Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Im Dorfe, Capitolo VI: Ritorno a Lithien

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view post Posted on 20/2/2014, 17:38

Lamer
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Lhotar si sveglio aprendo gli occhi lentamente. Si guardò in giro cercando di capire dove fosse, poi improvvisamente si ricordò tutto. Era nell'Eden come mercenario per guadagnare un pò di reputazione agli occhi degli umani e del Toryu, ma vedendo la luce che entrava nella sua tenda, di fiondo a prepararsi per la battaglia. "Maledizione, non mi sono svegliato."

In pochi minuti fu pronto e uscì dalla sua tenda. Guardando verso la città incastonata tra i due picchi si poteva capire che il suo esercito era già penetrato nella parte bassa della città, quindi velocemente si diresse verso il limitare dell'accampamento per unirsi a Bolg e partire alla carica.

Poche centinaia di metri prima della fine delle tende il nano si imbatte in una decina di soldati; alcuni di loro si stavano preparando per la battaglia gli altri invece cercavano di dissuaderli dall'andare in battaglia. Il primo che si accorse della sua presenza fu un uomo alto e robusto che probabilmente aveva combattuto in innumerevoli campi di battaglia e appena furono a una distanza accettabile il guerriero iniziò a parlare.

"Messer nano, anche voi in ritardo?"

Un sorriso si dipinse sul suo volto. Sembrava felice di vedere un soldato armato e voglioso di combattere invece che cercare di convincere dei fifoni a lottare per una giusta causa.

"Si e sarò ben felice di unirmi a voi, ma a quanto pare c'è chi non è della mia stessa idea... Vi serve una mano per convincerli?"

Lo sguardo del guerriero bastò a far capire la sua risposta, quindi velocemente si allontanò per un minuto dietro le tende per poi riapparire e iniziare a parlare.

"Soldati, non vi interessa ne fama ne gloria? ne oro ne ricchezza? Seguitemi e io vi prometto che non vi succederà niente."

In quello stesso momento Bolg uscì da dietro le tende emettendo un ruggito sonoro come lo squillo di centinaia di trombe per poi posizionarsi dietro il suo compagno in una posa maestosa. Alcuni dei soldati urlarono per poi acclamarlo come se fosse un profeta mentre i restanti si limitarono a fare un piccolo sobbalzo per poi annuire in senso di partecipazione.

Il gruppo capitanato dal nano in groppa al suo drago avanzo verso la città in tutta tranquillità vedendo la devastazione lasciata dalla battaglia che ancora in alcune zone continuava. Ora che era dentro poteva vedere che solo l'acropoli della città era ancora in mano ai nemici mentre tutta la parte bassa era distrutta dai vari combattimenti e ora i mercenari rubavano allegramente dalle case ormai abbandonate.

Solo dopo una decina di minuti Lhotar intravide un gruppo di guerrieri intenti a discutere. Da un lato c'erano mercenari capitanati da un comunissimo guerriero, dall'altra parte invece c'era un uomo dalla carnagione nera. Era la prima volta che ne vedeva uno e l'interesse per quel particolare individuo lo fece avvicinare abbastanza per poter parlare con lui e subito l'uomo gli chiese.

"Ehi, zinvory! Chi è il capo tra voi? Dove state andando?"

Con una veloce occhiata il vecchio guerriero gli fece capire che era lui che doveva parlare e quindi, senza rimuginare troppo su cosa dire, rispose:

"Io ho il comando di questo drappello di uomini. Lo so che può sembrare strano che un nano sia qui, ma credetemi che sono valido quanto voi. Mi sto dirigendo all'acropoli e voi signore?"

Non riuscì a trattener un tono di ilarità nell'ultima frase. Quell'umano per lui era alquanto buffo e non solo nell'aspetto, ma anche per come parlava.

"Io vengo dalle porte dell'acropoli, aper. Lassù un'orda di infetti sta cercando di sfondare le nostre posizioni e riprendere il controllo della città bassa. Ci servono rinforzi, altrimenti non resisteremo a lungo."

"Perfetto, sarà un onore combattere con voi"

Un sorriso si dipinge sul volto di Lhotar , non vedeva l'ora di combattere, di darsi da fare per ottenere quella fama che avrebbe portato rispetto nei confronti del suo popolo

"Allora andiamo. Forza uomini, combattiamo fino alla fine, per la gloria e per l'onore!

Un esultanza da parte dei suoi uomini e di qualcun'altro si unirono al ruggito di Bolg che come lui probabilmente fremeva per la battaglia, ma non avrebbe rischiato di farlo scendere in campo, non ancora, non in quella battaglia. Il gruppo quindi iniziò ad avanzare verso le porte dell'acropoli dove l'attendeva la sfida più grande che un nano potesse mai compiere, combattere con un elfa al suo fianco. Aveva sentito che un membro di quella razza si era unita a quell'esercito e ciò lo rassicurava quanto lo schifava; un elfa era brava solo a guarire le ferite, ma non di certo a combattere, ma non ci diede troppo peso; avrebbe giudicato dalle sue azioni in battaglia e non solo con dei pregiudizi anche se a suo giudizio più che giusti. Dopo un paio di minuti l'uomo nero gli si affianco e iniziò a parlagli senza una vera ragione.

"Non trovo strano incontrare un nano in questo esercito, aper. Ovunque ci sia una battaglia da combattere, la vostra razza è sempre la benvenuta. Ma è la prima volta che vedo un nano cavalcare un drago. Chi siete?"

La sua domanda era abbastanza vaga, chi era lui? Bella domanda. In verità non lo sapeva neanche lui, ma un giorno avrebbe scoperto chi era veramente, ma intanto cercò le parole per rispondere al suo nero interlocutore e appena ebbe messo in riga una frase decente iniziò a parlare:

"Sir, vi basti sapere che sono del Settentrione, che sono consacrato al mio Dio e al Dio degli uomini e che con il mio drago posso essere più letale del veleno dei Vaash, ma dimmi, lei che cariche ha, o meglio, dimmi chi sei veramente?"

Dopo aver detto quella frase i pensieri del nano tornarono al fatto che il suo interlocutore fosse nero come il carbone, non riusciva a capacitarsene, ma dopo qualche secondo di domande lasciò perdere.

"Io, aper? Sono un soldato di ventura del Clan Goryo, e per l'appunto sono qui... di ventura."

Poi dopo pochi secondi disse porgendo la mano.

"Hacheli. Molto piacere."

Non aspettò neanche di dire il suo nome che la sua mano minuto strinse quella dell'umano, la cordialità era sempre ben accetta.

"Lhotar o se preferisci Doppielame. Comunque Hacheli, se a un Goryo va di combattere a fianco di un Toryu raggiungiamo il comandante. "

A dire quelle parole gli ritornò in mente che anche l'elfa probabilmente era con il comandante e quindi accendendosi la pipa e iniziando a fumare intensamente per prepararsi alla battaglia disse.

"Non saprei perchè,ma temo stia per incontrare una creatura malefica hahaha."

Il viaggio non durò ancora per molto infatti il gruppo raggiunse il resto dell'esercito poco prima che venissero circondati da una schiera di mostri. In quel momento il cielo iniziò ad annuvolarsi e pochi secondi dopo una scarica di fulmini iniziò a cadere dal cielo. Probabilmente era magia, ma anche lui voleva contribuire a sbaragliare i nemici quindi aspirò violentemente dalla pipa per poi sbuffare il fumo verso l'alto. Un senso di confusione lo prese subito, ma ciò non gli impedì di vedere il fumo che si cristallizzava per poi cadere sui nemici che lo circondavano.

Lhotar balbettò qualcosa di incomprensibile per qualche secondo per poi iniziare a ragionare più lucidamente e in quell'istante vide l'elfa. Un ghigno malefico si dipinse sul volto del nano che lentamente si affiancò alla graziosa creatura.

"Elfa è meglio che lasci ha qualcun'altro il comando, cosa ne dici? Vai nelle retrovie e guarisci qualche ferito hahaha."

In verità sapeva che non era lei che comandava, ma il fumo aspirato gli impediva di ragionare perfettamente, ma sinceramente non gli importava neanche. Sul campo di battaglia è la spada che fa la differenza e non la parola.

"In questo preciso momento non esistono retrovie, le porte di Lithien sono davanti a noi. Dobbiamo sfruttare quest'occasione per spingerci sotto le porte della cittadella. Drag, Al, tutti coloro che ascoltano la mia voce, guadagniamo terreno!"

In quel momento l'elfa alzò la spada cercando di incoraggiare i suoi compagni e tutti coloro che si trovavano in quel posto. Lhotar non si seppe spiegare il perchè, ma in quel momento provò fiducia in quell'elfa, ma la confusione mentale riuscì comunque ad avere il sopravvento su quella sensazione. Era una lotta impari tra il senso di confusione e la fiducia che da un momento all'altro aveva iniziato a nutrire verso l'elfa quindi trattenendosi disse:

"Stupida elfa fatti valere ho giuro che te le procuro io le ferite se non lo fanno i nostri avversari."

Detto ciò il nani si butto nella carica eseguendo otto fendenti precisi e mirati per poi lasciarsi trasportare dal flusso della battaglia affiancato dall'uomo nero e dall'elfa.


Corpo :-sano
Tot: (0\16)
Mente : - medio da deconcentrazione
Tot (2\16)
Energia rimanente: 70%

CS : Maestria nell'uso delle armi= 1
Costi: Basso = 5% | Medio = 10% | Alto = 20% | Critico = 40%

Armi:
spade (x2), arco e frecce (x15)

Passive : il possessore del talento ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.
Raziale nanica: La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.



Attive:
Medio + Autodanno Psionico Medio rappresentato da un senso di forte deconcentrazione; aspirando dalla Pipa e sputando verso il cielo il suo contenuto, il possessore dell'artefatto potrà creare degli spuntoni di fumo che si cristallizzeranno nel cielo e cadranno come gocce di pioggia verso il nemico. La tecnica va considerata come un Alto ad area di natura magica, che causa danni Medi.

Furia: il guerriero riesce a scagliare fino ad otto fendenti in successione con la propria arma.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero riesce a scagliare fino ad otto attacchi in rapida successione a mani nude, o con la propria arma. La posizione delle varie offensive cambierà in base al movimento compiuto dal guerriero. Questa tecnica può essere utilizzata anche con le armi da lancio. Non aumenta la velocità di movimento del guerriero, ma solo quella con cui compie gli attacchi. La tecnica va contrastata come un'unica offensiva di portata complessiva Alta, avente natura fisica.
Consumo di energia: Alto


Attive dal turno precedente:-



Riassunto:
Al fine tecnico, uso l'abilità dell'incanto ad area contro i nemici, vengo influenzato dalla tecnica ad area di Fanie, uso la pergamena furia sui nemici (nessuno in particolare, è per rimettermi almeno un pò in pari con le energie degli altri) e infine attacco normalmente.


Note: nulla da dire (spero di aver azzeccato quando usano le varie tecniche ad area.)
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 22/2/2014, 01:52





Winterreise ~ Im Dorfe


La formazione reggeva. Forse non erano gli uomini meglio addestrati dell'interno mondo ma, sicuramente, uniti e assieme avrebbero potuto reggere qualsiasi cosa gli si fosse scagliata contro. Il problema, che ovviamente non tardò a presentarsi, risiedeva nella quantità spropositata di infetti che si stavano riversando addosso a noi da ogni dove. Le porte della cittadella di Lithien erano letteralmente invase da dozzine e dozzine di abitanti, guardie, contadini ed artigiani mutati che sciamavano come bestie per travolgerci. Tenerli era un'impresa titanica anche per un esercito regolare abituato a cooperare sotto una sola bandiera, per un gruppo mercenario il rischio della sconfitta sfiorava livelli agghiaccianti.

Più di una volta venni raggiunta da schizzi di sangue, artigliate che s'infrangevano contro la corazza, dardi che sfrecciavano a pochi centimetri dalla mia testa ed incantesimi di fuoco e ghiaccio che ghermivano i meno fortunati. Con un fendente mozzai la testa ad uno dei soldati nemici lanciatosi in carica contro di me. Ero consapevole, in cuor mio, che se non avessimo ricevuto aiuto al più presto la linea sarebbe semplicemente stata spazzata via come polvere. Dovevamo resistere abbastanza da dare tempo ai nostri sabotatori di sfondare il cancello e aprire le porte... solo a quel punto la situazione si sarebbe ribaltata. Ogni metro di strada che riuscivamo a fare verso la nostra meta garantiva tempo prezioso a coloro che stavano scalando le torri. Non potevamo cedere.
Ordinai a quelli più vicini ai lati della strada di impedire agli infetti di assalirci passando dagli edifici, non potevo rischiare che aggredissero il fronte dai lati, mentre dovevo fidarmi in maniera assoluta che le retrovie stessero stanando ed eliminando tutti i nemici rimasti chiusi in case, botteghe o vicoli bui. Al Patchouli, sul suo cavallo, si era fatto nuovamente vivo e, con poche parole, era fuggito a cercare supporto tra coloro che erano rimasti a saccheggiare i bottini della città. Avevamo bisogno di ogni uomo, donna, bestia e spada ancora lucida per tenere testa a quella massa grottesca.

Il nostro generale continuava a combattere e dare man forte dove possibile, ma non era onnipresente, ed ognuno di noi doveva fare il possibile per cercare di supportare il proprio compagno. Uno dei soldati cadde a terra ferito alla spalla da un artiglio deforme. Urlava e si teneva la spalla con le mani incapace di reggere ulteriormente il combattimento. Lo afferrai per lo spallaccio sano tirandolo dietro il muro di soldati e prendendo il suo posto in prima linea. In quei momenti non riuscivo nemmeno a pensare alla mia vita, ai miei problemi, a tutte quelle piccole e particolari cose a cui normalmente, sapendo di essere in pericolo, si fa caso. Pensavo solo a schivare i colpi degli abitanti di Lithien e difendere coloro che si erano riuniti sotto il mio stendardo... tutto il resto era solo una inutile, mortale, distrazione. Un colpo, un altro ed un terzo ancora, e tre morti giacevano ai miei piedi accalcandosi alla marea che già era caduta sotto i fendenti della falange.
Non avere più lo scudo mi impediva di difendermi agevolmente e più di una volta toccò al soldato alla mia sinistra, un uomo di mezz'età barbuto e muscoloso, usare il proprio per proteggermi dai colpi che si abbattevano contro di me. Trafissi ancora uno degli infetti, spedendolo via dalla lama con un calcio ben assestato, e in quel mentre la voce di qualcuno mi arrivò alle orecchie.

Due infetti caddero alle mie spalle, demoliti da un potere arcano a me sconosciuto, lanciato dalla medesima voce che mi chiamava.
« Mia Signora, Mia Signora! » Quella distrazione quasi mi costò un fendente alla gola che, con una prontezza non indifferente, un secondo soldato, alla mia destra, deviò al posto mio.
« Posso darvi un mano qui, se la desiderate, fornendovi un buon diversivo per riorganizzare gli uomini e spianandovi la strada verso le mura. Ma dovrete fidarvi di me. »
Se poteva aiutarci a frenare quell'orda di mostri mi andava bene qualsiasi cosa. Nell'impeto di rispondergli non mi resi nemmeno conto che era un elfo, un mio fratello, e che dopo tanto tempo ne stavo vedendo uno in carne ed ossa, libero e non in catene. Ma in quel momento non ebbi né il tempo né la prontezza d'animo giusta per rendermi conto di chi avevo davanti... a dirla tutta avrebbe potuto benissimo essere un orco alto tre metri e, probabilmente, non mi sarei fatta problemi.
« Qualsiasi cosa! Ci serve tempo per chiudere i ranghi! »
Urlai alla retroguardia di rimpiazzare i caduti in prima linea e, con mio orrore, notai che c'erano sempre meno soldati pronti a prendere le posizioni dei caduti. Guardai l'elfo con uno sguardo misto tra il disperato ed il risoluto mentre questo, in maniera abbastanza feroce, si accaniva contro altri nemici a mani nude.
« Preparate gli uomini, che non cedano alla paura! Non farò loro del male. Mi servono trenta secondi per cercare un punto rialzato, per allora dovrete essere pronti. » Detto questo scattò verso i tetti più bassi, probabilmente intento a trovare un luogo sopraelevato per sfruttare le sue abilità.
La mia unica speranza era che riuscisse a darci abbastanza tempo da essere soccorsi dalle retrovie e dagli ausiliari. Non ero in grado di stabilire quanto a lungo il fronte sarebbe rimasto inviolato ed ero consapevole che, nell'esatto momento in cui anche solo una parte di noi fosse rimasta schiacciata, non ci sarebbe più stato modo di fermare quell'orda. Alzai lo stendardo più in alto che il braccio mi consentiva mentre, urlando, ordinai agli uomini un unico, semplice comando.
« Rimanete dietro agli scudi, restate in difesa e preparatevi al contrattacco, al mio ordine! »
D'improvviso il cielo si oscurò ed una fitta catena di fulmini spazzò via la maggior parte di coloro che stavano aggredendo la prima linea, facendo una vera e propria strage dei nostri aggressori, con enorme sorpresa mia e gioia di molti soldati. Nello stesso momento anche una pioggia di strani cristalli si abbatté sui pochi fortunati che erano riusciti a sopravvivere ai fulmini, garantendoci qualche secondo per riprendere i ranghi.
Mi spostai velocemente verso l'elfo responsabile dei fulmini, aveva uno sguardo addolorato e non riuscivo a comprendere quale fosse esattamente il motivo: dal mio punto di vista aveva appena evitato ai miei uomini di essere annichiliti da uno sciame di demoni furenti ed urlanti, ma forse c'era quella nota di tristezza ed inquietudine tipica di chi, pur consapevole di dover scegliere tra la propria vita e la morte altrui, non si rassegna all'idea che, forse, c'è sempre una terza strada. Come me. Gli sorrisi, cercando di confortarlo pur nel mio aspetto lordo di sangue e lividi.
« Grazie, adesso dobbiamo spingere il più possibile verso i cancelli! »

Era la nostra occasione di avanzare abbastanza da portarci sotto i cancelli della città, pronti a dare l'assalto finale. Non ci sarebbero state seconde occasioni per noi: perdere quella significava perdere l'unico accesso a livello del suolo per la città, un errore strategicamente imperdonabile per me e per ciò che rappresentavo. E proprio mentre stavo per ordinare alla prima linea di muoversi in avanti un nano, dall'aspetto borioso ed arrogante portato assieme ai rinforzi da Al Patchouli, mi si avvicinò.
"Elfa, è meglio che lasci a qualcun'altro il comando cosa ne dici? Vai nelle retrovie e guarisci qualche ferito hahaha.""
Lo guardai perplessa. Pur con l'adrenalina che mi pompava nelle vene e il respiro affannoso, quel discorso mi sembrava così offensivo e privo di senso da farmi quasi irritare. Con uno sforzo non indifferente mi contenni.
« Non sono io in comando, sto solo tenendo uniti gli uomini e applicando il mio addestramento da fanteria di prima linea. »
Il che era vero, l'ultima cosa che volevo era la responsabilità del comando ma, allo stesso tempo, non potevo lasciare tutti quei soldati allo sbaraglio, senza un criterio, altrimenti si sarebbero semplicemente fatti ammazzare come cani dalla soverchiante forza dei numeri che aveva dispiegato l'avversario.
Tuttavia il nano parve infelice della mia risposta, con il senno di poi mi parve di vedere nei suoi occhi lo sguardo confuso e perso di chi ha alzato esageratamente il gomito prima della battaglia, forse per diluire la paura assieme all'intelletto, ma sul momento non ci feci troppo caso, pensando solamente che fosse un mercenario in cerca di gloria. Lo liquidai velocemente, tornando in mezzo ai soldati e levando in alto la spada, per invocarne il potere.
« In questo preciso momento non esistono retrovie, le porte di Lithien sono davanti a noi. Dobbiamo sfruttare quest'occasione per spingerci sotto le porte della cittadella. »

Bandiere_zps260e803f

Un fascio di luce verde smeraldo avvolse la spada irradiandosi tutto attorno a me: piccole ali da drago, di un verde trasparente, si formarono sulla mia schiena mentre le mie parole uscirono più profonde e distorte, quasi come se pronunciate da una voce gutturale e non umana. Paure, convinzioni, timori... doveva sparire tutto non solo dal mio cuore ma anche da quello di coloro che stavano per dare l'assalto alla città. Puntai la spada verso i cancelli, quasi come ad indicare a tutti quale sarebbe stato il nostro obiettivo.

« Caricate in formazione, guadagniamo le strade sino alla porta! Senza paura! »
E poi mi lanciai, assieme a coloro che avessero deciso di seguirmi, sulla strada lastricata di caduti, verso la fortezza di Lithien.
Senza paura, senza rimorsi. Per Lithien.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Medio (Spalla) + Basso (Addome) + Medio (Avambraccio, da contusione)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 70% - 20%(Alto) = 50%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Rotto.]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Mano Destra]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Mano Sinistra]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.

Attive in uso:
» Prima Forma: la Legge
Il primo desiderio di Raymond Lancaster nei confronti di Fanie è che lei cresca in modo da divenire la futura figura di ispirazione per l'intera Schiera del Drago Nero. Una guida per gli inesperti, un'autorità per gli indecisi e una speranza per i disillusi: un simbolo in grado di incarnare tutte le virtù che era sua intenzione trasmettere all'intera compagnia. Fanie è in grado di raggiungere ed imporre temporaneamente questo status facendo leva sul potere grezzo contenuto nella sua spada e ricordando gli insegnamenti del suo maestro. In termini tecnici questa tecnica di natura psionica ha consumo Alto e dura due turni. Durante ciascuno dei due turni d'attivazione, la sola presenza di Fanie lancerà un attacco psionico di potenza e danno Bassi sul suo interlocutore principale che, qualora li subisse, si vedrà costretto a comportarsi in maniera sincera ed onesta, a non mentire e a rivelare e scusarsi di tutti i propri peccati. Nel corso dei due turni d'attivazione Fanie godrà anche di una difesa psionica passiva e la sua figura emanerà un'aura di ispirazione e di fiducia valida per chiunque posi gli occhi su di lei, da considerarsi come un ammaliamento psionico passivo. A livello scenico la tecnica può essere interpretata come un'improvviso cambiamento nell'aspetto, nel tono e nel portamento di Fanie, tale da convincere gli altri a credere in lei e a trasformarli in propri alleati [tecnica di potenza Alta].

Note: Fanie cerca di tenere unita la sua unità contro l'orda, dialoga con altri due alleati (Il pg di Kremisy e Sheerevar) che gli forniscono due attacchi ad area sulle truppe nemiche, liberando in parte la zona dalla pressione della lotta. Fanie allora riorganizza le truppe ed usa la sua abilità artefatto per infondere loro coraggio e lanciare la carica - a ranghi serrati - contro le porte, sperando di reggere abbastanza per permettere agli altri di aprire le porte! Ringrazio Kremisy, Sheerevar, Orto33 e Drag per la collaborazione al post!



Edited by Fanie Elberim - 22/2/2014, 02:10
 
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view post Posted on 25/2/2014, 02:52
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Atto II
I


(Vahram [pensato, lingua aramana], soldati.)

Vahram non si dava pace. Non riusciva a scacciare dalla testa l’immagine di quella ragazza che aveva ucciso pochi minuti prima, Peline. Non era per il modo in cui l’aveva ammazzata, né per come lei aveva sterminato la sua stessa famiglia; il cavaliere, per quanto cercasse di mantenere la sua ferrea freddezza marziale, non riusciva a fare a meno di pensare a quanti altri drammi simili o peggiori si fossero consumati tra la popolazione comune, dall’altra parte di ognuna di quelle innumerevoli finestre costellavano nere e vuote i palazzi della città.

Cavalcava imboccando celere e sicuro un vicolo dopo l’altro, in mezzo a quel dedalo incastonato tra monumentali edifici irti di torri slanciate aguzze verso il cielo come tanti piccoli pinnacoli. Doveva raggiungere la sua squadra.

Arrivò finalmente al viale in cui si trovava prima e lì si fece un quadro migliore dell’andamento delle operazioni.

La città bassa era nel caos. Non si combatteva più; degli infetti rimaneva soltanto un fitto e interminabile tappeto di sangue purulento e cadaveri deformi e smembrati: probabilmente i restanti erano andati in rotta verso le mura interne. Molti dei fanti di presidio e della retroguardia si erano dati al saccheggio. Scorrazzavano come sciacalli affamati da una porta all’altra, sfondando, irrompendo all’interno, distruggendo, gettando suppellettili e mobilia dalle finestre e uscendo con sacchi e bisacce stracolme di qualsiasi oggetto avesse un qualche minimo valore.

Per Vahram quella non era una scena nuova. Se una città non si arrendeva agli assedianti, una volta presa era comune, soprattutto tra i mercenari e i mamūluk, darsi alla razzia e allo stupro; ma poiché a Lithien non c’era nessun difensore disposto ad arrendersi e si trovava ben poco da violentare – salvo agli occhi di qualche mente malata –, chi ne aveva la possibilità si dedicava con alacrità all’ultima barbarie rimanente.

Dei cavalieri e le avanguardie non c’era traccia, probabilmente erano tutti proseguiti verso le porte dell’acropoli.

Ad un tratto un gran numero di soldati si fermò, interrompendo qualunque cosa stessero facendo e puntando gli occhi in alto, verso l’acropoli. Anche il cavaliere volse lo sguardo, e ciò che vide non gli piacque per nulla.

Una pioggia di frecce incendiarie oscurava il cielo, incombendo sulle loro teste.

«Al riparo! Al riparo!» Grido una voce tra la folla, subito seguita da un strepitare atterrito e concitato. Tutti corsero disperatamente alla ricerca di una copertura dentro le case o sotto i portici, tentando di scampare a quella salva mortale.

«Quei mostri non mollano... Via di qui, Raffi!» Ringhiò Vahram. Spronò il suo cavallo al galoppo, cercando uno stretto vicolo in cui infilarsi per sfuggire a quella pioggia. Udì dietro di sé un forte e battente acciottolio e rumore di vampe mentre la pioggia di dardi infuocati si abbatteva sui tetti e le strade della città bassa, minacciando e martoriando qualsiasi sprovveduto non fosse riuscito a trovare rifugio in tempo. Una sferzata rovente fendette l’aria a pochi centimetri dal volto del guerriero, bruciandogli il fazzoletto e ustionando le sue guance, ma non gi strappò alcun gemito di dolore. Per un pelo quella freccia non l’aveva colpito in mezzo alla nuca.

Vahram si tuffò nuovamente nel buio dei vicoli cercando di muoversi al sicuro sotto i portici. Si fiondò al galoppo dirigendosi verso la cinta interna; non c’era un minuto da perdere.

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I soldati dell’avanguardia e i cavalieri si stipavano nel viale di fronte ai cancelli dell’acropoli come un fragile cordone, tentando disperatamente di arginare la fiumana di infetti che si riversava addosso a loro, follemente determinata a rimpadronirsi del terreno perduto. Quegli uomini erano pochi, troppo pochi. Sembravano un esile muricciolo dinanzi a un torrente impetuoso.

Scorse Fanie e Vaairo. Difficile non notarli; lo stendardo della Schiera del Drago Nero sventagliava e si dimenava fiero e furioso sopra le linee, ergendosi e vegliando su di esse come una rinfrancante ala protettrice. Ed eccoli lì i suoi due compagni, intenti a combattere e resistere con tutte le loro forze, a spalla a spalla insieme agli altri soldati.

«Non resisteranno a lungo se vanno avanti così.» Pensò Vahram. Avrebbe potuto scendere a cavallo e gettarsi nella mischia insieme a loro o aiutarli in un modo più brillante.

Si avvicinò a Fanie quanto più poté, abbastanza perché la sua voce potesse raggiungere le orecchie dell’elfa sovrastando il fragore della battaglia e le urla dei guerrieri.

«Siete troppo pochi!» Gridò alla paladina, chinando il busto verso di lei per farsi udire meglio, quasi sdraiandosi sul collo di Raffi. Sopra le loro teste volavano sibilanti frecce, dardi e proiettili magici di ogni genere. «Vado a cercare rinforzi! La città pullula di soldati lasciati allo sbando, torno subito!»

Fanie si voltò e rispose con un cenno di assenso, Vahram però era già sparito nuovamente nei vicoli, diretto alle zone dei saccheggi. Doveva fare in fretta: ogni secondo che passava i suoi commilitoni cadevano sotto i colpi di quei mostri.




Personaggi
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Alto+Medio) Ferita da freccia sulla schiena (Bassa), contusione sulla guancia sin. (Bassa), taglio sulla schiena (Medio), danni da caduta distribuiti su tutto il corpo (Basso), ustione sulla guancia sin. (Bassa).
Mente: (Danno Illeso) Illeso.
Energia: 80%

Raffi: Corpo (Danno Basso): Danni da caduta alla coscia sin. (Basso).


Armi:
Yen Kaytsak: infoderata.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.


Munizioni
Faretra: 11



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

Tecniche attive utilizzate

(Nessuna)

Tabella riassuntiva
Sunto: Vahram sta cercando di ricongiungersi nuovamente alla sua squadra. Passando attraverso la città bassa, assiste ai saccheggi che si stanno lì consumando per mano di soldati e mercenari della retroguardia o rimasti appositamente indietro rispetto agli altri.
La pioggia di frecce incendiarie investe la città. Una di queste lo ustiona passandogli a bruciapelo sulla guancia sinistra, Vahram cerca dunque riparo nei vicoli e sotto i portici, galoppando per strade sicure cercando di arrivare sotto le mura dell'acropoli.

Una volta giunto sotto i cancelli della città alta, si trova davanti alla furiosa battaglia tra gli infetti e Kreisler e i suoi soldati. Tra questi scorge anche Fanie e Vaairo. Constatando che i soldati che cercano di contenere l'ondata di mutanti sono troppo pochi per fermare la gigantesca orda, decide di tornare indietro a cercare rinforzi tra i mercenari intenti a saccheggiare la città.

Le successive azioni di Vahram sono già state descritte nei post di Fanie Elberim e Kremisy, in accordo con loro. In breve, torna in mezzo alla città e convince un grosso drappello di mercenari a seguirlo. Poi fa la conoscenza di Lhotar "Doppielame", il pg di Kremisy, e con lui e il suo seguito di soldati torna alle porte dell'acropoli per dar manforte ai suoi amici. Infine si presume che scenda da cavallo si getti in mischia al fianco di Fanie, Vaairo e Lhotar.

PS: Scusate la brevità del post, purtroppo in questi ultimi giorni non ho avuto molto tempo materiale per scrivere.
 
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Shervaar
view post Posted on 28/2/2014, 22:00






Dunque era quella la guerra, quella di cui si legge sui libri di storia, quella in cui uomini e bestie si massacrano senza quartiere, quella che ora si presentava all’elfo in tutto il suo orrore.
Corpi riversi per strada mentre sangue di tutte le razze inondava il lastricato tingendo di un rosso straziante il candido bianco della neve. Lamenti di feriti e agonizzanti, rantoli di morti e orrendi versi di quelli che un tempo uomini ora caricavano senza senno ne pietà l’esercito assediante. Per un attimo lo sciamano credette di vomitare ma soffocò il conato e ancora scosso da quell’inferno si trascinò in una strada secondaria, sperando di potersi nascondere a quella vista.
Disdegnava quel massacro, eppure quella era l’unico modo, non c’era cura a quel male, così gli avevano assicurato...

Shervaar si infilò in vicolo scavalcando con disgusto l’ennesimo cadavere quando vide a pochi metri da se uno dei suoi inciampare e cadere di schiena perdendo nell’impatto l’arma. Su di lui torreggiava uno degli essere che difendevano la città, un tempo un suo abitante, ora solo un abominio. Con un verso degno del peggiore delle bestie questo spalancò la bocca deforme, avventandosi con foga sul collo del malcapitato e pronto a dilaniarlo. Una saetta allora lo colpì in pieno volto trasfigurandolo più di quanto già non lo fosse e prima che questo potesse anche solo finire di accusare il dolore un destro lo colpì in pieno petto, rovesciandolo a terra. In un attimo l’elfo gli fu sopra poggiandogli le ginocchia sulle spalle e con un rapido scambio di colpi gli ridusse la testa a poltiglia. Il fu uomo smise presto di lamentarsi mentre Shervaar con disgusto cercava di pulirsi dalle mani le tracce di quell’omicidio.
<< Non sono più uomini. >> si ripeté, doveva uscire da quell’ottica.
Aiutò il compagno a rimettersi in piedi, rispose ai suoi ringraziamenti con un muto segno del capo e si rimise sui propri passi.

Dopo appena un minuto arrivò nel cuore dello scontro, quello che malvolentieri cercava, e lo spettacolo che trovò era forse peggiore di come se lo era immaginato. Dietro un fronte compatto di soldati si stendeva un massa brulicante di infetti, alle sue spalle invece i feriti si trascinavano lontani dalla battaglia.
Non poteva fare nulla per feriti ed agonizzanti, si ricordò con rammarico maledicendo il proprio potere di recare caos ma la propria impossibilità nel lenire il dolore altrui, non poteva far nulla se non liberare la furia dei propri elementi allentando la pressione sui propri alleati.
<< Chi è al comando qui? >> chiese rapidamente ad uno degli uomini che gli passò accanto. A questo gli ci volle un attimo per schiarirsi la mente e liberarsi dal terrore puro che lo attanagliava (come biasimarlo?), quando rispose indicando una delle figure nella calca. Riusciva a distinguerla chiaramente, forse l’unico profilo che non ricordasse un mercenario abbrutito dalle mille battaglie, e in un attimo gli arrivò alle spalle, ad un nulla dal fronte implacabile di infetti.

Lanciò un paio di saette eliminando due infetti che cariavano colei che cercava, da quella distanza era ormai impossibile avere dubbi sul fatto che fosse una donna, e in quel attimo di stop urlò a gran voce.
<< Mia signora, Mia signora! Posso darvi un mano qui, se la desiderate, fornendovi un buon diversivo per riorganizzare gli uomini e spianandovi la strada verso le mura. Ma dovrete fidarvi di me. >>
Era proprio quello il punto, avrebbero gli uomini tenuto le proprie posizioni mentre la furia degli elementi si abbatteva sui loro nemici? Poteva solo sperarlo.
Senza smettere di menare fendenti la donna, che riconobbe con gran sorpresa essere in parte elfa, rispose senza riuscire a mascherare le proprie preoccupazioni, la situazione era sempre più disperata, gli uomini sempre meno, mentre i loro nemici sembravano essere infiniti. L’elfo si unì per un secondo alla foga della prima linea, abbattendo in rapida sequenza un manciata di infetti che si avventava senza paura verso le file nemiche. Più li guardava, più ne abbatteva e più si convinceva che la morte dovesse essere per loro una liberazione.
<< Qualsiasi cosa! Ci serve tempo per chiudere i ranghi! >> gli disse prendendosi un attimo di pausa dopo essere stata sostituita da un altro uomo.
<< Preparate gli uomini, che non cedano alla paura! Non farò loro del male. Mi servono trenta secondi per cercare un punto rialzato, per allora dovrete essere pronti. >>
Lasciò il proprio posto ad un altro soldato e si ritirò in cerca di un postazione con una buona visuale. Si arrampicò con agilità su un colonna poco distante, allungando lo sguardo oltre i propri uomini verso la massa infinita di nemici.
Alzò allora le braccia verso il cielo mentre grossi nuvoloni iniziavano ad addensarsi sopra la città.
<< Non sono più uomini… >> si disse mentre un primo tuono preannunciava la tempesta.
<< Sarà per loro una liberazione… >> provò a ripetersi.
Sarebbe stato un massacro, e non riuscì a negarselo.

Uno, due, dieci, venti, cento fulmini caddero dal cielo, folgorando per una ventina di secondi senza pietà gli uomini ormai corrotti e lasciando al loro posto cumuli di carne carbonizzata e morte, una scena forse affascinante se si guardava il cielo, eppure terribile se si abbassava lo sguardo a terra.
Si appoggiò alle ginocchia ansimante mentre la tempesta continuava ad imperversare sulle linee nemiche e mentre sentiva intorno a lui gli uomini esultare per la danza mortale che i fulmini avevano appena compiuto. Era contenti, lo poteva capire, ma non poteva liberarsi dell’idea di aver appena messo fine ad un numero instimabile di vite. Liberazione o no le sentiva tutte gravargli sulla coscienza.
Scese rapidamente in strada, ancora fiacco per lo sforzo titanico appena compiuto, quando vide l’elfa di prima venirgli incontro. Un sorriso, un conforto più grandi di mille parole che veniva di chi forse capiva il suo dolore, un ringraziamento, e con i ranghi ormai riorganizzati ripartirono alla volta delle mura interne. Per tutto il tempo l’elfo si sforzò di non guardare in terra, non potendo però fuggire dal puzzo penetrante della carne bruciata, trascinato dalla carica che l’elfa al suo fianco sembrava in grado di infondere in chiunque marciasse al suo fianco.



Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS:

Danni fisici subiti: (1/16) Basso da salva di Frecce.

Danni mentali subiti: (/16)

Energia rimanente: 100 - 40 = 60%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata elementale.
[Personale]

Tecniche usate:
Dominio dei Cieli : Il druido, sollevando una mano verso il cielo, è in grado di cambiare le condizioni climatiche a proprio piacimento, potendo generare tempeste e temporali per un turno di gioco. Fulmini pioveranno dal cielo, qualora l’elfo lo desiderasse, e abbattendo sui nemici dello Sciamano questi causeranno danni variabili, mentre effetti scenici che non causano danno alcuno saranno ottenibili con un dispendio di energie Nullo.

[Abilità attiva, Controllo atmosferico e Dominio elementale del Fulmine a costo Variabile - Pergamena]




Note:
finalmente riuscito a postare... :8D: .
Fixati errori.


Edited by Shervaar - 1/3/2014, 00:40
 
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Ydins
view post Posted on 1/3/2014, 18:17




Winterreise Im Dorfe - Sbloccare l'argano.



Località: Lithien - Erydlyss.
Orario: ??:??
Stagione: Inverno.
Status progetto: Prima fase - Esplorazione.



Per la prima volta nella vita il nano dell'akerat si maledisse per non aver mai pensato di comprare uno scudo. Gli sembrava un oggetto davvero pesante, ingombrante e non compatibile con la sua statura. Quando però vide quella selva di frecce infuocate coprire il cielo, se ne fregò altamente della relazione fra la sua statura ed il diametro della protezione e ne desiderò ardentemente una. Il guanto che indossava sul braccio sinistro non poteva di certo parare tanti dardi, quindi aveva bisogno di una terza possibilità. Essa si manifestò tramite un vecchio camino spento (dedotto dall'assenza di fumi visibili) a cinque metri alla sua destra, ma c'era un piccolo inconveniente. Il camino si trovava su un altro tetto, quindi avrebbe dovuto saltare senza potersi prendere una rincorsa. Le gambe si mossero con prontezza, era una corsa contro il tempo, in quell'istante fatica, preoccupazione, pensieri superflui abbandonarono la mente dell'urbanista, doveva arrivare presso quell'ammasso di mattoni col buco prima di essere colpito. Non guardò neppure la minaccia arrivare, sarebbe stata una distrazione e non se la poteva permettere. Arrivato a destinazione si buttò “a terra” e poi rotolò fino ad avere la schiena completamente appoggiata (o meglio, schiacciata) su quei mattoni ordinatamente impilati. Giusto in tempo prima di vedere quelle frecce conficcarsi sui tetti, ma sfortunatamente una fu abbastanza forte da superare il suo riparo e procurargli una ferita, seppur di striscio alla testa da cui non tardò a sgorgare sangue.

Me la pagheranno, ah se me la pagheranno!



Giurò ad alta voce lo sciamano. Con un'estrema cautela si alzò fino a permettere ai suoi occhi di poter osservare il panorama. Guardò attentamente e dedusse che non ci sarebbero state altre ondate, almeno per il momento. Riprese ad avanzare e notò che non tutti i suoi compagni erano riusciti a salvarsi da quella pioggia di fuoco, alcuni avevano la schiena completamente ricoperta da dardi, altri invece erano stati abbastanza sfortunati da essere colpiti da una sola di quelle punte, ma in un punto vitale, incontrando una morte rapida.

Considerando che stava combattendo sui tetti, Ydins aveva una visione migliore d'insieme e vide che poco più avanti la strada terminava con dei cancelli, che erano stato chiusi in modo da evitare l'avanzata dell'armata. Questo era decisamente un problema, perché in quel posto i soldati erano allo scoperto e soggetti agli attacchi degli arcieri. Notò che alcuni stavano cercando di formare una barricata, in modo da fermare, o perlomeno rallentare, l'assalto degli infetti. L'urbanista sapeva che ogni cancello possedeva un dispositivo di sblocco, ne aveva progettati un paio durante la sua carriera, quindi ci dovevano essere delle catene che necessariamente erano collegate ad un argano, oppure un qualche meccanismo che permettesse l'innalzamento o l'abbassamento del pesante cancello.

A giudicare dalla composizione di quelle due torri, direi che ci sono due meccanismi da sbloccare per poter far alzare il cancello. Visto che sono più vicino mi occuperò della torre di sinistra, spero che qualcuno pensi a quella di destra.



Si guardò attorno e vide che c'erano abbastanza alleati da poter tentare l'impresa. Si fermò un istante per poter raccogliere il fiato necessario per gridare:

Hey voi! Dobbiamo liberare la strada per l'esercito altrimenti non ce la faranno a passare e saranno logorati fino a soccombere. Come vedete, in quella direzione ci sono due torri, da qualche parte li dentro ci devono essere dei meccanismi che devono essere attivati per poter alzare quel maledetto cancello. Penseremo alla torre di sinistra, in quanto più vicina. Avanti!



Il nano era consapevole di non essere un comandante, ne di avere particolari doti strategiche, ma conosceva bene le costruzioni e gli altri parvero comprendere questo elemento. Tutti volevano tornare a casa interi, quindi collaborare era il metodo più efficace per salvare la pellaccia. Rou iniziò a correre fino a quando non raggiunse la parete della torre ed iniziò effettivamente la scalata.

A causa dell'equipaggiamento la rampicata procedeva a rilento, dopotutto non era facile salire usando pochi appigli su una superficie non progettata per tale scopo, oltre alla presenza di equipaggiamento ed il fattore stanchezza per i combattimenti precedenti.

E quelli che cosa diavolo sono!?



Disse una voce, immediatamente il nano si voltò verso sinistra e vide uno stormo di... era difficile identificare che cosa fossero, sapeva solo che riuscivano a volare, si stavano rapidamente avvicinando alla loro posizione e non sembravano essere ben intenzionati. Combattere in quelle condizioni era semplicemente impossibile, era già difficile mantenere la stabilità in quelle condizioni, figuriamoci impugnare il coltello oppure l'ascia. Avrebbe dovuto cercare di salvarsi tenendosi saldo agli appigli di cui disponeva al momento e continuare fino a raggiungere quella vetrata a pochi metri sopra la sua testa. Non ci volle molto prima che l'ondata di nemici arrivasse ed iniziasse a tormentare i pochi coraggiosi che si erano dati a quella difficile scalata. Stringendo i denti e mandando maledizioni mentalmente con la stessa intensità di una mitragliatrice, lo sciamano arrivò fino alla maledettissima vetrata per scoprire che era stata rinforzata da delle sbarre di ferro, quei diavoletti alati stavano continuando a disturbarli procurando all'ex schiavo delle ferite sulla schiena. Altri non resistettero a quella tortura perdendo la presa e incontrando la propria fine attraverso una caduta rapida ed indolore. Era necessario sfondare quel ferro, quindi il nano si assunse il rischio di poter precipitare ed afferrò l'ascia.

Mali estremi richiedono estremi rimedi, accetterò il rischio.



Disse rivolgendo un fendente talmente veloce da sembrare praticamente invisibile. Le sbarre cedettero e come un lampo, l'urbanista si infilò nella torre, seguito velocemente da altri componenti ringraziando il cielo di non essere scivolato.

Quella stanza sembrava essere deserta, non si vedevano nemici in giro, il che era già strano, ma c'era un problema peggiore da affrontare. Probabilmente nessuno del gruppo conosceva l'edificio, quindi andarsene in giro provando porta per porta con il rischio di trovarsi un'orda di avversari da fronteggiare di certo non era la migliore delle strategie. Uno fra i combattenti ebbe un'idea davvero geniale. Si trasformò in un topolino, una presenza costante nei luoghi grandi e che raramente le persone vi facevano caso, esclusi elefanti e massaie.

Ci volle un po' prima che quella persona tornasse con l'informazione tanto desiderata. L'argano non era lontano, il gruppetto percorse pochi metri e dovette affrontare una deviazione, svoltando a sinistra, poi la terza porta rivolta ad ovest venne aperta e finalmente trovarono il meccanismo per liberare i loro compagni. Alcuni si misero ad azionarlo, ma sembrava duro e le cose andavano a rilento, inoltre c'era un altro problema da affrontare, ovvero il rumore infernale che produceva.

I nemici non tardarono ad arrivare, almeno una trentina ed il nano dovette proteggere i suoi compagni con l'ascia ed il coltello.

Uno cercò di colpirlo con un fendente parallelo a terra, parato con l'ascia. Il nano non ebbe pietà del mostro spadaccino, perché dopo aver sbattuto il pugno a terra, lo mosse nella sua direzione, travolgendolo e costringendolo alla parete. Appena Ydins si sbarazzò di una delle minacce, un'altra non perse tempo e lo sostituì immediatamente. Questo avversario sembrava essere più motivato dell'altro ed anche più capace. Non possedeva armi, ma quella coda rendeva le cose decisamente più difficili, perché era difficile prevedere la traiettoria del colpo. L'inesperienza in battaglia del nano gli costò una ferita sulla spalla. L'ingiuria subita venne immediatamente vendicata con un affondo del coltello, proprio all'altezza della gola, facendolo finalmente spirare.

Ma questi non finiscono mai?!



Si chiese l'urbanista in tono retorico, stavano attaccando una città di infetti, era ovvio che fossero in inferiorità numerica, ma non si aspettava di certo una disparità fra i numeri così grande.

Due infetti lo attaccarono questa volta, usarono degli artigli per poterlo ferire, ma le braccia del nano erano già pronte a ricevere tale offensiva, diventando immediatamente dure quanto la roccia riuscendo così ad evitare danni.

L'urbanista reagì usando l'ascia per ferire il primo alla gamba sinistra, per poi colpirlo con un affondo al cuore tramite il coltello. Il secondo invece venne sistemato da un fendente d'ascia sufficientemente forte da riuscire a decapitarlo.

Dopo aver visto la fine che avevano fatto i suoi colleghi, il quinto esitò leggermente, prima di convincersi ad attaccare, ma lo sciamano aveva già agito lanciandogli contro il coltello, giusto in mezzo agli occhi.

I quattro successivi vennero finiti insolitamente velocemente, dei colpi secchi allo sterno, l'ascia fece il suo lavoro ammazzandoli sul colpo. L'ultimo invece richiese un po' più di tempo e l'unica causa da imputare a tale sforzo era unicamente attribuibile alla stanchezza. I combattimenti precedenti lo avevano sfiancato, dopo la scalata aveva avuto veramente poco tempo per riprendersi ed infine affrontare dieci nemici in fila non era di certo la cosa più semplice del mondo.

L'essere senza controllo parve essere animato da una furia senza precedenti, portando l'ex schiavo sulla difensiva immediatamente. Il nano bloccò tre colpi facendo uso del guanto, nella speranza di recuperare un po' di energia, cosa che realmente avvenne. Vide in un pugno la possibilità di terminare con quel problema, infatti subì il colpo al viso, stringendo i denti per ignorare il dolore, poi dopo aver sbattuto il piede a terra completò l'opera facendo uso della sua tecnica personale, la “pinna di squalo” investì in pieno il bersaglio mettendolo fuori combattimento.

Sembrava che l'emergenza fosse terminata, nel frattempo si chiese come se la stavano passando i suoi alleati presso il cancello.

CITAZIONE
Energia residua: 45%
Fisico: Danno medio da ustione alla spalla. Danno medio da impatto al viso. Danno basso alla testa. Danno basso alla schiena. Seconda ferita alla spalla di entità bassa.
Psiche: Intatta.
Stato d'animo: Arrabbiato.
Frequenza cardiaca: 140 battiti al minuto.
Armi usate: Coltello, guanto ed ascia.
Azioni: 1) Durante la scalata Ydins viene attaccato da uno sciame di creature alate non ben identificate che gli procurano un danno basso alla schiena, poi l'ex schiavo spacca la vetrata con lama d'acqua (potenza bassa).
2) Un nemico effettua un fendente orizzontale, parato con l'ascia.
3) Il nano replica con braccio liberatore (potenza media).
4) Un secondo mostro attacca il nano, ferendolo alla spalla con la coda.
Ydins lo finisce con un affondo alla gola.
5) Altri due appaiono provando a ferire il nano, ma questi si difende facendo uso della pergamena braccia di pietra (potenza media).
6) Il terzo viene ucciso tramite un colpo alla gamba sinistra, riducendone l'agilità per poi finirlo tramite un affondo al cuore.
7) Il quarto invece viene sistemato tramite fendente d'ascia che lo decapita.
8) Il quinto viene colpito dal'abilità "lancio dell'ascia" (consumo basso) che lo uccide con un colpo alla testa.
9) Dal sesto al nono invece vengono finiti con un colpo secco di ascia allo sterno, uccidendoli sul colpo.
10) Ydins subisce un pugno dal decimo riportando danni da impatto al viso, ma contrattacca immediatamente con braccio liberatore (potenza media)

Abilità in uso:

Braccia di pietra :. La tecnica ha natura fisica. Può essere utilizzata come difesa contro attacchi di potenza Media o inferiore. Il caster può attuarla senza particolari tempi di concentrazione, irrobustendo le proprie braccia fino a renderle solide come la pietra. La tecnica può essere usata prevalentemente a scopo difensivo: in questo stato, infatti, le braccia possono essere utilizzate come scudi da opporre ad offensive di qualunque tipo. La potenza difensiva sarà comunque media nel complesso, potendo annullare attacchi di potenza media o inferiore, oppure ridurre l'offensività di tecniche di potenza superiore. Gli effetti sulle braccia potranno essere personalizzati in qualunque modo, benché se ne intenda la solida consistenza.

Consumo di energia: Medio.



Braccio liberatore :. La tecnica ha natura fisica. L'utilizzatore scaglia un pugno o un calcio a terra. Poi, muoverà l'arto che ha "danneggiato" il suolo in direzione del bersaglio da colpire. L'energia trasmessa dal colpo creerà un'effetto "pinna di squalo" che si dirigerà in direzione dell'obiettivo con lo scopo di infliggere danni variabili da impatto. Durante la sua esecuzione, dietro la pinna si alzerà un polverone dalla brevissima durata (gli istanti che separano l'inizio dalla fine della tecnica) che non riuscirà ad ostacolare la vista dei presenti. Molto utile a causa della sua potenza regolabile a seconda delle necessità..

Abilità personale - Consumo di energia:Variabile.




Lancio dell'ascia :. La tecnica ha natura fisica. Il caster diviene in grado di compiere scatti molto rapidi, al fine di difendersi da attacchi del proprio avversario. La tecnica, a scelta, permette di compiere o un singolo scatto, oppure due brevi scatti; in ogni caso, il potenziale difensivo della tecnica rimane, nel complesso, pari ad alto, ed ogni abuso di tale circostanza potrà essere punito come "antisportivo". La tecnica non è da considerarsi un power-up, bensì un effetto fisico a scopo difensivo. Può essere personalizzata con effetti particolari legati alle gambe del caster, o trasformazioni specifiche che giustifichino i salti o le capacità così come descritte, benché l'effetto non si discosti da questo. Non è un teletrasporto, ma uno spostamento molto rapido.

Abilità personale - Consumo di energia: Basso.



Lama d'acqua :. La tecnica ha natura fisica. Lo sciamano sferra un attacco fisico, muovendo la propria arma tanto rapidamente da farla sembrare quasi trasparente, opaca e priva di consistenza, come se fosse fatta totalmente di acqua. La conseguenza principale della tecnica, dunque, è quella di generare un effetto sorpresa ai danni del proprio avversario, che vedrà comparire l'arma soltanto all'ultimo istante. La tecnica si conforma principalmente a personaggi con armi ravvicinate, quindi guerrieri che combattono in corpo a corpo; è plausibile adattarla con armi da lancio, ma con cautele tali da non incorrere in antisportività, giacché le armi da lancio implicano, di per se, già un preesistente effetto sorpresa. La tecnica può essere personalizzata con effetti scenici particolari, o variando la tipologia di "liquido" utilizzato come riferimento all'effetto trasparenza dell'arma, benché non ci si discosti troppo da tale concetto. L'effetto dura il tempo di un singolo attacco fisico che, se non difeso, cagiona un danno Basso.

Consumo di energia: Basso.


Note: Chiedo scusa per il ritardo mostruoso.
 
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view post Posted on 16/3/2014, 21:33
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Abbiamo un problema a quanto pare. Cercò di guardare da dietro un trave e la situazione non era delle migliori.

Si sono chiusi! La situazione andrà per le lunghe e siamo un tiro facile cazzo! Andremo a morire come delle checche isteriche.

Lo credo anche io…dobbiamo cercare di aggirarli e permettere all’esercito di entrare. Ma a quanto pare sembra che non ci sia nessun varco.

Perché non scalare la torre? Potremmo arrivare alle loro spalle e alzare la grata. Non credo resisterebbero a lungo. L’idea del mercenario non era del tutto sballata anzi. Rogozin mise fuori la testa e osservò attentamente la torre e le forze alleate che, come un mare in tempesta, si infrangevano sulle porte e venivano respinti. Urla, odori acri di fumo e fuoco, il puzzo della morte e il sibilare delle frecce. No non sarebbero mai cadute con un attacco frontale, a meno che non avessero utilizzato qualche arcana arte: troppo spesse erano le mura così come la fredda determinazione degli assediati. Le loro frecce sibilarono nell’aria andando a mietere vittime su vittime, e cumuli di cadaveri si ammucchiavano gli uni sugli altri. Alcuni si trascinavano, altri urlavano ma era una pazzia tentare un attacco frontale.

La tua idea non è male. Facciamolo! Un piccolo gruppo. Scaliamo e tiriamo su le porte.

Molti si scambiarono occhiate nella penombra: il piano era un azzardo ma sempre meglio che restare lì a fare la fine dei polli su uno spiedo.


Andiamo allora! Ti seguiamo noi e un piccolo gruppo si alzò. Come hai detto mentre sono impegnati a respingere gli attacchi non credo che avranno gli occhi anche dietro la schiena. O almeno lo spero. E si misero l’uno dietro l’altro tentando la scalata alla torre.
Era un impresa o per meglio dire un azzardo vero e proprio perché non potevano essere certi di quello che vi era all’interno. E se vi fosse una guarnigione? Se le difese fossero state ancora più ostiche? Non poteva dire con sicurezza che era una buona idea ma era pur sempre una possibilità anche se, guardando in giù, qualche vertigine gli era venuta oltre la fatto che erano dei bersagli molto facili e la scalata non era semplice.
La pietra era liscia, appigli ve n’erano pochi per cui dovevano procedere cautamente se non volevano diventare una marmellata di budella e il sudore imperlava la fronte e rendeva le mani umide e la presa sulla corda poco sicura.
Dovette fermarsi più volte per riprendere fiato e trovare un appiglio sicuro per le gambe così come riprendere fiato mentre le urla e i rumori della guerra sembravano ovattare tutto il mondo. Sentiva le vibrazioni risalire la torre, i rumore degli zoccoli, così come delle grida, oltre al sibilare delle frecce ma almeno tutti gli occhi erano puntati sull’esercito che tentava di infrangere le porte e questo fu un bene. Respirò profondamente la Rosa e ricominciò la scalata fino ad una vetrata.
Infranta ma ancora aveva sbarre a bloccare l’accesso: Rogozin diede l’alt alzando una mano, tutti si fermarono, il cuore in gola e occhi che divennero fessure mentre la Rosa si sporse per vedere all’interno: una stanza circolare dal soffitto a volta, disadorna. Al centro vi era un argano( forse quello che azionava il cancello) la cui catena finiva in un buco nella parete. Appoggiato all'argano vi era un umanoide piuttosto esile, protetto da corazza in cuoio e mantello entrambi neri, come il resto dei vestiti. Non sembrava portare addosso altra arma se non un corto coltello che pendeva dalla cintura. Rogozin si mise due dita ad indicare gli occhi, per poi indicare la grata e fare il numero uno. Gli altri recepirono subito il messaggio: una sola sentinella all’interno.
La problematica era che la grata era solida e le sbarre di ferro infisse in profondità nella malta, nel calcestruzzo e nelle pietre. Non potevano sperare di incrinarle troppo spesse e ci sarebbe voluto troppo tempo, in più dovevano fare presto: quella posizione era scomoda e loro bersagli troppo semplici.
Per cui che fare? Solo la velocità e la sorpresa potevano essere armi attendibili. Si guardò con gli altri: rapidi gesti delle mani ad indicare di far saltare la grata, entrare dentro veloci e repentini. Non a caso gli altri furono d’accordo e scure ombre si delinearono sui loro volti duri e scavati: le irti barbe erano come fili di ferro e le lame scintillarono. Corti pugnali tra denti marci, mani callose si issarono mentre Rogozin chiamò a sé i poteri dell’acqua per far saltare la grata ed entrare.
Il rumore avrebbe attirato l’attenzione del guardiano ma forse la loro velocità avrebbe fatto il resto.
Le sbarre cedettero e la frusta, sinuosa e letale, saettò nell’aria. Il guardiano nella stanza si voltò per il frastuono della grata che cedette, pronto a fronteggiare gli intrusi. Il cappuccio nero scivolò all'indietro rivelando capelli lunghi e candidi, una pelle liscia dal colore della cenere, orecchie a punta e occhi scuri, che si illuminarono di un rosso profondo quando la luce del sole del mattino li toccò, filtrando dalla finestra.
- Intrusi! – esclamò, e bloccò il colpo di frusta con un braccio. Impugnato un capo dell'arma, la strattonò via da Rogozin, mentre tese l'altra mano verso chi stava entrando ed emanò un'onda d'urto visibile per la distorsione dell'aria. Se fosse stato colpito avrebbe fatto la conoscenza con la pavimentazione stradale e gli occhi si illuminarono di un fuoco azzurro e furono brillanti come stelle mentre la terra, le pietre di quella fortezza erano al suo comando e si frapposero, a mò di scudo, tra lui e quell’onda d’urto.
Doveva fare in fretta: con uno scatto balzò a terra, l’acqua e le sue molteplici forme venire a formarsi nella sua mano. Voleva colpire alla gamba – al ginocchio – ma la lama del nemico si frappose tra la scia azzurrognola e il ginocchio, che lasciò una scia purpurea nell’aria. Ma Rogozin ingaggiò subito battaglia e le sue lame si mossero letali andando a colpire i punti scoperti della sua difesa: la sua offensiva fu veloce e benché parò il primo fendente il secondo saettò ferale e morse la gamba. Sangue ne zampillò, nero come la notte, gocciolando sul pavimento e rendendo l’acciaio delle armi della Rosa ancora più ferale e malefico. L’urlo che seguì fu raccapricciante ma non capì se era di dolore o cos’altro mentre il sangue ruscellava senza fine da quel corpo e una pozza nera si allargò sotto quell’elfo oscuro a mano a mano. Sembrava senza fine, la ferita era aperta e ne sgorgava il sangue a fiotti, zampillando senza sosta. L’elfo si accasciò al suolo completamente svuotato della sua essenza vitale, come se ne fosse prosciugato ma la Rosa ebbe un movimento all’indietro come se ne avesse paura di quell’immagine e un brivido freddo percorse la sua schiena come una carezza glaciale con dita scheletriche. Non era possibile avere così tanto sangue ma soprattutto non era una ferita così profonda e mentre anche l’ultimo dei suoi uomini metteva piede in quella stanza la pozza ribollì.
L’istinto lo aveva avvertito ma gli occhi gli regalarono una scena da incubo: dalla nera pozza di sangue qualcosa prese vita. Ribollendo dalle viscere dell’inferno quella pozza diede vita ad una specie di enorme lombrico di sangue spesso come il torso di un uomo e lungo come due uomini uno sulle spalle dell'altro.
Era viscido e putreforme e il puzzo del sangue aleggiava intorno a lui e come ogni parto annunciò la sua venuta a questa mondo con uno stridio talmente acuto e penetrante che la Rosa si accasciò al suolo. Mani tremanti, occhi sbarrati e la mente confusa: in quale incubo quell’abominio poteva trovare posto?
Cercò di rimettersi in piedi mentre le grida degli uomini che venivano stritolati, le viscere che gli uscivano dalla bocca, la testa che esplodeva, gli occhi sbarrati e quel rumore sordo e agghiacciante di ossa rotte sovrastava ogni cosa. Non sapeva cosa fare e si allontanava sempre più da lui ed era sordo e cieco a qualsiasi cosa: ma dove poteva andare? Sentì la parte fredda, umida e dura che gli bloccò il cammino e girò la testa e vide il vuoto sotto di lui e davanti a lui vide il mostro.
Dove andava moriva e i suoi occhi erano fissi su di lui mentre il sudore scendeva dalla sua fronte e il cuore sembrava uscirgli fuori dal petto. Cosa poteva fare? Vide i due uomini morti, spappolati con una tale forza, che erano atteggiati in pose mostruose e sembrava che non avessero più ossa tanto il loro corpo pareva gommoso eppure doveva fare qualcosa; ma la paura era troppo forte e più si avvicinava più lui voleva fuggire…fuggire… fuggire.
La morte era una fuga così come quella finestra e si mosse come un sonnambulo e cadde…cadde sempre più veloce. Ma non era quella la sua ora, così come non sarebbe fuggito – suicidato come un vigliacco – di fronte a tale orrore. Anche nel paura lui avrebbe combattuto e le sua ali si aprirono.
Magnifiche ali, bianche, enormi, immense che risplendevano come oro liquido mentre l’aria ronzava tra le piume biance perlacee e un suono, come un ronzio, proveniva da loro. Ritornò a combattere; ritornò anche e nonostante la paura nella battaglia e il guardiano gridò.
La sua coda tagliata, le spire che si raccolsero e l’orrore che in quei pochi secondi lui avesse fatto una strage e mosaici di sangue e viscere erano sulle pareti di roccia.
Un assurdo dipinto di morte.
Si contorse, stridendo, mentre fluido verdastro sgorgava dall'estremità amputata e nel fastidioso sibilo che produceva, gli sembrò di sentire le parole.

"Non potete fare comunque niente sconfiggendo me. La via è bloccata..."






Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico: Basso da taglio al fianco destro; basso da contusione al petto; Alto da squarcio sul petto. Basso(causate da frecce). Status Psichico: Basso; MedioConsumi energetici in questo turno:10%; 10%; 10%; 5%
Riserva energetica residua: 25%

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Abilità Passive:
Presenza angelica:
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sè in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sà bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Pergamena Ultima Dominio della Terra per formare una piccola barriera di terra - Consumo Medio .


Proiettile acquatico: Lo sciamano genera una piccola sfera d'acqua che, come un vero e proprio proiettile, spara verso l'avversario.
La tecnica ha natura magica. Il caster, non necessitando di particolari tempi di concentrazione, crea dal nulla un quantitativo d'acqua sul proprio palmo della mano o in prossimità di un dito proteso e la scaglia in direzione del bersaglio scelto. Questo oggetto avrà le stesse caratteristiche (velocità, consistenza) di un proiettile sparato da una normale pistola, ma causerà danni e dolori proporzionati al consumo energetico speso pur non lasciando segni all'esterno del corpo colpito. Potranno essere scagliati fino a un massimo di quattro proiettili con un singolo utilizzo di questa tecnica, e in quel caso il loro potenziale sarà suddiviso equamente tra le varie pallottole acquatiche (la potenza di due proiettili sarà di metà di un Medio ciascuno, di tre equivarrà a un terzo di Medio e per quattro sarà di un quarto). La tecnica è personalizzabile con qualsiasi tipo di liquido non abbia caratteristiche differenti dall'acqua. Ha potenza e consumo complessivi Medi.
Consumo di energia: Medio(usata due volte)

Ali spirituali: il campione genera sulla propria schiena un paio di splendide ali che lo ingraziano del dono del volo.
La tecnica ha natura magica. Adoperata per fini strategici, il campione genera sul dorso due ali eteree, materialmente intangibili, che gli concedono la capacità del volo per due turni di gioco compreso quello di attivazione. La velocità in cielo sarà la medesima che il caster ha sul terreno, non pregiudicando in alcun modo la normale regolamentazione sulle Capacità Straordinarie. È possibile personalizzare la manifestazione con la quale questo potere ha luogo; sarà infatti possibile cambiare l’aspetto delle ali nonché il movimento che potranno eseguire nel volo, adattandosi perfettamente sulla figura del personaggio.
Consumo di energia: Basso

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Riassunto e Note:
Scusate il ritardo mostruoso.

 
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view post Posted on 18/3/2014, 16:34
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imdorfe1
Un bacio soave.
Sfiorò le labbra pallide contro il marmo del pavimento, quasi richiamasse a se un affetto incondizionato e desiderato, così pietoso da farla implorare. Voleva un abbraccio, un ricordo di dolcezza o qualunque cosa che si intarsiasse nel suo ventre come un caldo avvallo di candore.
Finanche una parola, non strozzata - né urlata, sarebbe bastata a riempirle di vita i sensi; a scindere quel terrore sommesso in una più tollerabile accondiscendenza, verso quelle grida lontane che non rappresentavano altro che i propri lamenti scemati in direzione di un'orizzonte lontano dal suo corpo.
Si rifrangeva in essi, come in uno specchio in cui si mira la propria immagine; la Strega sentiva quei raccapriccianti intonazioni dell'abisso come le sue paure che prendevano forma, ed intonavano un canto amorfo ed inumano ad un dio che non riconoscevano più come proprio; o come tale.
Eppure, sapeva bene cosa era accaduto; cosa accadeva e cosa la aspettava. Ogni giorno ed ogni notte aveva visto quelle creature, quelle persone, cibarsi di se stesse e dei propri cari; ruggire in un afflato di mestizia e spaventarsi delle proprie braccia che smettevano di essere braccia; dei propri denti che divenivano zanne; dei propri occhi che divenivano neri.

Malattia, l'aveva chiamata.
Il livore di un passato infecondo, che aveva abortito ogni speranza e generato mostri ed aberrazioni per colpa di chi non aveva saputo badare ai propri istinti.
Il popolo di Lithien pagava lo scotto di quel piano sconsiderato; di un complotto politico sfuggito di mano e di una folle ricerca del potere che aveva spinto l'antica classe dirigente a richiamare l'amenità degli Obliati. Un antico richiamo racchiuso in una dimensione lontana, tornata alla vita col sacrificio di corpi ed animi innocenti.
Ed ora, che ne sarebbe stato di loro? Aveva smesso di chiederselo già da tempo, lei. Perché fredda ed impassibile aveva ignorato quei lamenti ed intonato la ridondante verità che faceva comodo a se stessa: erano bestie; non erano uomini. Ma i lamenti di infinite madri costrette a strozzare le proprie figlie malate; i rancori di infiniti padri costretti a mangiare dal costato delle proprie mogli; il rimorso di infiniti uomini costretti ad uccidere i propri simili, l'aveva dischiusa da quella crisalide di apatia.
L'aveva fatta piangere, divorata da una pietà che l'aveva scossa fino a fecondarle in corpo ogni singolo lamento, covandolo come fosse un suo figlio, un suo marito od un suo padre ad essere morto.
O divorato; o ucciso.
Ed ora baciava il pavimento freddo del Tempio della Speranza. Chiamato Pantheon; chiamato - un tempo - culla dei Saggi.
Ora e come da molto tempo ormai, nient'altro che un edificio vuoto, riempito soltanto di lei.

Lei, la Stega venuta da lontano.
Lasciata a custodia di una città che non era nemmeno sua.
E che implorava pietà per un dolore che non sopportava più: per dei fantasmi dell'animo che avevano ormai sconfitto, ed assopito, le sue immaginifiche illusioni velate.
Era vuota e scevra da qualunque arroganza. In un certo senso, quell'assalto iniziava a divenire quasi una consolazione.

« Sei pallida, regina » disse una voce gutturale, dietro di lei.
« Più pallida del solito, almeno »
La donna rialzò il volto, per specchiarsi nella fredda pietra della parete. Vide i suoi capelli scuri agitarsi ramificati sulle sue spalle.
Al tempo stesso, vide un uomo robusto, alto più di due metri, sopraggiungere alle sue spalle, con lunghi capelli rossi legati in un'unica treccia che gli scendeva giù fino al bacino.
Poi, aveva un occhio cavo; strappato. E due mani solide che stringevano un'ascia bipenne.
« Vai in battaglia, mio guardiano? » disse lei, abbozzando un sorriso finto.
« L'esercito è al cancello; non ci metteranno molto a sfondarlo » disse lui, con tono compassato « in verità, non ci metteranno molto anche a venire qui. »
Fu come un lampo. Un fascio di luce che filtrò dalla finestra, illuminandole le spalle nude; speranza e destino, un cavaliere armato di coraggio che scalava la torre per salvarla.
« Kreisler » disse lei, trattenendo una lacrima « ...è arrivato? »
L'uomo annuì con decisione, agitando l'ascia nelle sue mani. « Guida le truppe; dell'altro, invece, non c'è traccia »
aggiunse, quasi con soddisfazione « ma non sarà lontano, sicuramente »

Lei si girò. Un nuovo giorno, forse, albeggiava in quell'oscuro tempio.
E nei suoi occhi si dipingeva una speranza che sembrava sopita da tempo.

Kogron Nuborok - detto "Gron" - ovvero l'ultimo suo baluardo contro l'amenità del mondo esterno, la colse.
Eppure non perse un secondo a sviscerarla dal suo ventre. « Non è qui per salvarti - dama; probabilmente ignora finanche che tu sia qui »
La donna pianse alcune lacrime, arrendendosi ad una verità che non poteva non condividere. Poi si avvicinò a lui, afferrandogli il petto con le unghie.
« Perché dovrei combatterlo, Gron - dimmi perché? » urlò, disperata « questa non è la mia città; non è il mio Regno - e lui non è il mio Re! »
Lui le aveva ordinato di rimanere. Lui le aveva ordinato di difendere la città da Lucian Alastor: a qualunque costo. Ma, nonostante questo, non riusciva a farsene una ragione.
Anzi, anni di inumane sofferenze e dolore strozzato sotto le mura del suo nascondiglio, avevano quasi mandato al macero la poca ragione che ancora custodiva.
« Sei tu che me l'hai ripetuto, in tutto questo tempo » disse l'uomo, impassibile « è la tua missione seguire i suoi ordini; è il tuo compito difendere queste mura »
aggiunse, impassibile « benché non siano quelle bianche del maniero che eri abituata a vegliare »

Si abbassò in direzione del suo viso. Poi, appoggiò l'ascia al pavimento e rimase ad un pelo dalle sue labbra.
Fissandola negli occhi, senza distogliere lo sguardo. « E poi mi hai detto tu di ricordartelo, quando lo sconforto ti avrebbe sopraffatto »
Servire il Signore della Guerra di Lithien; tenere il comando della situazione nella regione.
Erano questi gli ordini; li ricordava bene. Non cedere alla paura; difendere Lithien da Lucian Alastor.
E ricordava altrettanto bene i suoi compiti.

« Hai ragione, lord Nuborok » disse poi, dandogli le spalle.
Tenne il volto nelle mani, per nascondere la sua sofferenza. « Vai ora; ferma l'avanzata di Kreisler »
Concluse, rimanendo silente. Nuborok chinò il capo in segno di saluto e lasciò il Tempio, senza aggiungere altro.
« Perdonami, mio Cavaliere » sussurrò la Strega Bianca, parlando piano « perdonami. »

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La via era chiusa.
Le torri si stagliavano ai lati dell'enorme cancello che divideva le due zone della città, frapponendo tra la zona alta e quella bassa un ammasso unico di ferro solido.
La cavalleria lanciò l'ennesima carica e dal fondo dell'esercito si levarono urla indomite di coraggio. I destrieri dei reparti corazzati sfrecciarono tra gli infetti che assediavano il cancello, venendo sbalzati ai lati della grossa scalinata che precedeva l'ingresso al pesante portone. Sui due lati della torre si levarono i nitriti sferzanti dei purosangue del Nord, mentre le scale si riempivano di sangue, morte e lamenti.
La via aperta da Rogozin consentì a gran parte dei destrieri di filare senza ostacoli fino al torrione di sinistra. I soldati, giunti in aiuto del guerriero, smontarono rapidamente da cavallo e smossero il pesante argano di legno che comandava una delle ante del grosso portone di metallo.
Il portone si smosse con un sinistro cigolio e l'anta sfregò lungo i binari impressi nella pietra scura con cui era costellato il pavimento della città alta.
Nel portone si aprì una leggera breccia, una piccola feritoia se paragonata alla gigantesca maestosità di tutto il cancello.
Sufficiente a far passare pochi uomini; insufficiente per far passare tutto l'esercito.

« Avanti uomini; avanziamo! »
Kreisler suonò la carica. La massa di cavalieri, fanti e guerrieri che aveva difeso strenuamente il cancello, ora aveva una via di uscita alle loro spalle.
La feritoia consentiva a loro di sgusciare oltre il cancello, ma non era sufficiente per far passare tutto l'esercito. « Muovete questo cancello: deve passare l'esercito! »
urlò il Cavaliere del nulla, mentre filtrava tra la massa di carne e sangue che aveva accumulato sulle pareti della città alta. Si smosse, dunque, con un lascito di coraggio che ancora conservava, fino a sopraggiungere al di là del cancello.

Qui, circondato dai pochi fedeli che erano riusciti a fargli da seguito, non poté che constatare quanto il Pantheon fosse ancora ben lontano dall'essere conquistato.
Dinanzi a se, infatti, si ergeva l'uomo robusto con la treccia rossa; grossi baffi che contornavano una mascella prominente ed occhi scuri, pregni di coraggio.
Reggeva senza problemi una pesante ascia bipenne e la sferzava nell'aria dall'alto dei suoi due metri. Mentre l'ascia si smuoveva nel vento, produceva un sibilo acuto, facilmente distinguibile.
« Sarà la mia ascia a reggere il confronto col vostro ardimento » disse l'uomo, sorridendo « superare me non sarà facile come lo è stato superare quel cancello, sappiatelo. »
L'uomo smosse l'ascia più volte ed il sibilo divenne tanto acuto, da sembrare quasi fastidioso. Ciò che venne dopo, fu ancor meno comprensibile agli occhi stanchi dei guerrieri: uomini - o meglio, umanoidi divenute bestie - costellavano il cielo di Lithien. Erano nudi, spogli della propria dignità, ma dotati di ali al posto delle braccia e gambe artigliate. In viso, invece, avevano occhi simili a rettili e e bocche larghe dal quale emettevano uno stridio insopportabile.

« Li ho chiamati orrori volanti » disse Kogron Nuborok « e saranno l'ultimo canto che udirete »
gli orrori si mossero a centinaia intorno al guerriero, formando un muro di creature volanti simili ad arpie. Mentre si smuovevano rapidamente nell'aria, emettevano un sonoro stridio: una massa invisibile di suoni inumani che avrebbe dilaniato le orecchie di chiunque avesse udito.
« Vi prego, createmi un varco » urlò Kreisler, cercando di superare l'assordante rumore « dobbiamo fermare quell'uomo! »
concluse, tenendo salda l'arma in pugno.



littlecoqmpointwinterreCome spiegato in confronto, riprendo io da qui.
La quest assume una rilevanza vitale nei prossimi 2-3 giri, quindi pregherei i partecipanti di prestare massima attenzione.
La prima parte del post è puramente descrittiva di una situazione che assumerà rilevanza solo in seguito; chiunque abbia il piacere di leggerla, però, potrebbe trovare elementi utili ad individuare chi sia il personaggio di cui trattasi. Di indizi ce ne sono molti; se volete un ulteriore aiuto, sappiate che la sua storia è da ricercare nel passato del Regno.
Comunque, la situazione della battaglia è questa: grazie al coraggio di Wrigel, la cavalleria sfonda le difese della torre sinistra ed apre un varco, smuovendo l'argano che teneva chiusa una delle due ante del cancello. Questo fa in modo che solo un leggero spazio tra le due ante si apra; lo spazio consente di far passare singoli uomini (quindi chiunque di voi), ma non l'intero esercito, che invece è necessario passi. Inoltre, chi si trovi dall'altra parte dovrà affrontare gli "orrori volanti" del Generale Kogron "Gron" Nuborok (l'uomo con l'ascia). Il generale comanda gli orrori col movimento dell'ascia; sappiate che gli orrori sono centinaia, non potrete mai ucciderli tutti (siete liberi di ucciderli autoconclusivamente, sono molto deboli singolarmente, ma sono tantissimi). L'unico modo per superarli è attaccare Gron e fargli "usare" l'ascia per difendersi. Il vostro compito sarà, quindi, anche quello di aprire un varco per Kreisler, facendo in modo che lui raggiunga Gron. Aprire un varco significa danneggiare gli orrori, in qualunque modo. Quindi, i vostri compiti in questo post saranno molteplici, così come i ruoli che potete scegliere.


Aprire il cancello. Il cancello è stato smosso, quindi per aprirlo maggiormente basta "lanciare roba" contro la feritoia; qualunque cosa sarà sufficiente, anche colpirlo a capocciate. Nel momento in cui il cancello incassi un totale di danni pari ad un Critico, si aprirà abbastanza da far passare l'esercito. Il critico è puramente indicativo, non prendetelo alla lettera: è come dire un tanto di danno.
Aprire il varco tra gli orrori. Chi fronteggerà gli orrori dovrà prima difendersi dal loro lamento. Il lamento è un attacco sonoro di natura magica: quindi anche scudi sono sufficienti a pararlo. Chiunque affronti gli orrori dovrà difendersi da un attacco di potenza media: ove uno di voi possa/sappia usare una difesa alta ad area, potrà verosimilmente difendere l'intera prima linea (quindi, organizzatevi tra voi nel caso). Per aprire un varco non sarà diverso dal cancello: lanciate incantesimi/attacchi/cose che smuovano la massa di orrori che ora vi si staglia incontro come un muro di "arpie" che svolazzano ovunque. Anche qui diciamo che un danno pari a Critico, più o meno, sarà sufficiente a far passare Kreisler.
Attaccare Gron. Ove riusciate a raggiunge un danno pari a Critico agli orrori, avrete spazio per lanciare offensive anche direttamente a Gron, cui darò peso nel post successivo. Premierò, in tal caso, l'organizzazione, valutando positivamente non solo chi attacchi Gron, ma anche chi consenta agli altri di attaccarlo (aprendo il varco).
Gli infetti. Chi si è già dichiarato infetto nei post precedente, ha un ulteriore spunto interpretativo; il sibilo dell'ascia di Gron sarà udibile a grande distanza e entrerà nelle vostre menti, andando in risonanza col morbo di cui siete infetti. Nella vostra mente, quindi, vedrete una figura cara (qualcuno cui eravate legati sentimentalmente/affettivamente/o chiunque riteniate idoneo) che vi spingerà ad attaccare i vostri simili, per liberare la città dall'isolamento cui è stata costretta. Insomma, il richiamo dell'ascia agirà su di voi come un attacco psionico che vi colpirà autoconclusivamente, senza farvi danno, ma infliggendovi questa illusione. Prendetelo come spunto; potete comunque dire che lottate contro di esso ed alternate momenti di follia o momenti di lucidità, come preferite.
Cure. Ulteriore opzione aggiuntiva: chiunque di voi può dire di trovare in giro (o di possedere già) un oggetto che vi consenta di curare, a scelta, un danno medio al corpo, medio alla mente o recuperare un 10% di energia. Questo bonus è conferito a tutti quelli che abbiano già postato almeno una volta nella quest; non siete nemmeno obbligati ad usarlo voi, ma potete cederlo a qualcuno di fianco a voi (con un pò di buon senso, siete sempre nel mezzo di una battaglia).

Come sempre, chiunque voglia aggiungersi può farlo in ogni momento: basterà seguire le indicazioni, o ruolare liberamente in sintonia col contesto della quest.
Sappiate che il migliore fino a questo punto verrà scelto per interpretare un ruolo particolare nel prosieguo della scena, che comunque durerà non più di altri 2 - 3 giri di post.
Io posterò tra 5-6 giorni circa. Per qualunque dubbio o domanda, chiedete pure in confronto.


Edited by janz - 19/3/2014, 18:57
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 21/3/2014, 16:43





Winterreise ~ Im Dorfe


Il cigolio pesante e sinistro del cancello attirò lo sguardo di tutti, o quasi. Quell'enorme ammasso di metallo denso ed impenetrabile stava lentamente schiudendo il cuore di Lithien alla nostra armata, eravamo ad un passo dal riuscire a riversare le nostre truppe direttamente laddove il nemico era più vulnerabile.
Tuttavia i sogni di una carica in grande stile furono spezzati quando il cancello si fermò, probabilmente bloccato a causa del tempo e dell'impossibilità degli uomini sulle torri di lavorare al meglio, rivelando solamente un piccolo spiraglio in grado di fare passare poco più di una manciata di uomini.
Il mio primo istinto fu quello di gettarmi a capofitto oltre quella barriera immobile e fronteggiare qualsiasi amenità vi fosse oltre, ma mi trattenni. Seguire il mio cuore in quel momento sarebbe potuto costare la vita ad un numero incalcolabile di persone che, spinte dall'aura della mia spada, mi avrebbero seguito ciecamente. No, dovevo restare e fare in modo che il cancello si muovesse abbastanza da permettere alla fanteria di sciamare il cuore di Lithien.

In quell'istante, proprio a due passi dall'enorme cancello, guardai in alto, notando come i nostri alleati stessero dando battaglia instancabilmente anche lassù, nelle torri e sopra ogni tetto di quella cittadella oramai ridotta all'ombra di se stessa. Il mio cuore, sebbene stanco e provato dalla battaglia al pari del mio fisico, parve ritrovare nuovo coraggio a quella visione d'unità che raramente, in molto tempo passato tra gli uomini, avevo visto.
Che ci fosse voluta una guerra contro un male superiore per giungere a quel genere di coesione, in parte, mi intristiva, eppure la gloria e la speranza di strappare dalle grinfie della morte quella città sarebbe stata, da sola, a sostenermi in piedi contro tutte le avversità.
Al mio fianco tutti gli uomini e le donne che avevano cavalcato con me, persino quel burbero nano ed i due mercenari del Goryo. Chiunque, vedendoci in separata sede, mai avrebbe detto che i nostri destini avrebbero trovato un crocevia a quel modo... eppure così era.

Al, che sebbene avessi conosciuto da meno di due giorni supponevo essere un uomo impulsivo, scappò oltre le porte per dar battaglia, mentre io rimasi all'esterno cercando di fermare il grosso dell'esercito dall'imbottigliarsi in una trappola mortale: agitando furiosamente lo stendardo gridai più forte che i miei polmoni potevano permettermi.
« Attaccate il cancello! Attaccate il cancello! Non intrappolatevi nella breccia! »
Temevo che, presi dall'adrenalina della battaglia, molti si sarebbero semplicemente fiondati attraverso quello stretto pertugio trovandosi sparpagliati e senza una vera e propria formazione difensiva a proteggerli. Tutti i miei studi di tattica ed i miei addestramenti trovavano finalmente, tra le fredde e sanguinose strade di Lithien, la più alta applicazione pratica che potessi mai desiderare.

Mi avvicinai alla porta abbastanza da sbirciare oltre e subito rabbrividii, quasi all'istante, nel vedere con la coda dell'occhio quei mostri rivoltati che volavano come in stormi decisi a ghermire chiunque gli capitasse a tiro. Cercai di fare in modo che quei pochi disposti ad ascoltare i miei comandi rimanessero in formazione, con gli scudi alzati, mentre io, poggiando una mano sulla pietra dura e lorda del pavimento, richiamavo quella vita inestinguibile che continuava a pulsare anche in mezzo a quell'orrore. Dei rampicanti creati dalla medesima roccia, dura e scura, delle montagne dell'Eden sbucarono da sotto le rotaie del cancello, cercando in ogni modo di sollevarlo e diminuire l'attrito quel tanto necessario a rendere più facile spalancarlo. A quel punto levai lo stendardo in alto, canalizzando l'energia del timido sole montano sulla punta dell'asta: nel giro di pochi istanti iniziò a diventare sempre più luminosa, sin quasi ad abbagliare.
« Cerchiamo di colpirla tutti assieme! »
Mi voltai solo un istante, per assicurarmi che quei pochi che ancora mi seguivano avessero capito. Cercare di sfondare il portone uno alla volta non sarebbe servito praticamente a niente ma, forse, se avessimo colpito tutti assieme l'urto derivato avrebbe semplicemente spalancato il cancello, con le mie radici che cercavano di minarne la stabilità.
« Adesso! »
Con un gesto secco impattai la base della lancia sul terreno, liberando l'energia accumulata sotto forma di una possente onda d'urto semitrasparente e dorata, che investì ad ampio spettro qualunque cosa attorno a me. Speravo che quella, unitamente agli sforzi complessivi di tutti, avrebbe fatto la differenza. Forse non ero un generale, e nemmeno la migliore in quell'assedio, ma il mio unico pensiero era quello di proteggere gli uomini che la mia figura stava ispirando in quei momenti e null'altro. Conquistare Lithien ad un prezzo in vite troppo alto sarebbe stato come non conquistarla affatto. Forse sbagliavo a pensare in quel modo, non era un atteggiamento da leader e nemmeno da persona con un futuro radioso davanti, eppure non mi interessava: tra tanti egoistici desideri di gloria, tra tanta ricerca del potere personale, volevo restare al fianco di chi aveva lottato con me, sino alla fine.
Mi sporsi dal cancello giusto in tempo per vedere Al, malridotto e visibilmente al limite della sopportazione, fronteggiare una miriade di quelle schifose creature volanti. Scattai, veloce come non mai nonostante la corazza, afferrandolo quasi di peso e trascinandolo nuovamente oltre la breccia, al sicuro da quegli orrori. Era provato, debilitato sia fisicamente che psicologicamente, riuscivo a leggergli il dolore nel volto nonostante fosse un uomo d'aspetto vissuto.
« Non aiuterai nessuno da morto, amico mio... » lo scaricai a lato della scalinata, inginocchiandomi accanto a lui per impedire all'armata di calpestarlo. Mi strappai, non senza sentire un discreto male, un seme non ancora del tutto germogliato dai capelli, poggiandoglielo sopra al petto. Avrei voluto fare di più, ma il mio corpo non riusciva a produrre molti boccioli in quell'ambiente ostile, e quel poco avrebbe dovuto essere sufficiente. Dei piccoli rampicanti verdi e traslucidi presero a rimarginare, lentamente, alcune delle ferite di quello strampalato cavallerizzo.
Gli presi la testa tra le mani guardandolo dritto negli occhi e, prima di parlare, attesi d'avere la certezza che la sua attenzione fosse concentrata sulle mie parole.
« Rimanimi dietro! Hai capito? Tieniti sulla difensiva! »

Due orrori alati sbucarono dalla breccia, starnazzando come volatili strozzati. Immediatamente tentarono di artigliare un paio di mercenari ma, prima che potessero fare qualsiasi cosa, tarpai loro le ali usando la lancia. Caddero a terra dimenandosi come ossessi ed in pochi secondi i soldati gli spezzarono l'osso del collo, ponendo fine alle loro sofferenze.
I rumori della battaglia si intensificavano in maniera crescente, quasi stessero accompagnando tutti noi verso un climax che avrebbe trovato il suo apice una volta divelte le porte della cittadella. L'adrenalina copriva ogni sintomo di stanchezza, il dovere di proteggere le persone che mi stava attorno offuscava la mia capacità di autoconservazione, ed il mio sguardo rimaneva fisso sul Generale che, dall'alto, guidava l'assalto finale.

Oh Lithien, non ho mai conosciuto il tuo tempi di gloria,
eppure adesso verso il mio sangue e la mia vita per te,
nella speranza che la scintilla eterna della vita,
possa di nuovo trovar nel nord trionfo.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Medio (Spalla) + Basso (Addome) + Medio (Avambraccio, da contusione)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 50% - 10% (Medio) - 10% (medio) = 30%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Rotto.]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Mano Destra]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Mano Sinistra]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.

Attive in uso:
» Prima Forma: la Legge (ancora attiva dal turno precedente)
Il primo desiderio di Raymond Lancaster nei confronti di Fanie è che lei cresca in modo da divenire la futura figura di ispirazione per l'intera Schiera del Drago Nero. Una guida per gli inesperti, un'autorità per gli indecisi e una speranza per i disillusi: un simbolo in grado di incarnare tutte le virtù che era sua intenzione trasmettere all'intera compagnia. Fanie è in grado di raggiungere ed imporre temporaneamente questo status facendo leva sul potere grezzo contenuto nella sua spada e ricordando gli insegnamenti del suo maestro. In termini tecnici questa tecnica di natura psionica ha consumo Alto e dura due turni. Durante ciascuno dei due turni d'attivazione, la sola presenza di Fanie lancerà un attacco psionico di potenza e danno Bassi sul suo interlocutore principale che, qualora li subisse, si vedrà costretto a comportarsi in maniera sincera ed onesta, a non mentire e a rivelare e scusarsi di tutti i propri peccati. Nel corso dei due turni d'attivazione Fanie godrà anche di una difesa psionica passiva e la sua figura emanerà un'aura di ispirazione e di fiducia valida per chiunque posi gli occhi su di lei, da considerarsi come un ammaliamento psionico passivo. A livello scenico la tecnica può essere interpretata come un'improvviso cambiamento nell'aspetto, nel tono e nel portamento di Fanie, tale da convincere gli altri a credere in lei e a trasformarli in propri alleati [tecnica di potenza Alta].

» ~ Voorum.
Manipolare, plasmare gli elementi, danzare al chiaro di luna con gli stormi di corvi cullanti dal canto tetro dei gufi o fissare la propria anima volare in cielo nelle giornate di sole splendente, sono tutte parti inscindibili del medesimo insieme. La capacità di piegare la natura al proprio volere è qualcosa che si acquisisce con anni ed anni di praticantato, spesso affidandosi a maestri degni di tale nome che istruiscono giorno e notte in questa o quell'arte. E poi c'è un secondo gruppo di individui, nati sotto il segno della speranza e benedetti dalle labbra di madre natura, che non necessitano di piegare la natura per ottenere qualcosa... devono solamente chiederla e, se il loro animo è puro e l'intento nobile, ella li ascolterà come una madre amorevole che accontenta il figlio triste. E che mai si dica che i petali di una rosa non possono nuocere a nessuno, giacché poteri superiori alla nostra concezione sono sempre pronti a smentirci, spesso con grande dolore. Fanie è capace di attingere a poteri incredibili, richiamando ed evocando alberi, petali, rami e foreste per farsi da scudo contro qualsiasi amenità. Queste non sono piante comuni ma vere e proprie piante di pietra dure come l'acciaio e dal colore grigio pallido. Esse non sono piante morte, sono solo addormentate e ripiene di una vita cristallizzata che sfugge alle menti più deboli ed incapaci di comprenderla. Le foglie di queste piante hanno bordi taglienti come rasoi, e sottili come un foglio di carta, in grado di perforare, tagliare e distruggere qualsiasi cosa si frapponga tra la giovane guaritrice ed il suo obiettivo. [Abilità offensiva e difensiva a consumo Variabile Medio][2/10] Questa capacità prende il nome di boccioli di pietra ed è uno dei rituali unici scoperti da Fanie nel suo lungo praticantato in solitaria.

» ~ A’ Ghrian, the power of the first Dawn.
Parte del potere che risiede nelle driadi riguarda il sole. Esso purifica, monda e alimenta la loro stessa esistenza e quella di tutti gli altri esseri viventi, ma non solo. Forgiando il potere racchiuso all'interno del sole i più dotati sono in grado di plasmare la propria energia a tal punto da scagliarlo contro i propri nemici, con violenza tale da scatenare un potere che rasenta quello divino. Fanie ha impiegato molti mesi per scoprirsi in grado di plasmare questo potere, racchiuso nella sua anima, arrivando al punto da poter generare, a comando, scariche d'energia sacra dal colore verde estremamente intenso e luminoso, che si manifesteranno dal suo corpo o dalle sue armi per scagliarsi all'indirizzo del nemico. Questo potere, seppure infuso di magia naturale e non divina, porta con se la sacralità dell'elemento luce, risultando in un maggiore danno contro gli avatar notturni ed un danno ridotto contro quelli diurni. [Pergamena del campione: Dominio del Sacro. Variabile Medio ad area offensiva, elemento sacro, surclassa di un danno contro gli avatar notturni e decresce di un livello contro quelli diurni. Va difesa, tuttavia, in maniera paritaria al consumo speso]

» Cura media su Al Patchouli effettuata secondo le modalità del post del QM, nella fattispecie ho utilizzato una cosa che avevo già ruolato altre volte, ovvero che i semi che crescono tra i capelli di Fanie possiedono capacità di guarigione non indifferenti. Chiaramente è stato solamente un modo per rendere al meglio questo "oggetto", e spero che possa piacere l'escamotage ruolistica.

Note: Sostanzialmente Fanie rimane davanti al cancello cercando di coordinare chiunque la voglia ascoltare per abbattere il cancello. Usa un medio per "puntellare" da sotto la porta in modo da ridurne l'attrito e poi un'onda d'urto bassa (ad area) per cercare di spingere assieme a tutti gli altri. Dopo di ciò soccorre Al sfruttando su di lui l'oggetto bonus descritto nel post da Qm, e si prepara a combattere quando le porte cederanno. (scenicamente ho ucciso due arpie che si erano intrufolate me è, appunto, solamente una cosa scenica)
Chiaramente la scena con il pg di Orto33 è stata concordata per vie private.

 
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view post Posted on 23/3/2014, 16:31

Lamer
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Spade, scudi, artigli e ali si intersecavano in modo causale davanti alle porte che conducevano alla città interna; un vero assedio. Lhotar a fianco del veterano e degli altri stava combattendo come un forsennato per tenere la posizione. Ormai tutti quelli ancora in grado di camminare si erano raggruppati davanti a quel cancello enorme e all'apparenza immobile come una montagna e lentamente i soldati cadevano davanti a esso.

Tutto però si muoveva confuso nella mente del nano. L'aver usato i poteri della pipa lo aveva deconcentrato dalla battaglia e lo stava portando a concentrarsi su pensieri totalmente inutili e primo tra questi, l'elfa che combatteva a pochi passi da lui. Nella sua mente non riusciva capacitarsi di come una della sua razza riuscisse ad eccellere sul campo di battaglia e ad imporsi sul resto dell'esercito.

In quei pensieri però c'era anche un accenno di invidia. Un nano non poteva essere superato nell'arte del combattimento da un elfa, forse era per questo che appena l'aveva vista, dopo aver usato la pipa, le aveva rivolto parole non adeguate al contesto.

Poi all'improvviso i suoi pensieri traslarono a un evento inaspettato; una delle ante della gigantesca porta si era aperta abbastanza da far passare una persona alla volta. Quell'evento ridiede speranza all'esercito, ma Lhotar capì che se tutti i soldati si fossero fiondati in quell'angusto varco per la retroguardia sarebbe stata la fine. A quel punto si girò verso il veterano che stava estraendo la spada dal suo avversario e cominciò a parlare:

"Vai ad aiutare la retroguardia e cerca di tenere i ranghi serrati, non dobbiamo ammassarci tutti verso il varco."

A quelle parole il veterano si avvicinò. La mole di quell'umano rispetto alla sua lo faceva sentire piccolo, ma ormai si era abituato. Quando fu abbastanza vicino lo trasse al centro dell'esercito e tirando fuori un pacchetto e posandoglielo in mano gli disse:

"Tieni, queste sono erbe che fanno recuperare energie, usale con cura."

Poi , seguendo il consiglio del nano, il veterano si allontanò nella direzione della retroguardia. Lhotar guardò il pacchetto che si era trovato in mano e dopo pochi secondi lo aprì e mise in bocca il contenuto. Subito si senti rinvigorito, ma notò che i pensieri che lo tartassavano non erano spariti; voleva ancora dimostrare all'elfa di che pasta erano fatti i nani.

A quel punto si girò verso il cancello e guardò la parte sinistra di esso, quella che si era spostata, e dopo averlo fissato per qualche secondo, iniziò a correre verso di esso. In quel singolo momento riuscì a scacciare via il pensiero assillante che ormai lo stava ossessionando e contemporaneamente tirò due fendenti con tutta la forza che aveva in corpo.

Sentì il portone vibrare sotto la forza di quel colpo, ma non si mosse neanche di un centimetro. A quel punto estrasse l'arco e si diresse verso l'apertura dove aveva visto infilarsi sia l'elfa che l'uomo nero, ma oltrepassato il varco i suoi occhi furono sbalorditi dalla quantità di orrori che tempestavano il cielo.

In un primo momento fu spiazzato; non credeva che ci fossero ancora così tanti nemici da sconfiggere, ma scoccando due frecce verso due orrori si accorse che non erano forti come le loro sembianze demoniache lasciavano presagire, infatti i due colpi trafissero senza problemi i due abomini, ma rimanevano comunque troppi.

A quel punto vedendo la difficoltà con cui si stava procedendo Lhotar riestrasse la pipa e iniziò a tirare forte per poi esalare il fumo dalla bocca. Appena arrivati a una certa altezza il fumo si cristallizzò e cadde verso gli orrori e verso quello che sembrava il loro comandante, un tizio armato di ascia che sembrava divertirsi a farla roteare.

Appena l'attacco fu concluso il nano assunse uno sguardo perso per qualche secondo. Si chiese dov'era e se lo ricordo, si chiese cosa stava facendo e anche ciò gli venne in mente, ma non riusciva più a capire il perchè delle sue azioni, ma sapeva che doveva combattere e uccidere i nemici, quindi senza troppe esitazioni e urlando come un forsennato scoccò una freccia verso il guerriero con l'ascia e poi estraendo le spade gli si scagliò contro come se fosse una belva assetata di sangue.



Corpo :-sano
Tot: (0\16)
Mente : - alto da deconcentrazione
Tot (4\16)
Energia rimanente: 50%

CS : Maestria nell'uso delle armi= 1
Costi: Basso = 5% | Medio = 10% | Alto = 20% | Critico = 40%

Armi:
spade (x2), arco e frecce (x12)

Passive : il possessore del talento ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.
Raziale nanica: La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.



Attive:
Medio + Autodanno Psionico Medio rappresentato da un senso di forte deconcentrazione; aspirando dalla Pipa e sputando verso il cielo il suo contenuto, il possessore dell'artefatto potrà creare degli spuntoni di fumo che si cristallizzeranno nel cielo e cadranno come gocce di pioggia verso il nemico. La tecnica va considerata come un Alto ad area di natura magica, che causa danni Medi.

Destrezza nanica (I): Variabile di natura fisica, provoca danni fisici
Lhotar potrà compiere in simultanea due attacchi portati con delle armi (anche frecce) di potenza complessiva pari al consumo.
consumo alto

Attive dal turno precedente:-



Riassunto:
Al fine tecnico, recupero 10% di energie, uso la la personale uno a potenza alta sul cancello, poi oltrepasso il portone e dopo aver usato due frecce contro
gli orrori uso la tecnica alta dell'incanto. Infine mi dirigo verso il tizio con l'ascia.

Note: non ero molto ispirato, ma spero sia cmq decente come post.



Edited by kremisy - 23/3/2014, 17:17
 
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Shervaar
view post Posted on 25/3/2014, 21:51






L'esercito continuò a combattere metro per metro, casa per casa, spingendo l'infinita massa di nemici fin sotto le mura interne della rocca. Erano ora ai piedi degli imponenti cancelli quando lentamente e cigolando una delle ante iniziò a muoversi. Grida furenti di gioia si levarono dall’esercito assediante mentre quello che apparentemente sembrava un ostacolo insormontabile si apriva al nemico, un attimo di gioia però soffocato dall’improvviso arrestarsi delle porte. Qualcosa doveva essere andato storto agli uomini sulle mura ma il resto dell’esercito senza perder tempo iniziò a sciamare lentamente nel cuore della rocca.
Shervaar era ancora insieme al suo gruppo quando trascinato dalla massa di soldati che si riversava nel cancello si ritrovò dall'altra parte delle mura quasi senza volerlo, alle sue spalle intanto sentiva l'elfa conosciuta poco prima che sovrastando urla e lamenti cercava di riorganizzare le fila. Le porte andavano aperte o gli uomini sarebbero stati eliminati poco alla volta in netta inferiorità numerica e l'elfo ringraziò che proprio colei che si era dimostrata più che capace di gestire gli uomini ora fosse rimasta in dietro a gestire la cosa. Se lei era riuscita a trascinare lì e coinvolgere lui, in parte titubante, non avrebbe avuto problemi con il resto degli uomini, soldati di professione.

In parte sollevato Shervaar si svincolò dalla calca cercando con lo sguardo il prossimo inevitabile ostacolo, un imponente uomo dai rossi capelli che sfidava sfacciato l’esercito che avanzava impugnando saldamente la propria ascia bipenne. Questo iniziò a roteare l’arma in aria, a più di due metri dal terreno vista la sua stazza, e mentre un acuto sibilo torturava le orecchie dell’elfo, e di tutti i suoi, un nuovo sciame di orrori invase i cieli della città in rovina. Ancora un volta l’elfo non poté non notare con disgusto che le creature deformi altro non erano che uomini vittime di chissà quale maleficio e ormai ridotte ad mostri alati e dotati di artigli.
“Orrori alati” li aveva chiamati colui che sembrava comandarli, un nome più che appropriato pensò l’elfo. Questi iniziarono a ruotare intorno al loro comandante emettendo un insopportabile stridio finché all’ennesimo movimento dell’ascia bipenne le creature non si scagliarono contro gli assedianti, un muro compatto di carne da macello lanciato con foga contro Shervaar e i suoi compagni. L’elfo portò le mani alle orecchie cercando di arginare lo stridio che ormai gli dilaniava le orecchie e si prese un attimo per ragionare, tutto era iniziato e sembrava controllato dal mulinare dell’ascia bipenne e l’elfo capì immediatamente che bisognava colpire lì, e velocemente.
Kreisler esortò allora la carica e l’elfo non poté fare a meno di chiedersi quale oscuro passato gravasse sulle spalle di quel compagno che ancora una volta vedeva costretto contro i più impensabili abomini.

Vide davanti a se un gruppo sparuto di uomini, uno di loro con un arco in mano. Si mosse rapidamente arrivando alle sue spalle e in un attimo con un paio di rapidi gesti delle mani sollevò dal terreno un muro per difende quello con l’arco dalla marea urlante di nemici. Colpire dalla distanza era l’unico modo per impegnare l’uomo dai capelli rossi e disgustato dal proprio cinismo scelse di salvarne uno sacrificando gli altri a lui vicini, per ora apparentemente inutili.
Da quando, si domandò, l’elfo considerava gli uomini come soli strumenti? in cosa lo stava trasformando quella guerra?
In un attimo gli orrori piombarono sull’elfo e sui soldati a lui vicini e con la stessa facilità con cui un coltello taglia il burro gli artigli dei mostri dilaniarono gli uomini spaesati dello stridio. Fu solo grazie al suo istinto se nonostante fosse completamente stordito dalle urla dei demoni l’elfo riuscì ad evitare i loro artigli, quasi tutti. Si gettò dietro al muro eretto per il suo uomo, per un attimo ancora con il cervello in panne, e quando riuscì a schiarirsi le idee sentì il penetrante bruciore di una ferita propagarsi lungo la schiena. Nulla di mortale e sicuramente molto meno di ciò che era toccato a tanti altri.

<< E quello con l'ascia che sembra comandarli. >> esordì l’elfo senza preavviso, anche se inequivocabilmente preannunciato dai proprio elementi. Aveva ben pochi dubbi in realtà sulle proprie conclusioni ma aveva bisogno che anche l’altro ne fosse convinto per poter combinare insieme qualcosa.
<< Sì, è lui! >> gli rispose l’uomo. Ora che gli era vicino notò lineamenti particolari, atipici per gli uomini cui era abituato ad incontrare. Se i nani, quei pochi che aveva incontrato, agli occhi del’elfo sembravano tutti uguali, Shervaar di certo mai si sarebbe sognato di dire lo stesso della razza umana, la più eterogenea che avesse mai visto.
<<Osserva i suoi movimenti! Guarda! >> continuò l’umano sporgendosi dal muro ancora in piedi a coprirli e studiandolo per un secondo. << Usa quell'arma per controllarli! Posso persuaderlo a mollare quell'affare! >> gli disse estraendo dalla faretra una strana freccia con la punta arrotondata e bucherellata e mostrandola all’elfo.

<< Credi di poterlo prendere da qui? >>

<<Non è un bersaglio difficile! Nel tuo repertorio hai anche qualche trucchetto per distrarre quel bastardo? >> Nelle ultime parole, velato ma non certo nascosto, un filo di sarcasmo che si perse nell’aria ignorato dall’elfo senza stizza ne risentimento. Non tutti vedevano di buon occhio chi come lui era ingrado di manipolare energie per i più inconcepili e per questo non li biasimava, anzi, tutt’altro, non poteva non guardare con meraviglia chi per essendo semplicemente “normale” arrivava a compiere imprese non meno straordinarie delle sue.

<< Un paio che fanno al caso nostro ne ho, dimmi tu quando, e dovrai colpire un bersaglio cieco. >> gli rispose l’elfo, scattando allora e colpendo al volo uno degli orrori che finita l’iniziale carica aveva spostato la propria attenzione sui due rimasti illesi. Con un cupo rumore di ossa rotte l’abominio crollò a terra scompostamente, travolto in pieno da quella forza che la Terra ancora stessa racchiusa nelle mani dell’elfo donava ai suoi colpi.
<< Sempre pronto, aper! >> gli rispose l’altro quando Shervaar si girò di scatto lanciando con un cenno della mano una saetta verso uno dei mostri visto con la coda dell’occhio, demone che con un pelo di soddisfazione vide crollare al terreno con la faccia deformata prima dalla mutazione e ora dalle ustioni. Per un attimo allora Shervaar dimentico gli orrori volanti e si concentrò sul loro comandante. Chiuse gli occhi, espandendo la sua coscienza tra un turbinante mare di mostri deliranti e trovando infine l’uomo dalle capelli rossi provò a violarne la mente, sperando per un attimo di lasciarlo indifeso ed accecato
<< Tutto tuo, aper. >> gli disse allora, pur ignorando il significato di quell’ultima parola che seppur ignota gli sembrava innegabilmente amichevole. Vide l’uomo incoccare e scoccare e in un attimo tornò a concentrarsi sui quei mostri di cui erano circondati. Non poteva immaginare cosa sarebbe successo se quelle creature avessero deciso di abbandonare quel luogo invadendo le terre dell’Edhel, di loro già martoriate da mille piaghe. Si avventò con rinnovata foga sui suoi letali nemici, ormai non più frenato dall’idea di massacrare gli “un tempo umani”, ma animato dall’idea di proteggerne chissà quanti altri da quel flaggello che ora toccava a lui e i suoi commilitoni.
Era quindi quello il suo modo di combattere per la propria terra e per il proprio clan, ed ora che era arrivato alla resa dei conti sentiva di aver ritrovato e rafforzato le motivazioni le motivazioni che lo avevano spinto sin lì.



Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS:

Danni fisici subiti: (1+2+2/16)

Danni mentali subiti: (/16)

Energia rimanente: 60 - 10 - 5 = 45%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata elementale.
[Personale]

Tecniche usate:
Dominio della Terra: Non vi sarà subdola magia ne temibile fendente in grado di ferire l'elfo qualora gli spiriti della Terra decidano di proteggerlo. Plasmando il terreno sotto i propri piedi lo sciamano sarà infatti in grado di creare un scudo, anche a 360°, che si sgretolerà assolto il proprio compito.

[Abilità attiva, Dominio elementale della Terra a costo Variabile - Pergamena]



Fuoco Fatuo: Anni passati a meditare in comunione gli spirito hanno abituato lo sciamano ad estendere il proprio Io fino a tangere la coscienza di altri esseri. Egli è infatti in grado di attaccare mentalmente il proprio avversari, inducendoli a vedere minuscole e eteree fiammelle danzare davanti i loro occhi e nel caso tale malia psionica andasse a segno l’avversario si ritroverebbe per un turno praticamente cieco.

[Abilità Attiva, Malia psionica a costo Basso – 2/10]


Note:
Subisco il danno medio da tecnica e un altro medio collaterale da uno dei mob visto che che rispetto agli altri sto messo anche troppo bene.

Uso lo scudo per difendere Orto e poi con la scena concordata attacchiamo il Rosso. Alla fine mi perdo nella mischia distratto, attendando il Qm point.
Domani lo rileggo e fixo le cagate varie sparse qua e là.
 
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Vorgas
view post Posted on 26/3/2014, 18:41




La massa metallica si riversò sui lati della città. L’esercito si divise in tre grandi tronconi: il primo proseguì l’avanzata verso il portone, in questo i cavalieri e i fanti, si preparavano a sfondare all’interno della fortezza. Forti della loro convinzione, questa era la fetta più grande di soldati ma non gli unici. Sui lati infatti, due gruppi meno folti, cominciarono ad assaltare le torri laterali. Le istruzioni eran giunte direttamente dal Generale che orchestrava ancora i movimenti dei suoi uomini. Jethro si gettò a capofitto nella mischia di sinistra, la sua falcata era potente ma allo stesso tempo armonica, quasi sapesse dove poggiare il piede. Nel suo animo, ribolliva quell’intensa emozione di rabbia e voglia, una combinazione assai dannosa ma che allo spirito del giovane portava soltanto godimento. Senza riflettere o cercar aiuto, prese a scalare di gran lena le mura, le sue mani si mossero frenetiche sulla pietra cercando di scalare il prima possibile. Alcune asperità nelle mura, permisero l’ascesa ma non senza difficoltà, infatti l’imponenza di esse era già un limite di per se. A rendere ancor più difficoltosa la scalata, improvvisamente uno stormo di nere creature, cominciarono a precipitare su tutti coloro presenti sulle mura e ai suoi piedi. La nera presenza s’infranse sul corpo desideroso di Jethro, il quale venne destabilizzato e risciò di precipitare. Vide la sua pelle ardere leggermente a contatto con tali abomini, ma il suo spirito ormai tracimava nell’oblio, impedendogli di provar dolore, impedendogli di fermarsi. Famelico e inarrestabile continuò la salita, usò persino le unghie per raggiungere il grande finestrone e vi si appostò a fianco. Nonostante fremesse per varcarlo, alcune sbarre di ferro ne impedivano l’accesso, indisponendo ancor di più il giovane che si ritrovò bloccato. Allungando la spada con precisione, toccò il vetro con decisa delicatezza e l’arma sibilò. In pochi istanti, il vetro cominciò a creparsi completamente fino a raggiungere il massimo della sollecitazione e crollare in mille pezzi giù dalla torre. Semplice, forse anche troppo, pensò Jethro sospettoso. Nessuno una reazione davanti al primo assalto ad una torre e ciò sicuramente non era normale. Rapido nel pensiero, prese una biglia dalla sua sacca, in questa un liquido giallastro, restava immobile e piatto. Con un movimento rapido della mano, gettò l’oggetto tra le sbarre metalliche, dopo pochi istanti, un potente stridio giunse si espanse da finestrone, attirando sicuramente l’attenzione dei presenti. Senza indugiare oltre, Jethro si sporse dalla sua copertura per poter osservare l’interno.
I suoi occhi vennero violentati e la sua mente vacillò.
All’interno della torre, una bolgia fatta da bestie e uomini, si fondeva in un unico putrescente essere. Le carni sanguinolente, grondavano liquido e puzzo al pari di un negozio di carni, ciò che infestava la torre non aveva un nome con cui appellarsi o aggettivi con cui descriverlo. L’orrore e il disgusto che pervasero il giovane quando vide quello spettacolo, lo lasciarono senza fiato, sbilanciandolo all’indietro pericolosamente. Cos’erano quegli esseri? Come poteva voler combattere un orrore del genere? Nulla sarebbe bastato a sconfiggere quell’abominio, nulla che l’uomo poteva conoscere. Nulla che lui sapeva di conoscere. Eppure il suo piede prese posizione salda, un braccio s’allungò ad aggrapparsi alle sbarre per evitare la caduta. Il volto del giovane assunse una smorfia assai strana: sembrò patire per quella visione ma allo stesso tempo il suo sguardo rimase saldo, come a discernere quella paura che lo stava per uccidere. Nelle profondità di quella terra, aveva appreso che nulla vi è di più mostruoso che un uomo uccida un altro suo simile per puro gusto. Tutto ciò che normalmente veniva chiamato mostro, altro non era che un parto di quell’azione ignobile e per questo lui avrebbe continuato la sua avanzata. Non volle ammettere quella punta d’invidia nel veder quel massacro di carni e non potervi partecipare, ma ben presto ne avrebbe fatto parte. Allungò il braccio destro verso le sbarre, prese la mira con precisione cercando di colpire i volti umani che velocemente si scioglievano osservandolo. Senza esitazione ma provandone ribrezzo, esplose due colpi di quello strano arnese che portava al braccio. La traiettoria fu precisa, il piombo trapassò con facilità quella terrificante visione che velocemente divenne fumo e ricordo. Jethro restò sorpreso da tutto ciò non comprendendo, l’interno della torre divenne improvvisamente libero da quella infernale bolgia d’orrore e cadaveri. Un soffitto a cupola copriva la stanza per intero, al suo centro un grande argano era sorvegliato da un figuro assai strano. Un omino cadaverico avvolto in un bianco sudario, troneggiava sul grande argano immobile. Sembrava quasi non respirare e l’aspetto malsano portarono Jethro a pensare che questo già fosse morto. Dov’erano finite quelle orribili creature? Un’illusione, si rispose prontamente, una semplice immagine onirica che lo aveva ingannato. Sentì ribollire la rabbia dentro di se e con forza provò a tirar le sbarre, queste resistettero salde nella pietra senza smuoversi. Nonostante questo, il giovane provò nuovamente a tirarle guidato dall’ira, non riusciva ad accettare di esser stato ingannato così banalmente e anche se pensava che l’essere della torre fosse morto, desiderò squartare le sue carni sino a ridurlo a poco più che dei filamenti.

”Non potete fare comunque niente sconfiggendo me. La via è bloccata...”

Jethro arrestò per un istante la sua furia, sorpreso di quello che successe, la creatura di fronte a lui infatti, sembrò parlare e scoraggiare la sua avanzata. In realtà la voce non provenì da esso, questa parve aleggiare attorno all’acrobata come se l’aria stessa avesse espresso la sua volotà.

«Cosa blocca …»
… la via?

Le sue parole e quelle dell’abominio sembrarono armonizzarsi, entrambi vennero sorpresi da quella rivelazione che bloccò ogni loro movimento sulla torre.
Il clangore del ferro s’interruppe per un lungo istante, un sibilò squarciò quella caotica bolgia dando un solo attimo di quiete apparente. Gli occhi di Jethro vibrarono come scossi dal terrore, la sua mente scremò nell’ultimo barlume di lucido raziocinio che gli rimaneva. Sembrò prender fiato, ma in realtà non ne sentiva il bisogno, ora dentro di lui il nulla più distruttivo sussurrava alla sua anima.

Troppo lento sei stato, ha vinto lui.
Ora altro non saremo che un corpo in balia della fame.
Questo desideravi? Beh io si.

Il ghigno dell’ombra riecheggiò nella testa del ragazzo, ormai completamente perduto.
Mi secca non poter esser io cavaliere di questa danza al massacro,
ma sarò ben contento di seguire la giava di Lithien


E fu silenzio.
Dalla fronte di Jethro, l’ordito tatuaggio cominciò ad allungare i suoi bracci d’inchiostro su tutto il corpo, sembrò fiorire come in una primavera nera, che velocemente infestava il derma dell’acrobata. La trama scorreva sulla sua pelle, scivolando sotto le vesti, come parte stessa del ragazzo. I suoi occhi tracimarono in una profonda tinta nera, tanto che l’iride divenne pupilla. La cute sembrò inspessirsi, rinvigorita dall’arabesco che la decorava. I denti, già zanne ancor prima, vennero ancor più ferocemente serrati, tanto che un rivolo di sangue colò dal labbro. La cognizione di Jethro si perse nella bestialità del suo pensiero, nulla sentiva se non la fame, nulla vedeva se non la preda. Lunga la coda salì sventolando dietro, non vi era più motivo di celarla. Fissava intenso l’essere posato sull’argano, silente nella sua attesa. Prese le sbarre saldamente con entrambe le mani, non ci volle molta forza per piegarle permettendo al giovane di penetrare nella torre. Le mani prudevano, voraci come bocche di bestia, aspettavano soltanto di potersi macchiare del sangue dell’essere. Senza alcun motivo avrebbe attaccato, senza alcun raziocinio, sentiva soltanto il desiderio irrefrenabile di poter smembrare le carni, godendo di quella sensazione macabra del sangue denso sulla pelle. Ne avrebbe fatto il suo pasto, ingollandolo con forza anche quando questo lo avrebbe nauseato.
La candida figura prese a dissolversi velocemente, sfumando nella grigia pietra che divenne nera come la pece. Il bianco sudario s’allargò sulla stanza gettandola nell’ombra e occhi cremisi comparvero lacerando la tetra tela.

Non è forse fantastico tutto ciò. Eppure ben ricordi il piacere con la Dea.
Lasciati andare ancor di più, lascia danzare me con il cortese ospite.
Sei stanco di tutto ciò, non essere ingordo.
Già sai che ne verrai appagato.

L’abominio arrancò ancor più nella mente di Jethro, ormai assente. La sua lama d’odio trafisse ogni suo pensiero tingendolo di cremisi. L’ombra s’attorcigliò divenendo una serpe, con un movimento rapido e sinuoso, cominciò ad entrare nel giovane da ogni suo orificio. Lo sguardo immutato, in quella smorfia bestiale, sembrò inconsapevole di ciò che succedeva ora che la sua preda era giunta a portata. Nella torre infatti vi era un nano, i pesanti occhi neri lo avevano scorto ancor prima dell’ombra e per questo non avevano prestato attenzione ferrea all’accadimento. Nessuna parola poteva esser tanto importante da venir prima della fame.
Non si mosse, non subito, lasciò che la sua coda cominciasse a serpeggiare per terra. Un movimento rettile e silenzioso, uno strisciare lento ma costante. La lunghezza di quell’arto era aumentata notevolmente, tanto che nonostante ci fosse una buona distanza, la coda riuscì a coprirla con il suo movimento. Quando fu a pochi metri dal nano questa si arrestò per un istante. I denti di Jethro si separarono per qualche istante, stavolta prese fiato pronto all’assalto. Nessun pensiero coerente avrebbe mosso la lama del giovane, egli nemmeno comprendeva le sue azioni come dormiente davanti a tutto questo. La coda scattò rapida, il movimento fu seccò e cercò di cingere il nano a livello del plesso solare. Se fosse riuscita ad avvinghiarcisi, avrebbe cercato di stritolarlo, nel tentativo di tagliargli il fiato. Senza esitare oltre, anche l’acrobata partì alla carica, nella destra brandiva la sciabola del vecchio. Solitamente sentiva uno strano brivido nell’utilizzarla, la storia che raccontava quell’arma era la sua preferita, fatta di nobili principi e amore. Ma ora altro non era che banale metallo, oggetto di morte come lo poteva essere un comune pezzo di ferro. Nulla sentiva se non il desiderio di sangue. Avrebbe cercato di avvicinarsi alla preda, la carica sarebbe stata furiosa ma silente. L’esito della coda non era importante, infatti giunto davanti al bersaglio, Jethro avrebbe cercato di spingerlo a terra con la mancina e contemporaneamente, tentare un affondo allo stomaco, in una gesto più di forza che di duello.

Riassunto Post


Il post comincia con la scalata alla torre di sinistra. Successivamente all’apertura del cancello, riesco ad entrare nella torre e infine attacco Ydins. Piccolo riassunto visto le tante azioni ^^

Riassunto azioni
Mentre scalo le mura, vengo colpito da un attacco dei difensori (Danno Basso), successivamente, giunto a livello della vetrata, utilizzo l’abilità personale I (Variabile Basso) per distruggere il vetro. Successivamente, lancio una biglia dissonante e mi appresto ad osservare l’intero della torre. Mi difendo dall’attacco psionico di terrore utilizzando la pergamena ”Mente Vigile” (Ladro In. - Medio) riducendo il danno (Danno Basso) e guadagnando 2 CS in Maestria delle Armi. Successivamente attacco il mostro, scoprendo che in realtà è un illusione (da qui si conclude il PU alle CS). Successivamente all’apertura dei cancelli, il suono dell’ascia di Gron fa si che il morbo prenda il sopravvento su Jethro e questo scatena l’ombra che giace dentro di lui. Attivo la pergamena ”Berserk” (Guerriero In. - Nullo) con la quale guadagno 2 CS in forza e 2 CS in velocità e spinto dalla furia riesco a penetrare nella torre piegando le sbarre. Successivamente ad un “colloquio” con l’ombra, vedo Ydins e decido di attaccarlo con la coda pensile (Arma naturale) sfruttando la distanza tra noi e utilizzando l’abilità personale I (Nullo) per allungarla così da cercar di cogliere di sorpresa il nano. Con essa infatti, tento di afferrarlo alla vita e di stritolarlo, successivamente attacco con una spinta e un affondo cercando si sopraffare l’avversario.



Stato Fisico: Taglio alla schiena (Basso), ustioni sul corpo (Medio + Basso) (Totale: Alto)
Stato Mentale: Desideroso di uccidere(Basso)
Energia: 30% (45 -15-10+10)
Capacità Straordinarie: 1 +2 Velocità 2 Forza (Ho messo in verde I PU limitandomi all’ultimo utilizzato)

Equipaggiamento


Shahrazād [Arma - Sciabola: 1.50 cm - acciaio] (Impugnata)
Falco Nero [Arma: Pistola]
- Becco [Proiettili Pistola] 3/5</>
- <i>Stridio
[Oggetto "Biglia Dissonante" (Oggetti Offensivi) Rompendo tale biglia, Jethro provocherà un acuto suono che stordirà l'avversario per qualche istante, provocandogli un intenso dolore alle tempie.] 0/1
- Arma Naturale [Coda pensile.]

Passive


- Passiva I Talento "Acrobata" [Jethro potrà controllare completamente il suo corpo riuscendo ad effettuare torsioni, piegamenti e estensioni degli arti e del corpo intero superando i vincoli fisici comuni. Sarà in grado di slogarsi spalle e polsi per liberarsi da catene, corde o manette, infilarsi in passaggi più stretti del suo corpo e ruotare la testa di 180°, tutto senza risentire di alcun dolore o danneggiamento.]
- Passiva Razziale "Mezz'orco" [Jethro potrà sopportare ogni tipo di dolore fisico diventandone insensibile, nonostante le offese avversarie cagioneranno danno, Jethro non ne percepirà il dolore. Ciò gli impedisce comunque di utilizzare arti non più funzionanti o malconci.]

Attive

- Abilità Personale I [Tecnica Fisica. A consumo Variabile Jethro potrà imprimere una potenza in base al consumo ai normali attacchi fisici (non tecnica). Tale potenziamento si tratterà di una forte vibrazione seguita un lieve stridio, se il colpo va a segno, la vibrazione non danneggerà superficialmente il bersaglio, bensì andrà a colpire tutto ciò che si trova all'interno del corpo colpendolo con la forte vibrazione. In superficie si potrà soltanto vedere il danno portato dall'attacco fisico.]
- Pergamena "Mente Vigile" (Ladro - Iniziale) [Tecnica Psionica. A consumo Medio Jethro potrà acquisire una particolare lucidità, ciò gli permetterà di difendersi o ammortizzare le offensive psioniche con un potenziale difensivo di Basso, guadagnando 2 CS nella Maestria dell'uso delle armi.]

- Mornòl [Pergamena Vuota [Oggetto] + Pergamena "Berserk" (Guerriero - Iniziale) Tecnica Fisica. A consumo Nullo Jethro cadrà in una trance furiosa in cui sarà spinto dal solo desiderio di attaccare per distruggere e uccidere, senza distinguere nemici o amici. Ciò gli farà guadagnare 2 CS in Forza e 2 CS in Velocità per 2 turni. Al termine di questi, subirà un danno Medio agli organi interni, per via del potenziamento dovuto alla rabbia.]
- Abilità Personale III [Tecnica Fisica. A consumo Nullo Jethro potrà allungare a suo piacimento la coda aumentando la sua portata e il raggio d'azione. L'arto non subirà mutamenti nelle CS ne tanto meno causerà danno quando allungato.]
 
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view post Posted on 26/3/2014, 19:26
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Aper army
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Ձմեռը ~ Winterreise ف Im Dorfe ~ է Գյուղի
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Ջ ~ Capitolo VI: Ritorno a Lithien ~ Ջ

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Atto III

(Vahram [pensato, lingua aramana], Fanie, Shervaar, paggio, capitano, Gron.)

Un fragoroso sferragliare rombò sovrastando le urla dei soldati e il cozzare delle armi. Un’anta dell’enorme cancello si mosse lentamente, la via per l’acropoli sembrava finalmente sul punto di schiudersi dinanzi all’armata di Kreisler. Ma non appena si aprì uno stretto spiraglio, il portone si arrestò violentemente, come se il meccanismo o i binari si fossero inceppati o se gli uomini in cima alle torri avessero smesso di spingere l’argano.

Le schiere corazzate dei cavalieri appiedati si riversarono impetuose sulla scalinata sotto le mura, trucidando gli infetti superstiti, ormai in rotta e in trappola.

«Va’ avanti, yeritas! Non fermarti!» Gridò Vahram mentre affondava la lama della lancia in mezzo al petto di un infetto seminudo dalle spalle ridicolmente grosse e deformi, incitando il giovane damigello davanti a lui. Era solo un ragazzino, sedici o diciassette anni al massimo, una faccia d’angelo e riccioli dorati che spuntavano fluenti da sotto l’elmo d’acciaio; sembrava uscito da qualche libro di fiabe. Impugnava una spada e uno scudo ed era protetto da un’armatura completa finemente cesellata. Il guerriero non conosceva il suo nome, né l’aveva mai visto in precedenza; si erano semplicemente incontrati in prima linea e ritrovandosi a combattere a spalla a spalla per puro caso, quasi come se tra loro fosse nata quella tipica tacita intesa cameratesca che germoglia tra i soldati mentre lottano insieme contro la morte. Nonostante la giovane età e l’evidente provenienza da una qualche casata nobile dei Territori Occidentali, combatteva come una furia, menando rabbiosamente fendenti a destra e a manca contro qualsiasi nemico gli capitasse a portata, quasi avesse uno spirito della guerra in corpo.

«Dobbiamo arrivare alla porta!» Gli urlò ancora. Il giovane non gli rispondeva, ma si limitava a rivolgergli di tanto in tanto qualche occhiata d’intesa, prima di obbedire ai consigli di quel guerriero apparentemente ben più esperto di lui.

In testa all’esercito, corsero lasciandosi trasportare dall’ondata uomini d’arme che si lanciava contro l’entrata della cerchia interna. Fanie doveva essere a pochi passi da lui, benché non riuscisse a vederla in mezzo a quella folla di armature scintillanti: il grande vessillo con l’araldica della Schiera del Drago Nero – che spiccava magnifico fra le tante insegne svettanti sopra la torma – sventolava proprio sopra di lui. Imboccarono la volta sotto le mura e terminarono la carica addosso al duro legno del portone, seguiti dall’immensa calca retrostante che piombò sulle prime linee come un macigno.

«Attaccate il cancello! Attaccate il cancello! Non intrappolatevi nella breccia!» Udì provenire da un punto imprecisato la voce di Fanie, intenta a sbraitare come un’ossessa per cercare di conferire, insieme agli ufficiali vicini, un minimo di ordine e disciplina in mezzo a quel caos.

Vahram, con l’abilità che s’attaglia a un veterano, si voltò e appoggiando la schiena alle assi del cancello riuscì subito a ritagliarsi un piccolo spazio sufficiente a poter respirare e agire. Dall’alto della scalinata, era in grado di vedere tutta la colonna che spingeva forsennatamente in quel pericoloso collo di bottiglia. Davanti ai suoi occhi si palesò tutta la drammaticità di quegli attimi di foga e veemenza: in mezzo quella marea umana, facce paonazze dolenti e spaventate chiamavano disperatamente aiuto sgomitando in quel torrente in piena che li stava stritolando, alcuni cadevano scomparendo sotto la distesa di elmi e pennacchi per non tornare più in superficie, calpestati senza pietà, ma ancora più pericolosi erano i parapetti laterali. Pochi secondi prima aveva scorto dei soldati gettare degli infetti oltre quelle balaustre strillando e lanciando invettive, solo per godere nel guardarli volteggiare e dimenarsi nel vuoto dell’abisso sottostante e sfracellarsi sulle rocce affilate del crepaccio; ora erano proprio quegli stessi soldati a rischiare di essere spinti dalla calca fuori da quel ponte sospeso sul baratro. La pioggia di dardi, massi e olio bollente che grandinava dall’alto delle mura quasi si era trasformate in un problema secondario.

Ma quel che di più angosciante si scorgeva erano gli effetti del morbo che cominciava a manifestarsi sui soldati contagiati. In quell’inferno si vedevano alcuni impazzire e mordere o colpire chiunque avesse la sfortuna di stargli accanto, compagni, amici, gettando nel panico e nello sconforto il cuore dell’armata.

Se il cancello non si fosse aperto al più presto, quel maledetto vicolo cieco si sarebbe trasformato in un’ecatombe.

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«A-Aiuto!» Rantolò il paggio al suo fianco. Vahram, intento a collaborare per sbloccare il portone, abbandonò ciò che stava facendo per cerarlo. Lo trovò pressato vicino a uno degli stipiti, incapace di muoversi per ressa che lo intrappolava.

«Resisti, prendi la mia mano!» Appena il ragazzo afferrò il braccio, il cavaliere lo trasse fuori da quella trappola, tirandolo a sé.

In quell’istante qualcosa balenò nella mente dell’aramano. Era come un deja-vu, una rimembranza, per un attimo gli parve di aver già vissuto un istante simile.

Un fiume inarrestabile di piedi scalpitanti,

una mano tesa in mezzo a una selva di torsi,

un volto familiare in mezzo a un mare di sofferenza.


Strinse tra le braccia quel giovane sconosciuto come se in quel momento fosse stata la cosa più preziosa. Gli ci vollero alcuni secondi per rendersi conto che stava perdendo la concentrazione. Che diavolo stava facendo?

Non era quello il momento per ripensare al passato, non in mezzo a una battaglia. Solo il presente deve avere importanza quando la propria vita è in costante pericolo.

Prese tra le sue grandi mani il volto del ragazzo. «Metti un piede davanti all’altro! Non devi cadere!» Pronunciò queste parole quasi istintivamente, con tono perentorio. Il paggio annuì, non nascondendo una certa perplessità davanti alla reazione del guerriero.

«Avanti! Avanti!» Gli capitò in quel momento di vederlo: un capitano di grossa corporatura si adoperava per selezionare e spingere a uno a uno dei combattenti all’interno della fessura tra le ante del cancello. Dalla posizione in cui si trovava Vahram, si poteva scorgere limitatamente oltre la porta i soldati correre incolumi verso le scale delle torri laterali. Niente orde di infetti a puntellare il portone o pericoli che portassero a morte certa.

Estrasse l’arco di Nenad dal fodero alla cintola.

«Andiamo oltre il portone, raggiungiamo le torri.» Disse al paggio, per poi trascinarlo verso la stretta fessura.

Appena arrivò davanti al passaggio, la mano del capitano lo spinse dentro, ma subito dopo si appoggiò sul petto del giovane per fermarlo. «Tu no, ragazzino!» Gli sbraitò contro. A quanto pare lasciava passare solo i soldati più esperti e i veterani. Vahram non aveva tempo di mettersi a litigare con quel bestione, i due compagni si salutarono tacitamente con uno sguardo, strappati repentinamente l’uno dall’altro.

«Dovete aprire quel portone!» Fu l’unica banalità che gli venne in mente di gridargli. «Fai attenzione, yeritas!»

Ma appena si voltò verso la piazza che si apriva oltre la porta, capì che avrebbe dovuto essere piuttosto lui stesso a preoccuparsi della propria incolumità.

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«Sarà la mia ascia a reggere il confronto col vostro ardimento.»


Quelle parole parvero ammonire gli sventati che avevano avuto la dissennatezza di superare il cancello. Poco distante, di fronte al portone, si ergeva monolitico un imponente guerriero. I capelli rossi raccolti in una lunga treccia e il volto bardato da vistosi e minacciosi baffi. Stringeva nei possenti pugni una temibile ascia bipenne; nonostante le dimensioni dell’arma, pareva brandirla con spaventosa destrezza e disinvoltura, quasi fosse un fuscello.

Restava fermo dinanzi al cancello, solitario nel mezzo di quell’ampio spiazzo, quasi come un estremo e disperato baluardo tra le copiose schiere di Kreisler e la città alta. Eppure nei suoi occhi baluginava oscuro un coraggio irriducibile. Non mostrava alcun timore, alcuna preoccupazione, anzi... sorrideva beffardo e sprezzante, come se nulla potesse toccarlo.

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Non appena il cavaliere aramano mise piede nella piazza deserta oltre le mura, l’uomo dalla chioma rossa sollevò l’ascia con un gesto ieratico. Tutt’a un tratto assordanti stridii saturarono l’aria. Come sciami di vespe impazzite, da sopra i tetti, da ogni via e da ogni pertugio emersero orrende creature alate dalle sembianze grottescamente rettiloidi. Il cielo, la terra, ogni luogo in pochi secondi brulicò di quei mostri, che oscuravano il cielo e piombavano sui soldati più sventurati, strappandogli la corazza e dilaniandone le carne con i loro lunghi artigli affilati.

«Li ho chiamati orrori volanti...» Tuonò il possente guerriero, avvolto e protetto dalla torma di mostri volanti. «...e saranno l'ultimo canto che udirete.»

Tosto uno stormo di quegli... “orrori” incombette su Vahram. Non gli si avventarono contro; iniziarono a volare all’impazzata in cerchi confusi per poi esplodere in un fragoroso e potente urlo soprannaturale che fece tremare la terra. Pezzi di terreno e selciato schizzarono in aria in una nube di polvere e detriti mentre la mortale onda d’urto avanzava dirompente travolgendo qualunque cosa o essere vivente trovasse sul suo cammino. Preso alla sprovvista, in un atto di disperata difesa il cavaliere aramano si coprì il volto con il mantello per proteggersi.

Ciò che accadde subito dopo lo sorprese assai.

Udì l’onda sonora abbattersi violentemente sul portone alle sue spalle, scuotendo violentemente le robuste assi di legno con un rumore secco, ma lui era miracolosamente illeso; sentì solamente la pressione dell’aria premergli dolorosamente sui timpani per pochi attimi, facendogli fischiare le orecchie.

Appena si scoprì gli occhi, non riuscì a trattenere un’espressione di stupore nel vedere che la terra dinanzi a lui si era sollevata fino a formare una solida barriera, proteggendolo dall’attacco. Solo in quel momento notò proprio alle sue spalle il bizzarro incantatore che si era infilato nella breccia subito dopo di lui: un elfo di alta statura, dalle lunghe orecchie a punta e capelli corvini raccolti in una coda fluente. I suoi lineamenti delicati erano inaspriti da una scabra barba incolta. Si adoperava come meglio poteva a contrastare gli orrori volanti sparando dalle proprie mani tatuate una sorprendente varietà di proiettili e scariche elementali. Senza dubbio era lui il suo salvatore.

Non si dissero nulla, si limitarono a scambiarsi un breve ma eloquente sguardo d’intesa prima di tornare a combattere il nuovo soverchiante nemico.

«Non ho altra scelta, dovrò usarla se voglio sopravvivere.» Considerando le poche alternative che gli rimanevano, Vahram acclarò che l’unico modo per sfuggire a quella situazione critica era sfoltire l’orda di nemici e aprire una breccia. Ma per farlo serviva un’offensiva di grande potenza... e lui aveva un asso nella manica.

«Nenad... Fratelli... datemi la forza.» Non sarebbe morto in mezzo a quel campo di battaglia come un povero sciagurato, non avrebbe fatto la fine di molti suoi compagni schiavi guerrieri. Con un rapido gesto afferrò i lembi del mantello e lo aprì, rivelando attaccati all’interno diverse file di sacchetti di stoffa. Ciò che contenevano, gli orrori lo avrebbero scoperto presto.

Al Patchouli fremette dal dolore nel sentire il pungente formicolio che gli bruciava la mente mentre si connetteva a quella smodata quantità di polvere mentale. Era cosciente che quell’attacco lo avrebbe martoriato, ma non aveva scelta, se voleva salvarsi e salvare i suoi alleati.

Dal mantello del guerriero esplose un vorticoso turbine di petali variopinti che subito si allargarono in un’immensa nube cangiate e frusciante, riversandosi sugli orrori come per inghiottirli. Se i piani di Vahram fossero andati a buon fine, il vortice di petali, mischiati alla letale droga, avrebbe investito tutti i mostri che si fossero trovati sulla sua strada, devastandogli una mente e aprendo un varco verso il possente uomo dai capelli rossi.

Fiaccato dall’immenso sforzo, si accasciò a terra in ginocchio dietro alla barriera di pietra per alcuni istanti, in preda al dolore.

«È quello con l’ascia che sembra comandarli.» La voce dell’elfo lo scosse all’improvviso come un secchiata di acqua gelida, riportandolo alla realtà. Sì, stava parlando proprio a lui.

Vahram si sporse per qualche secondo per studiare il possente guerriero nemico in mezzo alla piazza. Quel bestione pareva restare fermo, maneggiando l’ascia con movimenti ampi e precisi, quasi stesse manovrando qualcosa con grandi e invisibili briglie. Agli occhi acuti di Al Patchouli bastarono pochi secondi per capire cosa stesse facendo.

«Sì, è lui!» Ribatté a voce alta allo sciamano, cercando di sovrastare le urla delle bestie volanti che strepitavano nel cielo sopra di loro. «Osserva i suoi movimenti! Guarda!» Disse, indicando il guerriero e mimando il roteare della sua ascia con svelti movimenti della mano. «Usa quell'arma per controllarli!»

Evidentemente, se le congetture di Vahram erano corrette, i modi più convenienti per far perdere il controllo dei mostri volanti al barbaro erano: distrarlo, costringerlo a difendersi o... ancora meglio, disarmarlo. E anche per quello una soluzione risolutiva si poteva sempre trovare. Il cavaliere mise mano alla faretra ed estrasse da uno scompartimento speciale una strane freccia: al posto della punta era infissa una sferetta in legno bucherellata; dentro quel piccolo guscio era nascosta un’altra delle subdole armi alchemiche di Al Patchouli, la polvere rovente.

«Posso persuaderlo a mollare quell'affare!» Disse all’elfo, mostrandogli la freccia modificata.

«Credi di poterlo prendere da qui?» Chiese lo sciamano.

A quella domanda, sul volto del cavaliere di dipinse un lieve sorriso beffardo.

«Non è un bersaglio difficile! Nel tuo repertorio hai anche qualche trucchetto per distrarre quel bastardo?» Replicò, sbottando l’ultima frase con il classico sarcasmo macchiato di spregio che era solito riservare ai maghi.

L’elfo non parve irritarsi minimamente a quel tono, concentrato com’era a bersagliare con i suoi incantesimi gli orrori che si avvicinavano troppo.

«Un paio che fanno al caso nostro ne ho, dimmi tu quando, e dovrai colpire un bersaglio cieco.» Rispose prontamente.

Vahram non perse tempo. Si sforzò di ignorare il dolore lancinante che gli martoriava la testa e il bruciare delle ferite. Appoggiò la lancia a terra, incoccò la freccia sulla corda dell’arco e mirò accuratamente alle braccia del guerriero dalla chioma rossa, cercando di scorgerle tra i mostri volanti che gli sciamavano intorno.

«Sempre pronto, aper!» Esclamò, puntando con mano ferma al bersaglio.

L’elfo fulminò un ultimo orrore con una saetta e poi iniziò a concentrarsi, come intento a lanciare una qualche incantesimo.

«Tutto tuo, aper.» Disse dopo alcuni secondi, cercando di ricambiare quell’intercalare della lingua aramana.

A Vahram sfuggì un sorriso, ma senza distogliere minimamente l’attenzione dal suo obiettivo. I suoi occhi e la sua mente erano piantati oltre il punto esatto dove avrebbe colpito la freccia, come la tradizione degli arcieri aramani insegnava. Gli bastò lasciare la cocca e la freccia saettò sibilando rapida e precisa verso uno dei polsi del barbaro.

Il destino di innumerevoli vite gravava su quella fragile asticella di frassino; se per sventura fosse stata deviata da uno di quei mostri volanti, forse quella sarebbe stata davvero la fine di Al Patchouli, la Volpe degli Altopiani.

Non poteva permettersi assolutamente di sbagliare.



Personaggi
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Alto) Ferita da freccia sulla schiena (Bassa), contusione sulla guancia sin. (Bassa), danni da caduta distribuiti su tutto il corpo (Basso), ustione sulla guancia sin. (Bassa).
Mente: (Danno Alto) Danni alla mente (Alti), taglio sulla schiena (Medio Curato).
Energia: 80-20-5= 55%

Raffi: Corpo (Danno Basso): Danni da caduta alla coscia sin. (Basso).


Armi:
Yen Kaytsak: in mano.
Arco: in mano.
Spada: infoderata.

Oggetti: Erba curativa (oggetto di quest).


Munizioni
Faretra: 11-1= 10



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
[[2/10] Funerale celeste (Tecnica personale offensiva di natura psionica) ~ Consumo Variabile Alto+autodanno Alto alla Mente=Critico (50% autodanno alla Mente, 50% Energia - potenza minima: Media)]
~ Talis Mahkanats’u Mnum e Yerkink, aper...
Questa tecnica offensiva ha natura psionica e prende di mira un bersaglio singolo. Al momento del lancio, il consumo è suddiviso 50%-50% tra Energia e autodanno alla Mente.
Un turbine di petali variopinti si manifesta intorno ad Al Patchouli. Petali scelti appositamente, di fiori sacri con cui gli Aramani circondavano i defunti. Ad ammirarlo pare talmente meraviglioso da sembrare uno spirito della primavera immerso in una mulinante danza, ma appena il ciclone di petali e fiori avvolge uno sventurato bersaglio l’incanto si trasforma in orrore. Ciò che fa muovere i petali è infatti una gigantesca nuvola di polvere mentale aggregata a salvia negromante: una terrificante droga allucinogena.
Le visioni provocate da questa pianta sono a dir poco sconvolgenti: la vittima sperimenta il trapasso, l'abbandono dell'esistenza terrena. Il corpo sembra separarsi dalla coscienza, i sensi esulano dalla realtà; chi assume questa droga è obbligato a guardare sgomento ciò che vedrebbe se fosse a un passo dalla morte.
Chiunque abbia sperimentato i suoi effetti racconta di allucinazioni traumatiche: alcuni dicono di aver provato l’illusione di trasformarsi in un oggetto, una pianta o un animale, di essere un’altra persona, di guardare se stessi dall’esterno, di trovarsi in più posti contemporaneamente o di venir ghermiti da mostri o da entità oscure; altri invece testimoniano di aver rivissuto momenti del passato – soprattutto dell’infanzia – o addirittura di aver scorto fumose visioni di tempi lontani, dell’antichità o del futuro.


[ Polvere rovente (Pergamena Ladro Sabotaggio ~ Danno all'equipaggiamento.) ~ Consumo Basso]
~ Se brucia, ti conviene mollarla, aper.
La tecnica è un danno all'equipaggiamento di natura magica.
Questa polverina magica rossa è spesso celata in scomparti segreti nelle armi di Vahram o in sacchetti attaccati al mantello. Cospargendola tramite un attacco fisico sopra una precisa parte del corpo del nemico, reagisce con l’armatura che la copre o con l’arma che impugna rendendola insopportabilmente rovente al tatto. L’avversario sarà costretto a liberarsi del preciso pezzo d’equipaggiamento colpito. Non provocherà danno diretto al nemico, ma solo a un singolo pezzo del suo equipaggiamento.


Tabella riassuntiva
Sunto: Il post inizia con la scena dell'assalto al cancello. Vahram sta combattendo a spalla a spalla con un paggio incontrato per caso in prima linea. Una volta raggiunta la porta, i due cercano di passare per la piccola fessura nel cancello; Vahram ci riesce, ma un capitano dell'armata ferma il ragazzo poiché solo ai soldati più esperti è permesso passare.

Una volta dall'altra parte, Vahram si trova davanti a Gron e agli orrori. Shervaar lo difende dall'urlo castando la tecnica Dominio della Terra. Subito, per cercare di sfoltire la marea di orrori che li stanno assediando, spara su di loro un Funerale celeste a potenza Critica (Consumo Alto+autodanno Alto alla Mente) tentando di aprire un varco - ignorate quella che potrebbe sembrare una mezza autoconclusione, dato che l'attacco è psionico, anche se nella descrizione possa sembrare che li inglobi, dovranno comunque difendersi a livello psionico - e salvarsi.

Dopo aver lanciato la tecnica, Vahram e Shervaar analizzano la situazione. Grazie ai loro CS, comprendono che è Gron a comandare gli orrori con l'ascia e collaborano per cercare di disarmarlo. Prima lo sciamano tenta di accecarlo con Fuoco Fatuo, poi Vahram lo attacca con una freccia caricata con Polvere rovente (Basso) mirata alle mani di Gron, per costringerlo a mollare l'ascia.

La scena successiva con Fanie ho preferito non scriverla per questioni di lunghezza e struttura del testo. La menzionerò nel prossimo atto. In ogni caso, alla fine della scena descritta nel post, mi trascina in disparte e mi cura con l'oggetto. (Grazie mille, Fanie! ^^)
Infine mi rigetto nella mischia dietro di lei.

PS: ovviamente il tutto è stato concordato insieme a Shervaar e Fanie Elberim.
 
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view post Posted on 27/3/2014, 13:13
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Urgh! Il dolore era ritornato, fino a quel momento aveva cercato di ignoralo sia nella scalata che nel combattimento ma il sangue ruscellava dalle sue ferite, ticchettando quietamente sul pavimento di pietra.
La sua mano era insanguinata un mero tampone per arginare un fiume in piena e tossì e la sua bocca fu un ghigno rosso. Sentiva il sangue colargli dalle maglie di ferro intrecciate e fiori rossi aprirsi sotto i suoi abiti. Respirava irregolarmente e dovette appoggiarsi al muro mentre sentiva le urla dell’esercito. Rumori su rumori e non seppe dire come stava andando. Barcollò ma non si tirava indietro: aveva ancora qualcosa da fare e l’esercito nemico non era in fuga anzi tutt’altro: era arroccato e pronto a vendere cara la pelle e l’esito era tutt’altro che scontato. Il ginocchio a terra e i capelli umidi e zozzi di sudore e sangue gli erano davanti agli occhi, occhi diamantini e feroci che brillavano nefasti, ardenti di un fuoco che era la sua volontà: grugnì qualcosa mentre fece leva sulla spada per alzarsi.
Anche ferito si sarebbe mosso con la sua volontà, non servivano i muscoli per Rogozin: potevano spezzarlo ma si sarebbe alzato, impugnato le sue armi e dato battaglia finché non si fosse sentito sconfitto. E lui non era sconfitto…sputò un grumo di sangue pastoso e saliva per terra e fiammeggiò con gli occhi: si strappò lembi dagli abiti per tentare di avere delle garze e delle bende con cui, almeno in parte, arrestare l’emorragia e tenere duro. Non poteva fare altrimenti. Fiammeggiò lo sguardo quando sentì dei rumori provenire dal basso: armi in pugno pronto a battersi, Rogozin era pronto anche a morire. Calmo come acqua stagnante, leggero come l’aria il suo animo era pronto a anche a morire; le spade davanti al suo viso rimandarono la sua espressione determinata ma non era quello, ancora, il momento per morire.
Erano arrivati i rinforzi ed era ora. Le cotte di maglia degli uomini del Nord erano sbrecciate, ammaccate, chiazzate di sangue, così come lo erano i loro visi ma un apertura cè l’avevano fatta a crearsela. Un varco ed ora potevano aprire il cancello.
Dette uno sguardo ad uno di loro: un solo lieve cenno del capo era tutto quello che dovevano dirsi in guerra e in quel momento, non v’era bisogno di altro. Il loro pensiero doveva essere volto altrove.
Sarebbe sceso anche lui nella mischia. Scese le scale di corsa e si rese conto di come una parte era passata ma il cancello era ancora fermo e immobile nonostante tutto. Si era alzato solo di poco segno che l’altro argano non era stato attivato e si voltò freneticamente da una parte all’altra constatando il campo di battaglia. Se l’esercito non fosse passato del tutto sarebbero andati di fronte a morte certa.
La loro avanzata era stata tagliata quasi del tutto e dovevano fronteggiare la minaccia che venne dal cielo: accompagnata da uno stridore come lastre di ghiaccio che si spezzano. Erano umanoidi che sfrecciavano nel cielo, oscurandolo come nubi temporalesche pronte ad abbattersi su di loro. Erano nudi, spogli del tutto, ma dotati di ali al posto delle braccia e gambe artigliate. In viso avevano occhi simili a rettili e bocche larghe dal quale emettevano uno stridio insopportabile.
Stavano tra due fuochi: da una parte il cancello, dall’altro quegli esseri che stavano calando in picchiata. E lui, soprattutto lui. Un uomo robusto con una treccia rossa; grossi baffi che contornavano una mascella prominente ed occhi scuri, pregni di coraggio.
Reggeva senza problemi una pesante ascia bipenne e la sferzava nell'aria dall'alto dei suoi due metri. Mentre l'ascia si smuoveva, produceva un sibilo acuto, facilmente distinguibile. Sembrava una specie di segnale d’attacco per quegli esseri che erano comparsi nel cielo di Lithien pronti a calarsi, come falchi, su di loro. La situazione si stava volgendo al peggio: continuare così sarebbero morti senza poter fare nulla. Il loro esercito era al di là dell’immane cancello, nella piazza del Pantheon solo uno sparuto gruppo di guerrieri, su di loro la morte alata con fattezze di umanoidi.
Dardeggiò con lo sguardo l’uomo e doveva prendere una decisione in fretta, restare lì era solo di pezzo doveva darsi una mossa e in fretta.
Gli orrori volanti, così li aveva chiamati, si asserragliarono attorno a lui come un muro fatto di ossa, carne, e ali. Mentre si smuovevano rapidamente nell'aria, emettevano un sonoro stridio: una massa invisibile di suoni inumani che avrebbe dilaniato le orecchie di chiunque avesse udito. Si mise le mani sulle orecchie per cercare di attenuarlo e crollò sul ginocchio e dovette far fronte al suo coraggio e volontà per ritrovare la sua lucidità d’azione.
Ne vide due di quei cosi scendere in picchiata e le lame danzarono, si baciarono con gli artigli, si abbracciarono e poi si lasciarono. Scintille esplosero ad ogni colpo, ad ogni danza mentre i capelli di Rogozin si muovevano sinuosi come le sue lame che sembravano naturale prosecuzione del suo braccio.
Artigli e lame tornarono ad incrociarsi, a cozzare l’una contro l’altra, un fendente dopo l’altro, un affondo dopo l’altro, una parata dopo l’altra. Il respiro della Rosa si faceva pesante il sudore scendeva copioso ma sorrise guardandoli. Lame danzavano nelle sue mani intercettando i loro colpi. Ne blocco un secondo, un terzo, poi arretrò di un passo e sorrise ancora. Artigli graffiarono solo l’aria e un movimento ad uscire videro: un vortice di colpi, fiori rossi come sangue si aprirono nella carne mostrando le viscere. L’ennesima parata e l’ennesimo affondo dritto alla gola. Gorgogliò qualcosa quell’orrore e la lama, con un movimento fluido e un rumore viscido, si ritrasse per poi colpire di nuovo e staccare la testa di quella cosa. Si asciugò la fronte e riprese fiato.
“Temibili nemici…in fretta…” pensò in quegli attimi. Quanti erano dannazione? Troppi, ma forse il loro numero, il modo in cui si accalcavano su Krogron…” potrei sfruttare questo. Il loro numero e avvicinarmi…l’inganno e il nascondersi. L’Ala Rubra non fa lo stesso?”
L’Ala Rubra, Fratello martin, una piuma rossa che scintillò e ali che si aprirono mostrando luce e piume d’oro striate d’argento. E poi fu come loro: si alzò nel cielo, tentò di mischiarsi a quegli orrori e tentare di essere come loro per poi avvicinarsi a Gron. Se volteggiavano attorno al ui forse poteva essere la soluzione migliore. Forse suicida ma se la testa cadeva anche il resto dei difensori sarebbe crollato e avvicinarsi senza essere visto, mischiato, trasformato come loro era un rischio ma era anche l’unico modo per far scivolare Antares tra le sue costole e far si che altri lo finissero. Il suo compito era solo quello di fiaccarlo e basta.
Sempre bisognava avere chiaro in mente il proprio scopo, il proprio obbiettivo: la sua lama era al servizio, oggi, e a questo servizio, per Lithien, lui si sarebbe inginocchiato.





Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico: Alto da squarcio sul petto. Basso(causate da frecce). Status Psichico: Basso; MedioConsumi energetici in questo turno: 10%;
Riserva energetica residua: 15%

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Presenza angelica:
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sè in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sà bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Attraverso la piuma rossa ottenuta da Martin al termine delle sue avventure nell'Alcrysia, Rogozin è entrato in possesso di uno dei peculiari poteri del Padre di Ferro, che quest'ultimo gli ha donato come ricompensa per i suoi servigi. Come il Signore dell'Ala Rossa, l'angelo è divenuto in grado di modificare il proprio aspetto e trasformarsi a seconda delle necessità. Spendendo un consumo Medio e per la durata di due turni compreso quello d'attivazione, egli è in grado di assumere una forma completamente differente da quella originale, nascondendosi dai nemici oppure apparendo loro molto più terribile di quanto non sia in realtà; tali forme sono soltanto aspetti, e mutando in essi Rogozin non perderà alcuna delle sue capacità originarie. È una tecnica di natura magica e può essere dissolta con tecniche apposite.
[PIuma Rossa 4/10(Medio)]

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<b> Riassunto e Note:
Mi curo da un medio al corpo, sotto forma di bende e mi lancio giù nei combattimenti. Mi rendo conto che nonostante tutto siamo in una situazione critica e questo non và bene, per cui Rogozin deve prendere una decisione in fretta perché non può restarsene come un baccalà. Affronto auto conclusivamente due orrori e poi sfrutto l’ultimo turno di ali angeliche. Sfrutto l’abilità della Piuma Rossa trasformandomi in questi esseri e cercando di avvicinarmi a Gron. Se gli si muovono attorno, tento di mischiarmi a loro per poi colpire da dietro. Forse mi suicidio, visto che se mi scoprono ne avrò a centinaia addosso – o forse mi fanno fuori i miei compagni, ma rischio il tutto per tutto sperando che sia troppo occupato a pensare agli altri e non a me. Così come gli orrori spero siano così stupidi.
Rischio e che la fortuna mi assista.

 
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The Grim
view post Posted on 27/3/2014, 17:23





Lithien, poco prima delle mura

Aveva perso i suoi compagni durante la lotta nella torre, così come lui si stesso si era smarrito. L'esplorazione che aveva condotto non era stata granché utile a quanto pare, visto che non riusciva a trovare dove fossero gli altri, e come riuscire a raggiungerli.
E se si fosse trovato solo contro quelle orde?
I suoi compagni sopraffatti e la missione fallita?
Che avrebbe fatto allora?

Sarebbe fuggito o avrebbe cercato in ogni caso di portare a compimento il suo dovere?

Il suo cuore sussultava di fronte a scelte di tale portata, non era fatto per dilemmi simili anche se aveva viaggiato fin all'estremo nord per scoprirlo, per capire se fosse un codardo e vile oppure un campione. Rumori di titanici meccanismi e urla di gioia lo distolsero da simili considerazioni, rimandando la scoperta ad un momento successivo. Riuscì a trovare le scale e uscire dalla torre attraverso un passaggio secondario, forse un uscita per i magazzinieri, che lo condusse in un vicolo sporco e tetro. Le moltitudini già si ammassavano dietro le mura e l'enorme cancello, pronti a far breccia nel cuore della città. E mentre Jace cercava di raggiungerle notò qualcosa, appena più di un'ombra e si bloccò. Non era però un nemico, e nemmeno uno sconosciuto, ma una figura a cui aveva già parlato nell'accampamento, qualcuno a cui aveva predetto il destino: Malhazar, il profeta come lo chiamavano alcuni.
Non capiva se fosse sveglio o addormentato.

" Sciamano, tutto bene? Sei ancora in te? "

Si avvicinò cautamente e in quel momento si accorse di una stranezza che lo fece sobbalzare: due grosse ali si aprivano dalla schiena dell'uomo, che stava mutando proprio come le creature che aveva affrontato in questa folle battaglia. Le sue dita si irrigidirono sulla dura asta del suo Becco di colibrì. Non puntò però la lancia al petto dell'uomo, preferendo non allarmarlo. Avrebbe avuto occasione di trafiggerlo comunque, meglio non lasciar trasparire le proprie intenzioni.

" E quelle sono tue? "

" Non hai intenzione di attaccarmi vero ?
un lampo di ferocia quasi animale passa per un instante nei suoi occhi
Alcuni soldati ci hanno già provato...
Non sono stato in grado di controllarmi e non hanno fatto una bella fine.
"

" Santo cielo! "

Un passo indietro, quanto bastava per essere sicuro che l'altro non gli saltasse addosso, e per poter reagire in tempo. La fortuna voleva che l'uomo non avesse perso il senno, ma bisognava essere cauti poiché i suoi occhi ardevano aggressivamente, la minima scusa e forse l'avrebbe attaccato.
Mentì.

" Non ho intenzione di farti del male, per ora, ma ho visto i contagiati perdere il senno in breve tempo. Non so quanto a lungo potrai ancora essere lucido. "
"Non importa,
quando non sarò più lucido ci sarà qualcuno in grado di fermarmi.
Ho sprecato molte energie, tra un po' non sarò comunque in grado di lottare, ma se hai visto gli altri contagiati ti sarai sicuramente accorto di come combattono.
"
" Si, ho dovuto ucciderne qualcuno un po' per arrivare fin qui, sono ferocia allo stato puro "
"Non posso fermare l'incedere del morbo, ma posso usare le sue mutazioni a nostro vantaggio. Potrei ritorcere contro i nostri nemici la loro stessa arma "

Quell'era un'interessante svolta. Decise di rischiare, di fidarsi forse di quello sconosciuto e commilitone, di dargli una possibilità. No, non l'avrebbe ucciso, gli avrebbe permesso di redimersi e farsi martire per loro tutti. E se qualcosa fosse andato storto, l'avrebbe terminato alle spalle, possibilmente senza farlo soffrire. Era la cosa giusta da fare, ne era quasi certo.

" Se non dovessi riuscire a controllarmi, se dovessi iniziare ad attaccare i nostri alleati cerca di fermarmi...
Logico.
senza uccidermi se non ti è di disturbo "
Quella era follia. Come avrebbe dovuto farlo nel pieno di una battaglia?
Annuì, ma il gesto tradiva la sua insicurezza, e forse l'altro lo capì. Cercò di giustificarsi.
" Ci proverò, ma la battaglia sarà confusionaria, non posso prometterti niente come ben sai. "
Un momento di imbarazzato silenzio gelò l'aria dopo quelle parole sconfortanti. Che fare?
Fidarsi? Provare un gesto così strano?

" Come procedono le cose? Siamo riusciti ad aprire una breccia? L'ultima azione razionale che ho compiuto è stato far saltare in aria una delle torri. L'edificio ha resistito ma gli infetti al suo interno sono morti...Ho perso il contatto con la realtà non appena uscito... "
" Si ci siamo riusciti,
l'esercito si sta affollando davanti alle porte della città per entrare in massa ma vedo che saremo costretti ad intrufolarci alla spicciolata.
Vediamo di farci largo fra gli altri soldati e portarci in prima linea.
"

" Non posso presentarmi in queste condizioni.... Le ali sono troppo evidenti anche quando le ritraggo e lo stesso vale per gli artigli. Posso dire che la mutazione è frutto di una magia, sono uno sciamano dopotutto.
Ma per il momento è meglio trovare qualcosa per nasconderle,
un mantello potrebbe andar bene -

Lo sciamano cercò di raddrizzarsi ma ebbe un attimo di smarrimento.
- In più ho bisogno d'acqua e di qualcosa che mi rimetta in forze. "

Jace annuì, notando due borracce d'acqua da terra, perse da chissà quale soldato, e le prese. Lo sciamano aveva ragione, così sarebbe stato sospetto, forse addirittura attaccato a vista, bisognava trovare una soluzione; fortuna che lui ne aveva già una.
Aveva una certa pozione che avrebbe fatto al caso loro. Porse quindi l'otre all'uomo e subito dopo una piccola ampolla azzurra.

" Tieni, oltre all'acqua bevi anche questa nonostante il sapore amaro,
è una pozione molto potente: apparirai agli altri come normale.
"

Detto questo anche lui prese a bere per rifocillarsi.

" Ti devo un favore fratello.
Al diavolo, dopotutto sei un mastigos, argomenti del genere non dovrebbero sconvolgerti.

Era nervoso mentre parlava, dubbioso. Si capiva che non riponeva in toto la sua fiducia nello Stregone, ma forse quel dono l'aveva in un certo qual modo portato a rischiare.
Io posso riportare in vita le persone.
Non ti auguro di avere bisogno dei miei servigi, solo sappi che se mai dovessi averne bisogno.
Il morbo mi impedirà di poter essere utile in questo senso in battaglia, ma ciò non toglie che se dovessi riuscire a contenermi ancora per un po' il mio potere potrebbe fare la differenza.
Ti ho chiesto di non uccidermi anche per questo.
"

Riportare in vita i morti?
Jace era stupito, un potere simile aveva dell'incredibile, quasi del divino.
Quell'uomo avrebbe potuto mettersi al servizio di re e imperatori, ed essere ricchissimo. Avrebbe perfino potuto fingersi santone e radunare proseliti facilmente,
raggiungere qualsiasi obbiettivo con un potere simile; sempre che non stesse mentendo.

" Puoi riportare in vita le persone? Questo è...
impressionante.
Non ti ucciderò, ma non posso garantire che tutto l'esercito mi imiti, cerca di volare lontano quando senti di non resistere più.
"
Sperava solo di non vedersi costretto ancora una volta a quella scelta.


ɲ Ɏ ɳ

Lithien, oltre il cancello

Quel che li attendeva non era un esercito, era uno stormo. Nugoli di uomini alati, neri come il crepuscolo, che volteggiavano nei cieli. Lo stregone guardò con terrore verso lo sciamano, ma sembrava sorpreso quanto lui, non certo ferocemente pronto a saltare addosso ai soldati di Kreisler. E se la pozione mutaforma celasse anche questo effetto?

Era un piano perfetto, gli altri non si sarebbero accorti dei mutamenti di Malhzar fino all'ultimo istante, quando sarebbe stato troppo tardi. Una pessima scelta la sua, forse fatale, per tanti o forse proprio per lui, unico custode di quel segreto. Le dita sottili dell'uomo si strinsero ancor più saldamente attorno all'asta della propria picca, il retaggio dei più poderosi cacciatori dell'Eden; lui non sembrava proprio uno di loro commettendo errori così sciocchi. Un soldato avversario con una grande ascia in mano che mulinava baldanzoso, urlava contro l'esercito, e a un suo segnale gli orrori volanti calarono verso di loro. Non c'era più tempo per pensare al profeta, doveva prima salvare la pelle. Ripassò le stregonerie che conosceva, cercandone una adatta all'occasione, e finalmente trovò quella adatta. Sussurrò il mantra dell'incantesimo, poi estese la sua mente il più possibile tutto intorno a sé. Nere catene ruppero il pavimento, sollevandosi verso il cielo, aggrappandosi a tutti i mostri vicini a Jace oltre che all'uomo barbuto. I ceppi di ferro brunito si sarebbe stretti attorno alle vittime, per trascinarle al suolo ferendole nell'impatto e lasciandole alla mercé dei soldati che avrebbero potuto finirli come più piaceva a loro. Uno per l'appunto si schiantò davanti al cartomante che con un affondo ne trapassò la gola, uccidendolo. Il comandante di quegli esseri però era troppo distante da lui perché potesse fronteggiarlo, dovendo nel frattempo combattere anche quegli altri mostri. E sopratutto voleva tener fede alla sua parola ed alla sua responsabilità: doveva tener d'occhio il veggente. Prese dunque una carta dalla tasca, il fante di bastoni del suo mazzo di arcana minori, e la lanciò in aria lasciando che venisse cullata dal vento; quando toccò terra un piccolo sbuffo di fumo si sollevò dal suolo. La carta era sparita e al suo posto stava un giovinastro barbuto alto quasi due metri, vestito con rossi e verdi brillanti e armato di un enorme randello, quasi un tronco scippato dalla terra. Il fante caricò frontalmente trascurando ogni altra cosa, e si gettò addosso al guerriero con l'ascia, tenendo la mazza con entrambe le mani e pronto a spaccarla sulle braccia dell'uomo. Avrebbe mulinato il suo randello da destra verso sinistra, in un colpo obliquo che assecondava la forza della sua corsa, e che mirava a colpire le mani dell'uomo per impedirgli di combattere. Così aveva comandato il suo evocatore, e lui avrebbe ubbidito.


Z18bS

specchietto
CS: 4 | Intelligenza 2 Prontezza 2
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: Leso, ferita Bassa alla fronte, danno Medio da ustione al petto, autodanno Basso alla mancina;
Stato Psicologico: Scosso, danno Basso da strillo acuto, autodanno Medio di vertigine;
Energia: 50 +10 - 20 -10 = 30 %

Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Estraendo la vena è riconoscibile come cacciatore di nemici del Sorya,
° Non soffre di stenti/intemperie all'interno delle terre dell'Eden;


Riassunto Post: Jace e Malzhar si reincontrano e hanno una breve chiacchierata. Entrambi bevono un sorso d'acqua da delle borracce trovate a terra (oggetto che ristora le energie del 10%) e poi il Cartomante offre la pozione di Lacrime della strega (Gemma della Trasformazione) che la usa per nascondere le proprie mutazioni. Fatto questo si uniscono allo scontro contro gli orrori.
Jace usa prima Giustizia (ad area) per influenzare alcuni orrori volanti attorno a lui e Kogron Nuborok, poi uccide un mostro volante con un attacco fisico. Fatto questo preferisce non esporsi ed evoca il Fante che scaglia contro il generale con l'ascia, ordinandogli di caricarlo frontalmente.

Attive:

CITAZIONE
Giustizia:
Con un Alto consumo di energie Jace invoca questo Tarocco genera una potente malia capace di bloccare i suoi nemici. Con uno sguardo sarà infatti capace di introdursi nelle menti degli avversari e fargli vedere delle pesanti catene nere che sbucheranno dal terreno, si avvilupperanno attorno vittime per poi trascinarle al suolo. Tutti coloro non si abbiano difeso la propria mente sarà influenzato da tale illusione che impedirà a chiunque ne sia colpito di muoversi dalla propria posizione per il singolo turno di cast, e infliggerà un danno basso alla mente per la malia, e basso al corpo per la costrizione fisica. [Pergamena Opprimere]

Fante:
Chiunque in battaglia ha bisogno di qualcuno che gli guardi le spalle, che lo affianchi, di un compagno fedele e pronto a sacrificarsi per lui. Ma quelli in carne ed ossa sono infidi, tengono proprio alla propria vita, sono pronti a tradire per denaro o per promesse. Per questo qualunque guerriero accorto sa di doversi affiancare con un compagno completamente asservito e fedele: basterà un consumo Medio all’evocatore perché in campo compaia un giovane fante di aspetto personalizzabile. Egli disporrà di due CS in Forza e due in Velocità e rimarrà in campo per un solo turno, per poi scomparire in un vortice di carte. [Tecnica evocatoria di potenza Media][e]

Note: Il dialogo con Malzhar è stato precedentemente concordato fra noi.
Ho personalizzato l'oggetto di cura messoci a disposizione come una borraccia d'acqua che ristora il 10% di energia. Ho descritto che ne davo una anche a Malzhar, perché lui avrebbe dovuto fare lo stesso nel suo post che spero arrivi entro breve, non per aggirare il limite impostoci dal Qm.


 
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view post Posted on 29/3/2014, 19:46
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Gretti e rozzi.
Come avare bestie affamate di odio e carne, gli infetti si smuovevano in preda alla follia armata della pazzia che li cingeva. Occhi sbarrati, pupille dilatate e sguardo vacuo che fissa il vuoto con rabbia e frustrazione; le loro facce erano sintesi di tutta quella prepotenza infettata di velenoso istinto primordiale, cui si mischiava la furia di immagini ambigue che conduceva i più sull'orlo della pazzia.
La maggior parte, però, semplicemente regrediva verso un istinto ferale che li spingeva ad uccidere ed a mangiare.

I soldati serrarono ancor di più i ranghi, stringendosi a quadrato e schiacciando le file contro il cancello.
La fessura stretta tra le due grosse ante si era smossa ulteriormente, permettendo all'esercito di iniziare il deflusso verso l'acropoli. Non era abbastanza, comunque; invero, non era abbastanza veloce.
Diverse decine di soldati fluivano rapidamente attraverso la feritoia, ricompattando squadroni assemblati al di là del cancello. Eppure, non era abbastanza. Gli infetti premevano con vigore ed assaltavano le prime linee con aggressività sempre maggiore, costringendo i soldati ad indietreggiare e spingendo tutto l'esercito ancor di più contro il freddo marmo delle mura.
« Capitano Arkros, signore » disse un ufficiale di prima linea, diretto al suo superiore che gli stava di fianco « non reggeremo ancora per molto »
« il deflusso attraverso la feritoia è lento; perdiamo uomini molto più velocemente di quanto possiamo salvarne »
Il Capitano si guardò intorno, rinfacciando la realtà contro i volti deformi dei suoi nemici. Avrebbe voluto dissimulare parole di conforto, ma dovette infondere tutto il coraggio di cui disponeva per non rispondere con un urlo disperato. « Arriveranno i rinforzi molto presto, tenente; sfonderanno le linee nemiche dalle spalle, dandoci tempo per riorganizzarsi »
Il Tenente che gli stava di fianco strinse la spada nel pugno, smuovendola nel vento per respingere un paio di infetti. Un altro soldato, al suo fianco, si lanciò contro di loro, affondando la lama nel petto urlante.
« Non saremo vivi quando arriveranno, signore - e questo lei lo sa benissimo » aggiunse, sconsolato.
Il Capitano fissò il suo riflesso nella spada, cogliendo un particolare che non aveva notato prima. L'armonia del suo viso, infatti, sagomato coi tratti duri degli uomini dell'Est, veniva interrotta da un ammasso di carne, un'escrescenza cresciuta vicino all'occhio destro, poco sotto la tempia. L'escrescenza si ingrandiva a vista d'occhio e l'uomo, scorgendola, ebbe un sussulto; sbarrò gli occhi e per poco non ricadde sulle sue gambe. L'altro lo fissò con orrore: il grosso ascesso divenne violaceo e si lacerò nel centro, schiudendosi lentamente e versando un liquido biancastro e lattiginoso.
Molto presto il grumo di carne assunse le forme di un grosso occhio, con una pupilla rossastra che - animata da vita propria - si guardava in giro nervosamente.
« U-uccidimi » disse l'uomo, in uno stato ormai molto prossimo di incoscienza « prima che sia troppo tardi. »
Il Tenente non se lo fece ripetere due volte: sfilò la spada dal fronte e la diresse contro la gola del suo superiore, affondandolo in un unico colpo netto. La lama tranciò il collo con un rumore sordo, in un vigoroso taglio secco. La testa dell'uomo, poi, vibrò e si contorse anche dopo il fendente, come animata di vita propria. Infine ricadde sul lato, appesa ad un lembo di carne ed un piccolo fascio di nervi.

Quando l'uomo ebbe terminato di fissare il suo superiore, si guardò in giro - realizzando di essere rimasto il più alto in grado della sua unità.
Fissò il suo secondo poco lontano, per poi afferrarlo per il bordo della corazza. « Manda un messaggio al Generale Kreisler » disse, perentorio « digli che stiamo morendo, qui »
L'uomo fece un segno di assenso, lanciandosi verso il cancello. Il Tenente, invece, afferrò da terra la spada del suo superiore ormai morto e si lanciò contro gli infetti, con un urlo di rinnovato orgoglio.


_____________________________________


Una sonora freccia divampò nella massa di orrori. Un piccolo raggio di sole che si sforzò di acuirsi oltre la barriera di male e carne che ricopriva Kogron Nuborok; un lamento di inedia si levò dagli occhi degli orrori, che fissarono quel raggio di doglianza sfrecciare tra loro indisturbato e virtuoso.
Forse per capriccio del destino, fortuna o - più probabilmente - perizia di chi l'aveva scoccata, la freccia evitò ogni ostatolo; trapasso arditamente braccia contorte, occhi iniettati di rabbia ed urla fragorose, fino a raggiungere l'esatto punto in cui la mano ferma dell'uomo chiamato Gron teneva la sua pesante ascia. Un vascello di coraggio si schiantò contro il muro del suo muscolo: tirato e livido di rabbia, Gron non avrebbe mai pensato potesse perdere la presa.
Potesse sfuggirgli; potesse patire quell'attimo di debolezza in cui una sottile polvere ingannevole lo costringeva ad allentare la presa. A smuovere la mano salda: a lasciare l'asta, perfino.

Eppure accadde. Accadde tanto rapidamente che il Barbaro Rosso ci mise qualche istante a comprendere.
Scuoteva l'ascia con tanto vigore che sembrava richiamasse un tornado intorno a se. Nel mentre, gli orrori si smuovevano con altrettanta foga, quasi richiamandosi a vicenda in un avvicendamento di cicliche svirgolate nel vento di Lithien. Quando, però, la presa fu costretta a cedere, il movimento rotatorio che l'uomo aveva dato all'ascia gli si ritorse contro: l'arma si lanciò nel vento, alzandosi in volo come un gabbiano cui era stata restituita la libertà. Uno scherzo del fato, pensò: e mentre la fissava smuoversi nell'aria, alzarsi rapidamente ed allontanarsi da lui, rimbrottava qualcosa al vento. Frasi d'ira, miste in un connubio fragoroso di incredula sorpresa.
Frasi che si persero, lontano da lui. Come la sua arma.

« Incauti, ma fortunati » sbottò poi l'uomo, lasciandosi andare ad un più rilassato sorriso.
Quasi parve prendere con filosofia lo sfortunato scambio che l'aveva disarmato; la sorpresa per aver perso la sua fida ascia, parve scioglierlo in un ardimento più fascinoso che - superata la rabbia iniziale - si era disciolto in un tono più divertito.
Nel mentre, gli orrori parvero cogliere la differenza. Il suono sordo che le asce producevano percuotendo il vento ritmicamente, infatti, si arrestò all'istante e gli orrori si stranirono a quella perdita. Fu come vederli confusi, rapiti da una libertà insperata, che li coglieva impreparati ed incerti. Per questo iniziarono a sferzare nell'aria, a volteggiare tanto rapidamente che smuovevano l'aria con sferzanti rappresaglie. Gron lo percepì e dovette scuotersi con vigore da quella divertita perplessità con cui aveva colto la perdita della sua arma. Inarcò le ciglia, per scorgere meglio i suoi nemici al di là della massa di orrori che ormai gli volteggiava intorno senza controllo.
Al tempo stesso, poi, afferrò una fiasca attaccata alla cintura, ingurgitando qualcosa con estrema rapidità. « Eppure, non mi serve una grossa arma per farvi a pezzi » urlò, cercando di superare il continuo starnazzare incontrollato che le bestie ormai producevano nell'area. « Brucerete » disse poi, fissandoli con rinnovato odio « e di voi non rimarrà nulla. »
Afferrò, dunque, due grosse lame dalle sue spalle; spade ricurve, alte e luminose, che espose al tiepido sole del Nord come un trofeo di guerra. Poi, soffiò su di esse, premendo il ventre ed emettendo tutta l'aria che aveva nei polmoni. Per qualche ragione, l'aria parve calda: rovente. Poi, divenne fiamma ed infuocando finanche le lame dinanzi a se.
Gron agitava le spade roventi, creandosi un varco nella massa informe di orrori che sferzava l'aria in ogni dove, ormai. Infine, soffiò nuovamente in direzione di coloro che l'avevano attaccato, investendoli con una vampata di roventi fiamme. Ad esse fece seguire le due lame infuocate, che lanciò contro i suoi due principali assalitori, colpevoli di averlo sorpreso, in quella fredda giornata di Lithien.
« Non mi separerete facilmente della mia ascia » disse poi, lanciandosi in direzione del punto ove l'arma era caduta



littlecoqmpointwinterreLa quest volge verso la sua conclusione; siete vicini all'acropoli, ma i problemi non sono finiti. Il cancello, infatti, permette il passaggio dei soldati, ma le pressioni degli infetti sono molto forti e si perdono più soldati di quanti se ne "salvino" oltre il cancello. Sfondarlo è impossibile, in quanto non sembra smuoversi più di quanto si sia già aperto. In compenso, vi parlano di un nuovo gruppo dell'esercito in arrivo, ma non avete tempo per aspettarlo.
In compenso, dall'altra parte del cancello c'è Kogron Nuborok che impedisce l'accesso al Pantheon, ovvero al cuore della città (dove c'è Irwing Ravelon, Signore della Guerra di Lithien).
In questo senso, potete decidere quale "ambientazione" della battaglia combattere. Circa Kreisler: sapete che sta combattendo dalle parti del cancello, ma non sapete bene dove.

Al cancello. Chi è rimasto fuori dal cancello e decida di non passare la feritoia per raggiungere Kogron, vedrà la situazione precipitare. Per ogni soldato che muore, nasce un infetto (Apocalisse Zombie? Is that you?), circostanza che aumenta la pressione di questi e rende difficile alle prime linee il combattimento. In tal senso, siete testimoni di atroci visioni: vedete ex compagni d'arme mangiarsi tra loro, mostruosità ed aberrazioni nascere nei corpi di normali uomini e altre cose del genere. Tale visione vi incute un senso di paura/nausea (potete decidere come "patirla") che agirà come una passiva psionica (difendibile come tale). Il vostro scopo in questo turno è prendere tempo: arrestare l'avanzata con le ultime forze che vi sono rimaste. Siete coscienti che presto arriveranno i rinforzi. Non siete coscienti, però, di quanto "presto" ciò avverrà. Enjoy!

Dietro il cancello. Chi sta affrontando Kogron non se la passerà meglio. L'attacco di Vahram (Orto 33) ha avuto successo e Kogron ha perso la presa della sua ascia. Non controlla più gli orrori, ma la cosa non è propriamente un bene. Gli orrori adesso si muovono nell'aria senza controllo, ostacolando la vostra vista. Questo non vuol dire che non ci vedete, ma che focalizzare l'attenzione sul vostro bersaglio sarà alquanto difficile (vorrei che questa circostanza venisse riscontrata nei post; potete aggirare l'ostacolo con qualunque rimedio, anche abilità passive, purché non lo ignoriate ecco). Poi Kogron attacca: precisamente lancia un'ondata di fuoco ad area a potenza alta (danno medio per ciascuno) e scaglia due spade ricurve infuocate contro Shervaar e contro Lhotar (ciascuna ascia infuocata va considerata come una tecnica a potenza Media). Dovrete difendervi e contrattaccare. Contate che Kogron sta cercando di riprendere la sua ascia; inutile dirvi che dovrete impedirglielo.

Infetti. Per gli infetti valgono le indicazioni di prima. A questo punto della battaglia l'infezione dovrebbe avervi fatto impazzire totalmente, comunque; quindi interpretate di conseguenza, liberamente.

Come sempre, chiunque voglia aggiungersi può farlo in ogni momento: basterà seguire le indicazioni, o ruolare liberamente in sintonia col contesto della quest. Non ci sono reali limiti: è tutto rimesso al buon senso, in ogni caso. Io posterò tra 5-6 giorni circa, come prima. Per qualunque dubbio o domanda, chiedete pure in confronto.
 
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