La mole titanica del Cerbero si schianta al suolo: è il rumore di un mondo che cade. Non è un cadavere che si accascia né una montagna che si sgretola, è una pianta che appassisce. Si ripiega su di sé lasciando sfiorire ogni traccia di vita.
L'inferno - o qualsiasi altro posto sia - continua a torreggiare su di noi, schiacciandoci con le sue volte di piombo, soffocandoci come una coperta di lana ma senza il suo calore. Restiamo soli nel gelo e nel silenzio. Attendendo cosa venga dopo, aspettando un ordine o una gratificazione, o anche solo una minaccia. Che qualcuno faccia scattare la molla per mandare avanti quel meccanismo, che i fili che legano i nostri arti da burattini alle dita esperte di Crono siano tirati. Burattini, poiché altro non siamo.
È un bagliore a scuotermi dal mio torpore: una luce rossa, che prima si fa stella cometa, guida verso un'uscita, buona o brutta che sia. Poi, quando il lume s'ingrandisce e si fa più definito, la speranza muore. Non una stella ma due, due grandi globi iniettati di sangue. Balbetto qualcosa di incomprensibile, poi tutto il mondo si fa nero, le mie palpebre calano come cancelli di una fortezza davanti all'invasore, estremo e inutile gesto di preservare la mia incolumità. Ma il rossore di quei occhi è già nella mia testa, aldilà della vista, e quello sguardo pulsa come un'emicrania. Siamo solo fuscelli davanti ad un tornado, è solo la disperazione ad ancorarci al suolo e niente di più.
Ascolto il vento in attesa della sferzata che ci libererà da ogni fardello. ɲ Ɏ ɳ Stava attonito, seduto con le gambe incrociate in un oceano di nulla. Non si erano mai mossi dal deserto, o se l'avevano fatto, poi il tempo si era riavvolto e gli attimi tornati indietro. Ma tutto ciò non era vero in realtà, il tempo si era mosso in avanti, era la sua percezione a difettare. Al primo sguardo si sarebbero notati l'assenza del vortice che aveva scosso il loro arrivo, e la presenza di quell'inquietante forma nera che si stagliava su di loro. La mente di Jace era altrove e non si interessava di quei dettagli, ferma ad apprezzare la quieta immobilità che lo circondava, la vastità di un posto che lo rendeva infimo quanto un granello di sabbia, l'inutilità del suo preoccuparsi e affannarsi. Titano o mortale che fosse, era alla stessa maniera irrilevante. La storia si sarebbe fatta da sé, doveva solo attendere e non muoversi finché tutto non sarebbe finito. Insensibile a ogni stimolo, interno o esterno. " Gua-gua...rda " Si sbagliava, come ogni volta. O meglio ancora una volta si era illuso di essere freddo o capace a tollerare lo scorrere del mondo attorno a lui senza però venirne scosso. Invece era bastata la sua voce a farlo vibrare irrequieto. Ogni nota di quelle poche parole entrava in lui e lo faceva scattare: il suo balbettare denotava insicurezza o forse l'inizio di un trauma, e già voleva alzarsi e abbracciarla, rassicurarla; il tono lieve era una stanchezza da cui non sapeva come rinfrancarla. L'indecisione lo paralizzava, la paura che il proprio sguardo allucinato e terrorizzato la indebolisse o ferisse. O magari le ragioni erano altre, che si vergognava a mostrare la propria debolezza e il corpo ferito e deturpato dalle fiamme, e peggio ancora era terrorizzato di leggere negli occhi di lei il disgusto per lui e per come appariva.
Si concentrò così su quei resti, un dente e un capello, tenuti come tesori. Erano i trofei che simboleggiavano la loro vittoria, feticci che avrebbero dovuto riempire di gloria e orgoglio i loro animi, eppure al cartomante sembravano solo immondizia. Allungò la mano per toccare il dente, come un superstizioso davanti al corpo di un santo. " È rimasto solo questo? " Una scarica elettrica lo fece sobbalzare, forse una reazione inconscia - il suo corpo era quasi arrivato sul punto di cedere davanti al molosso - o un residuo d'elettricità statica. E questo bastò a spaventare sia lui che la beduina, che s'affrettò a riporre quei cimeli lontani da lui. Era diventato un patetico tremante, l'esaltazione di quel che era sempre stato. " No... ...quello! " " Non voglio andare, non voglio conoscere l'uomo che abita nell'alto castello o qualsiasi cosa sia là Quegli occhi. Quegli occhi! "
Sei un codardo Jace? No, tu sei IL codardo, non puoi andare là dentro e incontrare le mostruosità che lo abitano. Significa incontrare chi ha costruito quelle mostruosità, una delle quali vi ha quasi ucciso tutti. O forse incontrare lui, quella cosa che avete incontrato in questo stesso deserto, con gli altri titani. Quello che ha devastato quel laboratorio, che è stato il primo a varcare il mulinello. La cosa che vi ucciderà tutti, e lo farà con la stessa smorfia infastidita con cui un vecchio schiaccia un moscerino. Poiché non siete nulla e tu sei il peggiore di loro. Per te non c'è alternativa, abbandona i tuo compagni, fuggi. Oppure lascia che ti abbandonino qui, in mezzo al nulla. Meglio solo che male accompagnato.
"P-però... però... dobbiamo. Dobbiamo o moriremo qui, di fame.""
La sua mano è tesa verso di me, è sia una richiesta di sostegno che un aiuto a sorreggermi. Le sue dita sono lunghe ma non perfette, non quelle di una dama di corte o di una smorfiosa che non conosce la fatica ma quelle di una che ha dovuto farsi largo nella vita con le unghia, con sangue e lacrime. Eppure rimangono belle, lievi e candide, ma anche robuste, capace di reggere qualsiasi cosa. Lei, fra tanti e tutti, ha scelto me, mi ha scrutato dentro, ha conosciuto ogni mia ansia, la fragilità e l'orrore che sono il filo e il tessuto della mia esistenza. Sia restare che andare significano morire - forse - ma meglio correre il rischio da soli o condividere questo viaggio con qualcuno... con lei? La risposta mi appare chiara, anzi ovvia.
Cosa stai facendo Jace? Sei un pazzo? Tu vuoi vivere, vuoi andare avanti. Cosa te ne importa di una fighetta? Non è che un buco da riempire, e di puttane è pieno il mondo, voltati e non andare.
Ti ho detto di non andare, o se lo farai incontrerai me.
Ti risucchierò nel mio vortice di tenebra, divorerò ogni tuo respiro e succhierò il midollo di ogni tuo osso. Assaporerò tutto di te, ogni brandello della tua carne, ogni atomo del tuo corpo.
Accucciati lì e arrenditi, o sarò costretto a ucciderti.
Guardo l'ombra che mi si para davanti: come ho fatto ad avere paura di quella cosa? Perché ho dato retta alle sue parole? Il mio cuore si fa più leggero, come finalmente libero da un peso, mentre la creatura mostruosa, quello stesso demone della foresta urla e strepita, mi minaccia, apre il pozzo nero e senza fondo che è la sua bocca. Ma non è altro che un fantasma, nient altro che la mia stessa codardia, la mia paura e la mia insicurezza. È reale nella misura che decido io.
Fossi solo, le darei retta. Invece stringo la mia mano intorno a quella di Afrah, le nostre dita si incrociano e sorrido mentre mi rialzo, nonostante il dolore che brulica nelle mie vene e formicola su tutto il mio corpo scottato e martoriato.
Andrò Andremo avanti assieme.
Sono Siamo felici.
CS: 2 | Intelligenza 1 Prontezza 1 Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5
Stato Fisico: Ferito, ustioni di entità Alto su tutto il corpo, taglio orizzontale sulla mano sinistra di entità bassa, ferita al collo di entità bassa; Stato Psicologico: Saldo, terrore di entità Alta, disperazione di entità Bassa, confusione mentale di entità Media; Energia: 85 %
Passive in Uso: ° Nessuno svenimento al 10% di energie, ° Auspex passivo delle auree, ° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate, ° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo, ° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva, ° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici;
Riassunto Post: Jace è traumatizzato dalla vista del Vaso. Quando ritorna nel deserto ha voglia di abbandonarsi lì e lasciarsi morire ma le parole di Afrah - ma sopratutto l'amore che provano l'uno per l'altra - lo riscuotono. Così Jace capisce che la cosa che lo blocca è solo la sua paura o meglio la mancanza di coraggio - malus ricevuto al termine di Cronos - Ombre dal Passato. Lo stregone sente da allora questa voce parlargli ma soltanto ora ne capisce il motivo, e per questo nella scena finale, in prima persona, la immagina come Thywil. Ormai però ha realizzato veramente cosa vuole e che questa paura sia infondata, e riesce quindi a superarla.
Note: Un post più lungo del dovuto, forse, ma che chiude un certo aspetto di Jace, esaltato appunto per merito di Coldest e il suo contributo alla giocata di Territori di Caccia. Aggiungo come specifica tecnica che ho preferito guarire un Alto al fisico. |