« Ce ne dobbiamo andare, subito. Prima che... » Era il solito tono dello stesso, banale, nano di prima. Era sempre lui, Jahir: insignificante come tanti altri. Eppure pochi istanti prima la sua furia lo aveva eretto, innalzato dalla massa di quei patetici esseri che non avevano – agli occhi di Sergey – diritto di vivere.
« FUORI! SVELTI! » Ora il tono appariva allarmato – e l'imminente crollo dell'edificio era una motivazione che lo giustificava a pieno – ma il nano era ben lontano dal somigliare a quella bestia assetata di sangue che era poco prima.
Una bestia che era assai superiore agli uomini.
Il pavimento cominciò a tremare, le pareti parevano sempre meno stabili e piccoli massi cadevano dal soffitto che chissà per volontà di quale dio non era ancora crollato.
Kel e Jahir iniziarono a correre e Sergey fece per seguirli.
Era stanco, incredibilmente stanco. I passi erano lenti e pesanti, la vista annebbiata: persino stare dietro ai compagni era una fatica immane, ma non aveva scelta.
E mentre proseguiva in quest'oberante fuga, gruppi disordinati di demoni scappavano anche loro in preda ad un panico che gli impediva di riconoscere gli intrusi come nemici; forse quando in gioco c'era la propria vita, il comportamento dei demoni non era poi diverso da quello degli umani: una stereotipata serie di azioni dominata dall'istinto.
Una parete crollò sul lato destro, separando Sergey dai compagni; subito dopo uno scricchiolio preannunciò l'imminente caduta di parte del soffitto: il pavimento del piano superiore franò proprio di fronte a Sergey, sfracellando alcuni demoni sotto un peso insostenibile. Non si udirono grida di dolore, solo un gemito sommesso, sussurro rassegnato di chi aveva appena compreso che la propria esistenza era appena terminata.
Insieme al masso, parti di colonne ed inferriate di ferro caddero, creando una via instabile ma percorribile; azzardando una corsa goffa e non priva di affanni, Sergey la traversò, scorgendo lo sguardo d'un Jahir che gli prometteva che si sarebbero rincontrati presto.
Non ci diede peso; in effetti, non sapeva più come considerarlo ed in ogni caso non avrebbe dato importanza alla propria opinione, non in quel momento: era riuscito a comprendere la propria natura soltanto pochi minuti prima ed aveva abbastanza onestà intellettuale da riconoscere di non essere la persona più adatta a cogliere le varie sfumature del carattere di una persona.
Si ritrovo in un'oscura stanza, imponente nella sua vastità; non v'erano colonne ne lastre di ferro, probabilmente cadute tutte al piano inferiore.
Il suo sguardo percorse rapidamente l'intero vano, esplorando con superficiale minuzia tutte le pareti, sino a scorgere, nell'ala sinistra, due porte. Entrambe parevano andare nella medesima direzione, ma solo una sembrava reggere al cataclisma che si stava verificando.
Ed ecco che Sergey si diresse verso l'apertura che più gli dava sicurezza; il passo era più lento di prima ed il suo corpo grondava sudore, mentre grumi di saliva venivano sputati con una trasandatezza che contrastava la sua solita eleganza. Il terreno dietro di lui franava inesorabilmente ed anche una parte del soffitto crollò impetuosa, andando a coprire proprio la porta che desiderava attraversare.
Imprecò in mente quel dio a cui non credeva, mentre si gettò letteralmente in scivolata, riuscendo a superare l'ostacolo passando per una spaziatura libera. Si graffiò un gomito, ma nulla di grave.
Si ritrovò in una stanza estremamente piccola ed incredibilmente oscura. La sua vista già annebbiata dalla stanchezza ora non riusciva a distinguere neanche ciò che gli si presentava dinanzi; e le gambe, che fino a quel momento erano riuscite ad azzardare una goffa corsa, si rifiutavano di sforzarsi oltre il limite raggiunto.
Chiuse gli occhi e si poggiò alla parete.
Era stanco, non aveva voglia di continuare quella fuga. In quel momento voleva solo una sigaretta e del buon rum.
Ma non aveva intenzione di morire, non proprio quando aveva compreso la sua natura.
Gli occhi non vedevano e le gambe non si muovevano, ma udì qualcosa. Nulla di più forte di un tinnio metallico, coperto dal tumulto dei cedimenti della costruzione, ma che per qualche ragione pareva estremamente chiaro e distinguibile. Poi riuscì a scorgere qualcosa: una colonnina da cui fuoriuscivano in maniera incredibilmente copiosa blatte e scarafaggi.
Li osservò esterrefatto, paralizzato da una paura che con sorpresa scoprì albergare in lui. Pochi attimi e l'intero pavimento fu invaso da questi insetti; li osservò camminare sul suo corpo fino a penetrargli sotto la pelle. Avrebbe giurato di aver gridato per il dolore, ma non riuscì ad udire la propria voce; semplicemente i suoi occhi fissavano il tutto, il suo volto rimase pietrificato per un periodo di tempo che gli parve incredibilmente lungo, ma che in realtà non durò che pochi istanti. Poi un minuscolo frantume di soffitto gli cadde sul viso: spostò lo sguardo in alto e notò una voragine in centro alla stanza, mentre tutt'intorno gli insetti erano svaniti.
Era solo un'illusione: in effetti non provava neanche più dolore, ma solo un leggero giramento di testa.
Abituatosi al buio riuscì a notare che la colonnina – probabile causa della trappola in cui era appena caduto – era stata schiacciata da un masso che riuscì, non senza fatica, a scavalcare, raggiungendo il corridoio superiore.
Fu qui che rincontrò Jahir e Kel.
Aveva la mente stanca, il corpo sfinito, ma sapeva che non poteva fare altro che unirsi ai due e trascinarsi in quella disperata fuga.
Vari terremoti facevano da sfondo alla sua disperazione: ogni cosa, li intorno, cadeva in pezzi, finché anche la passerella che si erano trovati costretti ad oltrepassare cedette. Ed ecco che proprio quando erano giunti all'ultimo ostacolo che li separava dalla salvezza, caddero in un oblio di tenebre e oscurità.
Sergey sentì il proprio corpo sbattere più volte su dei gradini e non riuscì ad evitare un gemito di dolore, ma era ben consapevole che quella scalinata gli aveva appena salvato la vita. Non seppe dire per quanto tempo aveva ruzzolato lungo di essa, ma non appena aprì gli occhi e riuscì a mettere a fuoco ciò che gli si parò d'inanzi, un'espressione di stupore ed un lieve sorriso asimmetrico presero forma sul volto deturpato dalla stanchezza. Enkidu ed i mercenari erano lì, di fronte a lui; e con loro quelli che probabilmente erano i prigionieri che stavano cercando.
« Qualcuno di voi conosce il percorso in grado di portarci fuori di qui? »Fu Kel a parlare, più pronto e lucido di lui.
« Io sì. Seguitemi. Dobbiamo rimandare a dopo le celebrazioni. La fortezza sta crollando. E l'abisso sta per riversare i suoi orrori su di noi. Fuggiamo! » Enkidu rispose prontamente.
Sergey li osservò entrambi, poi rivolse lo sguardo agli altri due mercenari, ai nani liberati ed infine a Jahir.
Erano tutti salvi, tutti in condizioni migliori delle sue.
Sorrise.
Pochi minuti prima una situazione del genere lo avrebbe tormentato, ricordandogli quanto in effetti fosse patetico, quanto inferiore fosse agli altri. Ma in quel momento ciò non aveva importanza.
L'intera situazione che lo contornava era superflua, ininfluente se paragonata a lui. Non gli importava nulla degli altri: la sola cosa che gli interessava era di salvarsi. Non per egoismo, né tantomeno per istinto. C'era una cosa che voleva, o meglio doveva fare prima di morire, prima ancora di ritrovare sua figlia. Doveva trovare suo padre.
Ed
ucciderlo.
Energia:
15%
Status fisico/Psicologico:
Danno medio da impatto al busto, danno basso al fianco destro, danno alto da ustioni alle braccia, lievi graffio al gomito/Danno basso alla mente, danno basso da giramento di testa
09/16 / 14/16
Cs:
2 Destrezza
Armi:
L'arto sinistro di Sergey pare appartenere più ad un demone che ad un umano. È composto da una sorta di corazza di colore nero, salvo alcune venature grigiastre che compongono un'illogica trama. L'uomo è solito coprire il braccio con delle bende. [Arma naturale]
L'arto destro è invece più simile a quello di un umano: l'unica anomalia consiste nello spessore esagerato delle vene, e nelle unghie estremamente affilate; esse sono infatti lunghe circa il doppio del normale ed in grado di tener testa persino alla lama più tagliente. Molto spesso indossa un guanto che ne cela malamente le anormalità. [Arma naturale]
L'intero corpo, in realtà, è estremamente resistente, al pari delle armature più leggere. Nonostante ciò, non presenta particolari anomalie. [Arma naturale]
Le uniche armi che in effetti possiede, sono una pistola antica dalla lunghezza di 37 cm e l'altezza di 11 cm [Pistola – 5 colpi disponibili a giocata], ed un archibugio della lunghezza di 70 cm, l'altezza di 15 cm ed il peso di 3,5 kg [Fucile – 1 colpo disponibile].
Consumi:
B:5 M:10 A:20 C:40
Abilità passive:
Ian Tao: Sergey ha sviluppato la capacità di muoversi senza far alcun rumore ed al contempo riesce a non emettere alcun odore, impedendo a chiunque di percepire la propria presenza attraverso l'udito o l'olfatto. Inoltre il suo passaggio non crea alcuna vibrazione, e non lascia traccia alcuna sul terreno.[I e II Effetto passivo del dominio Assassino]
Indifferenza: Fin da quando era piccolo, Sergey è sempre stato poco influenzabile dagli eventi esterni, forse per la sua natura, forse per il modo in cui è cresciuto. In termini tecnici, possiede una difesa psionica passiva. [Abilità razziale Autosufficienza]
Abilità attive:
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Note:
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