| Cos’erano quei misteri che aleggiavano? Cosa nascondeva il capovillaggio e cosa cercava Alexandra con così tanta insistenza da rischiare la sua salute cagionevole? E poi era davvero un problema di salute e non del Veleno del Sorya? Difficile dirlo ma non poteva scordarsi di quel Torneo; della chiamata di Velta e del sangue corso affinché si aprissero dei cancelli su segreti ancora celati. Il Sorya non esisteva ma avvelenava con la sua sola presenza; con il suo lieve tocco e un sussurro. Non esisteva perché era al confine tra il sogno e la realtà e tutto di lui era solo ombra. Un ombra dai contorni sfuocati e che molto si era perso in quei neri pozzi. Una luce però, fioca, vi era ancora ed era per quella che Alexandra cercava e combatteva? E Rogozin per cosa era lì? Per i suoi demoni, chiaro, ma anche per addentrarsi in quel potere che gli avrebbe dato il Sorya: un potere che avrebbe schiacciato i suoi nemici e reso Furikami il vero Dio Libero che tanto auspicava. Portare una luce; portare un scintilla in un mondo di tenebra. Più la luce è forte più l’ombra si allunga…sarebbe rimasto, benché se ne volesse andare, benché non fosse la sua ricerca ma se voleva sfruttare il Sorya allora doveva continuare: non per lui, non per un potere fino a se stesso ma per Furikami. Ma per il momento era meglio tenere occhi e mente sul momento e su quello che aveva da dire Alexandra; ma soprattutto guardarsi la schiena. Non erano graditi ed erano spiati da più parti: ma cosa attendevano? Perché non gli avevano ancora uccisi? Che temessero così tanto Alexandra? Regina di un regno fittizio? Oppure la loro ricerca era legata a doppio filo con le loro esistenze? Troncare una significava troncare l’altra? Quanto mal di testa! Quanti dubbi rodevano i suoi pensieri: erano come centinaia di formiche che camminavano nella sua testa scuotendo i suoi pensieri, non lasciandolo libero di riflettere. Di riposare. Di dormire. Ripensava all’albero, al Capovillaggio, ad Alexandra e al suo male; ma anche a quel popolo e a tutta questa storia che era sempre più un rimestare nel fango torbido: sembrava un cavia usata affinchè si addentrasse in un pozzo di tenebra ed odio a cercare un qualcosa…ma se neanche sapeva cosa cercare! Si morse un labbro dalla rabbia: odiava essere un burattino in mano di burattinai e benché si auto convincesse, a torto o a ragione, che lo faceva per i suoi scopi non poteva non pensare che non era libero. Libero di essere e di fare secondo le sue inclinazioni. Aveva catene gravi su di sé: catene che erano i suoi scopi. Buffo pensare che proprio l’ideale, lo scopo, della libertà, di Furikami, era un pretesto per rendere lui schiavo. Contraddizione a cui non riusciva a darsi una spiegazione; ma doveva continuare ad andare avanti: qualcuno il cappio, la gogna la doveva sopportare affinché altri non la subissero più. Non era possibile dimenticare quello che aveva visto nel Mare d’Oro; come era impossibile dimenticare le lotte con Furikami e la loro sconfitta. Ma non dell’ideale ma la sconfitta di chi ne aveva fatto parte traviato, proprio loro, da quelle stesse cose che volevano vedere distrutte. Da liberatori a tiranni…semantica? Erano davvero tiranni travestiti da liberatori? Anche l’Ala Rubra era così? Come poteva andare avanti con questi dubbi? E pensare che era proprio lui, era stato lui, a distruggerli tutti per evitare che si trasformassero in quello che lui aveva sempre odiato…che loro odiavano. Eppure erano stati traviati, corrotti dal potere…e adesso lui era alla ricerca di uno scomparso. Di un potere antico che faceva parte delle fondamenta del Sorya. Lui lo avrebbe sfruttato per i suoi scopi o era solo una favola che si raccontava per coprire, come una masschera, la vera realtà delel cose che, guarda caso, non voleva vedere, lui che si era sforzato sempre di guardare oltre le verità degli occhi. E questa volta, volontariamente, non guardava perché avrebbe visto qualcosa che non gli sarebbe piaciuto: lui uguale agli altri! Assetato di potere e volontà di conquista dimentico di tutto e tutti, nascondendosi dietro futili ideali di libertà quando voleva solo potere! Era così davvero? Lui era così? Allora non doveva far cadere Furikami e gli altri ma anche lui doveva essere distrutto: anche se stesso.
Il sonno tardò ad arrivare, con simili pensieri, ma Morfeo chiuse i suoi occhi e non trovò resistenza alcuna: troppa la stanchezza, la mente che voleva chiudersi nel dolce e caldo abbraccio del sonno e ritrovare nuova linfa, il corpo che reclamava il suo giusto compenso per le fatiche del viaggio. Resistette ma le palpebre erano macigni e la mente faceva male: sentiva i muscoli dolere e reclamare il riposo e poi tutto si fece buio. Ogni luce si spense e il respiro si fece regolare e profondo e la Luna e le stelle solo facevano, pigramente, capolino tra nubi che correvano ad oscurare la loro argentata luce. Simbolo e presagio della loro ricerca? I suoni si fecero ovattati e nella grande tenda solo i respiri e i cigolii dei letti la facevano da padrone. Tutto era silenzio e le ombre si allungarono sotto la tenue luce lunare.
Notte. Rami che si muovevano, sferzavano aria, tagliavano e ferite sul volto procuravano; respiro corto e affannato; gambe mobilie veloci, figlie del vento, che lontano portavano; il cuore che batteva all’impazzata. Ma non per la fatica no…non era per quello: era per l’incubo che stava dietro di lui. Ragni giganteschi e putridi che, famelici, lo cercavano, lo bramavano, lo cacciavano. Lui proprio lui che era uno dei migliori cacciatori dell’eden, protettore di antiche e oscure foreste ora era una preda. Nulal di più nulla di meno e le sue gambe correvano; il sudore imperlava la fronte, scendeva dietro la schiena – un brivido la percorse insieme ad esso – e gli occhi che scrutavano le tenebre: ansia, paura, terrore e il fiato sempre più corto e il cuore sempre più veloce. “La salvezza dov’è?!” urla l’anima della Rosa che, come saetta, corre senza pensare a null’altro se non all’autoconservazione. Correre e cercare qualcosa…la salvezza? Un luogo dove nascondersi? Ma poi perché? Perché correva? Lui non aveva mai voltato le spalle al nemico…mai. Non avrebbe iniziato ora e li attese…combattè e le sue armi cozzarono sulle loro zampe di ferro e occhi furono in quegli dell’ignobile aracnide: due stelle lucenti in otto pozzi neri e tenebrosi. Lame cozzarono e una volontà fu manifesta ma poco o nulla poteva fare: per la prima volta era inutile, nulla di quello che faceva serviva. Stanchezza, sudore, ferite e sangue ma in quegli occhi non vi era disperazione ma brillavano ardenti come fuoco azzurro. Mentre gli altri rilucevano mortali e funesti e tra il cozzar di lame e il sangue e le spalle contro un albero: la morte era lì ma non era il suo tempo. Nell’incubo vi era speranza e sembrava che quell’albero emanasse tranquillità e calma. Le sue radici, i suoi rami, la sua essenza dava forza alla Rosa come se quelle radici e quei rami la proteggessero: con lui non vi era più l’incubo e anche quei famelici incubi sotto forma di Ragni erano domi e non fecero un passo avanti. Il cuore batteva sempre di più e una speranza si accese nel suo cuore mentre le ombre venivano spazzate. Respirò profondamente finalmente in salvo, appoggiandosi al tronco dell’albero e perdendosi nella sua luce la Rosa trova quiete e speranza. Zaffiri brillano di luce magnetica attirando il suo sguardo: lucenti brillano prendendo il posto delle stelle; si specchiano dentro i suoi e tutto è quiete. Lui vuole solo rimanere lì per sempre…con quella luce calda a cullarlo. Poi una civetta sbuca dalle nubi; le sue zampe strappano uno di quei zaffiri. Il suo strido è acuto e le orecchie e i suoni vengono oscurati; a terra – in ginocchio – Rogozin cade mentre vede la Civetta malevola che porta via uno di quei brillanti. Ma qualcosa si è rotto: perché voleva rimanere lì? Perché voleva lasciare tutto? Cos’era esattamente tutto questo? Aveva una missione; uno scopo non poteva rimanere lì. E mentre la luce si perdeva nella coltre di nubi e nel manto della notte di nuovo le ombre si allungarono e strisciarono non più fermate, non più paurose. E tra esse qualcuno si muoveva. Incubo nell’incubo: capelli argento; risata malefica che assomigliava più ad un ghigno che ad un sorriso. Movenze aristocratiche ma che nascondevano una follia omicida; mani da pianista e armatura chiazzata di sangue. Il sangue…il sangue…scendeva dalla sua guancia sinistra mentre la lingua, turpe, lo leccava da una sua daga nera come l’anima di chi la impugnava. Come dimenticare quella voce…come dimenticare Christoph Lautrec!
Ragazzina è un piacere rivederti! Come stai? E dire che le mie lame avevano voglia di te… sadismo e pazzia.
Perché?! Tu non eri morto? Ti ha ucciso! cercava un appiglio. Uno solo per la sua anima e la sua mente che stavano sempre più sprofondando nella pazzia.
Mi hai visto forse trapassato con una lama?! Mi hai visto sgozzato? NO! Mi hai visto solo ed esclusivamente che uccidevo il tuo maestro e lui che cercava di proteggere un inutile, schifoso fallito come te! voce melliflua e che scostavano un velo su ricordi che voleva, ardentemente, seppellire e basta. Ma lui era lì e veloce scattò per fermare la sua vita e veloce fu la Rosa per difenderla. Lame cozzarono: wakizashi contro le daghe; occhi negli occhi, affondi e parate. Quelle movenze da felino contro movenze aggraziate, senza sbavatura alcuna che erano sempre più incalzanti portandolo in difficoltà: già le prime ferite si aprivano sui suoi fianchi e dovette ricorrere a tutto se stesso per evitare un fendente dall’altro in basso – incrociato con quello che veniva portato dall’altra mano – per non soccombere ed essere tagliato in quattro parti.
Vedo che sai ancora scappare con quelle gambe da due soldi vero ragazzina?! Sei scappato allora e scappi anche adesso. E la lama fu diretta contro di lui alla spalla. Veloce era la Rosa; ancor di più quel figlio di cagna che aveva previsto il suo movimento seguendolo e colpendolo appena si era rigirato, per mostragli il filo delle sue spade. Il dolore e il sangue che ticchettava per terra: chiazze rosse nella tenebra e una risata accompagnava quel ticchettio e una lingua vogliosa fu passata sul filo delle Daghe. La pazzia era davanti a lui. Era rotolato per terra: sangue e terra nella sua bocca, dolore e la risata riecheggiò ancora. Ma a tutto questo rispose il silenzio e occhi carichi di odio. Però le sue armi erano strette nelle sue mani e calmo era il suo cuore. Ora sapeva che, forse, poteva rimediare agli errori fatti…ora poteva affrontare uno dei suoi demone vincerlo. Certo non gli avrebbe ridato il suo adorato maestro, il suo villaggio e tutte le persone che credevano in lui e che lo avevano accolto come un figlio – per quello non si poteva fare nulla – ma almeno avrebbe riscattato, in parte se stesso. Non sarebbe scappato e, conscio degli errori e degli insegnamenti, guardava il suo nemico negli occhi. L’incubo era tornato e lui lo avrebbe affrontato…con tutto se stesso stavolta.
Non parli?!
Parleranno le mie lame feccia! Dovresti ricordartele…vero… eccole lì il lascito, il testamento del suo maestro di Fuyuki Kazama. Non poteva averle scordate; così come quello che avevano fatto ai suoi compagni. E mentre un profumo strano aleggiava nell’aria.
Ragazzina mi hai chiamato…sai che ogni ragazzina ha il suo profumo preferito?! Un profumo invitante a cui vi è affezionata e che si mette sempre per le occasioni speciali…
Non gradisco gli uomini lo sai…ma ti violenterei allegramente piccola bastarda. Così come mi sono sollazzato con il tuo villaggio così oggi completerò l’opera. Quelle lame non hanno avuto effetto allora non lo avr… un colpo di tosse. Il sangue che usciva; ferite che si aprivano e un fiotto di sangue rosso sgorgò dalla sua bocca: le mani si tenevano il petto e non capiva quello che stava succedendo.
C..cosa mi…mi…
HAI FATTO?!
Esplose nella rabbia: la sua compostezza se ne andò facendo vedere il marciume e la pazzia che albergavano dietro quella maschera di cortesia e modi affabili. Era caduta la sua maschera ed ora due fulmini rosso cremisi e nero si stavano abbattendo su di lui: miravano al suo fianco sinistro e al ventre. Lo voleva sbudellare ma lentamente in modo tale da godersi lo spettacolo della sua morte; così come lui aveva fatto con il suo villaggio e il suo maestro così sarebbe stato ripagato con ugual moneta. Il dolore, questo sconosciuto, per Lautrec lo colse ma la sua forza e abilità erano ancora ad un livello che Rogozin non poteva ancora ambire. E di nuovo le lame cozzarono; di nuovo i due, furenti e senza pietà, combatterono l’uno di fronte all’altro non arretrando mai.
vedo che quelle armi sono importanti e allora…
Non capì quel ghigno finchè non lo ebbe sotto: finta di affondo, un calcio alla milza, una gomitata in viso e con un rapido movimento delle sue armi ecco che le spade schizzarono via dalle sue mani. Ma non era finita e colpì forte in affondo. Come riuscì a seguire i suoi movimenti o almeno a prevenirli neanche lui lo avrebbe saputo dire. Forse tutte le guerre, le battaglie, i bocconi amari ingoiati in quegli anni, oppure l’odio che gli bruciava le viscere fatto stà con il gomito impattò sulla lama deviandola e ancora il dolore di un ennesima ferita. Ma era ancora lì. Ancora non si arrendeva. E vide l’albero e le sue radici e rami. Ricordò le sue foreste e il canto degli uccelli insieme al rumore dell’acqua limpida che scorre; all’abbraccio di quelle foreste e al loro canto che lo cullava e controllò quei rami. Chiese l’aiuto di quell’albero che prima lo aveva protetto di infondergli un po’ di energia, di dargli un aiuto in quella battaglia e lui raccolse il richiamo: i suoi rami si fiondarono su Lautrec che ne abbatteva, ne tagliava, ne schivava eppure erano come teste di idra arboree che più ne si tagliava e più altre ne crescevano e non si accorse di quel pugno carico di odio e rabbia che si abbatté rompendo il naso e facendo schizzando sangue dappertutto. Un rantolo di dolore unito a quella di rabbia ed odio: era diverso dal ragazzino che impaurito, affamato, piagnucolante era lì ad assistere a quei roghi, alla morte e alla depravazione. Era come se fosse una pantera che ruggiva, che aveva artigli, che aveva rabbia e coraggio…no non era quel ragazzino era un uomo. Un uomo che aveva un odio bruciante, un ardore e volontà ruggenti come il magma con occhi diamantini che fulgevano carichi di ardore e rabbiosi lo guardavano. Non erano più impauriti. Non era più un ragazzino! E si sentì lui impaurito; si sentì lui in dubbio e senza darsi spiegazioni: perché la rabbia che sentiva provenire dal suo corpo, da quegli occhi lo bruciava. Era troppa e lui era così cambiato…
AVANTI BASTARDO! FACCIAMOLA FINITA!
E si gettò su di lui: doveva aprirgli la guardia e così fece. Un affondo e si fece colpire apposta dandogli l’impressione che ormai era a corto di energie, dolore e sangue troppi per lui, e la frusta schioccò parando e smorzando i suoi colpi che si infransero sul suo corpo che ora riluceva. I suoi tatuaggi pulsavano di una luce opaca e bianca ed era come se si fosse coperto da un armatura. Un armatura che lo proteggeva e veloce alzò la sua mano: veloce l’acqua si formò, primigenia forza naturale, che era lì ora per aiutarlo e veloce su ali del vento fermò la sua corsa su una spada che la tagliò a metà. Ma Lautrec tutto poteva pensare tranne che in lui si nascondesse un simile potere e demone: quel giorno non aveva combattuto per paura di se stesso non verso di loro. La paura di ferire e far morire anche un nemico così infame; di creare danno a chi era ancora vivo. Nel sangue si bagnò la Rosa; i suoi petali erano intinti di una sostanza mortale, il suo sangue era questo. E milioni di aghi si lanciarono su Lautrec avvelenandolo: il suo sangue era la sua chiave. Il sangue era la sua essenza a lunga sfuggita, a lungo rinchiusa in una gabbia, a lungo non accettata: solo dopo un mondo bianco, in una foresta nera capì se stesso e finalmente si accettò. Solo allora Rogozin la Rosa di Fatal Bellezza nacque e lanciandosi su di lui lo finì strozzandolo. Debilitato dalle ferite e dal veleno lautrec lentamente moriva: prima si dimenò come non mai ma mani fredde e ferme lo strozzavano con la frusta. Occhi diamantini lo guardarono morire…
Le vostre immagini hanno da sempre mi hanno tormentato…MUORI!
|
Rogozin Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi Status fisico: Basso al fianco destro; Basso al fianco Sinistro; medio su spalla. Basso su addome;Basso su braccia(per tre attacchi fisici) Basso su addome; Status Psichico: Consumi energetici in questo turno: 20%; 20%; 5%; 20%; 20%;10% Riserva energetica residua: 5% _ ___ _____ ___ _ Abilità Passive: Presenza angelica: Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente. Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].
Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]
Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro. [Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva] _ ___ _____ ___ _ Abilità Attivate:
_ ___ _____ ___ _ Riassunto e Note: 1° turno: incasso I due attacchi fisici smorzandoli e ricevendo un basso ciascuno; paro la variabile con Scatto del Lupo ma non posso fare niente per parare Attacco Furtivo. 2° Passo all’attacco con Pergamena Necrosi Mentale(Alto) seguito da due violenti spadate portate con al sinistra al fianco e al ventre in affondo con la destra. 3°: mi disarma e oppongo l’Attiva di Dominio per smorzare l’attacco riducendolo ad un basso all’addome. Parto al contrattacco con Abbraccio della Natura alto. 4°: Incasso la variabile Bassa; oppongo la mia frusta a mò di scudo riducendo i danni e smorzandoli ancora con la mia armatura naturale. Attivo Proiettile d’acqua sul viso; casto la mia personale sangue della Demon Rose e concluso lanciandomi su di lui cercando di soffocarlo
Bracconiere - Christoph Loutrec Energia: VerdePericolosità: E CS: +2 Destrezza Status fisico: Alto su tutto il corpo; Medio( più basso da veleno) al braccio destro; Medio in viso. Status Psichico: Alto Consumi energetici in questo turno: 20%; 10%;10%;10%;20%; 5%; 10% Riserva energetica residua: 15% _ ___ _____ ___ _ Abilità Passive: Controllo energetico: Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%. [Passiva Razziale Umano].
Assassino: il possessore del talento ha sviluppato una capacità innata di annullare gran parte delle emanazioni fisiche del proprio corpo. Grazie a questa peculiarità, infatti, egli sarà in grado di vincolare qualunque rumore produca al fine ultimo della propria esistenza: ovvero il nulla. Qualunque movimento, spostamento o azione egli compia, dunque, non produrrà rumore o, comunque, produrrà un suono talmente lieve da risultare impercettibile a qualunque orecchio, umano e non. Allo stesso modo, però, finanche ogni odore sarà vincolato al patto innato di vuoto che caratterizza il proprio spirito. Il fisico non emanerà odori, né effluvi tali da poterne evidenziare la presenza ad alcuno. In questo modo, la sua presenza sarà quasi del tutto impercettibile, risultando esistente al pari di una qualsiasi ombra del terreno. Visibile soltanto se visto, ma impossibile da individuare attraverso i suoni o gli odori. [Passiva Dominio 1°]
Al secondo livello i possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, estendendo l'effetto annullante anche all'ambiente circostante. Il corpo del possessore, dunque, non produrrà alcuna conseguenza sul terreno o, in generale, sull'ambiente di gioco. Il suo passaggio non provocherà la vibrazione del terreno, in alcun modo; inoltre, le piante, la vegetazione o un qualunque elemento della natura, che interessi una determinata area, non si sposterà o non subirà mutamenti dal suo passaggio. Finanche il suo incedere non calcherà il segno sul sentiero percorso, non lasciando il suo passo alcuna traccia di esso. Scomparirà per tutti, finanche per la realtà che lo circonda, rimanendo impressa su di essa come un raggio di buio che scorre rapido, ingannando lo spazio come fosse suo servo. In termini tecnici la passiva annulla le vibrazioni prodotte sul suolo, o sull'ambiente, dal passaggio del possessore ed impedisce che il suo cammino produca tracce sul terreno. [Passiva Dominio 2°]
_ ___ _____ ___ _ Abilità:
Marchio dell’Assassino: Colpire; dileguarsi; afferrare; sgozzare. Sempre nell’ombra; sempre sapendo dove andare a colpire, il punto preciso con quale forza, intensità e sopratutto quando. Non i colpi agitando le proprie armi a caso ma attendendo il momento propizio per poi colpire senza dare scampo. Un singolo colpo, o più colpi, poco importa: importa solo l’annientamento il prima possibile e senza, possibilmente, fatica. Senza farsi toccare da chicchessia: disarmarlo e sgozzarlo in fretta…nessuna fatica e nessun dispendio di energie. Perché faticando si suda e a Christoph Loutrec non piace sudare.[Variabile di Difesa 1° Personale/ Variabile d’Attacco 2° Personale]
Disfare: Il ladro intuisce il punto di rottura dell'equipaggiamento nemico, sferrando un abile attacco capace di spezzare due differenti armi o oggetti dell'avversario. La tecnica è un danno all'equipaggiamento di natura fisica. Il personaggio si scaglia contro l'avversario un duplice attacco o uno singolo ben mirato, capace di colpire due pezzi di equipaggiamento appartenenti al bersaglio della tecnica cagionando un danno basso ciascuno. Si potrà personalizzare l'attacco, ad esempio conferendo all'arma un'aura/forma diversa durante l'attivazione o una particolare acrobazia che preceda l'attacco, purché tali modifiche non rendano l'attacco meno distinguibile a chi lo deve affrontare o ne modifichino lo scopo - ossia esclusivamente distruggere due elementi d'equipaggiamento del bersaglio designato, lasciando suddetto incolume. La tecnica può bypassare passive di indistruttibilità e a prescindere dall'attuazione andrà affrontata come una tecnica fisica di potenza media. È attuabile sia utilizzando una propria arma da mischia che a mani nude, ma non potranno essere utilizzate armi a distanza, da tiro o da lancio. A livello scenico può essere utilizzata per disfare e smontare qualsiasi oggetto, o per scassinare una serratura. Consumo di energia: Medio
Attacco furtivo: Il ladro approfitta di un momento di distrazione per affondare la propria arma nel corpo del nemico, causandogli una ferita sanguinolenta. La tecnica ha natura fisica. Il caster compie un unico, rapido movimento per affondare la propria mano, un proprio dito o una propria arma da mischia nel corpo del nemico, nel tentativo di provocargli una ferita molto profonda, ma estremamente localizzata alla zona colpita - a seconda della personalizzazione è possibile utilizzare qualsiasi parte del corpo e qualsiasi arma, purché queste ultime siano da mischia. La tecnica ha potenza Media e provoca un danno Medio; la sua efficacia si basa sulla rapidità con la quale viene eseguita il gesto, tramite la quale è possibile penetrare più o meno in profondità. Consumo di energia: Medio
Aggressione: Il ladro affonda la propria arma nel corpo del nemico, danneggiandolo gravemente e lasciandolo sanguinante. La tecnica ha natura fisica. Il caster compie un unico, rapido movimento per affondare la propria mano, un proprio dito o una propria arma da mischia nel corpo del nemico, nel tentativo di provocargli una ferita particolarmente profonda, ma estremamente localizzata alla zona colpita - a seconda della personalizzazione è possibile utilizzare qualsiasi parte del corpo e qualsiasi arma, purché queste ultime siano da mischia. La tecnica ha potenza Alta e provoca un danno Alto; la sua efficacia si basa sulla rapidità con la quale viene eseguita il gesto, tramite la quale è possibile penetrare più o meno in profondità. Consumo di energia: Alto
Sostegno: Il ladro diviene capace di camminare ovunque, dalle pareti e ai soffitti all'acqua, persino usando l'aria come appoggio. La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. Consumo di energia: Passiva
_ ___ _____ ___ _ Armi: Daghe: una coppia di Daghe, entrambe, nere. Pistola: 5/5 colpi Riassunto e Note: 1° turno: due semplici attacchi. Attacco a consumo ALTO con la variabile d’attacco, seguito da Attacco Furtivo alla spalla. 2°: non para necrosi mentale incassa il primo attacco fisico il secondo para con i Cs. Passa all’attacco con Disfare e un Medio della variabile. 3° Oppone la Variabile difensiva per Abbraccio della natura ma il pugno lo raggiunge in pieno viso(Un Medio) . Variabile offensiva Bassa seguita da tre attacchi fisici. 4°: Variabile di difesa contro Proiettile d’acqua; non può nulla contro la personale e il seguente attacco di frusta che lo soffoca.
|