Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Erdkun ≈ Sangue ribelle

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Il Senzanome
view post Posted on 11/12/2013, 23:22




« Senti mai come se ci fosse una parte di te che cercasse la lotta...
...che godesse nell'uccidere?
»



Aveva paura.
Ogni metro, ogni passo, ogni oncia di terreno guadagnato verso la fortezza era un inno al terrore, il rombare sordo dei battiti del suo cuore intrappolato nel petto. Era una sensazione strana e benvenuta, quel freddo acrilico che pervadeva il suo corpo: gli forniva qualcosa che potesse combattere, un'emozione che lo accendesse di vita sia pur per un breve, effimero momento... qualcosa di diverso dal freddo di tomba che era l'Altro. Ogni respiro che faceva per scacciare il sentore di morte, ogni sguardo impassibile che posava sul fogliame morto era una sfida al pari della marcia forzata della prima parte del viaggio.
E lui accettava volentieri le sfide.

Salirono fin sulle pendici montane assieme ai barbari loro alleati, poi vi si separarono: gli uni al fronte, con i loro stendardi e i loro ruggiti guerrieschi in piena vista delle mura, loro sgusciando fra le frasche al seguito di Enkidu. Un tempo quella dovette essere una fortezza notevole, bastione fiero e impervio ai nemici, ma l'incuria e il tempo l'avevano privata di molte delle cose che avrebbe reso difficile attaccarla. Lo stesso bosco ove si trovavano non avrebbe mai dovuto esistere: troppo vicino, troppi ripari ai nemici, troppo legname che avrebbe potuto essere sfruttato - o troppo fuoco, se una delle due parti avesse cercato la vittoria con simili stratagemmi. Una fortuna per loro che i demoni avessero scarsa cura dell'opera nanica: sarebbe stata una beffa colossale se il tentativo di salvataggio di un nano fosse fatto fallire dall'ingegno... dei nani!

Enkidu, guida infallibile e priva di timore, li condusse secondo sentieri boschivi visibili solo a lui. Costeggiarono la cinta muraria tenendosi al riparo nei boschi, invisibili dalle sentinelle sopra di loro, in cerca dell'allora via di fuga del nano: ora, loro via d'entrata. Dovettero percorrere l'intera circonferenza prima di vedere la pusterla, incassata fra monte e pietra lavorata. Non fecero però molta strada che furono scoperti.
Ma non erano demoni ad averli stanati.

I suoi occhi si dilatarono leggermente quando li vide: zanne e artigli mostruosi, pellicce staccate a tocchi, corpi letteralmente corrotti. Non animali qualunque, ma influenzati in qualche strano modo dall'aura della roccaforte... che non infliggeva soltanto paura, a quanto pare. Poteva essere un effetto a lungo termine dell'esposizione... doveva esserlo, oppure neanche Enkidu avrebbe resistito senza mostrare segni di corruzione!
Contro una cosa del genere non poteva difendersi.

Qualcuno dagli spalti si accorse della confusione e lanciò un incantesimo. Aaron reagì proteggendo l'intero gruppo, ma creare quella barriera sembrava averlo stancato: per il momento non sembrava in grado di combattere. Deglutì rapidamente, lanciando occhiate di valutazione alle bestie e all'ambiente circostante. « Io prendo i lupi. » disse, e con un sospiro spezzato si arrese all'Altro.

Il ghiaccio invase i suoi pensieri.

Il tempo parve rallentare. Decine di minuzie, dal freddo caustico nei polmoni allo scricchiolio leggero della ghiaia sotto gli stivali, sciamarono nella sua mente e l'invasero con la disciplina di truppe d'assalto. Vento, sudore e ostacoli divennero dettagli insignificanti, facilissimi da calcolare e per questo esclusi come variabili irrilevanti ai suoi fini. Il mondo si ridefinì sotto i suoi occhi assumendo connotati sanguigni, possibilità inespresse, futuri ancora inesplorati.
Sguainò la spada, con inusitata lentezza.
Poi caricò.

I lupi si divisero, cercando di accerchiarlo. La sua mano sinistra si alzò quasi da sola, le lame scure di due pugnali dipinti di nero fra le dita, e l'animale a manca dovette scartare bruscamente per schivare l'acciaio sibilante. Un volare di pelo scuro alla sua destra - denti ringhianti protesi verso di lui - la sua mano a terra, aiutandolo a stabilizzare la capriola - poi accucciato, braccio proteso in avanti.
Sangue.


La sua mano era in bocca al lupo. Ce l'aveva messa lui, costringendo la bestia ad azzannarlo all'avambraccio protetto dal bracciale portapugnale piuttosto che al suo vero bersaglio: le gambe. È così che attaccano i lupi pensò, garretti e gola; garretti e gola. Non è una tattica malvagia.
Ecco perché intendeva copiarla.

L'altro lupo era alle sue spalle, probabilmente nel bel mezzo di una derapata su ghiaia: temporaneamente irrilevante. In quel ritaglio di tempo opportuno lui levò la spada, abbattendola sul muso del lupo davanti a sé. Non fu un bel colpo - l'animale aveva lasciato subito la presa per evitare il fendente - ma lo scheletro di un lupo non è fatto per chinarsi, o rotolare, o uno qualunque di quei movimenti umani che gli avrebbero permesso di rimanere indenne. L'unico movimento che poteva fare per schivare era andare all'indietro... e la sua era una spada sufficientemente lunga da colpirlo comunque.
L'animale scattò all'indietro con un guaito ferito e lui si voltò alzandosi su due gambe e facendo una giravolta di lato. L'altro lupo gli passò accanto, rapido come un derviscio - ma lui era un tiratore, capiva il concetto di traiettoria meglio di quanto qualunque animale potesse, e aveva saputo prevedere il suo salto - traiettoria e punto di arrivo.

La spada impugnata a due mani. Un'altra giravolta, caricando l'impeto - poi l'impatto, netto e repentino, vibrante lungo tutta la lama. Un caii~! spezzato - giravolta - l'arma alzata in un fendente roteante - resistenza sotto la sua mano, poi il nulla.
Sangue.


Garretti e gola. Garretti: come il tendine della zampa posteriore che aveva reciso, approfittando della botta sul muso che aveva rifilato alla bestia. Gola: come i coltelli che aveva lanciato al lupo disimpegnato. Un attacco frontale e già eseguito, che l'animale schivò senza problemi. «toc» L'essere che vestiva il corpo di Killibert sorrise, non meno feroce del ghigno della bestia, e si gettò addosso al nemico.
«tac» Danzarono, per un breve momento, lui e il lupo - una piroetta sua contro la veloce carica della bestia, un velocissimo scarto laterale contro l'affondo di spada, una veloce zampata contro il suo ginocchio che trasse sangue. Fu una danza sporca, una danza di rabbia e sangue, una danza che lui non aveva la minima intenzione di compiere - e finì subito, poiché uno dei coltelli che aveva scagliato era speciale: due volte esso ormai aveva cozzato contro la corteccia smorta degli alberi, due volte aveva sibilato e ronzato attorno ai duellanti... per poi affondare nel pelo dell'animale
E fu un istante.

Dolore e sorpresa negli occhi ferini della bestia - un passo avanti, il brando impegnato in un sinuoso movimento discendente - la sinistra alla cintola, dita su manico di legno - acciaio sguainato in un dritto sgualembro - e sangue, dal muso - ruggito, precipitoso scalpitare di zampe arretranti - il braccio puntato, le dita sul grilletto, e
Fuoco!


Il lupo ruzzolò all'indietro e si accasciò a terra, gli occhi e l'interno della gola crivellati di dardi. Un caricatore del suo balestrino aveva cinque frecce, e la sua mira era tremenda: l'unica cosa di cui aveva avuto bisogno era una finestra d'opportunità per finire lo scontro.
L'ultimo fendente, diretto alla gola del lupo azzoppato, fu quasi pietoso.

Il ghiaccio si spaccò in mille pezzi, restituendogli il bruciore nei polmoni e il dolore sordo al braccio graffiato tutto attorno. Perse un secondo per verificare che gli altri avessero eliminato le altre due bestie e controllò la sua situazione. Aveva le vesti zuppe di sangue - dannazione, lui era zuppo di sangue! Storse la bocca, ricacciando il bolo acido che aveva in gola, poi alzò la testa e si ritrovò puntato contro lo sguardo esterrefatto dei tre mercenari che si era portato dietro.

ehm.

« Grazie per l'aiuto. » sussurrò con calma surreale, tirando fuori neppure lui sapeva da dove una faccia di bronzo incredibile. « Non avrei saputo cosa fare senza di voi. »
« Signo', ce sembrava che avessi tutto sotto controllo. » fece Jonny, bianco in faccia.
Strinse le labbra, fingendo una severità che proprio non si sentiva. « Fammi tagliare una striscia di tessuto dai tuoi abiti. » ringhiò, avvicinandosi a lui con un coltello in mano.

Quando ebbe finito di bendarsi le ferite Jonny non era più l'unico pallido in faccia.



theMaDOnes Φ


Mad, mad boys !

i Folli
Una decina di tagliagole, assassini e ladri di cavalli per tutte le taglie. Dategli una landa desolata e sapranno svanire nel nulla come avvolti da un manto d'invisibilità, ma mostrate anche solo una moneta e vi ritroverete in allegra compagnia... prima di "donare in carità" persino i denti d'oro dell'anziana nonnina. Tizi leali, stranamente, capaci di restare a bruscare perlomeno un poco di botte prima di correre a gambe levate col bottino.
{ pergamena imboscata | durata: 0/2 turni }

Status del gruppo Φ Pronti, presenti e un poco brilli.
Morale del gruppo Φ Scatenate l'inferno!
Status Energetico Φ 100% -10%­x1 -5%­x4 = 70%
Cs gruppo Φ 4xbasso; 1xmedio;
Tecniche in gioco Φ Terza Arte del Cacciatore (2/4, tech fisiche mie x2, tech psion nemiche x2)
Armi e bagagli Φ
    //
_

Status Killibert Gnam - Fisico Φ Tagli numerosi ma poco profondi al braccio sx -basso-
Status Killibert Gnam - Mentale Φ Illeso
Status Killibert Gnam - Emotivo Φ Calmo
Cs Killibert Gnam Φ 1xmira;
Passive Killibert Gnam Φ
    Il Senzanome Φ Mira infallibile;
    //
Armi e bagagli Φ
    Spada bastarda (alla cinta);
    Coltelli da lancio (nascosti sotto le vesti | _  _  _  )
    Balestrino a ripetizione (nascosto nella manica | °°°°° °°°°° °°°°° )
_

Riassunto del turnoΦ
    0. Attivo la Terza arte del Cacciatore;
    1. Lancio qualche coltello contro i lupi per coprire l'avvicinamento, schivato dalle bestie grazie ad una maggiore velocità - l'azione comunque li divide e rallenta il numero 1, differenziando i tempi degli attacchi successivi;
    2. I lupi attaccano a turno, cercando di sfinirmi e accerchiarmi: L2 usa Vigliaccheria per colpirmi alle spalle, costringerei ad espormi, mentre il ritardatario L1 attacca con Cogliere di Sorpresa alle gambe e attiva Movimenti Furtivi (cs in più alla ferocia). Paro il primo attacco con Quarta arte del Cacciatore, potenza media grazie alla Terza arte, mentre altero il bersaglio del secondo e subisco un basso al braccio sx. Reragisco con un fendente fisico, che colpisce di striscio - a distanza così ravvicinata e con il nemico proprio di fronte a me, il cs aggiuntivo dato da Movimenti Furtivi non trova spazio d'uso e quello in velocità deve faticare un sacco. Risultato: danno basso al muso.
    3. L2 ritorna per attaccarmi alle spalle fisicamente. Capisco la sua traiettoria col mio cs in mira e schivo, contemporaneamente sferrando un La spada e il pugnale a consumo basso e potenza media; poi azzoppo il nemico stordito e indifeso. L2 è fuori dai giochi.
    4. L1 si è ripreso dal colpo al muso e schiva i due coltelli che gli tiro contro - il secondo è potenziato dalla Seconda Arte del Cacciatore. La sua carica (Attacco furtivo) è schivata grazie alla Quarta Arte del Cacciatore, poi ci scambiamo un paio di attacchi fisici (uno lo subisco) - finché il coltello lanciato all'inizio non torna indietro in purissimo effetto carambola, colpendo la bestia sul fianco. Inutile dire che l'attacco alle spalle proprio non se l'aspettava, il povero L1 - né il balestrino.
    5. Finisco i lupi azzoppati a furia di attacchi fisici.

Note Φ
    Il duello si estende lungo due turni
    //
    danno
    tecnica mia
    tecnica nemica
    cs mio
    cs nemico


Tecniche usate Φ

    Seconda arte del cacciatore ~ La mira
      Guarda.
      La preda è davanti a te, ignara della tua presenza. Tendi l'arco, con cautela. Ti raddrizzi lentamente, evitando ogni movimento. La preda comincia ad intuire qualcosa. Devi agire in fretta, devi agire bene. Prendi bene la mira.
      Ne sei capace?
      Il Senzanome è in grado di lanciare una qualunque delle sue armi (equivalentemente, un set di dardi) imprimendole una traiettoria, immodificabile una volta lasciata la presa. Il proiettile seguirà fedelmente tale tragitto, senza oltrepassare la sua gittata, rimbalzando con abilità eccezionale e mira impeccabile ovunque ci sia una superficie solida: sarà dunque possibile scatenare dei veri e propri effetti carambola come il migliore degli archibugieri oppure colpire con traiettorie fantasiose e intuitivamente inconcepibili.
      » Consumo Basso: attacco a distanza con traiettoria non rettilinea ≈ Tiratore I «

    Terza arte del cacciatore ~ L'attacco
      Preparati.
      Il tiro è pronto, preciso, accurato. La preda esita, incerta. È il tuo turno, devi colpire. Non avere fretta. Agisci con calma e sicurezza. Sii letale.
      Sai come fare?
      La maestria del Senzanome è tale che l'uomo sa spingere le sue armi ben oltre i loro limiti, infliggendo danni tremendi ai propri nemici. Spade e altre armi da taglio lasciano squarci al posto di tagli; frecce e altre armi da lancio affondano profondamente in corpi non custoditi da armature, e persino i pesanti usberghi di acciaio dei cavalieri hanno poca efficacia se vengono colpiti. Di contro serve una concentrazione notevole per portare a termine una simile devastazione, rendendo il Senzanome maggiormente suscettibile a tecniche psioniche.
      » Consumo medio: raddoppia il livello di tecniche proprie di natura fisica e di tecniche altrui subite di natura psionica ≈ IV turni ≈ Personale «

    Quarta arte del cacciatore ~ La corsa
      Corri!
      Hai colpito la preda, ma il branco fugge! Devi inseguirlo, colpire rapidamente e inseguire ancora, così da portare a casa il massimo numero di prede. Piede veloce, piede veloce!
      Corri!
      Il Senzanome è in grado di prodursi in uno o più scatti dai due ai dieci metri dalla durata quasi istantanea, per avvicinarsi rapidamente al nemico o evitare colpi poco potenti. È possibile concatenare gli scatti per spostarsi, attaccare da una posizione imprevista e spostarsi ancora, ma si rimane vulnerabili nell'istante che si impiega per riacquistare l'equilibrio al termine di ogni spostamento.
      » Consumo basso: scatto rapido, come carica o schivata ≈ Personale «

    La spada e il pugnale ~ Forza Scelta del bersaglio
      Il Senzanome non è certo debole fisicamente, ma difetta di quella muscolatura a volte esagerata che è necessaria per costringere il nemico a temere l'impatto delle rispettive armi - e non ne ha bisogno. Scegliendo accuratamente i bersagli dei propri colpi è possibile colpire il nemico con un attacco incapace di lasciare danni sul suo corpo pur infliggendo traumi improvvisi e repentini alle sue facoltà cognitive. Calci all'inguine, colpi al plesso solare, stimolazione dei punti di pressione, sberle ai lobi parietali; la tecnica impiegata non ha importanza a confronto con lo stordimento conseguenziale.
      » Consumo basso: attacco fisico a danni mentali ≈ Pergamena colpo stordente «






} Basso ~ 5% { } Medio ~ 10% { } Alto ~ 20% { } Critico ~ 40% {


« Birra! »





Edit: scordato alla grande un consumo basso nel conto del mana... odio la matematica!


Edited by Il Senzanome - 23/12/2013, 20:48
 
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Emelianenko
view post Posted on 12/12/2013, 00:43




La peculiare combriccola procedeva lentamente, a passo incerto e titubante, come se qualcosa turbasse la mente di coloro che fino a qualche minuto prima erano pronti a rischiare la propria vita in nome della causa. La marcia divenne confusa e smarrita, quasi non ci fosse più certezza alcuna a guidare le proprie azioni e assai vane parvero le parole di Enkidu che, primo fra tutti, notò l'anomalia.
Ma Sergey era immune da questa suggestione. Il suo andamento non era cambiato da quando aveva iniziato il cammino e la presenza della fortezza non lo turbava affatto. I suoi movimenti mostravano una sinistra eleganza, tuttavia non era la calma esibita ad albergare in lui. Era l'angoscia a dominare, ma – probabilmente – non la stessa degli altri individui; Sergey cominciava a bramare un combattimento, un frammento di tempo in cui l'unica cosa ad aver importanza sarebbe stata l'irrazionale ed incondizionata brama di perseverare la propria esistenza, e per più di un attimo fu tentato di unirsi a quelli che per lui non erano altro che barbari in quell'attacco frontale. Se non altro avrebbe avuto la mente occupata per un po' di tempo.
Invece stava li, insieme ad altri individui che parevano persino più angosciati di lui, obbligato dalla propria ipocrisia a fare i conti con i propri pensieri, i propri sentimenti e le proprie emozioni.
Ma quali erano queste penose esperienze che tanto gli oberavano la vita?
Non lo sapeva. Sapeva invece che quello che – si era convinto – era solo un capriccio, cominciò a diventare una tortura.
Il vento iniziò a spirare in maniera particolarmente forte ed il frusciò delle piante pareva un sordo lamento, un grido disperato che Sergey non riuscì a non annettere alla sua anima. Ed il paesaggio – corroso dalla presenza dei demoni – pareva rispecchiare la sua tormentata mente.
Il cammino era giunto al termine: erano arrivati alla fortezza.
Un ruggito innaturale lo fece rabbrividire: girò la testa di scatto e notò degli animali anch'essi deformati dalla vicinanza dei demoni.
Le sensazioni penose fin'ora provate furono sostituite da un'altra ed altrettanto amara emozione: il disgusto. Quegli esseri erano marci – proprio come lui.
Ancora una volta dovette fare i conti con se stesso.
Non diversamente da quegli animali, anche una parte del suo corpo era deforme; incrociò le braccia quasi fosse intimorito dalla presenza di qualcuno: in effetti stava solo tastando per l'ennesima volta i suoi arti abietti; ed ecco che nella sua mente un dubbio cominciò ad insinuarsi, subdolo come una serpe ed infido nella sua incisività.
Possibile che vi sia stata l'influenza di un qualche demone anche su di lui?
Un altro verso immondo interruppe il filo dei suoi pensieri, facendogli raggelare il sangue e irrigidendogli i muscoli.
Quello che una volta doveva essere un cinghiale, ringhiò in maniera innaturale, prima di travolgerlo con una carica.
Era incredibilmente grosso, tanto da arrivare al petto del suo avversario; le zampe, che parevano essere di dimensione comune, mutavano di colpo in prossimità delle spalle, divenendo abnormalmente grosse e ricoperte da grosse vene pulsanti – non diverse, in proporzione, da quelle che Sergey aveva sul braccio destro; i denti e le zanne era erano più grossi del normale e presenti lungo tutta la parte inferiore della bocca.
Sergey rimase tramortito dall'impatto, ma riuscì – seppur a malapena – a restare in equilibrio.
Subito si rese conto che stava per affrontare un nemico non di poco conto e se voleva sopravvivere non doveva trattenersi. Provocò un rumore indefinito, non particolarmente forte, ma probabilmente percepito da tutti; approfittò della distrazione della bestia per via del suo stratagemma per sferrare un fendente all'aria con la mano destra: dalla punta delle dita prese forma una lama di vento che lacerò la zampa anteriore del cinghiale.
Il sangue sgorgava copioso, ma Sergey restò sorpreso nel constatare che per quanto non riuscisse a reggersi in piedi, quella bestia pareva non provare dolore: nei suoi occhi era visibile solo una disperata brama di morte; e quando si avvicinò per finirlo dovette fare attenzione a schivare le zanne che l'animale dibatteva voracemente. Diede un gancio sinistro a quella parte di viso che una volta doveva essere la tempia del cinghiale; sentì le ossa rompersi, ma capì che non era sufficiente per ucciderlo. Tentò allora di affondare le sue unghie – taglienti come e più di una lama – nel suo collo, ma questa volta la pelle dell'animale divenne più dura della pietra, resistente anche alla spada più affilata.
Forse per l'impazienza, forse perché scosso dalla situazione, Sergey decise di porre fine al tutto con un colpo di pistola, ma nonappena la impugnò con la mano sinistra, un morso dell'animale gli fece cadere l'arma.
Borbottò qualcosa di incomprensibile, per poi sferrare un montante al naso dell'animale; successe tutto in un attimo: nello stesso istante in cui quest'ultimo aprì la bocca, non riuscendo a sopportare la potenza del colpo, Sergey gli tranciò la lingua, lasciandolo a morire soffocato.
E mentre il cinghiale ansimava – pur senza mostrare interesse per la propria vita, ma anzi cercando invano d'avvicinarsi ed attaccare il suo avversario – Sergey si ricompose.
In quei pochi minuti di combattimento era riuscito a non pensare a nulla; per qualche attimo la sua vita aveva smesso di apparire così miserabile.
Da quando si era incamminato per quella missione, per la prima volta uno spiraglio di luce si era fatto spazio tra le tenebre che attanagliavano la sua mente. Forse aveva trovato ciò che di nuovo avrebbe potuto dar un senso alla sua vita.
Ma in fondo lo sapeva: lui non era un guerriero.

Energia:
100 - 05 - 20 =75%

Status fisico/Psicologico:
Danno medio da impatto al busto/Danno basso alla mente
14/16 / 15/16

Cs:
2 Destrezza

Armi:
L'arto sinistro di Sergey pare appartenere più ad un demone che ad un umano. È composto da una sorta di corazza di colore nero, salvo alcune venature grigiastre che compongono un'illogica trama. L'uomo è solito coprire il braccio con delle bende. [Arma naturale]
L'arto destro è invece più simile a quello di un umano: l'unica anomalia consiste nello spessore esagerato delle vene, e nelle unghie estremamente affilate; esse sono infatti lunghe circa il doppio del normale ed in grado di tener testa persino alla lama più tagliente. Molto spesso indossa un guanto che ne cela malamente le anormalità. [Arma naturale]
L'intero corpo, in realtà, è estremamente resistente, al pari delle armature più leggere. Nonostante ciò, non presenta particolari anomalie. [Arma naturale]
Le uniche armi che in effetti possiede, sono una pistola antica dalla lunghezza di 37 cm e l'altezza di 11 cm [Pistola – 5 colpi disponibili a giocata], ed un archibugio della lunghezza di 70 cm, l'altezza di 15 cm ed il peso di 3,5 kg [Fucile – 3 colpi disponibili a giocata].

Consumi:
B:5 M:10 A:20 C:40

Abilità passive:
Ian Tao: Sergey ha sviluppato la capacità di muoversi senza far alcun rumore ed al contempo riesce a non emettere alcun odore, impedendo a chiunque di percepire la propria presenza attraverso l'udito o l'olfatto. Inoltre il suo passaggio non crea alcuna vibrazione, e non lascia traccia alcuna sul terreno.[I e II Effetto passivo del dominio Assassino]
Indifferenza: Fin da quando era piccolo, Sergey è sempre stato poco influenzabile dagli eventi esterni, forse per la sua natura, forse per il modo in cui è cresciuto. In termini tecnici, possiede una difesa psionica passiva. [Abilità razziale Autosufficienza]

Abilità attive:
Persecuzione: Una voce, un suono, un rumore. Qualcosa di lontano e disturbato, qualcosa di superfluo. Eppur sarà difficile da colui che subirà questa tecnica, non prestar attenzione a quest'interferenza. Nulla di sovrumano, s'intenda: semplicemente anni ed anni di allenamento che hanno permesso a Sergey di dar l'impressione che la propria voce provenga da un'altro luogo. Si può considerare quest'abilità come la quintessenza del ventriloquismo. In termini tecnici è una tecnica fisica con effetti psionici - e va dunque difesa come una tecnica psionica - ad area, con consumo basso, che non causa danni e non ha altri effetti se non quello di distrarre l'avversario per una singola azione. [I effetto attivo del dominio]
Al'fa: Anni di allenamento hanno permesso a Sergey di sperimentare persino una tecnica a distanza che sfrutti le sue abilità fisiche. Semplicemente colpendo e tranciando l'aria, quest'ultimo sarà in grado di creare una "lama" di vento che si scaraventerà sul nemico. Il colpo potrà avere una forma falciforme oppure lineare (come una sorta di raggio). Si tratta di una tecnica fisica di potenza (variabile) pari al consumo, di un livello inferiore se usata a 360°. [Abilità personale II]

Riassunto:
Allora, allora...
Il cinghiale utilizza
CITAZIONE
Intimorire: il guerriero riesce ad imprimere timore nel momento in cui esegue un'offensiva, spaventando l'avversario con la sua foga.
La tecnica ha natura psionica. Il guerriero sarà in grado di far percepire la propria intenzione aggressiva all'avversario, con un semplice sguardo o una parola di minaccia. Così facendo potrà fare breccia nella mente del nemico, spaventandolo e impedendogli di conseguenza una pronta reazione per i successivi istanti. La tecnica ha valenza di influenza psionica Bassa, e come tale va contrastata; perché venga attivata con successo è sufficiente stabilire un qualche tramite visivo o uditivo con l'avversario. Cagiona un danno Basso alla psiche della vittima.
Consumo di energia: Basso

seguito da
CITAZIONE
Carica furiosa: il cacciatore compie una breve carica verso il suo avversario, danneggiandolo.
La tecnica ha natura fisica. Il caster compiere un singolo scatto contro il suo avversario, caricandolo a testa bassa. Lo scatto potrà essere attuato sulle brevi distanze e potrà terminare anche nelle immediate vicinanze dell'avversario, pur essendo tendenzialmente finalizzato a travolgerlo. Questo scatto causerà comunque un danno Medio all'avversario, al momento dell'impatto. La tecnica può essere accompagnata a mutamenti del corpo del caster che permettano di giustificarne il potenziamento, purché questo sia sempre riconoscibile e non muti drasticamente. Vanno comunque sempre preservati gli effetti della tecnica, che dura comunque il tempo di una singola carica.
Consumo di energia: Medio

.
Sergey incassa entrambe le tecniche e contrattacca con Persecuzione ed Al'fa a consumo alto.
Il cinghiale incassa entrambi e viene ferino ad una zampa e si accascia a terra.
Sergey fa per avvicinarsi per finirlo, ma il cinghiale attacca con le zanne (Sergey schiva grazie ai cs superiori);
Sergey lo colpisce con un gancio alle tempie, mentre l'attacco fisico successivo - lacerargli la gola - viene parato dalla pergamena
CITAZIONE
Tempra di ferro: il guerriero rende una parte del proprio corpo resistente come il ferro, in modo da poter parare i colpi.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero rende una parte a scelta del proprio corpo, che sia essa il petto, la testa, un arto, o anche solo un dito, resistente quanto il ferro. Questo potrà provocare un parziale mutamento del suo aspetto fisico, ma non al punto tale da renderlo irriconoscibile. In questo modo la parte mutata sarà in grado di parare un colpo ad essa rivolto per un totale di forza pari a Medio o inferiore. Riacquisterà le proprie naturali sembianze subito dopo l'urto.
Consumo di energia: Medio

.
A questo punto Sergey estrae la pistola, ma subito viene disarmato con
CITAZIONE
Disarmare: Il mentalista compie un gesto molto rapido con la mano, colpendo l'arma del proprio avversario ed impedendone l'utilizzo.
La tecnica è un danno all'equipaggiamento di natura fisica. Il caster colpisce l'arma dell'avversario, applicandogli un effetto tale che impedisca al bersaglio di utilizzarla. Il disarmo è applicabile a qualunque arma, che sia da mischia, da tiro, da fuoco, che sia uno scudo o qualsiasi altra cosa trattenga in mano in quell'istante. L'armamento o l'oggetto così disarmato subirà un effetto totalmente personalizzabile (l'arma si arrugginisce, si rompe, diventa incandescente, ecc.) che dovrà avere, però, come scopo quello specifico di impedire al bersaglio un recupero rapido e sicuro dell'arma/armamento, oltre che il suo utilizzo. La tecnica applica un danno all'equipaggiamento della vittima di livello Basso: il danno potrà essere "curato" solo da tecniche apposite in grado di ripristinare "danni all'equipaggiamento". L'arma che subisce tale danno non potrà essere utilizzabile fintanto che permarrà il danno all'equipaggiamento.
Consumo di energia: Basso

.
A questo punto Sergey da un montante destro al naso del cinghiale e poi gli trancia la lingua con la mano sinistra (entrambi attacchi fisici).

Note:
Ho considerato il cinghiale come avente 1cs in forza ed una passiva di resistenza al dolore.



Edited by Emelianenko - 12/12/2013, 18:22
 
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view post Posted on 20/12/2013, 16:11

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La bipenne affondò nel cranio della bestia, accompagnata dal sonoro scricchiolio delle ossa in frantumi; mentre la fiera stramazzava a terra con un tonfo pesante Enkidu sollevò lo sguardo per analizzare la situazione; fu con un sospiro di sollievo che constatò la fine degli scontri: le carcasse corrotte degli animali giacevano sul suolo fradicio di sangue in ammassi scomposti, una costellazione di capi mozzati, arti recisi e squarci ancora grondanti sangue. I suoi amici erano tutti vivi, anche se più di un nano era accasciato a terra gemendo per le ferite ricevute. Quanto a lui, dopo quella prima artigliata che l'aveva colto di sorpresa se l'era cavata piuttosto bene, anche grazie all'aiuto di Jahrir.

« Sei migliorato, rispetto all'ultima volta. »

Rilevò compiaciuto, rivolgendosi all'allievo.

« Tu invece ti stai arrugginendo, vedo » rispose con un sorriso beffardo il giovane guerriero, « ma niente male per uno della tua età. »

Enkidu sbuffò di fronte all'amichevole canzonatura, ma non rispose: la sua attenzione era già rivolta altrove. Si girò verso gli stranieri e accolse con un cenno di approvazione lo spettacolo offerto dal loro combattimento: non sembravano feriti gravemente, mentre le bestie che li avevano aggrediti non potevano dirsi altrettanto fortunate. Anche l'ondata di energia nera scaturita dalle creature sulle mura era stata sventata grazie alla difesa scintillante di Richter, come aveva potuto scorgere a stento nelle fasi concitate della lotta.
Nonostante l'esito della battaglia, però, la loro missione aveva intrapreso un percorso preoccupante. Erano stati scoperti dagli abitanti della fortezza, molti erano usciti malconci dal combattimento, e il tempo stringeva. A breve qualche altra diavoleria sarebbe potuta spuntare fuori dal fitto della foresta.
Enkidu si erse in tutta la sua possanza al centro del gruppo, parlando con voce imperiosa pur senza alzare troppo il tono:

« Siamo stati scoperti, ma la vegetazione ci offre una certa copertura. Dubito che quelle sentinelle sulle mura sappiano esattamente chi e quanti siamo. Con un po' di fortuna, penseranno a un drappello sbandato di Uomini delle Montagne. Tuttavia, dobbiamo agire in fretta se non vogliamo che la nostra missione fallisca. Bolrog! » esclamò rivolgendosi a uno dei nani, un tozzo guerriero dalla criniera rossa e folta barba ramata, « tu e gli altri rimarrete qui a occuparvi dei feriti e proteggere la nostra via di fuga. »

« Ma noi veramente... »

« Non ammetto obiezioni! »

Era una decisione dolorosa e difficile, ma necessaria. Non poteva lasciare i feriti alla mercè di eventuali nuove minacce, e non si fidava a sufficienza degli ultimi arrivati per affidare loro un compito tanto delicato. Gli servivano guerrieri valorosi di comprovata fedeltà che formassero una salda testa di ponte là fuori nel caso probabile di una fuga precipitosa dalla fortezza, al termine della missione; non voleva certo scampare agli orrori che si celavano all'interno per ritrovarsi poi circondato da altri nemici all'esterno. Inoltre, nel malaugurato caso di un fallimento, preferiva sacrificare quegli stranieri piuttosto che i suoi amici. Bolrog chinò il capo, acconsentendo. Enkidu appuntò lo sguardo su Jahrir, e la luce che gli scorse negli occhi confermò i suoi sospetti. Lui non avrebbe potuto lasciarlo indietro, per quanta autorevolezza avesse impiegato nei suoi ordini.

« Jahrir e gli altri verranno con me. Meno siamo, meglio è: abbiamo già attirato abbastanza attenzione. »

Si mosse risoluto verso il portale di pietra, contornato lungo i tre lati da colonnine e architrave decorati con motivi ricorrenti. Su di esso erano incisi dei simboli arcani, rune eleganti che scivolavano l'una dopo l'altra come ruscelli, e sotto di esse una serie di bassorilievi rappresentanti semplici figure geometriche. Enkidu si concentrò per qualche attimo, dopodichè premette in una particolare sequenza alcuni degli sbalzi crepati dal tempo, i quali opposero scarsa resistenza. Si udì un brontolio sordo e roccioso nelle viscere della montagna seguito da uno scatto secco: il nano posò i palmi delle mani sulla lastra e spinse con tutta la sua forza, mentre i muscoli delle braccia si gonfiavano nello sforzo. La porta era spalancata.

« Seguitemi. »


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L'interno era avvolto nella penombra, rischiarato solo dal fascio di luce smeraldina che filtrava attraverso la vegetazione e oltre il portale, fin dentro la fortezza. Davanti al gruppo si apriva un lungo corridoio che sfociava in un'ampia sala circolare dal soffitto così alto da perdersi nell'ombra. L'atmosfera era tetra e carica di tensione e minacce inespresse, mentre avanzavano a passo cauto. Sulle pareti di granito decorate con incisioni runiche simili a quelle dell'ingresso erano affisse in appositi alloggiamenti una serie di torce di legno con le estremità avvolte in un tessuto stopposo impregnato di pece. Enkidu estrasse acciarino e pietra focaia, afferrò una fiaccola e armeggiò per qualche secondo; una fontana di scintille scaturì dallo strofinamento, finchè la fiamma attecchì sulla torcia. Ne accese un'altra accostandola alla prima, e la porse a Jahrir. Un alone dorato rischiarò l'oscurità, illuminando tre porte di legno disposte a raggiera nella semicirconferenza che il salone descriveva di fronte a loro. Avevano un'aria malmessa dovuta probabilmente ad anni di incuria, il legno era marcito in più punti e non sembravano offrire una grande resistenza.

« Ecco il piano. »

La voce vibrante di Enkidu spezzò il silenzio:

« Siamo stati individuati, là fuori, e dobbiamo aspettarci il peggio: i demoni sanno che degli intrusi sono penetrati nella fortezza, anche se non conoscono il nostro numero. Ci divideremo in due gruppi, guidati da me e da Jahrir, con due obiettivi diversi. Uno, lo conoscete, è raggiungere le segrete per liberare i nostri amici. L'altro si trova nel cuore della montagna, nel punto da dove queste creature dell'ombra sono scaturite secoli fa. Le storie narrano di una pietra violacea incastonata in un basso pilastro di roccia, riportata alla luce molto tempo fa dagli antichi abitatori di questa dimora. Gemma Buia, la chiamano. Io stesso ne ho avuto una fugace visione, nel mio precedente... soggiorno. E' uno strumento del male, ed è da quella pietra che i demoni traggono forza: dobbiamo distruggerla. »

Si interruppe per qualche istante, studiando i volti degli uomini che gli stavano intorno, dando loro il tempo per elaborare le nuove informazioni, quindi proseguì:

« I nostri nemici ci daranno la caccia, ma non sapranno che in realtà le loro prede hanno preso strade differenti. Ecco perchè un gruppo procederà a spron battuto, senza più preoccuparsi della segretezza, anzi facendo il possibile per attirare l'attenzione dei demoni: è il nostro diversivo. In questo modo l'altro potrà proseguire nella spedizione a loro insaputa, ammantato d'ombra e silenzio. Non vi mentirò: al momento la nostra principale preoccupazione è liberare i prigionieri, quindi sarà il primo gruppo, diretto alla gemma, ad attirare a sè i demoni. »

Da una tasca tirò fuori due panni sgualciti e avvolti su se stessi: li dispiegò, rivelando altrettante grossolane mappe tracciate con del carboncino. Fece per porne una al giovane nano di fronte a lui:

« Jahrir, a te il compito di... »

« Io vado alle segrete! Il perchè, lo sai: Shaelan mi sta aspettando. »

Enkidu esitò un attimo, quindi gli offrì la mappa: su di essa, alcuni ambienti rettangolari erano identificati da scritte che ne designavano l'antica funzione, altri invece non avevano contrassegno, mentre svariate porzioni del tessuto erano semplicemente lasciate in bianco:

« Come preferisci. Questo è il meglio che sono riuscito a disegnare, basato sulle mie ridotte conoscenze della fortezza. Le segrete sono questo riquadro bianco qui in fondo. »

Il giovane afferrò la cartina e si diresse verso una delle porte, soffermandosi a studiare le incisioni naniche sulle pareti. Enkidu lo osservò con una stretta al cuore e una fitta di rimorso, poi si voltò verso il gruppo di stranieri:

« Richter e Killibert, voi verrete con me. Kel e Magomedov, seguite Jahrir. »

Abbassò la voce a un sussurro, accostandosi agli ultimi due:

« Contrariamente a quanto ho detto a Jahrir, voi vi dirigerete verso la gemma, col compito di portare caos e distruzione nella fortezza. E' un nano di valore, ma a volte troppo impetuoso: fra i prigionieri c'è Shaelan, la sua amata. Temo che il coinvolgimento emotivo possa portarlo a compiere qualche sciocchezza: non è adatto per una missione segreta. »

Sospirò e lanciò un'occhiata furtiva all'allievo, assicurandosi che fosse sempre fuori portata d'ascolto.

« Scoprirà l'inganno, certo, ma a quel punto sarà troppo tardi per tornare indietro, e la mappa che ha non è quella che conduce alle prigioni. Conto su di voi. »

« Ci muoviamo?! »

Jahrir si era voltato verso la compagnia, gesticolando con ampi movimenti per sollecitarli. Enkidu si mosse per raggiungerlo, seguito dagli altri. Con un cenno, indicò all'amico la porta al centro.

« Voi andate per di là. Gli altri mi seguano. »

Ogni parola era un macigno sul suo cuore, soffocato dal rimorso del tradimento. Eppure, era un male necessario. Era la cosa giusta da fare, per il bene di tutti. Soprattutto per Jahrir, anche se non l'avrebbe capito - anche se non l'avrebbe perdonato.

« Enkidu! »

Il vecchio guerriero ebbe un fremito colpevole sentendosi così apostrofato.

« Sì? »

« Ci vediamo più tardi. »

Con uno sforzo immane, il volto di Enkidu si incrinò in un sorriso artificiale:

« Puoi contarci. »


_________ ____________________________ _________



Enkidu si arrestò sull'orlo della sinuosa scala a chiocciola che si dipanava nell'oscurità come un serpente di ferro e metallo. Questa me la ricordo. Stava ripercorrendo a ritroso il percorso seguito per scappare dalla fortezza: erano passate poche settimane, ma nei suoi ricordi sembravano anni. Ogni passaggio, ogni svolta e rampa faceva riaffiorare alla memoria una sensazione sepolta dal mare tumultuoso che costituiva i ricordi di quel periodo. Ricordi non belli, certamente.
Si riscosse con una scrollata di spalle e proseguì il cammino, discendendo gli stretti gradini uno dopo l'altro. Alla loro base si allungava un altro lungo corridoio; nelle sue pareti si aprivano a intervalli irregolari volte d'oscurità simili a fauci demoniache pronti a fagocitarli. La luce della torcia era troppo flebile per illuminarle a dovere, e il nano si guardava bene dal tentare di sondare le gelide profondità degli abissi. Proseguì dritto per un tratto, quindi svoltò a destra a un bivio, poi a sinistra, poi ancora a destra. Laggiù, nelle viscere contorte della terra, spazio e tempo non significavano niente: erano passate ore o soltanto una manciata di minuti, da quando si erano separati? Avevano percorso miglia intere o poche centinaia di passi?
Il respiro glaciale della montagna accompagnava il loro cammino: più scendevano, più il gelo si faceva pungente. Sulla roccia secolare sottili lingue di ghiaccio rilucevano alla luce della fiaccola, scintillando come venature dorate. Il pavimento era viscido, reso scivoloso dall'umidità condensata. A un certo punto scorse qualcosa che lo allarmò: poco prima dell'ennesima svolta notò i riflessi delle fiamme danzare sulla parete di fondo; vista la loro posizione era impossibile si trattasse della torcia che impugnava. Si arrestò di colpo e con un gesto intimò agli altri di fare altrettanto; soffocò il fuoco della fiaccola e mimò di fare silenzio, quindi si sporse oltre l'angolo: più avanti, rischiarati dalla luce di altre due torce affisse alle pareti, c'erano due... creature. Enkidu non avrebbe saputo definirle in modo più preciso: erano esseri vagamente umanoidi, con arti allungati e un torace possente, e montavano la guardia a una vecchia porta. Non si trattava degli stessi demoni d'ombra intravisti sulle mura; forse erano un qualche genere di servitori; di sicuro erano altrettanto mostruosi. Mostravano cotte sbrindellate e piastre arrugginite, probabilmente frammenti di vecchie armature rinvenute nella fortezza; più che indossate erano inglobate nella carne marcescente delle creature. Da vari punti dei loro corpi spuntavano ossa, costole spezzate e femori incrinati che laceravano la pelle e si allungavano verso l'esterno intessendo un intricato reticolo d'avorio. Sui volti tumidi si distinguevano a stento gli occhi porcini e infossati. Il nano si ritrasse senza essere visto: l'ombra l'aveva protetto.

« Due mostri di guardia a venti passi da noi. Gli spaccherei volentieri i crani con la mia ascia, ma temo possano dare l'allarme prima di crepare. »

Spiegò in un bisbiglio ai suoi compagni. Il suo sguardo cadde in particolare su Richter, che già aveva dato prova delle sue doti da illusionista.

« L'oscurità ci proteggerà solo per i primi passi verso di loro, poi saremo in piena luce. Se avete un'idea migliore per raggiungerli e ucciderli senza che possano reagire, non siate timidi. »

I suoi pensieri volarono per un attimo a Jahrir: sperava soltanto che se la stesse cavando meglio.

« Allora? »


CITAZIONE
~ QM POINT

Vi siete comportati abbastanza bene nel turno precedente con gli autoconclusivi, anche se avrei preferito la piega che si stava prendendo all'inizio in Confronto, con una maggiore collaborazione nei combattimenti. Tuttavia già essere riusciti a spartirvi i compiti con efficienza, fra gestione dell'attacco dei demoni e distribuzione dei nemici da affrontare, è un punto a vostro favore. Emelianenko, ricordati nel prosieguo della giocata il malus alla pistola. Senzanome, ho apprezzato la ben articolata parte strategica del duello, ma leggendo il testo risulta ostico in più punti comprendere cosa stia effettivamente avvenendo; inoltre, un paio di appunti: ti manca da scalare un 5% di energie ("La Corsa" è stata usata due volte, no?) e la gestione dell'attiva di dominio è alquanto forzata rispetto alla descrizione standard dell'abilità.
Ora siamo arrivati al primo importante punto di svolta della Quest. Il resto della compagnia rimane indietro, proseguite soltanto voi con Enkidu e Jahrir. Una volta dentro la fortezza il primo vi espone il piano: vi dividete in due gruppi con altrettanti obiettivi, da una parte raggiungere le segrete e liberare i prigionieri, dall'altra trovare la gemma per distruggerla e annientare i demoni. Vista la situazione, quest'ultimo gruppo (Emelianenko e Azazel) fungerà da diversivo: vi dovete far largo nella roccaforte con la forza, senza più preoccuparvi della segretezza; insomma, andate e spaccate tutto (per quanto l'ignaro Jahrir ne sarà, immagino, un poco contrariato). Senzanome e Stella Alpina saranno invece impegnati nella missione "stealth", guidati dal buon Enkidu. Senzanome, non ho descritto nel post le azioni degli altri mercenari: a te la scelta se portarli dietro o meno, ma ricorda che non li puoi usare a meno di attivare la tecnica relativa. Poco dopo la separazione vi si presenta il primo ostacolo: due esseri minacciosi sorvegliano la porta che dovete superare; vostro compito non è soltanto sbarazzarvi di essi, ma farlo più rapidamente e silenziosamente possibile. Non dovete lasciare loro il tempo di dare l'allarme in qualunque modo. Gli altri attendano il post di Caccia che arriverà a breve. Come al solito usate il topic in Confronto per qualsiasi evenienza.


 
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Caccia92
view post Posted on 20/12/2013, 18:15




Osservò la schiena taurina di Enkidu che si perdeva nella penombra della montagna, seguita dai compagni che aveva scelto. Provò immediatamente una sensazione di vuoto, come se lo avessero privato di una parte della sua anima. Lo aveva appena ritrovato e già si dovevano separare. Il suo destino, forse, era quello di stare eternamente solo, privato del calore della compagnia degli amici, privato dei ricordi e della risata fragorosa del suo maestro. Il silenzio lo avvolse all'improvviso ed ebbe modo di riflettere sugli ultimi avvenimenti. Enkidu li aveva guidati fino alla Fortezza, li aveva spronati, li aveva protetti dai pericoli della foresta...ma qualcosa era cambiato in lui. Man mano che si addentravano nelle tenebre generate dai demoni, il vecchio nano cominciava, seppur lentamente, a mostrare tutta la sua stanchezza e la sua fragilità. Era una cosa molto triste. Persino quell'ultimo sorriso che gli aveva concesso non era altro che un riflesso sbiadito della possanza di un tempo ormai remoto. La vita era proseguita anche nella sofferenza, presentando conti salati a tutte le generazioni. Chi più, chi meno. Alcuni dei suoi antichi fratelli erano diventati lenti e goffi, seppur mantenendo un vigore proprio dei loro spiriti. Enkidu, invece, sembrava quasi rassegnato. Come se sapesse già di non poter fare ritorno dalle grandi sale buie.
Jahrir non era uno stupido e non si faceva illusioni. Sapeva riconoscere un addio quando lo vedeva, anche se preferiva non mostrare la fragilità che albergava nel suo cuore. Quella missione richiedeva tutta la sua concentrazione, tutta la sua forza, eppure non riusciva a reprime l'impulso di correre dietro al suo maestro per dirgli quanto era stato importante per lui. Probabilmente erano solo pensieri dettati dalla paura di fallire. Una cosa, tuttavia, non era riuscito a comprendere appieno: perché Enkidu gli aveva assegnato il compito di liberare i prigionieri? Si era aspettato una ramanzina, un ordine senza repliche, un rifiuto chiaro e tondo. Lui era troppo impulsivo per svolgere una delicata operazione di infiltrazione. Aveva bisogno di una guida per essere efficiente, non di un carico di responsabilità. Il dubbio stava già iniziando a sedimentarsi nella sua mente, nonostante l'aspettativa di rivedere la sua amata. Avrebbe dato tutto il sangue necessario per arrivare alle prigioni, tutto.
Guardò i suoi due aiutanti. L'uomo che fumava sempre e l'uomo che non sembrava nemmeno vivo. Sbuffò. Non gli piaceva nessuno dei due, ma si sarebbe accontentato. D'altro canto, entrambi i guerrieri aveva già dimostrato il loro valore in battaglia. Sperò ardentemente di non dover fornire alcuna direttiva...lui era un pessimo comandante. Pessimo e poco autoritario.

« Forza, muoviamoci. »

Osservò la mappa per orientarsi. Stando alle indicazioni scritte frettolosamente sulla pergamena, dovevano imboccare un lungo corridoio che penetrava nel cuore della fortezza, poi addentrarsi in una serie di grandi stanze vuote. Non sarebbe stato facile, ovviamente.
Il suo sguardo balenò un'ultima volta nel punto in cui era scomparso Enkidu e un debole sorriso comparve sul suo volto.

« Al prossimo incontro. »

Quella frase suonava tanto come una cupa bugia.




_________ ____________________________ _________




Galleria Nera



Passarono per la porta di metallo massiccio e svoltarono immediatamente verso una scalinata che s'inabissava nella terra. La struttura della Fortezza aveva una particolarità che la distingueva da ogni altro edificio: si sviluppava verso il basso. Nicchie, catacombe e gallerie formavano un labirinto infinito che si aggrappava alla roccia e si perdeva nelle profondità del nucleo. Man mano che si scendeva, l'aria diventava sempre più gelida. Jahrir ipotizzò che l'ultima sala della Fortezza doveva essere qualcosa di molto simile ad un blocco di ghiaccio nero. Rabbrividì pensando al percorso che stavano seguendo. La mappa sbiadita li avrebbe condotti fino ad un lungo corridoio che giungeva chiaramente ad una delle stanze nelle viscere del sottosuolo. Inarcò un sopracciglio. Non ricordava bene quello che gli aveva detto Enkidu sulla sua fuga, ma era certo di non aver sentito parlare di una scala a spirale. Si bloccò sulla soglia.
I pensieri indugiarono su Shaelan. Era davvero là sotto? Come avrebbe fatto a muoversi in maniera cauta, lentamente, con l'immagine fissa della sua amata stampata davanti allo sguardo? Non poteva. Il cuore prese a battergli all'impazzata mentre tentava di elaborare un piano d'azione. I demoni sapevano che erano penetrati nella Fortezza, ma il gruppo del suo maestro li stava distraendo...forse avevano una possibilità di passare inosservati. Tese l'orecchio per percepire il fracasso dei suoi compagni nell'altra ala della struttura. Non sentì nulla. Quella situazione era preoccupante e una serie di variabili si profilarono all'orizzonte. Li avevano presi? No, non così in fretta. Enkidu sapeva quello che faceva ed era anche un ottimo ricognitore. Perché, allora, i versi terrificanti delle bestie non riecheggiavano contro le pareti?

« Scendiamo. Fate silenzio e occhio alla mobilia. »

Dopo i primi scalini, risultava evidente che gli altri due non avevano capito nulla.
Si girò con una smorfia. Il sussurro si dipinse di rabbia.

« Allora? Volete tirarci addosso tutti i demoni? »


Ebbe appena il tempo di finire la frase. Dal fondo della scalinata esplosero rumori forti e una luce abbagliante che diventava più luminosa ad ogni istante che passava. Jahrir si mise le mani nei capelli e maledì tutti gli dei che conosceva. Bel lavoro aveva fatto: erano stati scoperti appena dopo la porta di metallo. Guardò a destra e a sinistra, valutando i vari fattori che potevano giocare a loro vantaggio. I demoni che stavano arrivando dal basso potevano essere delle semplici sentinelle di ronda o guardie che stavano accorrendo all'entrata per accogliere il loro gruppo. Sul fianco della scala c'erano diverse nicchie buie in cui potevano nascondersi e attendere mentre il manipolo di bestie passava. Potevano addirittura preparare un'imboscata...no, troppo rischioso. Il loro compito era quello di infiltrarsi, di agire nell'ombra, di liberare i prigionieri mentre gli altri si accollavano i combattimenti sanguinosi. Tuttavia, evitare quello scontro significava consegnare altre rogne a Enkidu.
Avevano poco tempo. Jahrir non era quel tipo di nano che lasciava i suoi fratelli da soli. Già una volta era stato costretto ad abbandonare tutti i suoi amici per sfuggire a morte certa e quel ricordo lo aveva poi tormentato ogni notte nella solitudine di una stanza vuota. Ma Shaelan...Shaelan stava soffrendo. Il gioco valeva la candela. Valeva un intero focolare, in realtà. Enkidu se la sarebbe cavata anche senza un paio di asce. E lui non si sarebbe mai perdonato per aver lasciato il suo dolce fiore a marcire in una segreta.
Prese una decisione.

« Nelle nicchie, presto! »






CITAZIONE
~ QM POINT

Allora signori, mi collego al post del mio collega e vi presento una nuova prospettiva. Come ben sapete, il nostro gruppo dovrebbe teoricamente irrompere nelle stanze più profonde della Fortezza per distruggere la Gemma Buia. Questo è ciò che sapete voi, Jahrir non è al corrente della situazione. Anzi, Enkidu gli ha riferito l'esatto contrario, quindi lui pensa di doversi infiltrare fino alle prigioni. Una volta superata la porta di metallo, vi trovate dinnanzi ad una scala che scende a spirale ai piani bassi. Tuttavia, a circa metà scala, Jahrir nota una forte luce e avverte l'eco di molti demoni che stanno salendo.
Ora, avete due opzioni: seguire il consiglio del nano, nascondendosi nelle nicchie, oppure attendere gli avversari per affrontarli. Tenete conto che scegliendo la seconda opzione - che dovrebbe rappresentare il vostro compito principale - potrebbe mettere in allerta Jahrir. Ovviamente è probabile che scopra tutto anche più avanti. A voi la scelta.
Postate la vostra decisione in confronto, poi proseguiamo lì.

 
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Stella Alpina
view post Posted on 27/12/2013, 19:46




Erdkun ≈ Sangue ribelle

-All'interno-










Perwaine, Fortezza, tempo attuale


Aaron si guardò intorno mettendo a fuoco i dettagli della scena appena conclusa. Tutte le bestie mutate erano state abbattute una ad una dai componenti del gruppo e seppur nessuno di loro ci aveva rimesso le penne, qualche nano sembrava impossibilitato a proseguire la missione. Lo sguardo del redentore si spostò sul non-morto realizzando, con mal celata delusione, l'incolumità dell'altro. Aveva sperato di riuscire a liberarsene in qualche modo prima dell'entrata nella fortezza ma le sue aspettative erano state disattese. Quella bestia se la sarebbe vista direttamente con i demoni, sempre che non fosse in realtà un loro segreto alleato.
Dopo una breve analisi della situazione Enkidu decise di lasciare i feriti fuori e con loro altri nani ad occuparsene. Gli ordini furono eseguiti non senza lamentele e i primi aiuti vennero dati a chi ne aveva bisogno. L'ingresso della roccaforte osservava silente e minaccioso tutti loro, quasi a voler lanciare un monito a coloro che volessero entrare, un monito ben recepito da chiunque lo guardasse. L'entrata era grande e completamente scolpita nella pietra. Aaron si avvicinò per osservare meglio quella splendida costruzione nanica. Non era mai entrato in una roccaforte costruita dai nani, in realtà non era mai nemmeno stato in contatto con qualunque tipo di architettura dei barbalunga e il sapere di stare per entrarvici lo fece fremere di curiosità. Si raccontava molto dell'incredibile abilità dei nani nel costruire; si diceva che le dimore dei nani fossero colme di immensi saloni colonnati e grandi tesori inimmaginabili. Il redentore però non era mai riuscito ad immaginare una tale grandezza, tutto ciò era semplicemente fuori dalla sua portata. Con la mano accarezzò una delle colonnine laterali della grande porta studiandone le varie rune incise raffiguranti dei motivi geometrici ricorrenti. Era buffo pensare al contrasto prodotto dall'inappropriata grandezza delle costruzioni naniche rispetto all'effettiva altezza dei loro costruttori. Che avessero un problema di autostima? Aaron sorrise a quel pensiero concedendosi un breve svago mentale che lo allontanò, anche se di poco, dalla preoccupazione ormai quasi costante.
Nel suo riflettere non si accorse che Enkidu lo aveva affiancato ed aveva cominciato a premere in sequenza dei punti nella pietra. Il profondo rombo risuonato nelle profondità della montagna e il successivo scatto della porta che si apriva riportarono Aaron alla preoccupazione e con una reazione istintiva fece qualche passo indietro, allontanandosi un poco dall'ingresso. Nonostante la luce proveniente dalle fronde degli alberi alle loro spalle, il corridoio dietro la porta rimase nella semioscurità, quasi non esistesse che quella. I demoni non potevano scegliere luogo migliore. Enkidu e Jahrir, gli unici due nani che avrebbero accompagnato gli uomini all'interno, fecero strada percorrendo per primi quella buia galleria. Aaron si decise ad entrare, lasciandosi alle spalle anche l'ultima possibilità di rinunciare a quella missione e darsela a gambe il più velocemente possibile. A volte cercava di immaginarsi che tipo di vita sarebbe stata la sua se non si fosse unito all'ordine dei redentori, se non fosse stato impegnato a dare la caccia ai mostruosi figli dell'oscurità tutto il tempo. Forse sarebbe stato un semplice panettiere, o magari uno scrittore! Gli era sempre piaciuto scrivere e il diario che teneva con sé lo dimostrava; era sempre ben aggiornato dei suoi pensieri e dei suoi ricordi. Gli occhi cominciarono lentamente ad abituarsi all'oscurità e man mano che si addentravano nel cuore della montagna l'ansia del redentore crebbe tanto da convincerlo a sfoderare la spada da lato per poi tenersi pronto ad ogni evenienza. Giunsero in una sala circolare con tre porte di legno e si fermarono ad accendere delle torce.

« Ecco il piano. Siamo stati individuati, là fuori, e dobbiamo aspettarci il peggio: i demoni sanno che degli intrusi sono penetrati nella fortezza, anche se non conoscono il nostro numero. Ci divideremo in due gruppi, guidati da me e da Jahrir, con due obiettivi diversi. Uno, lo conoscete, è raggiungere le segrete per liberare i nostri amici. L'altro si trova nel cuore della montagna, nel punto da dove queste creature dell'ombra sono scaturite secoli fa. Le storie narrano di una pietra violacea incastonata in un basso pilastro di roccia, riportata alla luce molto tempo fa dagli antichi abitatori di questa dimora. Gemma Buia, la chiamano. Io stesso ne ho avuto una fugace visione, nel mio precedente... soggiorno. E' uno strumento del male, ed è da quella pietra che i demoni traggono forza: dobbiamo distruggerla. I nostri nemici ci daranno la caccia, ma non sapranno che in realtà le loro prede hanno preso strade differenti. Ecco perché un gruppo procederà a spron battuto, senza più preoccuparsi della segretezza, anzi facendo il possibile per attirare l'attenzione dei demoni: è il nostro diversivo. In questo modo l'altro potrà proseguire nella spedizione a loro insaputa, ammantato d'ombra e silenzio. Non vi mentirò: al momento la nostra principale preoccupazione è liberare i prigionieri, quindi sarà il primo gruppo, diretto alla gemma, ad attirare a sé i demoni. »

Aaron buttò fuori l'aria che aveva trattenuto durante la divisione dei gruppi quando capì che il non-morto non sarebbe andato nella sua stessa direzione, a lui erano toccati Enkidu e i mercenari, poteva dirsi soddisfatto, se non altro ora aveva un problema in meno. I due gruppi si divisero e le missioni iniziarono. Il redentore seguì il nano attraverso un percorso che per lui non aveva nessun senso logico. Si lasciarono alle spalle corridoi, svolte, piccole sale, porte e altri corridoi. Ogni galleria era uguale all'altra, ogni sala era anonima come la precedente, dell'enorme sfarzo dei nani descritto nei racconti non v'era traccia. Una cosa però era fedele a quella delle dicerie: il tempo sembrava aver preso una piega strana. Quanto era passato da quando si erano addentrati in quel labirinto di corridoi e svolte? Aaron non sapeva dirlo e questo mise ancora più a disagio il redentore. Il gruppo si arrestò prima dell'ennesima svolta su segnale di Enkidu. C'era qualcosa che non andava, in fondo alla galleria ballava un riflesso di luce che non proveniva certo dalla torcia impugnata dal nano. Enkidu si sporse dall'angolo e si ritrasse di colpo voltandosi poi verso di loro.

« Due mostri di guardia a venti passi da noi. Gli spaccherei volentieri i crani con la mia ascia, ma temo possano dare l'allarme prima di crepare. L'oscurità ci proteggerà solo per i primi passi verso di loro, poi saremo in piena luce. Se avete un'idea migliore per raggiungerli e ucciderli senza che possano reagire, non siate timidi. Allora? »

Lo sguardo del nano si soffermò per un istante sul redentore prima di passare in rassegna anche gli altri. Aaron annuì attirando l'attenzione dei compagni. Era un'operazione a cui era abituato, il muoversi senza farsi vedere. Con un gesto eloquente indicò il balestrino del capo dei mercenari per indicargli di volere il suo supporto e facendogli poi segno di occuparsi di quello a sinistra, mentre lui avrebbe preso quello a destra, poi si avvicinò alla svolta e si fermò un istante. Il cuore gli cominciò a battere al ritmo di un martello sull'incudine e per un attimo temette che il tonfo sordo che lui sentiva provenire dal suo petto potesse mettere in allarme i due demoni. Si voltò per accertarsi che tutti fossero pronti, poi con la mano libera dalla spada alzò tre dita ed iniziò il conto alla rovescia, quando anche l'ultimo dito si richiuse sul palmo il redentore sparì letteralmente alla vista dei compagni. Aaron si concedette un breve attimo per abituarsi alla strana sensazione provocata dall'essere invisibile, dall'energia spirituale che confluiva attraverso e fuori di lui per ricreare quell'illusione. Forte della sua segretezza, il redentore svoltò l'angolo trovandosi di fronte i due demoni a guardia. Come aveva previsto, non aveva mai visto quel tipo di essere: il torace ben piazzato, gli arti allungati, pezzi di armatura fusi con la pelle stessa, protuberanze ossee che adornavano l'intero corpo. Il redentore si avvicinò con quanta velocità gli permise il tentare di non far rumore e senza pensarci due volte fece scattare in avanti la spada, dritta in mezzo agli occhi piccoli e infossati del demone più a destra. La puzza che quei mostri producevano gli arrivò alle narici come un pugno e il pensiero di liberare il mondo da un po' di quell'odore lo fece stare meglio. Pronto a reagire ad ogni evenienza, se il colpo fosse andato a segno si sarebbe voltato aspettandosi di vedere dei piccoli dardi eliminare il demone di sinistra e se ci fosse stato qualche problema l'avrebbe abbattuto lui decapitandolo il più velocemente possibile.




Riassunto Tecnico

Energia rimasta: 65%
Energia consumata: 10%
Stato Fisico: Ottimale.
Stato Mentale: Concentrato.
Armatura: Intera.
Armi: Pistola - 5 colpi, spada integra.
CS: 4 CS all'Intelligenza.
Consumi: Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40%

Abilità passive


"Sono ore che questi ragazzi si esercitano senza pausa. Li vedo portare in gruppo tronchi di alberi grossi più di loro su e giù per la collina con il solo scopo di migliorare la resistenza. Sono esausti, lo vedo nei loro occhi, vorrebbero mollare i tronchi, sdraiarsi e non rialzarsi per un giorno intero. La fatica li sta divorando ma loro non cedono, non possono, non gli è permesso. Continuano la loro marcia, ancora e ancora e ancora."

[Razziale umana - non sviene sotto il 10%]




"Oggi ho assistito fratello Hugo nel primo addestramento alle illusioni. Come previsto molti adepti non avvicinano minimamente il più basso grado di maestria, ad eccezione di Aaron. Lui, al contrario degli altri, sembra trovarsi a suo agio nel mettere in atto gli inganni. Gli viene quasi naturale e per di più riesce a creare le immagini in un solo istante e senza il benché minimo movimento. Inoltre ha una conoscenza innata dell'uso della voce. Può controllarla a tal punto da modificarne il tono, il volume e il luogo di provenienza a suo piacimento. Come se non bastasse, quando sul campo è presente un'immagine da lui creata, può decidere di modificare il suo aspetto in qualunque cosa e di qualunque dimensione gli occorra. In realtà si tratta soltanto di un'illusione, un velo che ricopre la realtà, ma riesce comunque ad ingannare tutti i sensi degli avversari. Quel ragazzo è pieno di sorprese."

[Passiva talento I, II e III illusionista]




Abilità attive utilizzate

"l'invisibilità, anche se effettivamente è di natura magica, non è altro che un trucchetto. Aaron l'ha applicato alla perfezione ieri. In un attimo è sparito nel nulla. Si è perfettamente mimetizzato con l'ambiente circostante e ha cominciato a lanciare tecniche e compiere azioni senza paura di rompere l'incanto. L'invisibilità richiede un consumo di energie pari a Medio e può durare solo per quello che io chiamo un turno di combattimento."
[Pergamena Invisibilità]


Commenti

Aaron segue Enkidu e si ferma quando si vede il riflesso della luce. Alla richiesta di idee da parte del nano, Aaron indica al capo dei mercenari di usare il balestrino per eliminare il demone sulla sinistra mentre lui si sarebbe occupato di quello sulla destra. Chiarito il punto conta da tre a zero poi diventa invisibile usando la pergamena Invisibilità e svolta l'angolo. Si muove veloce quanto basta per non far rumore e cerca di piantare la spada (sguainata entrando nella fortezza) in mezzo agli occhi del demone a destra. Se il colpo va a segno si gira aspettandosi di vedere i dardi arrivare addosso al secondo demone, pronto a decapitarlo in caso sopravvivesse.
 
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Il Senzanome
view post Posted on 27/12/2013, 21:00




« Tu sei come io ero prima.
Il gelo.
»



Annodò il lembo di stoffa con la praticità di chi ha compiuto quel gesto migliaia di volte, un'estremità stretta nella mano sinistra e l'altra fra i denti serrati. Non aveva mai fatto qualcosa del genere da che aveva memoria. Un paio di settimane fa l'assoluta stortezza della cosa lo avrebbe fatto andare in escandescenze. Adesso invece scannava animali e legava fasciature con il volto completamente impassibile. Apparentemente imperturbabile.
Apparentemente.

Ascoltò il nano fare il punto della situazione, penosamente consapevole che agli occhi dei mercenari la paura emanata da quella rocca maledetta era nulla in confronto al terrore di lui. Scoperti, si, erano stati scoperti... ma una fortezza non può avere troppi punti di entrata ed era improbabile che potessero attaccarli venendo dall'esterno delle mura. Enkidu aveva ragione, la rapidità a questo punto era essenziale, ma a differenza del nano non era enormemente preoccupato per la riuscita della missione: nessun piano, per quanto ben congeniato, resisteva mai al primo impatto col nemico. Era la capacità di adattarsi e modificare le proprie azioni in corso d'opera che faceva la differenza - ed Enkidu sapeva il fatto suo. Inoltre...
...non avrei mai scelto questa missione
se avessi creduto realisticamente di poter morire.


Enkidu aprì la porta, un meccanismo tipicamente nanico la cui complessità gli fece rivalutare la possibilità che i demoni potessero usare quelle pusterle come punti di transito. Oltre di essa la flebile luce delle torce rivelò cunicoli in disuso e sale di cupa pietra nera, ammantate di troppa polvere e bianchi veli di ragnatele per poter scintillare come un tempo. Joan Butcher -Jonny Bo- fischiò discretamente, il lungo naso adunco piantato in alto per l'ammirazione, mentre Ron puntava la sua balestra coi nervosi movimenti scattanti di chi è a fior di pelle. « Rilassati. » gli sussurrò, curandosi che né Enkidu né Jahrir sentissero. « Tu sei nella seconda linea, qualunque cosa voglia ucciderti deve prima affrontare me. »
« E me. »

Alzò un sopraciglio, gettando uno sguardo dietro la spalla. "Harmond Joll" -fintamente mercenario, realmente sociopatico- lo fissò per un lungo momento prima di girarsi verso le porte ammuffite della sala, volgendogli deliberatamente le spalle. Ron deglutì nervosamente, probabilmente interpretando quelle due parole come una minaccia di morte... cosa che in effetti erano, ma c'era dell'altro dietro a quell'attento scambio: rispetto, balunginato solo per un istante nelle iridi scure dell'assassino, e un barlume di un'emozione più indefinibile..
Qualcosa come riconoscimento.

« Ecco il piano. » disse Enkidu. Il nano si voltò verso di loro, calamitando la sua intera attenzione « Siamo stati individuati, là fuori, e dobbiamo aspettarci il peggio: i demoni sanno che degli intrusi sono penetrati nella fortezza, anche se non conoscono il nostro numero. Ci divideremo in due gruppi, guidati da me e da Jahrir, con due obiettivi diversi. Uno, lo conoscete, è raggiungere le segrete per liberare i nostri amici. L'altro si trova nel cuore della montagna, nel punto da dove queste creature dell'ombra sono scaturite secoli fa. Le storie narrano di una pietra violacea incastonata in un basso pilastro di roccia, riportata alla luce molto tempo fa dagli antichi abitatori di questa dimora. Gemma Buia, la chiamano. Io stesso ne ho avuto una fugace visione, nel mio precedente... soggiorno. E' uno strumento del male, ed è da quella pietra che i demoni traggono forza: dobbiamo distruggerla. »
ll nano fece una pausa, guardandoli velocemente. Killibert annuì una singola volta, completamente concentrato.
« Siamo stati individuati, là fuori, e dobbiamo aspettarci il peggio: i demoni sanno che degli intrusi sono penetrati nella fortezza, anche se non conoscono il nostro numero. Ci divideremo in due gruppi, guidati da me e da Jahrir, con due obiettivi diversi. Uno, lo conoscete, è raggiungere le segrete per liberare i nostri amici. L'altro si trova nel cuore della montagna, nel punto da dove queste creature dell'ombra sono scaturite secoli fa. Le storie narrano di una pietra violacea incastonata in un basso pilastro di roccia, riportata alla luce molto tempo fa dagli antichi abitatori di questa dimora. Gemma Buia, la chiamano. Io stesso ne ho avuto una fugace visione, nel mio precedente... soggiorno. E' uno strumento del male, ed è da quella pietra che i demoni traggono forza: dobbiamo distruggerla. »
« I nostri nemici ci daranno la caccia, ma non sapranno che in realtà le loro prede hanno preso strade differenti. Ecco perchè un gruppo procederà a spron battuto, senza più preoccuparsi della segretezza, anzi facendo il possibile per attirare l'attenzione dei demoni: è il nostro diversivo. In questo modo l'altro potrà proseguire nella spedizione a loro insaputa, ammantato d'ombra e silenzio. Non vi mentirò: al momento la nostra principale preoccupazione è liberare i prigionieri, quindi sarà il primo gruppo, diretto alla gemma, ad attirare a sè i demoni. »
« Jahrir, a te il compito di... »
« Io vado alle segrete! » l'interruppe bruscamente l'altro. « Il perchè, lo sai: Shaelan mi sta aspettando. »

Enkidu esitò, poi gli diede una mappa - la stessa di prima. Killibert fu attentissimo a non fare una piega mentre il più giovane afferrava la cartina sbagliata, quella che conduceva alla Gemma Buia. Il nano perse qualche parola per indicargli la strada, prese con sé Aaron Richter e loro tre e affidò Magomedov e Kel'Thuzak a Jahrir. A questi ultimi due disse qualche parola in più, impossibili da udire dagli altri a quel volume di voce.
Gli occhi di Hal si soffermarono brevemente su di lui. Si limitò ad annuire.

« Richter e Killibert, voi verrete con me. » disse il nano. « Kel e Magomedov, seguite Jahrir. »

Killibert richiamò con un gesto Jonny e Ron, poi i cinque corsero al seguito di Enkidu lungo il dedalo di cunicoli. Giù, giù e poi ancora giù, nelle tenebre profonde a mala pena rischiarate dalle fiaccole, per corridoi stretti e scale a misura di nano, la compagnia s'inerpicò per le vie più desuete nel cuore fortezza dei nani. Enkidu in testa cercava la via, il suo volto per metà acceso dalla torcia e per metà immerso nell'ombra più profonda, e la sua espressione mutava quando alla vista delle sale si sovrapponevano i ricordi. Veniva poi ser Richter, lo sguardo attento e guardingo, che come gli altri di quelle sale vedeva solo la rovina della grandezza dei nani. Seguiva Hal -né Ron né Jonny lo avevano voluto alle spalle-, il volto quasi annoiato nell'addentrarsi in una tana di demoni, poi gli altri due mercenari rintizziti dal freddo.
Infine lui, 'Killibert', il cui cuore era avvolto da un gelo diverso.

___ _________ ___

Fu improvviso.
Enkidu alzò una mano, arrestando la compagnia. Cinque secondi dopo le torce erano spente e loro sei si schiacciavano nell'ombra, con solo il naso del nano a fare capolino da dietro un angolo. Non sapeva cosa aveva allertato il nano, troppo lontano per aver colto i segnali giusti, dunque si limitò ad aspettare. Pochi secondi dopo Enkidu si ritirò dall'angolo e cominciò a bisbigliare in tono concitato, riferendo ciò che aveva visto. « Due mostri di guardia a venti passi da noi. Gli spaccherei volentieri i crani con la mia ascia, ma temo possano dare l'allarme prima di crepare. L'oscurità ci proteggerà solo per i primi passi verso di loro, poi saremo in piena luce. Se avete un'idea migliore per raggiungerli e ucciderli senza che possano reagire, non siate timidi. » I suoi occhi si posarono su Aaron, cercandoci speranza. Male, molto male: per poter giudicare un successo la missione aveva bisogno di più che salvare i prigionieri, doveva fare impressione. « Allora? »
« Non ho bisogno di arrivare vicino ai demoni per ucciderli. » bisbigliò, brina rampicante sui barbigli acuminati della sua voce. Le sue dita si strinsero sulle dita di un coltello, poi un'altro,
la sua voce barbigli di gelo acuminato. « Ci pensiamo noi. »

Si divisero i bersagli da professionisti, in silenzio - le parole superflue con un addestramento come il loro. L'illusionista divenne invisibile -qualcosa di già visto, gli suggerì una vocina nell'orecchio- e sgattaiolò oltre la portata dei suoi sensi nel corridoio, mentre lui si affacciò parzialmente dall'angolo con le mani piene di armi, protetto dalla medesima ombra che aveva favorito Enkidu. Nella sua mente scorreva inesorabile un preciso conto alla rovescia, coincidente con i passi che separavano Aaron dalle bestie. Avrebbero attaccato contemporaneamente, massimizzando le chanche di uccisione.
Calcolò la distanza, trattenne il respiro, si sporse del tutto.

Tirò.

I due coltelli, le lame annerite precisamente per nascondere riflessi rivelatori, volarono silenziosi verso il basso addome della creatura di sinistra. Avrebbero trapassato i polmoni, così lui sperava, così facendo impedendogli di gridare anche se non fosse morto subito. Il balestrino, stretto nell'altra mano, lasciò andare tre precisi dardi verso gli occhi e la gola della medesima creatura. Erano dardi piccoli, neppure dieci centimetri l'uno, del tutto privi del potere di arresto e della capacità di penetrazione della pesante balestra di Ron, o "Reginald Foe"... ma non ne avevano bisogno, poiché qualunque ferita nei punti ove aveva mirato era probabile risultasse immediatamente mortale.
E lui non sbagliava mira.
Mai.



theMaDOnes Φ


Mad, mad boys !

i Folli
Una decina di tagliagole, assassini e ladri di cavalli per tutte le taglie. Dategli una landa desolata e sapranno svanire nel nulla come avvolti da un manto d'invisibilità, ma mostrate anche solo una moneta e vi ritroverete in allegra compagnia... prima di "donare in carità" persino i denti d'oro dell'anziana nonnina. Tizi leali, stranamente, capaci di restare a bruscare perlomeno un poco di botte prima di correre a gambe levate col bottino.
{ pergamena imboscata | durata: 0/2 turni }

Status del gruppo Φ Pronti, presenti e un poco brilli.
Morale del gruppo Φ Scatenate l'inferno!
Status Energetico Φ 70% - 2x5% = 60%
Cs gruppo Φ 6xbasso; 1xmedio;
Tecniche in gioco Φ Terza Arte del Cacciatore (4/4, tech fisiche mie x2, tech psion nemiche x2)
Armi e bagagli Φ
    //
_

Status Killibert Gnam - Fisico Φ Tagli numerosi ma poco profondi al braccio sx -basso-
Status Killibert Gnam - Mentale Φ Illeso
Status Killibert Gnam - Emotivo Φ Calmo
Cs Killibert Gnam Φ 1xmira;
Passive Killibert Gnam Φ
    Il Senzanome Φ Mira infallibile;
    //
Armi e bagagli Φ
    Spada bastarda (alla cinta);
    Coltelli da lancio (nascosti sotto le vesti |  _ _  _  )
    Balestrino a ripetizione (nascosto nella manica | °°°°° °°°°° °°°°° )
_

Riassunto del turnoΦ
    0. Tiro due coltelli con Seconda Arte del Cacciatore ai polmoni nemici, poi tre dardi agli occhi e alla gola.

Note Φ
    Il duello vs. mostri del post precedente si è esteso per cinque slot tecnica, ossia tre turni - questo è il quarto e ultimo turno di funzionamento della Terza Arte del Cacciatore. Dovrei aver fatto tutti i conti giusti, sia per le munizioni che per i turni o il mana.
    //
    Per quanto riguarda i tre mercenari: Jonny Bo (presentato come Joan Butcher) è un ladro di cavalli, Ron (Reginald Foe) un bracconiere e Hal (Harmond Joll) un assassino condannato.
    //
    danno
    tecnica mia
    tecnica nemica
    cs mio
    cs nemico


Tecniche usate Φ

    Seconda arte del cacciatore ~ La mira
      Guarda.
      La preda è davanti a te, ignara della tua presenza. Tendi l'arco, con cautela. Ti raddrizzi lentamente, evitando ogni movimento. La preda comincia ad intuire qualcosa. Devi agire in fretta, devi agire bene. Prendi bene la mira.
      Ne sei capace?
      Il Senzanome è in grado di lanciare una qualunque delle sue armi (equivalentemente, un set di dardi) imprimendole una traiettoria, immodificabile una volta lasciata la presa. Il proiettile seguirà fedelmente tale tragitto, senza oltrepassare la sua gittata, rimbalzando con abilità eccezionale e mira impeccabile ovunque ci sia una superficie solida: sarà dunque possibile scatenare dei veri e propri effetti carambola come il migliore degli archibugieri oppure colpire con traiettorie fantasiose e intuitivamente inconcepibili.
      » Consumo Basso: attacco a distanza con traiettoria non rettilinea ≈ Tiratore I «

    Balestrino a ripetizione
      Un'arma ingegnosa, estremamente specialistica e praticamente letale se usata nel modo corretto. Il balestrino è costruito in legno leggero, è lungo 15cm, largo e alto 5cm, ha una gittata di 10m, i dardi sono lunghi 10cm. Assieme all'arma sono fornita tre cartuccie da cinque dardi ciascuna.
      Per tirare basta premere un grilletto alla base del balestrino. Ha un meccanismo di ricarica automatica - simile a quello delle pistole - che permette all'arma di sparare cinque dardi ogni turno, uno dopo l'altro, prima che la cartuccia si scarichi. Una volta scaricata l'arma, occorre togliere la cartuccia - una piccola scatolina di legno di balsa - e sostituirla: a questo punto l'arma è nuovamente carica. Volendo, si può sparare un dardo alla volta.
      Il balestrino a ripetizione quivi descritto è una variante dell'omonima arma usata da alcuni assassini drow del passato, scoperta e modificata da un misterioso personaggio che si fa chiamare il Senzanome per i suoi scopi. E' l'arma perfetta per un assassino: è abbastanza piccola da poter essere nascosto sotto gli abiti e può generare una piccola salva di dardi. Un bravo sicario è capace di mescolarsi tra la folla, arrivare in gittata, colpire e andarsene nel caos successivo. E' ideale anche negli scontri ravvicinati: le sue piccole dimensioni permettono ad un guerriero abbastanza abile un cambio d'arma quasi fulmineo, permettendo al guerriero di coprire la sua avanzata iniziale con una raffica di dardi prima di estrarre la spada e far cantare l'acciaio.
      » 15/15 «

    Pugnali da lancio
      Piccole armi lunghe una ventina di centimetri, affilate come rasoi e ottime da lanciare e nascondere, la cui lama è stata dipinta di nero. L'arma basilare per ogni buon ladro, che nelle mani del Senzanome raggiunge vette di virtuosismo raramente concepibili.
      » 20/20 «





} Basso ~ 5% { } Medio ~ 10% { } Alto ~ 20% { } Critico ~ 40% {


« Birra! »



 
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.Azazel
view post Posted on 2/1/2014, 13:19




Erdkun
Sangue Ribelle, Atto IV
___ _ ___


~


Enkidu aveva già stabilito tutto: una volta entrati si sarebbero divisi in due gruppi.
Riuscirono ad entrare nella fortezza, superando l'immenso portale, consci del fatto che il nemico sapeva dell'intrusione indesiderata. L'interno era enorme, il soffitto era talmente alto che si perdeva nell'oscurità, l'aria era opprimente e la roccaforte non prometteva nulla di buono, ogni passo era un'occhiata guardinga ai lati come se ci si dovesse aspettare un pericolo imminente fuoriuscire dalle tenebre da un momento all'altro.
I due nani accesero un paio di torce e il fuoco illuminò la stanza circolare in cui si trovavano: tre porte malmesse e dal legno marcescente erano disposte a raggiera dinanzi al gruppo.

« Ecco il piano.
Siamo stati individuati, là fuori, e dobbiamo aspettarci il peggio: i demoni sanno che degli intrusi sono penetrati nella fortezza, anche se non conoscono il nostro numero. Ci divideremo in due gruppi, guidati da me e da Jahrir, con due obiettivi diversi. Uno, lo conoscete, è raggiungere le segrete per liberare i nostri amici. L'altro si trova nel cuore della montagna, nel punto da dove queste creature dell'ombra sono scaturite secoli fa. Le storie narrano di una pietra violacea incastonata in un basso pilastro di roccia, riportata alla luce molto tempo fa dagli antichi abitatori di questa dimora. Gemma Buia, la chiamano. Io stesso ne ho avuto una fugace visione, nel mio precedente... soggiorno. E' uno strumento del male, ed è da quella pietra che i demoni traggono forza: dobbiamo distruggerla.
I nostri nemici ci daranno la caccia, ma non sapranno che in realtà le loro prede hanno preso strade differenti. Ecco perchè un gruppo procederà a spron battuto, senza più preoccuparsi della segretezza, anzi facendo il possibile per attirare l'attenzione dei demoni: è il nostro diversivo. In questo modo l'altro potrà proseguire nella spedizione a loro insaputa, ammantato d'ombra e silenzio. Non vi mentirò: al momento la nostra principale preoccupazione è liberare i prigionieri, quindi sarà il primo gruppo, diretto alla gemma, ad attirare a sé i demoni.
»
Enkidu estrasse delle mappe grossolane disegnate con del carboncino e l'altro nano afferrò quella che, secondo il vecchio compagno, doveva essere la mappa raffigurante la disposizione e il modo di giungere alle prigioni. Ma così non era: Enkidu si avvicinò a Kel e a Sergey, i due del gruppo incaricati di seguire Jahrir.

« Contrariamente a quanto ho detto a Jahrir, voi vi dirigerete verso la gemma, col compito di portare caos e distruzione nella fortezza. E' un nano di valore, ma a volte troppo impetuoso: fra i prigionieri c'è Shaelan, la sua amata. Temo che il coinvolgimento emotivo possa portarlo a compiere qualche sciocchezza: non è adatto per una missione segreta. Scoprirà l'inganno, certo, ma a quel punto sarà troppo tardi per tornare indietro, e la mappa che ha non è quella che conduce alle prigioni. Conto su di voi. »
Condivideva la saggia scelta fatta dal nano, non potevano permettersi il rischio di compromettere la missione per via di interessi personali, c'era troppo in gioco.
I due gruppi si divisero.
Uno verso le prigioni, l'altro verso la Gemma e la distruzione dell'oscura piaga che stava infestando la roccaforte e che, molto presto, avrebbe corrotto molti altri luoghi, addirittura forse l'intera regione.
Passarono una porta di metallo e svoltarono verso una scalinata che sprofondava nella terra: era una struttura imponente vista dall'esterno ma era decisamente sconvolgente osservarla dall'interno. Una fitta rete di nicchie, gallerie e catacombe s'incrociavano l'un l'altra dando vita ad un labirinto lastricato in pietra: la parte di roccaforte visibile dall'esterno era solo la punta dell'iceberg, nelle profondità della terra era stata costruita una vera e propria titanica struttura.
I pensieri verso l'architettura del luogo svanirono ben presto lasciando solo il gelo più acuto penetrare le budella e la mente ad ogni metro percorso verso il basso.
Una discesa infernale, eterna.

« Scendiamo. Fate silenzio e occhio alla mobilia. »
Esclamò verso i due mercenari: ancora non era a conoscenza dell'inganno perpetrato da Enkidu.
« Allora? Volete tirarci addosso tutti i demoni? »
Non l'avesse mai detto, fu una domanda che non necessitava di alcuna risposta.
Dal profondo giunsero forti rumori e una luce abbagliante si stava avvicinando a loro.
Jahrir aveva preso la decisione di nascondersi nelle nicchie per far passare i demoni senza dover rivelare nuovamente la loro posizione. Kel si morse la lingua: voleva dirgli la verità sulla loro reale missione ma non era certo che quello fosse il momento più consono, forse non ce ne sarebbe stato mai uno.
Si limitò a spronarlo al combattimento.

« Non ha senso nascondersi come topi. Rispediamo questi demoni nel buco dal quale sono usciti. »
Grugnì mentre la mano destra sfoderava la temibile Neracciaio. Il nano tentennò alcuni istanti ma infine afferrò l'ascia, imboccando così la via più adatta: quella dello scontro.

« D'accordo, apriamo qualche buco dove ancora non li hanno! »
La luce si faceva sempre più vicina fino a quando non divenne visibile all'intero gruppetto: era una dannata torcia sospesa a mezz'aria, sembrava fosse dotata di vita propria e che si muovesse di sua volontà.
Ma così non era.
Jahrir sbiancò in volto e la torcia cadde a terra come privata dalla magia in grado di animarla.

« Camaleonti. Siamo fottuti. »
Nemici invisibili, quindi, i peggiori per i gusti di Kel in fatto di avversari.
Senza pensarci menò un fendente a vuoto con la mano armata facendo così scaturire dal metallo della lama una lingua di fuoco, diretto a mezza altezza, nel punto in cui la torcia era caduta a terra. Infine si concentrò per un istante divenendo capace di percepire tutte le energie presenti nel luogo. Il colpo infuocato e quello di Sergey andarono a segno colpendo in pieno un demone al centro della scalinata facendolo crollare sui gradini privo di vita e del dono dell'invisibilità. Percepì le pulsioni vitali di altri tre demoni che camminavano lungo le pareti della scalinata: due sulla sinistra, pressoché identici al nemico appena sconfitto, uno sulla destra, decisamente più grosso e dalla colorazione rossa mentre alle sue spalle riusciva anche a percepire l'energia di Jahrir, a dir poco notevole nonostante il piccolo involucro di carne.

« Sergey attento! Due nemici alla tua sinist-- »
Non riuscì nemmeno e terminare la frase che il grosso demone gli piombò addosso con velocità del tutto inaspettata vista la stazza taurina. Riuscì ad erigere una barriera magica dinanzi a sé ma la difesa fu sfondata con la facilità che ha una freccia di trapassare le carni. La veemenza del demone si schiantò contro Kel stordendolo e facendolo cadere all'indietro. Una fitta di dolore alla spalla sinistra gli inondò la mente facendogli stringere i denti ma l'adrenalina in circolo e l'istinto di sopravvivenza ebbero la meglio sul dolore: si rimise in piedi mentre Neracciaio veniva caricata di energia e iniziava ad emettere fiamme lungo la lama.
Saltò a destra e iniziò a correre lungo la parete, proprio come aveva fatto in precedenza il demone.

« Jahrir! Avrò bisogno di una mano contro questo bestione! »
Odiava profondamente chiedere aiuto ma, obbiettivamente, non vedeva altre vie se non il supporto del nano.
Giunto ad una distanza utile per offendere stese il braccio destro in avanti nel tentativo di colpire con un letale affondo infuocato il muso avversario.
Il colpo andò a segno e nel medesimo istante in cui il metallo di Neracciaio penetrava nel nemico avvertì il sibilo furente di un'ascia volargli alle spalle e piantarsi con inaudita violenza nel corpo del demone, eliminandolo una volta per tutte: Jahrir si era finalmente risvegliato dal torpore che l'avviluppava.

« Bene...bene...ora andiamo! »
Il nano riprese la marcia e con lui il resto del gruppetto. Fecero una decina di giri attorno al pilastro centrale dal quale emergevano i gradini che componevano l'infinita scalinata che stavano percorrendo per scendere verso il loro obbiettivo. Si ritrovarono così in una stanza lunga qualche metro, con solo un'entrata e un'uscita. Sul pavimento le piastrelle erano disposte a scacchiera ed erano colorate in maniera alternata in rosso e nero, come le strisce di colore presenti lungo le pareti. Il nano si bloccò fiutando l'odore di probabili trappole.
Kel rinfoderò Neracciaio per andare ad impugnare la piccola balestra.
Sparò un colpo su una piastrella rossa, giusto per vedere cosa sarebbe successo se ne avessero pestata una. Attese qualche istante ma non successe nulla, infilò un secondo dardo, questa volta mirò ad una piastrella nera: il dardo venne avvolto e incenerito da fiamme oscure. Dal sottosuolo si udì un forte rimbombo come quello simile ad un potente macchinario tornato in attività dopo secoli di inutilizzo. In pochi secondi la disposizione delle piastrelle cambiò e con essa anche il volto di Kel, da impassibile a rabbioso. Caricò per la terza volta la balestra e sparò il dardo nuovamente su una piastrella nera, giusto per verificarne la pericolosità definitiva.
Come prima il dardo venne incenerito in un istante.
Di nuovo il rombo sotterraneo e dinanzi a loro una nuova disposizione.
Rimise la balestra a posto, celandola sotto il mantello, dopodiché avanzò camminando come nulla fosse senza sfiorare nemmeno il pavimento e le piastrelle.
Poco dopo giunsero pure Sergey e Jahrir.
Attraversarono la porta e si ritrovarono in un corridoio che si perdeva nell'infinità oscurità della fortezza.


Kel'Thuzak
il Mezzanima

CS 4 ~ Destrezza 2 - Intelligenza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 80 - 5 - 10 - 10 - 10 = 45%
Status Fisico: danno Medio spalla sx.
Status Psicologico: Indenne.

Equipaggiamento in uso

Neracciaio__ Utilizzata in combattimento (mano dx)
Silentium__ Utilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla. Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1 e 2 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}


Attive Utilizzate

unda flammas__Spendendo un quantitativo Basso o Medio di energie, sarà possibile sprigionare da Neracciaio una bordata costituita da fiamme, nonchè manifestazione dell'anima racchiusa nell'arma in grado di arrecare un danno pari al consumo speso sottoforma di bruciature e ustioni.
{Attiva Lvl.1 e Lvl.2 Artigiano} [Consumo impiegato: Basso]

oculus vitae__La tecnica è un auspex di natura magica, consumo Medio. Tramite questa tecnica le capacità di percezione di Kel aumentano incredibilmente rendendolo un vero e proprio esperto in magia sensoriale in grado di percepire ogni sorta di aura, alleate o meno anche se queste si nascondono in posti lontanissimi da dove è Kel. La tecnica consiste in un auspex passivo dispiegato in un area incredibilmente vasta. Le applicazioni di questo potere sono innumerevoli, e trovano utilità specialmente nel corso di missioni complesse, di individuazione o inseguimento. Tale capacità percettiva può essere interpretata come un semplice potere di auspex, ma anche come un'emanazione energetica o evocazione che farà da guida al caster verso un suo obiettivo designato - in questi ultimi casi, la creatura o l'emanazione non potrà essere né attaccata né dissolta e svanirà dopo aver indicato al caster il suo bersaglio. La guida o la capacità di auspex permane per quattro turni compreso quello di attivazione.

claustrum__La tecnica ha natura Magica e consumo Medio. Lo stregone genera una barriera magica, dal colore nero e dalla consistenza liquida e densa come fosse composta di sangue demoniaco, grande al massimo quanto lui, in grado di difenderlo efficacemente da una offensiva dello stesso livello o inferiore. La tecnica ha una potenza difensiva pari a Media.
{Pergamena Barriera - Mago}

vetus flammas__La tecnica ha natura Magica, consumo Medio. Lo stregone sarà in grado di circondare una parte del proprio corpo, l'intero corpo o il proprio equipaggiamento e le proprie armi con l'elemento che controlla, il fuoco, nonchè manifestazione elementale della sua anima corrotta. Questa tecnica non può essere castata nel momento della difesa per danneggiare il nemico che attacca. In compenso, nel momento in cui Kel sferra un attacco con un'arma o una parte del proprio corpo ricoperta dall'elemento, questo conterà come una tecnica di potenza Bassa che infligge un danno Alto compatibile con l'elemento del fuoco.
{Pergamena Fusione Elementale - Mago}



 
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Emelianenko
view post Posted on 2/1/2014, 20:55




Quanto più un uomo si avvicina alle tenebre, tanto più rivela se stesso.
Parole non di Sergey, ma lette in chissà quale libro, affiorarono alla sua mente; probabilmente perché ciò che stava facendo era scendere sempre più in basso negli abissi di quella fortezza, incamminandosi in un inferno che era forse persino peggiore di quello che viveva ogni giorno nella malvagità e stupidità dei suoi simili.
Passo dopo passo, in quella lunga scalinata, capiva che aveva già toccato il fondo da un po'. E così procedeva – tranquillamente – in una missione in cui aveva già dovuto prendere i panni dell'ingannatore, trovandosi costretto a fingere di dover agire in silenzio quando il suo vero obiettivo era attirare a se l'attenzione dell'intera fortezza.
La cosa non lo turbava affatto: mentire era diventato ormai la norma per lui ed inoltre l'ipocrita ingenuità di quel Jahir, gli stava ben poco a genio.
Ed ecco che procedeva spedito, facendo ancora una volta i conti con se stesso. Avrebbe forse preferito agire nell'ombra e procedere furtivamente: si sarebbe di certo trovato più a suo agio. In fondo ciò era una costante della sua infanzia. Ma nell'essersi trovato a far parte del gruppo che avrebbe dovuto attirare attenzione su di sé, non poté che rivivere nella mente quel cambiamento che ci fu nella sua vita, quell'alterazione che lo spinse persino a sposarsi ed avere una bambina. Una sensazione, questa, nostalgica ma familiare, come se una vecchia consuetudine si fosse improvvisamente ripresentata.
Un brivido percosse la sua schiena, mentre, a testa bassa e con le mani riposte nelle tasche dei pantaloni, non riuscì a celare un lieve sorriso.
Almeno avrebbe combattuto.
Avrebbe ancora una volta nascosto la sua natura pur senza disancorarsi dalla certezza che in realtà non stava facendo altro che ingannare se stesso.
Sì, perché lui non era un guerriero. La morale di chi si vanta di possedere tale titolo era in effetti a lui estranea. Lui, semplicemente, combatteva. E quando combatteva, stava bene; isolato dal mondo e da se stesso, in quello stato di quiescenza a cui forse tutti ambiscono.
La flebile luce di una torcia in fondo alla scalinata interruppe i suoi pensieri. Non erano soli.

« Nelle nicchie, presto! »

Fu Jahir a parlare. Ed in effetti in quelle condizioni, nascondersi nelle nicchie buie che contornavano la discesa era la cosa più sensata da fare. Ma il loro obiettivo non era passare inosservati e per non far sospettare il nano, Sergey doveva cambiare le condizioni.
Un forte rumore si udì poco più in basso, probabilmente dietro a dove si trovavano i demoni. Pareva quasi che un macigno si fosse abbattuto sulla scalinata, in realtà non era stato altri che Sergey stesso a provocarlo.

"Ora sono distratti"

La sua voce bassa, assai simile ad un sussurro, voleva celare i suoi reali intenti.

"Dobbiamo approfittarne, meglio non dare altre rogne ad Enkidu"

Aggiunse poi, convinto che il nano non avrebbe abbandonato l'amico.

« D'accordo, apriamo qualche buco dove ancora non li hanno! »

Rispose Jahir, prima di sbiancare, notando l'invisibilità del nemico.

« Camaleonti. Siamo fottuti. »

Sergey, tuttavia, non si diede per vinto. Anzi era felice di poter impugnare le armi ancora una volta.
Ripeté lo stesso stratagemma di prima, facendo però apparire il rumore come una sorta di scricchiolio, quasi come se il soffitto stesse per crollare addosso; se realmente ciò fosse successo in quell'angusta scalinata, nessuno di loro avrebbe avuto scampo.
Subito dopo diede un calcio circolare all'aria e dalla punta del piede prese forma una lama di vento falciforme che si diresse poco più in alto della torcia ormai giacente in terra. Fece un giro su se stesso per scaricare la potenza del colpo nell'aria e con un movimento elegante estrasse l'archibugio con la mano destra, per sparare un colpo poco più in alto dell'attacco precedente.
A seguito dello sparo, un forte tonfo s'impose prepotente: se il suo obbiettivo era attirare l'attenzione dei demoni della fortezza, allora lo stava adempiendo al meglio.
Un demone incredibilmente magro – tanto da guadagnarsi il disgusto di Sergey, e con ossa che ergevano da gomiti e ginocchia, cadde in terra senza vita, vittima dei colpi di Sergey e Kel'Thuzak.

« Sergey attento! Due nemici alla tua sinist-- »

Fu quest'ultimo a parlare, avvertendo Sergey di una minaccia estremamente prossima.
Sergey rivolse l'attenzione alla sua sinistra e riuscì solo a malapena ad avvertire un lieve fruscio, segnale d'un attacco che evitò grazie all'istinto più che all'abilità. Il fato non fu però così generoso con l'attacco sferrato dall'altro demone: un'artiglio lo lacerò al fianco destro. Non era un taglio profondo ed in effetti fu assai grato per quel colpo perché riuscì a capire grossomodo la posizione dei suoi nemici. Lanciò un fendente con la mano sinistra e dalla punta delle dita prese forma un'altra lama di vento falciforme; quasi contemporaneamente sparò un colpo di archibugio con la mano destra, per poter donare la morte al demone che lo aveva graffiato. Il tutto venne eseguito con somma eleganza e Sergey mantenne lo sguardo basso quando i demoni – non dissimili dal precedente – si distesero al suolo privi di vita.
Un sorriso ancora più grande prese forma sul suo volto, non per la soddisfazione della vittoria, ma per quella del suo ego che si autocompiaceva di aver provocato molto rumore grazie all'arma da fuoco ed alle sue abilità da ventriloquista, senza che Jahir sospettasse nulla.
Messi fuori gioco i demoni, i tre procedettero per la loro strada, scendendo ancora più in basso nella fortezza, fin quasi a raggiungere gli inferi stessi. Ma l'inferno, Sergey, lo aveva già vissuto sulla terra: nulla di ciò che lo attendeva lo avrebbe spaventato.
Almeno così si ripeteva.
Ed in effetti fu solo la sorpresa ad albergare in lui quando osservò – alla base della scalinata – una stanza la cui pavimentazione era a forma di scacchiera. Non v'era altro: le pareti erano quasi del tutto spoglie, ad eccezione di due linee di colore rosso e nero, gli stessi delle piastrelle.

« Dobbiamo attraversarla. »

Parlò Jahir, avvertendo la probabile trappola.
Kel'Thuzak sparò qualche colpo alle piastrelle, mostrando quale fosse il tranello: di fatti le frecce che colpirono le piastrelle nere vennero avvolte e consumate da fiamme oscure, come se un arcano ardore contagiasse e corrodesse tutto ciò con veniva in contatto. Le sole piastrelle sicure erano le rosse, ma la conformazione della scacchiera cambiò, rendendole di fatto inagibili.
Poco male.
Kel'Thuzak procedette per primo, levitando leggermente ed evitando di toccare alcunché.
Lo seguì Sergey, che afferrò il nano e corse sulla parete per poi traversare la stanza sfruttando anche il più improbabile appiglio del soffitto. Per quanto riluttante, Jahir non oppose resistenza ed anzi giunti dall'altro lato borbottò persino qualche parola di ringraziamento, sebbene non tradì i suoi modi burberi.
Sergey si limitò a rispondere con un sorriso asimmetrico.
La parte più problematica di quella missione a doppia faccia era probabilmente passata. Se anche Jahir avesse scoperto le loro intenzioni, da quel momento in poi non sarebbe stato in grado di attraversare quella stanza e tornare indietro. Ora doveva solo far più rumore possibile per attirare a loro tutti i demoni della fortezza.
Mentre si incamminava in un corridoio che pareva così lungo da perdersi nell'oscurità, un pensiero trovò spazio nella sua mente: "era già stanco, come avrebbe fatto a tener testa fino al ritrovamento della gemma a tutti i demoni che sarebbero stati attirati di lì a breve?

Energia:
75 - 05 - 05 - 10 - 05 - 05 - 10 =35%

Status fisico/Psicologico:
Danno medio da impatto al busto, danno basso al fianco destro/Danno basso alla mente
13/16 / 15/16

Cs:
2 Destrezza

Armi:
L'arto sinistro di Sergey pare appartenere più ad un demone che ad un umano. È composto da una sorta di corazza di colore nero, salvo alcune venature grigiastre che compongono un'illogica trama. L'uomo è solito coprire il braccio con delle bende. [Arma naturale]
L'arto destro è invece più simile a quello di un umano: l'unica anomalia consiste nello spessore esagerato delle vene, e nelle unghie estremamente affilate; esse sono infatti lunghe circa il doppio del normale ed in grado di tener testa persino alla lama più tagliente. Molto spesso indossa un guanto che ne cela malamente le anormalità. [Arma naturale]
L'intero corpo, in realtà, è estremamente resistente, al pari delle armature più leggere. Nonostante ciò, non presenta particolari anomalie. [Arma naturale]
Le uniche armi che in effetti possiede, sono una pistola antica dalla lunghezza di 37 cm e l'altezza di 11 cm [Pistola – 5 colpi disponibili a giocata], ed un archibugio della lunghezza di 70 cm, l'altezza di 15 cm ed il peso di 3,5 kg [Fucile – 3 - 1 - 1 = 1 colpo disponibile].

Consumi:
B:5 M:10 A:20 C:40

Abilità passive:
Ian Tao: Sergey ha sviluppato la capacità di muoversi senza far alcun rumore ed al contempo riesce a non emettere alcun odore, impedendo a chiunque di percepire la propria presenza attraverso l'udito o l'olfatto. Inoltre il suo passaggio non crea alcuna vibrazione, e non lascia traccia alcuna sul terreno.[I e II Effetto passivo del dominio Assassino]
Indifferenza: Fin da quando era piccolo, Sergey è sempre stato poco influenzabile dagli eventi esterni, forse per la sua natura, forse per il modo in cui è cresciuto. In termini tecnici, possiede una difesa psionica passiva. [Abilità razziale Autosufficienza]

Abilità attive:
Persecuzione: Una voce, un suono, un rumore. Qualcosa di lontano e disturbato, qualcosa di superfluo. Eppur sarà difficile da colui che subirà questa tecnica, non prestar attenzione a quest'interferenza. Nulla di sovrumano, s'intenda: semplicemente anni ed anni di allenamento che hanno permesso a Sergey di dar l'impressione che la propria voce provenga da un'altro luogo. Si può considerare quest'abilità come la quintessenza del ventriloquismo. In termini tecnici è una tecnica fisica con effetti psionici - e va dunque difesa come una tecnica psionica - ad area, con consumo basso, che non causa danni e non ha altri effetti se non quello di distrarre l'avversario per una singola azione. [I effetto attivo del dominio]
Al'fa: Anni di allenamento hanno permesso a Sergey di sperimentare persino una tecnica a distanza che sfrutti le sue abilità fisiche. Semplicemente colpendo e tranciando l'aria, quest'ultimo sarà in grado di creare una "lama" di vento che si scaraventerà sul nemico. Il colpo potrà avere una forma falciforme oppure lineare (come una sorta di raggio). Si tratta di una tecnica fisica di potenza (variabile bassa e media) pari al consumo, di un livello inferiore se usata a 360°. [Abilità personale II]
Ti Lob e Lom: Più che di una tecnica si tratta di una combinazione più o meno ampia di schivate: può essere un semplice movimento del capo, una rotazione del busto verso il basso, un saltello per evitare un colpo basso, un passo laterale o all'indietro per evitare un attacco, o addirittura un salto acrobatico per evitare più attacchi contemporanei. In termini tecnici si tratta di una difesa fisica di potenza pari al consumo (variabile basso) e di un livello inferiore se utilizzata a 360°. [Abilità personale I]
Seub: Non esiste alcun luogo nel quale Sergey non sia in grado di muoversi. Che sia esso mutevole, con una gravità particolare, o ancora si tratti di una ripida parete da scalare o persino camminare sul soffitto sfruttando anche il più improbabile appiglio, non sarà mai un ostacolo per Sergey; ed allo stesso modo non esiste luogo che possa minare il suo orientamento. Si tratta, in termini tecnici, di una tecnica fisica a consumo medio che dura due turni. [II effetto attivo del dominio]

Riassunto:
Come da copione, Sergey distrae inizialmente i demoni con "persecuzione", poi si avvicina e per combattere usa di nuovo "persecuzione", seguito da "al'fa" a consumo medio, seguito da un colpo di archibugio. Fattagli notare la presenza di altri due demoni, schiva l'attacco di uno con" ti lob e lom" a consumo basso, mentre incassa un danno basso al fianco destro dall'altro. Elimina entrambi con "al'fa" a consumo basso e con un colpo di archibugio.
Alla scacchiera attraversa usando "seub" e portandosi il nano.

 
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view post Posted on 9/1/2014, 21:30

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Enkidu assistette alla scena osservando il tutto avvolto nel suo manto di tenebre. Richter svanì alla vista con un lieve sfarfallio, piegando al suo volere le leggi dello spazio e della realtà, mentre Killibert si preparava a fare ancora una volta sfoggio delle sue abilità di tiratore. Pareva proprio che avesse scelto gli elementi più adatti per quella missione segreta. Trascorsero solo pochi secondi prima che la spada del cacciatore di demoni penetrasse a fondo nella fronte della creatura più a destra, dritto in mezzo agli occhi. L'essere ebbe a malapena il tempo di gorgogliare un rantolio agonizzante prima di crollare a terra, subito seguito dal compagno: quest'ultimo non aveva trovato una sorte migliore ed era stato raggiunto dai pugnali e dai dardi del mercenario in più punti, tutti vitali. I proiettili avevano colto i propri bersagli con precisione mortale.

« Ben fatto. »

Si congratulò il nano, avanzando verso i cadaveri con una punta di circospezione, seguito dal resto della compagnia che faceva capo a Gnam. Dopo essersi assicurato della loro dipartita, afferrò una delle torce alle pareti e studiò brevemente la porta ormai priva di sorveglianza. Era chiusa a chiave, ma non era un problema.

« Fatevi indietro. »

Sollevò l'ascia e la schiantò con forza sulle assi vicino all'intersezione con le mura di pietra. Il legno vecchio e logoro venne frantumato, e la porta scardinata. Un cenno di Enkidu e il gruppo si rimise in marcia.
Camminavano in silenzio. Percorsero altri corridoi, superarono gli incroci e attraversarono qualche piccola stanza velata dalla polvere del tempo. Si trovavano nelle viscere della fortezza, là dove le sale monumentali e i vasti saloni cedevano il posto a budelli labirintici e gelidi magazzini, ma ormai da molto le dispense erano vuote e i depositi deserti. Rimanevano soltanto sagome sbiadite sulle pareti, lì dove un tempo erano state ammassate casse e barili, spettri di un'epoca dimenticata.
Ogni tanto il nano si fermava dinnanzi all'ennesimo bivio o svolta, consultando brevemente la mappa alla fioca luce della fiaccola, ma per il resto faceva affidamento alla propria memoria. Procedettero sicuri, almeno fino a quando Enkidu si arrestò all'improvviso davanti a un ammasso di pietre e calcinacci. La frana intralciava l'intero passaggio e bloccava loro la strada. Il guerriero consultò interdetto la cartina, due, tre volte, e si guardò intorno meditabondo. Tastò il cumulo con la punta di un piede e una manciata di pietrisco rotolò giù dalla china con un lieve acciottolio, sollevando una nube di pulviscolo. Sotto di essi, soltanto altri strati di grigia roccia.

« Questa frana è recente: non c'era quando sono fuggito di qui. »

Enkidu sospirò con rammarico e scrutò i volti dei suoi compagni.

« Dobbiamo fare una deviazione. Siate prudenti. »


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Ritornarono sui propri passi, percorrendo a ritroso il corridoio fino a quando giunsero a una svolta a destra, che imboccarono. Si ritrovarono di fronte a una scala a chiocciola; risalita quest'ultima proseguirono per qualche minuto attraverso una serie di rampe. Il pavimento era inclinato e i morsi del freddo allentavano leggermente la presa a ogni tornante: tornavano verso l'alto. A un certo punto la temperatura precipitò di nuovo, repentinamente. Una sgradevole sensazione serpeggiava nella compagnia, come se il gelo si fosse concretizzato in tentacoli siderali che strisciavano fra gli uomini, si avvolgevano intorno alla carne e penetravano nei corpi, recando un presentimento di gelido terrore. Alla fine emersero in un vasto salone circolare; il colossale ambiente era lastricato di granito e scandito a intervalli regolari da pilastri squadrati che si rastremavano verso l'alto, almeno fin dove l'occhio riusciva a scorgere: le colonne, così come il soffitto a cupola e le pareti opposte al gruppo, si perdevano nell'oscurità. Per quanto Enkidu sollevasse in alto la torcia la pozza di luce dorata non poteva spingersi oltre pochi passi di distanza; ombre danzanti si allungavano sui pilastri e raggrumavano ai margini del campo illuminato, accerchiando il gruppetto come nemici in un assedio. La sensazione di soffocante oppressione era più acuta che mai; a Enkidu pareva quasi che il suo cuore, rigonfio della presenza maligna, fosse sul punto di esplodere.

« L'influsso demoniaco è molto più forte qui. Non permettiate che... »

Enkidu si interruppe. Gli era parso di scorgere qualcosa nell'ombra, oltre una colonna. Strinse gli occhi nel cercare una conferma, ma la luce si era improvvisamente affievolita, contratta su se stessa come una una preda ferita e spaventata. Un'altra sagoma, poco oltre, riversa sul lastricato in una pozza di inchiostro nero pece. Si staccò dagli altri e avanzò per investigare: urla strazianti e lamenti disperati squarciavano il silenzio, mentre nell'aria si diffondevano nuvole di fumo e il tanfo della decomposizione. Un rivolo di quello strano liquido lambì i suoi piedi, e alla flebile fiamma della torcia ne distinse il vero colore: rosso sangue. Ormai i cadaveri ingombravano l'intera sala, ammassati in pile scomposte e orride, i corpi devastati da scempi di ogni tipo. Con enorme sgomento, si rese conto che erano tutti nani.
Enkidu si avvicinò al più vicino, quello che aveva scorto da lontano. Era riverso sul granito, il ventre squarciato, le interiora debordate all'esterno. L'elmo deformato ne celava i lineamenti.
Si piegò per scostarlo e annichilì.
Il morto aveva il suo volto.


_________ ____________________________ _________


« POV: Aaron Richter »


Un fruscio dalle tenebre, ombre liquide smosse da un vento gelido che dilania la carne. La luce si affievolì e da dietro un pilastro emerse una figura nera che si avvicinò a passi lenti e solenni. Indossava un'ampia tunica scura dalle maniche larghe e i bordi trapunti di cremisi che scintillavano sanguigni nella semioscurità. Il cappuccio era calato sul volto a nasconderne i tratti, ma la sua voce, quando parlò, fu inconfondibile per il cacciatore di demoni.

« Aaron. Bentornato »

Esordì in tono amichevole, poi mosse ancora un passo in avanti e sollevò il cappuccio, rivelandosi.

« Vedo che ti ricordi ancora del tuo Fratello Gunther. »

Il suo volto segnato dall'età si allargò in un sorriso caloroso, e proseguì:

« Sarai sorpreso di trovarmi qui, lo capisco, e per giunta con questo aspetto lugubre, ma non devi spaventarti. Molte cose sono cambiate in questi ultimi anni. Ricordi ciò che ti dissi quando ottenesti la tua croce? Il male era destinato a vincere, forse non oggi, nè domani, ma era solo questione di tempo. All'epoca ancora credevo - che stolto! - che le nostre azioni potessero salvare il mondo, ma ormai da tempo la verità mi ha illuminato. »

Come a sottolineare il suo discorso, sollevò una manica a mostrare il proprio braccio, dove un tempo doveva essere stata marchiata a fuoco la croce simbolo dell'Ordine: del tatuaggio restava solo una cicatrice frastagliata lì dove la pelle era stata raschiata via con un coltello, per eliminarne ogni traccia.

« Non sono il solo a pensarla così, ovviamente. L'intero Ordine per come lo conoscevi è in sfacelo, e la tua stessa missione era solo un pretesto per attirarti qui. Sapevo che non avresti compreso semplicemente la realtà delle cose, senza un esempio del nuove potere che sta nascendo in questo luogo. Ciò che devi capire è che ormai questo cosiddetto "male" è troppo forte per essere combattuto: le uniche alternative sono unirsi ad esso o soccombere. »

Allungò una mano verso Aaron, invitandolo ad accostarsi.

« La stessa separazione fra Bene e Male è stupida e antiquata. Rammenti? Te ne accennai in quella lettera. La plebaglia definisce male ciò cui non ha la forza di elevarsi, lo denigra per autogiustificare il proprio fallimento, l'incapacità di assumersi le responsabilità delle proprie azioni, la mancanza di coraggio di fronte a scelte difficili. In tutta onestà, molti dei nostri confratelli intendevano ucciderti e liberarsi di te: ti reputavano un soggetto irrecuperabile, plagiato troppo a fondo da una retorica buonista e ingenua; ma io, in nome dell'affetto che ci lega, li ho convinti a darti un'opportunità. »

Si interruppe, fermandosi per indicare gli uomini intorno a loro. Enkidu e i mercenari non prestavano minimamente attenzione ai due, impegnati nelle loro personali elucubrazioni.

« Aaron, ti chiedo : scegli di essere un mediocre per il resto della tua vita, o scegli di unirti a noi, di elevarti a più alte imprese? Grazie all'enorme potere che alberga nel cuore della montagna, presto controlleremo il mondo intero. Potremo imporre l'ordine che tanto abbiamo agognato. Ti chiedo un'unica prova di fedeltà: uccidi il nano e i suoi scagnozzi prezzolati, adesso. Nessuno deve provare a intralciare la nostra ascesa. »

Infine aggiunse, in tono conciliante:

« Altrimenti sarò costretto ad adeguarmi al volere dei miei fratelli. »


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« POV: Killibert Gnam »


Sospiri dall'abisso, echi di un passato dimenticato che torna a tormentare il presente. Nella vasta sala di granito i passi risuonarono come rintocchi di mezzanotte sull'orologio dell'esistenza. Dall'oscurità più cupa si fece avanti un uomo vestito di bianco, giovane all'apparenza, con gli occhi di gelido ghiaccio e i lunghi capelli d'avorio, come la barba. La sua voce era beffarda e cristallina.

« Finalmente ci rincontriamo, Killibert. »

Sorrise con fare ironico, fissando lo sguardo sul mercenario.

« Oppure preferisci Jason, o il Senzanome? Personalmente, propendo per marionetta. »

Da una manica del suo abito scivolò fuori un pupazzo di stoffa con le fattezze di Gnam, legata con sottili fili scintillanti a una croce di legno che lo sconosciuto impugnava con la mancina. L'espressione del burattino era sofferente, mentre le sue piccole membra si agitavano come in preda alle convulsioni.

« Sì, esatto, ecco quello che sei: nient'altro che una marionetta in balia di una forza più grande di te. Ti sei agitato a lungo, pensando scioccamente di avere il controllo della tua vita, ma ormai è arrivato il momento di recidere i fili. »

Un rumore lacerante accompagnò la caduta del fantoccio, seguita da un tonfo leggero quando toccò terra.

« Ti vedo confuso; ancora non hai capito? »

L'uomo calciò lontano la marionetta e riportò lo sguardo su Killibert, sorridendo ancora in modo beffardo.

« Immagino di doverti delle spiegazioni, prima della fine. Dopotutto rimani la nostra prima creazione, per quanto fallimentare. Di sicuro ti sei chiesto perchè non ricordi niente del tuo passato, e da dove provengono certe tue particolari doti. La risposta è che sei il frutto di un esperimento malriuscito, il tentativo ancora difettoso di creare una creatura superiore, non contaminata da emozioni, sentimenti e vincoli morali. Il guerriero perfetto nel suo essere disumano. Ecco perchè non rammenti la tua vita precedente: non esiste, se non per i pochi ricordi che ti sei autofabbricato. Ecco da dove derivano le tue letali abilità, da dove nasce quella presenza gelida che ti invade quando il tempo delle parole cede il posto alla danza del sangue. Eri nato per questo, già adulto, già pronto. »

Lo sguardo dell'uomo in bianco si intristì, la bocca prese una piega amara.

« Fino a quando non ti sei ribellato. Un nostro errore, lo ammetto; eravamo ancora inesperti. Hai ripudiato la tua natura e sei scappato. Da quel giorno nella radura hai cercato di costruirti una nuova realtà, una fallace illusione di vita. Non hai fatto altro che raccontarti una menzogna fino a convincerti della sua veridicità, ma la presenza innominata torna sempre a tormentarti. »

Si interruppe per guardarsi intorno, scandagliando le ombre fitte che si addossavano da ogni lato. I suoi occhi si riaccesero di speranza.

« Eppure le nostre ricerche sono proseguite, con risultati sempre migliori, e adesso è giunto il tempo di mettersi alle spalle gli sbagli passati. Per questo ti abbiamo attirato qui. La tua esistenza non ha più motivo d'essere. Abbi il coraggio di fare ciò che è giusto: poni fine a questo inganno. »

La voce si inasprì, dura e implacabile come un vento ghiacciato.

« Ucciditi, o dovrò farlo io. »


CITAZIONE
~ QM POINT

Turno un po' particolare. Dopo la deviazione forzata siete finiti in un nuovo ambiente, un'ampia sala dove l'influsso demoniaco, pur essendo al momento assenti le creature, è molto più forte che altrove. Come conseguenza di questo fatto i vostri personaggi, oltre che Enkidu, si ritrovano a dover fronteggiare un delirio/illusione che la forza maligna ha modellato in base al vostro incoscio, al vostro passato, alle vostre paure. I pg percepiscono come assolutamente vero ciò che sta accadendo, e anche venire a conoscenza dell'inganno non permette di spezzarlo. Per questo giro di post ho voluto farvi focalizzare principalmente sull'aspetto emotivo e sull'interpretazione del personaggio, cercando di fornirvi uno spunto che favorisse l'approfondimento psicologico più che una semplice azione di combattimento. Mi interessa vedere come Aaron e Killibert supereranno la prova, se lo faranno, trovando la forza e le motivazioni per proseguire. Insomma, un piccolo viaggio nella psiche dei vostri pg. Tenete conto che entrambi i discorsi dei nuovi arrivati sono accompagnati da un'influenza psionica di convincimento a potenza Alta dalla quale non potete difendervi tramite tecnica. Le alternative sono assecondarla o contrastarla: nel primo caso non subirete danni ma Richter sarà portato ad attaccare gli altri, mentre il Senzanome se stesso; nel secondo caso subirete un danno Alto vanificando di fatto il potere persuasivo dei due ordini (uccidi, ucciditi) ma non risolvendo la situazione in generale. In quest'ultimo caso è probabile che i due rincareranno la dose e vi attaccheranno. Potete trattare autoconclusivamente i png e combattere con loro, ma alla fine non saranno i danni inflitti a spezzare l'illusione, quanto il percorso interiore dei personaggi. Spero di essere riuscito a spiegarmi in modo sufficientemente chiaro. Stella Alpina, per alcune frasi di Gunther ho fatto riferimento alla tua scheda e al contest di Giugno, mi auguro di non aver commesso errori; Senzanome, nel tuo caso ho lavorato più di fantasia, comunque la situazione descritta non significa necessariamente che Killibert abbia mai considerato una simile ipotesi sul suo passato; semplicemente il potere demoniaco in atto mette assieme i pezzi per costruire uno scenario potenzialmente verosimile. Se avete domande o dubbi chiedete pure in Confronto. La scadenza è fissata per il 14 sera.


 
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Caccia92
view post Posted on 11/1/2014, 16:11






Il corridoio si allungava nuovamente nelle tenebre, avvolgendo la penombra con un manto nero simile ad un sudario. Man mano che avanzavano accostando una delle pareti, l'aria si faceva sempre più umida e pesante, il freddo pungente del sottosuolo penetrava le ossa e la mente. Scendevano, scendevano senza sosta nei meandri della Fortezza, sorpassando stanze vuote e nicchie buie. Sempre dritti, sempre avanti, verso l'ignoto e, forse, una fine poco decorosa. I demoni che avevano incontrato sulla scalinata erano differenti dalle semplici sentinelle a guardia dell'entrata, si trattava di un gruppo specializzato per scongiurare i tentativi di intrusione nelle strutture interne. Camaleonti li chiamavano i nani; assassini, bestie prive di umanità votate alla protezione della Fortezza. Ma se stavano davvero andando verso le prigioni, perché i demoni avevano organizzato delle imboscate e dei tranelli lungo la via? Perché disporre una pavimentazione a rituali esplosivi per proteggere dei prigionieri? Sarebbe stato molto più sensato trovare quel tipo di tranello sulla strada per...
Jahrir si bloccò nel bel mezzo del corridoio. I suoi occhi erano fissati su un punto imprecisato, il volto privo di espressione. Nella sua testa si delineava una serie di considerazioni e riflessioni che stava lentamente prendendo posto tra i timori per il viaggio. Improvvisamente, con uno scatto frenetico del braccio, recuperò la mappa sbiadita che gli aveva consegnato Enkidu. La sua mano tremava in maniera convulsa e impiegò diverso tempo prima di riuscire a dispiegare la pergamena ingiallita e rovinata. Quando il suo sguardo esaminò la mappa, una goccia di sudore calò giù dalla fronte, immergendosi nella barba ispida. Il nano strinse i denti e socchiuse le palpebre, fremendo come una pentola in ebollizione.
Esplose verso i suoi compagni, sbattendogli in faccia la cartina.

« ABBIAMO SBAGLIATO STRADA! »

Urlò ferocemente, agitando il braccio e rischiando di strappare la mappa.
Si rivolse casualmente a Sergey.

« VEDI?! Mi pare ovvio che questo corridoio scende in profondità, mentre noi dovevamo prendere... »

Si bloccò ancora, tra uno sputacchio di saliva e l'altro.
Avvicinò il naso ad un piccolo segno nero scarabocchiato sulla pergamena.

« ...aspettate un attimo...questa è la via che hanno preso gli altri! Loro stanno andando alle prigioni! »



Tutto il mondo di Jahrir si era spezzato in un istante. Le spalle si afflosciarono, la schiena si incurvò in avanti, le dita mollarono la presa sull'ascia. La scalinata, la stanza, il corridoio...sembrava così chiaro in quel momento. Così semplice da capire. Avrebbe dovuto immaginare il percorso, non lasciarsi trasportare dalla foga di rivedere la sua amata. I sentimenti gli avevano offuscato la vista, rendendolo cieco di fronte all'evidenza. Enkidu lo aveva ingannato, lo aveva mandato a prendere la Gemma Buia. Perché? Perché, dannazione! Lui sapeva che ritornava alla fortezza unicamente per liberare i prigionieri, non per porre fine al dominio dei demoni! Cosa credeva di fare mandandolo a recuperare la Gemma? Non aveva l'addestramento adeguato, non aveva spirito di iniziativa, non aveva nulla di quello che aveva il suo maestro. Era sempre stato il secondo, quello impulsivo che si lasciava trasportare dalle emozioni e si ubriacava dopo le battaglie.
Fissò furibondo i suoi compagni.

« Voi sapevate, non è vero? Voi eravate a conoscenza del piano, non è così? »

Jahrir recuperò frettolosamente l'ascia da terra, sputò per terra e corse via.
Scappò nell'ombra, perdendosi nel corridoio della Fortezza, un puntino sempre più lontano.



_________ ____________________________ _________



jpg




Kel e Sergey restarono soli, nel silenzio più totale. Avevano visto il nano fuggire verso il fondo della galleria nera che stavano attraversando e ora dovevano decidere come procedere. Per puro caso - o forse volutamente - Jahrir aveva lasciato la mappa per terra. La piantina era fatta di pergamena gialla, strappata sui lati, ma si poteva leggere tranquillamente. Il loro percorso, nonostante alcuni elementi mancanti, sembrava abbastanza chiaro: oltre il corridoio c'era un bivio, due strade che si separavano completamente; una, quella di sinistra, andava verso l'alto, verso una probabile uscita secondaria che dall'esterno era invisibile; la seconda, quella di destra, si inabissava ancora di più nelle profondità della Fortezza. Il nano, coerentemente, si era allontanato verso l'alto, forse cercando di raggiungere il gruppo di Enkidu.
Ma la loro missione era chiara: trovare la Gemma Buia, attirare l'attenzione dei demoni per favorire la liberazione dei prigionieri. Cosa avrebbero scelto? Andare a recuperare Jahrir, alleato fondamentale per la riuscita del lavoro o proseguire da soli nel buio della Fortezza?




CITAZIONE
~ QM POINT

Bene ragazzi, Jahrir si è accorto dell'inganno e non l'ha presa proprio bene. Dopo un breve attimo di riflessione, vi sbatte in faccia tutti i suoi sospetti e vi critica per non averlo avvertito. Dopodiché, fugge verso il tunnel - perché indietro non può tornare - e il buio che lo inghiotte. Trovate per terra la cartina che vi aveva fornito Enkidu, cartina che ora potete consultare. Adesso sta a voi decidere: le vostre disposizioni proporrebbero di continuare con la missione, inoltrandovi nell'oscurità della Fortezza per recuperare e distruggere la Gemma Buia. Ma sarebbe saggio lasciare andare Jahrir così?
La scelta è vostra. Attenti che, a dispetto della brevità del post, questo turno è di fondamentale importanza per voi. Mi raccomando, fondamentale importanza.

Ci vediamo in confronto!

 
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Stella Alpina
view post Posted on 14/1/2014, 13:35




Erdkun ≈ Sangue ribelle

-Strane influenze-










Perwaine, Fortezza, tempo attuale


Un rumore di ossa infrante seguì l'affondo preciso della spada del redentore. Il demone si afflosciò su sé stesso accompagnato in parte dal contro-peso dell'uomo. Leggeri fischi e i seguenti impatti alla sua sinistra segnalarono la fine dell'altro demone sotto la pioggia di dardi e pugnali del mercenario. Quel tizio aveva una buona mira, quello non glielo si poteva negare. Aaron estrasse la spada dalla poltiglia che era diventata la faccia del demone e pulì con fare distaccato la lama sulle vesti del cadavere. L'odore del sangue di quei demoni, forse peggio di quello del loro sudore misto a sporcizia, gli strappò una smorfia disgustata. L'uomo interruppe l'illusione tornando visibile proprio mentre Enkidu raggiunse i corpi. Ora tutte le attenzioni erano rivolte alla porta chiusa, ma il dilemma non rubò che qualche minuto al gruppo. L'ascia del nano si abbatté violentemente sul legno che reggeva i cardini e quello cedette con un sonoro crac insieme a tutta la porta. Di fronte a loro si aprì l'ennesimo corridoio.
La marcia riprese veloce e silenziosa tra i freddi passaggi della roccaforte. Con il tempo un leggero senso di claustrofobia si impossessò del redentore. Ancora nessuna traccia delle famose enormi sale e dello sfarzo dei nani. Aaron cominciava ad averne abbastanza di quei labirinti e in poco tornò in lui il desiderio di voltarsi e lasciarsi alle spalle il nano, il mercenario, i demoni e tutta quella dannata missione ma nonostante tutto continuò a camminare, fissando la schiena rigida di Enkidu. Man mano che avanzavano, il cuore dell'uomo saliva di più verso la gola, ad ogni svolta si aspettava un gruppo di demoni pronti in un'imboscata o peggio ancora un qualche tipo di congegno difensivo. Quello che trovarono fu ben diverso: una frana, recente per di più. Il percorso ora deviava verso corridoi e saloni ignoti al nano e se già prima poteva dirsi rischioso, ora lo diventava più che mai nell'avanzare a tentoni verso la giusta via. Una scala a chiocciola permise loro di risalire un po' lasciandosi alle spalle parte di quel freddo caratteristico della fortezza dei nani, un freddo tanto odiato che parve inseguirli in un tentativo di inspiegabile gelosa vendetta, un freddo che attanagliava il cuore cercando di strapparne via tutto il desiderato calore, un freddo gelido, innaturale.
Aaron seguì il nano in quella che si rivelò la prima vera grande sala di quella fortezza. Il redentore osservò la luce della torcia vagare tra le enormi colonne squadrate e rallentò il passo involontariamente perdendosi nell'ammirare tanta maestosità. Incurante dei possibili pericoli, l'uomo lasciò che il suo stupore bambinesco tornasse a galla mentre con occhi curiosi e meravigliati osservava l'immensità di quel luogo. Dunque le storie che narravano erano vere. Uno sbuffo di aria condensata gli uscì dalla bocca mentre il freddo aumentava la presa su di lui. Cos'era quella sensazione strana? Era completamente estranea allo stupore provato poco prima dall'uomo, era... negativa.

« L'influsso demoniaco è molto più forte qui. Non permettiate che... »

Cos'aveva detto il nano? Aaron l'aveva ascoltato, l'aveva anche capito, ma non riusciva a realizzare quale fosse il significato di quella frase, era troppo intento a cercare di individuare la provenienza di quella strana sensazione.
Una folata di gelida sofferenza lo colpì al fianco, un freddo intenso seguito da un fruscio inquietante. L'uomo si girò, spada puntata in cerca di un nemico. Da dietro una colonna avanzò una figura scura di forma umana, disarmata. La luce della torcia del nano sembrava combattere per mostrarne il volto, faticava persino a raggiungerlo. Un passo lento dopo l'altro portarono l'ombra abbastanza vicina da poterne distinguere i tratti e una voce calda e profonda riecheggiò per l'ampio spazio.

« Aaron. Bentornato »

Il redentore che fino ad allora aveva stretto gli occhi nel tentativo di identificare la figura, ora li sgranò accompagnando il movimento da un risucchio involontario dell'aria.

« Vedo che ti ricordi ancora del tuo Fratello Gunther. »

La lama puntata in avanti calò lentamente e faticosamente lungo il fianco mentre un incredulo Aaron cercava con tutto sé stesso di dare un senso a quella visione.
La voce che gli uscì fu appena udibile nonostante l'enorme eco prodotta dallo spazio vuoto.

« Fratello... »

Un piccolo sorriso da parte dell'altro prima di avanzare ancora un po' verso il redentore.

« Sarai sorpreso di trovarmi qui, lo capisco, e per giunta con questo aspetto lugubre, ma non devi spaventarti. Molte cose sono cambiate in questi ultimi anni. Ricordi ciò che ti dissi quando ottenesti la tua croce? Il male era destinato a vincere, forse non oggi, né domani, ma era solo questione di tempo. All'epoca ancora credevo - che stolto! - che le nostre azioni potessero salvare il mondo, ma ormai da tempo la verità mi ha illuminato. »

Solo in quell'istante il redentore si accorse del rosso scarlatto che tingeva le maniche del monaco, una delle quali venne sollevata per mostrare una cicatrice lì dove un tempo era tatuata la croce purificatrice, raschiata via a forza con una lama. Aaron scosse la testa quasi per scacciare una fumosa nebbia intorno agli occhi per poi tornare a fissare l'orrendo segno sul braccio del capo del suo ordine.

« Di... di cosa stai parlando? »

Il monaco sembrò ignorarlo e continuò, come se una deviazione dal discorso che si era preparato potesse fargli perdere il filo.

« Non sono il solo a pensarla così, ovviamente. L'intero Ordine per come lo conoscevi è in sfacelo, e la tua stessa missione era solo un pretesto per attirarti qui. Sapevo che non avresti compreso semplicemente la realtà delle cose, senza un esempio del nuove potere che sta nascendo in questo luogo. Ciò che devi capire è che ormai questo cosiddetto "male" è troppo forte per essere combattuto: le uniche alternative sono unirsi ad esso o soccombere. »

Aaron boccheggiò, perso in quella valanga di inaspettate informazioni. La mente era troppo intenta a rielaborare ciò che ascoltava per rendersi realmente conto di ciò che stava accadendo.

« La stessa separazione fra Bene e Male è stupida e antiquata. Rammenti? Te ne accennai in quella lettera. La plebaglia definisce male ciò cui non ha la forza di elevarsi, lo denigra per auto-giustificare il proprio fallimento, l'incapacità di assumersi le responsabilità delle proprie azioni, la mancanza di coraggio di fronte a scelte difficili. In tutta onestà, molti dei nostri confratelli intendevano ucciderti e liberarsi di te: ti reputavano un soggetto irrecuperabile, plagiato troppo a fondo da una retorica buonista e ingenua; ma io, in nome dell'affetto che ci lega, li ho convinti a darti un'opportunità. »

Gunther alzò un braccio ad indicare i restanti membri del gruppo e Aaron si voltò a guardarli, non lo consideravano minimamente, ognuno pensava agli affari propri.

« Aaron, ti chiedo: scegli di essere un mediocre per il resto della tua vita, o scegli di unirti a noi, di elevarti a più alte imprese? Grazie all'enorme potere che alberga nel cuore della montagna, presto controlleremo il mondo intero. Potremo imporre l'ordine che tanto abbiamo agognato. Ti chiedo un'unica prova di fedeltà: uccidi il nano e i suoi scagnozzi prezzolati, adesso. Nessuno deve provare a intralciare la nostra ascesa. »

Chi stava seguendo in quella missione? Per cosa stava rischiando la morte? Per una missione suicida di qualche nano ubriacone? per un manipolo di mercenari attaccati ai soldi come le cozze agli scogli? Stavano cercando l'oro della roccaforte, niente di più. Aaron si voltò a guardare di nuovo il confratello.

« Altrimenti sarò costretto ad adeguarmi al volere dei miei fratelli. »

Il redentore non riusciva a connettere, in quell'istante tutti i suoi pensieri si mischiavano uno con l'altro in un'enorme miscela esplosiva. Cos'erano stati per lui tutti quegli anni? Sofferenza, nient'altro che infima sofferenza dettata da comandamenti di un ordine al quale si era ingenuamente unito. Come poteva avere la certezza dei buoni intenti dei suoi confratelli? Chi dava loro il potere di decidere come e dove operare? Quali vite salvare e quale no?
Il fiato prima ansimante rallentò ora finendo nell'apnea. Tutte le energie del suo corpo erano ora intente a supportare il cervello nella realizzazione del fallimento di una vita.
Anni e anni passati in missioni su missioni e principalmente da solo. Dov'erano tutti i redentori assegnati ai quattro regni durante le sue missioni? Li vedeva quando riceveva gli ordini e poi sparivano nel nulla, nessun aiuto in nessun caso. Non era quella la via giusta, non era quello il giusto modo. Ora finalmente poteva dare una risposta a quella domanda: era tutta una prova, cercavano di liberarsi di lui e per non sporcarsi le mani lo mandavano al massacro in missioni suicide. Probabilmente non si aspettavano tanta ostinatezza nel sopravvivere.
Ma Gunther? Il rapporto che loro avevano? Può essere che in tutto questo tempo non avesse tentato di aiutarlo in nessun modo? Gli occhi del redentore si incontrarono con quelli del suo mentore. I suoi occhi erano diversi, erano gli stessi ma rilucevano in modo diverso, una luce strana, corrotta. Dunque le sue parole erano vere, il male era penetrato in lui e aveva ramificato in profondità.
Un malloppo salì in gola al redentore mentre gli occhi andavano bagnandosi al solo pensiero di aver perso una delle persone più importanti della sua vita. Il monaco sembrò accorgersi di questo particolare, perché si avvicinò ancora di più arrivando a pochi centimetri da lui e poggiandogli una mano sulla spalla, la presa salda e delicata allo stesso tempo.

« Non riempirti di tristezza, possiamo ancora vivere la nostra vita e colmarla con le giuste emozioni, saremo sempre noi, non cambierà nulla. »

Aaron piegò leggermente la testa verso la mano del confratello, un ricordo delle tante volte che quella mano si era poggiata sulla sua spalla nei momenti di difficoltà, sempre pronta a sostenerlo. E' questo il motivo per cui gli altri confratelli volevano liberarsi di lui? Era gelosia? Sapevano dell'affetto provato da Gunther nei suoi confronti, lo volevano morto per quello? Una rabbia improvvisa gli riempì il cuore. Non se ne sarebbe andato tanto facilmente, li avrebbe affrontati uno alla volta e li avrebbe fatti inginocchiare al suo potere, avrebbero subito le conseguenze della loro impudenza. Se il male avevano scelto il male avrebbero avuto.
La bocca di Aaron si mosse ma si fermò quasi subito, avrebbe voluto dire qualcosa ma una parte di lui si rifiutava di rispondere a quella proposta, così il redentore decise di passare ai fatti. Con una lentezza quasi studiata si voltò in direzione dei compagni e la mano sinistra andò alla bandoliera per afferrare la pistola. Un colpo ben preciso per ognuno e tutto sarebbe finito.
Il gomito si tirò indietro per permettere alla mano di afferrare il calcio dell'arma ma venne ostacolato da qualcosa, un oggetto.
Aaron abbassò lo sguardo per capire cosa lo avesse fermato e i suoi occhi si fermarono sullo scettro donatogli dal capo dei barbari. L'arma illuminata.
Si era quasi dimenticato di averla con sé, l'aveva infilata nella cintura per avere le mani libere di agire.
Il monaco non gli diede tregua e lo afferrò per il polso portandoglielo verso la pistola. Aaron la estrasse e ne saggiò il peso ma l'attenzione restava fissa sullo scettro. Se cerchi un'arma illuminata non la troverai mai, se ne hai veramente bisogno lei troverà te. Era una diceria che accompagnava queste rare armi che in pochi avevano davvero visto. Se quelle dicerie erano vere, perché l'arma era stata consegnata a lui? Tutto questo non aveva senso. Un breve scintillio illuminò la fiala di cristallo in cima allo scettro, forse un riflesso della torcia, forse no. Aaron la vide bene, luce. Era tutta lì la risposta di cui necessitava e da nessun'altra parte. La luce. Il redentore si voltò di nuovo a fissare il confratello e stavolta la voce gli uscì limpida e sicura.

« Mi dispiace, ma non è questa la mia via. »

Il polso si divincolò dalla presa e il redentore riposizionò la pistola nella fondina. Non importava che scelte avessero fatto i suoi confratelli, non importava quanto poco forte fosse la loro fede, gli uomini sono deboli e in quanto tali cadono, sta a loro poi tentare di rialzarsi. Non importa quanta speranza ci sia, finché qualcuno ci crede ce ne sarà sempre abbastanza.

« Io ho giurato la mia fedeltà al potere della luce, alla sua bontà, non certo agli uomini che la serv... »

Non riuscì a completare la frase, il braccio del monaco era scattato in avanti e la mano gli aveva serrato forte la gola impedendogli di parlare. La lama cadde a terra tintinnando mentre le mani del redentore andavano a tentare inutilmente di allentare la presa soffocante. Il volto di Aaron si trasformò in una smorfia sofferente mentre quello del monaco sembrò assorbire tutte le tenebre circostanti. Il redentore avvertì la presenza del confratello nella sua testa e il buio avvolse la sua vista.


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Aaron boccheggiò mentre un'immagine terrificante si impossessò della sua mente. Istintivamente una barriera mentale venne alzata contrastando in parte gli effetti di quell'intrusione, e la sua vista interna cominciò a focalizzare una scena già vissuta.







« Combattilo Aaron! »

Il ragazzo stava cercando di contrastare l'influenza del demone seduto nella stanza, legato e ben controllato da Guther e da un altro confratello. Nonostante il loro aiuto il mostro si stava rivelando un avversario difficile. Non poteva assolutamente perdere quello scontro, avrebbe superato la prova più difficile e sarebbe diventato un redentore, il più forte di tutti. La voce di Gunther continuava a risuonargli nella testa nonostante non riuscisse a vederlo. Sapeva della sua presenza alle sue spalle, era lì per lui. Il demone incalzò e le ondate mentali aumentarono di potenza minacciando la barriera alzata da Aaron. Il ragazzo resisteva, combatteva con tutte le sue forze. Apriva porte e ne richiudeva altre cercando di arginare l'invasione del demone. Creava stanze con trappole, stanze vuote, nascondeva i suoi pensieri. Se la stava cavando bene ma non era abbastanza. Un piccolo errore, una piccola distrazione e il demone aprì la porta giusta. Un ondata di terrore travolse Aaron mentre il demone attingeva ai suoi ricordi e alle sue emozioni, lo stava dominando. Una voce prima lontana poi più vicina arrivò alle orecchie del ragazzo.

« Ce la puoi fare, non entrare nel panico. Controlla le tue emozioni e non perdere mai di vista la realtà. »

La realtà. Il ragazzo spalancò gli occhi e urlò di rabbia rispedendo il demone nella sua mente e seguendolo a sua volta per passare al contrattacco.








« L'influsso demoniaco è molto più forte qui. Non permettiate che... »

Influsso demoniaco? Ecco cos'aveva detto Enkidu. La realtà. Aaron spalancò gli occhi e urlò con quanto fiato aveva in corpo, non uscì un solo suono dalla sua bocca, il silenzio regnava nell'immenso salone vuoto, ma un boato riecheggiò nella mente del falso Gunther, o meglio nella sua. Gli occhi del monaco si sgranarono e le tenebre si dissolsero lasciando spazio ad una luce bianca, intensa, calda. La luce proveniva dal corpo del monaco. In un attimo il confratello prese fuoco e arse di una fiamma pura tra le sue urla strazianti, poi come era arrivato se ne andò, dissolto nel nulla. L'oscurità tornò a regnare nell'immensa sala, rischiarata solamente dalla tenue luce della torcia. Rimase solo Aaron, caduto in ginocchio per la stanchezza e la sofferenza; da solo con i suoi dubbi e le sue certezze. Era il vero Gunther quello che aveva distrutto? Probabilmente no, Aaron conosceva il potere dell'influenza dei demoni e sapeva cosa era in grado di fare. Ciò non toglieva il fatto che il redentore non era riuscito a rendersene conto nonostante il suo addestramento. Era stato così vicino al cedere all'oscurità che se ne vergognava. I suoi occhi tornarono sullo scettro alla cintura e la mano sinistra ne accarezzò la fiala. Il contatto con il freddo vetro gli provocò una strana ed inaspettata sensazione di piacere. Stava per cedere ma non l'aveva fatto, nonostante tutto. Il redentore si rialzò cercando di non perdere l'equilibrio e si girò cercando i suoi compagni. Anche loro avevano passato un'esperienza del genere? La stavano ancora vivendo?




Riassunto Tecnico

Energia rimasta: 55%
Energia consumata: 10%
Stato Fisico: Danno medio alla gola.
Stato Mentale: Danno alto+medio.
Armatura: Intera.
Armi: Pistola - 5 colpi, spada integra.
CS: 4 CS all'Intelligenza.
Consumi: Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40%

Abilità passive


"Sono ore che questi ragazzi si esercitano senza pausa. Li vedo portare in gruppo tronchi di alberi grossi più di loro su e giù per la collina con il solo scopo di migliorare la resistenza. Sono esausti, lo vedo nei loro occhi, vorrebbero mollare i tronchi, sdraiarsi e non rialzarsi per un giorno intero. La fatica li sta divorando ma loro non cedono, non possono, non gli è permesso. Continuano la loro marcia, ancora e ancora e ancora."

[Razziale umana - non sviene sotto il 10%]




"Oggi ho assistito fratello Hugo nel primo addestramento alle illusioni. Come previsto molti adepti non avvicinano minimamente il più basso grado di maestria, ad eccezione di Aaron. Lui, al contrario degli altri, sembra trovarsi a suo agio nel mettere in atto gli inganni. Gli viene quasi naturale e per di più riesce a creare le immagini in un solo istante e senza il benché minimo movimento. Inoltre ha una conoscenza innata dell'uso della voce. Può controllarla a tal punto da modificarne il tono, il volume e il luogo di provenienza a suo piacimento. Come se non bastasse, quando sul campo è presente un'immagine da lui creata, può decidere di modificare il suo aspetto in qualunque cosa e di qualunque dimensione gli occorra. In realtà si tratta soltanto di un'illusione, un velo che ricopre la realtà, ma riesce comunque ad ingannare tutti i sensi degli avversari. Quel ragazzo è pieno di sorprese."

[Passiva talento I, II e III illusionista]




Abilità attive utilizzate

"Ho vissuto in mezzo al male in questi ultimi anni, gli ho dato la caccia. Ormai credo di aver visto di tutto. La mia mente è temprata a tal punto da riuscire a bloccare qualunque attacco mentale. Sia esso un assalto psionico, una maledizione o un ammaliamento, mi occorre un consumo Variabile Medio di energia per porne fine."
[Personale 2/10 variabile difensiva]

"Ora ho la certezza di operare realmente per la luce e che il mio compito sia quanto più importante. Mi è stata data la capacità di giudicare. Quando necessario, riesco ad estrarre l'anima del mio bersaglio fuori dal corpo e mostrarla di fronte a me, in tutto il suo essere. Se il mio giudizio risulta positivo, l'anima rientra nel corpo senza alcun danno, se invece il giudizio è negativo, l'anima prende fuoco e viene distrutta, ponendo di fatto fine alla vita del possessore."
[Personale 3/10 Passiva di PK]


Commenti

Aaron subisce inizialmente l'influenza demoniaca e sta per uccidere i suoi compagni, ma quando va per estrarre la pistola urta con il gomito contro lo scettro donatogli dal capo dei barbari e lì realizza che se un'arma tanto rara gli è arrivata in possesso un significato c'è, quindi contrasta l'influenza beccandosi un alto alla mente. All'influenza demoniaca la cosa non va giù quindi Gunther afferra alla gola Aaron provocandogli un danno medio (l'ho immaginata come una psionica che fa danno fisico), poi attacca con un alto psionico creando un'immagine demoniaca nella sua mente, Aaron reagisce istintivamente alzando una barriera mentale media (usando la personale variabile difensiva) beccandosi quindi un medio in più di danno mentale. In tutto questo ho interpretato la difesa mentale come un viaggio nel suo passato dove rivede la sua prova di iniziazione (scena che prosegue dopo questa QUI, che non ho ancora avuto modo di scrivere.) e grazie a quei ricordi capisce cosa sta accadendo. Riprendendo il controllo di sé stesso annienta l'influenza utilizzando per modo di dire la passiva di PK. Avendo un autoconclusivo da fare e non essendo realmente usata visto che è solo un'illusione mentale ho deciso di utilizzarla per dare un senso scenico alla distruzione del finto Gunther, spero di non aver sbagliato.
 
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Il Senzanome
view post Posted on 17/1/2014, 22:49




« Noi siamo i Signori dei Ladri. »


Morirono entrambi, la consapevolezza della morte imminente quasi non affacciata nelle loro coscienze prima della loro estinzione. Killibert sorrise brevemente, poi recuperò coltelli e dardi dai corpi dei caduti - il possesso dei primi gli avrebbe garantito altre munizioni, la mancanza dei secondi avrebbe lasciato confusi eventuali indagatori sulle cause delle morti. Quando ebbe finito di estrarre frecce dai cadaveri Enkidu aveva aperto la porta con la tipica ingegnosità nanica... più quaranta centimetri di bipenne acciaio affilato. Continuarono la discesa come se nulla fosse successo, seguendo la mappa e i ricordi del guerriero fino alla frana, poi oltre lungo una via secondaria - rapidi e silenziosi, la loro guida sempre sicura.

Qualche minuto più tardi giunsero in un'enorme salone, diverso dai magazzini e dalle sale di servizio attraverso cui Enkidu li aveva condotti. Il nano si fermò all'improvviso, guardandosi attorno con fare circospetto. Tanto bastò a far rallentare Killibert, che si accostò al gruppo con due coltelli per ogni mano e lo sguardo saettante ovunque. I suoi occhi non trovarono nulla che giustificasse tale improvvisa reticenza, ma i peli sulla sua nuca si rizzarono di colpo quando avvertì il brusco calo di temperatura. La paura, quella silente compagna che aveva bene accettato durante la marcia d'avvicinamento alla fortezza e dimenticato sotto l'influsso dell'adrenalina, sembrava riempire quelle pareti - non come un essere inanimato, bensì con la malignità di qualcosa di vivo.

« L'influsso demoniaco è molto più forte qui. » sussurrò Enkidu. « Non permettiate che... »
Il nano tacque.
« Che? » ripeté Killibert.

Enkidu non rispose, ma avanzò con cadenza pesante e lo sguardo navigante attorno ad una colonna, come se cercasse qualcosa. Killibert lo seguì a distanza, cercando di capire cosa avesse attirato l'attenzione del nano. « U-uh, ehm... Killibert? » squittì Jonny alle sue spalle. Lo ignorò: c'era qualcosa.... « Killibert? »
Killibert sibilò, voltandosi con impazienza. « Cosa c'è, ade- »


« Finalmente ci rincontriamo, Killibert. »

Si fermò di colpo, il cuore in gola per quell'apparizione improvvisa. Come diavolo ha fatto a venirmi alle spalle così? si chiese, semplicemente incredulo che nessuno si fosse accorto di un uomo vestito di bianco proprio in mezzo a lui. Lo sconosciuto sorrise con fare ironico, appuntando lo sguardo su di lui - il suo sguardo si occupò invece di vivisezionarne i vestiti in cerca di armi nascoste e altri pericoli.
« Oppure preferisci Jason, o... » Il suo sorriso s'allargò d'un paio di molari. « il Senzanome? »
Questo lo lasciò senza fiato.



« Personalmente, propendo per marionetta. » continuò affabilmente il nemico lo sconosciuto. Con un tocco di teatralità che il progettista in lui non poté che ammirare tirò fuori dalla manica un burattino, le stecche che lo controllavano bene in vista fra le sue dita. Killibert strizzò gli occhi, rilassando deliberatamente i muscoli del polso affinché nessun guizzo dei muscoli tradisse altre emozioni all'individuo. Questo spettacolo è pianificato disse una vocina in lui, sapeva in anticipo dove trovarmi e cosa dire. Un fatto pericoloso molto più di quell'appellativo che Killibert stesso aveva sentito una sola volta - in sogno.
Denotava un piano più grande all'opera.

« Sì, esatto, ecco quello che sei: nient'altro che una marionetta in balia di una forza più grande di te. » proseguì l'altro. « Ti sei agitato a lungo, pensando scioccamente di avere il controllo della tua vita, ma ormai è arrivato il momento di recidere i fili. » Il sogghigno divenne più brillante, più sadico, illuminando l'espressione dall'interno con la luce della convinzione.

La marionetta cadde a terra, spezzata.

Killibert rimase immobile, ogni oncia della sua forza di volontà impegnata a mantenere la sua facciata di calma esteriore. Doveva aspettare, continuava a ripetersi di aspettare: l'uomo in bianco aveva un piano, sapeva usare la giusta teatralità, conosceva il suo nemico - troppi vantaggi perché lui potesse controbattere subito. Doveva prima scoprire tutte le sue cart-

« Ti vedo confuso; ancora non hai capito? »
Con estrema fatica Killibert riuscì a trattenersi dal piazzare un coltello al centro di quella smorfia di derisione.
« Immagino di doverti delle spiegazioni, prima della fine. Dopotutto rimani la nostra prima creazione, per quanto fallimentare. Di sicuro ti sei chiesto perchè non ricordi niente del tuo passato, e da dove provengono certe tue particolari... doti. »

Killibert inspirò, pacatamente.
Conosce il mio passato recente. Può averlo saputo dal mercante Yusuf Holbert o Bjarni Herjólfsson: sono i soli a sapere dell'amnesia. Conosce le mie identità false. Può aver ricollegato la guardia di mercante Jason Bourict al mercenario Killibert Gnam frugando nei miei possedimenti: l'ouroboro, il simbolo del mercante, è in una tasca segreta del mio zaino - nascosta, ma non così bene da rendere l'ipotesi improbabile.
« La risposta è... »
Ma come può conosce l'Altro?
« ...che sei il frutto di un esperimento malriuscito... »
...
« ...il tentativo ancora difettoso di creare una creatura superiore, non contaminata da emozioni, sentimenti e vincoli morali. » finì l'uomo. « Il guerriero perfetto nel suo essere disumano. »

Killibert espirò, più nervosamente.

« Ecco perchè non rammenti la tua vita precedente: non esiste, se non per i pochi ricordi che ti sei autofabbricato. Ecco da dove derivano le tue letali abilità, da dove nasce quella presenza gelida... »
Gli occhi di Killibert ebbero un guizzo.
« ...che ti invade quando il tempo delle parole cede il posto alla danza del sangue. Eri nato per questo, già adulto, già pronto. »

Può averlo saputo da Bjarni.
Può essere un telepate o un empatico.
Può aver tirato ad indovinare.
Può...


« Fino a quando non ti sei ribellato. Un nostro errore, lo ammetto; eravamo ancora inesperti. Hai ripudiato la tua natura e sei scappato. Da quel giorno nella radura... »
Bjarni sapeva della radura. A lui ho detto quasi tutto.
« ...hai cercato di costruirti una nuova realtà, una fallace illusione di vita. Non hai fatto altro che raccontarti una menzogna fino a convincerti della sua veridicità, ma la presenza innominata torna sempre a tormentarti. »
Ma il Senzanome?
« Eppure le nostre ricerche sono proseguite, con risultati sempre migliori, e adesso è giunto il tempo di mettersi alle spalle gli sbagli passati. »
Solo una volta l'ho incontrato, in un sogno che non ho confidato a nessuno.
« Per questo ti abbiamo attirato qui. »
Ed era fallibile - confuso, persino!
« La tua esistenza non ha più motivo d'essere. »
Non si è presentato come il demone assassino e irrazionale descritto da costui, ma una personalità complessa e dotata di scopo.
« Abbi il coraggio di fare ciò che è giusto: poni fine a questo inganno. »
....

La voce si inasprì, dura e implacabile come un vento ghiacciato.


« Ucciditi, o dovrò farlo io. »

« ... »

L'aria nei suoi polmoni era ghiaccio solido.
« Io... » singhiozzò.
Una goccia di sangue cadde a terra.

~

Il suo sguardo era a terra.
Abbassato. Sottomesso. Inerme. Calpestato.
Sconfitto.

Il dito indice e medio della sua mano sinistra, opportunatamente nascosti dalla manica della sua casacca, si strinsero spasmodicamente attorno al metallo reso scivoloso dal sangue. Sangue suo, scaturito dalla ferita che si era inferto da solo per spezzare la morsa dell'uomo in bianco. Quand'era stata l'ultima volta che era stato così impotente? Non quando aveva affrontato 'Jason' in quella reminescenza dell'isola di Avalon, no di certo: il suo alter ego, di solito in controllo, era pateticamente debole - ma non lui. Non quando aveva perso la sfida, quell'evento sfocato nei suoi ricordi spezzati che -dio, che rabbia!- era stata la causa della sua frattura. Non quando era un ragazzino pulcioso per le strade di una città implacabile, pronto a farsi largo a colpi di coltello avvelenato pur di sopravvivere.
Lui non era mai stato impotente.

« ...penso proprio di no. » sogghignò il Senzanome, alzando lo sguardo.

Il coltello volò prima ancora che ebbe finito la frase - e il bastardo in bianco lo deflesse con un cenno della mano. Traiettoria curvata, grande angolo di incidenza - probabilmente respinto da un colpo telecinetico. Unendo ciò alle già abbondamentemente dimostrate capacità di intrusione mentale si otteneva la somma di quello che era il suo nemico: uno psion completo, il genere di nemico più pericoloso per lui. Uno che aveva quasi spezzato Jason/Killibert... e che sapeva come lui era solito combattere.
Ecco perché aveva intenzione di fare l'esatto opposto.

Nel tempo che aveva impiegato il nemico a difendersi dal coltello - inutile e pietosamente tirato col braccio ridotto in quelle condizioni - lui aveva già sguainato la spada, scagliandosi contro di lui a piena velocità. Era questo che il Bianchiccio non aveva mai afferrato, quello che gli aveva permesso di capire l'inganno e strappare il controllo a Jason: lui non si sarebbe mai potuto arrendere! Combatteva fino all'ultimo respiro, ogni attimo vissuto come fosse l'ultimo, spada in mano e coltello fra le dita e freccia già lanciata contro il muso dei suoi nemici. "Avere coraggio"? "Porre fine all'inganno"?
Se anche fosse stato veramente un esperimento fallito - se tutto quello che aveva detto l'altro era vero - MAI si sarebbe abbassato
ad uccidersi.

Sbatté contro un muro di forza psichica, bloccato a pochi centimetri dalla faccia sorridente che tanto desiderava spaccare. Il nemico sogghignò, ignaro che la sua arroganza gli aveva già procurato ciò che lui voleva: la vicinanza. La sua mano si mosse, reggendo ancora la disgustosa crocetta di legno del burattino, e l'inevitabile contrattacco infuriò nel suo corpo: dolore, puro e semplice, sgorgato dal nulla direttamente nella sua psiche - come se una dozzina di lame scavassero a fondo nella sua carne, torcendosi e rigirandosi. Il sangue macchiò il davanti della sua camicia.
Non importava, era abbastanza vicino.

Urlò - e in quel suo urlo v'era la rabbia per l'affronto, l'indignazione per l'inganno, l'odio per quanto aveva dovuto subire. L'uomo in bianco rise quando lo vide battere con l'elsa della spada contro lo scudo, inutilmente.
Smise non appena la barriera andò in mille pezzi

Lo colpì una sola volta prima di crollare a terra, le sue membra aggrovigliate a quelle dell'uomo in bianco. Ansimò, la mente mezza pazza per il dolore - ma era solo dolore, solo dolore, poteva sopportare il dolore! Il suo sguardo si fissò avido sulla sagoma supina del nemico, le orecchie suggevano avide il gemito confuso di lui. Confusione! Quello che accade di solito quando qualcuno ti colpisce la tempia con l'elsa di una spada, forte. Nonché proprio quello che l'uomo in bianco non poteva permettersi di concedergli.
Una finestra di tempo per piazzare un singolo colpo oltre le difese nemiche.

« Addio. » gracchiò.

L'uomo in bianco socchiuse gli occhi, cercando di pensare.
Lui gli conficcò la lama del coltello in un orecchio, dritto al cervello.
E mentre la sua mano si bagnava del denso sangue cerebrale sgorgante dalla ferita, il Senzanome promise a se stesso che
chiunque aveva orchestrato quell'inganno avrebbe pagato.



theMaDOnes Φ


Mad, mad boys !

i Folli
Una decina di tagliagole, assassini e ladri di cavalli per tutte le taglie. Dategli una landa desolata e sapranno svanire nel nulla come avvolti da un manto d'invisibilità, ma mostrate anche solo una moneta e vi ritroverete in allegra compagnia... prima di "donare in carità" persino i denti d'oro dell'anziana nonnina. Tizi leali, stranamente, capaci di restare a bruscare perlomeno un poco di botte prima di correre a gambe levate col bottino.
{ pergamena imboscata | durata: 0/2 turni }

Status del gruppo Φ Illesi.
Morale del gruppo Φ Molto meno sicuri di sé.
Status Energetico Φ 60% -5% - 5% = 50%
Cs gruppo Φ 6xbasso; 1xmedio;
Tecniche in gioco Φ //
Armi e bagagli Φ
    //
_

Status Killibert Gnam - Fisico Φ Tagli numerosi ma poco profondi al braccio sx (basso), taglio autoinflitta alla mano sx (basso), lacerazioni al petto (medio)
Status Killibert Gnam - Mentale Φ Colto in follia omicida (alto), dolore fisico (medio) - Senzanome in comando
Status Killibert Gnam - Emotivo Φ Lucido... per il momento.
Cs Killibert Gnam Φ 1xmira;
Passive Killibert Gnam Φ
    Il Senzanome Φ Mira infallibile;
    //
Armi e bagagli Φ
    Spada bastarda (alla cinta);
    Coltelli da lancio (nascosti sotto le vesti |  _  _  _  )
    Balestrino a ripetizione (nascosto nella manica | °°°°° °°°°° °°°°° )
_

Riassunto del turnoΦ
    1. Tiro un coltello al nemico ed estraggo la spada, caricandolo con Quarta Arte del Cacciatore - Corsa.
    2. Il nemico si difende con una variabile difensiva a consumo medio e reagisce con la pergamena torturare la mente, consumo alto e danno diviso fra corpo e mente. Non avendo difese mentali incasso il colpo e piazzo La spada e il pugnale - Scelta del bersaglio, disorientando il nemico.
    3. Cadiamo a terra, entrambi colpiti dalle rispettive tecniche. La mia tecnica tuttavia causa disorientamento, la sua solo dolore - ciò significa che sono io il primo a riprendermi, e a tentare un attacco fisico potenzialmente letale verso il png. Dico "potenzialmente"

Note Φ
    La minaccia mentale subita dal mio pg è andata molto vicino alla realtà, in effetti pure troppo.

    Mentre il mio pg effettivamente ha un passato, ciò di cui difetta in realtà è un'identità: al punto che 'Senzanome', il suo sovrannome fra i Signori dei Ladri, è divenuto in effetti il modo con cui veniva chiamato - non avendo egli altri nomi a disposizione di colleghi, amici, nemici e conoscenti. Ciò, per un pg colpito da amnesia e dalla mente divisa in diversi pezzi, è impossibile da intuire o indovinare. Quando si porta una maschera tanto a lungo si rischia di dimenticare il proprio volto, e a quel punto è la maschera a divenire il proprio volto.

    Il difetto dell'inganno nemico è il menzionare l'appellativo "Senzanome". L'unico ad aver mai usato quell'appellativo dal giorno della sua amnesia al momento presente è infatti il Senzanome stesso, in un confronto onirico che ha lasciato più domande che risposte. Possibile che quel tizio avesse modo di apprendere di un appellativo di un frammento recondito, sgorbutico e a dir poco taciturno della sua mente frammentaria? Non esattamente.

    Di per sé questo non sarebbe sufficiente a spezzare l'illusione della retorica, indurlo a dubitare - ma l'ultima frase si. "Ucciditi, o dovrò farlo io"? Il mio pg non si è mai arreso, neppure quando le probabilità a suo favore erano nulle e il suo fallimento certo... ma questo il png non lo sapeva. Il discorso, la postura, la teatralità, la sua intera dialettica... tutto finalizzato a preporre Killibert al suicidio, tutto finalizzato a preporlo ad un atto impossibile.
    Un atto però in cui il tizio in bianco credeva.

    Iniziato il meccanismo del dubitiamo che, i dettagli fuori posto sono sorti a bizzeffe: perché Tizio lo ha affrontato nel ventre di una fortezza demoniaca e non in un posto un po' più a portata di mano? che fine hanno fatto gli altri? perché è da solo e non, come sarebbe più sensato, accompagnato da una squadra di morte? come ha fatto a tracciarlo in una missione doppio-doppio giochista organizzata da lui e da Grommet Telkier, che è un criminale con taglia e dunque in incognito?
    Due possibilità spiegano facilmente tutti gli indizi: illusione o attacco psionico. Il resto segue dal principio del Rasoio di Occam.
    //
    La tattica usuale del Senzanome è colpire rapidamente, dalla distanza e prima che il nemico si accorga di essere sotto attacco. Dato che l'altro ne è al corrente, per guadagnare l'effetto sorpresa il Senzanome inverte completamente il tutto: colpisce con forza, a distanza ravvicinata e dando ampia rilevanza ai suoi movimenti in modo che il nemico sia spinto a difendersi.
    Salvo poi usare la sua "difesa" a suo vantaggio - nominalmente, per avvicinarsi alla distanza che gli serviva.
    //
    Il Senzanome suppone che l'Uomo in Bianco si difenda con un "colpo telecinetico" - ossia una variabile offensiva usata per deflettere il colpo. La supposizione è errata.
    //
    danno
    tecnica mia
    tecnica nemica
    cs mio
    cs nemico


Tecniche usate Φ

    La spada e il pugnale ~ Forza Scelta del bersaglio
      Il Senzanome non è certo debole fisicamente, ma difetta di quella muscolatura a volte esagerata che è necessaria per costringere il nemico a temere l'impatto delle rispettive armi - e non ne ha bisogno. Scegliendo accuratamente i bersagli dei propri colpi è possibile colpire il nemico con un attacco incapace di lasciare danni sul suo corpo pur infliggendo traumi improvvisi e repentini alle sue facoltà cognitive. Calci all'inguine, colpi al plesso solare, stimolazione dei punti di pressione, sberle ai lobi parietali; la tecnica impiegata non ha importanza a confronto con lo stordimento conseguenziale.
      » Consumo basso: attacco fisico a danni mentali ≈ Pergamena colpo stordente «

    Quarta arte del cacciatore ~ La corsa
      Corri!
      Hai colpito la preda, ma il branco fugge! Devi inseguirlo, colpire rapidamente e inseguire ancora, così da portare a casa il massimo numero di prede. Piede veloce, piede veloce!
      Corri!
      Il Senzanome è in grado di prodursi in uno o più scatti dai due ai dieci metri dalla durata quasi istantanea, per avvicinarsi rapidamente al nemico o evitare colpi poco potenti. È possibile concatenare gli scatti per spostarsi, attaccare da una posizione imprevista e spostarsi ancora, ma si rimane vulnerabili nell'istante che si impiega per riacquistare l'equilibrio al termine di ogni spostamento.
      » Consumo basso: scatto rapido, come carica o schivata ≈ Personale «





} Basso ~ 5% { } Medio ~ 10% { } Alto ~ 20% { } Critico ~ 40% {


« Birra! »



 
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.Azazel
view post Posted on 22/1/2014, 20:27




Erdkun
Sangue Ribelle, Atto V
___ _ ___


~


L'umidità penetrava nelle ossa e il gelo offuscava la fluidità dei movimenti: s'inabissarono metro dopo metro verso l'ignoto in un viaggio che molto probabilmente non contemplava un biglietto di ritorno. Un'altra insidia era rappresentata da Jahrir: ben presto avrebbe intuito l'inganno perpetrato da Enkidu, a fin di bene certo, ma pur sempre una falsità, e solo le divinità della regione sapevano quale furia poteva sprigionare quel piccolo recipiente esplosivo e portentoso di stampo nanico.

« ABBIAMO SBAGLIATO STRADA! »
I timori di Kel vennero a galla come putrescenti cadaveri riaffiorati dalla superficie di un nero oceano.
« VEDI?! Mi pare ovvio che questo corridoio scende in profondità, mentre noi dovevamo prendere... »
Tra uno sputo e l'altro vi fu una breve ma interminabile pausa nella quale giurò di poter intravedere nella testa del nano e prevederne le azioni: aveva capito cosa stava succedendo.
« ...aspettate un attimo...questa è la via che hanno preso gli altri! Loro stanno andando alle prigioni! »
Tale scoperta parve mutarlo nel fisico, oltre che nei sentimenti e nell'anima. Si curvò lentamente in avanti e perse la presa sull'ascia, dovette prendersi qualche istante per metabolizzare l'intera faccenda, fu senz'altro peggio di ricevere un pugno in pieno volto.
Kel non aveva la benché minima idea di cosa volesse significare amare un'altra persona, ma da quel che poté notare fu un colpo veramente duro da incassare, persino per un nano dalla scorza talmente dura come Jahrir.
« Voi sapevate, non è vero? Voi eravate a conoscenza del piano, non è così? »
La maschera dello sbigottimento lasciò posto a quella della rabbia e del furore nei confronti dei due compagni. Non ci fu nemmeno il tempo di rispondere che raccolse l'ascia caduta, sputò a terra e infine s'allontanò di corsa divenendo via via un puntino lontano ghermito dal buio.
Sergey bofonchiò qualcosa e con la mappa in pugno si lanciò all'inseguimento del nano.
Di avventurarsi da solo nel compito di distruzione della Gemma non se ne parlava proprio: già era pericoloso e rischiavano la pellaccia in tre, figuriamoci se solo uno avesse concentrato le proprie forze nel compimento dell'incarico finale.
Certamente non sarebbe più fuoriuscito dalla Fortezza.
Ben presto si ritrovarono dinanzi a un bivio e prima che potessero prendere una scelta adeguata basandosi sulla mappa cartacea, di assoluta utilità, giunsero delle grida strane provenire dalla strana di sinistra. Senza indugiare scelsero all'unisono di imboccare la via dalla quale provenivano le misteriose richieste d'aiuto.
Un gelo improvviso attraversò carne e ossa nel momento in cui oltrepassarono una parete illusoria: fu come superare una sorta di portale dimensionale anzi, peggio, i passaggi in grado di piegare tempo e spazio non regalavano sgradite sensazioni di freddo glaciale e pungente.
Si ritrovarono dinanzi ad uno strapiombo: la strada parve essere stata sgretolata da una guerra fra titani che generò il baratro sul quale fondo erano presenti spuntoni di ferro. Sotto di loro, attaccato ad una radice, c'era Jahrir il quale chiedeva in continuazione aiuto e supporto.
Kel osservò per qualche istante ciò che gli offriva l'ambiente ma era impossibile e da scellerati intraprendere una discesa per salvare il nano; le pareti erano impraticabili e l'unica certezza era quella di ritrovarsi il proprio corpo perforato e spappolato dagli spuntoni di ferro.
Stava ancora elaborando un piano ma Sergey lo batté n rapidità e urlò al nano di provare a raggiungere degli appigli naturali presenti a destra, ricordandogli inoltre che la radice alla quale era aggrappato non avrebbe retto ancora per molto tempo.

« Mi avete mentito fin'ora...perché dovrei fidarmi di te? »
Era comprensibile una reazione del genere. Ma non potevano permettersi di perdere un utile alleato come Jahrir, fosse stato per lui l'avrebbe lasciato a marcire lì per l'eternità ma si trattava solamente di una questione relativa al compimento della missione; e il nano era un ottimo guerriero e solo gli Dei sapevano quanto era prezioso avere anche solo un soggetto sul quale contare in situazioni e luoghi maledetti come la roccaforte in mano ai demoni provenienti dagli abissi.

« Perché è l'unico modo per porre fine a tutto. »
La domanda posta dal nano era rivolta a Sergey ma non riuscì a frenarsi e si sentì obbligato ad intervenire.
« Vuoi incontrare nuovamente la tua amata? Stringerla fra le braccia? Allora ascolta Sergey e distruggiamo quella dannata Gemma! Ora! »
Un appello al buon senso, nulla di più.
Al sol sentire parlare della compagna, il nano sembrò rabbrividire come se lo spettro della morte gli stesse sussurrando ad un orecchio che oramai non vi era più nulla da fare per la sua amata.
« Lei è distante, non so nemmeno se è ancora viva... »
Si rammaricò profondamente, Kel.
Stavano solamente perdendo tempo nel tentativo di far ragionare un nano, conosciuti perlopiù per la cocciutaggine: se solo non si fosse rivelato una preziosa risorsa avrebbe tranciato di netto la radice che ancora lo teneva lontano da una morte certa per mettere fine a tale supplizio e concentrarsi finalmente sulla Gemma.
« Pensi che Enkidu sia uno sprovveduto? E' a conoscenza del sentimento che c'è fra te e la tua compagna e proprio per questo ha voluto mandarti a distruggere la Gemma invece che spedirti verso le prigioni: perché sei troppo coinvolto emotivamente e non avresti agito col cervello, ma avresti dato ascolto alle emozioni. »
La lingua parve sciogliersi e vomitò tutto ciò che la mente pensava, senza alcuna remora.
« Enkidu rischierebbe la sua stessa vita per salvare quella dei prigionieri, e lo sai. Ora dimostra a tutti, ma soprattutto a te stesso, che non sei da meno e andiamo a distruggere quella dannata Gemma. Estirpiamo una volta per tutte la piaga demoniaca. Altrimenti sappiamo entrambi che fine farà la tua compagna se non portiamo a termine la nostra missione. Non sarà l'unica a morire e i demoni si diffonderanno come una malattia per tutta la regione. Tira fuori lo spirito combattivo e battagliero tipico della tua razza e reagisci! »
La voce di Kel aumentò d'intensità ad ogni parola emessa nella speranza di smuovere e far capire al nano la motivazione della mossa utilizzata da Enkidu nei suoi confronti.
Ci furono diversi secondi nei quali le parole impiegate parvero fare breccia nel nano e difatti la risposta a tali frasi fu il mettersi in salvo con un agile, seppur inaspettato, balzo verso il punto indicato da Sergey dando inizio ad una discesa che lo portò sano e salvo in una cavità.
Venne inghiottito dalla spaccatura nella parete e un tonfo sordo susseguito poi da un rumore di passi pervase l'intero strapiombo.

« C'è un corridoio qui... sembra portare verso il basso... ci vediamo alla Sala Oscura!
Sulla mappa dovrebbe essere una grande stanza dopo la svolta a destra!
»
Un enorme fardello parve dissolversi nel nulla e Kel si sentì più leggero ora che un problema era stato finalmente risolto.
Seguì Sergey e nuovamente s'immersero nei corridoi e nelle gallerie gelide che componevano quell'ammasso intricato e labirintico di pietra e roccia che componeva la Roccaforte.
Ogni tanto si chiedeva se fossero riusciti ad uscire da lì una volta distrutta la Gemma.
Percorsero un nuovo corridoio che conduceva in una zona ancora più bassa di quella in cui si trovavano, sembrava non esserci limite in termini di profondità. Uno strato di ghiaccio ricopriva pilastri e pareti poi, all'improvviso, un sibilo penetrante giunse alle loro orecchie. Fu alquanto sgradevole e i muscoli parvero intorpidirsi sempre più.
Era il segnale che significava il loro arrivo in quella che appariva una cattedrale costruita negli abissi.
La stanza era immensa e gigantesche colonne di metallo la sorreggevano come tetre e temprate spine dorsali che emergevano da antiche profondità, ma quello che attirava maggiormente l'attenzione era la costruzione posta al centro della sala. Una luce innaturale e fioca faceva intravedere una sorta di altare sacrificale dove dai suoi angoli del sangue grumoso e scuro colava.
Sopra l'altare brillava una pietra nera.
Erano finalmente giunti e a pochi metri avevano la causa di tutti i problemi.

Kel se ne stette zitto mentre lo sguardo saltava da una parte all'altra della sala alla ricerca di nemici o chissà quali trappole: la ciclopica stanza era spoglia e nessun altro tranne loro vi era al suo interno.
Sguainò lentamente Neracciaio tenendola nella mano destra e con fare guardingo e incedere lento s'avvicinò all'altare.
A pochi metri la vibrante energia della pietra iniziò a provocare gli infausti effetti su Kel: il passo rallentò ulteriormente mentre avvertiva la pelle raggrinzirsi, le ossa farsi più deboli trasformando armatura e mantello in pesanti fardelli, gli occhi via via perdevano il loro colore divenendo pallidi, vuoti.
La pietra era in grado di risucchiare avidamente le forze vitali degli esseri viventi che solo osavano avvicinarsi a tale potere, un potere così grande che trasformava qualunque cosa in un mucchietto di polvere.
Imperterrito continuò a trascinarsi verso l'altare.
Prima di crollare a terra privo di vita e forze riuscì a leggere una frase incisa nel piedistallo metallico, parzialmente ricoperto da sangue rappreso.

"Sangue devi donare se la gemma vuoi solo toccare. Oppure la morte dovrai incontrare."
(Demone Cremisi, ultima evocazione)

Non fu difficile intuire cosa volesse significare tale incisione anche se la lesse un paio di volte per essere certo di quello stava per fare.
La pietra bravama sangue, e questa particolarità l'accomunava a Neracciaio, la sua spada.
Fu così che ricordò di avere ancora nella mano destra, oramai divenuta quasi del tutto scheletrica e ricoperta da un sottile strato di pelle grigiastra, la lama, fedele compagna e contenitore dell'altra metà della sua anima.
Terrorizzato ma concentrato come non mai osservò la mano mancina chiudersi sulla lama di Neracciaio.
Strinse il più forte possibile, sfruttando le pochissime energie rimaste e che la gemma non aveva ancora reclamato.
La mano destra iniziò ad allontanarsi con lentezza delineando sul palmo dell'arto, vecchio e raggrinzito, una sottile linea cremisi di liquido caldo, vivo, dal colore in netto contrasto con il grigiore delle sue dita, della sua carne.
Improvvisamente ci fu un forte boato in grado di far tremare l'intera struttura, il sangue che colava dalla mano ferita si diresse verso la gemma la quale assorbì il prezioso fluido e iniziò a vibrare.
Il tributo era stato pagato.
Dietro l'altare un pentagramma di sangue comparve dando inizio a un vero e proprio rito diabolico in grado di richiamare forze spaventose e antiche quanto il tempo, una densa cortina di fumo cremisi invase la sala e un ringhio spezzò il lugubre silenzio che era calato come la lama di un coltello sulla schiena della propria vittima.

« Dalle fiamme risorgo, nella mano porto la gabbia.
Generato dal Gorgo, ora comincia il mio regno di rabbia.
»

Kel ritornò com'era, riacquistando vitalità ed energie. Continuò comunque a rimanere immobile, paralizzato da quello che stava accadendo, attore inerme di uno spettacolo infernale che ben presto lo avrebbe visto protagonista assieme a Sergey.
Una figura enorme e tenebrosa si delineò dalle ombre.
Solo allora avvertì nel profondo cosa volesse significare la paura.

Kel'Thuzak
il Mezzanima

CS 4 ~ Destrezza 2 - Intelligenza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 45%
Status Fisico: danno Medio spalla sx.
Status Psicologico: Indenne.

Equipaggiamento in uso

Neracciaio__ In uso. (Mano dx)
Silentium__ Inutilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla. Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1 e 2 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}


Attive Utilizzate

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Emelianenko
view post Posted on 24/1/2014, 22:07




« ABBIAMO SBAGLIATO STRADA! »

Un brivido percorse la schiena di Sergey. Non seppe darsi una spiegazione, non fu in grado di capire se scorse paura dalle parole di Jahir, o se egli stesso raggelò nel dedurre ciò che era appena successo.

« VEDI?! Mi pare ovvio che questo corridoio scende in profondità, mentre noi dovevamo prendere... »

Rimase immobile con lo sguardo fisso verso il nano. Non tentò di rassicurarlo, né tantomeno di celare il fatto che non fosse per nulla sorpreso di quelle parole. Semplicemente tacque, maledicendo se stesso e Jahir. Condannò Jahir perché sembrava manifestare la quintessenza della banalità e stupidità degli uomini; era insignificante, un essere insulso che pareva aver appena aperto gli occhi, dopo un interminabile sonno.
Lo irritava.
E proprio per questo deplorò se stesso: perché non reagì. Avrebbe voluto interrompere il nano e colpirlo; ridurlo in fin di vita, assaporare il suo sangue e godere della soave melodia che le sue grida di dolore avrebbero composto. Non intendeva, tuttavia, ucciderlo. Non ne aveva interesse, come in effetti non aveva interesse nel picchiarlo. L'avrebbe fatto solo per capriccio, per un'infantile reazione che non voleva ammettere.
Eppure non fece niente. Non per pudore, non per paura, né per misericordia. Lo fece per ipocrisia; sì, perché non voleva identificarsi con l'etichetta di "malvagio", o meglio, non voleva che gli altri lo vedessero in quel modo. Non voleva che lo considerassero come lui considerava suo padre. In fondo era solo un codardo, un essere fragile e forse persino più banale di Jahir stesso.

« ...aspettate un attimo...questa è la via che hanno preso gli altri! Loro stanno andando alle prigioni! »

Il nano continuava la sua deduzione; era certamente rimasto scosso. Eppure Sergey non riuscì a notarlo, non fu in grado di immedesimarsi in lui, né tantomeno di comprendere cosa stesse provando, nonostante anche lui avesse perso la persona amata. L'unica cosa che vedeva era un'infantile superbia, una rabbia tipica di coloro che non accettano opinioni diverse dalla propria.

« Voi sapevate, non è vero? Voi eravate a conoscenza del piano, non è così? »

Jahir aveva compreso tutto e reagì nella maniera più immatura: scappò via.
L'irritazione di Sergey divenne ben presto collera. Proprio non sopportava le persone del genere.

"Che idiota..."

Sussurrò a voce bassa mentre afferrò la mappa che il nano aveva fatto cadere poco prima di fuggire.
E mentre le diede una rapida occhiata, la rabbia che aveva provato poco prima fu rivolta a se stesso. Era ipocrita, malvagio: piaga persino peggiore di quei banali esseri che popolavano il continente.
Era patetico.

"Dobbiamo fermarlo"

Aggiunse con un tono leggermente più alto.
Non lo disse per rimediare ai suoi pensieri, né per attenuare i sensi di colpa. Lo fece per dispetto verso se stesso; sì, perché voleva punirsi, sentiva che c'era qualcosa di sbagliato in lui, qualcosa che semplicemente turbava la quiete sua e di quelli che gli stavano intorno. Era sempre stato così, fin da quanto era bambino.
Si diresse nella direzione in cui era scappato il nano, scacciando i penosi pensieri che cominciavano ad affiorargli alla mente. Non voleva fantasticare sulla sua infanzia, né tantomeno ricordare sua moglie e sua figlia, non in quel momento.
E così giunse ad un bivio. Lo osservò e notò che la strada di sinistra non corrispondeva perfettamente a quella riportata sulla mappa. Pareva piuttosto inoltrarsi in un'oscurità ambigua, surreale. Oscurità che – non poté fare a meno di pensarlo – era presente anche in lui.
Da quella direzione, anomale richieste d'aiuto giungevano sommesse.
Si diresse verso quell'arcana devianza, quasi affascinato dalle tenebre che la circondavano.
Poi il freddo.
Sentì un gelo estremo penetrargli fin dentro le ossa, infiltrarsi subdolamente dentro di lui in un istante che parve un'eternità.
Poi il gelo svanì e le tenebre scomparvero: era solo un'illusione.
Ma l'oscurità dentro di lui era tutt'altro che ingannevole.
La strada di fronte era interrotta, come se una frana avesse devastato gran parte del tratto creando uno strapiombo. Appeso ad una radice che sporgeva lungo la parete di quella sorta di burrone, Jahir chiedeva aiuto.
Irritato, Sergey prese un respiro e si avvicinò alla sporgenza per poi accovacciarsi e rivolgergli parola.

"Jahir, ascoltami: resta calmo e fa ciò che ti dico. Sulla tua destra ci sono degli appigli; sono vicini, puoi raggiungerli"

Si fermò per qualche attimo, poi aggiunse cercando di tenere fermo il tono della voce:

"La radice non resisterà a lungo: vai ora!"

« Mi avete mentito fin'ora...perché dovrei fidarmi di te? »

Rispose il nano, senza neanche rivolgergli lo sguardo.
Seguirono attimi di silenzio da parte di Sergey; fu tentato di spararlo, di porre fine alla vita di quell'essere irrazionale, semplicemente perché la sua esistenza lo turbava.
Poi intervenne Kel. Riuscì a convincere Jahir a salvarsi, facendogli seguire le istruzioni di Sergey, sino a portarlo in una cavità sottostante

« C'è un corridoio qui...sembra portare verso il basso...ci vediamo alla Sala Oscura!
Sulla mappa dovrebbe essere una grande stanza dopo la svolta a destra! »


Epilogò il nano.
Sergey tirò un sospiro di sollievo, si rialzò lentamente e rivolse lo sguardo verso la mappa.

"Seguimi"

Disse senza alzare gli occhi dal foglio di carta e procedendo nella direzione enunciatagli da Jahir.
Era sollevato. Non solo perché il nano era salvo, ma soprattutto perché non poté considerarsi colpevole di alcun crimine.
E dunque procedette lungo la strada che avrebbero dovuto intraprendere dall'inizio.
E scendeva; in basso, sempre più in basso.
E mentre lo faceva comprese una cosa: non era vero che a regnare negli inferi fossero le fiamme, né tantomeno che l'ardore di quel posto non conoscesse pari.
Era il gelo ad imporre la propria presenza. Imperterrita, l'aria diveniva più fredda e rigida; patine di ghiaccio sempre più spesse cominciarono a comparire nella penombra: le pareti divennero ghiacciate ed i pilastri erano ricoperti dallo stesso gelido strato.
Poi un sibilo fece sobbalzare Sergey: l'udito ne fu forse incrinato ed in muscoli subirono un'intorpidimento persino maggiore di quello cagionatogli dallo stesso gelo.
Non riuscì a spiegarselo, anche perché la sua mente fu impegnata da ben altri pensieri quando arrivò all'ingresso della sala descritta da Jahir.
La stanza era immensa e quasi completamente spoglia. Varie colonne semicoperte dalle tenebre si imponevano possenti, forti del metallo che le componeva; al centro, una sorta di altare si presentava elegante, incorniciato da un'innaturale raggio di luce. Ai suoi lati del sangue colava lentamente, mentre su di esso era posta in bella mostra una pietra.
Probabilmente quella pietra.
Sergey si fermò per più di qualche secondo alla vista di quella sala. La sua somiglianza con una cattedrale gli rievocò ricordi sepolti da ormai diversi anni.
Incrociò le braccia, quasi fosse intimorito da qualcosa, o più probabilmente in disagio per un improbabile motivo. Con la mano sinistra ripercorse la trama del tatuaggio impresso sul suo braccio destro. Una catena che terminava con una croce: marchio impostogli alla sua nascita e che lo subordinava agli esseri umani.
Non si aspettava questa reazione: non entrava in un edificio del genere da quando riuscì a fuggire da coloro che si ritenevano suoi padroni.
Nel frattempo Kel si era già avvicinato alla gemma ed un forte boato riportò Sergey alla realtà.
Un pentagramma di sangue compare dietro l'altare ed innaturali tenebre cominciarono a disperdersi.

« Dalle fiamme risorgo, nella mano porto la gabbia.
Generato dal Gorgo, ora comincia il mio regno di rabbia. »


Sergey cacciò i pensieri, represse la paura.
Impugno l'archibugio, scorgendo un'immensa sagoma nell'improvvisa oscurità.
Quello che probabilmente sarebbe stato lo scontro più impegnativo della missione, stava per cominciare.

Energia:
35%

Status fisico/Psicologico:
Danno medio da impatto al busto, danno basso al fianco destro/Danno basso alla mente
13/16 / 15/16

Cs:
2 Destrezza

Armi:
L'arto sinistro di Sergey pare appartenere più ad un demone che ad un umano. È composto da una sorta di corazza di colore nero, salvo alcune venature grigiastre che compongono un'illogica trama. L'uomo è solito coprire il braccio con delle bende. [Arma naturale]
L'arto destro è invece più simile a quello di un umano: l'unica anomalia consiste nello spessore esagerato delle vene, e nelle unghie estremamente affilate; esse sono infatti lunghe circa il doppio del normale ed in grado di tener testa persino alla lama più tagliente. Molto spesso indossa un guanto che ne cela malamente le anormalità. [Arma naturale]
L'intero corpo, in realtà, è estremamente resistente, al pari delle armature più leggere. Nonostante ciò, non presenta particolari anomalie. [Arma naturale]
Le uniche armi che in effetti possiede, sono una pistola antica dalla lunghezza di 37 cm e l'altezza di 11 cm [Pistola – 5 colpi disponibili a giocata], ed un archibugio della lunghezza di 70 cm, l'altezza di 15 cm ed il peso di 3,5 kg [Fucile – 1 colpo disponibile].

Consumi:
B:5 M:10 A:20 C:40

Abilità passive:
Ian Tao: Sergey ha sviluppato la capacità di muoversi senza far alcun rumore ed al contempo riesce a non emettere alcun odore, impedendo a chiunque di percepire la propria presenza attraverso l'udito o l'olfatto. Inoltre il suo passaggio non crea alcuna vibrazione, e non lascia traccia alcuna sul terreno.[I e II Effetto passivo del dominio Assassino]
Indifferenza: Fin da quando era piccolo, Sergey è sempre stato poco influenzabile dagli eventi esterni, forse per la sua natura, forse per il modo in cui è cresciuto. In termini tecnici, possiede una difesa psionica passiva. [Abilità razziale Autosufficienza]

Abilità attive:
//

Note:
Come da copione.

 
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view post Posted on 27/1/2014, 20:43

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Il corpo di Enkidu fu scosso da una convulsione violenta e il nano tornò alla realtà. Intorno a lui l'oscurità era calata di nuovo, densa come fiele nera, e le visioni di morte e distruzione erano ripiombate nell'oblio. Il vasto salone era come se lo ricordava da prima che la sua lucidità venisse fatta preda del malevolo influsso demoniaco, anche se nell'ombra gli pareva di scorgere chiazze più scure sul marmo che non ricordava, e nell'aria aleggiava un sentore acre e pungente. Il fumo della torcia, che altro? E' stata solo un'illusione, e adesso è passata. Si disse per incoraggiarsi mentre si chinava a raccogliere la fiaccola che gli era sfuggita di mano e minacciava di spegnersi, lì sul pavimento. Eppure sapeva che non si era trattato di un mero inganno mentale: la minaccia era stata ben più seria e tangibile, almeno finchè non era riuscito a liberarsene. Abbastanza grave da condurlo alla pazzia e al delirio; non poteva fare a meno di pensare che la sua caduta avrebbe significato anche il fallimento della missione e di conseguenza la rovina dei suoi amici, e perfino peggio. Jahrir non era ancora pronto per raccogliere il suo testimone.
Quando aveva rivoltato il corpo esanime per ritrovarsi faccia a faccia con la sua versione senza vita il trauma l'aveva investito forte quanto un fiume in piena. Ogni tentativo di rifiuto, ogni sforzo di negazione era scaturito in una spirale d'orrore e disperazione ancora più vertiginosa. I cadaveri aumentavano intorno a lui, le urla di dolore si acuivano, e ben presto alla visione del massacro se ne affiancarono altre in un susseguirsi incalzante, sempre più estese e agghiaccianti. Dinnanzi a lui passato, presente e futuro si confusero in un unico flusso ininterrotto di morte e rovina, mentre l'intera civiltà nanica correva incontro all'annientamento e la consapevolezza definitiva della propria inequivocabile inadeguatezza squassava il corpo e l'anima di Enkidu.
Era stato sconfitto.

Ma poi, infine, comprese. Quel coacervo di incubi deliranti, quell'orgia di pulsante disperazione erano generati da un'entità aliena, sì, ma traevano forza ed energia da lui stesso e da nessun'altro. Dalla sua paura. Dai suoi timori. Da ogni singolo dubbio che minava i suoi passi nell'impresa che aveva deciso di intraprendere: non soltanto sconfiggere un manipolo di demoni per riprendersi una fortezza in rovina, ma qualcosa di una portata assai maggiore - ricostituire l'antica nazione dei nani. Le illusioni gli mostravano ciò che lui temeva sarebbe accaduto dopo il suo fallimento: c'era un solo modo per liberarsene, e non era opporsi ad esse. Così non avrebbe fatto altro che accrescerne la convinzione, fino a renderle tanto potenti da distorcere la realtà e forgiarne una loro, nuova, dove ogni angoscia mai provata diveniva concreta, plasmata e modellata sulla dimensione del suo terrore. No, la sola possibilità era accettare il suo destino, ammettere l'eventualità della propria distruzione. Forse non ora, forse non nelle viscere infette di quella montagna e neanche nel futuro più prossimo, ma presto o tardi sarebbe accaduto, e per allora il suo popolo avrebbe dovuto essere abbastanza forte da andare avanti senza di lui.
Non poteva rassegnarsi alla rovina della sua razza, ma era disposto ad accogliere l'idea del suo sacrificio. Questo sì, lo poteva fare.
Il turbinio di immagini prese a svanire intorno a lui, le grida cessavano, i cadaveri sparivano, fino a quando rimase soltanto il suo che lo fissava con occhi vacui. Ricambiò lo sguardo, e alla fine anche quello scomparve.

Anche Richert e Killibert si stavano riprendendo, come supponeva, dalle loro lotte interiori. Erano scossi e recavano ferite che non ricordava di aver visto prima di entrare in quella sala, nonostante non ci fossero nemici nelle vicinanze. Anche loro hanno dovuto combattere i propri spettri. Gli altri mercenari erano ancor più scioccati, eppure avevano superato la prova.

« State tutti bene? »

Si sincerò mentre si avvicinava a Gnam per porgergli la torcia, così da poter impugnare l'ascia a due mani. Più si addentravano nella fortezza, più aumentavano i rischi di incontrare altri nemici, e lui voleva essere pronto al combattimento.

« Andiamocene via di qui. Subito. »

Si diresse all'altro capo della monumentale stanza, dove una porta interrompeva la corsa delle pareti spalancandosi sul buio, e la varcò.
Ripreso la marcia, tornando a scendere rampa dopo rampa, scala dopo scala verso il cuore gelido della fortezza. Il freddo pungente li aggredì, eppure era di gran lunga preferibile alla sensazione di glaciale terrore che aleggiava nella sala colonnata.

La fiamma della torcia iniziava a languire mentre si addentravano sempre più all'interno, e alla vista del fuoco morente Enkidu provò una sensazione di pressante inquietudine. Ogni passo pesava come un macigno, ogni secondo che passava poteva essere l'ultimo per i suoi amici imprigionati nelle segrete. Ormai Jahrir doveva aver scoperto il suo inganno, infuriandosi: e se fosse arrivato troppo tardi per salvare Shaelan e gli altri? L'avrebbe mai perdonato? Lui stesso, Enkidu, si sarebbe mai potuto perdonare?
Scacciò quei cupi pensieri mentre scendevano lungo una serie di scalini scivolosi e ricoperti da una sottile patina di ghiaccio. Il freddo era più intenso che mai. Ai piedi della rampa li aspettava un ambiente semicircolare dal diametro di una ventina di passi; all'estremità opposta il pavimento e le pareti si interrompevano di netto, cedendo il posto a un nero abisso senza fondo, i cui margini si perdevano nell'oscurità più insondabile. Sopra il punto in cui la sala si interrompeva si scorgevano delle ombre circolari, forse dei fori nel soffitto. Non sembravano esistere altre vie se non quella per cui erano giunti lì. Eppure una strada dovrà pur esserci! Consultò la mappa alla debole luce della torcia, ma non trovò niente di utile. Con una mano lambì involontariamente una parete, e sussultò: era gelida al tatto. Fece cenno a Killibert di sollevare la fiaccola per illuminare meglio i margini della stanza, e fu allora che comprese: attorno a loro la dura roccia erosa dal tempo era stata soppiantata da blocchi celesti e traslucidi. Le mura erano composte di puro ghiaccio, uno strato spesso come minimo diverse spanne, ma forse molto di più: impossibile stabilirlo. I loro respiri si cristallizzavano in nuvolette di condensa. Le pareti, lucide e lisce come seta, erano solcate da minuscole gocce d'acqua che scorrevano come lacrime lungo il ghiaccio. Quest'ultimo poi appariva più scuro in diversi punti, quasi come se delle sagome indistinte avessero impresso un'orma sul ghiaccio, lascito di un tempo remoto.
Enkidu si soffermò su un altro particolare della stanza: disposti lungo la circonferenza e quasi addossati alle pareti si trovavano cinque bracieri composti da altrettanti tripodi di bronzo che sorreggevano larghi piatti incurvati. All'interno del più vicino intravide un piccolo cumulo di grani grigi e sottili, ma nessun segno di braci sotto le ceneri, se davvero di cenere si trattava.

La fiamma della torcia tremolò, mossa da un refolo proveniente dall'abisso, e per un attimo calò l'oscurità completa, poi tornò a brillare, ma fiacca e debole, minacciando di estinguersi alla prima brezza.

« Dobbiamo trovare al più presto un modo per proseguire, o saremo costretti a tornare indietro. »

Quasi a voler smentire quell'ultima possibilità, da qualche parte sopra di loro i corridoi che si erano lasciati alle spalle risuonarono di uno scalpiccio indistinto e un lieve clangore. Erano forse stati scoperti?
Enkidu si piazzò davanti allo sbocco delle scale e rinsaldò la presa sull'ascia, preparandosi al peggio.




CITAZIONE
~ QM POINT

Rieccoci. Mi siete piaciuti il turno precedente, avete capito esattamente cosa vi chiedevo e interpretato la sfida nel modo migliore: bravi. Ma non perdiamo tempo: dopo il superamento della prova vi lasciate alle spalle la sala demoniaca, addentrandovi di nuovo nelle viscere della fortezza. Giungete in un nuovo ambiente, ma qui la vostra strada sembra arrestarsi di colpo: dinnanzi a voi c'è solo un immenso abisso che la debole luce della torcia non può minimamente illuminare. Attorno a voi è disposta una serie di bracieri spenti. Nelle pareti di ghiaccio si scorgono misteriose sagome scure. Da dietro giungono dei rumori minacciosi. Al momento, circondati dal buio, non si vedono altre vie d'uscita, e la fiamma dell'unica fiaccola, in mano a Senzanome, sta per spegnersi. Ci vediamo dunque in Confronto per sapere come avete intenzione di agire.


 
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42 replies since 8/11/2013, 23:37   1081 views
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