Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Im Dorfe, Capitolo VI: Ritorno a Lithien

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The Grim
view post Posted on 19/4/2014, 00:26





Lithien, al centro della battaglia

Un oceano in tempesta si agitava sotto l'influsso dei forti venti e delle sotterranee correnti, onde si innalzavano per abbattersi con furore su quegli stessi mari o qualsiasi avversità ostacolasse il loro cammino, e lo stregone era al centro di tutto. Solo che non si trovava lontano da qualche costa oceanica, bensì nel centro di una città, o più di preciso fra gli scontri tra liberatori e mutanti; ed aveva scelto scioccamente di diventarne uno dei fulcri. La sua sagoma, fattasi gigantesca, era circondata da orrori volanti, che tentavano di azzannarlo; trapassando l'illusione da una parte all'altra senza capirne la natura per via della mente corrotta dal dolore e dalla furia. Sembravano proprio dei polli, volatili ottusi incapaci di comprendere l'ambiente attorno a loro. Eppure si sentiva inerme e sconfitto, il fiato gli mancava e le braccia erano indolenzite dalla fatica, fredde e distante benché fossero insozzate di sangue saldo fino ai gomiti. Alcuni fra gli orrori più svegli o forse toccati da qualche capriccio magico, intuivano le reali sembianze del cartomante e si gettavano voraci su di lui, che così era perennemente impegnato in battaglia, e i suoi affondi si facevano sempre più fiacchi e meno letale di minuto in minuto. Gli ultimi era riuscito a malapena a respingerli, e non aveva avuto il tempo per un respiro che già un altro lo incalzava; ciò che accadeva sul campo di battaglia gli era ignota. Era un'isola e niente più, in un denso lago di sangue. Il mostro, che di umano ormai aveva ben poco, calò n picchiata verso Jace che riuscì a malapena a resistere all'urto frapponendo fra loro l'asta della lancia, e venendo respinti all'indietro. Il piede traditore per ritrovare l'equilibrio poggiò su una poltiglia molliccia e unta, il pezzo di chissà quale combattente, e scivolò, facendo finire l'uomo in ginocchio; la sua copia illusoria l'imitò senza però schiacciare nessuno. Lo sguardo dell'infetto brillò di soddisfazione mentre s'avventava per l'ultima volta sullo stregone ma quando fu a solo un palmo dal naso della sua preda si bloccò. Non fu il solo a rimanere impalato, tutte le bestie che svolazzavano attorno al falso gigante smisero nei loro vani tentativi di abbatterlo e dando un rapido sguardo al piazzale notò infine che tutti si era fermati come sotto l'influsso di qualche incantesimo. Fu in quel momento che dalle loro fauci proruppe un suono terrificante, un malvagio stridio che perforava i timpani e mandava in pappa il cervello; Jace sorpreso non poté far nulla. Sentì la sua testa farsi molle, come sotto la furia di un maglio invisibile, che rapidamente la spappolava. Digrignò i denti, tenendo la bocca serrata in un'aspra lotta col dolore ma fu vinto presto e così costretto ad urlare fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni.

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Per lui furono ore, ma in realtà era trascorsa a malapena una manciata di secondi che smise d'urlare, stanco e desideroso di farla finita, d'accasciarsi al suolo e smettere quell'inutile massacro. Fu allora che il suo sguardo notò in cielo fra i tanti orrori Malzhar che coi suoi occhi cupidi lo fissava. La follia era manifesta sul suo viso, distorto dal male e dal dolore: la corruzione l'aveva infine sedotto e ora toccava al cartomante tenere fede alla propria parole. Un pessimo affare visto che si era affidato al più infimo dei ciarlatani, e non a qualche valoroso paladino. Fortuna o sfortuna voleva che non avesse da prendere quella scelta, fra il suo coraggio e il suo onore perché lo sciamano aveva già deciso su chi sfogare la sua ira. Non poteva biasimarlo, era chiaro che dipingersi un così grosso bersaglio sul petto avrebbe causato problemi simili. Lo stregone affondò a forza il Becco di Colibrì nella gola dell'uccellaccio che ancora stava davanti a lui, liberando uno spruzzo di icore viola; aveva bisogno di concentrazione per affrontare lo sciamano. Il profeta non si gettò sull'illusione, ma come per istinto spalancò la bocca e da essa scivolò fuori un torrente di parole, alcune ammiccanti e altre imperiose, molte lusinghiere ma nessuna compassionevole; voleva cedesse anche lui al morbo. Jace però non si fece trovare impreparato e serrò la sua mente con il manto della Papessa, che avvolse i suoi pensieri preservandoli da quel veleno. Benché scosso e fiaccato, rimase saldo e in piedi a differenza di molti soldati intorno a lui che crollarono a terra sentendo quei suoni, le mani serrate attorno al capo come per contenere un'imminente esplosione. Il cartomante sentiva solo qualche barlume di magia ancora vibrare nel suo corpo, a malapena sufficiente a reggersi in piedi, eppure sapeva di non poter lasciare all'altro campo libero, di dover reagire per non soccombere. Lasciò cadere la lancia a terra, e poi prese due dei piccoli trionfi dal mazzo custodito nella cappa, mirando al corvo svolazzante. Fece per tirare ma prima lanciò l'ultimo sortilegio, uno di quelli pericolosi perché consumava il corpo anziché la magia del suo invocatore: l'Appeso. Sapeva che il suo corpo sarebbe stato martoriato dalla stessa vertigine che avrebbe oppresso il Profeta, ma non se ne curava; quello sarebbe sicuramente precipitato. Pronunciò l'ultima sillaba dell'incantesimo, e sentì braccia e ginocchia tremare, vide il mondo girare tutto intorno a lui a gran velocità e le carte sfuggire dalla sua presa. Le sue illusioni svanirono mentre scivolava a terra senza più forze, e fu allora che la vide con la sua lunga gonna porpora e le sue orbite vuote, la sua pelle pallida e fredda sormontata da vermi grassi e bianchi. Ma il più spaventoso dei dettagli fu il suo sorriso, colmo di compassione; dopo di quello fu il buio.



Z18bS

specchietto
CS: 2 | Intelligenza 2 Prontezza 2
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: Grave, danno Alto da ustione su tutto il corpo, ferita Bassa alla fronte, autodanno Basso + Basso alla mancina,;
Stato Psicologico: Incosciente, danno Basso da strillo acuto, autodanno Medio + Basso di vertigine, dolore alla testa di entità Alta, affascinamento di livello Basso, terrore di livello Basso;
Energia: 10 - 5 - 0 = 5 %


Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Estraendo la vena è riconoscibile come cacciatore di nemici del Sorya,
° Non soffre di stenti/intemperie all'interno delle terre dell'Eden;


Riassunto Post: Jace si trova a fronteggiare molti orrori volanti quando Gron lancia la sua psionica, da cui non riesce a difendersi, subendo un danno Alto alla psiche. Ripresosi si trova davanti Malzhar che usa La voce del profeta, di potenza Media, da cui riesce a difendersi usando la tecnica de La papessa a Basso, dimezzando il danno. A quel punto si vendica del profeta usando l'Appeso che gli costa 2 CS in Prontezza, un danno Basso alla mente e un danno Basso al fisico come autodanno. Quasi esausto, subisce l'ultimo attacco dallo sciamano e quindi sviene.

Attive:

CITAZIONE
Papessa: Invocando la saggezza della Papessa, lo Stregone è capace di schermarsi dagli influssi capaci di alterare o danneggiare la sua psiche. È dunque capace, con un consumo Variabile di energia di dissolvere qualsiasi ammaliamento, possessione, o di smorzarne gli effetti tramite gli effetti benefici di questo potere. [Pergamena Autocontrollo, consumo impiegato Basso]

L'appeso: Lo Stregone con questo incantesimo farà credere al suo avversario che il suo più grande desiderio si sia appena realizzato. Questa visione durerà una manciata di secondi prima di spezzarsi definitivamente, infliggendo un danno Alto alla sua psiche. Anche Jace dovrà pagare un obolo per farvi affidamento, il sacrificio sarà sotto forma totale di: un danno alla psiche, sotto forma di confusione, di entità Bassa, un danno al fisico di entità Bassa, ed infine un danno Medio alle proprie Capacità Straordinarie, che si vedranno ridotte di Due, perdendone una in Prontezza ed una in Intelligenza. [Consumo Nullo, potenza Alta]

[size=1]Notet: Le azione di " duello " fra me e Malzhar sono state concordate per via private allo scopo di rappresentare uno scontro più realistico e piacevole. Per una maggiore comprensione invece ho evidenziato in rosso i danni subiti in questo turno.


 
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view post Posted on 19/4/2014, 10:40

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Winterreise

« Im Dorfe. »





Ciò che rimaneva di Malzhar era sepolto sotto chissà quanti strati di orripilanti mutazioni. All'apice della sua virulenza, il morbo, non aveva risparmiato nemmeno l'aspetto. Ora di umano in lui non c'era un bel niente.
Lo sciamano era indistinguibile dagli abomini che affollavano Lithien.
L'aspetto era quello di un cadavere a cui le divinità stige avevano aggiunto un pizzico di mostruosità. Magrissimo, le ali membranose da pipistrello aperte, le mani trasformate in lunghe appendici di morte grondanti sangue, la bocca perennemente aperta e bavosa, la lingua biforcuta che fustigava l'aria alla ricerca di nuove prede da infettare.
Ma il mutamento più orripilante riguardava ciò che il Profeta aveva tenuto in somma considerazione nel suo aspetto: occhi e voce.
I primi avevano perso lucentezza e colore. Erano, ora, due abissi neri aperti sul baratro della follia. La voce, un tempo calda e morbida, suadente e profonda era diventata un'acuto, stridulo, agghiacciante ringhio di morte.

Calava sui soldati con gli artigli rapaci, li feriva, poi fuggiva in volo.
Il morbo aveva infettato molti, ma non tutti. I soldati che con tanto ardore erano riusciti a scardinare le difese della città erano in ogni caso troppo numerosi per essere infettati tutti.
Fu così che la malattia, vedendo i suoi campioni cadere, decise di eleggerne altri.
Impose allo sciamano di non colpire più nemici a caso ma a prediligere quelli più grossi...
Improvvisamente una figura attrasse la sua attenzione.
Era un essere enorme, la sua voce risuonava tra i ranghi dei nemici chiara e forte e incitava all'attacco. Malzhar avrebbe dovuto riconoscere lo stregone, l'uomo che aveva letto il suo futuro, che l'aveva risparmiato nel vicolo, che gli aveva offerto sostentamento e aiuto...Ma Malzhar era disperso in chissà quale dimensione dell'essere.
Ciò che interessava al mostro che era divenuto era il sentore di prepotente potere che quella figura emanava, la sua enorme stazza, l'attitudine a smuovere gli animi infiacchiti dei suoi compagni.
Era il bersaglio perfetto. Convertirlo significava due cose: privare gli uomini di un valido elemento e fornire al morbo un adepto in grado di fare la differenza.
Il mostro riempì i suoi polmoni di fiato, poi emise un urlo agghiacciante.
Vide gli uomini intorno alla sua preda crollare in ginocchio, urlare a loro volta e portarsi le mani alle orecchie. Con la visuale libera, l'infetto si preparò a piombare sull'uomo ma qualcosa lo colpì mentre calava in picchiata e si ritrovò a rotolare, rovinosamente sul selciato.
Incurante del fallimento si sollevò in aria, puntò di nuovo la preda, urlando sinistramente, cercando di infondere in quel cuore umano quanta più paura possibile.

Un'immagine. E il morbo momentaneamente regredì. Malzhar tornò cosciente per un frammento di istante. La malia dello stregone aveva riempito i suoi occhi di una chimera così grande e irresistibile da obbligare persino il morbo a piegarsi.
Il Profeta vide il riflesso di se stesso. Il suo viso, la sua figura erano incredibilmente nitidi, ammantati da una serenità olimpica. Dietro di lui, indistinte, molte figure. Potevano essere i cittadini di Basiledra, i Silenziosi Sussurri o i defunti membri del Popolo degli Spiriti non importava. Per la prima volta era Malzhar a prescindere dal contesto in cui si trovava, aveva raggiunto ciò che aveva a lungo inseguito: una propria identità.
Carezzò quell'immagine, la osservò per un lungo attimo incredulo. Mai aveva pensato che quella fosse la sua aspirazione più grande: essere Malzhar, venir riconosciuto come tale e non in virtù di un'affiliazione o di un'appartenenza.
Poi il morbo ebbe la meglio. L'immagine mutò rapidamente: il mostro vide un mondo afflitto dall'infezione, un'esercito di infetti brulicare e dominare ogni cosa.
Un gorgoglio selvaggio ed appagato proruppe dalla sua gola.
Lo Sciamano mutato era caduto a terra, si rotolava sul terreno in preda alla lussuria di quel desiderio soddisfatto. Non si curava di nient'altro, in quel momento era tutto intento a crogiolarsi nella sua visione.
Ma la malia non durò a lungo. Il contatto con la realtà fu brutale, doloroso, irritante. Incapace di qualunque pensiero razionale nell'infetto esplose la rabbia.
Urlò, girò gli occhi sul campo di battaglia, vide la sua preda ormai inutile a qualunque scopo e il fervore della sua frustrazione toccò limiti inimmaginabili.
Folle di rabbia alzò le braccia al cielo, piegò la testa all'indietro e urlò con quanta forza aveva in corpo.
Poi un dolore lancinante al capo. Il contatto della fronte con il suolo. E l'odore del proprio sangue nelle narici.
Un soldato troneggiava su di lui, in mano una mazza ferrata con cui l'aveva colpito alla testa. Malzhar ebbe appena il tempo di rotolarsi per vedere il suo assalitore decapitato da uno degli orrori volanti. La risata secca, sofferente e gorgogliante insieme fu il suo ultimo atto in quella battaglia.

CITAZIONE
Fisico: Critico + Alto diffuso sul corpo ( a seguito delle varie collutazioni) + Medio (colpo alla testa)
Mente: Svenuto
Energie rimanenti: 10% + 20 ( bonus energie) - 25% (energie spese nel turno) = 5%
Energie utilizzate: Alto (20%) Basso (5%)

Armi ed Armature:

Arma Naturale L'infezione ha iniziato la sua opera di corruzione dalle mani, fornendole di artigli affilati come lame. Ha proseguito concedendo anche un paio di ali.




Attive:

Voce del Profeta

La voce di un Profeta è qualcosa di immediatamente riconoscibile: profonda, calda, piacevole, seducente. Il suo vigore è tale da insinuarsi nelle pieghe delle altrui menti ed impiantarvi un seme di soggezione destinato a crescere e a dominare i ricordi di chi la ode per sempre. Spendendo un consumo Alto, il Profeta è in grado di infondere una tale malia nella sua voce da riuscire a convincere della veridicità delle sue affermazioni chiunque lo circonda.
Questa capacità è alla base de timore nei confronti di questa categoria: un Profeta non deve necessariamente raccontare la verità su ciò che ha visto nel futuro o nel passato per soggiogare gli eventi al suo volere. A questo scopo gli basta saper manipolare la verità e la menzogna, ciò che realmente accadrà o e accaduto è irrilevante...
Questo è uno dei motivi per cui un Profeta è ritenuto un mago pericolosissimo.
[Consumo Alto]

Della vendetta

Nella comprensione superiore che deriva dal contatto con la natura e con i suoi spiriti, tuttavia, si scoprono segreti che non possono essere divulgati, segreti la cui pericolosità potrebbe trasformare le società organizzate in branchi assetati di sangue che si annientino da soli in preda all'anarchia. Obthor Tokollo meditò sulla sua Prigione di cera, e in essa scoprì che poteva canalizzare la malvagità che ne caratterizzava l'ospite contro i suoi nemici, e potenziarla con ogni altro influsso negativo che ne sia stato intrappolato. Un'antica formula, un mantra arcano che libererà ogni influsso nefasto concentrandoli su di un solo bersaglio, e prosciugandone le forze con visioni di terrore e disperazione. Un'offensiva tanto più potente quante più forze sono state inglobate nella cera rituale, un sacrificio finale, infine, perché queste forze si ricongiungano alla natura purificate dal male.
[Attiva, costo Basso o Medio, natura psionica. Per essere designato come bersaglio della tecnica, l'avversario desiderato va anche solo percepito in qualche modo; l'effetto consisterà nel trasmettergli visioni di terrore Bassa con un consumo Basso di energie. Se però nella scena corrente è stata usata la tecnica "Della liberazione" il consumo e il danno saranno entrambi Medi.]


Passive:

«Inquisitore»

Ma quello di proteggermi dai tranelli della mente non è la sola arma che la "Sete" mi ha donato.
Sono infatti in grado di riconoscere immediatamente la menzogna nelle parole, nei gesti, persino nei cuori di chi mi è dinnanzi. Posso inoltre, tramite un mero sforzo di volontà esigere da chiunque che non mi sia detto altro che la verità.
[Attiva e passiva I Livello Informatore]

Riassunto e Note In preda alla follia del morbo Malzhar attacca Jace. Usa due abilità psioniche, relativamente una a consumo Alto (ad area) ed una a consumo Basso per destabilizzare la sua preda.
Ma proprio mentre sta per calare in picchiata sullo stregone, viene colpito dalla abilità L'Appeso.
Quando rinviene dalla malia che il mastigos gli ha castato contro, l'infetto si accorge che ciò che ha visto è solo un illusione in più anche la sua preda è ormai inutilizzabile ai suoi scopi. Folle di rabbia urla verso il cielo, ma viene colpito alla testa da una soldato: a seguito di ciò sviene.


 
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Vorgas
view post Posted on 19/4/2014, 17:58




”Camminavo in una terra di Tenebra,
dove l’unica luce veniva dall’abisso.
Una luce scura, ancor più nera della pece,
una bagliore che non donava salvezza ma la toglieva"

La rossa lama scivolò sino ad arrivare al collo del nano, burro per il suo filo. Squarciò quell’esserino in sol battito di cuore, nemmeno servì la coda per tenerlo a bada, il sorriso d’una follia perversa dipingeva il volto di Jethro somigliante ai demoni delle cattedrali. Il suo derma ormai nero delle scritte sue vesti, i suoi occhi traboccanti del nero profondo ma lucidi nel compiere il malsano gesto, lo spirito forte di quell’ira ubriaca. Ma ben presto questa esplose in qualcosa di più della rabbia degli ubriachi, qualcosa di più nero ed indefinibile, un sentimento tanto pesante da non poterne sopportare il peso. Odio. Odio per tutto ciò che fino a quel momento stava accadendo, per quell’ennesima illusione che lo aveva ingannato. Odio per tutto ciò che attorno a lui si muoveva, respirava, viveva, desiderando di far cessare tutto in quel preciso istante.

"Le forme, i colori, le anime,
si contorcevano in una smorfia di eterno dolore.
Il rosso, il verde, l’arancio e il blu,
tutto si mescolava sino a divenire nero"

L’immagine del nano a poco a poco sparì, avvolgendo la lama, sembrò come se fosse stata gettata abbondante acqua su tinta fresca, la figura si ripiegò su se stessa assumendo una forma tanto contratta da divenir irriconoscibile. Nessun dolore sul suo volto, niente stupore dell’assalto di Jethro, nessuna espressione che potesse rinvigorire il desiderio di sofferenza dell’acrobata. Soltanto l’ira riempiva il cuore del giovane, altri sentimenti non erano contemplati o capibili, altre emozioni non desiderava. Ma di quella stessa rabbia era schiavo, non potendo decidere su cosa rivolgerla e limitandosi a farla esondare dagli argini della sua coscienza, investendo ogni cosa che gli capitasse a tiro. Mentre il mondo attorno a lui sembrava sconquassarsi senza poterlo fermare, la bestia chiuse gli occhi stanchi. Attorno a lui una luce oscura prese a vorticare con sempre più lena, appena visibile perché dello stesso colore del mondo che lo circondava, ma tanto intensa da render quel nero ancora più scuro.

"Ma non quella tenebra scorreva nel mio sangue.
Chi siede sulla mia spalla conficcandomi gli artigli nel collo?
Chi mangia i miei sogni per poi risputarli incubi?
Egli dell’ombra si è fatto soltanto l’abito,
così da poter coprire l’oscena perversione che porta dentro”



Quel vorticare di forze esplose in un secondo, Jethro si sentì svuotato di ogni odio e rabbia. Come risvegliandosi da un profondo sonno, si trovò sospeso in un dormiveglia. Pur restando in piedi la sua mente non fu ancora del tutto sicura che ciò che i suoi occhi videro fosse reale. La nera cappa che contornava la stanza sembrava ora d’onice, perfettamente liscia e uniforme, proibendo alla luce di poterla penetrare. Davanti a lui una figura fumosa prese forma velocemente. Nessun contorno definito, nessun lineamento in volto, ciò che si trovò davanti apparì come una manichino avvolto dal fumo. Dove presumibilmente stava il capo, si accesero due punti rossi, probabilmente gli occhi di quell’essere.

Guarda, uomo, guarda come tutto risplende in questa stanza. Vedi i colori come i colori si mescolano in armonia? Vedi come tutto è perfettamente equilibrato ed in ordine?

La voce proveniva dal fantoccio, nessuna bocca e nessune labbra, soltanto un profondo suono sensato che raggiunse le orecchie di Jethro ancora incredule di sentire parlare quell’essere. Tutta la situazione fu incomprensibile per i ragionamenti del giovane, nulla più riusciva a collegare restando semplice spettatore degli eventi che lo coinvolgevano. Cercò però la forza nel profondo, attingendo all’indomabile suo desiderio di curiosità e allo sconforto che lo fece sentire ormai vicino alla fine.

Nulla risplende in questa stanza…è tutto così tetro, buio…non vi sono colori e non vi è nulla da tener in ordine…

Le parole di Jethro uscirono ansimanti. Si sorprese nel non sentir muovere le sue labbra eppure riuscire a sentir la sua voce, il suo sguardo a metà tra la sorpresa e lo stordimento, puntarono dritti al fantoccio che levò il capo in direzione dell’acrobata. Le iridi cremisi sembrarono folgorare il giovane ammonendolo, nonostante il volto restasse comunque inespressivo.

Il tuo pensiero è stupido come stupida è la tua piccola razza. Il vostro pensare si ferma soltanto a ciò che i vostri sensi possono percepire, senza entrare in merito di nulla se non strettamente correlato alla vostra sopravvivenza. Come ardenti braci, siete destinati a spegnervi incenerendo, e per questo il vostro comprendere sarà sempre inferiore e sbrigativo.

La figura aprì quelle che sembrarono le sue braccia grondanti di fumo scuro, non vi era né mani né avambracci definiti. Il suo capo ruotò in entrambe le direzioni come se si guardasse attorno, tornando poi a fissare Jethro ammutolito dalle parole altrui.

Dimmi uomo, vedi forse dolore in questo luogo? Vedi forse la sofferenza patita dei tuoi simili come quella in questa città? Vedi forse qualcuno piangere per un caro caduto? Vedi forse ingiustizia o tirannia? Vedi forse alcuni tuoi simili dominare su altri “fratelli” con la spada?...Vedi forse la morte?

Jethro voltò il capo con fatica, la logica di quell’essere schiaccio ancor di più il suo spirito compresso da quell’oscurità. Un pensiero forse orribile, ma allo stesso tempo consolatorio per quel momento, prese spazio nella mente frantumata del giovane: attorno a lui aleggiava una sensazione di pace e ciò era innegabile e allo stesso momento terrificante.

No, non vedo nulla in questo mondo perché nulla esiste in questa tenebra

Rispose freddo l’acrobata, nonostante la sensazione provata, non volle ammettere a quella creatura di aver pienamente ragione. Farlo sarebbe significato ceder completamente a tutto ciò che ora si delineò nella sua mente, ciò che aveva davanti era l’essere che infestava le sue notti e i suoi giorni con le perverse visioni di morte e cannibalismo. Ne fu sicuro, nonostante non avesse mai visto la reale forma di quella costante presenza, sentì che il suo tono e la sua aura erano le stesse che montavano quando il raziocinio cedeva il passo alla follia. Se quella era la fonte del suo malessere, come poteva portar quell’atmosfera di pace?

Nuovamente ti affidi ai tuoi sensi uomo, come la bestia in gabbia che cerca di mordere le sbarre in metallo che la costringono. Ancora molto ti manca per comprendere, ma proverò a spiegarti come si fa agli infanti: tutto ciò è necessario se si vuol raggiungere lo scopo di salvar le anime. Le guerre non son fatte per decretare un vincitore, ma per creare un ricambio tra gli esseri, nella speranza che i nascituri imparino dagli errori dei loro predecessori. Ma pochi di questi ha saputo cogliere l’insegnamento del passato, continuando a vivere nell’errore nonostante fosse già stato compiuto e consapevoli di ciò che successe, ma speranzosi che le conseguenze sarebbero state differenti.

La figura si alzò da terra lasciando dietro di se una scia bruna, un grigiastro topo che fece rabbrividire Jethro il quale non riuscì però a discostare le iridi da quell’essere. Sentì una sorta di attrazione verso di lui, nonostante la sola sua presenza era portatrice di sventura, sentì un irrefrenabile slancio nel cedere alle fredde ma giuste parole. Quella creatura che soltanto ora si mostrava ai suoi occhi era il motivo del suo allontanamento da ciò che poteva chiamare famiglia, la causa di ogni sua sventura, eppure sentì che slegarsi da essa sarebbe stato impossibile e per questo avrebbe dovuto abbracciarla.

Porterò il mondo che un tempo gli dei avevano ideato per gli uomini, abbatterò l’inutile legge mortale di re e regine, soffocherò i neonati per non fargli patire le pene della vita e ucciderò i vecchi per portarli verso il riposo della morte. Con la guerra sanerò il mondo da tutto ciò che impedisce la pace, non una guerra di conquista o d’onore, ma di distruzione e morte, per poter far rinascere questo mondo privo di ogni malattia dell’uomo, e tu sarai al mio fianco. La mia forza ancora non è sufficiente per compiere da solo questo compito e tu mi sosterrai con le tue carni sino alla mia rinascita. Non chiederti come liberarti della mia presenza: non hai libertà. Non chiederti se potresti esser dir qualcosa: non hai parola. Non chiederti se ciò che farai sarà giusto o sbagliato: non hai giudizio.

L’acrobata ascoltò le parole dell’abominio rimbombare nella sua mente come mazze su di un tamburo, il suono cupo e profondo lo scosse sino all’anima e una sensazione di freddo pervase il su cuore raggelandogli il sangue. Immobile osservò l’essere fluttuare davanti a lui, le sue sclere tornarono gradualmente bianche mostrando nuovamente la sua umanità. La morsa del diavolo si allentò sempre più, tanto che sul suo volto le rune che lo ricoprivano vennero velocemente riassorbite dall’effige sulla sua fronte. Mosse la bocca in modo spasmodico, quasi in preda ad un’allucinazione, ma in quei movimenti insensati, un fiato uscì.

C-chi sei?

Un suono squarciò quell’atmosfera che opprimeva Jethro, un lungo acuto che infastidì l’essere di fumo il quale vacillò tornando lentamente a terra. Quel suono fu del tutto simile a quello precedente, ma stavolta più intenso, più forte, più pericoloso. La nera barriera in cui entrambi erano richiusi, cominciò a creparsi sulla cima. Le seghettature scesero veloci come se quel mondo fosse in balia d’un terremoto, dalle spaccature cominciò a vedersi nuovamente la luce di quel giorno di guerra. La creatura osservò il procedere del frantumarsi, nonostante non si potesse vedere il suo volto infastidirsi, ciò che vide lo seccò alquanto. Ignorò ciò che accadde, e rispose all’uomo, o almeno in parte.

Ti è impossibile comprendere chi sono, e ancor meno comprendere cosa sono. Ti basti sapere che io sono lo spirito ultimo della guerra, il vigore che spinge gli uomini ad uccidere i propri simili ma allo stesso tempo la legge che li punirà per il loro essere inetti. Sono ciò che è necessario per far evolvere il mondo verso ciò che vuole veramente.

La creatura fumosa cominciò a sbrindellarsi in piccole tessere grigie. Come fatta si vetro, s’infranse similmente alla cappa oscura che aveva creato, confondendosi con le tinte nere che ne facevano da sfondo. Il suo sguardo vuoto e inespressivo guardò Jethro, non poté vedere ciò che voleva esprimere ma il giovane pensò che quella creatura sorridesse. Un sorriso tra i più osceni e maniaci, un sorriso con zanne sporche di sangue, un sorriso che preannunciava soltanto malasorte. Velocemente gli occhi rubicondi sfumarono diventando poco più che una scintilla, ma proprio quando l’ultimo di questi scomparì, un sospiro pesante e dal suono gutturale espresse quello che all’acrobata sembrò una parola fin troppo conosciuta.

-mornòl

Fu proprio questo sospiro a metter fine a quell’incubo lucido. Nonostante si reggesse ancora in piedi, la sua mente era straziata da tutto ciò che aveva visto e sentito. All’interno del suo corpo, ancora in subbuglio e in piena battaglia, l’infezione avanzò portando stavolta il ragazzo verso la salvezza. Quel suono acuto infatti, spinse senza alcun altra esitazione il giovane a fuggire da quella città ormai in decadenza. Sentì un pericolo imminente che si sarebbe abbattuto sulla città, un pericolo tanto grande che avrebbe messo a rischio anche il giovane, distaccato dalla battaglia principale a cui nemmeno aveva preso parte. Mosse alcuni passi veloci ma scoordinati verso la finestra della torre, prima di cominciare la discesa riguardò la stanza rivivendo per qualche istante le rivelazione di quell’essere. Che fosse stato un incubo? No, si rispose prontamente. Perfettamente vigile era la sua mente quando l’essere comparve e ben ricordava l’oppressione che la sola presenza scatenava in lui.
Ciò che aveva visto era realtà, una realtà della quale si stupì di non aver timore.

≈ Lex vincŭlum de Civitas ≈

Corpo:Taglio alla schiena (Basso) Ustioni diffuse sul corpo (Medio + Basso) Danni agli organi interni (Medio)Danni: Alto+Medio
Mente:Confuso e impaurito Danni: Basso
Energia: 50% (30 +20)
Capacità Straordinarie: 1+2 Velocità +2 Forza


Equipaggiamento
Shahrazād أموري [Sciabola] (Infoderata)
Falco Nero [Pistola] 3/5
Coda pensile [Arma Naturale]

Stridio [Biglia Dissonante] 0/1

Passive
Ottime capacità di contorsionismo; Insensibilità al dolore fisico

Attive
Berserk 2/2

}●{

Sunto

Ultimo mio post nell'assalto di Lithien, vissuto per la maggiore da spettatore. Mi spiace non esser riuscito a fare almeno un paio di post "duellosi", ma ho sfruttato l'affinità del contagio con il mio personaggio, per presentare e delineare una parte del mio personaggio, la più importante per ora.
La prima parte del post è una sorta di descrizione dello status Berserk sia dall'esterno che in un pensiero lucido di Jethro. Questo poi termina a metà post dove vi è l'incontro tra il ragazzo e Mornòl (questo il nome che utilizza per chiamare il suo possessore). Quest'ultimo rivela qual'è il suo scopo, facendo capire a Jethro che non vi sarà alcuna possibilità di sfuggire ad esso. Nel finale questo incontro viene interrotto dall'ultimo suono lanciato da Gron prima di esplodere, il quale sovrasta la forza di Mornòl e fa si che l'infezione riprenda il controllo su Jethro portandolo a fuggire da una Lithien ormai cadente.

Note

Ringrazio i QM e i giocatori per l'avventura creata e giocata. Mi sono divertito, grazie ^^
 
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view post Posted on 19/4/2014, 21:53
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
della Fenice


Lithien


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«Parlato (Umano)» «Parlato (Avatar)» Pensato Narrato



Il Colosso di lava



Percepii lo schianto della creatura alata contro il cancello come fosse una sorta di miraggio, impegnato a difendere e a difendermi dall'orda di abomini che non intendeva darci tregua.
Le porte avevano ceduto, accendendo la speranza in quegli animi feriti, nei nostri animi sofferenti uniti sotto quell'ultimo stendardo, l'ultimo baluardo deciso a non arrendersi, i pochi sopravvissuti che non erano caduti sotto i colpi di coloro che un tempo erano i loro, i nostri alleati.
La pressione, gli attacchi frenetici degli infetti mi avevano separato da Fanie, perdendola di vista negli attimi più cruenti. E sebbene fossi preoccupato per la sua sorte, non mi era concesso il lusso di distogliere lo sguardo neanche per un istante per cercarla; potevo solo pregare di non trovarmela davanti come mio nemico. I rinforzi stavano sopraggiungendo, accompagnati da grida di esultanza. Approfittai di quel momento per volgere lo sguardo alla sua ricerca. Un attimo di distrazione che pagai caro. Un sibilo si era sovrapposto alle voci dei nostri compagni, facendo crollare all'improvviso le nostre speranze. Si scatenò il caos. Gli infetti sembravano impazziti, più folli di quanto pensavo fosse possibile. Sciamarono addosso a noi come in preda agli istinti più primordiali. Artigliando, mordendo, facendosi strada attraverso la nostra schiera, alcuni assaporando un ultimo tributo di sangue, altri non guardandosi indietro, cercando solo una via di... fuga?
Cosa stava succedendo? Non ebbi modo di trovare una risposa. Rapido il mio corpo reagì al pericolo. Un soldato poco distante da me, barcollante per le ferite subite, sembrava non essersi accorto di nulla. Mi gettai su di lui, facendo da scudo per evitare che una coppia di artigli affilati reclamasse la sua vita. Il dolore alla schiena fu straziante, quando gli artigli lacerarono la carne, superando la debole difesa offerta dalle mie vesti, ma mi costrinsi a non pensarci, affidandomi al mio istinto di sopravvivenza. Mi voltai, serrando le dita sull'impugnatura della schiavona per evitare di lasciarla andare, spingendolo con un calcio sufficientemente lontano da permettermi di lanciargli addosso una salva di proiettili magici, infierendo con la lama più e più volte fino a quando non fui certo della sua morte.
Fu l'ultimo infetto a cadere sotto la mia lama, l'ultimo ad aver tentato di portare con sé un'altra vita innocente. Una salva di frecce cancellò l'ultima resistenza. Eravamo in salvo, per quanto ancora non riuscissi a crederlo. Mi affrettai ad aiutare il soldato ferito a raggiungere uno dei chierici di rinforzo al drappello di soldati che ci aveva raggiunto.
Lo lasciai nelle mani del guaritore pregando non so neanche chi: non conoscevo nessuna divinità cui potermi rivolgere: potevo solo confidare che ci fosse ancora speranza di salvarlo, di non dover piangere un'altra vittima di quel folle massacro.
Rifiutai gentilmente le cure offerte per rintracciare Fanie. Mi mossi tra le fila dei soldati, dei feriti, in cerca dell'elfa e, quando la trovai, mi resi conto che non era ancora finita.
Una scritta in cielo richiamò la mia attenzione, l'attenzione di tutti verso un abominio che troneggiava in mezzo ai nostri alleati.

Un infetto, un golem, una creatura massiccia che sembrava non voler concedere alcuna tregua si ergeva davanti ai nostri sguardi sconvolti...

« Dobbiamo andare avanti! Dobbiamo farci largo sino a qualsiasi cosa stia succedendo lì davanti! »

Incrociai lo sguardo di Fanie, annuendo.
Per quanto entrambi feriti, non potevamo restare ad osservare senza intervenire.
Purtroppo i nostri stessi compagni avevano creato una barriera coi loro corpi, che ci avrebbe rallentato se avessimo dovuto attraversarla a piedi.
Ma non sarebbe stato necessario.
Soffocai un gemito di dolore quando le ali spuntarono attorno alle ferite provocate dagli artigli, mentre riprendevo la mia natura demoniaca.

«Abbi fiducia in me. Farò di tutto per raggiungere il nostro avversario.» Le dissi, afferrandola saldamente per le spalle e sollevandomi dal suolo quel tanto che bastava per non essere intralciati dall'esercito. «Abbi fiducia...» ripetei, più a me stesso che a lei. Durante gli scontri avevo riportato ferite piuttosto serie ed ero conscio che volare in quelle condizioni, trasportando un'altra persona oltre me, non era l'azione più saggia da fare per evitare complicazioni alla già precaria salute fisica.
Strinsi i denti, lottando con il dolore, concentrandomi nel raggiungere l'obiettivo, ripetendo come una litania “Ancora un ultimo sforzo...
Quando la mia compagnia mi chiese di lasciarla andare addosso al colosso, per poco mi rifiutai di acconsentire al suo desiderio. Era un gesto folle, disperato, ma avevamo altra scelta?
Dovevo fidarmi del suo giudizio, dovevo credere in lei come avevo fatto fino a quel momento.

La liberai dalla presa, seguendo con lo sguardo la sua discesa verso gli Inferi.
Non persi tempo ad osservare ulteriormente le sue gesta: Fanie aveva ragione, il tempo non era dalla nostra parte... Se non avessimo fermato quella creatura, tutto sarebbe stato perduto...

Atterrai rapidamente al suolo per contrastare il dolore provocato dalla frizione della ali sulle ferite aperte.
Cercai con lo sguardo una linea di tiro sgombra dalla presenza dei miei colleghi.
Bastava sollevare la visuale a rilasciare le mie energie magiche verso la parte superiore del suo corpo. Mi concentrai facendo appello alla mia forza di volontà, escludendo disperatamente le ondate di dolore, che sembravano non volermi dare tregua. Richiamai la vitalità del fuoco, la luce incandescente della fenice e la riversai contro il golem, pregando che le fiamme purificatrici potessero sopraffare la durezza delle sue placche. Fiamme contro lava... Un rischio che dovevo correre...
Ma non mi fermai, continuai a colpire il mio avversario dirigendo il mio palmo contro di lui, rilasciando la mia energia magica sotto forma di proiettili, cercando di colpire sempre uno stesso punto nel tentativo di penetrare la sua protezione fisica, forse magica, offertagli dal suo nuovo corpo.
Ero stremato, mi reggevo in piedi facendo affidamento sull'equilibrio offerto dalle ali. Non potevo, non volevo cedere.
Un ultimo sforzo, ancora un ultimo tentativo.
Quel colosso sembrava immortale, un'effige letale, il dio della morte...
Qualcuno crollò a poca distanza da me. Il mio primo istinto fu quello di provare a tirarlo via, a portarlo in salvo, ma mi costrinsi a non farlo. L'unica speranza di salvezza non era nella fuga.
Strinsi i denti, cominciando a sollevarmi in volo. Mi era venuta un'idea, un'azione abbastanza folle, ma dovevo provare.
I segni della stanchezza, il dolore delle ferite, non era facile mantenere la mia posizione in volo, non era facile manovrare verso un punto in cui avevo visto uno scintillio metallico.

Forse era solo un'allucinazione, semplicemente un miraggio dovuto al dolore, eppure in quello scintillio avevo riconosciuto la lancia che un tempo era stato lo stendardo di Fanie, quel simbolo di speranza che la ragazza elfa aveva condiviso con i suoi compagni, con me...

Mi concentrai, lasciando fluire la mia magia, manipolandola sotto forma di un potente attacco cinetico. Ogni mia singola azione mi provocò una sofferenza lancinante, ma non potevo arrendermi. Puntai la mano libera in direzione di quell'asta di metallo conficcata dentro le placche del golem, quell'apertura che poteva essere un barlume di speranza. Rilasciai l'ondata telecinetica nel tentativo di colpire quella che per me era la lancia spezzata di Fanie, cercando di spingerla ancora di più in profondità.
Quell'ultimo sforzò mi costrinse ad un atterraggio un po' brusco. Caddi in ginocchio dolorante, ansimando...
Mi sollevai a fatica in piedi, ma ricaddi nuovamente in ginocchio. Presi la schiavona e con ultimo sforzo la lanciai con la telecinesi verso l'incavo del polpaccio sinistro del golem...
E pregai per le nostre vite, per la salvezza delle nostre anime...

D7g4Hgy
Kirin Rashelo

CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'avatar demonico»


Energia Residua: 20%
[Fenice di Fuoco 10%, Ondata Telecinetica 10%]

Danni Fisici: Basso da artiglio al polpaccio destro, Medio da contusione per un colpo di mazza alla schiena, Medio per una ferita da taglio al fianco sinistro, escoriazioni varie di natura Bassa, Alto alla schiena da artigli.

Equipaggiamento

Flintlock scarica, rinfoderata
Schiavona nella mano destra

Passive

Presenza Demoniaca
Kirin incute un lieve timore in chiunque gli stia accanto, purché questo non sia un demone stesso, e che sia di energia pari o inferiore a lui.

Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.


Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.


Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.


Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.


Attive:

Pergamena
◊ Fenice di Fuoco ◊

Accolito degli elementi, [iniziale]

L'incantesimo inscritto in questa pergamena permetterà al mago, una volta che l'abbia imparato, di manipolare l'energia elementale del fuoco per dar vita ad una Fenice fiammeggiante che si scaglierà contro l'avversario.
Se utilizzata ad area, la tecnica causerà danno basso ad ogni nemico colpito.
Note: Tecnica di Natura Magica, elemento Fuoco.
Danni: Medio.
Consumo di energia: Medio.


Pergamena
◊ Ondata Telecinetica ◊

Raffica telecinetica, [iniziale]

L'incantesimo inscritto in questa pergamena permetterà al mago, una volta che l'abbia imparato, di lanciare una raffica di potere telecinetico verso un bersaglio con lo scopo di infliggere danni o difendersi.
La scarica telecinetica è in grado di scagliare o attirare verso di sé il bersaglio. La tecnica infligge danni da impatto o da contatto con l'oggetto scagliato. A seconda delle situazione è possibile utilizzare questa tecnica anche con una valenza offensiva o difensiva.
Note:Tecnica di Natura Magica.
Bersaglio: Avversario o Oggetto.
Consumo di energia: Medio.



Note:
L'avatar per difendere un suo compagno subisce in pieno le artigliate di un infetto [danno alto alla schiena]
Kirin porta in volo Fanie verso il golem. Dopo averla lasciata andare, cerca di ferire il golem con l'incantesimo della Fenice di Fuoco. Non soddisfatto continua ad infierire lanciando un salva di proiettili arcani [passiva liv.1 dell'Arcanista]. Notando uno scintillio che crede sia la lancia spezzata dell'elfa, Kirin riprende il volo e prova a conficcarla ancora più in profondità nel corpo del generale, sfruttando l'Ondata Telecinetica. Crollato al suolo in ginocchio, compie un'ultima disperata azione rivolgendo contro l'incavo del ginocchio la punta della lama della schiavona facendo uso delle sue capacità telecinetiche [Passiva]

 
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view post Posted on 20/4/2014, 10:07
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Maestro
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Winterreise ~ Im Dorfe
Quarantena


Poco prima dell'apoteosi, Kogron si fermò.
Parve sul punto di esplodere, ovvero culminare nella propria carica di potere e prepararsi a rilasciare tutta quell'energia nella città.
Eppure, si placò giusto un attimo prima dell'apocalisse. Gli occhi si chiusero, lentamente, mentre il magma bollente ed i vapori si raffreddarono rapidamente, fino a divenire - anch'essi - un blocco unico di roccia solida. Prima calda, poi raffreddata dalle correnti d'aria che scorrevano a Lithien.
Seguì qualche attimo di silenzio innaturale: perfino gli infetti erano rimasti a guardare, preoccupati.
Ed ora che Gron era definitivamente morto, tutti si chiedevano che cosa sarebbe accaduto.

La risposta giunse dalle porte di Lithien.
Un rumoreggiante frastuono di passi, armature e scudi annunciò l'arrivo del secondo esercito, ovvero quello più grande.
Quello richiamato da Kreilser e Shakan col compito di porre ordine nella città.
L'esercito del Doctor.

Egli giunse, camminando quasi con aria beata.
Passeggiava, tamburellando il tacco contro la pietra levigata. Aveva una sensazione di leggerezza, quasi spensieratezza. Pareva allegro, agitando quel bastone di mogano dall'impugnatura ricurva. Scivolava per le vie della città con un portamento solenne, quasi sospeso a mezz'aria dalla beltà di ciò che sembrava immaginarsi nella mente. Chiunque lo scrutasse al di là della maschera di cuoio, col becco adunco, avrebbe immaginato un uomo felice, fiero e soddisfatto per motivi ignoti, ma evidenti. Eppure la stessa congiunzione di quei sentimenti positivi sarebbe parsa nient'altro che una nota stonata, in uno spartito così lugubre e triste.
Era chiamato Dottore e si cingeva di prestigio, in un mondo di morti. Accompagnato da soldati, scudieri e suoi fidi collaboratori, scorreva lungo la via principale di Lithien come se fosse protagonista di un trionfale ritorno in patria. Ma non sembrava null'altro che un uomo con un lungo cappotto di cuoio, una maschera strana ed un bastone da passeggio agitato ad ogni colpo.
Per dirla in poche parole, un medico pazzo in un grosso ospedale da campo.
Un ospedale per pazzi.

Eppure, in qualche modo era felice di tornare in città. Dell'ultima sua visita, manteneva ricordi raccapriccianti. Invero, la malattia era appena scoppiata ed inumane urla di pietà carezzavano ogni muro o parete dei casolari circostanti, ricoprendoli con ombre di orrore che sfiguravano sui volti distorti di bambini mutati per il morbo letale, genitori contratti da espressioni di profonda pena e scuri boia costretti a mutilare - o, talvolta, decapitare - intere famiglie per evitare la propagazione dell'infezione.
Uno scenario abissale che non pareva, per vero, tanto differente da quello attuale.
Eppure, se l'ultima volta era fuggito dalla città con le lacrime agli occhi, ora vi tornava con un accennato sorriso. Saltellava quasi, ripensando che il suo ritorno avrebbe rinfrancato tanti volti, sopratutto nel momento in cui fosse iniziata la sua nuova sperimentazione.
Anni di lontananza, infatti, gli avevano concesso di sperimentare, provare ed infettare vittime inconsapevoli con quello stesso oscuro male; la differenza, però, la faceva la sua stessa ricerca. Cavie da laboratorio asservite alla necessità di curare la propria città, che avevano donato anima e corpo ad una ragione più alta di loro, benché spesso la ignorassero del tutto. Ed infine aveva giovato tutto quel lavoro. Si era donato un progetto concreto, fatto di batteri infami e degenerati, che ritornavano ad una fase precedente: aveva trovato rimedi per fermare la malattia e, ad alcuni stadi, anche per farla regredire. Poteva, se non curare del tutto, tamponare i pericoli, limitando l'infezione ed i rischi della stessa.
Poteva prendere tempo; altro tempo, in attesa della cura finale.

Invero, il suo stesso figlio gli aveva garantito quella cura.
Se lui era Eyden Valrafkan, anche conosciuto come Doctor, suo figlio Kreisler gli aveva promesso l'ultimo ingrediente che, trattato a dovere, avrebbe concesso al suo antidoto di evolversi fino al punto da debellare la malattia del tutto. Una cura definitiva, nata dal sacrificio di pochi e - sopratutto - di uno. Ed ora che marciava con fervore tra le strade della sua antica città, forte delle proprie certezze e della realtà derivante da quella stessa cura, ripensava rinfrancato che la fine dell'incubo fosse ormai ad un passo.
Mancava solo, appunto, l'ingrediente finale: mancava solo il Cuore di Shakan

Perché proprio il suo cuore?
Gli era stato chiesto, del tutto legittimamente. La risposta era difficile, giacché affondava le radici tra mito, religione e speranza. Circostanze labili, dettagli molto poco scientifici cui la maggior parte degli studiosi suoi pari non avrebbero creduto. Ma di cui lui, però, si era accertato del tutto. Credendo e convincendosi, alla fine, che il mito può divenire realtà e la speranza certezza.
Convincendosi che un fantasma reietto della sua terra sarebbe potuto divenire boia ed omicida di un re immortale solo ove benedetto con un potere immacolato, più alto di lui e di loro tutti.
Convinto del fatto che se l'orrore si era generato in un peccato primordiale, il sogno sarebbe derivato da quello stesso potere immacolato che - secondo le storie - aveva posto fine ad una guerra potenzialmente catastrofica. Il potere dell'Asgradel, cui il cuore del fantasma era inevitabilmente intriso.
« Dove sono? » chiese il Doctor, al suo assistente di fianco. Un ometto accigliato, con occhiali spessi ed una tunica porpora, fece chiamare alcuni soldati, facendosi trasmettere un messaggio in carta pergamenata, spiegazzata e sporca di sangue. « Al tempio, signore » rispose, senza alzare il volto dal foglio.
« Bene » concluse il Doctor « affrettiamoci »

Quando mosse ulteriori passi verso l'acropoli, però, qualcosa lo pervase.
Gli occhi si lasciarono andare ad un tremore accennato e la bocca divenne secca, mentre la fronte colava di sudore sempre più copiosamente.
Vide i soldati intenti a rinchiudere i malati entro recinti di ferro approntati alla bene e meglio; vide scudieri, bardati di fasciature spesse, spingere via, come mandrie, intere famiglie di uomini, riportandoli entro il perimetro di un recinto. E vide quegli stessi soldati, scansarsi, spaventarsi e raccapricciare dinanzi allo spettacolo infame di uomini e donne tormentati dal dolore, un male tanto potente che li aveva riportati ad uno stadio bestiale.
Uno stadio, anzi, mostruoso. Tralasciando le mutazioni minori, alcuni parevano aver perso cognizione umana: taluni, ancora, avevano teste deformi, o multiple. Altri plurime coppie di arti, o gambe deformi, caprine o mancanti. Altri ancora avevano ali, strappate per cautela, o deformazioni tanto imponenti da rendere necessario un loro trattamento farmacologico, al fine di ricondurli entro gabbie più resistenti.
Alcuni, infine, resistevano alle cure al punto da vincere le resistenze dei soldati, rendendo - quindi - necessario richiamarne altri immediatamente.
E più avanzava verso l'acropoli, più realizzava come la situazione fosse degenerata tanto. Troppo.
Forse anche più di quanto potesse essersi immaginato. Anzi, sicuramente.

Poteva aver commesso un errore tanto banale?
Poteva aver sperimentato per tanto e troppo tempo le proprie cure su corpi malati di un morbo ancora ad uno stadio embrionale?
Il virus sembrava mutato, all'apparenza, al punto da aver decretato una selezione naturale che portasse alla morte dei ceppi più deboli. Poteva esseri rafforzato ed autodeterminato al punto da essersi trasformato in un morbo ulteriore, più forte e profondamente diverso da quello che aveva provato a curare in tutto quel tempo.
Poteva essere già troppo tardi per Lithien.

« Signore »
l'assistente del Doctor scrutò l'orizzonte e lo sfondo intorno ad esso, per poi riporre gli occhi preoccupati verso quelli del proprio superiore. Doctor, da par suo, gli restituì uno sguardo ancor più accigliato e preoccupato, catalizzandosi in un'anonimo silenzio assolutamente dissonante con la leggerezza accattivante che aveva sfoggiato poco prima. Aveva cantato vittoria troppo presto, ed il pericolo che l'errore potesse aver compromesso non solo i progetti, ma finanche la vita dei migliaia di uomini che aveva condotto in quella crociata, gli trasformò il sogno in un incubo peggiore di quello della malattia stessa.
« Non dire niente » tagliò corto, ponendo una mano sulla bocca del suo secondo « per ora, non diremo niente »
« Affrettiamoci al Tempio e speriamo che non sia troppo tardi »

Concluso il dialogo, i due stettero silenti ed alzarono il passo in direzione dell'acropoli.
« Paga i mercenari e mandali via » disse soltanto il Doctor, al suo secondo « non esponiamoli ulteriormente al morbo. »
« La città da ora è in quarantena »



littlecoqmpointwinterreLa quest aperta si conclude qui.
Mi sono divertito a tenervi sulle spine su Gron, ma in realtà avevo calcolato che - prima del post di Shinodari - mancava solo un medio, e probabilmente vi avrei comunque risparmiato l'esplosione.
La trama della conclusione, comunque, è chiara: dopo la vittoria, Doctor entra in città, forte dei suoi esperimenti sul morbo che dovrebbero consentirgli di frenarne la diffusione e, in seguito, eliminarlo totalmente. Eppure, qualcosa non gli quadra e la circostanza si evidenzia da subito, per questo decide di usare i soldati per rinchiudere gli infetti e congedare tutti i mercenari che non risultino infettati.
Ove vogliate proseguire con post ulteriori (non retribuiti) potete tranquillamente immaginare che i mercenari non infettati vengano pagati e congedati in fretta e furia; quelli infettati, invece, saranno rinchiusi in gabbie con loro simili, trattati con farmaci al fine di farli "dormire" o - quantomeno - calmarli. E' già stato detto che al termine della campagna il morbo non esisterà più, quindi non avrete problemi - in futuro - a poter descrivere una vostra "guarigione" dallo stesso.

Di seguito inserisco le ricompense.
In generale, posso dire di aver molto gradito la gestione e l'organizzazione che vi siete dati autonomamente, rendendo questa giocata un ottimo campo di valutazione circa le strategie di battaglia. Ho premiato non solo la qualità dei post, ma anche l'iniziativa ed il ruolo assunto durante la stessa, cercando di valutare nel complesso il percorso che ciascun utente ha saputo dare al proprio personaggio.
Dopo la chiusura del capitolo VII (che seguirà molto presto) sarà aperto il bando per l'ultima quest del ciclo. Vi rimando in quella sede, dunque, per scoprire l'evoluzione (e la fine) della trama, oltre che per tentare l'ingresso nell'ultimo evento che - come è ovvio - oltre ad un congruo premio, comporterà la partecipazione preferendo sopratutto persone che abbiano già partecipato ad altre giocate del ciclo.

Fanie Elberim 1100 gold
Orto 33 1000 gold
The Grim 900 gold
Malzhar Rahl 700 gold
Wrigel 700 gold
kremisy 600 gold
Vorgas 600 gold
Shervaar 500 gold
Shinodari 400 gold
RamsesIII 350 gold
Ydins 350 gold
zis 250 gold

Bastard de la nuit e janz ricevono, per la gestione, 500 gold a testa.
L'utente The Grim riceve un Punto Promozione

 
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