Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Azure's whisper ~ Il richiamo della speranza

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Lenny.
view post Posted on 21/12/2013, 12:35




Azure's whisper ~ il richiamo della speranza


Avanzarono nel tunnel sin quando si fece deserto e stranamente silenziosofermandosi dinanzi a un bivio: a sinistra continuava in un cunicolo stretto e buio, apparentemente deserto. A destra il tunnel si slargava quasi il doppio, illuminato dalla luce di lanterne ad olio, e da quella parte provengono gli echi delle continue picconate degli schiavi. Il drago osservò la bussola di Floki in una mano, e la mappa di Dekker nell'altra.

« Entrambe le strade ci portano a lei. Ma quella.. » indicò a destra « ..è più breve. »

Sembra nervoso. Indeciso su cosa fare, se rischiare tutto e gettarsi in una strada corta e pericolosa o allungare il cammino prolungando di chissà quanto la prigionia di Azure. O forse dividersi, uno da una parte e due in un'altra, per raddoppiare le proprie possibilità.

« Siamo tre individui che non passerebbero inosservati per nulla al mondo in un luogo come questo. Andare nel tunnel grande potrebbe significare incrociare pattuglie Korps e rischiare combattimenti inutili. Fate andare avanti me, posso illuminare la strada quel tanto che basta ed usare la lancia per sondare il terreno. »

Vaairo dal canto suo annuì, per poi lanciare una moneta in aria. Uscì testa. Morpheus annuì lentamente, prima di proseguire nella strada che tutti e tra, finalmente concordi, avevano scelto. Avanzarono in fila indiana, prima l'elfa, poi il drago e a seguire l'uomo, in quello che era solo un budello scavato nel ventre della roccia, largo a stento per permettere il passaggio di una persona. Acqua gelida gocciolava dalla volta, simile a lacrime della pietra. Ma presto tutti avrebbero compreso come non si trattasse di acqua. Aveva un odore troppo ostile, troppo acido. Guano.

« Non fate rumori, e avanzate piano. » sussurrò Morpheus, lanciando un'occhiata preoccupata sopra di loro. Parecchi metri sopra le loro teste, la tenebra era dominata da una massa indistinta di figure sontuose e cupoliformi. Una colonia apparentemente infinita di pipistrelli che, se risvegliata, sarebbe calata su di loro creando un caos inimmaginabile.
Il condotto zigzagante alla fine sboccava in un antro circolare dal quale provenivano i bagliori rossastri di una torcia e i distorti echi di voci aspre. Affacciandosi, i tre videro un antro semicircolare del diametro di circa una decina di metri, nel quale cinque schiavi dimagrati lavoravano la pietra a suon di picconate. Una sola lanterna brillava nella penombra, attraccata alla parete opposta a quella da dove sbucavano i tre -lasciando quindi le loro figure nascoste nella totale oscurità-. Al centro della spelonca due guardie sedevano su delle escrescenze rocciose, intente a giocare a dadi. La giubba inanellata di cuoio bollito nera e le fruste abbandonate ai loro piedi non lasciavano alcun dubbio: Falkenberg Korps.

« Sei solo uno sporco baro, Ernet. »

« E tu, Krolt, sei solo un povero scemo. »

Il reiter di nome Ernet sogghignò. Barba caprina e due falangi in meno, anulare e medio della destra. Ricordo della mattanza dei contadini di Waulsort. O forse erano pastori? Non importava, non più. Ernet rastrellò la manciata di monete di rame sparse tra lui e l'altro, visibilmente soddisfatto.

« Bah, fottiti. »

Krolt si attaccò alla fiasca di acquavite. Ne ingollò troppa. Tossì, ruttò. Gocce giallastre si dispersero a terra. Lui, al contrario dell'altro, non sembrava affatto contento di come la serata aveva preso piega. Riprese il bicchiere di legno, facendo schioccare i dadi. Aveva una buona spada leggera legata alla cinghia, e se si fosse accorto che l'altro stava davvero barando non ci avrebbe pensato due volte prima di usarla per tranciargli tutte le dita rimaste.

« Allora, te lo fai un altro giro? »



QM POINT: Ok, credo di essere stato abbastanza chiaro ma per sicurezza ho fatto anche un ridicolissimo disegno con paint per illustrarvi meglio la situazione (i pipistrelli non sapevo disegnarli ç_ç) ---> CLICK ME
Per il resto, potete descrivere le vostre azioni in confronto. Occhio a non fare troppo rumore, o svegliereste una colonia di pipistrelli. Volendo potete anche non fare nulla, se non avete nulla in mente, e attendere che Morpheus -come ci si aspetterebbe- decida lui stesso come gestire la situazione. Ah, quella in alto a sinistra è una freccia che indica la direzione della bussola magica °-°

A voi ^^
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 3/1/2014, 01:06





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Non è raro che gli elfi siano considerati altezzosi e arroganti. Questo perché non se ne riesce a cogliere le differenze più sottili, generalizzando spesso la loro natura come se fosse un singolo agglomerato. Ma in realtà c'è un lato oscuro, quasi crudele, che ognuno di loro porta nel cuore e non aspetta altro che scatenarlo contro la il nemico. Inimicarsi un elfo significa, in parole più povere, avere un nemico per l'intera eternità.


Avevamo scelto di proseguire per il tunnel più piccolo, protetti dall'oscurità e dall'incedere lento e titubante dei nostri passi. Ero determinata, anche grazie al fatto che avevo eliminato dalla mia mente quell'immagine sofferente e moribonda di pochi istanti prima, a portare a termine rapidamente quel lavoro, recuperare Azure e Floki, per poi fuggire dalle Fosse senza voltarci indietro. Almeno per il momento.
Non saprei dire quanto tempo passò in quell'angusto spazio sporco di escrementi e dall'odore acre, ma non mi interessava. Le ombre mi facevano sentire protetta ed al sicuro, certamente più che a fingermi una povera disgraziata finita schiava dei Korps... e quando, alla fine, una piccola luce iniziò ad illuminare una stanza ben più grande, da cui provenivano delle voci, compresi che dovevamo essere vicini al nostro obiettivo.
Eravamo dentro le viscere della montagna, sovrastati da migliaia di pipistrelli dormienti, in grave inferiorità numerica e decisamente meno equipaggiati dei nostri nemici: non potevamo permetterci un attacco frontale, sarebbe stato stupido.
Osservai il guano per terra, poi di nuovo la stanza, ed infine i miei compagni. « Copritevi con questo, fa schifo ma ci renderà meno visibili. » iniziai a coprire il lattiginoso colore della mia pelle con gli escrementi, in modo da risultare sempre meno visibile anche a quella fioca e tremolante luce. Pur sapendo che si trattava di liquami, ovviamente, la sensazione che provavo non era di disgusto: stupidamente non avevo fatto i conti con quella parte di me che, per ovvi motivi, si nutriva in prevalenza di zucchero e luce solare. Era solamente cibo, per quella me. Vaairo, invece, non l'aveva presa troppo bene, mentre Morpheus si era decisamente rifiutato di prendere parte alla mascherata. Non potevo biasimarlo, lui aveva un orgoglio decisamente spropositato rispetto al nostro, avrei avuto perplessità nel vederlo incline a seguire una direttiva così... lurida. Ma non potevo certamente formalizzarmi per cose del genere, del resto l'essere sporchi sarebbe stato l'ultimo dei problemi, rimanendo ancora a lungo bloccati dentro alle Fosse. E non era un'esperienza che intendevo prolungare più dello stretto necessario.
« So che... fa schifo, ma devi riuscire a spegnere quella torcia con un tiro. Se ci riesci attireremo la loro attenzione e, nell'oscurità, possiamo eliminarli. » realizzai una piccola pallina di guano e detriti, passandola a Vaairo perché effettuasse un lancio preciso. Lo avevo visto lanciare coltelli ed avere una discreta mira con le armi a polvere nera, sicuramente più di quanta non ne avrei mai potuta avere io in quella situazione. Non ero certa che il mio piano funzionasse, ma non avevamo moltissime scelte: la prima era affrontarli a testa bassa, rischiando di ingaggiare una lotta infinita e faticosa, la seconda quella di aggirarli e provare a non farci vedere, la terza di eliminarli silenziosamente, o almeno provarci, per poi proseguire verso Azure.
Seguii la traiettoria del lancio con lo sguardo finché la luce, colpita, non venne meno. La stanza piombò nell'oscurità più assoluta, tanto da riuscire a vedere solamente a un palmo dal proprio naso. Ma la strategia aveva avuto un discreto successo ed i due si erano divisi: l'uno doveva riaccendere la torcia spenta, l'altro veniva dritto verso di noi per controllare il tunnel. Il cuore iniziò a battermi sempre più lentamente, quasi come se volesse farmi sentire ogni singola cosa, ogni cigolio, ogni sospiro.
Guardai Vaairo un'ultima, fugace, volta prima di appiattirmi dietro alla roccia, con la lancia serrata tra le mani, pronta per aggredire quel bastardo non appena fosse arrivato a portata.

Forse per stupidità, forse per un erroneo istinto, non mi resi conto di un fatto piuttosto importante, ovvero che quei due non sembravano avere minimamente problemi a muoversi nella totale oscurità, mentre io non riuscivo nemmeno a rendermi conto di quanto fosse distante la mia mano rispetto alla faccia. Ero troppo accecata dal desiderio di metterlo fuori gioco per ragionare lucidamente sul mio operato e, sebbene l'idea avesse buone basi per andare a buon fine, non aver calcolato questa capacità dei Korps ci metteva in grande svantaggio. Stupida, stupida. Mi rimproverai mentalmente, mentre sentivo i passi del nemico arrivare praticamente accanto a me. Sgusciai fuori restando acquattata e tentando di affondare la punta della lancia nel basso ventre di Krolt... ed il colpo andò a segno. Superai la protezione del corpetto, che avevo oramai capito essere la divisa di ordinanza dell'esercito di Viktor, penetrando nelle carni corrotte di quel criminale che, purtroppo, ebbe la prontezza di riflessi di evitare la morte ed avvertire il compagno della nostra presenza. Urlai dentro di me per aver fallito nel mio scopo.
Vaairo, di nuovo rivelatosi un abile lottatore, evitò il peggio riuscendo a nullificare la contro offensiva del Korps... ed a quel punto mi lasciai letteralmente soffocare dalla rabbia, quasi come un impeto assoluto, conficcando dapprima la lancia del ginocchio del nemico, spaccando la rotula, le vene, i nervi, e poi, non contenta, conficcando le unghie d'acciaio nei suoi testicoli, senza alcun tipo di pietà o rimorso.
Molti, nella mia situazione, probabilmente avrebbero provato disgusto nel toccare una parte tanto sensibile del corpo di un demonio, ma per me non significava assolutamente niente, non in quelle circostanze. Non sentivo quel classico senso di inquietudine, di timore per aver tolto una vita, non sentivo altro che l'immenso desiderio di infierire su quanto restava del corpo martoriato di quella bestia, di quella preda.
Avevo perso il contatto con la mia natura umana ed elfica, abbandonandomi a quello più selvaggio e spietato frutto del retaggio silvano. Non posso dire di andare orgogliosa di quella scelta, non sarà mai così, eppure era l'unica che potevo fare. Si trattava di bere o affogare, uccidere o essere uccisi, non c'era spezio per la cavalleria, l'eleganza... o l'orgoglio. Sopravvivere ad ogni costo e tornare a combattere l'indomani: questo mi aveva tenuta in vita.

Con le mani lorde del sangue nemico, il volto imbrattato e a stento riconoscibile, rimasi china ad osservare la faccia contratta in una smorfia di dolore del Korps. Non ero sicura di quello che provavo, ma non era sicuramente dispiacere né vergogna per ciò che avevamo appena fatto. Non razionalizzavo i pensieri come di consueto, era come se quel filtro che teneva a bada il mio animo si fosse improvvisamente saturato, rendendo completamente inutile ogni mio tentativo di tornare quella di prima. Quale che fosse stata la causa scatenante, se il dolore della vista degli schiavi, la deprivazione dei giorni di prigionia o la rabbia per la perdita delle persone che viaggiavano con me, il risultato non accennava a cambiare. Io ero lì, viva, e lui giaceva a terra, morto.
Cercai lo sguardo di Vaairo con i miei occhi, oramai ridotti ad una piccola fessura per scrutare nell'oscurità, e lo trovai vicino a me intento a guardare Morpheus che chiamava a gran voce Azure. Già... Azure... era per lei che mi ero cacciata in quel gigantesco girone infernale, era per lei che avevamo rischiato tutti quanti la vita, chi più e chi meno, ma per tutti gli altri il Dragone non aveva mostrato nemmeno un briciolo di pietà.
Per un misero, insignificante, istante provai il desiderio di fare dietro-front e raggiungere di gran passo Floki, protetta dallo stridio assordante dei pipistrelli e dall'oscurità delle ombre, ma sarebbe stato un semplice suicidio nelle mie condizioni. Mi sentivo debole e stanca, sapevo che l'unico motivo per cui non giacevo a terra priva di conoscenza era l'adrenalina e la paura, e non avrei mai potuto reggere un combattimento dopo l'altro per ottenere l'uscita dalle caverne.
E così, col cuore che tornava a battere veloce come non mai, poggiai la mano sul volto del defunto per poi lasciarmi prendere da un unico gesto rabbioso: cinque lunghe ferite gli si aprirono sul viso, riversando all'esterno il sangue nero e lurido.



Mi tirai in piedi, seguendo Morpheus con l'espressione meno umana che il mio volto potesse fisicamente assumere.
Volevo che chiunque avesse ritrovato quel corpo si rendesse conto di ciò che si sarebbe abbattuto su di loro. Non un esercito corazzato, non la magia e nemmeno gli ideali di purezza e libertà.
No, i Korps si erano inimicati la furia stessa... e presto o tardi avrebbero pagato lo scotto delle loro azioni.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Rabbia e Dolore.
Energia: 75%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ////

Note:
Eccomi qua! Spero che vi piaccia la Fanie più ferale e selvaggia ^^
 
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Drag.
view post Posted on 3/1/2014, 17:44







« ma che cazzo... »

L'intera vita di Vaairo poteva essere riassunta in queste chiare, concise, sussurrate tre parole. Un'imprecazione silenziosa, frustrata e vagamente perplessa: la sua completa esistenza racchiusa nella sublime, volgare esclamazione di un idiota.
Perchè, porca puttana, se quella era la via scelta per loro dalla monetina d'oro, allora il fato lo stava prendendo per il culo. Per qualche minuto aveva davvero sperato che il destino avesse guardato giù benevolo ed avesse spianato loro la strada verso Azure; era una preghiera piuttosto irrazionale e scema, certo, ma sognare non costa nulla - e poi lui aveva sempre riposto una fiducia matta nella dea bendata. In genere, il "lancio del gettone" (come lo chiamavano i criminali del Bloodrunner) era un vero e proprio culto più che un metodo decisionale: gli dèi degli onesti ladri avrebbero fatto cadere il proprio giudizio sul volto della moneta che li avrebbe condotti alla salvezza: era una pratica assolutamente sacra ed era tremendamente sconsigliato abusarne, perchè gli dèi avrebbero giocato brutti scherzi ai pusillanimi che rimettono loro ogni scelta... ma Vaairo era un bastardo diligente, e se ne serviva di rado.
Proprio per questo, il mercenario si sentiva l'animo pesante e riottoso. Respirava a fatica per via dei fumi e del calore soffocante, ma quello poteva ancora sopportarlo; passino pure la puzza ed il guano che pioveva a secchiate (ci coltivavano i pipistrelli là dentro?)... ma che ora si trovino dinanzi ancora una volta dei Korps fancazzisti? Oh, andiamo...! L'altra via li avrebbe condotti dritti nelle fauci di un demone con il ciclo se questa era l'idea divina di "strada facile"!

« Copritevi con questo, fa schifo ma ci renderà meno visibili. »

Sbuffò piano; ciò che Fanie proponeva - ed in effetti stava già facendo - aveva senso... Ma questo non significava che gli dovesse piacere. La ragazza stava lavorando alacremente per coprire il suo viso e la cosa non sembrava neppure infastidirla. Insomma, era fottuta cacca di pipistrello!
Il mercenario si fermò qualche istante, osservandola elaborare in pochi momento una strategia potenzialmente efficace. « So che... fa schifo, ma devi riuscire a spegnere quella torcia con un tiro. Se ci riesci attireremo la loro attenzione e, nell'oscurità, possiamo eliminarli. » Vaairo passò gli occhi incredulo dal suo volto ancora affascinante alla pallottola di sostanza organica che gli stava porgendo, faticando a comprendere appieno quel che gli chiedeva. Non era proprio il genere di battaglia a cui era abituato, ma sarebbe stato divertente bersagliare i nemici con l'equivalente puzzolente delle palle di neve con cui giocava da bambino all'orfanotrofio. E poi, pensò mentre anche lui si copriva il volto con quel viscidume rivoltante, non poteva davvero negare che mai avrebbe bocciato una proposta di Fanie: era troppo bella - e incazzatissima - per contraddirla.
Potere femminile - o vegetale. Era uguale.

Una vera fortuna non avesse mangiato, o avrebbe tirato su tutto.

Inspirò piano, sporgendosi dallo sperone roccioso che forniva loro riparo; caricò il braccio e prese accuratamente la mira. Fingi di essere sul diamante, si disse. E' l'ultimo inning e il battitore avversario è scarso: puoi farcela.
Lanciò.

La stanza cadde quasi istantaneamente nel buio, cosa che fece saltar su i Korps come molle. Li sentiva parlare - uno di loro sembrava dirigersi verso di loro. Un peccato lui non fosse un gatto, la vista notturna gli avrebbe fatto molto comodo... qualità che, purtroppo, quegli uomini di Viktor sembravano possedere. Il dettaglio era stato notato anche da Fanie, ma la cosa non sembrava averla crucciata più di tanto. Con il pragmatismo tipico degli elfi più pacifici, gli fece chiaramente segno di massacrare l'ignaro Krolt. Povero Krolt.
Non si fece desiderate poi molto: mentre la ragazza si accucciava a terra con l'asta alzata, Vaairo si nascose dietro l'angolo, aspettando che il Korps transitasse per piantargli un pugnale nella carotide.
Non fu colpa sua se quel tipo aveva la resistenza di un golem: il colpo venne effettivamente sferrato, ma Krolt - povero un cazzo, Krolt - fu abbastanza lesto da bloccargli il polso prima che potesse sfondargli la gola.

« Intrusi! Va' a dare l'allarme, io li tengo buoni. »

Oh. Cazzo. Bè, pur in quella situazione di merda, Vaairo notò con malcelato piacere che Fanie lo aveva parzialmente impalato al ventre. Ben fatto, ragazza vegana. Il seguito più simpatico del degenero scatenato dalla loro azione fu che Krolt tentò effettivamente di contrattaccare, sfruttando la sua presa sul polso di Vaairo. In qualche modo il mercenario intese che volesse prenderlo e scagliarlo contro la sua compagna, e probabilmente si trattava persino di una tattica intelligente se lui non fosse pesato circa novanta chili e facesse un vanto del "non venir mai buttato giù".
Pur costandogli parecchia fatica, sul volto del Goryo si dipinse un'espressione di contrita commiserazione; il terribile braccio di ferro tra i due colossi si consumò in favore del mercenario, che decise di festeggiare con un poco ortodosso proiettile nel cranio sparato dalla pistola impugnata nella sua mano libera. Sorridendo mestamente, notò che anche Fanie aveva deciso di unirsi al party facendo macello dei gioielli di famiglia del povero - questa volta sì - Krolt.
Era diventato abbastanza assuefatto all'omicidio, e il sangue non sembrava turbarlo quanto il guano sul suo volto. Il fatto di aver appena preso brutalmente la vita di un bastardo non lo fece sentire particolarmente male: gli avrebbe forse dato un incubo o due nei giorni successivi... sempre che fosse riuscito a vederli, quei giorni successivi. La vicinanza al trapasso ha un potere tutto suo di cambiare le prospettive, e a Vaairo purtroppo capitava così spesso da buttarselo dietro con una scrollata di spalle piuttosto volgare. Sopravvivenza del più forte, si disse.
Quel "più forte" ora assunse un significato parecchio vivido quando spostò il suo sguardo su Fanie: l'elfa, coperta della lordura del cadavere di Krolt e del guano dei mostri di grotta, pareva una divinità tribale pronta a mangiarti il cuore e rosicchiarti le ossa. Era un'immagine tanto affascinante quanto preoccupante, e il mercenario decise ancora una volta - come prima con Dekker - che avrebbe fatto meglio a non contrariare la sua misteriosa compagna, o sarebbe finito lui preda di quella furia primordiale.

« Ben fatto, Fanie. », disse, pulendosi il volto con la manica della maglietta. Ormai aveva poco senso qualsiasi sotterfugio: avevano fatto abbastanza casino da "chiamare i fedeli alla messa", come dicevano dalle sue parti. Un campanile la domenica probabilmente sarebbe stato più silenzioso, quindi tanto valeva fare le cose in grande stile.
Seguì Morpheus lungo il tunnel, osservandolo chiamare la sua bella senza più alcun riserbo.

« Ho un brutto presentimento...
ma tanto, ormai...
»


Status: mana 55%, 9 colpi rimasti nella desert eagle (4 nel caricatore).
 
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Lenny.
view post Posted on 5/1/2014, 17:11




Azure's whisper ~ il richiamo della speranza


Mentre sbloccava un altro dei collari che incatenavano i poveri schiavi delle Fosse Grigie, Floki pensò a quanto in cuor suo fosse grato a Morpheus e Vaairo, a dispetto del suo ultimo brusco saluto. Combattendo al loro fianco per una giusta causa, il vecchio carceriere si era sentito di nuovo vivo, come se dalle loro azioni fosse dipeso il destino di molte vite. E ciò era degno di rispetto. Di onore.
Si, onore.
Da troppo tempo, guardandolo, nessuno vedeva in lui dell'onore. Dave e in seguito Morpheus avevano preso con sé un ex carceriere di Taanach, un disgraziato ubriacone, dandogli una ragione per combattere e un motivo per tirare avanti. Con una moglie morta da tempo e un figlio che lo aveva rinnegato, Floki aveva visto nella liberazione di quel piccolo elfo e di tutti gli altri schiavi l'opportunità di potersi finalmente riscattare. Di poter finalmente morire con onore, per una giusta causa. Dopotutto non era mai stato tipo da tirare le cuoia nel suo letto.

« Che la fortuna vi arrida, ragazzi. Vi devo molto. »

Sussurrò, mentre tentava di sbloccare un'altro collare con la punta del coltello. Era sempre stato abile con gli utensili, e loro non l'avevano mai tradito. Infatti questa volta bastò lavorare solo una manciata di secondi prima che il fatidico click sbloccasse la catena, mettendo in libertà il quarto schiavo. I primi tre -tra cui il giovane elfo- lo seguivano, sperando di trovare con lui una via di fuga dalle Fosse.

« Grazie..grazie... »

Lo schiavo che aveva appena liberato si massaggiò il collo ancora dolente. Era un uomo sulla trentina con una lunga chioma nera e una folta barba a testimoniare la lunghezza della sua prigionia. Indicò un punto imprecisato in fondo al tunnel.

« La chiave...laggiù, a sinistra...una guardia ha la chiave..possiamo liberarli..più veloce.. »

« Va bene. »

Floki annuì secco. Nessuna indecisione, nel suo sguardo. Ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

« Tu aspetta qui, noi torniamo subito. »

__ _ __

Furono più fortunati di quanto Floki avesse potuto sperare. Il Korps di guardia sonnecchiava appoggiato di schiena al muro, mezzo stordito dai fumi dell'alcool, pertanto neanche si accorse delle quattro sagome che lente e silenziose si avvicinavano alla sua postazione. Floki sferrò un colpo dritto al grugno con il calcio del fucile, frantumando un paio di denti marci e scaraventando il Korps a terra.
Quando poco tempo dopo riaprì gli occhi, tra il sorpreso e l'inebetito, si vide puntare contro la gola la canna del fucile di Floki. Aveva le braccia unite dietro la schiena, i polsi legati da un nodo troppo stretto.

« La chiave. »

Gli intimò Floki, gli occhi ridotti a due feritoie, la voce tagliente come il filo di una lama. Tese la mano verso la guardia.

« La chiave per la tua vita, figlio di baldracca. »

La guardia si guardò attorno, incontrando gli sguardi ostili di tutti gli schiavi, minacciosi quasi quanto quello del vecchio che impugnava il fucile. Forse comprese che per lui non ci sarebbe mai stata via di scampo se avesse lottato, quindi fece cenno verso la cinghia. Floki frugò nella direzione indicata, e strappò un anello di bronzo al quale era attaccata una piccola chiave metallica.

« Bravo, non sapevo che i cani del Beccaio sapessero ragionare. Dì un po', questa fogna ha un'uscita secondaria da qualche parte? »

« Aye. Da qualche parte, nel settore nove. »

Floki aggrottò le ciglia, cercando di ricordare il punto della mappa in cui fosse locato il nono settore delle Fosse Grigie. Uno sforzo a cui fortunatamente uno degli schiavi pose fine.

« Io so dov'è. Vi posso guidare. »

La voce giunse dalle loro spalle. Era l'uomo che aveva liberato poco prima, e che senza perder tempo aveva deciso di raggiungerli, per dar loro man forte. Ma nell'attimo in cui si era voltato la guardia ne approfittò per scattare a sinistra, tentando la fuga.

« ALL'ARMI! INTRUSI, INTRUSI NEL SETTORE DUE! »

Floki reagì d'istinto: puntò il fucile in direzione del Korps, mirò e senza indugio premette il grilletto. Il colpo, sparato nella totale penombra, riuscì fortunatamente ad azzoppare la guardia in corsa, costringendola a terra. Ma il danno ormai era fatto, e presto tutti sentirono delle voci in lontananza ringhiare ordini. Presto quel tunnel sarebbe stato invaso da intere ondate della feccia del Beccaio.

« Tu. Come ti chiami? »

« Tapster. Invece io chi devo ringraziare per la mia libertà? »

« Floki. E la libertà te la devi ancora conquistare, giovanotto.»

Socchiuse gli occhi, cercando di ideare un piano. Ma quando il suo sguardo incontrò quello del piccolo elfo dal viso coperto di ferite, già sapeva che non avrebbe mai potuto abbandonare altri schiavi. E che non l'avrebbe mai fatta passare liscia ai Falkenberg Korps. Quei cani maledetti dovevano pagare...ma i pochi che aveva liberato, avevano il diritto di salvarsi.

« Bene Tapster, hai sentito anche tu le sue parole. Porta gli altri al settore nove, cercate una via d'uscita prima che sia troppo tardi.»

Contrasse le mani per poi rilassarle, facendo schioccare le falangi delle dita.

« Io li terrò occupati. »

« Ma.. »

« Muovetevi. »

Lentamente, Tapster annuì. Era l'unico che effettivamente potesse guidare gli altri al settore nove. Batté una mano sulla spalla del vecchio in segno di gratitudine, poi lui e gli altri si incamminarono verso l'ultima fioca speranza di libertà. Floki si voltò una sola volta verso loro e il suo sguardo incrociò quello del piccolo elfo. Sorrise, per incoraggiarlo. Gli piacque pensare che anche l'elfo gli sorrise, di rimando.

__ _ __


« Ahah! Arrivano, arrivano! »

Il Korps si contorceva a terra, alle sue spalle. Ringhiava, sbavava in un misto di rabbia e dolore, le braccia ancora unite dietro la schiena, i polsi legati. Ma diceva il vero: le voci di altre guardie riecheggiavano tra i tunnel, facendosi sempre più vicine.

« Non penserai di cavartela così facilmente, vecchio! »

« Oh, io no di certo. »

La voce di Floki era calma, pacata. Finalmente il vecchio carceriere si sentiva in pace con se stesso.

« E tu? »

Senza attendere risposta, Floki si gettò contro la guardia legata a terra, premendogli il piatto del pugnale contro la gola. Con l'altra mano infilò nella bocca dell'altro la piccola chiave che serviva a sbloccare i collari di tutti gli schiavi appartenenti a quel settore. Gli stessi schiavi che li circondavano. Con un ghigno maligno stampato in volto, costrinse il Korps a buttarla giù. Il Korps, visibilmente confuso, inghiottì duro.

« Bene. »

Lentamente Floki si rimise in piedi, tirando su per i capelli anche la guardia. Poi con un violento spintone la scaraventò contro il gruppo di schiavi ancora incatenati alla parete, per poi dare in mano a uno di loro il suo pugnale.

« La chiave per la vostra libertà si trova nelle viscere del vostro aguzzino. Tornate liberi. »

Nei secondi seguenti Floki, impugnato il fucile, rimase ad attendere il suo destino. Ignorò le grida di dolore della guardia, così come quelle di giubilo degli schiavi. Un primo manipolo di Korps sbucò dall'ingresso del tunnel, le spade alla mano e gli occhi intrisi di sangue. Ma Floki non arretrò di un passo. Puntò. Allineò il tiro. Fece fuoco una, due tre volte.

E si dimostrò l'eroe che Vaairo e Morpheus gli avevano ricordato di essere.



Edited by Lenny. - 10/1/2014, 21:42
 
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view post Posted on 6/1/2014, 16:46

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Midgard Centrale ~ Le fosse grigie


Si sentì un eco di passi in lontananza.
Nella roccia rimbombava il suono sordo degli stivali sul pietrisco. Un gruppo di uomini si muoveva nel buio del tunnel avvicinandosi inesorabilmente alle loro prede. Il ticchettio sommesso dei passi era un rumore che via via andava crescendo divenendo quasi una sentenza incombente, un conto alla rovescia impossibile da fermare. I passi scandivano lo scorrere del tempo, che via vai aumentava la sua corsa, diventava frenetico.

---

I tre uomini avanzavano nel buio guidati dal dragone, i colori delle rocce si perdevano nell’abbraccio con l’oscurità, il silenzio veniva rotto soltanto dal loro respiro, dal battere del loro cuore, dall’ansia che man mano cresceva dentro di loro. Il dragone fremeva pervaso da strane sensazioni che non riusciva tuttavia ben a delineare nella sua mente. “Perché proprio lei?” gli aveva chiesto Floki fuori dalla miniera. Già, perché proprio lei…
I pensieri di Morpheus si persero in quella domanda, si persero in un infinito senza risposta, vagarono incensanti finché l’unica parte razionale della sua mente non elaborò una risposta, forse l’unica plausibile, o semplicemente l’unica che poteva dare una spiegazione abbastanza soddisfacente per ogni sfaccettatura del suo essere.
Lui, Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem, provava qualcosa per quella donna.
Un sentimento abbastanza forte da fargli scordare il suo essere e la sua missione, la priorità della sua esistenza e di quella della sua famiglia.
Si, perché Azure era qualcosa di inatteso e non scritto, qualcosa che esulava dal fato a cui lui era destinato. Lui la voleva, la desiderava, lui si era perso nelle profondità di quegli occhi di ghiaccio. Non avrebbe permesso a nessuno di portarla via da lui, nemmeno a Viktor Von Falkenberg cane insulso della morte.

---

Scivolò nel buio come un serpente accompagnato da altri tre suoi uomini, il suo riso diabolico e sadico si sparse per il corridoio arrivò persino alle orecchie delle sue prede, ma lui non se ne preoccupò, era troppo pieno di sé, pieno di rabbia per preoccuparsene. Camminava con frenesia verso di loro, iniziò ad assaporarne l’odore ancor prima che loro potessero avvertire la loro presenza. Ormai li vedeva chiaramente davanti a lui, con gli occhi ormai abituati al buio scorgeva le loro figure e quando li vide si senti subito meglio.

« AHAAHAHAHAH
AHAHAHHAAH
AAHAHAHHAHAAHAH
»

La figura del Reitermajor avanzò nell’ombra iniziando lentamente a palesarsi per il mostro che davvero era.

---

Morpheus sentì dapprima le risate, malefiche e divoranti, estasiate e totalmente alienate. Ma ciò che vide lo turbò decisamente di più: una figura ammantata nell’ombra avanzava lentamente.



Vide dapprima solo i piedi: lunghi, palmati, con le dita ricurve e delle unghie affilate come rasoi che graffiavano nudi sul terreno.



Le mani, anch'esse spropositamente lunghe e affilate, inusuali.



Infine la bocca, coi canini sporgenti e appuntiti come quelli dei demoni.
Mentre il corpo era un ammasso di cicatrici, alcuni punti del corpo parevano addirittura ricuciti, come se qualcuno riavesse attaccato i pezzi di quell'essere per riportarlo in vita direttamente dall'inferno perché, quando Morpheus lo vise, non ebbe alcun dubbio:

Quel bastardo era Ragnar Takevada.


« Erano secoli che volevo vendicarvi, che pregustavo questo momento. »
Ruggì come una belva rabbiosa.

« Morirete tutti. »

Ma Morpheus era immobile, ormai non ascoltava più, ormai si era perso, nel suo cuore fremeva solo la rabbia, ma il suo corpo era come una scultura. Il suo sguardo era fisso su di una persona: una donna. Come Seraphim così lei era legata con una catena nelle mani di Ragnar, ugualmente snodata, ugualmente assente, nella mente riaffiorarono i ricordi, nel suo cuore riaffiorò la rabbia di quel giorno e si aggiunse a quella che ora provava. Ma infondo c'era solo e solamente sconforto.
Ragnar afferrò il capezzolo del donna glielo torse e la chiamò amore. Ma Morpheus era assente, sconvolto. Immobile.

« Azure... »

Ebbe la forza di dire solo questo, ma dentro di lui qualcosa simile a un vulcano in eruzione si stava agitando.
Vi era rabbia e impotenza, ma soprattutto rabbia.
Lei era diventata una nuova vittima di Ragnar. Lei era stata trasformata in un mostro.
E lui non sapeva cosa avrebbe potuto fare per salvarla.
Era, come temeva, troppo tardi...



Scusate il post non eccelso o l'attesa ma ho fatica a trovare il modo per scrivere questo post e, come si vede, è un po' incasinato. Comunque per la gioia di Drag scopriamo con immenso dispiacere che Ragnar è ancora vivo, il suo corpo è più grande di prima ma è tutto martoriato di cicatrici e cuciture, insomma l'ultima volta si è salvato per miracolo. Azure è diventata anch'essa un demone così come Seraphim, insieme a loro altre due korps. 5 giorni per postare. Se volete si va in confronto, ma non credo Ragnar sia molto loquace.
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 7/1/2014, 01:54





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Una parte di me aveva ceduto alla paura. Ma non era successo normalmente, perdendo lentamente fiducia nel futuro sino a soccombere all'inevitabile, no, la parte più razionale di me si era semplicemente eclissata lasciando spazio a qualcosa di non dissimile ad una bestia selvaggia. Non avevo perduto ancora il senno, ma dentro al mio cuore sentivo come unico impulso quello di uccidere, uccidere e ancora uccidere ogni singolo Korps che mi si fosse parato davanti, da qui all'infinito, come se la mia vita non avesse più scopo al di fuori della vendetta. Forse, continuavo a ripetermi in quei rari momenti di lucidità tra un corridoio e l'altro, era solo un meccanismo difensivo per evitare di soccombere, di venire schiacciata dal terrore e dall'idea di non riuscire mai più a vedere il sole... eppure qualcosa, in un luogo non meglio precisato del mio spirito, continuava a sussurrarmi che era giusto così, che ero ciò che sarei dovuta sempre essere.
Una forza casuale dell'universo.


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Poi apparve, dapprima come rumore di passi strascicati sul pavimento di pietra, poi come ringhio sommesso e respiro pesante. Infine apparve qualcosa, che un tempo era sicuramente stato qualcuno ma che adesso a stento sembrava avere tratti umani, pronto ad accoglierci. E non era solo, aveva due sgherri al suo fianco ma, soprattutto, Lei. Una donna bellissima, dai lineamenti eleganti e femminili, portata come una specie di animale da compagnia da quell'aborto della natura che rideva come un pazzo scatenato. Era assente, Azure, ci aveva lasciato tempo addietro colpita dalla stessa malvagità che aveva sfiorato e contaminato per sempre Eru...
Ma, pur col cuore carico di rabbia e disprezzo, un tremito gelido mi percorse la schiena al solo pensiero di cosa stesse provando Morpheus, a pochi passi da me, nel vedere l'amore della sua vita ridotto ad una bambola senza emozioni. Non avevo chiesto come Viktor l'avesse rapita e nemmeno il perché, non mi sembrava importante durante il viaggio sino alle Fosse, ma in quell'instante mi sentii sollevata di essere all'oscuro di tutto: non sarei mai riuscita a scagliarmi contro quella donna avendola, anche solo in parte, conosciuta. Serrai le mani attorno alla lancia, incurante del mio aspetto abominevole tra polvere e guano, fissando gli occhi su Ragnar.
« Quella era Azure... »
Morpheus non mi avrebbe mai permesso di ucciderla e, forse, non ci sarei mai riuscita davvero.
Inspirai lentamente, girando la testa verso Vaairo come alla ricerca di un vago supporto per le mie parole.
« Morpheus sono spiacente ma temo che ci sia solo una cosa che possiamo fare... »
Si... una sola cosa potevamo fare... ma il dragone non avrebbe mai permesso che accadesse. Io non volevo correre lo stesso errore di Shimmen, ma questa volta non ci sarebbe stata Cashka con un potere al di là della mia comprensione a revocare l'oscurità dall'amata Azure. Questa volta eravamo solamente noi tre a confrontarci con l'oscurità sia dentro che fuori i nostri nemici. Un singhiozzo strozzato mi uscì stridulo dalla gola mentre, digrignando i denti alle parole dei miei compagni, si faceva largo in me l'unica cosa che mi avrebbe permesso di perdonarmi ciò che avevo fatto a Floki ed agli altri prigionieri.
Mai e poi mai avrei lasciato un mostro di quella portata libero di vagare per il mondo, schiavizzando e trasformando uomini e donne in bambole stupide e corrotte, senza anima e senza cuore. Ragnar, un nome che mi ricordava gli uomini del profondo nord, un tempo era stato un uomo con dei valori, forse con una morale più salda e pura di quella che albergava in me in quei momenti, ma per lui non c'era alcuna speranza e, forse, nemmeno per Azure.
« Ricordi il crinale?... sarebbe un buon momento per ripete l'esperienza. »
Sibilai a denti stretti senza nemmeno voltarmi verso il mio compagno, per poi fermarmi a guardare i nostri nemici con la stessa espressione con cui un condannato a morte fissa il proprio patibolo, in un misto di terrore e pace per la prossima fine della sofferenza. Avrei riscattato il mio onore nel sangue...
...mio o nemico, poco importava.

Vaairo aprì le danze convocando di nuovo quella strana donna d'onice al suo servizio per poi, rapido e preciso come lo avevo visto sino a quel momento, lanciare degli oggetti esplosivi contro i nostri avversari: era il momento che aspettavo. Senza perdere nemmeno un secondo, sfruttando la confusione dello scoppio, mi lanciai di lato al gruppo avversario nel tentativo di aggirarlo. Mentre correvo il suono ruggente delle pistole del mercenario riempì di nuovo l'aria. I colpi sfrecciavano, almeno mi parve di intravedere con la coda dell'occhio, verso i due Korps di scorta. Non mi importava di rischiare la vita sotto il fuoco amico, di cadere tra le braccia di un mostro, di non riuscire nel mio intento... la mia mente non pensava ad altro che a fargli del male, a stritolarlo, a far sperimentare lui di primo impatto cosa significa combattere contro chi, della paura, ha fatto la sua più grande motivazione.
Ancora un paio di passi, giusto il necessario per aggirare lo schieramento dei Korps ed impugnare saldamente la mia lancia.
Respirai a fondo una, due, tre volte... per poi tornare alla carica, la lancia diretta contro Ragnar, correndo tanto forte da farmi quasi male alle gambe.
Pochi istanti, nemmeno due secondi forse, eppure quella corsa parve allungarsi all'infinito nemmeno avessi dovuto correre sino a Basiledra per portare quel colpo. Mi sentivo male da quanta adrenalina il mio corpo spingeva nelle vene, il cuore che batteva all'impazzata, il respiro affannoso e le labbra che non volevano saperne di non tremare, ma non per paura, bensì per rabbia.
Forse, se avessi avuto il tempo di ascoltare me stessa, qualcosa mi avrebbe detto di cambiare idea, di non fare una pazzia ed evitare di finire la mia vita in quella maniera stupida, forse insensata. Se mi fossi ascoltata non credo avrei mai accettato di seguire Moprheus, Floki e Vaairo in quell'inferno... ma avevo scelto di non sentire le parole della mia mente, lasciandomi guidare dal cuore. Che fosse stato sciocco, avventato, persino stupido sotto certi aspetti, durante quella corsa il mio pensiero era solo ed unicamente uno: io ero dove dovevo essere.
Il mio destino, la mia strada, mi aveva portata in quell'istante a combattere una battaglia che non era mia ma che, per ciò che avevo visto e sofferto, lo era diventata. Tornando indietro, potendo riavvolgere il filo del tempo, difficilmente avrei cambiato le mie decisioni, anche consapevole che quella sarebbe stata la mia ultima azione come mortale. Ma cosa diventa un mondo quando chi lo popola non fa altro che rifuggire alle avversità, voltare lo sguardo alle ingiustizie e denigrare il sacrificio? Un mondo in cui Fanie Elberim non è mai esistita.

Di scatto, senza preavviso, abbassai la punta della lancia in maniera da farla impattare contro il suolo. In quel contatto riversai gran parte delle mie energie, scaricando la rabbia, l'odio, la disperazione e la speranza come un solo, unico, gigantesco flusso magico. E così, mentre io sfruttavo il perno offerto dall'asta per lanciarmi contro Ragnar, sotto ai suoi piedi la roccia nera iniziò a sgretolarsi sempre più rapidamente, con un rumore non dissimile a quello di una piccola frana.
A metà del mio volo, mentre protendevo le mani artigliate decisa ad afferrare quel mostro alla gola, il pavimento cedette lasciando che una grottesca spira di roccia, costituita da rovi pieni di spine e foglie taglienti come rasoi, si levasse nel tentativo di impalare, squartare, smembrare e mutilare quel mostro. Mai, nella mia memoria, avevo utilizzato tanto potere per richiamare a me la natura. E, finendo il mio salto, cercai di guadagnare la gola del corrotto, anche a costo di sfracellarmi con tutto il mio modesto peso contro di lui.

« ARARWAEN! »

Urlai con tutte le mie forze, così forte da perdere quasi la voce. Con le energie agli sgoccioli, il corpo sostenuto per larga parte dall'adrenalina, e le bruciature subite in precedenza che certamente non aiutavano, mi lasciai sfuggire una serie di ringhi che nulla avevano da invidiare a quelli emessi dai Korps stessi. Nei miei occhi non v'era più traccia dell'elfa gentile e amorevole che avevano conosciuto a Basiledra, qualcosa dentro di me era cambiato, si era evoluto, sbocciando in un groviglio contorto di spine e foglie taglienti. Chiunque stesse guidando il mio corpo, in quegli istanti, non era nemmeno lontanamente simile a me. Era qualcosa di diverso, qualcosa che agiva per salvaguardare se stessa dopo che ogni speranza era venuta a mancare. Con quell'azione anche l'ultimo barlume della mia anima si era messo in pace con se stesso, trovando il perdono per non aver potuto salvare tutti gli altri. Il perdono per essere sopravvissuta contro ogni previsione.

Ed ero, io, come addormentata. Potevo quasi vedermi dall'esterno, simile ad un lupo rabbioso che difende se stesso e suoi cuccioli con le unghie e con i denti.
In mezzo a ringhi sommessi e sguardi furenti, tra le mie labbra continuava ad affiorare quella parola: ararwaen. Digrignavo i denti increspando le labbra al pari di una bestia, quasi a voler vedere il confronto tra ciò che la natura aveva creato di per se perfetto, cioè ognuno di noi, e ciò che invece era frutto dell'egoismo smodato del Beccaio. Ma io, dovendo scegliere a posteriori da che parte stare, mai mi sarei messa contro una me stessa privata della ragione e del senno.

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« ...ararwaen... » « ...ararwaen... » « ...ararwaen... »
« ...ararwaen... » « ...ararwaen... »

Che Dio, ammesso che anche i Korps ne avessero uno, li salvasse dalla furia che avevano scatenato... perché io non avrei avuto riposo sino alla loro distruzione.



Una leggenda elfica narra che nei tempi oscuri, prima della caduta dell'ultimo impero, secoli prima dell'uomo, un campione degli elfi si batté contro le creature dell'abisso che minacciavano di contaminare l'ultimo baluardo di vita. Fu però tradito, pugnalato alle spalle da uno dei suoi migliori amici, Celedal, condannato a portare il nome di Asshil'El Deloth, abominio incarnato, per la sua colpa. Prima di morire, però, con le sue ultime forze il campione poggiò una mano sul suolo sacro della sua gente immolando la sua anima per riuscire laddove aveva fallito in vita. La sua rabbia era così potente che il suo spirito si divise in migliaia di frammenti rendendo i suoi uomini invincibili sino a che il male non venne ricacciato. Questa è solo una leggenda, una delle tante, figuratevi che il campione in questione venne soprannominato "Macchia di Sangue", in quanto tutto ciò che rimase del suo corpo fu solamente uno schizzo di sangue sulla nuda terra...
Ma gli elfi usano una parola ben precisa per indicare quel campione, il cui nome è perduto da tempi immemori...

... Ararwaen.




Riassunto e Note.
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CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Fuori controllo. (Frenesia)
Energia: 75% - 40% (Critico) -> 35%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ~ Voorum.
Manipolare, plasmare gli elementi, danzare al chiaro di luna con gli stormi di corvi cullanti dal canto tetro dei gufi o fissare la propria anima volare in cielo nelle giornate di sole splendente, sono tutte parti inscindibili del medesimo insieme. La capacità di piegare la natura al proprio volere è qualcosa che si acquisisce con anni ed anni di praticantato, spesso affidandosi a maestri degni di tale nome che istruiscono giorno e notte in questa o quell'arte. E poi c'è un secondo gruppo di individui, nati sotto il segno della speranza e benedetti dalle labbra di madre natura, che non necessitano di piegare la natura per ottenere qualcosa... devono solamente chiederla e, se il loro animo è puro e l'intento nobile, ella li ascolterà come una madre amorevole che accontenta il figlio triste. E che mai si dica che i petali di una rosa non possono nuocere a nessuno, giacché poteri superiori alla nostra concezione sono sempre pronti a smentirci, spesso con grande dolore. Fanie è capace di attingere a poteri incredibili, richiamando ed evocando alberi, petali, rami e foreste per farsi da scudo contro qualsiasi amenità. Queste non sono piante comuni ma vere e proprie piante di pietra dure come l'acciaio e dal colore grigio pallido. Esse non sono piante morte, sono solo addormentate e ripiene di una vita cristallizzata che sfugge alle menti più deboli ed incapaci di comprenderla. Le foglie di queste piante hanno bordi taglienti come rasoi, e sottili come un foglio di carta, in grado di perforare, tagliare e distruggere qualsiasi cosa si frapponga tra la giovane guaritrice ed il suo obiettivo. [Abilità offensiva e difensiva a consumo Variabile Critico.][2/10] Questa capacità prende il nome di boccioli di pietra ed è uno dei rituali unici scoperti da Fanie nel suo lungo praticantato in solitaria.

Note:
Credo sia uno dei post che ho fatto con più passione in assoluto... ho tirato fuori tutto quello che avevo, spero che possa piacervi anche solo metà di quanto è piaciuto a me scriverlo. E che la piccole leggende che mi invento ogni tanto possano essere una piacevole aggiunta per comprendere meglio Fanie ed il suo mondo, oramai perduto, popolato di Elfi.
Qui sotto segue una scaletta di azioni, concordata con Drag, che allego giusto per farvi capire il post sino a che non arriverò anche il suo:
1) Vaairo evoca la donna d'Onice
2) Vaairo lancia due granate
3) Fanie scarta per superare i Korps mentre Vaairo spara ai Korps (la scorta) per cercare di impedirgli di prendermi di mira.
4) Vaairo fa usare una psion alla statua di Onice.
5) Fanie carica Ragnar alle spalle/direttamente in base a come si svilupperà.
6) Usa la lancia come perno per attivare la tecnica a critico sotto i piedi di Ragnar e per confonderlo sfrutta sempre la lancia per lanciarglisi addosso.
Il resto spero e penso sia chiaro... buona lettura.
 
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Drag.
view post Posted on 11/1/2014, 00:31




Ridevano di gusto; seduti, tranquilli, davanti ad una grande terrazza che dava sul viale illuminato dai lampioni.



« --te lo giuro. » « Arki, dai, piantala... » « No, no, dico sul serio! »
Entrambi sghignazzano piano, accorciando ad ogni boccata le sporche sigarette. « Oi, son qui a dirtelo: lo vedevo proprio proprio come vedo te adesso! »
« Quindi male, perchè stavi ubriac--occhio, scemo, che butti tutto in giro. »
Arki aveva accennato a tirargli addosso la lattina di caffè che stavano usando come posacenere.
« E a te non è mai successo? »
Vaairo aspettò un secondo prima di rispondere.
« C'era... », pausa. « C'era questo tizio, no?, nella mia brigata, quando è scoppiato il casino giù a Medhlore. Un cazzo di rosso matto come un cavallo. »
« Tipo Red? Irlandese? » « Eh, sì, esatto, irlandese. »
Arki salutò una biondina che passava di sotto, il mento in alto per mandargli un bacio. Vaairo attese senza fretta che le facesse l'occhiolino.
« Stavamo combattendo per le strade, ok?, dovevamo prendere quel quartiere prima dell'alba, e non mancava mica molto. Marko ci aveva ordinato di andare a coppie di casa in casa a stanare i bastardi con le mitragliatrici, ma questi sbucavano da ogni finestra. »
« E poi? »
« E poi fammi finire, porca puttana. Allora, sto irlandese stava fissato con una sorta di daga che quelli là portavano sotto i giubbotti, capito?; era davvero in paranoia, ne voleva una a tutti i costi perchè diceva che era da sfigati non conquistarsene una... così non stava mai fermo. »
« Come la "picca"? » « Sì, sì, tipo la "picca". »
Entrambi, come erano soliti fare tutti i criminali del Bloodrunner, toccarono due volte il cuore con l'indice dopo aver pronunciato quella parola.
« Ad un certo punto, mentre ci avevano raggiunti Ai e Wes, questo fa: "Magari quel mafioso ce l'ha addosso.", parlando di un cadavere dei maddhini in mezzo alla strada. Ora, pensa che attorno pioveva di tutto, ok? Pallottole come se non ci fosse un domani. Noi lo guardiamo e sto scemo esce da dietro l'angolo e corre dritto al centro della via, cominciando a perquisire il corpo di quel tizio. »
Arki ridacchiava.
« Tu pensa che noi stavamo là dietro a sparare come pazzi per coprire l'idiota - che ovviamente non trovava un cazzo, ed era già un miracolo che non fosse a terra stecchito. Ad un certo punto si alza dal corpo per cercare qualcun altro da tocchinare e sai chi si becca davanti? Matt "con Dio". »
Silenzio per qualche istante. « Ma io l'ho visto morire, Matt "con Dio". »
« Eh. Anch'io. Che te lo racconto a fare sennò? C'ero anch'io alla bomba durante il Martedì delle Icone; era saltato in aria con tutta la chiesa e un terzo del clan dei Sìstiti. »
« Ma-- »
« Ma era lì, con la sua solita aria da sacerdote del cazzo e il testo sacro in mano. E stava in piedi sopra l'irlandese, come se non gliene fregasse mezza del finimondo che fischiava attorno a lui, a guardarlo male. »
« Ai non diceva nulla? C'era anche lei all'attentato. »
« Infatti se ne stava lì con la bocca aperta come una rincoglionita. Comunque, Matt "con Dio" sposta di brutto l'irlandese, che si rende conto di essere lì a ballare con le pallottole, e corre indietro verso di noi salvandosi per un pelo. »
« ...e Matt? »
Sospensione, mutismo catartico. « E' rimasto lì a trapassare il maddhino con il testo sacro aperto. »
Arki lo guardò stralunato: si vedeva lontano un miglio che non ci credeva manco per un cazzo.
« Se non ci credi chiedi ad Ai; anche Wes la racconta in giro 'sta storia. »
« --ma era un fantasma? »
« No no. » Vaairo prese una lunga sorsata di birra dalla 33 di vetro verde. « Era proprio lui, vivo e vegeto. Certi bastardi non li vogliono all'inferno, parola mia. »

( Midgard Centrale, Fosse Grigie )

Accarezzava con l'indice la superficie liscia del grilletto; ne assaporò attraverso il tatto l'estremità puntuta della leva di sparo, giocando con studiata lentezza al cowboy nervoso sotto il sole di un mezzogiorno infuocato. La mano destra, quella che reggeva la deagle, era sudata, scivolosa. Brividi freddi solleticavano la sua spina dorsale, combattendo con il calore soffocante della miniera.
Vaairo provò a regolare il suo respiro: calma, predicava. Non dargli modo di capire che ti bruciano ancora quelle cicatrici... Le ustioni sul braccio principale, la schiena martoriata dalle travi incendiate di una casa che crolla; il torace, il fottuto torace, distrutto dalla necrosi di un colpo maledetto che solo Ragnar Takevada poteva infliggergli...

A volte vorresti solo nascondersi in una buca; gli era già successo. Shell shock; lo chiamavano così, i dottori. Il trauma da bombardamento. Il soldato diventa catatonico, lo sguardo perso e incapace di reagire. E' facile capire scatta quella scintilla di autoconservazione: avendo assistito a così tanti orrori, ci si chiede se ne vale davvero la pena.
Se tutta quella morte e quel dolore hanno un senso, sebbene tutti cadano come giunchi frustati dal vento di una tempesta.
Alcuni impazziscono, predati dall'isteria. Qualcuno si rintana e non parla più, o diventa improvvisamente cieco. Vaairo diveniva solamente molto, molto percettivo; la paura di morire lo rendeva estremamente consapevole di ciò che lo circondava, come se improvvisamente alcuni sensi cui normalmente non si fa caso cominciassero a inviare impulsi così feroci e prioritari che il cervello registrava solamente quelli.
Ecco il raschiare dell'enorme mole di Ragnar che sfregia il terreno della miniera; l'ansito di Morpheus, che nota l'assenza di umanità nell'involucro distrutto di Azure; Fanie trattiene il respiro, come una foresta indignata pronta a demolire ciò che la scienza umana ha improvvidamente sottratto; i due Korps che ridono sommessamente; il battito ritmato del terreno, della roccia: centinaia di passi ovunque, attorno a loro. Colpi, grida, schiamazzi lontani.
Non li riguardano.

« Quella era Azure... »
Bam. Una stilettata; un ritorno alla realtà come un duro schiaffo sulla guancia.
« Morpheus sono spiacente ma temo che ci sia solo una cosa che possiamo fare... »
« E' una spezzata, come lo era Seraphim... Vero, Ragnar? » Il mercenario aveva la gola secca, ma stava facendo di tutto per tenere la voce ferma - anzi, scanzonata come suo solito. Non doveva mostrare tentennamenti: era cosciente di cosa quel mostro sapeva fare, e non aveva alcuna voglia di dovervi passare sotto un'altra volta. Non era difficile ammetterlo: Vaairo aveva paura. Quel bastardo gli aveva fatto vedere la morte praticamente accanto e l'esperienza non era di quelle che si hanno il desiderio di rivivere; si sentiva schifosamente piccolo, lì in mezzo a tanti colossi, tanti potenti centri di energia. Morpheus pareva mortalmente ucciso dalla verosimile distruzione della consapevolezza di Azure, e il Goryo avrebbe mentito se avesse detto di aspettarsi qualcosa di diverso: dentro di lui egli sapeva già che quella ragazza era spacciata sin da quando era stata rapita. Viktor aveva giocato l'ultimo, triste tiro mancino al drago blu, giostrando persino con il suo eroico tentativo di salvarla. Questa era crudeltà pura - e pura tortura era ributtargli in faccia il brutto muso suturato di Ragnar Takevada.

« Elias ti manda i suoi saluti - vi rivedrete presto. »

'Fanculo, tanto valeva fare gli spacconi.
Era piuttosto stanco, non si sentiva al meglio e, a dirla tutta, doveva persino pisciare. Di lì sarebbero usciti difficilmente vivi e quasi certamente non integri, quindi non aveva senso lasciare che il terrore lo divorasse; sotto sotto, un rancore latente si levò nell'animo del mercenario. Sordo, flebile, strisciante: non era desiderio di vendetta, nè odio, nè disprezzo. Ragnar Takevada a lui aveva fatto pochissimo: Vaairo non era interessato alle sue gesta infami, nè a ciò che aveva fatto ad Azure - non era la sua tipa, quella.
No, era quel ghigno del cazzo - lui voleva proprio tirarglielo via.

« Si è diventata una di noi. » Ragnar rideva sguaiato, leggendo lo sconforto sul volto del drago, quasi schiacciato dalla scoperta.
« Elias è sempre stato un inetto, ma questa volta sarà diverso, bastardi. »
Lui che dà dei bastardi a noi? Amorevole.

« Ricordi il crinale?... sarebbe un buon momento per ripete l'esperienza. »
Un piano congiunto; mica male, l'elfetta-bonsai. La verità era che Fanie avrebbe fatto il culo a tutti loro se solo avesse voluto impegnarsi, e la cosa preoccupava un tantino Vaairo. Non è che non avesse paura di Ragnar... era solo che Fanie lo spaventata un pizzico di più.
Ma giusto un pochino, eh.

« No...No... »
« Non azzardatevi a toccarla. »

Con meno discrezione di quanto avrebbe voluto, il mercenario afferrò qualcosa con la mano sinistra da dietro la cintola. Le dita cercarono gli anellini assicurati in cima a delle sfere metalliche, ghermendole rigidamente con la sensazione di star per compiere una cazzata pazzesca, ma tutto il desiderio di vederla andare in porto.

Quando rispose, le sue parole serafiche - condite da un candido sorriso - coprirono il leggero ticchettio di una coppia di spolette che vengono rapidamente levate.
« Tutta tua, compare. »



Accanto a lui apparve la sagoma nera e abbozzata dell'avatar d'ossidiana di Valeria; era bella e cattiva, in quella forma, e voleva per sè tutta l'attenzione dell'erculeo Takevada. Nonostante la sua statura fosse minuta - del tutto simile a quella della ragazza che un tempo gestiva la fossa da combattimento del Bloodrunner - sapeva catturarti con quel suo sguardo particolarmente feroce e privo di misericordia.
Così, quando Vaairo scagliò addosso a Ragnar l'Immortale ed alle anonime guardie Korps un paio di dolcissime granate, non si sentì troppo in colpa: lui era decisamente finito nella friendzone.

Notò con la coda dell'occhio Fanie scattare in un ampio movimento semicircolare per prendere di sorpresa il colossale boss finale (o almeno, sperava fosse tale); aveva agito proprio come quando lo aveva aiutato sul crinale, ammazzando Seuldorf prima che questi lo uccidesse a sua volta. La deflagrazione fu violenta, ma sapeva che la resilienza dei Falkenberg Korps era sovrumana: per quanto potenti, gli ordigni esplosivi non li avrebbero resi dei deliziosi porcellini arrosto. Nonostante chiamare i poteri della Valeria d'ossidiana gli fosse costata molta energia - depauperamento che ora percepiva nel suo respiro affannato e nel lieve tremore delle braccia -, Vaairo fece di tutto per rimanere saldo; aveva tutti i motivi per tentennare, dopotutto, ma fece del suo meglio per scaricare la tensione verso qualcun altro - i due Korps-burattini, per esempio.
Che cucciolotti.
Quindi, senza tante cerimonie, puntò la desert eagle verso il cranio del nemico più vicino a Fanie e fece fuoco due volte.



Bang, bang, cambio di bersaglio; ora, voleva l'orsacchiotto accanto a lui. I bossoli caddero con esasperante lentezza a terra, tintinnando crudeli.
Bang, di nuovo, sempre in testa, tre colpi in tutto. Un altro giro di giostra, signori: un altro giro.
Balliamo, danziamo, giochiamo con la morte come Viktor ha fatto saltare noi e le nostre speranze al ritmo del suo valzer maledetto.

Vaairo non tremava più di fatica, ma di adrenalina, di rabbia e desiderio di violenza.
Il sangue gli martellava nel cervello con la cattiveria del ferro caldo battuto da un fabbro isterico. Era sublime frenesia quella che aveva preso Fanie, ormai travolta da un furore cieco così contagioso da invadere persino l'animo prima esitante del mercenario.
Era quella droga, la fottuta droga dei poveri: la Lacrima di Dio che Kàssim aveva spacciato all'inizio di quella storia:
il loro, personalissimo, decadente
Fight Club.

Allargò le braccia, invitando la violenza dentro di sè.
« DAI, RAGNAR, DA~I~!! »

Fai del tuo peggio.


Status: danno da lacerazione Basso al trapezio sinistro, danno Basso al fianco sinistro, mana 35% (-1xNullo 0%, -1xAlto 20%)
CS: 6, 4 -resistenza 2 -fortuna.
Armi:
Desert Eagle: pistola, 6 colpi rimasti (1 nel caricatore).
3xPugnali: 1 pugnale militare, 1 pugnale sottile, 1 pugnale di Dekker.
2xbomba fgd: La FGD (frag grenade device) è una bomba a basso potenziale ad innesco manuale, attivabile tramite la rimozione di una spoletta di sicurezza che rilascerà la carica esplosiva dopo essere venuta a contatto con una superficie. Si tratta di un equipaggiamento tattico piuttosto versatile, generando una detonazione di piccole dimensioni capace di provocare ustioni e lesioni ad ogni avversario nel suo corto raggio d'azione. L'arma non provoca danni diretti; la deflagrazione, tuttavia, può distrarre o infastidire eventuali nemici, provocando loro forti dolori. [2x Biglia Deflagrante, utilizzate]

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Dominio Absolute Defense energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Dominio Abs Def energia Verde (parità di potenza/consumo difese a 360°)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie)
Tutto è una copia di una copia di una copia... : abilità passiva dell'artefatto Ninth Rule (permette di utilizzare la forma di donna in battaglia muovendola con il pensiero come se si trattasse di un'arma)

Tecniche utilizzate:
Tutto è una copia di una copia di una copia...: Chiunque mi porti al collo è un po’ uno sfigato, non mi illudo. Perché la gente per bene, quella con i soldi e che non ha bisogno di affermarsi perché sta già con il culo sopra le teste degli altri, quella dico, non ha bisogno di portarsi al collo una pietra che non vale una cicca. Giusto? Quindi, ecco, chiunque mi indossi deve essere stato mandato in buca dal destino parecchio tempo fa. E adesso forse farà il grosso con il suo bel gioiellino tra i suoi simili, tra quelli che non hanno fascino sufficiente a portarsi a letto una e farsi regalare la sua collana. Sei bravo sai? Proprio uno avanti, uno di quelli che mi farebbero sorridere se potessi. Ma scommetto che con tutte quelle arie che ti dai nemmeno lo sai. Cosa? Ecco, come volevasi dimostrare. Non lo sai che basta un consumo Nullo perché io improvvisamente mi sciolga dal tuo collo e mi trasformi in un elegante tatuaggio tribale su un punto del tuo corpo a scelta. E non fare quella faccia, ora. So esattamente a cosa stai pensando. Sì, anche lì, proprio dove preferisci. Ma aspetta di sentire la parte migliore, ragazzino: se spendi un Nullo puoi anche farmi assumere la forma di una donna. Senza faccia, senza tratti del viso, una donna color onice, apparentemente fatta tutta di tormalina. Alta poco meno di te, bella formosa, di quelle con le tette grosse e il culo pieno che ti piacciono tanto e con i capelli corti da un lato e lunghi dall’altro perché fa più lottatrice trasgressiva. Una donna che ha solo un accenno di occhi, una curva finta di labbra incapaci di aprirsi, un profilo di vestiti che non potrai mai sfilare. Bella seccatura, ne convengo, ma in compenso c’è anche un lato positivo: potrai usarla in battaglia, bello. Eh già, perché al Fight Club vietano le armi, mica le donne. Te lo avevo già detto che IO sono il Fight Club, il più sveglio e il più ganzo di tutti? No? Beh, ora lo sai.

Sono la vendetta sghignazzante...: E infine io sono la donna. Tutta quanta la donna. E tutte le donne. Quelle che ti sei portato a letto e ti sei sbattuto per bene, quelle che ci hanno provato ma erano talmente brutte che ti faceva vomitare solo pensare di pensarle, quelle bionde e quelle more e le rosse. E anche quelle pelate, che magari hanno la parrucca e il seno rifatto perché prima erano uomini. Una bella rogna, in realtà. Come loro io ho fascino se voglio. Fammi assumere forma di donna. E poi spendi un consumo Alto. Io lancerò sul nemico una psionica che lo obbligherà a guardare solo me, amare solo me, distruggere me prima di arrivare a te. D’accordo, basterà un alto per farmi a pezzi e dopo quel momento non potrai più farmi diventare donna per il resto del combattimento, ma mi pare che il gioco valga la candela, mh?

Note e riassunto: Come da riassunto di Fanie! La prima parte è un piccolo flashback che usa un gergo volutamente "basso" e scorretto grammaticalmente.


Edited by Drag. - 11/1/2014, 11:59
 
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view post Posted on 15/1/2014, 20:51

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Midgard Centrale ~ Le fosse grigie




Ragnar Takevada non era più quello di un tempo, in lui non scorrevano più le emozioni provate quel giorno a Taanach, fuggire dalla morte, sopravvivere, l’aveva profondamente cambiato. Non era diventato più buono, no questo mai, anzi, forse era diventato più cattivo, più sadico, ancor più malefico, ma soprattutto, era diventato più forte. Ragnar Takevada era diventato insensibile al dolore, come se le ustioni, le cicatrici, le ricostruzioni, avessero fatto un danno irreparabile ai nervi del suo corpo. L’attacco di quello che pareva un grosso albero incazzato lo colpì in pieno, una fitta rete di foglie e rami di pietra, affilati come rasoi, lo colpì dilaniando gran parte del suo corpo, ricoprendolo di ferite più o meno gravi. Eppure Ragnar non sentì nulla, né il suo sorriso del cazzo carico di disprezzo accennò a scomparire. Semplicemente capì che nemmeno un altro attacco del genere lo avrebbe distrutto, era semplicemente molto più forte di prima. Nel contempo vide una nullità accanto a lui cadere trafitto da due colpi di pistola, ma non gli badò, d’altronde erano sempre i pedoni a morire per prima e i pedoni, era risaputo, non servivano mai a un cazzo. Con troppa facilità il mostro bloccò il secondo attacco della piantina. Tuttavia, Ragnar non ebbe occhi che per lei, la rammentava ancora, quella pelle bronzea e statuaria, quella donna che, insieme a Vaairo e Morpheus, lo portò sul baratro dell’inferno. Fu amore e odio, fu rabbia e dolcezza. Nel suo cervello l’intrusione mentale lo portò a generare un sentimento diverso, strano. Voleva ucciderla, prima lei di molti altri.
Si fece trascinare dall’odio, si fece guidare dall’istinto, Ragnar non era altro che una fottuta macchina da guerra creata per uccidere e dilaniare. Caricò a testa bassa come un toro imbizzarrito, il suo pugno divenne più forte e duro del normale, più potente. S’avvicinò rapidamente alla donna e, con un semplice movimento, sferrò un montante destro al mento della donna di tormalina. Infine, con rapidità, avrebbe successivamente infilzato con la stessa mano la donna dritta al petto, per lacerargli il cuore, per strapparglielo via definitivamente.

---

Morpheus rimase impietrito, chi aveva di fronte non era più la persona che aveva conosciuto a Bedorm. No, era qualcosa di diverso, di atroce, qualcosa più simile a Seraphim.

« Seraphim… »

…Seraphim…

…Seraphim…

Qualcosa nella sua testa cercò di gridargli una risposta che sarebbe dovuta apparire ovvia, logica, eppure Morpheus era troppo distratto, troppo pietrificato per arrivarci. Ma sapeva che c’era qualcosa che le collegava, sapeva che entrambe avevano subito la stessa sorte e infine capì. Seraphim s’era risvegliata dalla maledizione dei Korps, lo stesso Morpheus aveva ridestato in lei quella parte umana che era sopravvissuta alla violenza di Ragnar e di Viktor. Lui l’aveva risvegliata, poco prima che ella si fece esplodere.
Sorrise quasi sogghignando, c’era ancora speranza, seppur minima, di ridestare Azure dal torpore in cui era caduta. Come con Seraphim, Morpheus avrebbe semplicemente dovuto risvegliare il lato umano di Azure, ma questa volta sarebbe dovuto stare attento, gli orrori che Azure aveva vissuto non dovevano portala al collasso, in quel viaggio a ritroso da spezzata a umana, avrebbe dovuto essere gentile, delicato.
Non avrebbe dovuto forzare la sua mente.

Come un padre, un tenero amante. Col tocco leggero.

Infine sognò per un ultimo momento quegli occhi azzurri, li vide lì, palesarsi davanti a lui. Realtà e sogno si confusero in una sola realtà, Azure con le sembianze di Seraphim gli piantò quegli occhi azzurri ricoperti da una patina nera contro i suoi, nel suo sguardo duro non ci fu parvenza d’umanità. Qualcosa nel cuore di Morpheus si ruppe per l’ennesima volta, s’incrinò. Unghie affilate come rasoi gli lacerarono il volto, il dragone impotente arretrò all’indietro mentre la furia di Azure lo rincorse cercando di colpire sempre più forte e sempre più duramente. Gli colpì la spalla, il braccio, il petto. Ovunque i suoi artigli si poggiavano, lembi di carne venivano lacerate portandosi dietro strisce di rosso e vivido sangue.
Nella sua impotenza Morpheus iniziò a leggere nella mente di Azure, e lì la conobbe davvero.
Seppe di lei ogni segreto, dal più oscuro al più felice, conobbe Azure la ladra e Azure la meretrice, vide Azure la guerriera e Azure la contadina.

La vide, la conobbe.

E infine capì.

Doveva riportarla indietro.

Indietro da lui.

---

« Ardam! Ora! »

Ragnar si rivolse con veemenza all’ultimo pedone, nel mentre della battaglia, Ardam l’anonimo, quello che tra altri mille korps era il meno dotato, il meno influente, il meno forte, il meno conosciuto, quello che in tutte le battaglie doveva sempre accontentarsi dei resti, delle briciole. Degli sciacalli lui era l’ultimo, l’ultimo della piramide nutrizionale. Lui, proprio lui, che di quella esistenza aveva fatto la sua forza, ora sarebbe diventato indispensabile per le sorti di quella battaglia. Caduto lui, probabilmente sarebbe caduto anche Ragnar, non per chi sa quale merito ovviamente, ma perché numericamente non avevano altre speranze. La donna dai capelli biondi, per un motivo a lui ignoto, s’era fiondata a capofitto verso Morpheus, come se, nella vita da umana, avesse avuto qualche legame con quella persona, un legame così forte che anche nell’odio questo legame perpetuava. Restava solo lui dunque, Ardam l’anonimo. Quello di cui, anche da umano, nessuno si ricordava. Ladro, assassino, mercenario, ma nessuno pareva ricordarsi di lui.
Il lobo destro sanguinava, per poco un proiettile non gli trapassava il cervello da parte a parte ma, come al solito, lui se l’era cavata. Il suo compare no. Accadeva spesso, d’altronde.
La sua figura anonima era come quella di molte altre, né basso né alto, né grasso né magro. Capelli marroni schiacciati e unti, naso e volto da topo. Topi si, lui amava i topi.
Esseri in grado di sopravvivere in qualsiasi luogo, in qualsiasi posto, con il pugno colpì il terreno, una marea di ratti affamati, brutti, demoniaci, grossi quasi quanto un gatto, fuoriuscì dalle spaccature, dai buchi, da ogni posto e tutti si lanciarono addosso ai nemici, per mangiarli, dilaniarli, ucciderli e cibarsi.
Per sopravvivere, anonimi topi.
Si, lui amava i topi.



Perdonate immensamente questo ritardo, non capiterà ancora.
Comunque. Un korps muore, uno si becca una pallottola all'orecchio, Ragnar becca il critico e l'alto psion ma non sente dolore.
Blocca l'attacco di Fanie e, successivamente attacca la donna di tormalina con:
CITAZIONE
Colpo duro: il guerriero esegue un attacco più potente del normale, in grado di ferire gravemente l'avversario.
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di eseguire una singola azione offensiva più pericolosa della norma. L'azione in questione potrà essere personalizzata con differenti stili o modalità di esecuzione, ma in ogni caso consisterà in uno ed un solo attacco - sia esso a mani nude o portato con un'arma bianca. La tecnica dura infatti solo il tempo necessario a portare a termine il colpo successivo al momento in cui è stata attivata. Andrà considerata come tecnica fisica di potenza Media e fronteggiata in quanto tale.
Consumo di energia: Medio

Mentre il korps rimasto usa questa tecnica:
CITAZIONE
Anonimo come i topi, famelico come i ratti:
Ardam è un tipo anonimo, talmente anonimo che in pochi si ricordano tra di lui. Come i ratti è abituato a stare sempre le fogne, come loro è un debole. Tuttavia, Ardam, potrà richiamare a un consumo di energie alto i suo simili e mandarli contro tutti i nemici. La tecnica è un attacco alto ad area che arreca danni al corpo per un totale di medio. I ratti torneranno nelle loro tane in seguito all'attacco.

Spero sia tutto chiaro.
Energia Ragnar: 90% Danni: Alto (mente) Critico (corpo)
Ardam= 80% Danni: Basso (corpo)

5 giorni di tempo


Edited by Lud† - 15/1/2014, 23:28
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 17/1/2014, 04:39





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Dove finisce il limite tra ragione e follia? Cosa ci spinge a lottare sino all'ultimo respiro, a correre col fiato spezzato, a rialzarci con le ossa fracassate? Cosa crea nell'animo dei buoni il furore necessario per affrontare ogni battaglia? Per molti, indipendentemente dalla razza e dall'età, dal sesso e dal rango sociale, si trattava di un piccolo, miserabile, lembo di anima che noi tutti, comunemente, chiamiamo speranza.

Non ricordo molto di quei momenti. E questa perdita di memoria la considero una benedizione per molti versi.
Quella che combatteva ferocemente, sospinta da un furore innaturale, non ero più. Nei miei occhi si era spenta ogni traccia di normalità, di tenerezza e, forse, persino di pietà. Mi sosteneva, come un cordone ombelicale, quel senso di rabbia spropositato, incredibile, capace di prevaricare ogni paura ed ogni incertezza, proprio come un animale messo alle strette che, dandosi oramai per spacciato, lotta sino all'ultimo con la forza di un leone. Poteva finire tutto in un solo secondo, in un singolo colpo, lasciando il mio corpo devastato a decomporsi nel lerciume caustico di quelle caverne, eppure non avrei abbandonato così facilmente la mia esistenza. Con le unghie e con i denti, strisciando sino alla fine dei miei respiri, contro ogni aspettativa e contro ogni logica e buon senso... non mi sarei arresa.
Ragnar era troppo potente per me, anche in quelle condizioni riuscivo a rendermi conto di quanto inutile sarebbe stato provare a colpirlo, ma il suo sgherro poteva benissimo essere estirpato dalla faccia della terra.
Difficile dire quali erano i miei sentimenti in quel momento, forse rabbia e odio non erano poi tutto ciò che mi sosteneva, eppure ricordo distintamente la sensazione quasi tangibile del sangue viscoso tra le dita, come se fosse quello la fonte della mia ira. Sono pensieri confusi, distorti da una mente che ha fatto di tutto per preservarmi intonsa da quell'esperienza e che mai, temo, riuscirò a rimembrare del tutto.
Poche cose, al mondo, mi turbarono quanto quello scontro e ancora adesso ricordare e parlare di quell'evento mi turba un poco il cuore, sebbene abbia imparato a conviverci. Il mio desiderio era quello di strappare la testa ad Ardam, senza pietà, senza rispetto. Solo le urla strazianti di un demonio morente sarebbero rimaste di quell'individuo, solo urla che avrebbero diffuso il verbo, sperdendosi nelle miniere come una luce di speranza per chiunque avesse teso l'orecchio oltre il meccanico ed assordante picconare. Una parte di me che forse dovrei dimenticare, un retaggio della mia anima che ho sopito e dominato, ma che non posso rinnegare...
perché se sono sopravvissuta un giorno in più, che mi piaccia o meno, è stato merito suo.

[ ... ]

Arrivarono i ratti. Neri, luridi, macchiati dallo stesso seme orrido che germogliava nelle anime di tutti i Korps, mordendo e graffiando con denti rozzi e infami. Il dolore non era nulla per la mia testa, oramai pervasa solo dal senso di rabbia incontrollata che, a stento, riuscivo a incanalare contro i miei nemici. Cercai di difendermi, di evitare che quelle bestie arrivassero a me, ma fu tutto inutile: numerose ferite iniziarono ad aprirmisi sulle gambe, dove i topi arrivavano meglio, mentre altri iniziavano ad arrampicarsi sulla cotta di maglia cercando di mordermi anche altrove, sul corpo. Scalciai ferocemente e più di uno rimase ferito a morte in quel gesto. Il rumore delle loro piccole ossa fracassate, l'odore acre del sangue che spillava e gli squittii di dolore si accavallavano gli uni sugli altri, facendo a gara per entrare nella mia testa. Afferrai una delle bestie aggrappata alla corazza, prima che potesse fuggire assieme ai suoi simili, conficcandogli le unghie d'acciaio nel corpo peloso e sporco sino a che non smise di muoversi. Nemmeno io potevo fare niente per quelle bestie, erano perdute. L'atto più compassionevole, seppure dettato dall'ira, sarebbe stato comunque quello di porre fine alle loro sofferenze una volta per tutte.
Scagliai il topo deceduto al suolo, assieme agli altri sfortunati che avevano incontrato le suole dei miei stivali, fissando Ardam pronta a saltagli addosso.
Ma qualcosa, inaspettatamente, mi distolse dalla mia preda.

Non compresi le parole, né le voci o i volti, ma il mio cuore seppe che qualcuno, nel cuore del male, stava urlando la parola libertà con quanto più fiato aveva in corpo. Se quella gente doveva morire, se tutti noi dovevamo morire quel giorno, era con la speranza nel cuore e le mani libere da catene che l'avremo fatto. Affrontando ciò che dovevamo a testa alta, guadagnando tempo per chi, a differenza di noi, non aveva avuto scelta nel finire alle Fosse.
Tapster, forse un ragazzo o forse un eroe, stava guidando degli schiavi attraverso le gallerie armati solo di qualche piccone consunto. Arrivato nella nostra zona non si fece spaventare e, assieme ad altre anime nuovamente libere assaltò Ragnar ed il suo compare. Non tutti accolsero il suo richiamo e, comprensibilmente, fuggirono impauriti verso la libertà... ma altri, forse consci che una vera libertà non c'era dopo aver passato chissà quanto nell'oscurità di quel luogo, decisero di finire i loro giorni non in un lazzaretto, corrotti da chissà quale male, ma come tanti piccoli astri di una galassia d'eroi.
L'elfo, invece, puntò dritto verso Ardam cercando di colpirlo alla schiena con una devastante picconata.

Un tuffo al cuore. Era quello che bramava il mio spirito, il coraggio, il senso di sacrificio, lo sfidare gli eventi insormontabili confidando che qualcosa, o qualcuno, possa davvero cambiare le cose. Forse io sarei davvero morta in quelle gallerie ma Tapster no. Aveva un futuro davanti, quale che fosse, che avrebbe dovuto percorrere con le sue gambe, conscio di aver fatto ciò che da molti era ritenuto impossibile.
Conscio di essere fuggito da Viktor Von Falkenberg.

Mi gettai contro Ardam senza contegno, cercando di atterrarlo prima che potesse alzare anche solo un dito contro mio fratello. Lo caricai con una rabbia tale da cercare, nell'impatto, di avvinghiarmi al suo corpo con le unghie d'acciaio per impedirgli di liberarsi. Forse non sapevo combattere come un cavaliere, ma potevo essere l'ultima cosa che gli occhi di quel Korps avrebbero potuto vedere prima di morire.

« Usin'e hantis! USIN'E!* »

Nel mentre cercai di portare una mano sopra al viso del Korps per affondargli le unghie sulla carne e lacerare ogni cosa si trovasse a portata. A costo di morire non gli avrei permesso di liberarsi di me per inseguire gli schiavi. Né ora né mai.
Non sentivo più la rabbia o l’odio, nessuno sentimento negativo, solo quel senso di assoluta determinazione che mi impediva di cedere al dolore, alla paura, alla stanchezza. In quel momento, stretta in un abbraccio mortale, mi sentivo viva come non mai. Mi sentivo libera dalle mie paure, libera dal mio dolore, certa che qualsiasi cosa sarebbe successa nulla, al mondo, poteva cancellare ciò che avevamo fatto.
Io, Floki, Vaairo, Morpheus... e molti, molti altri ancora, i cui nomi e volti non sono conosciuti, avevamo graffiato l'armatura scintillante del Beccaio.

Un ultimo assalto, questo diretto al collo di Ardam, per cercare di squarciargli la gola. E dalle mie labbra, stavolta sussurrato e non urlato, quasi come una profezia scritta col sangue, parlai al Korps.

« Fairie. »

Libertà.




Riassunto e Note.
Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso) Medio (Diffuso)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Fuori controllo. (Frenesia)
Energia: 35%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ///

Note:
Un altro post che mi è costato un piccolo pezzo di cuore. Troppe emozioni, mannaggia!
Parlando del pratico, Vaairo attiva la sua tecnica ed arrivano degli schiavi guidati da Tapster.
Alcuni di loro vanno contro Ragnar e solamente Tapster viene contro Ardam cercando di colpirlo alla schiena. Per evitare che il Korps regisca Fanie ci si butta contro, con qualcosa che ricorda molto un placcaggio, cercando di avvinghiarsi a lui con le unghie d'acciaio, per poi provare s sfregiarlo in volto e sgozzarlo. Ho subito la tecnica dei topi e non ho volutamente usato tecniche in questo turno sia per motivi logici - poco tempo per lanciare una magia - sia perchè ho le energie ai minimi storici. :sisi: (difatti sono 3 colpi fisici, in maniera da sopperire alla mancanza di tecniche)
Spero che comunque possa essere apprezzabile come scritto!

PS: la prima parte, quella prima dei [...] è un "Fanie racconta..." praticamente, spero vi piaccia!
[Elfico] * Scappa fratello, SCAPPA!
[Elfico] Fairie significa Libertà ^^
 
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view post Posted on 21/1/2014, 10:18




C'era una certa ineluttabilità nella violenza furibonda che stava conquistando il corpo di Vaairo; vedere il primo sgherro di Ragnar cadere colpito dai proiettili e dipingere di sangue le pareti del tunnel non lo rallegrò, nè gli fece scappare un sorriso di sadica soddisfazione sulle labbra. Sapeva, dentro di sè, che il colossale bastardo Takevada non se ne sarebbe andato così facilmente: le sue membra potevano venir straziate e la sua mente fondersi come legna gettata in un vulcano, ma sarebbe andato avanti comunque come una sfera distruttrice - schiacciando ogni cosa davanti a sè, spezzando ogni singola vita o distorcendola grottescamente come era accaduto ad Azure ed a Seraphim prima di lei.
Era questo ciò che lo rendeva tanto temibile - era questo ciò che lo rendeva tanto speciale.

« Non ti temo più, Ragnar. », disse, schivando la carica del mostro ricostruito dopo l'incendio ed il crollo della casa del fratello. Il reitermajor sembrava più l'opera di uno scienziato pazzo che un essere umano (per quanto corrotto da RottenHaz), un golem riassemblato con pezzi di scarto e ricambi da altri cadaveri avvizziti. Era semplicemente rivoltante, e il passo laterale del mercenario non fu semplice sopravvivenza, ma soprattutto sincero ribrezzo.
« Fanie fa molta più paura di te. », sussurrò.
L'attenzione del superboss, tuttavia, era tutta per l'avatar di Valeria. La pressione psicologica della donna di tormalina si era rivelata tremendamente efficace - come solo lo sguardo di una ragazza sa fare, catturando senza scampo la concentrazione di un uomo -, ma ora stava subendo la rabbia taurina del Korp. Con un ruggito degno del più possente dei draghi, Takevada colpì l'evocazione di Vaairo con un pugno così brutale da mandare in pezzi il suo volto d'ebano; non pago, le ghermì il petto scheggiato e, con un vigore incredibile, tentò di strapparle un cuore inesistente dal petto. Purtroppo per lui, l'avatar di tormalina era solamente pietra in movimento, un catalizzatore fisico di tutte le emozioni raccolte nell'oscuro crogiolo delle fosse di combattimento dei perdenti. Levando il braccio sinistro in una muta richiesta di pietà, essa si sgretolò in una miriade di pezzi scuri, impossibile da ricomporre.
Solo qualche istante più tardi, avvenne qualcosa di tremendamente strano: Vaairo era tutto concentrato su Ragnar e, comunque, non si sarebbe mai aspettato di vedere una turma di piccoli ratti sbucare dalle alcove del sottosuolo per assalirlo. Imprecando, osservò con un certo livore ed una buona dose di incredulità i maledetti, tifoidi roditori salirgli squittendo lungo le caviglie e modergli ogni centimetro di pelle esposta, a volte persino intrufolandosi al di sotto dei vestiti. Cercare di acciuffarne uno era come afferrare un soffione quando il vento sferza un campo d'estate: troppo sfuggenti ed infinitesimali per poter essere fermati. La stanchezza ed il dolore stavano poi lentamente riscuotendo il loro tributo sull'inossidabile Vaairo, e quindi ben si poteva comprendere la strana sensazione di rassegnata cattiveria che gli impediva persino di bestemmiare ad alta voce - come normalmente non avrebbe esitato a fare.
Sanguinava da decine di ferite minute, dissanguandolo lentamente con l'inesorabilità del tempo... Ma che altro poteva fare?
Ragnar era una fottuta macchina da guerra, e pur se conciato malissimo dalla combinazione compiuta con l'elfa, non pareva averne risentito affatto. Dall'altra parte, nonostante non potesse parlare per Fanie, Vaairo non stava messo benissimo; persino la deagle, stretta convulsamente nella sua grande mano, pareva pesare tremendamente come una palla di cannone allacciata al polso, alla maniera dei carcerati. Il suo respiro era affannato e la sua mente cominciava a divagare, come stranìta dalla realtà. Non aveva più molte energie da spendere, là dentro: come poteva spaccare il culo a Ragnar se, proprio alla fine, gli mancavano le forze per terminare il lavoro? "Sono gli ultimi cento metri che danno senso ad una maratona".
Cazzo, era proprio vero.

Solo mentre i ratti si ritiravano e lui, finalmente, era riuscito a liberarsi dei pochi "superstiti", udì il rimbombo nei tunnel di tanti passi che correvano nella loro direzione.
Mestamente, Vaairo ridacchiò: Floki era un meraviglioso figlio di puttana.

« Questo è il pianto della libertà, compare,
e ti sta per piovere tutto addosso.
»

Tapster era un uomo all'incirca dell'età del mercenario, forte ma provato dalla prigionia.
Quando sbucò alla testa degli schiavi in fuga, alla luce delle torce e del sangue che imbrattava le pareti, la sua lunga chioma nera e la sua folta barba scura sembravano tratteggiare il ritratto di un eroe d'altri tempi. Tap, forse, non avrebbe mai immaginato di essere l'uomo che avrebbe guidato una rivoluzione - e, sicuramente, non pensava di poter sopravvivere alle Fosse Grigie quando si era svegliato quel mattino... ma quando vide ciò che stava accadendo, non esitò un istante.

« Se qualcuno di voi preferisce morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio... Mi segua! », esclamò, dopo aver indicato ai suoi compagni - per lo più donne, giovanissimi e vecchi incapaci di combattere - di proseguire nel tunnel alle spalle di Ragnar&soci per fuggire dal Settore Nove. Nei suoi occhi si leggeva la furia di chi sa di non aver più nulla da perdere e la sete di vendetta di chi ha un conto salato da far pagare ai propri aguzzini. Armato di piccone - come uno sparuto manipolo di coraggiosi schiavi con lui - ritornò con gli interessi ogni singolo sopruso subìto; grugnendo rabbioso, Tapster calò l'arma improvvisata sul cranio di Ardam, mentre gli altri sciamavano da ogni lato sull'indistruttibile Ragnar.

Raccogli ciò che semini, vecchio mio.

Vaairo sospirò, puntando per l'ultima volta la desert eagle alla testa del suo irriducibile avversario.
Forse erano le ferite, o magari solo una strana combinazione allucinogena dovuta alla stanchezza ed ai gas della miniera, ma poteva sentire quel quinto, letale proiettile gridare ferocemente all'interno della camera di scoppio della pistola.
Bruciava, rodeva, scalpitava per poter essere sprigionato.
E chi era lui per negare un simile desiderio?

« Vedi? Anche noi abbiamo i nostri topi. »

Cattiva cosa, il richiamo della libertà.



Status: danno da lacerazione Basso al trapezio sinistro, danno Basso al fianco sinistro, danno Medio complessivo da morsi di topo, mana 15% (-1xAlto 20%)
CS: 6, 4 -resistenza 2 -fortuna.
Armi:
Desert Eagle: pistola, 6 colpi rimasti (1 nel caricatore).
3xPugnali: 1 pugnale militare, 1 pugnale sottile, 1 pugnale di Dekker.

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Dominio Absolute Defense energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Dominio Abs Def energia Verde (parità di potenza/consumo difese a 360°)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie)
Tutto è una copia di una copia di una copia... : abilità passiva dell'artefatto Ninth Rule (permette di utilizzare la forma di donna in battaglia muovendola con il pensiero come se si trattasse di un'arma)

Tecniche utilizzate:
Imboscata: il guerriero richiama come dal nulla un manipolo di alleati in grado di dargli manforte in battaglia. La tecnica ha natura di evocazione. Il guerriero richiama dall'area circostante un manipolo di uomini armati, completamente personalizzabili nell'aspetto e nell'equipaggiamento purché nei limiti della tecnica, che avranno il compito di supportarlo in azione. La tecnica consente di evocare fino a una decina di individui, che potranno spuntare da dei cespugli o da nascondigli inaspettati, e il cui equipaggiamento potrà essere costituito da qualsiasi tipo di arma. A prescindere dall'aspetto e da ciò che avranno con sé, questi scagnozzi evocati saranno da considerarsi nel complesso come un'evocazione dotata di resistenza totale Alta, priva di CS. Obbediranno al Guerriero per due turni, compreso quello di attivazione, per poi sparire dal campo di battaglia. Consumo di energia: Alto

Note e riassunto: Sebbene l'avatar di Valeria venga distrutto dalla combinazione delle tech di Ragnar e Ardam (medio+medio), nel post in sè ho optato per farla distruggere direttamente dalla carica furiosa di Ragnar. Trovavo un po' insensato che un'evocazione di pietra venisse rosicchiata da dei topi, quindi ho deciso per questa libertà narrativa che, di fatto, non mutua comunque la situazione.
 
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Lenny.
view post Posted on 22/1/2014, 00:17




Azure's whisper ~ il richiamo della speranza


Un uomo nel sangue. Il suo sangue. E anche il sangue di molti altri uomini. Di altri soldati, di altri mostri chiamati Korps.
Floki riusciva ancora a vedere con l'occhio destro. L'altro era coperto da una cascata purpurea. Si portò una mano alla parte sinistra del cranio. Il sangue ruscellava da un solco sul lato dell'osso temporale, scavato da una palla di striscio. Era semplicemente troppo vecchio e troppo stanco per stare al passo degli altri. Si era lasciato dietro il fucile, ormai privo di munizioni, insieme a ogni traccia di vigore. Ma con la poca visione rimasta, con il dolore pulsante alla testa, con la sofferenza cocente nella mente, arrancando ferito e disarmato, era riuscito ad avanzare sino all'imboccatura del nono settore. Non era stato difficile. Voci urlavano e armi ringhiavano un nome che tutti in quell'inferno erano tornati a ricordare.
Libertà.

Vide Ragnar Takevada, ultimo demone risorto dagl'inferi di RottenHaz, affrontare ancora una volta Vaairo e Morpheus. Nessun'arma in pugno, giubba annerita, faccia ridotta a una maschera totemica di cicatrici. Sotto la tempesta di colpi scatenata dai cinque schiavi, il leader dei Korps sembrò cedere: il primo colpo lo raggiunse alle ginocchia, facendolo barcollare; il piccone di un altro lo ferì due volte su un fianco, disegnando solchi rossi lungo la sua muscolatura d'acciaio. Dopo un pugno al fianco, che lo portò a piegarsi e sputare qualche goccia di saliva, Ragnar ritenne che ciò fosse sufficiente. Forte e bramoso di vendetta, il demone levò un braccio artigliato a mezz'aria e quel solo e unico scatto bastò a respingere indietro il proiettile sparatogli contro da Vaairo.
Si spostò indietro con velocità estrema, tanto che sembrava essere scivolato su pattini invisibili. Falciò a due braccia contro i due più avanzati, ascendente obliqua, da destra a sinistra. La faccia dei due schiavi si squarciò in due grondanti sorrisi purpurei. Ragnar scolò il sangue dai neri rostri retrattili che spuntavano dalle braccia. Strie rosse contro il grigio della miniera.

« C'è una sola differenza. »

Commentò serafico, un agghiacciante sorriso largo sul volto. Un terzo prigioniero caricò frontalmente, il piccone levato come una clava. Ragnar con totale indifferenza scivolò sotto il fendente, come a passo di danza sul palcoscenico della strage. Contrattaccò in affondo rovescio, taglio verso l'alto. Il rostro acuminato trovò un'altra gola, l'aprì da un orecchio all'altro. Il quarto prigioniero roteò su se stesso, tentò la fuga. Ragnar andò in elevazione, falciò un solo colpo trasverso di decapitazione. La testa dell'uomo finì a rotolare sino ai piedi di Vaairo.

« Una differenza mortale. »

Fu allora che Ragnar piegò le ginocchia, accumulando una quantità di energia tale da deformare l'aria che lo circondava, piegandola come sottoposta al calore di una candela, e balzò verso chissà dove, lasciando dietro di sé una nube di polvere, pietre infrante e detriti. Compì una serie di scatti attorno a Vaairo con una velocità tale da risultare insondabile a occhio umano, spostandosi infine a un paio di metri alle spalle del mercenario. Per dargli il colpo di grazia senza che quest'ultimo avesse l'opportunità di accorgersi da quale direzione giungesse il colpo. Solo allora Ragnar si fermò per caricare l'attacco, il braccio destro ripiegato e pronto a colpire rivestito di una minacciosa fiamma nera.

« Vaairo! Attento! »

Floki agì senza neanche pensare a ciò che stava facendo. Ancora una volta, fu guidato da un impulso primevo, incontrollabile, eppure incredibilmente semplice. Giunse alle spalle di Vaairo un istante prima che questi fosse investito dall'attacco di Ragnar. Questione di un frammento di battito di ciglia. Eppure sufficiente all'ex carceriere della Fat Whore per spintonare con forza il giovane di lato, prendendo in pieno petto il colpo che avrebbe trafitto la schiena dell'altro.

« Oh.. »

Fu troppo rapido per essere definito. Ma alla fine di tutto Vaairo si trovava a terra, e nel punto in cui era sino a poco prima tre palmi del rostro ricurvo di Ragnar spuntavano dalla schiena di un altra persona.
Floki si inarcò, come un insetto trafitto da uno spillone. Il rostro fu estratto indietro. Barcollò, un passeggero investito da un fastidioso giro d'aria. Cadde in ginocchio. Ammiccò come di fronte a una luce improvvisa. Non riuscì a reprimere un ultimo, stanco sorriso, causato dal ricordo di un avvenimento accaduto un paio d'anni prima, nello scantinato di una delle baracche di Vecchia Taanach. Il ricordo di un giovane che affrontava la morte stessa per portare il salvo il corpo di un grasso, inutile vecchio ex carceriere. Lo stesso che adesso, finalmente, aveva avuto l'occasione di estinguere il suo debito.

1586m9c

« ..adesso siamo pari, ragazzo. »

Scalciò una sola volta, per poi andare giù in un gorgoglio rosso.
"Addio amico mio" non lo disse, se anche fu il suo ultimo pensiero. Non c'era spazio per la tenerezza, né per la debolezza, non nel cuore di Floki Grimher.
Un assurdo silenzio si frappose tra i combattenti. Spezzato solo da una risata acida.

« Eheheheh. La differenza, dicevo.. »

Ragnar Takevada avanzò, intenzionato a finire Vaairo una volta per tutte. Compì una serie di saltelli laterali, l'ultimo dei quali lo portò sopra di lui, pronto a terminarlo. Precipitò rapidamente verso il mercenario, andando con entrambe le braccia in calante diretta. Un doppio fendente dall'alto.

« ..è che i vostri topi finiscono schiacciati! »




QM POINT: L'attacco finale di Ragnar è di potenza Alta. Il resto credo sia tutto chiaro ^^ attendete il post di Luc con il pov di Morpheus/Fanie per rispondere.
 
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view post Posted on 23/1/2014, 10:17

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Midgard Centrale ~ Le fosse grigie


Morpheus riportò alla luce i suoi ricordi, il suo essere, ciò che era prima della trasformazione. La vide, mentre l’orrore si dipinse nei suoi occhi, mentre il suo corpo si incrinò sotto il peso di quella consapevolezza. Era stata un mostro, da mostro aveva subito sopprusi, da mostro anche lei aveva ucciso persone, da mostro le aveva torturate, godendo del loro dolore. Azure era stata strappata da quel pozzo nero senza fondo in cui era precipitata e in cui ancora stava cadendo. Le sue deboli e fragili ginocchia cedettero, con il viso puntato in basso la donna guardava con sconforto il pietrisco sotto di lei. La terra secca si bagnò, piccole gocce salate e amare scesero dai suoi occhi infrangendosi sul terreno, lasciando null’altro che qualche cerchio informe. Iniziò a tremare, il suo respiro si fece irregolare, stava metabolizzando tutto quello che era accaduto e, la sua mente da umana, non lo avrebbe accettato. L’avrebbe portata al collasso. Morpheus la guardò con occhi tristi, la guardò preoccupato.
Eppure, in cuor suo, era felice. Aveva riportato indietro Azure da quella maledizione, l’aveva riportata da lui. Continuò a cercare nella sua mente, a scartabellare i ricordi.
Infine li trovò, maledetti ricordi da spezzata, racconti irraccontabili, emozioni invivibili, accadimenti terribili, non si stupì che Seraphim avesse scelto la morte alla vita, nonostante la libertà da lui donatagli.
Osservò Azure per un’ultima volta tremante, la guardò per un’ultima volta quasi al collasso poi, con un semplice gesto, Morpheus cancellò ogni ricordo di quella terribile avventura, cancellò ogni cosa legata ai Korps, cancellò e immediatamente Azure tornò normale, smise di tremare, il fiato rallentò.
Finalmente l’aveva salvata, finalmente l’aveva riportata indietro.
La donna alzò lo sguardo stranita, confusa. Guardò Morpheus tutto ferito, lordo di sangue.

« Morpheus, che ci facciamo qui? »

Disse sorridente, ignava di tutto, inconsapevole di quello che era successo.
Il drago tirò un sospiro di sollievo, aveva vinto, ora non restava che lui.
Ragnar Takevada.
Perché il suo cuore gridava rabbia, una rabbia che nessun Korps avrebbe fermato.
Né Ragnar né Viktor, avrebbe ucciso tutti.

Ardam si trovò a terra, quella pianta troppo cresciuta, che in vita sua aveva preso troppo concime, gli stava sopra, a cavalcioni pronta a sgozzarlo. In altre occasioni sarebbe stato contento, mai aveva avuto una donna sopra di lui consenziente, le altre le aveva dovute costringere, o semplicemente erano troppo deboli per capire cosa stava accadendo. In altre occasioni si, lui avrebbe goduto, peccato che quella piantina voleva ucciderlo. Vide le sue lunghe unghie affilate come acciaio d’una spada cercare il suo collo per sgozzarlo, eppure Ardam, a un passo così vicino dalla morte, non poté far altro che ridire. Sarebbe morto per mano d’una pianta. No, non poteva crederci. Difatti, quel fottuto verme, non sarebbe morto, non in quell’istante per lo meno. Non con la fortuna che ancora gli sorrideva. Fortuna già, come il fatto che le unghie affilate si fermarono a pochi centimetri dal suo collo e lo stesso Ardam non seppe darsi una risposta concreta. Perché quelle unghie non lo uccisero? Semplice fortuna, pensò lui, in realtà era un potere ancor più grande, che risiedeva dentro di lui e che lui utilizzava a sua insaputa, in maniera inconscia. Per questo Ardam se l’era sempre scampata, per questo lui era sempre sopravvissuto e gli altri no. Psicologi, evoluzionisti, avrebbero visto in lui la specie capace di adattarsi ai cambiamenti. Lui invece avrebbe riso, da perfetto gran coglione fortunato qual’era. Piegò le gambe e con entrambe spinse con forza per levarsi il tronco da dosso. L’elfa sbalzò in aria ma, dietro di lei, uno schiavo sfortunato, lui si, venne travolto in pieno da quella cosa. Caddero entrambi a terra, lo schiavo perse immediatamente conoscenza, eppure respirava ancora. Mentre quella cosa si sarebbe rialzata. Ardam si mise in piede, la guardò per un’istante sorridendo, come sempre. In lui v’era solo irriverenza, una malcelata sensazione di superiorità, ben sapendo che non era superiore a nessuno, nemmeno a lei. Eppure avrebbe vinto, come sempre, anche se alla fine nessuno ci avrebbe fatto caso. Ardam colpì nuovamente il terreno con il pugno destro, non fu un colpo particolarmente forte, da far tremare la terra, eppure un grosso masso si staccò dal soffitto, pronto a travolgere Fanie sotto il suo peso. D’altronde lui aveva fortuna, una fortuna spacciata e quel masso sarebbe caduto giusto sopra la testa di quella cosa e, se fosse stato abbastanza fortunato, quel masso l'avrebbe uccisa.






[size=1Ok, ci siamo. Azure viene riportata in sé tramite una combo di tecniche psioniche, la prima nello scorso turno, in cui leggo la sua mente, la seconda e la terza in questo. Morpheus prima gli fa vedere il suo passato poi rimuove i ricordi sui korps e su ciò che lei era diventata. Ora, passando a Fanie, Ardam si difende con una tecnica bassa attivata da lui inconsciamente, difatti tu stessa non capisci perché gli artigli non vanno oltre, semplicemente vengono bloccati, come se intorno ad ardam c'è un campo di forza. Lui ti colpisce il petto (autoconclusivamente) per farti volare via, cadi addosso a tapster, lui, subito il colpo, sviene. Una volta che ti rialzi Ardam colpisce il terreno, un masso si stacca dalla miniera. Se ti colpisce il masso fa danno alto. a voi.
Ardam= 55% Danni: Basso (corpo) + basso (corpo)

5 giorni di tempo
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Drag.
view post Posted on 23/1/2014, 23:31






Era a terra - era stato spinto.
Non aveva avuto modo di fermare Ragnar nel suo massacro: troppo potente, troppo rabbioso per metterlo a tacere per sempre. La linfa vitale degli schiavi ora dipingeva il suolo come un orrido tappeto viscido del colore dei rubini. Vaairo sentiva in bocca il sapore ferrigno del sangue e della stanchezza, del nuovo - eterno, ricorrente, infinito - fallimento.
Perchè qualsiasi ferita potessero infliggergli, qualunque merda gli gettassero addosso, Vaairo non sarebbe mai stato pronto a vedere Floki Grimher curvo sopra di lui - il sorriso amaro sulle labbra macchiate di rosso, la schiena spezzata del guerriero sconfitto. I capelli sporchi gli coprivano il viso grinzoso, mentre la mascella che sempre masticava quel suo schifosissimo tabacco da quattro soldi era ora ferma, contratta nello spasmo di una morte dignitosa - una morte infame.

A terra, il busto appena sollevato in un patetico tentativo di ritornare eretto, Vaairo Bloodrunner osservò lo "sbirro buono" della sua sgangherata famiglia di disperati e teste di cazzo cadere in sua vece - prendendosi la pallottola che avrebbe dovuto tranciare lui, e cogliere la sua miserabile vita.

« Floki. »

Mormorò appena il suo nome. Gli attimi divennero minuti ed i minuti si tramutarono in anni. Nella sua mente delirante, il ragazzone irresponsabile di Taanach poteva solo vedere il corpo inerte dell'amico scivolare a terra; la lentezza accompagnò la caduta, quasi come se fila invisibili tentassero di sorreggere la gloriosa salma del vecchio carceriere, invano, inutilmente. Sentì delle lacrime calde sfiorargli le guance: due goccie sottili, salate, taglienti. Era tutto fottutamente sbagliato: perchè Floki era lì? Perchè non era fuggito altrove con i pezzenti che il suo buon cuore del cazzo aveva liberato? Perchè si era sentito in dovere di prendere il suo posto? Di proteggerlo? Di prendersi quel colpo? Perchè lui non era morto e lui sopravvissuto? Perchè Morpheus non aveva fatto nulla per impedirlo? Perchè non erano andati tutti con lui, restando uniti? Perchè aveva pensato di poter avere la meglio su Ragnar?
Perchè era così debole?
Perchè? Perchè? Perchè? Perchè?

PERCHE'-CAZZO-TUTTI-QUELLI-CHE-AMAVA-SI-SENTIVANO-IN-DOVERE-DI-CREPARE-PER-PROTEGGERE-QUALCUNO?

Vaairo singhiozzò - una volta soltanto. Fu più un ansito interrotto che un pianto soffocato, insufficiente a riaccelerare la bolla temporale nel quale era caduto. Le sue grandi mani presero delicatamente la spalla del compagno caduto, voltandolo supino; il mercenario era inginocchiato, chino sopra di lui, altrettanto distrutto.
Non erano pari - non erano affatto pari. Sapeva cosa voleva intendere Floki con quella sua ultima battuta da eroe, ma non poteva permettergliela; aveva voluto andarsene con stile, morendo saldando un vecchio conto in sospeso - un conto che si trascinava dietro da quando un ciccione del cazzo lo aveva attaccato ai "Quattro Amici", il giorno in cui Albert era stato ammazzato da Seraphim.
Ma quel debito, quel debito di merda era stato saldato da tempo... e Vaairo non aveva modo di farvi ammenda, nè di ripagarlo a dovere.
Non più.

« Ci vediamo più tardi, vecchio mio. »

Prese la desert eagle da terra - non ricordava di averla mollata.



Ragnar era alle sue spalle, stava blaterando qualcosa - probabilmente era in procinto di ucciderlo; non gli diede peso. Davanti a lui stava la salma di un caro amico, e meritava il giusto tributo che la tradizione criminale con cui era cresciuto gli imponeva. Quel corpo ancora caldo non era Floki Grimher - non solo. Era anche Marko Weyland, era Albert e Charlie Holtz.
Tutti morti ammazzati per salvare qualcosa o qualcuno.

Vaairo si sentiva vuoto dentro. Tutto gli doleva, tutto il suo corpo soffriva con lui, ma il suo animo era svanito, scomparso. Con deliberata accortezza, il mercenario baciò la sua pistola, poi la pose sul torace dell'amico. Gli spiriti degli antenati briganti avrebbero benedetto l'arma che Floki si sarebbe portato con sè nell'aldilà, per continuare a vegliare su di loro e guardare la sua stupida vita con occhio benevolo. Quando avrebbe perso la dignità, sarebbe stata quell'arma ad ucciderlo - e Floki a premere il grilletto.

« Addio. »

Takevada calò su di lui, insaziabile. Le lame innestate sulle sue braccia caddero inesorabili sulla sua schiena, falcidiando i muscoli e la carne sotto di essa. Vaairo quasi non se ne accorse neppure: era voltato, chino su Grimher, quando il reitermajor aveva attaccato. Ciò che Ragnar aveva disegnato sulla sua schiena era tristemente simile ad una coppia d'ali d'angelo, cremisi come la sabbia del deserto dell'Akerat e frastagliate come le scogliere del Perwaine. Facevano il paio con le cicatrici che lo stesso Korps aveva scavato sul suo petto durante il loro precedente scontro - ironia della sorte. Era una ferita terribile, quasi mortale - tristemente simile al modo in cui Seraphim agghindava le vittime di Taanach dopo averle brutalmente assassinate: "bloody wings".

Vaairo si levò in piedi, a malapena in grado di reggere lo sguardo di Ragnar. Non era degno del sacrificio di Floki, nè di chiunque altro. Lui era un figlio di puttana senza valori nè qualità, destinato a morire nel più merdoso dei finali dei lungometraggi scadenti messi in onda la domenica sera. I suoi occhi ora vedevano solo la sorda rabbia che l'animo bruciato aveva sprigionato dopo l'iniziale, devastante, vuoto.
Erano sentimenti squallidi per una squallida storia: nessun grande canto o poema epico. Vaairo avrebbe portato con sè Ragnar all'inferno come regalino per tutti gli infami che finivano laggiù; energia, stanchezza, speranza, strategia, intelletto... Le semplici ferite che stava sostenendo l'avrebbero sicuramente piegato nel giro di una manciata di secondi. Ma tutto questo, alla fine, non contava più un cazzo - nulla contava più un cazzo. Voleva solo ucciderlo, squartarlo, dilaniarlo... lui e tutta la sua progenie. Una strage intera non l'avrebbe mai soddisfatto, un massacro non avrebbe potuto appagare la tragicità della sua furia.
Sarebbero caduti assieme. Il succo del racconto stava tutto lì.



Con un ringhio assordante, lo stridore della trasformazione magica avvenuta sul profilo delle sue gambe fece da perfetto contraltare al polverone scatenato attorno ai suoi piedi. Nonostante il rumore terribile, le parole con cui Vaairo annunziò la sua ultima carica furono incredibilmente chiare - e in quell'istante, egli seppe che quella era la fine. L'avrebbe aggredito senza sosta, tempestandolo di calci e pugni senza cautela alcuna. La cinghia lacerante sulle sue gambe avrebbe decostruito quel mostro ad ogni spazzata, ad ogni affondo, ad ogni colpo portato con la disperazione di chi non ha più nulla da perdere.

« Tu muori ora, Ragnar. »


Status: danno da lacerazione Basso al trapezio sinistro, danno Basso al fianco sinistro, danno Medio complessivo da morsi di topo, danno Alto alla schiena (Critico totale) mana 5% (-1xMedio 10%)
CS: 6, 4 -resistenza 2 -fortuna.
Armi:
Desert Eagle: pistola, 5 colpi rimasti (0 nel caricatore).
3xPugnali: 1 pugnale militare, 1 pugnale sottile, 1 pugnale di Dekker.

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Dominio Absolute Defense energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Dominio Abs Def energia Verde (parità di potenza/consumo difese a 360°)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie)
Tutto è una copia di una copia di una copia... : abilità passiva dell'artefatto Ninth Rule (permette di utilizzare la forma di donna in battaglia muovendola con il pensiero come se si trattasse di un'arma)

Tecniche utilizzate:
la motosega non è solo uno strumento per falegnami: Vaairo è sempre stato un tipo a cui la via facile sembrava... bè, troppo facile. Ha sempre preferito ragionamenti astrusi ed arzigogolati alla semplicità che la sua mente ingenua gli suggeriva. Il risultato di questa condotta è uno stile di vita spigoloso ma diretto, grezzo ma sincero: piuttosto che raccontarti una stronzata, il mercenario ti spiegherà la verità in maniera molto confusa, con scarsa retorica e zeppa di goffi improperi. Alla fine, la sua parlantina non è tanto diversa dal modo con cui fa a botte: la sua "arte marziale" è ruvida, brutta - efficace. A volte sa come mettersi d'impegno, e qualche trucchetto appreso negli anni l'ha reso anche quasi pericoloso. C'era stata quella volta, in autunno, che la comunità aveva avuto bisogno di due mani in più per costruire il centro commerciale di qualche magnate dell'edilizia del cazzo: mancava il materiale e gli ingegneri avevano deciso di risparmiare sui mezzi, preferendo il legno al mattone per alcune parti della costruzione. "Rivalutazione ecologica degli spazi", l'avevano chiamata. "Braccino corto" sembrava più adeguato... Comunque, era laggiù che aveva imparato a tagliare gli enormi tronchi di mogano e quercia: con una fottuta e potente sega elettrica. Asama gli aveva insegnato i trucchetti, e ora Vaairo - che è stato licenziato da tempo, ma fa tesoro di ciò che impara - con un consumo Medio di energie è capace di tramutare l'esterno delle proprie braccia o delle proprie gambe (al momento del lancio solo gli arti superiori o quelli inferiori possono tramutarsi) in una catena segmenata metallica mobile, estremamente lacerante: la catena si muove continuamente ad una velocità spropositata, tanto che le dentellature sono difficilmente visibili - ad occhio nudo, infatti, pare un fiume di metallo ringhiante. A livello di gioco, questa tecnica personale di natura magica della durata di quattro turni rende gli arti trasformati equivalenti ad una motosega moderna. I colpi portati sono semplici attacchi fisici, contrastabili come tali, e l'attivazione della tecnica non pregiudica la normale regolamentazione sulle CS. [consumo Medio]

Note e riassunto: post più narrativo che di combattimento. Come si può notare, ho ridotto lo spazio del combattimento al minimo indispensabile, preferendo l'introspezione per il sacrificio di Floki e dare il giusto tributo a questo fantastico png. Mi rendo conto di aver "forzato la mano" sulla sportività (Vaairo sente appena il Critico totale sul suo corpo, così come la fatica - è tenuto in piedi solo dalla passiva razziale Umana e dai CS in resistenza), ma non potevo fare altrimenti per concludere degnamente questa storia. In sistesi, Vaairo si scaglia su Ragnar del tutto dmentico di ogni forma di difesa, tempestandolo di colpi fisici senz'armi coadiuvato dalla tech che ho quotato che rende le sue gambe delle motoseghe elettriche a tutti gli effetti.
Come nota a margine, nel post lascio la desert eagle sul corpo di Floki - e lì rimarrà, che Vaairo sopravviva o meno. Se dovesse uscirne vivo dalla quest, toglierò l'arma dall'equipaggiamento del mio pg.
Un'altra nota: nello spoiler del post precedente mi ero dimenticato di scalare (come sempre) il conteggio dei proiettili: quello corretto è ora riportato in questo spoiler - cinque colpi rimasti, zero nel caricatore.


Edited by Drag. - 24/1/2014, 00:08
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 24/1/2014, 02:30





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Schegge di lucidità riaffiorarono alla mia mente quando, colpita al petto, volai addosso a Tapster senza essere riuscita nel mio intento. Il senso di molte cose, in quegli istanti, mi sfuggiva dai pensieri, quasi come cercassi di trattenere la sabbia tra le dita di una mano. Nella vita e nella morte, nell'orgoglio di coloro che si erano donati anima e corpo alla causa, risiedeva la risposta che tanto avevo agognato dal primo istante in cui avevo perso qualcuno a me caro.
Perché?
Una vita perduta, spezzata, che sarebbe divenuta null'altro che un flebile ricordo sbiadito nella mente di qualcuno che, vivendo, l'avrebbe dimenticata.
Col corpo del minatore svenuto a pochi passi da me ed il soffitto in procinto di crollare, nient'altro passò nella mia anima se non la fuga. L'idea di scappare, di correre lontano, seguendo gli altri minatori. Passato l'odio, passata la rabbia, assalita di nuovo da quel senso di paura e di terrore devastante, non pensavo ad altro che alla mia fine.
Il dolore che provavo dentro al cuore, però, mi impedì di fuggire. Una vita per una vita, Floki aveva perduto la sua salvandola agli schiavi ed io, stupida codarda, non l'avevo aiutato fino a quando non era stato troppo tardi.
Una vita per una vita, Floki Grimher, questo è il mio sacrificio per te.

Mi gettai sul corpo di Tapster, facendo appello alle mie ultime energie per proteggerci sotto una piccola cupola di petali di pietra. La roccia cadde, rovinosa, nera, tagliente. Infranse il mio scudo graffiando e lacerandomi la schiena mentre, con quelle poche forze che mi rimanevano, cercavo di resistere abbastanza per salvare almeno quel ragazzo. Quella speranza che, come una luce nel buio, voleva fuggire dall'abisso.
Sopportando il dolore, sopportando la fatica e trattenendo le lacrime, cercai di spostare i detriti che mi coprivano, girandomi appena in tempo per vedere Vaairo lanciarsi contro Ragnar. Il cuore mi smise di battere in quei secondi, lasciandomi come spettatrice inerme della probabile fine di un amico appena conosciuto.
Dalle mie labbra, sussurrando, uscirono delle parole, mentre protendendo la mano verso Vaairo cercavo, stupida ed impaurita, di preservarlo dalla sua scelta.

« Vaairo... »
« ...ho già perso troppi amici, Vaairo... »

Dove era la rabbia che mi aveva sostenuta sino a quel momento? Dove era quell'odio ancestrale che mi faceva combattere con una leonessa?
Era sparito, scomparso, per darmi il tempo di vedere con i miei occhi mortali, umani, il sacrificio di un amico...
...già diventato eroe.

[ ... ]




In un tempo ed un luogo imprecisati, qualcuno, disattento, chiese a gran voce chi fosse quel mercenario dall'aria sporca e vissuta che, a sentire le voci, aveva fatto qualcosa per cui valeva la pena ascoltare le sue storie. Una voce femminile, avvolta in un mantello nero e protetta da una pesante corazza, un tempo lucida, parlò.
Intonava una canzone sin troppo melodiosa per narrare le gesta di un mercenario eppure, seduta in ad un tavolo col volto coperto dal cappuccio, cantava.

Oh, Floki Grimher...
tu che non volevi essere un eroe, alla fine eri il migliore di tutti.
Oh, Floki Grimher...
tu che avevi il volto vissuto, hai dimostrato un cuore puro.
Oh, Floki Grimher...
Oh, Floki Grimher...


Una breve pausa, ed altre voci si unirono a quel coro.

Oh, Floki Grimher...
un uomo che guardava alla vita con sdegno,
ammantandosi d'un coraggio che molti ritenevano indegno,
l'unico, tra molti, sei stato
a mostrare un animo immacolato.
Oh, Floki Grimher...
nel tuo mondo molte anime hai mietuto,
sparando col fucile ed uno sguardo acuto.
Nessun al mondo potrà dimenticare
che tu, al fine, ci hai insegnato ad amare
una vita che ritenevamo indegna
pregna d'odio e d'umiltà.
Oh, Floki Grimher...


Una voce, forse la stessa o forse no, interruppe la cantilena urlando.
« Come è morto Floki? »

Oh, Floki Grimher...
tu che sei morto, rimanendo in piedi,
hai salvato la vita di più di quanti credi.
Proteggici con il tuo ricordo, come gli eroi del passato
spara i tuoi colpi sul nemico affamato.

Ed ora ci osservi da un paradiso in cui non volevi andare,
ma che più di tutti noi dovevi meritare.

Oh, Floki Grimher...
Oh, Floki Grimher...




Riassunto e Note.
Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso) Medio (Diffuso) Medio (Da contusione/taglio dei massi)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Ultima speranza.
Energia: 35% - 10% (Medio) = 25%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ~ Voorum.
Manipolare, plasmare gli elementi, danzare al chiaro di luna con gli stormi di corvi cullanti dal canto tetro dei gufi o fissare la propria anima volare in cielo nelle giornate di sole splendente, sono tutte parti inscindibili del medesimo insieme. La capacità di piegare la natura al proprio volere è qualcosa che si acquisisce con anni ed anni di praticantato, spesso affidandosi a maestri degni di tale nome che istruiscono giorno e notte in questa o quell'arte. E poi c'è un secondo gruppo di individui, nati sotto il segno della speranza e benedetti dalle labbra di madre natura, che non necessitano di piegare la natura per ottenere qualcosa... devono solamente chiederla e, se il loro animo è puro e l'intento nobile, ella li ascolterà come una madre amorevole che accontenta il figlio triste. E che mai si dica che i petali di una rosa non possono nuocere a nessuno, giacché poteri superiori alla nostra concezione sono sempre pronti a smentirci, spesso con grande dolore. Fanie è capace di attingere a poteri incredibili, richiamando ed evocando alberi, petali, rami e foreste per farsi da scudo contro qualsiasi amenità. Queste non sono piante comuni ma vere e proprie piante di pietra dure come l'acciaio e dal colore grigio pallido. Esse non sono piante morte, sono solo addormentate e ripiene di una vita cristallizzata che sfugge alle menti più deboli ed incapaci di comprenderla. Le foglie di queste piante hanno bordi taglienti come rasoi, e sottili come un foglio di carta, in grado di perforare, tagliare e distruggere qualsiasi cosa si frapponga tra la giovane guaritrice ed il suo obiettivo. [Abilità offensiva e difensiva a consumo Variabile Medio][2/10] Questa capacità prende il nome di boccioli di pietra ed è uno dei rituali unici scoperti da Fanie nel suo lungo praticantato in solitaria.

Note:
Uso la mia variabile a medio e proteggo col mio corpo Tapster, subendo metà del danno dell'alto.
Questo post è breve, ne sono consapevole, ma ciò che ho scritto è ciò che Fanie prova. In questo momento i protagonisti non siamo noi, non sono io, non è Morpheus, Vaairo o Takeda... il protagonista di tutto questo è Floki, ed è a lui che va il mio post conclusivo in questa scena. Nessun altro personaggio avrebbe meritato di essere in questo post più di lui, nemmeno la stessa Fanie.
Non ho conosciuto Floki direttamente, ma ho letto e provato abbastanza per dire che mi mancherà, anche se era solo il frutto di una narrazione.
A lui va quindi il mio ultimo post, a lui il mio pensiero ed a Vaairo quello di Fanie.
la canzone si chiama... don't leave.

Che mai si dica, alla fine, che i mercenari non sono eroi.
Grazie di cuore.
 
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view post Posted on 24/1/2014, 13:16

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Midgard Centrale ~ Le fosse grigie



Cosa accadde in quel momento è difficile da spiegare, forse impossibile.
Fu rabbia, dolore, odio accecante.
Francamente non ricordò, Morpheus, chi diede il colpo di grazia a Ragnar, né chi lo diede ad Ardam.
Seppe soltanto che, dal momento in cui Morpheus vide il corpo di Floki riverso a terra, morto e sanguinante lui, in quello stesse istante, non ragionò più. Solo quella volta nella sua lunga vita Morpheus perse la ragione, divenne una furia incontrollabile.
Divenne una bestia famelica e rabbiosa, divenne una macchina. Nella sua mente s’accavallarono mille sensazioni, talune per Floki, molte per Ragnar. Si gettò come Vaairo sguainando Stormbringer, senza più pensare a nulla, senza pensare alla salvezza o “al non far troppo rumore”. Si sfogò come un drago avrebbe fatto, Vaairo lo prese a calci e pugni, Morpheus fece n po’ tutto di questo insieme. Semplicemente vide Ragnar a un certo punto cadere al suolo inerme, immobile, morto, riverso in una cloaca di sangue nero. Il volto tumefatto dai colpi, il ventre squartato, le ossa fracassate.
Ma ancora lì né Vaairo né Morpheus si fermarono. Continuarono e continuarono, colpendolo più e più volte fin quando furono esausti, fin quando ebbero la certezza che, quella volta, Ragnar non si sarebbe più risvegliato. Nessuno lo avrebbe riportato più indietro dal mondo dei morti, nessuno lo avrebbe ricucito.
Non quella volta, il sacrificio di Floki non doveva essere sprecato, non come quello di Seraphim.
Dopo qualche minuto arrivarono altri Korps, molti altri, una marea infinita di mostri del cazzo, di bastardi senza cuore. Li avrebbe uccisi tutti, ma prima doveva portare gli altri in salvo.
Nessun altro sarebbe morto per il suo egoismo, per la sua sete di vendetta.
Tutte quelle morti sulla coscienza gli bastavano.
Avrebbe messo la parola fine a tutto quello, una volta per tutte.
Il drago si mostrò in tutta la sua forza, nella sua forma principale. Caricò Fanie, Vaairo e Azure sulla schiena, mentre la marea di Korps avanzava inesorabilmente verso di loro.
Alcuni vennero travolti dalla coda, altri gli ferirono le zampe, altri ancora lo attaccavano un po’ ovunque.
Ma a Morpheus non importava più di nulla, non sentiva altro dolore che quello nel suo cuore.
Doveva recuperare il corpo di Floki, almeno questo glielo doveva.
Si fece largo tra i korps, si fece largo tra la marea, afferrò con le unghie della zampa destra il corpo di Floki e la desert eagle di Vaairo. Infine spiccò il volo, distruggendo il soffitto di quella miniera col capo.
Sassi e pietre crollarono su alcuni Korps, trascinandoli alla morte.
Per sfortuna non tutti morirono. In molti sopravvissero.
Non Ardam.
Tapster venne lasciato lì, in mezzo alle macerie, non sommerso dalle pietre, non c'era tempo e, d'altronde, in mezzo a tutta quella confusione, Morpheus non aveva occhi che per Floki.
Il drago volò lontano, incessantemente, verso l’orizzonte.
Verso l’Akerat. Verso casa.

---

Ogni storia ha una fine, indipendentemente dagli scrittori, dagli attori, dai personaggi, dai protagonisti, dalle comparse, dagli sceneggiatori ma soprattutto dagli spettatori. Non importa se bella o brutta, se intensa o noiosa, se romantica o d’azione. Prima o poi finisce. E quando finisce porta con sé un velo di malinconia, una sensazione di struggente tristezza, come un cuore che, anche se di poco, s’incrina, lasciando un singolo pezzetto vuoto a formare una crepa. Questa era la storia di Vaairo e di Floki, di Morpheus e di Fanie, di Azure, Ragnar e, perché no, di Seraphim, no quello dei topi però no, tanto nessuno se lo sarebbe comunque ricordato, alla fine.
Era la storia dei Korps e di Viktor.

Era una storia.

bruttabella, né intensa noiosa, né romanticad’azione.
Era una storia, più vera di molte altre.

Scritta dai protagonisti e non dagli scrittori, fatta dai personaggi e non dagli sceneggiatori.
Esente di comparse e ricolma di protagonisti.

Sospiro dell’ultima scena, dell’ultima pagina, dell’ultima riga, dell’ultima parola.
Sospiro leggero che mise il punto alla fine.

Tutto tacque, silenzio rotto soltanto dal rumore della pioggia battente sulla tomba di gelida pietra.
I presenti – non molti – raccolti in un unico fiato, un unico respiro, simultaneo e rispettoso, a volte spezzato, a volte singhiozzante, taluni mostravano un silenzio fiero, altri si sforzavano a non piangere eppure nessuno osava ancor parlare.
Forse Vaairo, forse Fanie.

Non Morpheus, che taceva in silenzio colpevolizzando se stesso. Lui nemmeno c’era in quell’istante, l’istante della morte, l’istante in cui crollò ogni cosa. Ma sapeva, infondo al suo cuore draconico, che la colpa era soltanto la sua. Azure, accanto a lui, gli picchiettava il dorso della mano con l’indice, come temendo che il drago potesse smarrirsi nell’infinità tenebrosa dei suoi pensieri. Lei, Azure, nemmeno lo conosceva Floki, ma ne aveva sentito parlare da Morpheus e forse anche da Vaairo. Per Morpheus, sicuramente, era molto più che un amico, era un compagno inseparabile di avventure, era la fiducia verso la razza umana, perché tutti potevano cambiare, tutti potevano essere eroi, tutti potevano essere LA SPERANZA. Nel cuore immenso del drago quella volta non si ruppe nulla, nessun fragoroso rumore di cristallo che va in mille pezzi, in verità soltanto un luttuoso silenzio.

A volte molto più grave di mille rumori.

Morpheus alzò lo sguardo al cielo, lasciando che la pioggia battente s’infranse sul suo volto, i capelli bagnati incollati alla fronte, la pioggia che nascondeva le lacrime, se mai ce ne fossero, il silenzio. Soltanto quello riusciva a percepire Morpheus, non la marcia funebre che suonava, né i singhiozzi dei pochi, tanto meno chi spendeva parole inutili a un morto, parole di compianto che mai avrebbe udito.

La tomba di legno decorata con intarsi d’oro, ancora aperta per concedere ai vivi un ultimo saluto al morto.
Ultimo saluto che Morpheus non volle dargli. Non lo avrebbe visto in quella posa fintamente felice, con la mascella dura ma soprattutto ferma, con i capelli ordinati e il vestito migliore, quello delle occasioni.
No, Morpheus avrebbe voluto ricordarlo come il figlio di puttana testardo che era, con quella bocca puzzolente sempre in movimento che masticava tabacco scadente, con i suoi occhi vispi d’un vecchio che rifugge la vecchiaia, con i modi burberi, i vestiti logori, la testardaggine di chi non era un eroe né avrebbe mai voluto esserlo. Ma faceva solo quello che riteneva giusto.

La tomba venne chiusa, mostrando per un ultima volta il volto di Floki al cielo, piangente anche lui, o così per lo meno preferirono credere i presenti. Stronzate da sentimentalisti, avrebbe pensato forse Vaairo, Fanie forse avrebbe cantato qualche divinità. Azure avrebbe guardato il cielo, in attesa del segnale degli Dei. Morpheus sarebbe stato semplicemente in silenzio, lasciando che le lacrime, la pioggia, il tempo, facessero il loro corso. La tomba venne lentamente calata nella fossa con l’aiuto di tutti, la desert eagle di Vaairo era l’unico oggetto che Morpheus scorse nella tomba, stretta alle mani rugose e vecchie di Floki poco prima che essa venisse chiusa. Alcuni aiutarono a spalare la terra, altri osservarono in silenzio.
Morpheus si trasformò in dragone, in silenzio, senza che nessuno dei presenti gli desse troppa importanza, ormai erano tutti abituati al drago blu di Taanach. Azure con leggerezza e agilità scalò Morpheus fino ad adagiarsi sulla schiena, poggiandosi in un incavo che pareva essere fatto appositamente per lei.

Piangendo, la ragazza, si strinse forte al collo del drago che, con un balzo, abbandonò il funerale, abbandonò tutti. Senza salutarli, senza guardarli. In silenzio, così come era stato per tutto il tempo, sbatté le ali e si allontanò verso l’orizzonte. Verso il nulla, oltre le montagne, oltre, semplicemente.
Sparì pochi minuti dopo, inghiottito dalle nuvole e dalla pioggia. A quel punto il cielo scatenò tutta la sua potenza, la sua forza, un enorme fulmine, più grosso e potente di qualsiasi altro, squarciò l’orizzonte, ruppe il silenzio con un fragoroso e roboante boato.

Quello era il saluto di Morpheus a Floki, uno dei pochi uomini che il drago era riuscito ad apprezzare.
La pioggia smise di battere, le nuvole si diradarono, il sole fece capolinea nell’Akerat.

Allora i presenti capirono:
Morpheus non pianse al funerale, rimase in silenzio mentre dentro e fuori di lui si generò la tempesta, il dolore, la rabbia. Il mal tempo si spinse verso l’orizzonte, seguendo il drago ferito, il drago arrabbiato.
Seguendolo, portando la tempesta ovunque lui andasse.
Sarebbe sparito, per un po’.
.








Quest terminata senza spendere altre parole che mi pare alquanto superfluo passerei alle ricompense e ai giudizi:
Drag.: il migliore insieme a Fanie. :facepalm: a parte gli scherzi una prova eccezionale, sopra le righe senza dubbio ti meriti un'energia superiore a quella con la quale giochi. Forse il tuo pg non è "adatto" ad Asgradel, forse troppo futuristico ma, in verità, in queste quest Vaairo non poteva che essere il pg più azzeccato. Iniziò tutto da Bloody wings e, spero, sia terminata degnamente nonostante il mio stato d'animo ha fatto di tutto per rovinarla. Tu, come Fanie, potevate evitare il guano in faccia, forse l'unica pessima scelta.

Ricompensa: 1600 gold e un punto promozione a energia rossa.

Fanie: mentre sto scrivendo sto ancora pensando. Un'ottima prova quasi sempre condotta su livelli eccelsi, alcuni post di struggente bellezza anche se, devo essere onesto, non sono un fan accanito della prima persona, ma devo dire che è stato MOLTO piacevole leggerti. Ho pensato a lungo se darti o meno il PP e, prima che iniziassi a scrivere questi giudizi ammetto che non avevo intenzione di dartelo. Per tanti motivi, ma non per il fatto che tu non lo meritassi, anzi... Eppure mi sarebbe sembrata un'ingiustizia bella e buona, hai fatto una quest pregevole, sei stata sempre IPER puntuale (a proposito, quello che fai è illegale in 120 paesi del mondo, ho controllato) perché non dartelo? Ho sempre detto che se fossi diventato gerarca sarei giusto nelle ricompense, bene, non darti il punto promozione sarebbe stato ingiusto. TOTALMENTE INGIUSTO.

Ricompensa: 1600 gold e un punto promozione a energia rossa.

Lenny: ottimo compare, ottimo qm, mi dispiace tutto debba finire, Vikt, Floki, Vaairo, Morph e Fanie, sono la TUA storia. Queste giocate rimarranno sempre nel nostro cuore e parlo a voce di tutti, credo, è sicuramente tra le migliori storie a cui abbiamo preso parte.

Ricompensa: 1100 gold

a me vanno 600 gold per la presenza scenica.

Ringrazio tutti per la partecipazione, purtroppo così finisce questo capitolo, speriamo di incontrarci ancora, con gli stessi pg. Chissà. Se volete, e credo di si, avete spazio per un ultimo post: il funerale di Floki.


Edited by Lud† - 24/1/2014, 14:07
 
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