 15/1/2014, 22:27






<< Ma cosa diavolo stanno facendo? >> si domandò basito.
Shervaar per un attimo fissò Jevanni e Seyrleen guardarsi in cagnesco e sbraitarsi contro, non riusciva a credere che dopo essersi per un miracolo salvati dal peggio che l’Eden potesse vomitargli addosso ora i due si davano addosso, indecisi sul proseguo della missione.
Quell’uomo tra le ombre, quel fortuito intervento (o quel fottuto intervento?) , aveva aperto una nuovo orizzonte su quella quella missione che già di per se aveva poco di assennato e ora i due che sino a quel momento avevano guidato gli uomini del Sorya sin nella tana del lupo si davano contro, uno intenzionato a trovare e chiudere una volta per tutte i conti col misterioso umano, l’altra decisa a cercare il drago e il ragazzo.
L’elfo si portò le mani al viso, massaggiandosi tempie e occhi, maledicendo quella crociata e la stupida piega che aveva preso, in cuor suo deluso. Quella scintilla che si era sentito nel petto quando era finita la tetra monotonia di quel luogo si era prontamente estinta quando aveva constato che in quella grotta ci sarebbe rimasto ancora a lungo, potenzialmente fino a morirci di vecchiaia (molto più probabilmente scannato da qualche creatura ripugnante) se la situazione non si fosse sbloccata.
Non gli interessava come, ne perché, ma dovevano andare avanti, prima che quel posto finisse lentamente di digerire il manipolo soldati stanchi e con i nervi ormai logori.

Si fece coraggio, inspirò a fondo, riempiendo i polmoni con quell’aria che sperava avrebbe riscosso gli animi, primo tra tutti il suo.

<< Quando…>> esitò un attimo, sentendosi tutti gli occhi puntati contro.
<< ...quando quel giorno il corno suonò, quando partimmo dalle rive del Gorgo sapevo, sapevamo, a cosa andavamo incontro. >> riprese con più sicurezza.
<< Quando qualche giorno fa ci mettemmo sulle traccie del drago, quando ci inoltrammo in questo labirinto sapevamo cosa stavamo facendo. >> insistette guadagnando sicurezza e alzando il tono.
<< Non conosco gli ordini, non mi interessano, ma mi fido dell'uomo che ci ha condotti qui e se sarà la lucida freddezza e non il rancore a guidare i nostri passi per me si può andare avanti. Non per collera, non per rivalsa, ma per il Sorya! >>
Si prese una breve pausa, cercando di sedare le emozioni per poter finire lucidamente, la stessa lucidità che sperava avrebbero ritrovato gli altri.
<< Cercavamo una pietra, abbiamo trovato un ragazzo, ma ora non abbiamo nulla tra la mani, se non la facoltà di scegliere cosa ne sarà della nostra ricerca.
A te decidere capo.
>>

Concluse, con un sorriso che si sforzò di soffocare per non screditare le proprie parole. Lui, l’umile elfo servo degli spiriti e degli elementi, ora incitava amici e compagni perorando la causa a cui si era votato. Ne era passato di tempo da quando aveva abbandonato i boschi in cui era nato e anche se faticava ad ammetterlo non era più lo stesso elfo spensierato partito a cuor leggero per scoprire le meraviglie del mondo.

Ma allontanò prontamente quei pensieri, palesemente fuori luogo, concentrandosi sulle risposte dei propri compagni. Come sperato aveva riacceso i loro animi, tutti volonterosi di proseguire uniti, tutti eccetto Jevanni e Seyrleen, che confermarono la loro posizione. Il primo ostinato, quasi accecato dal desiderio di vendetta, a trovare ed eliminare l’uomo delle ombre, l’altra inamovibile nell’opporsi a quella caccia dissennata e a rimanere fedele al piano originale. Inutili furono i successivi discorsi di Taliesin e Àlfar, e per quanto vagamente d’accordo con la posizione di entrambi Shrvaar attese irritato che i due finissero il propria il botta e risposta con un solo pensiero. Piantò gli occhi deciso verso la coppia origine di quella snervante stasi e con durezza li attaccò.
<< A questo punto dipende da voi, qualunque sia la cosa che cercate dobbiamo procedere insieme, uniti, e dobbiamo farlo adesso. >>

In un interminabile momento di silenzio tutti gli occhi gli furono nuovamente addosso e tra tutti quelli di Jevanni e Syerleen sembravano volerlo incenerire. L’insubordinazione dell’elfo, che gli aveva regalato un momento di autentico gelo e di innegabile terrore, sembrò però svoltare la situazione nel modo che in realtà temeva più di tutti. A nulla erano serviti tutti i tentativi del gruppo di riportare Jevanni alla ragione, con grande delusione di coloro che consideravano ormai il leone il loro incrollabile capo branco, freddo e risoluto nel comandarli. Dov’era finito l’uomo che pochi giorni prima gli aveva impedito di entrare nel tempio, in attesa di un momento migliore, dov’era finito quell’uomo che non si era fermato neanche di fronte ad un drago, dov’era finito quell’uomo se non affogato nel proprio rancore? Perso in quella grotta come lo era l’iniziale entusiasmo dell’elfo.

Se da un parte il ragazzo era indispensabile per ristabilire l’ordine nell’Eden, e l’intervento di un drago non poteva che confermarlo, dall’altra Jevanni aveva raffigurato l’uomo come un grande ostacolo per il Sorya e la sua Regina, e l’elfo in realtà non si sentiva di sbilanciarsi ne per l’una ne per l’altra opzione.
Fu solo grazie all’intervento di Àlfar, che per un attimo allontanò l’elfo dalla delusione che ormai portava nel petto, aprendo un ipotesi che all’elfo mai sarebbe neanche balata per la mente.
Lasciare Jevanni da solo? Lì, dove nessuno era al sicuro neanche con un esercito, e soprattutto ora, ora che c’erano solo odio a rancore a trascinarlo ancora più in profondità in quell’inferno?
Mai l’elfo si sarebbe permesso di abbandonare qualcuno solo e dichiarate le proprie intenzioni e data la propria benedizione ai compagni che stava salutando per forse non rivedere mai più accolse con piacere l'augurio dell'altro sciamano, convinto che a lui più di tutti servisse un miracolo per uscire indenne da quella ricerca.

Si mise sulle orme di Jevannni, iniziando un'altra monotona ma rilassante marcia.
Se la prima volta che erano stati soli l’elfo non aveva rivolto lui la parola incapace di dare un forma ai mille pensieri che gli albergavano in testa questa volta il silenzio fu dettato dalla mancanza totale di voglia di intraprendere un qualsiasi dialogo, più che deluso dall’uomo che aveva deciso di seguire non per fedeltà ma quasi per pietà.

Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS: 1 x Istinto

Danni fisici subiti: (3/16)

Danni mentali subiti: (3/16)

Energia rimanente: 75 + 50 = 100%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata elementale.
[Personale]

Tecniche usate:

Note:
Ho fatto il possibile per non appesantire più del dovuto un passaggio già di suo prolisso.
 
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view post Posted on 24/1/2014, 11:35
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Studioso
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Legenda dialoghi:

"PnG o QM"
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Ùlfer
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Àlfar
"Dialoghi appartenenti ai ricordi di Àlfar"
"Dialoghi di Taliesin"
"Dialoghi Shervaar"


Il canto dell'abisso

Nel Ventre;
La scissione





Era finita? Era andato. La neve era sparita. Restava la grotta, immersa nel buio. Jevanni e Seyrleen erano lievemente in disparte e nei loro occhi ruggivano fiamme di malcontento…odio quasi. Ed erano certo colme di tormento le parole di Jevanni. Un brivido gelido scese lungo le vertebre di Àlfar. Le orecchie rimbombavano ancora per il sangue che pompava nelle vene per lo scontro. Ma capì che la discussione aveva a che fare con ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Shervaar, si era fatto avanti e parlò per primo.

"Quando...quando quel giorno il corno suonò, quando partimmo dalle rive del Gorgo sapevo, sapevamo, a cosa andavamo incontro.
Quando qualche giorno fa ci mettemmo sulle tracce del drago, quando ci inoltrammo in questo labirinto sapevamo cosa stavamo facendo.
Non conosco gli ordini, non mi interessano, ma mi fido dell'uomo che ci ha condotti qui e se sarà la lucida freddezza e non il rancore a guidare i nostri passi per me ai può andare avanti. Non per collera, non per rivalsa, ma per il Sorya. Cercavamo una pietra, abbiamo trovato un ragazzo, ma ora non abbiamo nulla tra la mani, se non la facoltà di scegliere cosa ne sarà della nostra ricerca. "


Recuperando lucidità e stabilità dopo che le dita dell’illusionista avevano affondato le proprie unghie nella sua mente, anche Àlfar parlò…

"Se mi è concesso, tuttavia, è più complicato dare la caccia a una preda ferita. Egli non voleva che noi raggiungessimo il drago, non voleva che procedessimo oltre. Ci sono buone possibilità che egli torni a difendere qualsiasi cosa ci aspetti alla fine di questo percorso. Ottime possibilità oserei dire.
Se non lasciamo che l'astuzia di quell'individuo ci distragga e faccia deviare, lo troveremo di sicuro a guardia di ciò a cui diamo la caccia. Allora poco importa chi o cosa sia, se sarà per il Sorya o per una vendetta personale o per un debito da saldare. Se sarà tra noi e il nostro obiettivo, verrà spazzato via. Le nostre lame saranno la voce tagliente di Velta, le onde travolgenti del Gorgo. Siamo o non siamo membri del Sorya!?"
-quest'ultima frase la pronuncia a voce più alta, con orgoglio e quasi a rivolgersi a tutti gli altri soldati della compagine. - "Ma siamo pochi - torna a rivolgersi a Seyrleen e Jevanni - e non possiamo permetterci il lusso di consumare energie contro noi stessi. Jevanni, signore, la scelta è vostra. Noi vi seguiremo, così come vi abbiamo seguito fino ad ora. Solo...ricordate: è più facile attirare un fantasma, che dargli la caccia. Siate vigile, poiché vostri sono gli occhi che ci guidano."

Non mi piace che la gente giochi con la mia mente…quei sudici giochetti…ne pagherà un alto fio…


"Questo è il volere di Alexandra. Sono un Leone, e mi tufferò nell'abisso per la regina. Con o senza il mio branco". – Le parole di Taliesin saltarono fuori dal nulla. – "Lo uccidiamo." Fu la risposta di Jevanni. Una lama gelida. Carica di tetri intenti…una pressione nera come le tenebre che aspettavano il gruppo, indipendentemente dall'esito di quella discussione. Il gruppo si sta sfaldando…non deve succedere…è necessario restare uniti…c’è un drago da affrontare! Ma le parole che proferì Seyrleen, così cariche di una rabbia frustrata, scossero sia lo Sciamano che lo Spirito – "Il volere della Regina non è di seguire l'intuito distorto di un uomo e il suo desiderio di rivalsa! È la pietra la priorità!" Il volto di Jevanni era di pietra. Le parole dell'elfa erano incapaci di scuoterlo. "Non sprecherò le mie forze per questa follia" sibilò lei in fine.

"Questo è proprio il momento meno adatto per separarci e discutere." – Àlfar non riuscì a contenere un rigurgito di parole acide ed aspre. – "È vero. Il nostro obiettivo è la pietra. E io me la sto portando dietro da Pietradisole in un sacchetto. Un bellissimo ammasso di pietruzze colorate e scintillanti!" – La rabbia di entrambi gli animi coesistenti rifluì; parte del volto e degli arti di Àlfar sfavillarono con leggere fiamme bianche. – "Un drago ha mangiato quanto di più prossimo a una risposta avessimo trovato e ora, in questo puzzolente sfintere montano, un folle fanatico dei giochetti mentali ci sbarra la strada per difendere qualsiasi cosa sia in quella direzione. Che sia per uccidere il drago o per uccidere un pazzo E il drago, quella è la strada che dobbiamo prendere." – abbaiò indicando la via oscura che proseguiva sul loro percorso – "Ma se ci facciamo separare siamo tutti carne da macello. E da morti siamo inutili al Sorya, ad Alexandra e ai Leoni. L'unico cui gioverebbe la nostra morte è il drago, che avrebbe una cena abbondante." ...Prese fiato. Le fiamme si estinsero poco a poco. Era nuovamente calmo... "Ehm, chiedo scusa, le parole sono uscite da sole. Ma il concetto è quello. Per uccidere il drago, trovare qualcosa a cui aggrapparci per una spiegazione, uccidere il tizio che ci ha aggrediti e tornare al Sorya a testa alta...c'è un'unica via. Quella via. E dobbiamo stare uniti. Perché se le parole di quel tale erano vere quanto sembravano, si rifarà vivo presto o tardi. E allora lui non farà distinzioni tra chi vuole uccidere lui e chi vuole uccidere il drago. Solo restando uniti possiamo uscire da questa faccenda più vivi che morti. Vi chiedo solo di fare buon viso a cattivo gioco...poiché nessuno qui è più salvo di altri." – si rivolse poi a Jevanni – "Comandante, ritengo veramente che la via migliore per trovarlo sia stanare il drago. Io combatterò fino alla fine."

Taliesin subentrò, un maglio d’acciaio contro un fragile specchio di ghiaccio. “In quale momento la vendetta ha accecato Jevanni Glacendrangh, secondo solo ad Alexandra stessa? Come puoi, proprio tu, cedere all'ira? È il momento di prendere in mano la situazione, non di scappare dal dovere, inseguendo un fantasma!”

"Non stiamo fuggendo o abbandonando il nostro dovere! Non stiamo inseguendo un fantasma. Il drago, il fantasma e Cardinale. La soluzione a tutto giace alla fine della via che tu stesso indicavi poco fa. Ora ti chiedo: resterai fermo ad aspettare che le mani di quello spettro si chiudano sulla tua gola, o combatterai per la tua vita?" - Gesticolava preso dal fervore delle parole, indicando il buio avanti al gruppo - "Che sia per trovare un drago, per trovare Cardinale e scoprire il legame con Pietradisole...sono queste le ragioni che ci hanno portati quaggiù. O sbaglio? E ora si pone una nuova minaccia, un nuovo ostacolo, tra noi e la nostra missione. Intendi evitarlo? Io no. Certo, non intendo perdere di vista la missione originale. Ma colui che ci ha aggrediti e ci ha intimato di tornare indietro non rinuncerà certo ad allontanarci nuovamente. E io non intendo stare fermo ad aspettarlo. Dobbiamo marciare alla volta del drago. Ma dobbiamo essere uniti e pronti a spezzare ogni ostacolo sulla nostra strada. Lui È il nostro nemico attuale. Dobbiamo tenerne conto."

“E se tornerà, lo pagheremo con la sua stessa moneta. Siamo più forti di lui, se restiamo uniti. Inseguendolo perderemo tempo ed energie, e non guadagneremo un bel niente”

Taliesin sembrava irremovibile. La pressione premeva sulle spalle di Àlfar come il giorno della battaglia contro Lanhai. Gli dolevano i nervi e i muscoli. Ma Taliesin aveva detto una cosa giusta, non si doveva inseguire per forza quel fanatico delle illusioni. Eppure mancava qualcosa…

"Eh, ci sei arrivato, sì? È dall'inizio che dico che dobbiamo stare uniti!" – Si avvicinò a Taliesin abbassando la voce – "Il drago è il nostro obiettivo, ma Jevanni in questo momento pare pensare solo al tipo che ci ha attaccati. Se riusciamo a indirizzarlo verso il drago è fattibile che si prendano due poiane con una briciola. Ma qui nessuno pare capire che possiamo uscirne solo se mettiamo Jevanni e Seyrleen dalla stessa parte...non ci serve uno scontro intestino." – Fu quasi un bisbiglio, parole indirizzate solo al bardo, per poi riprendere con un tono di voce normale – "Abbiamo un obiettivo, un ostacolo che ce ne separa, e dobbiamo stare uniti. Le discussioni possono essere riservate a dopo, non credete? Quando avremo pulito le nostre armi del sangue di quel drago. Ma fino ad allora...dobbiamo sforzarci di stare uniti." Si percosse il petto con la mano chiusa a pugno "Ognuno avrà la sua motivazione, ma l'obbiettivo è comune!"

"A questo punto dipende da voi: qualunque sia la cosa che cercate dobbiamo procedere insieme, uniti, e dobbiamo farlo adesso". Esordì Shervaar, fino ad all’ora rimasto in silenzio. Il suo tono di voce era teso e alterato. La pressione della situazione gravava sulle spalle di tutti. Gli sguardi che furono rivolti all’elfo erano lame, evidenti anche per la gente intorno.

“Io invece credo proprio che non ci sia verso di farvi ragionare.” L'elfa sembrava al limite della tolleranza. E così pareva Jevanni... “Volevamo la Pietra. La Pietra era inutile ai nostri scopi, Aleph invece lo è – dove sono ora tutti i tuoi discorsi sul Sorya e sulle Ombre?”

“Le Ombre posso ucciderle con la mia spada.” Jevanni tacque per un attimo. “Lui no, per due volte. Ed entrambe le volte si è intromesso nei piani di Alexandra. E miei. Due volte di troppo, quindi.” Si avviò verso una delle uscite dalla grotta. Lanciò un'ultima occhiata penetrante a Seyrleen. “Lo fermerò da solo se necessario”

Àlfar sospirò. Stava andando tutto per il peggio. Erano separati. Per quanto voglia seguirlo…sarei solo carne morta. Non posso difendermi da quelle mani…la mia mente non resisterebbe…

"Che facciamo?" – rivolse lo sguardo da Seyrleen a Taliesin a Shervaar e nuovamente a Seyrleen, con un ultimo appello all’unità – "Lo lascerete andare da solo?..."

Era giunto il momento per una decisione. In quella grotta nera e umida, incrostata del sangue di Molti e Ombre al contempo, Àlfar si rivolse direttamente a Seyrleen appellandosi a quel poco di comprensione che poteva esserle rimasto – "Non è il momento di voltargli le spalle. Se il suo giudizio è debole in questo momento, potrebbe costargli più del risultato di questa missione. Rifletteteci..."

“Siamo o non siamo il braccio della Regina?” La voce di Jevanni vibrò ruvida nella grotta. Taliesin lo aveva seguito e aveva tentato di fermarlo…in vano. “Perché dato che ci siamo non le facciamo prendere da sola anche la Pietra?”

Lo sguardo di Seyrleen si posò su Àlfar, ma non vi fu risposta… una leggera vibrazione nella sua fierezza era forse prova che le parole dello Sciamano avessero mosso una corda, ma l’evidenza dei fatti mostrava che quel tocco non era sufficiente. Lei avrebbe seguito il drago. E avrebbe ucciso il drago. Con o senza Jevanni.
“Possano gli spiriti guidare i vostri passi e vagliare su di voi. Se tutto va bene ci vediamo fuori.”
L'elfo, deluso dalla piega degli eventi, si diresse verso Jevanni.

"Che gli Spiriti ti illuminino, Shervaar" fu la risposta sincera di Àlfar. Il giovane pelle-rossa si diresse verso Seyrleen. Era turbato, nervoso…ma cosciente di ciò che sarebbe stato contro il fantasma: carne morta. Contro il drago, era convinto di avere una maggiore possibilità di mostrarsi utile.

Cos’altro succederà? Dèi, avremo bisogno di molta fortuna…




Scheda Tecnica

Fisico: Contusioni Medie alle ossa del torace, ustioni Alte di natura sacrilega sparse sul corpo e un danno da shock Basso al petto. [9/16]
Mente: È stato intimorito dalla Folgore e ha subito una malia Bassa. (Il danno Basso deriva dallo sforzo impiegato per resistere a tale malia) – Danno Medio causa sensazione di gelo. [13-/16]
Energie: 85% recuperato il 50% di energie.

Spine di pesce: 18/20 rimanenti.

CS:1 Destrezza - 1 Forza

Passive:
- Presenza angelica
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.

- Passiva di Dominio Liv. I
Bèrral ha una trama di un verde acceso e luminescente che l'attraversa da un capo all'altro. In battaglia, da questo disegno complesso, sorgono piccole spine di pura linfa primordiale: rese solide dalla magia, si staccheranno all'urto con il corpo dell'avversario e rimarranno ferme sotto la pelle. Alcune di esse rilasceranno delle spore e faranno crescere muschio sulla parte colpita. Il danno causato da queste piccole manifestazioni magiche si aggiunge al danno fisico della frustata.


Attive:
-

Note: Eccomi! (Finalmente) Dunque, giungo a voi con un enorme “grazie” per la vostra pazienza e con due 27 sul libretto universitario *_* A voi! :D
 
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view post Posted on 24/1/2014, 20:38
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E dietro di te non ti sei lasciato nulla, solo un breve ansito dell'essenza che ti costituisce. Sei fuggito dai primi esseri viventi che vedi da molto tempo, gli unici che in realtà vogliono la tua fine (ma c'è qualcuno che non la vuole?) — eppure ricordi di aver impedito la loro distruzione — non è mai successo — ma le grotte sono il tuo rifugio ed è al loro interno che ritorni, vagando verso un punto preciso, una meta costituita da graffiti sbiaditi — la tua mente si separa dal resto di ciò che ti circonda — cosa ti differenzia dai mostri che popolano quel luogo? — lasciar andare il flusso dell'esistenza è un desiderio irrealizzabile ormai — i cadaveri che costeggiano il tuo cammino assumono una forma sempre più concreta, il contrasto cromatico di essi sullo sfondo è sempre più definito e davvero per una volta (la liberazione delle emozioni a te negate) vorresti ma non puoi spaventarti, non puoi far altro che osservare tutto quello che vedi — perché è solo parte di te, in fondo. Il corpo si muove senza controllo, lentamente. E gli occhi che spiano il tuo incedere a quanto pare non li senti, più.
(ma ci sono, ci sono)

(ed è uno sguardo che conosci benissimo)



Inizia a muoversi di un moto non esattamente circolare l'ambiente che diviene qualcos'altro nel momento in cui due delle figure precedenti entrano nella sala di roccia al cui termine ci sei tu. Essi non ti vedono, tu non vedi loro. L'ambiguo sfrigolio dell'aria attraverso cui, passo dopo passo, come se avessi lasciato dietro di te un ricordo dell'aria respirata, i due uomini si addentrano, fino a desiderare di raggiungere te, una perenne, eterna essenza in un involucro senza potere, unica meta del loro terribile viaggio in posti sconosciuti, in luoghi che mai nessuno avrebbe dovuto visitare. Unica nuova meta, da raggiungere soltanto per eliminarla. Vorresti chiederti perché stanno sacrificando la loro missione per questo? Vorresti dire loro che non è per te che stai vivendo, non è colpa tua, tu non avresti consciamente mai voluto far parte di quel terribile sbaglio?

Vorresti dire che l'uccidere Alexandra è solo un mero, effimero palliativo, eppure così importante?

6YRsOTz

Qualsiasi cosa tu voglia davvero fare, tuttavia, la dovrai rimandare. Non sei tu a decidere le tue azioni, esse si stanno sviluppando e decidendo da sé. Mentre gli occhi di Jevanni e Shervaar si aprono sul mondo circostante, a poco a poco, con la loro vicinanza al senzavita, esso inizia ad estendersi, il cielo diventa più terso e più luminoso. Privo di errori, primo di spigoli. Un mondo ideale.
Noioso quanto la perfezione.

Non c'è nulla, ma l'ambiente che giunge agli occhi dei due è completamente diverso dalle profondità delle grotte. Sicuramente non sono più in quel luogo, ma dovrebbero in realtà chiedersi se fossero ancora, anche nelle grotte. Il cielo di un azzurro sbiadito sovrasta un mondo di solida roccia di una chiaro bruno, un panorama eterno nella sua ampiezza; non c'è altro, lì intorno. Né porte da cui scappare, dalla perfezione, perché essa non lo consente. Eppure si inizia ad intravvedere dell'altro. Una torre di Velta in lontananza, che con sé porta il ricordo di un ampio stagno, ai loro piedi, ormai anch'esso quasi visibile. Un brivido.
Un volto privo di espressione dietro di loro.

(una ferita di sangue si apre sul tuo petto)



« Ricordi? »

Non hai bisogno di dire altro,
poiché tutto si sarebbe spiegato da sé.

Il tempo di Eitinel è terminato. Il tempo della battaglia di Velta, il tempo in cui, in una di quelle stanze, fosti ucciso da Lia per poi svegliarti su un campo di battaglia con un Senza Sonno, il tempo in cui, infine, incontrasti lo spadaccino alle porte della Torre, per raggiungere la
DEA,
il tempo in cui uccidesti il tuo corpo, senza risultato.
Ed ora tutto quello che ti rimane è un eterno buio nelle profondità dell'Eden, un nascondiglio ed un obiettivo a cui i graffiti e la loro interpretazione hanno dato forma, a cui non puoi rinunciare, perché è tutto quello che ora dà un senso al tuo incedere. Aspetta, senzavita. Cerca di ricordare chi sei, anche se ora ogni memoria ha volti e contorni sbiaditi dal nero in cui la tua esistenza è immersa.
Ricorda quello che eri, non quello che sei ora. Ricorda altro oltre al sangue e ai cadaveri nel tuo cammino. Ricorda i colori oltre al rosso, il nero e il bianco di una neve corrotta dalla morte. Guarda il cielo, sopra di te. Qual'è il suo colore? Come si chiama?

...

No.
Non c'è altro colore all'infuori del rosso del sangue, nei tuoi occhi.
Solo quello lo vedi, lo senti, lo vivi.
Quello, lo ricordi.

-





[2CS Percezione, 4CS Istinto, 4CS Freddezza]

Iperuranio~
Al di là del tempo e dello spazio, oltre il cielo e le galassie tutte, alberga un mondo soprannominato Iperuranio, una dimensione dove dimorano le sole idee, perfette e incorruttibili nella loro genuinità.
In questa realtà è incredibilmente facile smarrire la via, ammaliati, affascinati, si diviene facili prede di quella perfezione vorace e ingorda che trova sazietà nella sola ed unica perfezione ancor più perfetta. L’intelletto e il raziocinio quindi, affiancati dal primigenio istinto, diventano le uniche speranze, i soli moli d'ormeggio per quel mare sì insidioso e instabile, aspaziale e atemporale.
Hocrag imparò, Hocrag seppe. A cavallo fra i due mondi per mezzo della sua arma ora è capace di sprofondare ancora in quella realtà, di plasmarla a proprio piacimento come l’artista su di una tela, divulgando il verbo di cui ora è profeta assolvendo al proprio ruolo di Demiurgo.
Spendendo un quantitativo di energie pari ad Alto, e conficcando la spada in terra, un’onda eterea percuoterà la realtà in cui presiede il Dannato per infrangerla in mille pezzi. In pochi istanti il cielo assumerà tonalità cristalline, splendidi riverberi dalle sfumature divine, e la terra, linda e fulgida come uno specchio, riproporrà l’omogeneità di quello splendore, un ripetersi costante del medesimo panorama sin nella vastità dell’orizzonte.
Sarà possibile mantenere aperto questo varco cosmico per due soli turni, dopodiché l’ambientazione tornerà ad essere la medesima del momento in cui la tecnica è stata castata, identica nel più infimo dettaglio. [Tecnica di potenza Alta]


Jevanni e Shervaar si addentrano in altre porzioni della grotta, alla ricerca di Hoc, fino a quando ai loro occhi la grotta diventa qualcos'altro, un mondo di idee. È attivato l'artefatto di Hoc (per una breve descrizione di come appare, oltre alla piccola descrizione nel post lo riporto), lui inconscio, anche se nel mondo che vedete, dietro di voi, compare lui stesso, come un'ombra (ed effettivamente di fattezze adombrate). La domanda che pone è chiaramente riferita a Jevanni, per far riapparire nella sua mente l'incontro alle porte di Velta, così come l'illusione nell'illusione di Velta e lo stagno.
 
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view post Posted on 25/1/2014, 17:21
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Diverso tempo prima; Altiventi

« Chronepsis è morto. »
Ashardalon pronunciò quelle parole con educazione, pazienza e gravosità; come se quell'avvenimento avrebbe dovuto significare ben più di ciò che le tristi circostanze suggerivano. Indossava il nero del lutto e la sua voce era spezzata dal dolore e dal disappunto. Aveva atteso a lungo che quell'evento terribile si verificasse, benché non ne traeva alcuna gioia; il suo era stato come un lungo e doloroso travaglio che l'aveva impegnato fino a quel giorno, ma che finalmente l'aveva liberato. Come chi ripaga l'ultimo centesimo del proprio prestito, però, non poteva che ripensare a tutti i soldi che aveva ceduto piuttosto che sentirsi euforico per aver estinto l'interesse del proprio usuraio.

Tiamat, d'altra parte, non mostrò alcun interesse in quella notizia; nemmeno un cenno di condoglianze.
Era seduta a tavola e non si prese nemmeno la briga di interrompere la sua cena. Diceva spesso che mangiare la aiutava a riflettere, ma Ashardalon non poté che interpretare quel comportamento come un'assoluta mancanza di rispetto nei confronti della vita del più anziano membro del Lauth, che infine si era spenta.

« Non sarà dimenticato. » disse con il tono circostanziale di chi se c'è una cosa che ha già fatto, è proprio dimenticare « Ha servito fedelmente mio padre per anni e poi me, per un certo periodo. Lo ricorderemo per questo, sebbene le nostre opinioni infine fossero in contrasto. »
Continuò a mangiare, con disinteresse, alternando ogni parola ad un boccone e ad un sorso di vino.
« È proprio vero: la selinità colpisce anche i più grandi, » pronunciò con tono velenoso « e perdere così tanto in così poco tempo deve avergli fatto perdere il senno. Non lo biasimo, né mi aspettavo che si riprendesse. »

Ashardalon rimase ammirato dalla perizia con cui Tiamat riusciva a discolparsi da ciascun avvenimento come se non ne fosse colpevole. Come un bambino che lancia pietra e nasconde la mano, ma talmente abile da far credere a chi il sasso l'ha preso in testa che sia stato un certo gruppo di ignoti a tirarlo, che si siano mossi in tale direzione, che avessero quel determinato aspetto e che lui avrebbe aiutato nella ricerca.
Il Lauth, sotto la guida di lei, era morto. Non una morte rapida ed indolore, come chiunque avrebbe voluto, ma un arrancare dolorosamente per anni e anni, trascinando le proprie memorie e la propria nomea fino al punto da tradirle e contraddirle del tutto in nome della sopravvivenza, e a quel punto perire comunque.

Il Lauth - l'organizzazione di Fascies de Valde Igni et Cutis Lapida von Draconis, l'Aupiter - era stato fondato secoli prima col preciso intento di difendere e garantire la pace lì dove le razze umane si dimostravano fallaci nel farlo. Ashardalon non poteva che ricordare i giorni della fondazione con un profondo rimpianto, ripensando a quando lui, che era temuto in tutto il mondo per la sua potenza, aveva riconosciuto in Fascies un'autorità superiore alla sua e si era rimesso al suo giudizio. Loro due e Chronepsis avevano quindi fondato l'organizzazione, che da quel momento in avanti non aveva fatto altro che disgregarsi.
Alla morte di Fascies, sua figlia Tiamat - Iudelisor - aveva preso il comando. Inizialmente si era dimostrata capace, riportando Venatrix - Rubietentia - all'interno dell'organizzazione e garantendo al Lauth una potenza ed un prestigio che non avevano mai posseduto. I due figli di Fascies (Tiamat al comando e Venatrix sottomesso) riuscirono insieme a fermare numerose guerre, ad abbattere lo strapotere di Eitinel al Sorya ed infine a limitare i danni che la pericolosa battaglia del Crepuscolo aveva compiuto.
Per ottenere tutti questi successi Tiamat aveva dovuto però schiavizzare il fratello come fa un contadino col proprio mulo, frustandolo sul muso di tanto in tanto e facendo bene attenzione perché non possa mai togliersi il proprio giogo. Fu del tutto naturale quindi che, al termine della battaglia del Crepuscolo, avendo trovato Venatrix l'opportunità di fuggire, slegarsi dall'organizzazione di suo padre e nascondersi, non esità un solo istante a farlo.
Tiamat ne rimase ossessionata. Mandò tutti i suoi servitori a cercarlo, ma anche questi approfittarono di quell'ordine per slegarsi dalla sua tirannia; infine segregò Chronepsis nelle sue stanze - l'unico che poteva conoscere la posizione di Venatrix - fino al momento in cui non gliel'avrebbe confidata. La morte del vecchio drago non aveva operato dunque per cause naturali, bensì per la debolezza incalzante provocata dalle condizioni in cui Tiamat l'aveva posto. Chronepsis si era eroso come uno scoglio che viene abbracciato dalle onde, senza mai rivelare ciò che sapeva e difendendo la decisione di Venatrix anche quando l'acqua l'aveva ormai sommerso.

Nel constatare il disinteresse di Tiamat, Ashardalon non poté che domandarsi perché si trovava ancora lì, rispondendosi poi che lo faceva per pura devozione nei confronti del suo migliore amico, a cui aveva promesso che avrebbe vegliato sui suoi due figli. Ormai il Lauth era composto solamente da lui e da lei, e non era che il pallido fantasma dell'idea di Fascies.

« Ma si dice che in punto di morte le persone si riprendano all'improvviso e si pentano dei loro peccati. » continuò lei con falsa educazione « Dunque Ashardalon, tu che gli sei stato accanto nei suoi ultimi momento, saprai certo rispondermi: »
« Dov'è mio fratello? »

In tutta risposta, il drago nero batté con forza le mani sul piano del tavolo.
« Questo è troppo! » gridò con forza, estenuato « Iudelisor, devi abbandonare questa tua morbosa ossessione nei confronti di tuo fratello! È stata questa tua condotta a fare a pezzi il Lauth, e ciò nonostante tu persisti in essa come se volessi trafiggere il cuore di un corpo già morto! Tuo padre era un mio grande amico e non ti permetterò oltre di infangare la sua memoria in questo modo: il nostro compito dovrebbe essere quello di garantire la pace! »
« ...e sono certo che tu abbia già un piano a riguardo, a giudicare da tutto questo zelo. Perciò dimmi, non esitare. »
rispose lei, per nulla sorpresa dalla reazione del drago nero e continuando a mangiare.
« Nei suoi ultimi momenti, Chronepsis non ha fatto altro che ammonirmi riguardo ad un pericolo imminente: una creatura misera ed invisibile sta per risvegliare delle antiche minacce nell'Edhel. Lui... ha sempre potuto percepire queste cose. »
« Gli abitanti di quella terra non possono rendersene conto! Sono troppo impegnati a combattere l'eredità di Eitinel per immaginare che un nuovo e ben più pericoloso nemico stia per apparire! Siamo gli unici a saperlo, ed è nostro dovere impedire che accada! »
« Ho già sentito questa storia. Il punto è: chi ci dice che non sia il delirio di un vecchio? Baathos è sigillato da anni e mi riesce difficile credere che un solo, piccolo uomo possa scavare nell'abisso fino al punto da risvegliare le minacce che vi dimorano, anche se è una prospettiva... inquietante. Chronepsis probabilmente ha soltanto cercato di spaventarci. »
« Non è un "misero, piccolo uomo" e anche se lo fosse non cambierebbe nulla: ormai sono anni che scava verso il basso senza che nessuno glielo impedisse. Dobbiamo intervenire prima che sia troppo tardi, oppure lasceremmo che un pericolo ben più grande di qualche stupida guerra si abbatta sul mondo. Devi abbandonare la ricerca di tuo fratello e ricordare quali dovrebbero essere le nostre priorità! »

Tiamat continuò a mangiare con aria inconcepibilmente soddisfatta. La sua espressione era quella di un genitore che giudica divertito gli sragionamenti del figlio, senza condividere con lui le proprie superiori conoscenze. Non proseguì senza aver addentato un'ulteriore forchettata di intestini puzzolenti, masticando rumorosamente.

tiamatocchionero

« Hai mai sentito il detto: "uccidere due uccelli con una pietra", Ashardalon? »

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Oggi; Samarbethe

Proseguendo nella caverna, Taliesin, Àlfar e Seyrleen finirono con lo scendere sempre più in profondità, del tutto inconsci di ciò che li attendeva. Le grotte si facevano sempre più umide e buie, e l'aria sempre più pesante; mano a mano che avanzavano pareva quasi che le tenebre si trasformassero in un'entità viva: uno spirito in grado di suggerire ai loro animi cose sul loro conto che neppure sospettavano.
Infine si trovarono all'imboccatura di un gigantesco antro: uno spazio naturale dalle grandi dimensioni, freddo e buio come una notte invernale senza luna. Due dita d'acqua sporca ricoprivano il terreno, gelida e densa come neve sciolta; l'elemento che più di tutti pareva fuori posto, però, erano le piante:
Nel corso della loro discesa avevano iniziato ad incontrare alcune strane forme di vegetazione. Rampicanti bianchicci e privi di vita, alcuni ricoperti di spine ed altri rattrappiti come gli arti vestigiali di un bimbo deforme. Quei deboli rovi si erano fatti sempre più presenti fino ad intralciare il percorso stesso della grotta, ma non furono privi di utilità: Ashardalon aveva dovuto batterli e tagliarli per scavarsi un passaggio che li attraversasse, e dunque quella inquietante vegetazione rese il pedinamento del drago un compito ancora più semplice.
Il grande antro dove erano arrivati era interamente ricoperto da queste piante. Alcuni rampicanti raggiungevano persino le dimensioni di un tronco d'albero, seppur dando comunque la stessa impressione di fragilità.
Più volte parve loro che i rovi si muovessero come animati da vita propria, ma guardando con più attenzione scoprirono che erano abitati da piccole creature simili a ragni dalle zampe lunghe, che però si nascondevano non appena venivano scoperti. In prossimità dell'antro la loro presenza era però impossibile da ignorare: li si poteva sentire muoversi continuamente fra le piante con fare incessante, zampettando e ticchettando da una parte all'altra, apparentemente disinteressati al gruppo di avventurieri.

Al centro dell'antro stava Ashardalon, che tuttavia loro avrebbero potuto riconoscere solamente perché aveva la mano destra stretta attorno al collo di Cardinale. In quel momento il drago aveva assunto la sua forma umana ed appariva come un uomo di mezz'età dai capelli rasati e con un velo di barba nera appena accennato; la sua espressione era di incredibile stanchezza, ed indossava una tunica scura che lo copriva per intero.
Stava parlando con un'altra figura e la sua voce era la stessa del drago che aveva distrutto Pietradisole, seppur meno cavernosa.
Il suo interlocutore era troppo lontano per essere scorto dagli avventurieri, ma doveva essere incredibilmente piccolo, o accucciato: Ashardalon gli si rivolgeva guardando verso il basso e con un tono di premura innaturale. Quella discussione sembrava impegnarlo al punto tale che non si accorse della presenza dei tre intrusi.

« ...questa è la nostra offerta. »
Disse Ashardalon strattonando Cardinale - che sembrava privo di sensi - e abbandonandolo innanzi ai suoi piedi, nell'acqua sporca.
« Questo ragazzo ha il potere di ammansire l'eredità di Eitinel, che in superficie costituirebbe per te il pericolo più grande. È tuo, purché accetti di svolgere il compito di cui ti ho parlato. »

Dall'oscurità davanti ad Ashardalon emersero una mano ed un braccio in direzione di Cardinale. Erano deboli, scheletrici e fragili: la pelle della mano poggiava sulle ossa e sui tendini come fa un panno steso ad asciugare su una ringhiera; il braccio sembrava una corda sfibrata, e il gomito un nodo.
Lentamente, come un relitto che viene portato a riva, emerse anche tutto il resto del corpo cadaverico: un fantasma avvolto in uno straccio sporco e umido, che caracollava con difficoltà attraverso l'antro. Era talmente debole che non pareva neppure una creatura vivente, bensì un vapore esalato dalla terra in forma umana. Ciò nonostante intorno a lui si muoveva inequivocabilmente uno sciame di piccoli ragni agitati, come una folla in delirio davanti al manifestarsi di un miracolo.
Il cadavere - quella era la cosa a cui era più simile - emanava al tempo stesso un'aria di fragilità ed importanza assoluta. Dava l'impressione di essere una cosa semplice da distruggere, ma la cui morte avrebbe causato il crollo della caverna, la ribellione dei ragni, la crescita incontrollata dei rovi, l'allagamento dell'antro e chissà quante altre catastrofi; era come guardare una piccola e arrugginita valvola di sfogo che conteneva da sola l'intero potenziale di una caldaia pronta ad esplodere. Come un idolo bambino, privo di alcun potere ma in grado di spingere un'intera popolazione sul piede di guerra se danneggiato. Una sensazione presumibilmente condivisa anche da Ashardalon, a giudicare dalla delicatezza con la quale si rivolgeva al suo misterioso interlocutore.
Il drago nero estrasse dalle vesti un frammento di cristallo rosso, mostrandolo al cadavere; quello lo afferrò con debolezza, rischiando di lasciarselo sfuggire e di farlo cadere in terra.

« Quello è un frammento del corpo del drago che vogliamo tu rintracci. » gli disse con gentilezza e precauzione, mentre l'altro si rigirava il cristallo fra le dita con stanchezza « Fai questo per noi, e ti garantiremo protezione. Ti invito ad abbandonare Samarbethe e a smettere di scavare; non hai nulla da temere finché sarai sotto la nostra protezione. »
Il drago nero deglutì sonoramente, cercando le parole adatte.
« Nelle profondità non si nasconde alcuna sicurezza, Kishin. Solo altri pericoli. »
L'altro mosse la testa con astio - per quanto il suo collo secco glielo permettesse - e lanciò ad Ashardalon uno sguardo di puro odio.
« Quello... non è più... il mio nome. » disse con una voce faticosa e debole quanto il suo aspetto « Io... sono... »
« ...Shah Zyad. »
« Shah Zyad. »
Lo accontentò il drago, con un cenno affermativo della testa.

 
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Shervaar
view post Posted on 31/1/2014, 20:00






Dopo essersi separati silenziosamente dal resto del gruppo Shervaar e Jevanni proseguirono silenziosamente la loro ricerca. E se Jevanni procedeva spedito per le sue l’elfo non era intenzionato a rompere il silenzio forzato, ancora indignato dall’evolversi degli eventi. Non che lo sciamano rimpiangesse di aver seguito Jevanni nella sua folle ricerca, perché folle in quel momento era l’uomo che seguiva ma folle ancora sarebbe stato lasciarlo solo in balia del proprio rancore, ma non si poteva neanche dire che Shervaar si sentisse più tanto sicuro ne per il destino di quella missione, ne per loro, in due lì dove un esercito era poco, ne per gli altri, sempre meno sulle traccie del demone alato.

Procedeva la sua marcia arrancando distratto sul terreno sconnesso finché inevitabilmente non inciampò su un’asperità. Persino la terra e la roccia su cui camminava e che di solito in risposta alle sue preghiere sorgevano a proteggerlo dai pericoli in quel momento gli sembravano una minaccia.
La sua mente volò allora veloce verso Falco che aveva lasciato prima di entrare nei cunicoli, animale che probabilmente ora si godeva aria pulita e caldo sole, un pensiero che l’elfo si sforzò di allontanare convinto che tale esitazione non avrebbe fatto altro che alimentare la propri invidia per chiunque non fosse segregato lì sotto. E la cosa di certo non lo avrebbe aiutato in nessun modo.
Si rifiutò di domandarsi per l’ennesima volta cosa ci faceva in quel labirinto, convinto delle proprie motivazioni, e dopo aver rimosso con un cenno della mano l’ennesimo sperone roccioso che gli si parava davanti si concesse un sospiro di sollievo rincuorato che almeno gli elementi erano ancora lì per sostenerlo.
Evitata un buca con passo più lungo proseguì il suo marciare, un lento ma ristoratore marciare che lo lasciò alla fine stranamente riposato. Fatto sorpredente ma sicuramente benvenuto.

Trovarono infine dopo un lungo vagare l’uomo che stavano cercando, ma nulla sembrava essere a rigor di logica nel luogo dove finirono.
Niente più cunicoli bui, niente più anguste camere dal nero soffitto ma un cielo azzurro e una distesa di roccia chiara, quasi accogliente vista quella cui l’elfo si era ormai abituato. In lontananza poi un’immagine che accolse con un brivido.
Notte insonni e tormentate senza sonno, mentre insistenti sussurri gli offuscavano i sensi e flash istantanei si riproponevano ovunque, facendo di Velta l’incubo di Shervaar.
Così ricordava la torre che ora si stagliava fronte ai due, a completare un quadro di per se già surreale.
Un mondo che l'elfo stentava a credere vero, dopotutto aveva già visto la loro preda giocare con i loro sensi e non si meravigliò che lo stesse facendo nuovamente.

<< Ricordi? >> domandò l’altro, evidentemente rivolto a Jevanni, mentre Shervaar tornava a concentrarsi su un pericolo ben più imminente dei proprio ricordi. Si voltò verso il suo capo, in fondo l’elfo nonostante tutto lo sentiva ancora tale, sperando di cogliere un cenno su cosa fare. Nei suoi occhi però non c’era la stessa determinazione che vi aveva letto l’ultima volta e benché si trovassero ora fronte al nemico il suo compagno non accennava a voler attaccare.
Per un attimo l’elfo rimase immobile, dubbioso. Presto probabilmente si sarebbe arrivato alle armi, erano lì per quello, eppure Shervaar non si sentì di far la prima mossa, vuoi per eccessiva cautela o vuoi per la paura dell’ignoto che ora lo circondava. Shervaar inoltre non riusciva a dimenticare che alla sua prima apparizione con le ombre l’altro era intervenuto per salvarli ne si poteva capacitare di come nonostante avvesse con se un seguito in grado di eliminarli tutti l’uomo si fosse accontentato di sparire nell’ombra dopo avergli chiesto di rimaner fuori da quella storia. Evidentemente non li voleva morti e le ombre che lo seguivano, le stesse che seguivano Cardinale, probabilmente erano la chiave di tutto. Lo sciamano ipotizzò che con un po’ di fortuna magari avrebbero potuto trovare un accordo, dopotutto con ogni probabilità entrambi cercavano la stessa cosa. Almeno credeva, e sperava.

<<Jevanni?>> domandò girandosi verso il compagno.
<< Ci ho pensato e non credo ci voglia morti, avrebbe già potuto rimediare. Credo e spero invece che cerchi esattamente ciò per cui siamo venuti qui, Cardinale, e le ombre al suo seguito ne sono una prova. Magari, e dico magari, potremmo trovare un punto in comune... >>
Un’ipotesi azzardata considerando che l’ultima volta non avevano esitato a caricare a testa bassa, eppure sperando nella lucidità di Jevanni e in una benedizione del fato l’elfo non esitò a fare la sua proposta.
La prima mossa comunque non sarebbe certo stata la sua, quindi non poteva far altro che aspettare e sperare.

Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS: 1 x Istinto

Danni fisici subiti: (3/16)

Danni mentali subiti: (3/16)

Energia rimanente: 100%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata elementale.
[Personale]

Tecniche usate:

Note:
E’ giunto il momento delle grosse decisioni ed azioni eroiche, ma potendo scegliere cosa fare non faccio niente.
Sicuramente si verrà alla mani (magari no) ma evito comunque mosse azzardate, dopotutto per il momento Hoc non sembra voler attaccare.

Nella prima parte del post un uso un consumo meno che nullo del Dominio della Terra, garantitomi dalla relativa pergamena.
 
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view post Posted on 31/1/2014, 21:04
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Cardine
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Nascosto nel tunnel roccioso, ascoltai con estrema attenzione le parole provenienti dall'androne. La mia immaginazione già vagava molto lontana, ripercorrendo storie di misteriosi draghi in grado di camminare tra gli uomini senza destare sospetto, e leggende di ogni genere che ne osannano i poteri e le imprese nei tempi che furono. Di certo colui che aveva rapito il ragazzo non era solo una bestia selvaggia, apoteosi della forza della Natura, bensì un essere incredibilmente consapevole, potente e saggio. Una persona che aveva dei piani ben precisi, diversi da quelli del Clan. Doveva pur esserci un modo per risolvere quell'impiccio. Doveva essere possibile trovare un accordo.


Feci segno ai miei compagni di nascondersi e stare in silenzio, gesticolando nervosamente. Avevamo saggiato di cosa fosse capace il drago, e non era di certo il caso di irritarlo o esporsi troppo. E dalla pacatezza con cui un essere così potente parlava con l'altro, l'incappucciato, comprendemmo che nemmeno lui doveva essere sottovalutato. Chiusi gli occhi, e cominciai a pensare, sperando di venire illuminato da qualche idea che potesse salvare la situazione.
Ero stato troppo tempo nelle retrovie, ed era arrivato il momento di tirare fuori gli artigli. Ma potevamo sul serio nutrire qualche speranza di vittoria, affrontano la bestia che aveva raso al suolo Pietradisole con un soffio e qualche colpo di coda? I rischi erano davvero fuori dalla nostra portata: se Jevanni fosse stato lì con noi, forse, avremmo potuto osare di farci avanti dinnanzi a loro - non senza immenso timore. Ma lui non era lì, e dovevamo farcene infine una ragione.

Gli artigli non andavano affondati nelle carni, in quel caso, ma mostrati con fierezza.
Non sarebbero serviti a nulla, se non come un magnifico stendardo.
E quale modo per mostrarli, se non inscenando la più grande delle opere teatrali?



D i p l o m a z i a, mimai con il linguaggio labbiale a Seyrleen e Alfar. Feci loro cenno di nascondersi da una parte, e di rimanere perfettamente zitti. Posi nelle mani dello sciamano la piccola biglia accecante, trovata nel mantello il giorno prima: avrebbero entrambi dovuto guardarmi le spalle, poiché ciò che stavo per fare avrebbe richiesto ogni briciolo della mia capacità di concentrazione.




Chiusi gli occhi e stabilizzai il respiro, come un commediografo qualche istante prima del debutto, o come un attore che si appresta ad inscenare la prima di una nuova opera. Le tenebre che avvolgevano la caverna mi parvero poche, e abbassai le luci di quel mio nuovo sipario: l'oscurità illusoria avrebbe ammantato ogni parete, ma senza compromettere la visibilità di quel che stava in mezzo all'androne. Si sarebbero trovati ancora più tagliati fuori dal mondo esterno, come se tutta la roccia sopra le loro teste non fosse già abbastanza. Il sottile strato d'acqua inoltre avrebbe cominciato ad evaporare, nonostante la temperatura non di certo alta: si sarebbe formata una coltre di nebbiolina, molto densa in basso ma rarefatta dalle ginocchia in su.
Ma mancava ancora l'attore.


Dal vapore e dall'oscurità si sarebbe formata una nuova sagoma, in tutto e per tutto simile a me. Avvolto nel bel mantello rosso, si sarebbe avvicinato con passo sicuro ai due, completamente disarmato, per poi fermarsi cautamente a una dozzina di passi da loro. Si sarebbe schiarito la voce con educazione, e quel mio burattino sarebbe stato portavoce di ciò che io non ero in grado di proferire. Una controfigura, per le scene pericolose.


«Parlo in nome di Lady Alexandra Blanchard, Regina senza Regno e Mastro di Chiavi.

Voi non siete i soli a desiderare il ragazzo, e ciò che il suo potere comporta.
»

Avrebbe iniziato, con tono calmo e autorevole, come quello di chi annuncia una sentenza.

«A lungo il Sorya è rimasto inerte, ma una nuova fiamma è riarsa dalle braci di un tempo.
Esso è risorto in forma di Leone, e ora splende come una fiaccola che arde nella notte più buia.

Non cerchiamo né offriamo protezione, ma vogliamo soltanto porre rimedio a quello che la fine di Eitinel ha comportato.

E perché questo succeda, abbiamo anche noi bisogno di lui.
»

- pausa d'enfasi, come ogni attore che si rispetti -

«Shah Zyad, lasciate che sia il Sorya stesso a lenire le ferite da lui inferte all'Edhel.

Noi conosciamo la nostra progenie meglio di chiunque altro, e più di tutti siamo desiderosi di scacciarla dalle nostre terre.

Non vogliamo altro se non la pace: gli Aneliti di Tùrmarsh non saranno più una piaga dilagante, se tra di Voi e il Nuovo Sorya nascerà un accordo.

Ecco il motivo per il quale mi trovo qui, in qualità di umile rappresentante del branco.
»





- Taliesin -


Energia

70 / 100
CS

5
ingegno x2
riflessi
attenzione
fortuna
Status fisico
2 / 16
(taglio alla schiena basso, graffio alla gamba sinistra basso)
Status mentale
3/16
(emicrania)
Razza
Umano
Dominio
Illusionista
Classe
Ladro
Energia Verde - Pericolosità D

5 - 10 - 20 - 40
(standard)


Equipaggiamento

Fabula: spada corta;
Scarabio: artefatto di livello epico;
Flauto della Palude Nera: strumento musicale, artefatto di livello avanzato;
Liuto di Luke Mannersworth: strumento musicale;
Itinerante: mantello, artefatto di livello epico;
Fumogeno: oggetto dell'erboristeria;
Sfera dell'evocazione: oggetto dell'erboristeria;
Pistole ad avancarica: arma da fuoco piccola, 3 colpi.
Biglia accecante oggetto erboristeria, vedi "Itinerante" (consegnata ad Alfar)



Abilità Passive

Il cantastorie: le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate; possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento; fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche il corpo del caster potrà essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione;
Il vagabondo: non si sviene sotto il 10% delle energie; malia psionica passiva di fascino;
Scarabio: possibilità di parlare amichevolmente con animali non più grandi di uno scoiattolo; il peso del corpo di Taliesin è pari a quello di uno scarabeo e non emette rumori mentre cammina; senso di inadeguatezza nei confronti della natura;
Il Flauto della Palude Nera: il suono del Flauto provoca negli ascoltatori un senso di profonda insicurezza;
Itinerante: immunità da auspex passivi.



Abilità Attive

Attiva di talento, energia verde: natura magica; spendendo un consumo medio il caster ricreerà un’immagine illusoria a suo piacimento, che ingannerà tutti e cinque i sensi dell’avversario. Essa sarà completamente innocua, potrà compiere qualsiasi azione ma si dissolverà nel caso in cui venga colpita o cerchi di attaccare. Permarrà per due turni compreso quello di attivazione e sarà visibile da chiunque.
Attiva di talento, energia blu: natura magica; spendendo un consumo alto si potrà generare un numero qualsiasi di illusioni, che andranno a ricoprire l’intero campo di battaglia, modificandone anche radicalmente l’aspetto. Ingannano tutti e cinque i sensi, permangono per due turni compreso quello di attivazione e saranno visibili da chiunque.



Ricapitolando...

Taliesin ha paura - e come potrebbe non averne? Opta/opto per un approccio estremamente cauto, utilizzando in combo due illusioni (le vedete qui sopra), per poter diplomatizzare senza correre rischi, e anche per coprire noi altri alla loro vista. Me ne rendo conto, si tratta dell'apoteosi dell'illusionismo, forse ai limiti dell'irreale, ma era il momento giusto per farlo. Tutto quanto persisterà per due turni, dandoci tempo di cambiare strategia se la mia si rivelasse un terribile fiasco. Sperem.


 
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view post Posted on 31/1/2014, 22:18
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Legenda dialoghi:

"PnG o QM"
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Ùlfer
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Àlfar
"Dialoghi appartenenti ai ricordi di Àlfar"
"Dialoghi di Taliesin"
"Dialoghi Shervaar"


Il canto dell'abisso

Il Nido;
Tacita diplomazia





La grotta sembrava una camera stagna. L’aria fredda che li aveva attirati verso la galleria era ormai morta da tempo. Un gas immobile e pesante, che a stento si sarebbe potuto chiamare aria, permeava ora l’atmosfera. La tensione di poco prima era rimasta tale da poterci camminare sopra… Un silenzio cupo, interrotto appena dai loro passi.

Tic-tac. Tic-tac. Tic-tac.

Persino i piedi nudi di Àlfar sembravano coperti di campanelle in quel silenzio tombale.

Tic-tac. Tic-tac. Tic-tum.

Il suono nuovo fece scattare Àlfar. Fermò il gruppo per qualche istante. Fiamme azzurrine percorsero giocose la pelle scarlatta del giovane.

”Piante?” Alla luce debole della fiamma, le radici sembravano coprire l’intera galleria. Vive. Biancastre e deboli, ma vive. Siamo a un punto di svolta…queste piante potrebbero portarci al drago… Tese la mano per illuminare meglio l’ambiente. Non sarebbe stato facile districarsi in quella tela di vegetali. Ma un dettaglio lo fece sorridere: non erano i primi a passare. Il drago? Sorrise ampiamente rivolgendosi agli altri. ”Il Drago è decisamente più avanti. A giudicare dalle tracce…pochi minuti ci separano. Dovremo usare molta, molta attenzione…” – La mano si spense e il buio ripiombò su di loro.

Le piante fremevano. Non erano solo piante.

Uno scalpiccio ininterrotto e snervante accompagnava il passaggio di qualche animale. Altri Molti?...Ce ne sono troppi…e anche se non fossero Molti, potrebbe esserci un nido più avanti…e agli animali non piace avere estranei nel proprio nido…spero solo che la Mamma sia fuori casa…. Il nervosismo cresceva. Il battito cardiaco accelerava. Si mescolava allo scalpiccio, in uno scrosciare continuo e violento, simile all’acqua nelle tempeste boschive.

Ma non c’era acqua. C’erano animali in fuga. Un brulicare persistente. E…voci?

Taliesin aveva preso la testa del gruppo. Li precedeva silenzioso. Si arrestarono al limitare del corridoio: da lì potevano udire e vedere il dialogo tra due figure. No…tre figure.

Lo avevano inseguito. Ma non era un drago. La forma umana, maschera di un mostro. Un solo elemento rendeva inequivocabile la sua vera essenza: tra le dita stringeva il collo di una preda inerte. La preda sottratta al Leone. Cardinale!

Che storia è questa? Chi è il terzo individuo?...Un cadavere? No...respira ancora...si muove. Sembrerebbe debole...quasi lo spettro di una qualche creatura un tempo vigorosa. Eppure incute timore. Non dobbiamo sottovalutarlo.


E poi arrivò la pugnalata. Kishin! Quella parola vibrò nello stomaco di Àlfar come il Babau che le mamme usavano nel suo villaggio per far stare buoni i bambini. Non si stupì oltre della minacciosa presenza di quell'individuo apparentemente debole.

Fu scosso dal gesticolare di Taliesin. Li stava avvisando di qualcosa...Copertura? Stare in silenzio...sì, ha senso. Diplomazia...ottima idea. Bravo Tal... Nel frattempo, il drago aveva quasi terminato la trattativa. Cardinale e una pietra...

Cosa stai pianificando, Drago? Un getto di bile accompagnò quel pensiero. La bocca di Àlfar bruciò alcuni istanti per colpa dell'acido gastrico. Deglutì cercando di calmarsi.

Diplomazia. Sì, quella era l'unica soluzione.

Un secondo Taliesin era comparso nell'androne, si rivolgeva ai due individui che erano intenti a trattare. Parole flessuose e invitanti tessevano un discorso affascinante sulla necessità di cooperare...Sei un grande oratore, Taliesin. Spero solo che la tua lingua sia abbastanza tagliente...oppure dovremo ricorrere alle spade...

Mentre le mani di Àlfar si stringevano intorno alla corda di Bèrral, la voce di Taliesin portava un ultimo affondo...

"Non vogliamo altro se non la pace: gli Aneliti di Tùrmarsh non saranno più una piaga dilagante, se tra di Voi e il Nuovo Sorya nascerà un accordo. ... Ecco il motivo per il quale mi trovo qui, in qualità di umile rappresentante del branco."

Era tutto lì. La mano o la spada. La scelta era chiara. Le possibilità poche.

Àlfar si calmò il più possibile. In lui ardevano due fiamme e Ùlfer ululava dentro di lui.

Ci siamo!




Scheda Tecnica

Fisico: Contusioni Medie alle ossa del torace, ustioni Alte di natura sacrilega sparse sul corpo e un danno da shock Basso al petto. [9/16]
Mente: È stato intimorito dalla Folgore e ha subito una malia Bassa. (Il danno Basso deriva dallo sforzo impiegato per resistere a tale malia) – Danno Medio causa sensazione di gelo. [13-/16]
Energie: 85% recuperato il 50% di energie.

Spine di pesce: 18/20 rimanenti.

CS:1 Destrezza - 1 Forza

Passive:
- Presenza angelica
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.

- Passiva di Dominio Liv. I
Bèrral ha una trama di un verde acceso e luminescente che l'attraversa da un capo all'altro. In battaglia, da questo disegno complesso, sorgono piccole spine di pura linfa primordiale: rese solide dalla magia, si staccheranno all'urto con il corpo dell'avversario e rimarranno ferme sotto la pelle. Alcune di esse rilasceranno delle spore e faranno crescere muschio sulla parte colpita. Il danno causato da queste piccole manifestazioni magiche si aggiunge al danno fisico della frustata.


Attive:
- Spirito Ululante [consumo Variabile: Nullo] Un aura di fiamme azzurre avvolge Àlfar e agisce come potenziamento ed estensione delle sue armi e del suo corpo.

Note: Non c'è molto da dire. Spero piaccia. "Spirito ululante" è usato a consumo nullo per illuminare un po' l'ambiente all'inizio dell'intreccio fitto di piante. ^^ Detto questo mi ritiro nel mio angolino buio e aspetto :D ho un mal di schiena che lo raccomando ^^
 
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view post Posted on 1/2/2014, 18:01
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Dalla piccola valvola che teneva insieme tutti gli intestini di Samarbethe si levò all'improvviso uno sbuffo di vapore, come se qualcosa l'avesse bruscamente allentata.
Le orecchie di Shah Zyad iniziarono a fischiare e lui sollevò improvvisamente entrambe le mani per coprirle, terrorizzato. Nessuno avrebbe potuto spiegare come, ma il suo corpo privo di vita era riuscito a percepire la presenza degli intrusi ancora prima che questi si rivelassero; come se la terra che stessero calpestando non fosse che la sua pelle, l'aria che stessero inalando non fosse che il suo respiro, le piante i suoi muscoli e l'acqua il suo sangue: Samarbethe il suo corpo.
E tutte quelle presenze dentro di lui stavano iniziando ad infastidirlo. A farlo rabbrividire come quando si è affetti da febbre e a farlo ansimare senza forze.
Ashardalon si accorse prima di tutto questo e solamente dopo degli avventurieri.
Le tenebre parvero calare un sipario appena un po' più fitto su quell'incontro mentre le due dita d'acqua nelle quali bagnavano i piedi presero a mandare sporchi fumi di vapore che si insinuarono nelle narici del drago, provocandogli un fastidioso prurito.

« Illusioni... » sussurrò Ashardalon con ira, ben avvezzo a ciò che stava succedendo intorno a lui e a differenza del suo interlocutore, che si era rannicchiato e piegato in avanti nascondendo il capo nelle mani, tremando come un bambino.
Era fondamentale che Shah Zyad non si allarmasse e che continuasse a prestargli attenzione. Non era ancora certo che avesse accettato la sua offerta e in caso contrario avrebbe dovuto combatterlo. Tuttavia la presenza di ulteriori fastidi non era prevista, anche se gli esseri umani erano da sempre specializzati nel rovesciare i piani altrui con la propria testardaggine.
Alzò una mano in maniera morbida, ma prima che potesse dissolvere quell'illusione gli si presentò l'ambasciatore del gruppo d'intrusi, che perlomeno non sembrava incline al combattimento.

L'ometto parlò dei Leoni, la sciocca organizzazione di... Alexandra, quello era il nome. Prese in carico per il proprio gruppo le responsabilità sbagliate e dimostrò soltanto quanto ignoranti fossero i sopravvissuti nell'Edhel.
Ma più di tutto si rivolse direttamente a Shah Zyad; la cosa peggiore che avrebbe potuto fare.
Quando sentì il suo nome pronunciato dalla bocca di qualcun altro, il cadavere strisciò nell'oscurità con aria terrorizzata, graffiando le pareti dell'antro e scatenando l'agitazione delle migliaia di piccoli ragni che si annidavano nelle piante circostanti.
« Sa... il mio nome...! » rantolò con voce piagnucolante « ...il vero, nome! »
Tutte le piante dell'antro furono scosse da un violento tremito, come se si fossero improvvisamente contratte. Davanti a ciò Ashardalon deglutì sonoramente e cercò di sollevare le mani per calmare colui che in qualsiasi momento avrebbe potuto far crollare il soffitto sulla testa di tutti loro.
« Shah Zyad, è soltanto un'illusione... »
« Luui no-non fa parrrte; il patto... » « parlato troppo! » « ...inganni; inganni; nni; »
E mentre parlava le piante continuavano a contrarsi e distendersi, i ragni a muoversi e l'acqua a ribollire. Nessuna di queste cose era un'illusione.
« Lascia che me ne occupi io. » concluse Ashardalon nei confronti della creatura ansimante nel buio, voltandogli poi le spalle.

« No. Voi, come sempre, non conoscete nulla. »
Senza avere alcuna figura di riferimento migliore, Ashardalon si voltò verso l'illusione, convinto che chi la animava sarebbe comunque stato a portata d'orecchio.
« Credete di sapere e vi armate delle poche conoscenze che avete sperando che siano armi e armature forti a sufficienza da permettervi di curare il mondo, senza rendervi conto che una spada può soltanto infliggere ferite; non medicarle. »
« Questo è sempre stato il più grande peccato degli uomini, da che sono in vita. C'è stato un tempo in cui la vostra razza aveva l'umiltà di sottostare al giudizio di chi effettivamente aveva il potere di giudicare, ma col tempo la vostra arroganza è cresciuta al punto tale da spingervi a credere di poter gestire nelle vostre mani questioni che, appunto, non siete in grado di gestire. »
« Voi siete dannosi, virulenti e particolarmente resistenti. Non avete bisogno di chiarificare le vostre intenzioni; come in ogni era che ci ha preceduto, io so che non volete fare alcun male al mondo... »
« ...io temo che voi vogliate salvarlo. »

« Quanto credete di sapere effettivamente sul mondo che vi circonda? Usate ancora il nome "Sorya" senza rendervi conto che quel nome è morto con Eitinel. Parlate delle vostre terre senza rendervi conto che questa terra non è di nessuno; se fosse di qualcuno allora sarebbe ben più legittimamente degli Aneliti, piuttosto che vostra. Dite di conoscere la vostra progenie ma continuate a combatterla come se fosse il solo nemico, senza comprendere che in realtà essa non è che la vostra punizione: dovreste accettarla, invece che tentare inutilmente di estinguerla, e guardare alle vere minacce. »
« Le ombre, così come le chiamate, non sono ostili; non con questa terra almeno. Lo sono solamente nei confronti di chi le ha create, poiché ne sono l'espiazione. Non è ironico? Voi credete di poter salvare l'Edhel combattendo loro e loro credono di poter salvare l'Edhel combattendo voi, e nessuno si rende conto che l'Edhel non è che flagellato da queste continue battaglie che non fanno altro che creare lo spazio per l'apparizione di altri nemici ben più pericolosi. Nemici antichi e dimenticati che per davvero mirano alla distruzione di questa terra e delle razze che la abitano. »
Il suo sguardo indugiò per un'istante in direzione di Shah Zyad, che sentiva gorgogliare nell'oscurità alle sue spalle. In sua presenza non poteva aggiungere troppo su quell'argomento.
« Più di ogni altra cosa ciò che vi rende ridicoli non è la vostra comprensibile ignoranza, ma il vostro senso d'appartenenza nei confronti di un'organizzazione destinata a scomparire. »
« Siamo nel cuore del mondo a dibattere della più importante catastrofe che potrebbe accadere e dov'è la regina per la quale parlate? Vi suggerisco e vi invito a non riporre troppa fiducia in un nome o in un simbolo, come siete spesso troppo inclini a fare, e a ragionare con la vostra testa, presentandovi con i vostri nomi e con la vostra persona, non attraverso sciocche illusioni. Non utilizzate una fragile organizzazione come scudo, prossima a perire; avrei ben più piacere a confrontarmi direttamente con voi intrusi. »

« I leoni, nella neve o sottoterra, sono destinati a morire. »

Shah Zyad, alle sue spalle, stava pensando.
Riusciva a percepirlo, perché ad ogni sua frase le piante nell'antro si muovevano in modo differente e i ragni che le abitavano si riversavano in terra.
A cosa stesse pensando, però, non gli era dato saperlo. Forse stava rimuginando di schiacciarli tutti in quel budello; forse di fuggire; forse di combattere. Quali che fossero i suoi ragionamenti era di fondamentale importanza che gestissero la situazione con delicatezza. Shah Zyad non avrebbe accettato di collaborare con il Lauth senza ricevere Cardinale come avvallo e garanzia di quella collaborazione, e naturalmente non lo si poteva lasciare libero di continuare a scavare a Samarbethe e risvegliare gli orrori antichi che dimoravano negli abissi dell'Edhel: un'eventualità che gli avventurieri non potevano neppure immaginare. Minacce ben peggiori di qualsiasi cosa si trovasse sulla superficie in quel momento, e che per davvero avrebbero distrutto il mondo e tutti i suoi abitanti.
Non poteva cedere loro Cardinale, l'unica garanzia di cui disponeva per convincere Shah Zyad a smettere di scavare, ma ancor meno poteva permettere a quest'ultimo di continuare indisturbato a fare ciò che stava facendo. Naturalmente tutta quella questione avrebbe potuto risolversi molto semplicemente se soltanto l'abominio potesse essere ucciso; ma se c'era una cosa che la guerra del Crepuscolo aveva dimostrato, era che nessun potere avrebbe potuto cancellare Shah Zyad dalla terra. Egli era il male incarnato; il male più grande, anche se forse non quello più immediato.
Come sempre, però, soltanto il Lauth sembravano averlo capito.



CITAZIONE
Cinque giorni per postare; stesse modalità del turno precedente.
 
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view post Posted on 2/2/2014, 13:49
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Improvviso e lento il moto sbiadito dei tuoi occhi, che osservano prima uno poi l'altro dei due uomini davanti. Non sanno che fare, dove andare —
tu lo sapresti?

Il mondo intorno è fermo, come il tuo volere e i tuoi desideri. Non c'è nulla che ti possa portare di un passo verso la vita, o verso la morte. Forse, era questo che non capiva Alexandra. Né lei, né tutte le persone che ne seguivano il volere. Ed è Alexandra che si mostra negli occhi dello spadaccino, quando egli ti risponde. Tu sorridi loro, non sei altro che un'ombra, ormai. Si guardano, quindi guardano te. Vogliono distruggerti?

« Io ricordo. Sì. Ricordo tutte le volte che ho fallito nell'ucciderti. Forse questa volta andrà diversamente. »

L'inizio. Una spada. Il mondo inizia a modificarsi e cambiare lentamente, cala una nebbia fitta sull'eterea perfezione di quell'ambiente ideale. Buio. Ma non importa. Non ti importa nulla del nero intorno a te, poiché tu sei parte di esso. Sei nato nel buio, esisti nel buio. Rimani immobile, mentre quella che ora è diventata una luce azzurra nell'oscurità si lancia contro di te, e ti taglia in due. Ma non fa altro che colpire la nebbia che essi stessi hanno fatto calare, mentre tu sei già un paio di passi lontano.

« Sì, può andare diversamente: ma solo se questa volta sono io ad uccidere voi; non può andare in nessun altro modo.
Alexandra l'ha capito, per questo non viene a cercarmi.
» Una pausa. « E come lei, dovreste fare anche voi. »
L'ultima volta che l'hai vista, stavi cadendo con lei ed una spada nel petto nelle profondità e nell'abisso delle grotte. Ricordi solo un'ultima immagine, di lei che si libera e vola di nuovo via, mentre tu cadi, senza peso, senza più speranza, nel centro del buio ...
Sa che mandare uomini a eliminarti non provoca nulla se non la loro morte, come tutti i corpi che hai lasciato dietro al tuo cammino testimoniano. Li ricordi? Ed essi, ti ricordano? I due uomini non sono lì per ucciderti. O meglio, non lo erano; non li ha mandati Alexandra per quell'intento, ed essi stanno commettendo uno sbaglio a perdere tempo con te, l'hanno già commesso; ci sono cose da cui non si può tornare indietro.
E pure, la morte di nessuno di loro sarebbe un palliativo per la tua eterna esistenza.

« Solo che ormai è troppo tardi. »

C'è una sorta di soddisfazione nel tono in cui pronunci l'ultima frase, soddisfazione che non ti può davvero appartenere. Sei un'ombra, ora, non sei il fu paladino della luna, e pure questa è la parte che di te più ti rende vivo, se in qualche modo può succedere.
Vivo nel sangue, vivo nella morte.

« Portate i miei omaggi alla Regina. »

E tutt'intorno si alza un canto, parole in una lingua dimenticata, ma che si ritrova ancora nel sottosuolo e tu riesci a comprendere, armonizzata in un gregoriano di morte, come se diecimila persone, diecimila corpi senza vita nel tuo percorso (ma chi sei veramente?) si alzassero e cantassero un canto eterno, un loro ultimo sospiro di vita, marionette dal momento che possiedono un involucro, e un ricordo di vita all'interno di esso.

MhAElX3

E sarebbero comunque più vivi di te, corpo senza desideri, senzavita, dopo che la dea a cui ti eri rimesso ti ha tradito, pur eseguendo il tuo volere. È un pensiero costante, e non puoi fare a meno di rievocarlo alla memoria. Tutto ciò che vorresti, in fondo, è morire. Privazione della morte, la più grande privazione che si può dare ad un essere umano. Un eterno desiderio che non può essere soddisfatto. Neppure la dea potrebbe soddisfarlo, neppure ella avrebbe potuto prima di scomparire, di morire, dopo aver tolto la stessa possibilità a lui. Dove sei Eitinel. Dove sei. La morte di Alexandra ora avrebbe ancora meno significato, dalla sua scomparsa ... ormai, non hai alcun interesse nei confronti di Alexandra, non più, non quanto lei ne ha nei tuoi confronti. Eppure non puoi tornare in superficie, non vuoi; il tuo posto è nelle profondità delle grotte, l'unico luogo adatto a te, è lì sotto.
In mezzo a un canto sacro, tutt'intorno, una preghiera del sottosuolo, dai significati oscuri.

« μέχρι ο κόσμος δεν αλλάζει την πορεία του
και το χαμένο δεν μπορεί να εξαγοραστεί
και να έρθουν πίσω στη ζωή
μέχρι την αιωνιότητα
»

Qual'è il senso di vivere senza poter morire, quindi? Una perenne e continua esistenza, senza il supporto del corpo che si può distruggere. Nessuna via d'uscita. Nessun aiuto esterno.
Un canto di morte, fino alla fine dei tempi.
...

Sì; ci sono cose da cui non si può tornare indietro.

-




Il mondo delle idee persiste; Jevanni fa calare una nebbia illusoria che interessa tutti i presenti, prima di attaccare Hoc con un fendente - che evita essendo etereo, niente più che un'ombra. Dopo qualche discorso di Hoc diretto ad entrambi, sale un canto intorno, una specie di canto gregoriano con le parole iscritte nelle grotte, anche se Jev e Sherv non lo sanno, ovviamente, né le possono comprendere. L'effetto del canto è però un attacco psion critico ad area, con danni magici alti a persona, in forma di squarci sul corpo, nel caso.
A voi te, Sherv.

 
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view post Posted on 6/2/2014, 21:18
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Cardine
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Del Kishin ne parlavano le donne, la sera tardi, per terrorizzare i pargoli così avventati da uscire di casa la sera tardi. Demoni, sussurravano le voci dei vecchi, ovunque nell'Edhel. I racconti su quella figura persa e dannata riempivano le serate in locande del continente intero, e io stesso ne conoscevo così tante che mi sarebbe stato impossibile condensarle tutte in un mito soltanto, senza numerose incongruenze.

A detta di molti egli doveva essere un essere enorme, con ottantotto zampe grandi come colonne, otto paia di ali che oscuravano il cielo e otto bocche che vomitavano senza sosta la sua progenie. Un mostro orribile, certo, ma monumentale, come il peggiore degli incubi. Non di certo l'aggettivo che si direbbe di un vecchio schelettrico e singhiozzante. Era forse per quel motivo che restavo scettico: come poteva essere realmente il padre dei demoni che infestavano il nord intero?

Domande mai fatte - meglio così.



Tornatene da dove sei venuto, e porta con te il tuo fallimento.




Mi riservai alcuni secondi per pensare con calma, dopo che le parole del drago avevano trafitto a morte ogni debole convinzione maturata in quell'abisso. Un'esecuzione capitale e sommaria, che aveva lasciato a terra dozzine di cadaveri, speranze infrante. Le parole di Jevanni mi tornarono in mente, un impietoso monito che fino a poco prima ero riuscito ad ignorare. Mi trovavo lì in nome di Alexandra, ma lei dov'era? Quella del leone era una maschera carnevalesca dietro la quale nascondersi, non uno scudo in grado di difendermi da ogni pericolo.
Quella falsa speranza non era durata molto, se non altro. La verità era che un manipolo di Leoni dell'Eden non valeva più di tre micetti ancora ciechi, nel profondo del Samarbethe. Lì gli artigli che alla luce del sole sfoggiavano fieramente non erano altro che un illusione: la nostra forza si trovava solo nelle nostre braccia, ed era quella di sempre. Purtroppo per il sottoscritto.


Un rantolo, il sospiro del vento, e l'illusione che avvolgeva la grotta in tenebre ancora più fitte, e che la riempiva di vapore chiaro, svanì. Rimase però per un istante l'altro bardo, che a pensarci bene non era nient'altro che un mucchietto di polvere animata dalla mia debole e lontana volontà. «Così sia» avrebbe mormorato, abbassando il capo. «Parli di catastrofi, quando persegui i tuoi obiettivi senza il minimo scrupolo» avrebbe continuato, ghignando, per poi rivolgersi al Kishin. Avrebbe pronunciato parole forse destinate a non essere mai udite, ma non importava. «E tu, Shah Zyad, sei un'altra pedina di cui lui non può disfarsi. Non ancora» avrebbe concluso, svanendo in una frazione di secondo e lasciando dietro di sé solo un fastidioso silenzio. I Leoni non si sarebbero mai inchinati.




«È inutile, compagni. Ora noi non possiamo nulla contro questo male» disse sottovoce allo sciamano e all'elfa. Era quella la sacrosanta verità: ci stavamo immischiando in affari davvero rischiosi. Più importanti, forse, del clan stesso. «Ma non tutto e perduto. Dobbiamo tornare da Alexandra», conclusi. Dal mio punto di vista quell'opzione era l'unica ammissibile. La Lady doveva sapere, al più presto, che le cose avevano preso una piega a dir poco inaspettata - quasi catastofica.
Con quella misteriosa figura di mezzo, più potente di loro e forse anche della Regina stessa, la soluzione sarebbe stata attendere. Recuperare Cardinale - quel ragazzo di cui sapevo poco o niente - sarebbe stato più facile in un secondo momento. Di certo non potevamo permetterci di perdere tempo.

«Fuori di qui» sussurrai gli altri due, già in cammino sulla via verso l'ormai dimenticata superficie.
Era quello il mio posto.









- Taliesin -


Energia

70 / 100
CS

5
ingegno x2
riflessi
attenzione
fortuna
Status fisico
2 / 16
(taglio alla schiena basso, graffio alla gamba sinistra basso)
Status mentale
3/16
(emicrania)
Razza
Umano
Dominio
Illusionista
Classe
Ladro
Energia Verde - Pericolosità D

5 - 10 - 20 - 40
(standard)


Equipaggiamento

Fabula: spada corta;
Scarabio: artefatto di livello epico;
Flauto della Palude Nera: strumento musicale, artefatto di livello avanzato;
Liuto di Luke Mannersworth: strumento musicale;
Itinerante: mantello, artefatto di livello epico;
Fumogeno: oggetto dell'erboristeria;
Sfera dell'evocazione: oggetto dell'erboristeria;
Pistole ad avancarica: arma da fuoco piccola, 3 colpi.
Biglia accecante oggetto erboristeria, vedi "Itinerante" (consegnata ad Alfar)



Abilità Passive

Il cantastorie: le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate; possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento; fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche il corpo del caster potrà essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione;
Il vagabondo: non si sviene sotto il 10% delle energie; malia psionica passiva di fascino;
Scarabio: possibilità di parlare amichevolmente con animali non più grandi di uno scoiattolo; il peso del corpo di Taliesin è pari a quello di uno scarabeo e non emette rumori mentre cammina; senso di inadeguatezza nei confronti della natura;
Il Flauto della Palude Nera: il suono del Flauto provoca negli ascoltatori un senso di profonda insicurezza;
Itinerante: immunità da auspex passivi.



Abilità Attive

/
/



Ricapitolando...

Ho pensato a lungo su cosa fosse meglio fare, e non sono qui per giustificare le mie azioni, ma sono fermamente convinto che la scelta di desistere sia quella interpretativamente migliore.


 
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Shervaar
view post Posted on 7/2/2014, 18:58






<< Perfetto…>> pensò Shervaar con sarcasmo.
Jevanni e l’altro lo avevano completamente ignorato e dopo un rapido scambio di battute si era venuto alla armi con sommo dispiacere dell’elfo che benché non ci credesse troppo aveva sempre sperato in un esito diverso. Dopotutto solo un illuso avrebbe creduto che con tanta semplicità i due potessero dimenticare un odio che sembrava secolare, ma lui che era sempre stato un sognatore fino all’ultimo non aveva rinunciato a sperarci.
Ora però, sogni infranti a parte era il momento di muoversi. Si condensò una nebbiolina eterea che l’elfo riconobbe immediatamente come opera di Jevanni e in un attimo lo spadaccino partì con un fendente. La sua spada però tagliò solo l’aria e quello che sembrava essere un nemico inafferrabile tornò provocarli, provando a convincerli che perfino la Lady sembrava temerlo, che perfino lei non sembrava aver il coraggio di affrontarlo.
Potevano allora loro due osare tanto?

Potevano e dovevano, si disse Shervaar.
L’uomo, più ombra che uomo, si era confermato un nemico giurato del clan e non solo di Jevanni e quella era l’occasione giusta per liberarsi finalmente lui. L’ultima volta Jevanni sembrava aver fallito, ma lì, quel giorno, era diverso. Quel giorno l’elfo e si suoi elementi erano presenti, si disse Shervaar, e con la benedizione degli spiriti l’elfo avrebbe fatto la differenza.
Se l’ombra non voleva aiutarli a recuperare Cardinale e a fermare il caos nell’Eden allora per il bene del suo Clan, per il bene della sua terra, l’elfo l’avrebbe rimossa dal loro cammino. Solo quell’uomo ora li separava dalla loro iniziale missione ed era tempo sormontare quell’ostacolo.

L’elfo si sgranchì la mani, pronto a richiamare in esse i propri poteri, quando il canto di mille voci che risuonavano all’unisono si levò dal nulla, una melodia tutt’altro che piacevole e tutt’altro che innocua. Incomprensibili parole gli flagellarono le loro orecchie mente inspiegabilmente il suo corpo si riempiva tagli e ferite. La goccia che fece traboccare il vaso.
In preda a mille e diffusi dolori l’elfo materializzò sul suo palmo una sfera d’acqua, un proiettile delle dimensioni di una mela che con un gesto secco del braccio scagliò contro il petto del nemico. Doveva guadagnare tempo per avvicinarsi e nel caso dare anche l’occasione a Jevanni di colpire, questa volta in modo più risoluto. Osservando la sfera in volo lo sciamano si disse che dove una sola lama aveva fallito i suoi elementi avrebbero potuto fare la differenza, sperando che l’uomo non si sarebbe nuovamente dileguato nel nulla. Quanto ancora sarebbe stato in grado di eludere i loro colpi e in ogni caso cos’altro avrebbero potuto tentare?
Provò nuovamente e cercare il proprio avversario con la mente, l’ultima volta l’elfo aveva stabilito un contatto con il nulla, un guscio vuoto senza coscienza, ma questa volta sperava sarebbe andato diversamente, e per la prima volta sarebbe stato l’elfo a giocare con i sensi del proprio avversario. Indipendentemente dall’esito del ultimo tentativo l’elfo si sarebbe poi lanciato di corsa nella nebbia cercando di chiudere il suo avversario tra se e Jevanni in un morsa, pronto a fargli scontare di essermi messo contro il Sorya e i suoi uomini, un inutile ostacolo tra il clan e la pace nelle sue terre flagellate.

Finché l’elfo avesse agito a fin di bene gli spiriti sarebbero stati con lui e gli elementi sarebbero state le sue armi e quel giorno, in quel violento manipolare la natura, c’era solo la speranza in un futuro migliore. L’iniziale diffidenza verso l’uso della forza era infatti sparita presa coscienza del fatto che non vi era altro modo di risolvere quell’intoppo, a quel punto si trattava solo di farlo in fretta per poter raggiungere gli altri.
Chissà, si chiese, se già aveano già trovato il ragazzo e con esso il suo temibile rapitore. La loro sicuramente una situazione ben peggiore di quella dell’elfo, almeno per ora, e per questo sperava di poterli raggiungere al più presto per dargli man forte.

Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS: 1 x Istinto

Danni fisici subiti: (3+4/16)

Danni mentali subiti: (3/16)

Energia rimanente: 100 -10 -5 = 75%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata elementale.
[Personale]

Tecniche usate:

Fuoco Fatuo: Anni passati a meditare in comunione gli spirito hanno abituato lo sciamano ad estendere il proprio Io fino a tangere la coscienza di altri esseri. Egli è infatti in grado di attaccare mentalmente il proprio avversari, inducendoli a vedere minuscole e eteree fiammelle danzare davanti i loro occhi e nel caso tale malia psionica andasse a segno l’avversario si ritroverebbe per un turno praticamente cieco.

[Abilità Attiva, Malia psionica a costo Basso – 2/10]



Proiettile acquatico: Potendo generare dal nulla dell'Acqua sul proprio palmo Shervaar sarò in grado di creare una o più sfere, che, se scagliate contro un avversario, non avranno pericolosità inferiore a quella di un proiettile, pur non ferendo in alcun modo la cute colpita. Potranno essere a tal fine scagliati fino a quattro proiettili d'Acqua la cui potenza sarà una frazione equa del danno Medio totale.

[Abilità Attiva, Dominio elementale dell’Acqua – Pergamena]


Note: Non potendomi difendere in modo completo dalla tecnica nemica la incasso in pieno.
Passo quindi all’azione, uso Proiettile Acquatico per aprire le danze e uso infine Fuoco Fatuo per rompere le palle su tutti i fronti (è stato difficile costringermi a non ripetere la combo di prima...ç_ç).
Ho considerato di essere distante da Hoc quindi dopo la seconda tecnica cerco di avvicinarmi per dargli giù pesante.
Se attaccare dovesse essere inutile, amen, non sapevo veramente cosa fare..ç_ç
 
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view post Posted on 8/2/2014, 00:12
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Studioso
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Legenda dialoghi:

"PnG o QM"
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Ùlfer
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Àlfar
"Dialoghi appartenenti ai ricordi di Àlfar"
"Dialoghi di Taliesin"
"Dialoghi Shervaar"


Il canto dell'abisso

Il Nido;
Ritirata strategica





Un brivido scosse Àlfar. Li aveva notati. La figura esile aveva letto oltre l’inganno, ma come? E perché solo lui se ne era accorto? Anche il drago aveva mostrato di intuire qualcosa, ma non sembrava capire esattamente dove fossero il Leoni nascosti…

Àlfar sbiancò nel momento esatto in cui comprese ciò che succedeva. Da quando erano arrivati al “nido”, le piante semimorte avevano preso ad agitarsi con piccoli spasmi. Il Kishin e il nido erano un'unica cosa. Per questo il Kishin li aveva notati. Doveva esserci un qualche legame tra la reazione di quell’essere e l’atteggiamento dell’uomo con cui parlava, ma Àlfar non era certo di che cosa potesse essere.

Il drago e il Kishin avevano avuto due reazioni totalmente divergenti. Il secondo era rannicchiato su di sé, le mani a stringere la testa, all’apparenza era completamente inerme. Il drago, invece, aveva fatto tuonare la propria voce contro il finto Taliesin. Il suo discorso aveva sostituito lo sconcerto di Àlfar con una sensazione di irritazione. Dovevamo aspettarci una simile reazione. Non si è fatto scrupoli ad attaccare un intero villaggio…attaccarlo in gruppo sarebbe un azzardo…ma non è quello il problema… – Volse lo sguardo alla figura rannicchiata nello sgomento e nell’incredulità. – Maledizione! Se non ci fosse il Kishin…certo è debole…ma questo è il suo nido. Potrebbe farci sciamare addosso un esercito di Babau…o anche di peggio. Dannazione…se solo avessimo la certezza di poter ingaggiare solo il Drago…potremmo recuperare Cardinale e alla peggio battere in ritirata… Ma le parole del suo nemico lo avevano indotto ancor più a fondo nel dubbio. Cosa si nascondeva sotto la loro Terra? Nelle viscere più cupe? E se il Kishin avesse aperto il vaso, i suoi orrori sarebbero stati domabili?

Il Kishin è un avversario temibile, al pieno delle proprie forze, ma anche in questa situazione avrebbe un forte vantaggio. Tuttavia si può sconfiggere. Non per sempre, forse, ma può essere respinto. – Rifletteva il giovane sciamano. Leggeva lo sguardo di Seyrleen. Era chiaro che, qualsiasi cosa si sarebbe decisa, si sarebbe corso un rischio. – Cardinale sopravvivrà di sicuro. Sarà il Kishin stesso a prendersene cura. Lasciare a lui il ragazzo sarà devastante…i Molti avrebbero vita più facile. MA smetterebbero di scavare. Forse…
Non c’era bisogno di discuterne con Taliesin. Il bardo aveva intuito la stessa cosa ed era probabilmente giunto alla stessa conclusione.

Àlfar fissò gli occhi su Seyrleen. Lei non disse nulla.
Cardinale…perdonaci…questo è un breve arrivederci.

Mentre queste parole si coagulavano nella sua mente, un pessimo presentimento si depositava sul suo cuore come una piuma nera e angosciante.

Affrontare un simile fallimento, risponderne a Jevanni e Alexandra, era forse più facile che affrontare l’emissario del Lauth e un Kishin?

L’ennesimo brivido.




Scheda Tecnica

Fisico: Contusioni Medie alle ossa del torace, ustioni Alte di natura sacrilega sparse sul corpo e un danno da shock Basso al petto. [9/16]
Mente: È stato intimorito dalla Folgore e ha subito una malia Bassa. (Il danno Basso deriva dallo sforzo impiegato per resistere a tale malia) – Danno Medio causa sensazione di gelo. [13-/16]
Energie: 85% recuperato il 50% di energie.

Spine di pesce: 18/20 rimanenti.

CS:1 Destrezza - 1 Forza

Passive:
- Presenza angelica
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.

- Passiva di Dominio Liv. I
Bèrral ha una trama di un verde acceso e luminescente che l'attraversa da un capo all'altro. In battaglia, da questo disegno complesso, sorgono piccole spine di pura linfa primordiale: rese solide dalla magia, si staccheranno all'urto con il corpo dell'avversario e rimarranno ferme sotto la pelle. Alcune di esse rilasceranno delle spore e faranno crescere muschio sulla parte colpita. Il danno causato da queste piccole manifestazioni magiche si aggiunge al danno fisico della frustata.


Attive:
-

Note: Scusate, ho avuto un blackout in paese per via della pioggia e la linea è tornata oggi…ho provato a seguire dal cellulare…comunque, ecco qui. Mi scuso ancora…
 
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view post Posted on 8/2/2014, 16:16
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Il corpo d'ombra si modella a forma e somiglianza del male che ti pervade. Un continuo e mutabile condensarsi di una fitta nebbia opaca sul tuo corpo, tenue eppure pressante, che si schiaccia sulle tue membra senza vita. Non c'è altro, lì dentro, dentro a quell'universo di esistenza parallela, illusione in un'illusione, cimitero per i vivi e prigione per i morti — non c''è altro, lì dentro. Tu, ci sei?

E seppure il mondo ti appartiene, accetti quella nebbia che si propaga intorno come fosse parte di esso, perché è parte di te e ti completa — non è davvero qualcosa di separato da quello che sei realmente. Reale, parola strana. E pure sei lì, davanti a due uomini che vogliono uccidere (il tuo corpo?), far sì che la tua esistenza termini, far sì che la dea fallisca il suo più macabro progetto. E il terribile canto e i suoni che si propagano danno i loro risultati, perché a nulla varrebbe ogni difesa; ferite—istantaneo odore di sangue—si aprono sui corpi degli intrusi, squarci dilaniate da significati incomprensibili di una lingua dimenticata. Dove sei, senzavita, dove ti trovi in questo momento?

« Lo potrai fare tu stesso ... quando porterò la tua testa al suo cospetto. »
È sulle sue ginocchia lo spadaccino, le sue membra dilaniate. Voleva davvero continuare quella battaglia priva di speranza? Davvero qualcosa dentro di lui credeva che sarebbe finita in quel modo?
« È stato davanti a te che la mia spada, per mio volere, ha attraversato il mio corpo. Davvero credi che io possa sparire? »
Ceneri di torri bruciate e rase al suolo, ai loro piedi. Il mondo sta cambiando, così come la tua così precaria stabilità psicologica. E l'effetto che ha quello che ti attacca, che arriva al tuo corpo senza che tu nemmeno voglia rendertene conto, non ha altri effetti che far allargare il tuo sorriso, mentre non senti il dolore per quei piccoli (proiettili?) che arrivano al tuo involucro. Non senti dolore, perché è un sentimento che possono provare solamente i vivi—fiammelle danzanti davanti ai tuoi occhi—ma lo spadaccino lo vedi che viene dietro di te, è nel tuo mondo, ne percepisci l'essenza—e pure continui a guardare davanti a te, mentre il cielo diventa nuovamente chiaro—la tua mente è fissa e tenuta immobile su un pensiero definito—morte—ed è una lama di quella che fu nebbia che arriva al tuo corpo—non uno sguardo su di essa—nulla per impedirlo—
...
davvero lo credi, Jevanni?
(esplosione)

ktPOZcO

Frazione di chiaro mondo ideale, prima di ritornare nel buio completo, calate le tenebre.



Il sapore sulle tue labbra è quello del sangue, ma è solo la tua mente che lo ricorda. Il corpo non freme, non ha un sussulto, eppure ciò che ti pervade ora è un senso di paradossale benessere, ferite mortali che non si possono vedere ad occhio nudo. Sei vuoto, e pure la sola cosa che ti riempie è l'ombra che ora ha preso possesso di te. E vuole morte, quello che su te stesso non può ottenere. Sei lì fermo nella tua mente, mentre riesci a percepire solo nero, intorno, come fosse nuovamente calata una fitta nebbia sulle tue membra. Non esce sangue, ma il tuo corpo ha una profonda ferita, che pure è il tuo stesso sogno che ricompone.

« Ma questo non è il volere di Eitinel. »

E ti volti verso lo spadaccino, con un macabro sorriso e occhi spalancati, perché è grazie a loro, che, adesso, ti sei liberato. È un invito ad osservare, quello che silenziosamente gli rivolgi, in mezzo alla profonda notte che nel mentre è calata. Quindi, il salto in alto, a volare lontano—da lì il tuo obiettivo è solo uno, è solo l'altro essere vivente. Mentre i tuoi occhi sono ormai a non più di un passo da lui. I tuoi occhi che ora emanano la piena follia che ti pervade, la furia omicida da cui non puoi—non vuoi—salvarti e salvare nessun altro. Perché è l'unica cosa che ti rende vivo, l'unica—il sangue e la morte altrui—desiderio istintivo—. E i tuoi occhi sono l'ultima cosa che il suo sguardo deve osservare, prima che la sua mente rigetti il pensiero razionale e smetta di proteggerlo dall'ombra che ti costituisce, prima che una lama nera venga estratta dal tuo corpo, e finisca nel petto di quello dell'uomo di fronte. La morte che cerchi, non puoi ottenerla su di te.
Quella di quei due uomini non è nemmeno un palliativo, è solo odore di sangue che riempie le tue narici.
Solo quello.

Il volere di Eitinel.

-



c o n d a n n a d e l l a p e r f e z i o n e
In bilico tra Vita e Morte. Tra Realtà e Sogno. Fuori dalla Vita, ad un passo dalla Morte eppure da essa completamente distaccato: molte volte, invero, ha Hocrag potuto provare il freddo tocco del sonno eterno, che tuttavia mai è davvero arrivato per portarlo con sé, nella sua eternità. E insieme all'oblio, ha assunto alcune caratteristiche che lo fanno esulare, completamente, dagli uomini mortali, dal piano fisico e reale. Come, ad esempio, la capacità di elevarsi e distaccarsi da terra, come fosse un essere per cui, la fisica della terra, la gravità, non ha alcun effetto. E come potrebbe, per un tale essere quasi perfetto, la cui perfezione è invero la sua eterna condanna? Saranno dei riverberi luminosi, di colore azzurro, quelli che percorreranno il suo corpo elevandolo da terra. Come fosse portato da correnti ascendenti, come se i piani temporali e spaziali che si intersecano lo facessero elevare dal mero piano della realtà. I riverberi, invero, lo potranno sollevare da terra facendolo volare. Basteranno alcuni secondi di concentrazione, e una spesa bassa di energie dal proprio corpo. [p. camminare nel vuoto, basso, due turni]

s c o n v o l g i m e n t o s e n s o r i a l e
Servirà un consumo semplicemente maggiore di energia da parte del suo corpo, per creare nell'avversario uno sconvolgimento di tutti i sensi, particolarmente violento; egli sarà affetto da un fortissimo stordimento, i sensi gli si annebbieranno, avrà una forte emicrania e non riuscirà a distinguere la destra con la sinistra. Tutto il mondo intorno sarà come un turbinio incessante di voci, caotico, infernale: da cui nessuno lo potrà salvare, se non se stesso. [alto, psion; p. sconvolgere i sensi]

Ancora nel mondo delle idee. Non provandosi nemmeno a difendersi dagli attacchi rivolti a lui, l'unico effetto che hanno è quello di liberare ancora di più la sua mente da un pensiero (pseudo)razionale, accrescendo il suo desiderio di morte. Il culmine del post lo si ha con l'attacco di Jevanni, dopo che, mentre Sherv attaccava Hoc, egli si sposta dietro di me, mi infligge una malia psicologica media e mi attacca con una lama di nebbia condensata critica, che inoltre ha l'effetto di far sparire la nebbia. Con un'esplosione che inizia tra l'altro a far calare la notte sul mondo delle idee, si nota che Hoc è ancor nella stessa posizione. Non ha ferite visibili grazie alla sua abilità di modellare il suo corpo; in questo stato l'ombra di Hoc rivolge uno sguardo folle a Jev, dietro di lui, quindi attivando la prima abilità riportata volo in alto, e da lì mi dirigo verso Sherv. Vicino a lui attivo la seconda abilità, che per la passiva di Hoc diventa di livello critico, che presumibilmente dovrebbe avere l'intento di distogliere l'attenzione di Sherv da tutto ciò che succede intorno, prima di estrarre una spada (come Hoc anch'essa sarà d'ombra) avendo come obiettivo il petto di Sherv.
 
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view post Posted on 8/2/2014, 18:50
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Mentre Ashardalon era impegnato a dibattere - o monologare, a seconda dei punti di vista - con i Leoni che ancora dovevano farsi vedere, Shah Zyad ebbe modo di pensare.
Non era sordo e naturalmente ebbe modo di cogliere moltissime delle allusioni del drago, così come quelle di Taliesin. Entrambi cercavano di nasconderle dietro a grossi paroloni, ma purtroppo per loro il non morto non era così stupido o disattento da non cogliere quelle sfumature. Sembravano tutti troppo impegnati a regolare la delicatezza dei propri argomenti per rendersi conto di ciò che stavano effettivamente dicendo, così Shah Zyad dovette tradurre i loro discorsi.
Ciò che capì non gli piacque affatto.

Ashardalon voleva allontanarlo da lì dandogli un compito che per lui non avrebbe comportato alcun guadagno. Come moneta di scambio aveva intenzione di consegnargli un ragazzo col potere di ammansire l'eredità di Eitinel.
Dalle parole di Taliesin capì che l'intenzione dei Leoni era quello di occuparsi delle ombre, non di lui. Il loro obiettivo era quello di recuperare Cardinale e non l'avrebbero danneggiato nel caso in cui lui si fosse dimostrato collaborativo.
Questa era un'ottima notizia, poiché Shah Zyad non riteneva gli Aneliti dei nemici alla sua altezza. Le ombre potevano danneggiare i suoi figli e il suo territorio, ma non potevano uccidere lui, esattamente come Ashardalon. La proposta del drago era quindi vuota e priva di interesse, a differenza di quella degli intrusi. Loro non intendevano distoglierlo dal suo compito, né impedirgli di portarlo a termine; volevano soltanto indietro il ragazzino.
Probabilmente non avevano capito che se lui avesse accettato la proposta di Ashardalon, allora avrebbe divorato Cardinale per ottenerne i poteri.

Tuttavia il tono con cui il drago continuò quel dibattito non gli piacque affatto. Proseguì insultando le razze umanoidi - di cui lui aveva fatto parte - e affermando nuovamente che ombre e uomini erano troppo impegnati a farsi la guerra tra di loro per accorgersi di lui e di ciò che stava facendo. Forse il drago sperava che lui non se ne accorgesse, ma comprese perfettamente le implicazioni di questo punto.
Era rintanato al buio, accovacciato a terra e con la testa tra le mani, ma non sordo.
Nessuno gli stava dando la caccia. Nessuno gli avrebbe dato la caccia. Solamente i draghi temevano ciò che avrebbe potuto compiere e desideravano che si occupasse di qualcos'altro mentre, come sottolineò giustamente Taliesin, loro avrebbero cercato un modo per eliminarlo per sempre.
Perché mai avrebbe dovuto accettare quell'accordo?
E lui... lui cosa voleva?

Allungò i palmi delle mani davanti a sé, osservandoli mentre tremavano convulsi e le lacrime gli salivano agli occhi. Il suo ventre era dilaniato dai morsi della fame e le sue membra pesavano molto di più di quanto non si sentisse in grado di sollevare. Il suo cuore era una spugna piena d'olio che veniva strizzata ad ogni respiro, riempiendogli lo stomaco fino a che, nauseato da quel sapore metallico, il liquido unto non sarebbe salito fino alla gola in un conato di vomito.
Ogni volta che si sedeva non sapeva se sarebbe stato in grado di rimettersi in piedi. Ogni volta che cadeva in terra o si sdraiava, restava lì al suolo convinto che niente sarebbe stato più in grado di sollevarlo.
Eppure trovava sempre la forza di rialzarsi. Di andare avanti. Perché?
« Fame. » si disse, ma c'era qualcos'altro. Non era la fame che l'aveva spinto a scavare alla ricerca delle voci che sentiva provenire dall'abisso « Casa. » ma non era nemmeno quello.
« Potere. »

Con un gesto debole e lento estrasse il cristallo rosso che gli aveva consegnato Ashardalon poco prima.
Quanto potere avrebbe ottenuto divorando un drago?
Fissò la scaglia.
Quanto potere avrebbe ottenuto divorandone due?
Abbastanza da divorare anche tutti gli altri?
Abbastanza da aprire le porte dell'abisso e divorare tutto ciò che conteneva?
Abbastanza da distruggere se stesso e il mondo che continuava a riportarlo in vita, finalmente?


8E34I

Improvvisamente le piante bianchicce e senza vita che davano all'antro quell'aria spettrale iniziarono a muoversi persino più freneticamente di prima. Erano come scosse da una scarica elettrica e presero ad intrecciarsi tra loro con forza e lentezza, stringendosi e contraendosi come i tendini di un muscolo. Con loro sembrò muoversi persino tutta la caverna, che sembrava rispondere direttamente al loro desiderio e costruirsi intorno a quelle pallide ossa.
Ashardalon se ne accorse, ma non ci badò più di prima. I Leoni erano troppo impegnati a valutare la situazione per rendersene conto.
Solo Seyrleen parve intuire che qualcosa di terribile stava per accadere.

« Dobbiamo andarcene. » disse con voce severa e preoccupata, mentre i ragni stavano iniziando a sciamare all'esterno dell'antro, dirigendosi verso i tunnel dai quali erano scesi anche loro « Presto! »
Neppure Ashardalon era riuscito ad intuire i pensieri di Shah Zyad con la stessa precisione di lei. Lei che aveva capito immediatamente che il non morto non avrebbe mai accettato l'invito del drago, poiché non gli offriva nulla di realmente vantaggioso. Lei che aveva compreso che al non morto la situazione andava bene così com'era e che com'era normale supporre, avrebbe cercato di trarre da quella situazione quanti più vantaggi possibili. Lei che non poteva vedere, ma che aveva visto meglio di tutti gli altri.

« Sì, andate. » terminò Ashardalon, tirando un sospiro di sollievo « e riferite alla vostra regina che non c'è più nulla di cui... »
Non terminò mai quella frase, benché fosse semplice intuirne la conclusione. Fu proprio quella sua ostentata arroganza a tradirlo.
Forse se i Leoni non avessero invaso l'antro, lui non si sarebbe preoccupato così tanto di scacciarli e avrebbe posto più attenzione ai movimenti di Shah Zyad alle sue spalle.
Forse se non avesse trattato l'abominio con delicatezza e avesse deciso di metterlo con le spalle al muro fin da subito, le cose sarebbero andate in modo diverso.
Forse non aveva mai avuto scampo sin da quando aveva mosso il primo passo nelle profondità di Samarbethe.

Ormai era inutile perdersi a valutare il libro dei se, però: un rampicante bianchiccio e spinoso lo aveva trafitto e fuoriusciva dal suo petto, come un pinnacolo di ghiaccio sporco di fango.
Ashardalon trovò la forza di guardare dietro di sé e vide Shah Zyad nascosto dietro un'armatura di quei grandi rovi, tremante ed impaurito, ma con un barlume di ambizione negli occhi che non aveva mai visto.
« Maledetto... »
Non sarebbe morto senza combattere. Non sarebbe morto senza tentare di sradicare quell'abominio dalla terra. Così iniziò a trasformarsi: dalla sua schiena emersero due grottesche ali di pipistrello; la sua pelle si indurì e si ricoprì di scaglie; il suo viso iniziò ad allungarsi prendendo le fattezze di un muso rettiliano.
Shah Zyad, però, non aveva alcuna intenzione di rischiare la propria pelle contro un nemico così superiore a lui.

I ragni hanno un'abitudine crudele.
Quando una preda cade nella loro ragnatela, prima di avvicinarsi a lei e divorarla attendono che non sia più in grado di muoversi. Alcuni si limitano addirittura a morderla e ad iniettargli il proprio veleno per poi allontanarsi e attendere di nuovo, fino a quando non sono perfettamente certi che sia completamente paralizzata. Sono in grado di aspettare per ore intere, resistendo ai morsi della fame e alle tentazioni della carne: la loro caccia è contraddistinta da una pazienza crudele e degna dei migliori strateghi, che agli occhi di un profano potrebbe essere giudicata noiosa.
Shah Zyad possedeva la stessa pazienza.
Non avrebbe combattuto con Ashardalon lì; si sarebbe limitato ad attendere che fosse inerme per divorarlo...
...e nel frattempo l'avrebbe schiacciato facendogli crollare addosso l'intero Samarbethe.

« Fuori! » comandò Seyrleen nello stesso istante in cui i rampicanti pallidi si distendevano tutti insieme, esattamente come i muscoli di una mano.
L'antro iniziò a tremare e le piante presero a strisciare sgradevolmente contro le pareti, scavandovi all'interno e facendo cadere grosse pietre nell'acquitrino sottostante.
Ashardalon - ormai in forma di drago - si ritrovò improvvisamente bloccato e schiacciato da un grosso masso che cadde sulla sua ala, intrappolandolo. Cardinale sembrava ancora salvo, ma quanto sarebbe passato prima che una pietra cadesse anche su di lui, inerme com'era al suolo?
Nel frattempo Shah Zyad era come sparito. Le piante che l'avevano avvolto e nascosto sembravano averlo inglobato e portato con sé attraverso la terra e la roccia, scavando e spostandolo all'interno del sottosuolo di Samarbethe come un virus potrebbe spostarsi e diffondersi all'interno del corpo umano.
Prima di andarsene, tuttavia, la sua voce rauca risuonò nell'antro, facendo il verso a ciò che aveva affermato poco prima Ashardalon.

« Lo-o stesso desti-tino deii draaghi... »

nel cuore del mondo, nell'abisso profondo
c'è un uomo che aspetta nella sua cameretta
guarda di fuori, invidia i colori:
è il male più grande; è lungimirante!
Leoni e Dragoni, a cavalcioni...

lui guarda in sù, li porta giù
...e all'improvviso l'edhel non c'è più!


D7g4Hgy

 
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view post Posted on 13/2/2014, 20:56
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Cardine
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E proprio quando il fato sembrava aver posto la parola fine,
esso si smentì, e le lunghe grotte cominciarono a muoversi.
Forse non saremmo nemmeno riusciti a tornare in superficie,
e quell'antro si sarebbe trasformato nella nostra tomba,
ma avremmo combattuto fino allo stremo, per riavere

la nostra libertà.



Samarbethe tremò di nuovo, mentre il drago si trasformava nella sua vera e antica forma. I rampicanti bianchi che infestavano le gallerie non parevano più colonne di marmo che sostenevano delicatamente la volta rocciosa, poiché muovendosi ne provocavano il lento ed inesorabile sgretolamento. Rimasi interdetto sul da farsi, dato quando un enorme masso piombò sulla sua ala nera, l'enorme bestia parve essere ormai spacciata. Il Kishin lo aveva pugnalato alle spalle, per così dire, e forse era colpa nostra che l'avevamo distratto. Ma ora che l'uno era contro l'altro, nacque in me una nuova speranza, quella di salvare il salvabile e tornare dalla Lady con qualcosa in più che una sconfitta.


Quale mostro sarebbe stato capace di lasciare il ragazzo nelle mani di Shah Zyad, senza esserne immediatamente divorato dai sensi di colpa? In fondo era soltanto un ragazzino, e nonostante fosse ancora senza sensi, una volta svegliato - ammesso che ciò potesse succedere - avrebbe compreso che il mondo gli era caduto addosso, più o meno letteralmente. Come avevo anche solo potuto pensare di dimenticarmi della sua esistenza, e lasciarlo in mano a un demone del genere? Già dopo i primi passi mi sentivo morire dentro.
Stavamo trattando una persona come se fosse un mero oggetto, e questo non ci rendeva tanto diversi dal drago nero: non era l'unico a muovere le pedine, sulla scacchiera. Il solo fatto che Cardinale fosse uno strumento per il clan era deplorevole: quel mio sfogo di cinismo e risolutezza era ormai giunto al termine. E forse è vero, il fine giustifica i mezzi, ma spesso i sentimenti prevaricano sulla ragione. Avrei rischiato la vita, una volta ancora, affinché tutti i pericoli corsi prima non fossero stati vani. Avrei recuperato Cardinale, in un modo o nell'altro.


Presi coraggio e afferrai una manica di Àlfar, sussurrandogli «Io... devo salvare Cardinale». Non c'era tempo per pensare, bisognava semplicemente agire, il più in fretta possibile. A dopo le spiegazioni. «Ho bisogno del tuo aiuto.» Lo sciamano parve fidarsi di me - non che avesse molta scelta - e rispose che mi avrebbe aperto un passaggio. Non feci in tempo a dormandarmi come, che già egli richiamava gli elementi, proprio come Shervaar era solito fare. Gettai a terra lo zaino e tutte le inutili zavorre, prima di lanciarmi nella corsa a perdifiato che mi avrebbe portato proprio tra le fauci del nemico. Decisi semplicemente di non pensare a quello che mi aspettava: spesso le imprese più valorose si compiono facendosi trasportare da un pizzico di follia. Forse anche più di un pizzico.


Quando il Fuoco rispose al richiamo dello sciamano, fui pronto a riempire nuovamente parte dell'antro con il bianco vapore, in modo che l'enorme frusta incandescente risultasse quasi invisibile. Corsi attraverso quello stesso fitto vapore, senza fermarmi un istante, seguendo la propaggine di fiamme che mi apriva la strada, generando un corridoio pronto ad essere percorso. Quello che stavo facendo era un azzardo davvero enorme, ma necessario: rischiai più volte di mettere un piede in fallo, o di finire schiacciato dai detriti rotolanti, ma la fortuna mi assistette. Avrei raggiunto il ragazzino senza fare il minimo rumore, ben nascosto nella mia illusione, e avrei fatto di tutto per portarmelo in salvo.

Da bardo a paladino, oppure da uomo a folle:
quella corsa era l'ultimo slancio di eroismo di una Volpe,
che si era appena scoperta Leone.


Per il Sorya e per Alexandra.

Un'ultima volta.




- Taliesin -


Energia

40 / 100
CS

5
ingegno x2
riflessi
attenzione
fortuna
Status fisico
2 / 16
(taglio alla schiena basso, graffio alla gamba sinistra basso)
Status mentale
3/16
(emicrania)
Razza
Umano
Dominio
Illusionista
Classe
Ladro
Energia Verde - Pericolosità D

5 - 10 - 20 - 40
(standard)


Equipaggiamento

Fabula: spada corta;
Scarabio: artefatto di livello epico;
Flauto della Palude Nera: strumento musicale, artefatto di livello avanzato;
Liuto di Luke Mannersworth: strumento musicale;
Itinerante: mantello, artefatto di livello epico;
Fumogeno: oggetto dell'erboristeria;
Sfera dell'evocazione: oggetto dell'erboristeria;
Pistole ad avancarica: arma da fuoco piccola, 3 colpi.
Biglia accecante oggetto erboristeria, vedi "Itinerante" (consegnata ad Alfar)



Abilità Passive

Il cantastorie: le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate; possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento; fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche il corpo del caster potrà essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione;
Il vagabondo: non si sviene sotto il 10% delle energie; malia psionica passiva di fascino;
Scarabio: possibilità di parlare amichevolmente con animali non più grandi di uno scoiattolo; il peso del corpo di Taliesin è pari a quello di uno scarabeo e non emette rumori mentre cammina; senso di inadeguatezza nei confronti della natura;
Il Flauto della Palude Nera: il suono del Flauto provoca negli ascoltatori un senso di profonda insicurezza;
Itinerante: immunità da auspex passivi.



Abilità Attive

Attiva di talento, energia blu: natura magica; spendendo un consumo alto si potrà generare un numero qualsiasi di illusioni, che andranno a ricoprire l’intero campo di battaglia, modificandone anche radicalmente l’aspetto. Ingannano tutti e cinque i sensi, permangono per due turni compreso quello di attivazione e saranno visibili da chiunque.
Eludere, pergamena comune: natura fisica; tramite un consumo medio il caster compirà una serie di evoluzione acrobatiche ai limiti del possibile che, non senza un bel pizzico di fortuna, gli permetteranno di prendere percorsi davvero imprevedibili, raggiungere luoghi inaspettati, e sfuggire con grazia ad una qualsiasi offesa nemica. Conta come una difesa assoluta.



Ricapitolando...

*suona lla trombetta* Salviamo il soldato Cardinale! D: Utilizzo l'illusione ambientale per coprire me e Alfar (una nebbia bianca, come al solito) e uso Eludere per muovermi in modo acrobatico verso Cardinale. Ricordo che non emetto rumore, e gli auspex non mi individuano. La frustata di fuoco serve semplicemente a rendermi il cammino meno rischioso.


 
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50 replies since 11/9/2013, 20:26   1302 views
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