Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Täuschung, Capitolo VII: Inganno

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 14/2/2014, 23:58

1L 50GN0 3R3T1C0
········

Group:
Member
Posts:
13,732

Status:




Il tunnel , sotto i piedi di Morpheus, cominciò a pendere verso il basso.
C’era qualcosa di sbagliato in quella situazione, qualcosa che, per la prima volta, gli fece desiderare di non volersi trovare lì. Dubitava di ogni cosa, dubitava di persone che nemmeno conosceva. Sentiva un pensiero maligno, come un passeggero oscuro, urlargli nella testa. Perpetrargli il dubbio nella sua mente.
Si guardava intorno con aria diffidente, si guardava intorno come se avesse paura.
Come se infondo non si fidasse di quegli sconosciuti.
Pensieri umani.
Troppo umani per lui.
La prima cosa che pensò, quando le pareti di pietra cominciarono a vibrare e a inclinarsi verso il basso fu:

« Quale cazzo di idiota ha schiacciato un mattone? »

Per un attimo fu sorpreso, quella frase non l’aveva detto lui, nel il suo inconscio se l’era fatta sfuggire ad alta voce, eppure sentirla ora, gli faceva strano. Qualcuno, lì dentro, aveva pensato la stessa cosa.
Tutti diffidavano dell’altro e quella frase diede iniziò all’ennesimo battibecco.
Si accusarono ancor prima di comprendere ciò che realmente stava accadendo, si accusarono e, se solo ce ne fosse stato il tempo, probabilmente sarebbero perfino arrivati alle mani. Solo l’ineluttabile discesa lì fermò, tuttavia non placò i suoi animi.
Oltre la diffidenza, la rabbia, subentrò la paura della morte.
Ma Morpheus capì. Qualcosa o qualcuno si stava divertendo a giocare con le loro menti.
A instillare il malcontento in loro.
Questa voce, se ascoltata attentamente, la si poteva quasi udire urlare, come un rimbombo cacofonico tra le pareti del suo cranio.

« I vostri destini si compiranno sulle pareti di queste fogne »
Urlò quella voce al suo orecchio. Dentro la sua testa, come se fosse reale.
« Solo uno di voi si salverà - questo io vi dico Diffidate dai vostri simili; portateli alla morte - ed avrete salva la vita Solo uno di voi si salverà »

Infine Morpheus schermò i suoi pensieri, la sua testa, tanto da ritrovare la serenità e la pace. Tanto da tornare lucido per capire cosa stesse accadendo, vide la torcia infrangersi nel centro del bacino. La vide quasi fermarsi dolcemente per poi spegnersi ai lati, in mezzo ai detriti.
Dove loro sarebbe dovuti morire.
Eppure sorrise, forse aveva capito, forse loro avevano una speranza di salvarsi, di uscire illesi da quella situazione disperata.
Oppure era tutto un caso, una fottuta coincidenza, in tal caso Morpheus si sarebbe sbagliato e tutti sarebbero morti insieme a lui, per seguire le visionarie visioni d'un pazzo. Nello stesso istante in cui Morpheus si abbandonò alla speranza lame affilate come denti aguzzi gli trapassarono la pelle, affondarono nella carne penetrando in profondità.
Il dolore invase il corpo del dragone, il sangue iniziò a scorrere lungo il fiume inondando la pietra di rosso cremisi.
« Cercate di rallentare in ogni modo! » Ordinò Morpheus agli uomini. « Piantate le vostre armi contro la pietra per fare attrito. » Nello stesso istante, mentre la discesa continuava come in un scivolo impazzito e la pendenza si faceva sempre più ripida, con difficoltà il drago cacciò dal fodero Stormbringer e la piantò al terreno, come un rudimentale freno d’emergenza. Sperò soltanto che i mercenari dietro di lui facessero lo stesso. Vide le scintille scaturire dall’arma, come piccole fiammelle che si disperdevano nell’aria. Infine vide la fine del tunnel avvicinarsi rapidamente, come se stesse per essere inghiottito nelle profondità di quei canali. L’uomo dinanzi a lui, per l’ennesima volta in pochi minuti, lo stupì di nuovo sparando qualcosa contro il muro. Un qualcosa che, per qualcuno, si sarebbe rivelata una fonte di salvezza. Ma non per lui, lui avrebbe tentato il tutto per tutto in un altro modo. « Lo avete sentito? » Urlò Morpheus, « afferrate quella corda. »
« Se non ce la fate buttatevi verso il centro. Il più vicino possibile! »
In quell’istante Morpheus pensò solo a due cose:
Che la velocità fosse quella giusta, ma soprattutto che la sua intuizione si fosse rivelata esatta.
Altrimenti sarebbero finiti schiacciati come mosche su di un vetro.




Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem

Forma Umana
4 cs Costituzione



Energia: 85%
Status Fisico: Danno medio da lacerazione ai fianchi
Status mentale: Paranoico
Armi: //

Abilità attive:

• Mind defence :
L'inizio dell'ascensione, gli anni di studi, il processo che lo porterà a divenire un Dio lo sta forgiando in qualcosa di nuovo, non più un semplice drago ma molto di più. Si narra che le tecniche psioniche, quelle che intaccano direttamente la mente dei draghi, sia l'unico vero punto debole. Ma non per Morpheus, la sua mente è cambiata e si evoluta per combattere gli umani, la sua mente è diventata un labirinto districato di strade e muri. Difatti Morpheus, a seconda del consumo speso, potrà bloccare le offensive psioniche a lui rivolte [Variabile personale].
Usato basso.


Abilità passive:

Blue Dragon: come tutti i draghi anche Morpheus possiede una forza fuori dal comune, forza che gli permette di utilizzare, anche in forma umana, le armi più grandi e mastodontiche in circolazione come se fossero leggerissimi, in grado di alzare e smuovere anche i più pesanti oggetti, non vi è quasi limite alla forza di un drago [Passiva personale]. Un drago può scegliere in qualsiasi momento quale delle due forme mantenere, infatti non sarà soggetto a nessuna restrizione dovuta alla luce al buio, ma potrà cambiare la sua forma in qualsiasi momento della giornata. In compagnia di altri umani, e nelle città, è abituale vederlo nella sua forma umana, ma in caso di attacco o di combattimento, laddove è possibile, sarà sempre nella sua forma più nobile e potente [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale].

Dragon's Power: i draghi sono nati per combattere, ogni cosa di loro fa pensare a ciò, dalle fauci, dalle scaglie inscalfibili e dagli artigli poderosi, ogni cosa fa credere che si è dinanzi a creature particolari portate per la guerra, battaglieri e indomabili. È risaputo dunque che un buon drago deve disporre di difese adeguate, perchè solo attaccando, benché potrebbero benissimo farlo, non si può uscire illesi da uno scontro. Per questo la razza draconica, con i secoli e i millenni di trascorsi in guerra, ha sviluppato queste abilità che accrescono con gli anni e che sono già palpabili nei cuccioli di drago. In termini di gdr Morpheus potrà alzare barriere istantanee, senza nessun vincolo di tempo o concentrazione, altresì le sue difese potranno essere erette in maniera inconscia, difatti nessun attacco potrà mai coglierlo di sorpresa, come se le sue difese si animassero di volontà propria per difendere il dragone da futuri attacchi. Inoltre, la conoscenza di Morpheus si estende anche a tutte quelle difese che permettono di coprire per intero il proprio corpo, queste difese, che per i comuni mortali sarebbero molto dispendiose da erigere, per il drago ogni difesa di 360° avrà la stessa potenza del consumo speso per generarla [Abilità passive di I-II-III livello del talento guardiano]. Inoltre il corpo dei draghi è talmente pervaso dalla forza magica da trarne forza anche da quella circostanza, come se se ne cibasse per accrescere sempre di più, in sintesi, ogni qual volta che un avversario di Morpheus si trovi a utilizzare tecniche di origine magica le Cs di Morpheus, relative a capacità non fisiche (intelligenza, dominio della magia ecc.), cresceranno di ben due punti [Pergamena discendenza arcana].

L'errore di Nailat: un oggetto all'apparenza inanimato, un'armatura di pregio per un guerriero il cui passato ha il suono e l'odore del sacrificio. Ma se ad indossarla è un individuo nelle cui vene scorre l'antico e nobile sangue draconico, essa risveglierà i propri istinti, elargendo lui ciò che Nailat rifiutò con spregio. Il portatore, ogni qualvolta dovesse trovarsi in situazioni di pericolo, avvertirà una forma di inquietudine e nervosismo che lo indurrà ad essere più vigile e a temere per il peggio. L'abilità concede i propri benefici come un senso aggiuntivo, ma non starà ad indicare né la direzione e né l'entità di eventuali attacchi in arrivo, così come non chiarirà la natura effettiva del pericolo al quale il portatore va incontro. {Abilità passiva}


Note:
Niente, non avendo tecniche utili in questa situazione mi affido all'istinto e all'inventiva. Mi difendo dalla psionica e subisco il medio al corpo. Ordino i mercenari di rallentare la corsa con le proprie armi e, per chi ce la fa, di afferrare la corda, altrimenti di buttarsi al centro del bacino. Ah si, ovviamente sfrutto i cs in costituzione per mantenere la presa il più salda possibile




 
Top
view post Posted on 19/2/2014, 23:20
Avatar

Like a paper airplane


········

Group:
Administrator
Posts:
12,341

Status:


Seduta sulla sedia, le pareva di non avere la forza per muoversi. Qualcosa di gelido la stava inchiodando al legno. Ne poteva sentire la carezza ruvida sotto la tunica. In realtà le pareva di poter percepire ogni cosa con chiarezza innaturale: i muri spogli della stanza, la consistenza del tavolo, consumata da troppe mani, la paura e il dolore dell’uomo che le stava davanti. Il gelo era anche colpa di lui, glielo aveva versato addosso come un secchio d’acqua in pieno inverno. Le era penetrato dentro, artigliandole lo stomaco e riversandole in bocca una saliva viscosa e acida. Pensò che non sarebbe più stata in grado di aprire le labbra per parlare.
Quel freddo aveva un nome, ma lei non aveva la fora di pronunciarlo. Si chiamava errore. Sconfitta. Le rendeva la testa leggera come un palloncino, capace di volare sopra la stanza e di scoppiare da un istante all’altro. Sarebbe stato preferibile a fronteggiare il compagno che la aspettava fuori. A spiegare a lui e a tutti gli altri cosa fosse accaduto. Come avesse rovinato tutto quanto.
Quegli occhi nuovi le avevano restituito la capacità di vedere attorno a sé, ma l’avevano accecata sotto altri punti di vista. L’avevano fatta dubitare. Se non lo avesse visto in faccia non le sarebbe mai sorto il dubbio, non avrebbe mai sperato di poterlo aiutare, di poter dare una risposta diversa rispetto a quella che il suo cuore astioso le suggeriva. Non avrebbe desiderato di poterlo discolpare. E non si sarebbe trovata nella condizione di ammettere davanti a tutti la propria ingenuità.
Non mi alzerò.
Lo pensò e si sentì immediatamente più serena. Sarebbe stato così semplice: chiudere gli occhi e aspettare di tornare indietro, nel tunnel pieno d’acqua. Soffocare sentendo l’aria scivolarle tra le labbra, in silenzio. E andandosene dimenticare quel pietoso tentativo di tornare quella di una volta.
Sollevò gli occhi dalle mani poggiate inerti in grembo. Faticosamente li mosse fino a incontrare quelli di lui, il suo viso contratto dall’emozione. Lei era come una bambola apatica, il tempo le si dilatava attorno, il tempo non contava più nulla.
So che sei stato tu.
Anche se era stata sciocca. Anche se per un secondo aveva pensato che lui amasse la donna dai capelli scuri, che il loro sentimento malato conservasse un poco di lealtà. Aveva desiderato che lui soffrisse come nessuno aveva mai fatto per lei. Che lui le dimostrasse di essere una persona migliore rispetto ai soliti vasi pieni di letame che erano i nobili del nord.
Lo aveva letto nella sua espressione, nella sua ira, nel vuoto che aveva creduto di vedere dentro i suoi occhi per un istante. I nuovi occhi che all’inizio l’avevano tradita, alla fine avevano iniziato a cantare all’unisono con la sua sete di vendetta. Per questo ora se ne stava seduta a fissarlo, immobile, cercando di non pensare a come lui l’avesse fatta scivolare facilmente. A come sarebbe stato capace di mentirle fino alla fine, fino a farsi scagionare.
Cercò di stringere i pugni, ma le dita le tremavano. Abbandonati a terra, come le piume perdute da un grande uccello, le pagine di pergamena che parlavano degli ultimi istanti della donna. Poche parole, incapaci di raccontare l’orrore provato da Ainwen quando aveva letto del bambino.
Aveva toccato la donna, aveva sfiorato i suoi vestiti e immaginato chi potesse essere. Aveva dissacrato il suo nome e ironizzato sulla sua vita. E quel bambino era sempre stato lì vicino, a portata di mano, senza che lei sapesse.



So che sei stato tu”.



Cercò di dirglielo, ma dalle labbra le sfuggì un borbottio impastato. Aveva iniziato a tremare. Aveva rovinato tutto, impedito che gli altri potessero porre domande, verificare la sua teoria. E adesso era sola con la verità, con la scelta tra l’assoluzione e la condanna. Era la depositaria del segreto di quell’uomo e del suo piano apparentemente perfetto. Ma non era quella la cosa peggiore. Non avrebbe trovato niente di più soddisfacente che schiacciarlo nella morsa del boia e vederlo implorare pietà.
La cosa peggiore era la pena che gli avrebbero inflitto se lei avesse rivelato quello che sapeva. Talmente esigua da strappare una risata. Talmente esigua che avrebbe potuto confessare e andarsene a testa alta. Era questo che si annidava sotto al gelo, la certezza di doverlo condannare alla libertà. Strinse i denti, desiderando di poterlo giustiziare lei stessa. Le mani intorno alla gola, stringere forte finchè lui non avesse visto che lei e non avesse gridato il suo nome. Sussurrargli la propria colpa, il nome di quel bambino che non sarebbe più nato. E accompagnarlo al castigo facendo in modo che soffrisse il più possibile, che sperasse fino all’ultimo. Dimostrandogli che alla fine quelli come lui finivano mescolati allo sterco a lati della strada, disprezzati e dimenticati.



Alzati. Esci da quella porta.
Ti stanno aspettando, i loro occhi sono solo per te. È il tuo momento. Tieni in mano la bilancia della gisutizia.
Ma è la tua giustizia.
Sorridi. I tuoi occhi sono più vividi delle stelle, i tuoi capelli sono del colore del suo sangue.
Quando socchiudi le labbra qualcuno di loro segretamente sospira.
Sei potente. Sei bella.
Sai cosa fare.
La pena di morte. Lo dici. Dici che l’ha uccisa durante una lite, ma che lo meditava da tempo. che l’unico destino che merita è l’onta perenne. Che ha ucciso anche il loro bambino, quello che aveva generato in una delle tante volte in cui l’aveva abusata.
Non lo perdoneranno. Lo trascineranno via mentre grida stupide scuse. Mentre cerca di confessare.
Ti guarderà e nei suoi occhi leggerai l’odio che è stato per tanto tempo il tuo odio. Tu gli sorriderai, mostrandogli che nelle terre gelate è il lupo scaltro che banchetta sulle carogne degli orsi.
Non sai se ti rimorderà la coscienza.
Ma sai che ti senti tiepida e felice. Che vorresti correre nel sole a goderti quei pochi attimi.



Aprì gli occhi. Era in piedi davanti a lui, uno sguardo sconvolto molto simile al suo. Attorno a loro la stanza vuota. Qualcuno aveva bussato, perché avevano udito le urla e poi il silenzio prolungato. Si erano aspettati il peggio.
Non aveva fatto nulla, aveva sprecato tutto il proprio coraggio in una fantasia volatile. Ora era sospesa sopra di loro, così vicina eppure così impossibile da afferrare. Lui e lei non erano che due pedine su un palco, lo sapeva ma non riusciva a provare alcuna pietà per quell’uomo. La sensazione di volerlo distruggere, il piacere del suo disonore, erano ancora vividi nella sua anima. Come se tutto fosse accaduto davvero.
Mostrami.
Era questo che aveva chiesto chissà quanto tempo prima. Un piccolo miracolo. Un desiderio. Anche quei due avevano avuto un desiderio, meschino e pavido ma non peggiore di quello di lei. E ne erano stati distrutti. Era sempre così che andava a finire quando si aveva a che fare con i deboli come loro. Schiacciati, riuscivano solo ad azzannarsi a vicenda. Senza mirare più in alto, senza guardare oltre.
Si era detta che avrebbe imparato dagli errori. Che non avrebbe perso tempo. che non si sarebbe più affidata all’istinto.
Inspirò.



Sei disgustoso”.



Gli voltò le spalle senza aggiungere altro. Mentre usciva dalla stanza calpestò i fogli che raccontavano una storia piccola e insignificante. Una storia breve quanto un incubo. Il suo sguardo quando fronteggiò quelli che la attendevano era stanco.
Lo sai solamente tu.
Abbozzò un sorriso sarcastico.
State a vedere.
Sollevò un dito, come ad impartire una lezione.



A mio parere ha commissionato lui l’omicidio. La sua bella mogliettina era rimasta incinta di un…



Pensò a lei, distesa nel sangue con il suo bambino morto in grembo. Si chiese se avesse desiderato tenerlo, se si fosse immaginata un poco di felicità, se avesse già deciso il nome. Se avesse tentato di difenderlo. Se morendo l'avesse pensato un ultima volta. Sua madre non l'aveva fatto, non l'avrebbe fatto più. Quella donna non aveva bisogno di altro dolorei.



…un amante. A lui non deve essere piaciuto e ha incaricato un uomo di ucciderla, un mercenario di nome Arthur Wlight.
Si tratta di un…

Inspirò nuovamente. Si domandò perché lo stesse facendo, sentendosi improvvisamente come svuotata.
…di un omicidio d’onore per lui e di complicità in omicidio per il suo compare”.



Le girava la testa. Tutto era così terribilmente ingiusto che avrebbe voluto semplicemente finisse. Non si sentiva appagata per aver fatto la cosa giusta, ma solamente spoglia e abbandonata come una stanza vuota d’inverno. Le pareva l’aria gelata le premesse contro le labbra.
Lui meritava di essere punito per tanti motivi. Ma lei aveva giurato di non lasciarsi più distrarre. Di non abbandonarsi agli istinti, di seguire il piano fino alla fine. Ingannare la legge sarebbe stato inutile finchè non avesse potuto cambiarla.
Un giorno ce la farò.
Chinò il capo, cercando di contenere il tremito d'ira che la scuoteva.




Perchance to Dream

Cs. 4.[Astuzia] 1.[Intuito]*
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Mediox1) = 92%
Fisico. Illesa
Mente. Illesa

Armi. //



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Usata la pergamena del mentalista "Menzogna" durante l'interrogatorio.

.Riassunto.



Descrivo la scena a partire dal momento appena successivo all'ultima domanda di Ainwen (non volevo riportare mille dialoghi che avrebbero allungato il post, mentre preferivo soffermarmi sulle reazioni del pg. Spero vada bene ç_ç). La ragazza si sente improvvisamente raggelata di fronte alla scelta tra rivelare la verità (o quella che secondo lei è tale) e quindi condannare l'uomo a una pena esigua, oppure mentire e condannarlo a morte. Il suo desiderio sarebbe distruggere quell'uomo privilegiato (il mio pg ha un odio abbastanza viscerale per i "fortunati" della vita) che ha ucciso la moglie e il figlio (questa notizia l'ha particolarmente toccata). Ma al tempo stesso ricorda bene dove l'istinto, il puro desiderio e l'ingenuità l'hanno portata. Ha un obiettivo da raggiungere, e si è promessa di non lasciarsi più trascinare dalle proprie emozioni.
Inoltre, sebbene non ami ammetterlo, il fatto di aver riottenuto la vista ha modificato in parte il su modo di rapportarsi al mondo che la circonda..
Quindi quando esce dalla stanza epsrime la propria teoria senza mentire (io personalmetne, off GdR, ho ancora dei dubbi, ma il mio pg è già pieno di pregiudizi verso l'uomo, frustrato dal suo rifiuto di rispondere. Inoltre considera i nobili e i privilegiati come sempre colpevoli a priori, sebbene alla fine lo neghi a se stessa).
Inutile dire che tutte queste elucubrazioni e fantasie la turbano parecchio.

.Altro.



Mi spiace molto di aver fatto una mossa troppo azzardata con l'ultima domanda T////T E anche di aver postato un poco tardi. *rotola via a testa bassa*

 
Top
view post Posted on 20/2/2014, 23:36
Avatar

Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
·····

Group:
Member
Posts:
1,940
Location:
Roma

Status:


cysDWef




Mior, insieme al giovane ragazzo, condusse Ainwen e Montu verso l'acropoli della città. Sulla cima svettava il Tempio, baluardo di maestosità e prosperità, con le alte colonne che si ergevano fino alle vette del cielo, e le guglie sembrava dovessero superare perfino l'orizzonte. Il portone era enorme, in legno e ottone, ma scivolò come se non avesse peso quando Dama Mior lo aprì.
Addossate alle pareti immense librerie conservavano migliaia tomi, custoditi in quell'area di pace e serenità, tutti catalogati in ordine alfabetico e per genere. Le poche pareti sgombre ospitavano arazzi altrettanto grandi, in cui erano raffigurate scene di guerre passate.
Eppure il Tempio non sembrava subire i danni del tempo, che trascorreva inesorabile sul resto della città. Gli arazzi, le battaglie, la quantità di libri... Lithien doveva essere stata fondata secoli prima, ma il Tempio conservava intatta tutta la sua magnificenza.

Entrarono nella stanza tre figure, la cui presenza sembrò appesantire l'aria circostante. Montu provò un senso di disagio ancor prima che fossero arrivati davanti a loro. Le tuniche erano lunghe, di un bianco perlaceo con compicati arabeschi in oro.
Erano il Saggio dell'Essere, il Saggio della Verità e il Saggio dell'Intelletto.
I tre avevano somministrato al marito della donna uccisa un particolare infuso che l'avrebbe indotto a non mentire finchè la sua mente non fosse stata eccessivamente stressata.

I tre saggi di Lithien guidarono Ainwen e Montu in una stanza poco più in basso. Anche la strada che portava a quella specie di sotterraneo era in armonia con il resto dell'edificio: le pareti non erano umide ma affrescate con scene di banchetti o antichi dei, le scale non erano di legno marcio, come ci si sarebbe potuto aspettare, ma di lucido marmo.
Giunsero davanti ad una porta che i tre saggi apriprono, per poi farsi da parte.
Dentro, l'uomo era seduto davanti un grande tavolo sgombro, con una sedia vuota dall'altra parte destinata al suo interrogatore. La luce era chiara e innaturale, sembrava provenire dalle stesse pareti, lo sguardo dell'uomo era perso nel vuoto e gli occhi lucidi tradivano il suo forte dolore.

Il Demone preferiva rimanere a guardare, piuttosto che iniziare a fare domande, così si concentrò su degli oggetti posti su un tavolo lì accanto. Invitò Ainwen ad iniziare, facendole un cenno con il capo, poi si avvicinò ad osservare da vicino i fogli sull'altro tavolo, lontano dal marito: erano un registro dei movimenti in entrata e in uscita dalla città il giorno dell'omicidio, e il rapporto dell'autopsia sul corpo della donna. Diede un'occhiata al registro, cercando il nome dell'uomo, e notò che il suo rientro a Lithien era avvenuto qualche ora prima di quanto era stato loro riferito.
Afferrò l'autopsia e si avvicinò al tavolo dove erano seduti, faccia a faccia, l'uomo e Ainwen. Lei gli chiese se sapeva chi fosse l'uomo visto uscire dalla loro abitazione, e dalle labbra secche e spaventate dell'accusato uscì un nome, quasi balbettato:
-A-arthur Wlight.-
Certo, uno dei clienti abituali della donna, un mercenario che evidentemente non voleva accontentarsi dei bordelli.
Montu allungò l'autopsia ad Ainwen, facendola scorrere sul tavolo.
La ragazza la consultò un secondo, poi puntò le mani sul tavolo e si sporse verso l'uomo fissandolo negli occhi, Montu non intervinì ma ascoltò rapito le parole che Ainwen pronunciava.
L'uomo scoppiò a piangere, urlava fra i singhiozzi dei vizi della moglie per arrotondare, del figlio che portava in grembo e che sarebbe stato un'onta per il nome del marito.

L'uomo si chiuse sulle sue gambe piangendo forte, e i due capirono che non avrebbe risposto più a nessuna domanda.
Uscirono fuori, tornando nella grande sala, dove tutti attendevano loro, e la loro sentenza.

Montu si presentò freddamente di fronte al gruppo di persone che si trovava nella sala, e prima di parlare rianalizzò mentalmente tutto ciò che aveva scoperto quella sera.
L'uomo sfruttava sua moglie per guadagnare soldi extra, forse perchè gli affari andavano male, e poco gli importava se il corpo che lui stesso prostituiva era quello della donna che, forse, amava o aveva amato.
La cosa andava avanti da molto tempo a giudicare dalle numerose lettere che aveva trovato nel doppio fondo del cassetto, ma ultimamente era successo qualcosa che aveva cambiato tutto. Un figlio... Un bastardo oltretutto, frutto dello sporco amore a cui la donna era costretta. Un affronto che un altolocato mercante di Lithien non avrebbe potuto sopportare. Così l'aveva uccisa... Lui stesso, poichè già troppi sapevano di ciò che succedeva in quella casa, e un altro segreto da condividere sarebbe stato un rischio troppo alto da correre.

Così l'Eterno parlò:
L'uomo ha ucciso la moglie.
Diede la notizia senza emozione, e subito cadde il gelo nella stanza, la sentenza aveva spazzato via ogni speranza che non fosse successa una cosa simile proprio a Lithien, la Bella.
Un vile atto, dettato però dall'onore. Difendere il proprio nome è stato persino più importante della vita della moglie. Ma non ci sono scuse alle ferite che ha inferto al corpo della donna. C'era una profonda ferita causata da un'arma da taglio all'altezza dell'addome, ma solo quando le è stata tagliata la gola la donna ha lasciato questo mondo, morendo dissanguata, insieme al figlio che portava in grembo.

Ci fu un attimo di silenzio, la tensione era palpabile, e tutti stavano pensando alle parole pronunciate dai due Prescelti, tutti già sapevano qual'era la pena prevista dalle leggi di Lithien per quella colpa. Troppo poco per un vigliacco che aveva ucciso la moglie dopo che l'aveva fatta prostituire per ottenere un ulteriore introito... Era un'idea di onore molto distante da quella che aveva Montu, ma il Demone non poteva di certo opporsi alle leggi della città.



-Parlato uomo-
Parlato Montu


Energia: 95%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Illeso
CS Forma Umana: +1 Intelligenza

Armi:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta (5 colpi)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
Foglie Urticanti

Pergamene Utilizzate: //

Abilità Utilizzate: //

Note: Nulla da segnalare, mi dispiace solo che la pena prevista sia così breve. Per Montu la sentenza è: omicidio d'onore e accanimento sul corpo della vittima.
 
Top
view post Posted on 20/2/2014, 23:48
Avatar

Maestro
········

Group:
Administrator
Posts:
12,736
Location:
Bari

Status:


« Custodia cautelare »
Ainwen e Montu

« Delitto d'onore, dunque » disse Artash, ascoltando con attenzione « si, mi sembra la scelta più plausibile »
« Benché nessuno dei due lo voglia: non leggi nei loro occhi il rammarico? » Volgos fissò l'altro saggio con aria perplessa « non ritengono chiaramente la pena congrua al delitto commesso. »
Il primo si grattò il mento per qualche secondo, spostando lo sguardo da un punto all'altro della sala, nervosamente. Poi apparve l'ultimo dei tre, Borgan, che si fece largo da dietro una libreria, con un pesante tomo tra le mani. « E' comprensibile che non siano d'accordo » disse, con tono preoccupato « ...d'altronde, significa equiparare l'onore di una persona alla vita stessa! »
« E' improponibile ritenere l'uno importante quanto l'altro! »
Arthas si fermò a fissare l'ultimo, rimanendo immobile nella stessa espressione per alcuni secondi. Poi, tornò a guardare i due dinanzi a se.
« Eppure sono entrambi ligi al dovere - hanno seguito la legge, nonostante non fossero concordi con essa » disse, guardando in avanti, ma parlando con gli altri saggi alle sue spalle.
« Indubbiamente » ribatté Volgos, fissando il pavimento « hanno seguito la legge; ma la legge è sbagliata »
« E di questo non hanno colpe » aggiunse Borgan, in conclusione del discorso « anzi, rende loro onore »

I tre rimasero poi in silenzio. La sala si riempì di una innaturale tensione, quasi i pensieri si materializzassero in sussurri sopiti e viaggiassero indistintamente tra le menti dei tre saggi di Lithien. I presenti rimasero a fissarli, quasi affascinati da uno spettacolo che - evidentemente - non erano soliti poter ammirare. Poi, come se nulla fosse, i tre sentenziarono.
« E sia, dunque » ribatté Artash « il delitto d'onore andrà punito come qualunque altro delitto d'ora in poi »
« che l'uomo sia punito col carcere a vita » aggiunse Volgos, alle sue spalle « e l'assassino con la pena di morte; la vita va pagata con la vita »
« quanto alla donna, invece » disse poi Borgan « che le sia fatto un sontuoso funerale; che ella sia seppellita entro le mura ed al suo feto sia innalzata una colonna commemorativa »
« Così abbiamo deciso » concluse Artash, accompagnando i tre fuori dalla sala grande.

Quando tutto fu concluso, nella sala calo un nuovo innaturale silenzio. La donna dai capelli grigi si affiancò ai due, tenendoli ai fianchi - quasi volendoli abbraciare.
« Veyia, Lukas » disse, con tono pacato « sono estremamente soddisfatta di come sia andata; siete stati giusti ed avete usato il giudizio che mi aspettavo da voi »
aggiunse poi, sorridendo « è così che dovrebbe funzionare la giustizia ed è così che funziona da queste parti »
Poi fece qualche passo indietro, indicando loro il portone alle spalle.
« Adesso è tempo di andare » disse, mentre dalla fessura nelle ante della porta risplendeva un innaturale bagliore.
La lucentezza si espanse per tutta la sala, abbagliando gli occhi di tutti e costringendo i due a chiuderli, per non rimanerne storditi.

Quando riaprirono gli occhi, la realtà sembrava conformarsi nuovamente a qualcosa di più vero.
Sentirono il puzzo di chiuso, misto a marcescente fanghiglia, che cresceva nei loro polmoni. La lucentezza dei fasti di poco prima, i marmi di una giovane Lithien e l'abbondanza di un'era di verità ed opulenza, erano tornati un sogno lontano, lasciando spazio alla fetida fogna di poco prima.
Inoltre, come se non bastasse, era accaduto qualcosa nel frattempo. Che fosse sogno o meno, quella visione li aveva addormentati in uno stato immobile di coma; i loro corpi dovevano essersi abbandonati totalmente al fato ed essere scivolati lungo un cunicolo laterale. O, più propriamente, erano caduti in qualche trappola.
La stanza dove si risvegliarono, infatti, era molto diversa da quella in cui ricordavano di essere stati. Si ricordavano il tunnel melmoso, oltre che la corrente che si era ingrossata e li aveva trascinati.
Ora, però, i problemi erano altri. La caduta li aveva spinti in un grosso stanzone, alla fine di un tunnel scivoloso. Inoltre, l'impatto li aveva feriti alquanto. Allo stesso modo, così come Ainwen e Montu riaprivano gli occhi a fatica, acciaccati, finanche i soldati attorno a loro si rialzavano, altrettanto feriti e spaventati.
Uno di loro strisciò poco lontano, quasi per orientarsi al meglio su dove fossero finiti. Dopo poco, però, trattenne a stento un urlo quando si accorse che qualcosa di strano si muoveva poco distante, nell'oscurità.
L'ultima torcia accesa, infatti, era caduta al centro della stanza, in mezzo a loro. Per la poca luce che ancora emanava, poteva illuminare la turpe verità che si stagliava lungo lo sfondo del loro sguardo.
Una decina di grossi serpenti, lunghi diversi metri, si muovevano lentamente, strisciando a cerchio attorno al cono di luce generato dalla torcia.
Tanti anni di buio, evidentemente, li avevano resi quasi del tutto ciechi e la cosa appariva oltremodo evidente, fissando gli occhi gialli socchiusi e quasi del tutto privi di pupille. Allo stesso modo, però, tale condizione li aveva abituati al buio e resi probabilmente letali nell'oscurità che li avrebbe presto colti.
La luce della torcia che li teneva a distanza, infatti, non sarebbe durata a lungo: la melma appiccicosa che li aveva riversati in quel luogo, invero, ricopriva tutto il terreno e - allo stesso tempo - lambiva l'estremità della torcia fino a spegnerne lentamente il fuoco. Presto non ci sarebbe stata più luce a proteggerli da loro.

« Guardate li, lungo la parete » disse uno dei soldati, indicando l'estremità a Sud della stanza.
Dietro i serpenti, infatti, la torcia illuminava distintamente due sbocchi. La stanza proseguiva con una nuova biforcazione, ovvero le uniche vie di uscita da quel miasma di fetore e paura.
Vie separate, distinte, che avrebbero rimesso ad Ainwen e Montu la decisione più fatale: dividersi ancora, o meno?

8tmxw

« Il tempo dell'odio »
Garrett e Morpheus

Tutto si mosse in un attimo.
Il rumore delle lame che tagliano la carne parve, alle orecchie distratte di chi non poteva guardarsi indietro, come quello di un macellaio che fende i propri maiali. Schizzi di sangue ed urla di dolore riempirono il tunnel. I più, però, furono rinfrancati dalla tempra ferma di Morpheus e dalla rapida reazione di Garrett. Quest'ultimo si mosse rapidamente, evitando tutte le lame e lanciando il rampino lontano, in modo che fungesse da ancora di salvezza per tutti. La volontà di non salvare nessuno che non fosse lui stesso, infatti, era controbilanciata dalla determinazione di Morpheus, che imponeva ordini e condizioni di quell'azione.

Alla fine, andò meglio di quanto previsto.
Solo un soldato, sbalzato a lato da una delle lame del tunnel, mancò la presa con la corda e finì schiacciato contro il fondo della stanza, martoriato nel volto e nel corpo dai detriti di pietra che lastricavano il pavimento. Gli altri, infatti, compreso Morpheus, afferrarono la corda e Garrett allo stesso tempo, lanciandosi in un salto di diverse decine di metri.
A metà salto, però, la corda non resse il peso del trasporto e si spezzò, facendoli cadere verso il basso.
Il baratro, però, non giunse mai; giunti a mezza altezza, il gruppo frenò la sua corsa su di una passerella centrale, che collegava un'estremità della stanza con l'altra. Era un passaggio centrale, ma composto di un marmo nero, talmente scuro da mimetizzarsi con l'ambiente e risultare invisibile ad un occhio poco attento.
La passerella, però, fragile e preposta al passaggio di poche persone, iniziò a vibrare pericolosamente, costringendo i tre a correre in fretta verso l'uscita. Non c'era tempo per pensare.
Non c'era tempo per considerare che un altro uomo veniva lasciato indietro lungo le pareti di quella fogna.

La corsa non consentiva tentennamenti.
Garrett e Morpheus decisero che non c'era altro modo di evitare la morte ed ordinarono al gruppo di correre a perdifiato nell'oscurità del tunnel.
Niente più torce o luci ad accompagnarne il passo, né la presunzione di poter affrontare qualunque pericolo. Soltanto la speranza che il peggio fosse passato; che le trappole di chiunque li tediasse a quel gioco al massacro fossero esaurite li. E che, dietro quel muro di buio, non ci fosse altro che l'uscita.
Invece, trovarono qualcosa di inaspettato.

Il passaggio fu come da un sogno alla veglia. O viceversa.
Dietro il buio, c'era qualcosa di completamente diverso. Il muro di nero scomparve, per lasciar posto ad un luogo diverso, benché altrettanto angusto.
I muri della fogna erano diversi, apparivano come meno rovinati di prima, benché sporchi e puzzolenti nella stessa maniera. Soltanto pregni di una puzza diversa.
Non più il marcio odore di feci lasciate a galleggiare nell'oscurità, bensì un odore forte di sangue e morte, accompagnato dal crudo rumore di lamenti e piagnistei.
Non erano più in una fogna. Erano in una prigione.
Invero, quella non era nemmeno l'unica novità.

Non c'erano più soldati o corse affannate, bensì una cella unica, spuntata da chissà dove. Morpheus si guardò le mani, rendendosi conto di quanto fossero diverse.
Più vecchie, più rovinate, ma - sopratutto - quelle di un altro uomo. Sentiva il gelo dietro la nuca e si accorse di essere completamente calvo; una peluria che non c'era, cancellata dal tempo e dalla vecchiaia. In una pozza mirò i suoi occhi: verdi e grandi, circondati di lunghe occhiaie nere. Vestiva una tunica di pezza un tempo bianca, ormai rovinata dalla sporcizia. Non aveva calzature, ma piedi stanchi che passeggiavano nella sporcizia.
Di fianco, poté ammirare qualcun'altro. Garrett, infatti, mascherava il cambiamento più evidente. Non era più un ladro, un ratto, benché meno l'ardito brigante che credeva di essere. Invero non era più nemmeno un uomo.
Aveva capelli ondulati che gli scendevano lungo le tempie, grigi e stopposi - sporchi. Indossava anch'esso una veste lunga come il primo, sporca e rovinata dal tempo.
Sotto di essa, però, aveva un corpo differente. Fianchi un tempo sinuosi, ora doloranti ed acciaccati. Seni un tempo turgidi, ora cadenti e vittime del tempo.
Occhi un tempo pieni di ardimento, ormai gonfi di lacrime ed atrocità.

Conservavano ricordi e, benché non si spiegassero come fossero giunti li, sapevano perfettamente cosa era successo.
Erano loro; per qualche motivo sapevano di esserlo sempre stati. Erano Veyia e Lukas; figli del Tempio della Speranza, un tempo araldi della volontà dei saggi.
Avevano condotto decine di casi in giudizio, portando avanti la volontà del tempio e dei tre uomini di profonda cultura, saggezza e verità che la città di Lithien avevano fatto risplendere.
Si ricordavano il loro primo caso perfettamente: di quando avevano condannato un uomo per un delitto d'onore, spingendo i saggi a rivedere quella legge e modificare i principi cardine del codice.
Si erano fregiati, poi, di centinaia di premi, titoli e nobili propositi, fino a divenire la coppia più potente di Lithien.
Poi, tutto era precipitato.

Per qualche ragione, i saggi li avevano incolpati di tradimento. Erano ad un passo da sostituirne la missione, giacché i saggi erano ormai vecchi e stanchi.
Loro, ancora savi ed in forza per assurgere a quel compito, erano stati sollevati dal volere popolare, fino ad investirli per acclamazione a quel ruolo eterno.
Ma a quel ruolo, in verità, non ci erano mai arrivati. Gli stessi saggi li avevano condannati per tradimento, adducendo prove false e testimonianze contraffatte.
Qualcuno aveva giurato di averli uditi mentre complottavano la morte dei saggi; altri avevano giurato di averli visti assoldare mercenari per una rivoluzione.
Infine, qualcuno aveva portato una lettera in cui si confermavano tutti questi fatti. Una lettera che, però, loro non avevano davvero mai scritto. Né avrebbero voluto farli.
Incastrati e condannati. Condannati a morte.

Poco dopo, un rumore sordo li destò dal loro torpore.
Una chiave girò nella toppa della cella. Una luce fioca inondò la stanza, rivelando quel buco di pochi metri per ciò che era: un gretto cumulo di mattoni scuri, con catene ai muri ed un buco nell'angolo dove riversare i propri bisogni. Dietro la porta, invero, c'era un lungo corridoio pieno di celle sui lati, con un pesante portone che chiudeva l'altro lato, adesso socchiuso.
Una donna fece capolino sull'uscio, fissandoli con raccapriccio. Vestiva di una lunga tunica di un bianco spento, tendente al grigio - ma pulita.
I ricami in oro erano sfilacciati in alcuni punti e sul capo portava un cappuccio scuro, che ne copriva parzialmente il volto.
Dai lati sbucavano ciuffi grigi ed un mento appuntito con una bocca curata, splendente di un rosso acceso.
Era Mior e sembra non essere invecchiata di un giorno.
« E' qui che vi tengono, dunque » disse, con tono greve « forza, abbiamo poco tempo - dobbiamo scappare »
Un uomo li seguiva. Aveva indosso un armatura di cuoio rafforzata con placche di metallo, ed una spada corta stretta nella mano destra. Un pesante mantello sulle spalle copriva il resto del corpo ed un cappuccio parte del viso. « Forza, abbiamo poco tempo, dobbiamo scap- » l'uomo giunse sulla porta, fissando Mior con orrore ed arrestandosi al momento. Dopo qualche istante, comprendendo che fossero entrambi li per lo stesso motivo, chiese con tono preoccupato « Ma tu chi... cosa ci fai qui? »
« C'è poco tempo per le domande » disse Mior, tagliando corto « devono scappare »

Condannati a morte. Condannati a fuggire.

8tmxw

« Io sono te »
Aang e Shakan

Un turbine di colpa.
In un attimo si avventarono tutte insieme. Ombre e paura; buio e rimorso. Verità ed ira.
Decine di mani e bocche si agitavano attorno al monaco, con denti aguzzi ed occhi rossi, spiritati. Si lanciarono all'unisono, su di un ordine imperioso e - al tempo stesso - senza appello di colui che le governava. Quando furono ad un passo dalla pelle di Aang, però, fu il turno di questi di tuonare.

« ALLORA FERMATEVI! VE LO ORDINO! »

Le ombre svanirono in un attimo. Così come erano apparse, le loro immonde fattezze si confusero con l'aria circostante, divenendo nebbia fitta e, poi, sparendo come fumi trascinati dal vento. La visuale attorno al monaco si allargò e la stanza apparve subito più ampia e luminosa di quanto non lo fosse poco prima. Finanche lo sfondo, l'orizzonte celato alla vista - fino a poco prima - si espandeva ben oltre la zona circostante l'uomo. La fiamma della torcia, infatti, parve risplendere ancora più brillante, rivelando un'ampio stanzone circondato da spessa muratura grigia. La stanza era quasi circolare, ma apparentemente vuota. Decine di tubi spuntavano da ogni direzione, scaricando liquami e sporcizia verso il fondo. Il baratro verso cui si riversavano i liquami, però, sembrava non avere un termine: i reflui si perdevano in un buio profondo, ove non era concesso di scorgere o comprendere. Scomparivano, evidentemente, verso una profondità troppo profonda per essere percepita.
Loro, infatti, si poggiavano sull'unico passaggio consentito in quella stanza. Da un'estremità all'altra, da un'apertura all'altra, una lunga passerella tagliava a metà lo spazio vuoto: aveva un'ampiezza di massimo un paio di metri e sopra di essa erano sempre stati loro; sia lui che i soldati.
Questi, infatti, erano alle sue spalle, spaventati e guardinghi. Li sentiva nuovamente lamentarsi ed inveire contro il fato maledetto, ma - in qualche modo - rincuorati dal poter scorgere nuovamente Aang.

Mancava solo una cosa.
Mancava Shakan.

« Credi di essere scaltro, Aang? » disse l'ombra dinanzi a se, con tono severo.
Fece qualche passo in avanti e finalmente il monaco poté scrutarlo in viso. Aveva le sue stesse fattezze ed i suoi stessi vestiti; i lineamenti rimarcavano pari pari quelli suoi propri e finanche armi, armamenti e paramenti erano simili ai suoi. Tranne per un dettaglio: era scuro; completamente scuro. La pelle era color ebano ed i vestiti si drappeggiavano di nero e varie tonalità del grigio.
Era un'ombra partorita da un qualche incubo e parlava con una tonalità femminile, ma contraffatta come volesse imitare quella del monaco stesso.
« Io sono te; sono le tue paure e le bugie che racconti a te stesso » disse ancora, sorridendo « non ho bisogno di certi trucchi per dimostrartelo »
« Sai benissimo di esser qui per te stesso e non per lui » aggiunse, sornione « vuoi assomigliargli e ricalcare le sue orme, ma sei consapevole di non poterlo fare »
« non sei nemmeno la metà di lui e - per di più - lui ti sfrutta per i suoi scopi » aggiunse, infine.
« Ti sei mai chiesto chi sia veramente Shakan ? » Lo fissò con aria interrogativa, rimarcando ancora un sorriso fastidioso.
« Prova a chiederglielo chi sia o cosa abbia fatto in passato » aggiunse, tornando serio « prova a chiedergli cosa sia la Triade degli Obl- »
Non fece in tempo a finire la frase. La punta di una lama spuntò dal suo costato. Emerse con un rumore sordo, facendo capolino poco sopra l'ombelico.
Poi tentennò, spingendo verso l'esterno. La punta divenne una lunga lama, che si eresse verso l'alto, per poi abbassarsi.
L'ombra spalancò gli occhi e la bocca, colta di sorpresa. Fissò la spada e, poi, scivolò lungo la lama verso il basso, scomparendo.
Dietro di essa e col manico stretto in pugno c'era Shakan, che fissava l'ombra con raccapriccio.

« Chiunque sia, ci tiene intrappolati qui dentro » disse, senza perdere tempo « legge le nostre menti e cerca di farci diventare pazzi! »
Poi fissò il monaco, visibilmente preoccupato di qualcosa. « Qualunque cosa dica, non ascoltarla - Aang »
« Tu devi credermi: non devi ascoltarla »

Fece appena in tempo a finire la frase, che qualcos'altro attirò la sua attenzione. Una mano nera apparve al fianco dello spettro. Prima era un fumo leggero; poi si concentrò in un punto, assumendo la forma e la sostanza di una mano nera. Alla prima mano ne fece seguito una seconda e, molto presto, un'altra figura umanoide era apparsa al fianco di Shakan. Aveva capelli lunghi, occhi bianchi ed una visibile cicatrice sull'occhio. E lo fissava, ridendo.

« Cosa temi di più Lucian » disse l'ombra, parlando con lo stesso tono femminile di poco prima, ma con tonalità più simile a quella del fantasma stesso
« la verità che conosci o quella che hai paura di sapere? »
Prima che Shakan potesse fare qualunque cose, l'ombra lo spinse con violenza verso il bordo della passerella. Shakan perse l'equilibrio e cadde giù, senza nemmeno urlare.

Poi l'ombra prese a fissare il monaco, guardandolo intensamente. Era una copia oscura di Shakan, in tutto e per tutto.
« Comunque sia monaco » disse, sorridendo « non sarò io a farti la morale, ove tu non voglia saperlo »
« sono qui per ucciderti, molto semplicemente »

Allo stesso istante, cinque ombre apparvero alle spalle di Aang. Cinque guerrieri mercenari, non dissimili dal seguito del monaco.
Ciascuno di loro prese ad affrontare il suo "doppio", in un enorme duello corale che spingeva ciascun soldato a rischiare la vita da un lato all'altro della passerella.

Poi fece un breve inchino ironico, verso di lui. « Quando ti chiederanno "chi ti ha ucciso", potrai chiamarmi Lucian Alastor » concluse.
Poi si lanciò verso di lui, portando entrambe le mani avanti al corpo ed aprendole a tenaglia. Mirò alla sua gola, nel tentativo di strozzarlo e spingerlo oltre il baratro.
In modo da fargli raggiungere Shakan ed unirli, per sempre, nella morte.



littleqmpointwinterreisPer tutti. La "Paranoia" si intensifica. Subite tutti un danno Basso alla mente, sotto forma di malia psionica che vi costringe a temere ogni rumore, movimento o parola dei vostri compagni. Chi vuole può difendersi, ovviamente, secondo i modi che specificherò negli specchietti personali.

Ainwen/Montu. Qualunque cosa fosse, la "scena" che avete vissuto è finita. Ora siete tornati nella fogna e con spiacevoli sorprese ad attendervi. Siete in una stanza molto grande; siete finiti nel centro trascinati dalla melma che si è ingrossata e via letteralmente vomitato in quel punto (sguazzate ancora nei residui della stessa melma). Ainwen subisce un danno Basso da caduta, Montu - invece - un danno Medio (scegliete liberamente i dettagli di tali danni, fermo restando che sono causati dalla caduta). Nel vostro centro c'è una torcia, l'ultima rimasta accesa che si sta lentamente spegnendo. La stessa torcia, o meglio la sua luce, tiene lontani 8 grossi serpenti. Immaginateveli come degli Anaconda giganti, lunghi circa 6 metri. Ciascuno di loro è, orientativamente, un mostro di pericolosità G; non troppo potenti, ma sufficienti da tenere occupati a lungo un uomo ben armato. Dietro la coltre di serpenti ci sono due porte (una a destra, una a sinistra), o meglio due sbocchi della fogna. Quindi, dovrete decidere - oltre che di come superare i serpenti - anche se dividervi o proseguire entrambi in una direzione. Non dimenticate, però, che avete anche gli uomini al vostro seguito. Ne avete cinque, in quanto sono ancora tutti vivi - benché danneggiati dalla caduta.
I serpenti, come detto, contano come mostri di pericolosità G, ma ciascuno di voi non potrà comunque gestirne più di 3 singolarmente (gli altri, quindi, potrebbero aggredire i soldati). Fuggiranno una volta subito un danno Critico, comunque. Di questi potrete occuparvi in vari modi:

• Potete affrontarli autoconclusivamente; badando alla vostra pericolosità, potete decidere di affrontarne un tot (massimo 3) autoconclusivamente, coscienti che con un danno critico fuggiranno. Non dimenticate, però, che siete in condizioni di luce quasi scarsa, anzi verosimilmente la torcia si spegnerà prima della fine del vostro turno.
• Potete trovare un modo per aggirarli, ingannarli e condurre in salvo anche i vostri soldati:
• Potete farvi largo a piacimento ed ignorare soldati o compagno.

Potete usare quante tecniche volete, in questo turno. Non dimenticate che avete anche il danno Basso da paranoia.

Garrett/Morpheus. Il vostro piano ha successo, in gran parte. Uno dei soldati non si salva e cade, morendo. Gli altri si salvano, ma sono tutti abbastanza feriti. Il peso del trasporto, però, rompe il rampino e, quindi, per Garrett sarà impossibile servirsi del rampino (e della passiva) per il resto della giocata; ricordati di questa cosa. Detto questo, si avvia per voi la fase dello svolgimento in confronto. Le premesse sono evidenti: interpretate gli stessi personaggi interpretati da Anna e Ramses, ma più invecchiati di qualche anno. Siete coscienti di essere stati trasportati in un qualche sogno/visione e, quindi, di non essere "voi". Ma, allo stesso tempo, conservate i ricordi di quanto accaduto ad Anna e Ramses (nel caso andatevi a rileggere i loro post). La situazione, però, negli anni è precipitata e siete stati condannati a morte per qualche motivo che non conoscete. Dovrete scappare, semplicemente. Ditemi in confronto cosa fare ed io vi dirò cosa accade, fino al punto in cui vi darò lo stop. Su di voi la Paranoia (basso) agisce come sconforto per la prigionia, diciamo.
Gli oggetti che avete si tramutano in abilità: Morpheus (Lukas) acquisisce l'abilità di causare un danno Alto ad una persona e farle perdere conoscenza; Garret (Veyia) hai il potere di emanare da te 3 figure uguali a te, ma composte di luce, che illuminano e, nel caso, distraggono o compiono piccole azioni (a differenza delle altre, questa abilità la puoi usare 3 volte). Domande o dubbi, in confronto allo stesso modo.

Aang. Dunque, molto semplice. Sei in un duello con questa nuova "ombra" che sembra più simile a Shakan; l'altra, invece, ora che ci rifletti, sembrava più simile a te. In compenso, la luce ti mostra la tua posizione. Sei in una grossa stanza circolare, con in mezzo una passerella di un paio di metri. La passerella porta all'altra estremità, dove prosegue la via. Sotto di te un baratro di cui non vedi la vine. Shakan è caduto giù e non ne sai nulla. Dietro di te, invece, vedi i cinque mercenari che lottano con delle ombre che sembrano non dissimili da loro stesse. L'ombra "simil-Shakan", invece, ti attacca con una mossa di soffocamento. Se non ti difendi, questa ti causa un danno Alto (è di potenza Alta, quindi). Decidi cosa fare: puoi difenderti e contrattaccare. Puoi solo contrattaccare. Puoi anche buttarti giù per capire cosa sia successo a Shakan. Puoi aiutare i mercenari per sfruttare il loro aiuto (verosimilmente le loro ombre sono più deboli di quella che affronti tu).
Domande o dubbi in confronto.

Ordine. Come sempre, sarebbe il massimo se ogni coppia postasse vicina, mentre Paracco può postare quando vuole, prima o dopo le altre coppie.
Tempi. Fino a martedì 25 febbraio, ore 23.59. Lud e Jedi hanno 3 giorni da quando dico stop. Ma il limite massimo rimane intorno al 25-26.
Cercate di non fare altri ritardi, cerchiamo di venirci incontro per favore.
 
Top
view post Posted on 24/2/2014, 22:41
Avatar

Like a paper airplane


········

Group:
Administrator
Posts:
12,341

Status:


« Adesso è tempo di andare »



Un sorriso le affiorò spontaneo alle labbra, privo di tutte le barriere che era solita costruire attorno alle proprie emozioni. Era un sorriso di esultanza, la consapevolezza di aver fatto, per una volta, la mossa giusta. Un’espressione ingenua, che le dava l’impressione di essere tornata indietro molto più di qualsiasi altro cambiamento intervenuto nel suo corpo.
La porta si socchiuse davanti a lei, e quella luce innaturale la avvolse come un abbraccio. Sperò che fosse l’inizio di qualcosa di nuovo, di un cambiamento più vero e migliore di qualsiasi desiderio avesse mai potuto esprimere. Sollevò il capo e fece un respiro ampio, per riempirsi le narici del profumo di quella vittoria.

Ma vi entrò soltanto aria putrida, invecchiata, rimasta indisturbata per troppo tempo. Le ristagnò nei polmoni provocandole un conato di vomito. Tossì, protendendosi istintivamente in avanti, e spalancò gli occhi. Ma ad accoglierla fu soltanto un buio fitto e melmoso, la consistenza dell’acqua sotto i palmi delle mani, dei capelli appiccicati alla nuca. Il freddo strisciante sui vestiti, simile ad una condanna.
Capì di essere tornata al punto di partenza. Alla fine aveva avuto ragione: il privilegio che le era stato dato era solamente momentaneo, poco più di un’illusione. Le avevano concesso di assaggiare quello che avrebbe potuto essere per poi levarle il piatto da sotto il naso. Era di nuovo persa nell’oscurità senza ritorno della propria colpa. Le mani si mossero istintivamente, con la rapidità del terrore.
Vuoto. Vuoto. Alghe viscide a cui non avrebbe saputo dare un nome. Vuoto. E poi finalmente la stoffa umida, il viso liscio. Sollevò la bambola e la strinse tra le braccia, le dita che le tremavano. C’era andata vicino, i polpastrelli sentivano le crepe della ceramica là dove aveva urtato contro gli ostacoli. Ma gli occhi si aprivano ancora, nonostante l’umidità che li offuscava, e le permettevano di vedere quelli che la circondavano. Si alzavano doloranti nella penombra, cercando come lei di ricordare cosa fosse successo.
Con un po’ di gioia in meno. Con un po’ di malinconia in meno. La sensazione di completezza di poco prima stava già iniziando a svanire, lasciando che il suo cuore si indurisse come creta sotto un sole troppo intenso. Strinse le labbra, cercando di capire dove fossero finiti. Non erano più nel corridoio: quella stanza era troppo ampia e l’acqua era tornata a filo del pavimento. Sentiva male a un braccio, poco sotto la spalla. Probabilmente il punto su cui era atterrata cadendo. Sul suo viso lo sguardo della bambola coglieva qualche macchia bluastra. Dovevano aver rotolato per un bel pezzo. Guardò se stessa aggrottare la fronte nel tentativo di mantenere la calma, di non gridare per la frustrazione.

Non ebbe comunque il tempo di abbandonarsi alle emozioni. Un uomo aveva urlato, lasciando cadere la loro ultima torcia. E dall’oscurità ombre pallide erano affiorate come dita circospette in attesa di stritolarli. Tanti, anche se non perse tempo a contarli. Troppi per loro. Serpenti molto più grossi di un uomo. Molto più forti.
Ironia della sorte, erano stati abituati all’oscurità per troppo tempo. Un po’ come lei non potevano vedere e forse annusavano inquieti quelle creature che stavano in piedi al loro cospetto. Forse si domandavano se fossero una minaccia e probabilmente avrebbero concluso che sarebbe stato molto più semplice schiacciarli. Un po’ come aveva fatto lei con quelli che le si erano avvicinati troppo.
Due porte si aprivano alle spalle dei serpenti, come due grandi bocche spalancate in un grido. Erano la speranza, anche se era chiaro che non tutti avrebbero potuto raggiungerle se avessero combattuto.
Lei sapeva quale sarebbe stata la soluzione più semplice: scomparire per un istante e ritrovarsi abbastanza lontano da fuggire come un’ombra. Lasciarli al loro destino e cercare l’uscita da sola, senza bisogno di aiuto. Sapeva di potercela fare, era quello che aveva fatto fino a quel momento. Tornare fuori senza rimorsi, perché la sua vita, il suo obiettivo, contavano più di quelle miserabili anime senza volontà.
Quello che ti riesce meglio.
Strinse i pugni. Aveva le energie sufficienti per trascinarsi verso una delle uscite, una a caso, senza neppure prestare davvero attenzione. E poi forse sarebbe tornata indietro a salvarli con i rinforzi. Forse. A patto che fossero sopravvissuti a sufficienza, o che di loro fosse interessato a qualcuno.



State vicino a me! Non abbiate paura!



La bambola girò il capo con uno scatto secco della testina incrinata. Il cappuccio del piccolo mantello le scivolò dalla testa, scoprendo i capelli verdastri di melma. Il suo compagno si era levato in piedi, e tutti avevano rivolto lo sguardo verso di lui. Dal suo corpo emanavano sicurezza ed energia, come se ritornare al presente non lo avesse privato della forza conquistata nel mondo di sogno di poco prima.
I suoi occhi scintillavano di fiducia, bollenti come il fuoco. Non voleva andarsene, non voleva abbandonarli. Voleva rischiare tutto per loro, nonostante fosse più forte, il comandante. Nonostante le vite degli altri fossero state assegnate alla sua incolumità.
Pazzo.
Avrebbe voluto urlarglielo, scuoterlo, comunicargli il proprio terrore. Non sapeva che essere altruisti era il miglior modo per morire? Che sperare lastricava solo la via verso una fine rapida e impietosa? Sentiva il fiato morirle in gola. Si alzò goffamente, rischiando più volte di scivolare, e tese verso di lui il braccio ancora sano. Ma prima che potesse anche solo sfiorarlo, il suo corpo parve avvampare. I serpenti si immobilizzarono, incerti sul da farsi, mentre lui diventava più luminoso di una torcia. E molto, molto più pericoloso.
Gli uomini emisero un grido di esultanza, menando le spade come faceva lui, stringendoglisi attorno. La sua luce in movimento proiettava ombre dorate sui loro volti, come se fossero ancora sulle montagne a guardare il tramonto. Le parve che il loro entusiasmo sfiorasse anche lei, un po’ come l’ultimo sospiro di un’onda che raggiunge la spiaggia. Non abbastanza da coinvolgerla davvero, ma a sufficienza per impedirle di attuare il proprio piano.
Pensò che sarebbe stato come prima, che avrebbe potuto fare la cosa giusta e che forse tutto sarebbe andato per il meglio.
Prima era solo un sogno.
Ma forse in quel luogo i sogni erano un poco più concreti e la realtà un poco più sfumata, a sufficienze perché le regole degli uni si mescolassero con quelle dell’altra. Lo sperò davvero, mentre tendeva la mano in avanti.



Andate finchè potete”.



Lo sussurrò, tanto che non avrebbe potuto dire con certezza se l’avessero sentita. Sentì il potere sfuggirle dalle dita, sottile quanto una preghiera. Lo vide avvolgere le creature e premerle contro il terreno. Sentì i loro corpi poderosi annaspare, i loro pensieri accavallarsi mentre ceravano di comprendere cosa stesse accadendo. Seppe che non sarebbe durato abbastanza.
Ma gli altri avevano intuito. L’avevano fissata solo per un istante prima che l’istinto di conservazione prevalesse su tutto il resto. Si erano mossi correndo verso la porta di destra, la più vicina, facendosi segno l’un l’altro di accelerare. Solo uno rimase al suo fianco. Con una mano le afferrò dolcemente l’orlo del mantello.



Signora, se non ti muovi non farai in tempo”.
Il mantello le scivolò sulle spalle e si afflosciò a terra, informe. Lei girò il capo verso di lui, puntando nei suoi i propri occhi pallidi e inespressivi, simili a quelli dei serpenti.
Non mi piace morire, soldato. Ma se non corri non mi fermerò a salvarti”.



Cercò di rispondere al suo sorriso incerto con uno rassicurante, ma riuscì soltanto a rivolgergli quella smorfia da squalo che le era abituale. La smorfia che mostrava al mondo quando si sentiva debole e smarrita. Se solo avesse potuto lo avrebbe preceduto gridando. Ma quel giorno aveva sognato di essere migliore. Era un giorno speciale.
Arretrò rivolgendo le spalle all’ingresso del tunnel, continuando a fissare le creature. Alcune erano ferite, altre stavano già ricominciando a muoversi. Si morse il labbro inferiore, sentendo sotto la lingua il sapore ferroso dell’acqua mescolato al proprio sangue. Tese la mano ancora una volta, aggrottando un poco la fronte.
Non sapeva se avrebbe funzionato, perché non aveva mai combattuto contro esseri come quelli. I suoi veri nemici erano gli esseri umani, con le loro passioni dozzinali e le loro bugie, con le loro menti semplici. Aveva sempre creduto che gli animali fossero migliori, ma in quel momento sperò di essersi sempre sbagliata.
Alle proprie spalle sentiva i loro passi farsi più distanti. Sentiva il giovane che l’aveva aspettata rallentare per rimanere nei pressi. Indugiò ancora per un istante. Avrebbe dovuto restare a verificare, sacrificarsi per coprire davvero la fuga.
Ma lei non era così, e nemmeno un sogno avrebbe potuto cambiarla. A lei non piaceva morire. Non interessava affatto di essere un eroe. Tese una mano all’indietro, incontrando quella di lui. Era ampia e indurita dagli anni di battaglie e lavori manuali. Una mano da contadino fuggito dalla terra in cerca di qualcosa di migliore.
E lo hai trovato?
Si girò verso di lui. Era certa di no. Era partito desiderando la gloria e aveva trovato una ragazza cieca prigioniera del proprio passato. Affrettò il passo per mantenere il suo ritmo. Se gli incanti che aveva lanciato non fossero andati a buon fine sarebbero stati i primi ad essere divorati, loro due insieme. Una parte di lei trovò quella situazione abbastanza patetica. Ma un’altra, una che si era svegliata solo per quel giorno, le strappò un timido sorriso d’orgoglio, volatile, un segreto tra lei e il buio che li circondava.




Perchance to Dream

Cs. 4.[Astuzia] 1.[Intuito]*
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Mediox1) - (Altox2) = 60%
Fisico. Un danno basso ripartito tra una botta alla spalla e contusioni lievi sul viso
Mente. Illesa

Armi. //



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Opprimere: Il mentalista induce tutti i nemici circostanti la convinzione di essere schiacciati sul posto da catene di pura energia.
La tecnica ha natura psionica. In seguito ad un'onda mentale emanata dal caster, tutti i nemici nelle vicinanze verranno indotti a credere di venire schiacciati verso il terreno. A seconda della caratterizzazione potranno semplicemente sentirsi molto pesanti, percepire un notevole aumento della gravità, o venire avvolti da pesanti catene. Tale illusione impedirà a chiunque ne sia colpito di muoversi dalla propria posizione per il singolo turno di cast, e inoltre subiranno un danno basso alla mente per la malia, e basso al corpo per la costrizione fisica.
La tecnica può essere personalizzata al fine di rendere l'effetto psionico non come frutto di un potere mentale proprio del mentalista, ma attraverso l'uso di droghe, stupefacenti, gas o veleni di sorta.
Consumo di energia: Alto

Ira: Il negromante si insinua nella mente dei suoi nemici, risvegliando i loro istinti primevi e trascinandoli verso l'oblio della follia.
La tecnica ha natura psionica. Per castarla è necessario percepire gli avversari, anche solo visivamente. La tecnica ha effetto ad area su chiunque veda o senta il caster, e di conseguenza sarà colpito da una afflizione psionica che corromperà la sua mente. Le vittime di tale ammaliamento cadranno in uno stato di ira violenta che causerà loro danni mentali sotto forma di perdita di lucidità, tanto da non riuscire, nello stesso turno, a distinguere amici e nemici. L'abilità è personalizzabile liberamente dal caster, purché gli effetti rimangano gli stessi. Essa causa danni da confusione di entità Media alla mente di chiunque si trovi nelle vicinanze del caster, ed è contrastabile con opportune difese psioniche.
Consumo di energia: Alto

.Riassunto.



Ainwen si risveglia nella stanza abbastanza frustrata per aver perduto nuovamente la vista (sebbene se lo aspettasse) e si convince di aver semplicemente sognato. Una volta davanti ai serpenti l'istinto le suggerisce di scappare utilizzando qualche incantesimo e abbandonare i compagni al loro destino. Ma davanti all'esempio di Montu, che è pronto a sacrificarsi per quegli uomini che nemmeno conosce, e ricordando di aver fatto solo poco prima la scelta più difficile ma più giusta (seppure solamente in sogno), decide di restare. Gli altri nel frattempo cercano di respingere i serpenti con il fuoco e con le armi (ma questo lo lascio descrivere al mio compagno ^^)
Ainwen esorta quindi gli altri a scappare e casta prima la tecnica "Opprimere" del mentalista per immobilizzare i serpenti e lasciare agli altri il tempo sufficiente a raggiungere l'uscita di destra. Dopo di che si attarda per qualche istante e, nel momento in cui le creature iniziano a riguadagnare il movimento, casta "Ira". Se la tecnica sortisse effetto i serpenti si troverebbero a non distinguere nemici e amici (quindi i propri simili dagli altri) e (questa è la speranza mia e di Ainwen) si attaccherebbero a vicenda anche se magari non per molto. Nel frattempo avrebbero un danno Alto psionico a testa.
A questo punto Ainwen si affretta a scappare insieme a un soldato che si è attardato ad aspettarla (un puro elemento scenico).
La speranza è questi serpenti siano sensibili agli effetti delle tecniche psioniche, altrimenti avremo conosciuto momenti migliori ^^"

.Altro.



Forza, my comrade, mostriamo a questi bruti di che pastia siamo fatti *brofist*

 
Top
PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 24/2/2014, 23:07




Riaprì gli occhi lentamente, uno dopo l'altro.
Li aveva tenuti chiusi, temendo il momento in cui quell'onda si sarebbe infranta contro il suo corpo, distruggendolo come nessuno era stato in grado di fare. Aveva immaginato quelle centinaia di bocche chiudersi sulla sua carne, divorandolo boccone dopo boccone, fino alle ossa e alla sua anima. Aveva immaginato la sua morte, mentre Shakan aveva bisogno di lui, mentre i Quattro Regni avevano bisogno di lui. Si era immaginato Fanie e Raymond combattere contro minacce invisibili senza poterli aiutare, e vederli soccombere senza il suo sostegno. E sopra tutto ciò il ghigno di Nadìr si spandeva senza fine, coprendo le sue speranze e i suoi sogni, gettandolo in un grigio senza fine.

Poi però aveva riaperto gli occhi, aprendoli sulla realtà. Era vivo, e le ombre erano sparite come se non fossero mai esistite; oltre a loro, anche l'oscurità che li aveva circondati si era diradata, come un sudario strappato dall'interno, lasciando intravedere una stanza molto più grande. Tubi e condutture apparivano ai margini dello stanzone, gettando liquami scuri nel pozzo che sembrava senza fondo ai lati della passerella al centro. Il monaco seguì con gli occhi gli archi di melma che si perdevano in quell'abisso di tenebra, ma non riuscì a scorgerne la fine, per quanto si sporgesse sul bordo della passerella. Fu in quell'eccessiva curiosità che si rese conto che i mercenari che li avevano seguiti fino a quel momento erano dietro di lui, spaventati e confusi ma vivi. Aang li salutò con un cenno carico di comprensione: anche loro si erano spaventati quando li avevano persi di vista, era comprensibile, anche se Aang era infastidito dal loro atteggiamento. Sembravano quasi desiderosi di essere salvati, come se il monaco fosse una balia e loro una massa di bambini frignanti.

Il Manipolatore tornò ad ignorarli, guardando con apprensione Nadìr che non si era mosso dalla sua posizione: il costrutto continuava a fissare il centro della passerella incurante di ciò che succedeva attorno a lui. L'ansia e il terrore dei mortali gli scorreva attorno, ma lui rimaneva immobile, fermo come uno scoglio in una notte di tempesta. Solo quando l'ombra di Aang apparve di fronte a loro distolse lo sguardo, come se la bella visuale fosse stata disturbata da una mosca fastidiosa. Un insetto da schiacciare il più velocemente possibile, un disturbo fastidioso che non meritava nemmeno la sua attenzione. Lo sentì parlare in silenzio, mentre il monaco si agitava accanto a lui, come se non fosse abituato a viaggiare con il più eccezionale dei commedianti. Nadìr si sentì un pò offeso da quella vista, ma un ghigno bianco come una lapide gli apparve sul volto di tenebra quando vide la lama trafiggere l'ombra.

Aang, al contrario di Nadìr, non era tranquillo nè a suo agio in un luogo come quello. Quando vide l'ombra apparire si mise in guardia, alzando il bastone di fronte a sè come per scongiurare qualunque attacco a sorpresa. Si era preparato a tutto, ma lo stupore fu enorme comunque quando riconobbe in quel nemico se stesso, i suoi lineamenti, i suoi vestiti, le sue armi. Era come se fosse stato derubato della sua identità, di una personalità che era sempre e solo stata sua. Si sentì violato, come se colui che aveva di fronte non fosse una copia spudorata, nella voce e nell'aspetto, ma il vero Aang. Per un lunghissimo, temibile attimo, si sentì di fronte a uno specchio: lui era la copia e l'altro era il vero Aang, e nulla poteva cambiare quell'ineluttabile verità. Quella fantasia visionaria cessò quando la lama trapassò il petto d'ombra, sparendo nell'aria come la rugiada al mattino. E dove prima l'ombra del monaco aveva insinuato e accusato, apparve il vero Shakan per ridare ad Aang un minimo di stabilità.

« Chiunque sia, ci tiene intrappolati qui dentro » disse lo Spettro rapidamente, senza lasciare che la stanchezza rallentasse le sue parole « legge le nostre menti e cerca di farci diventare pazzi! »
Poi Shakan guardò Aang con espressione preoccupata, aggrottando la fronte come se un pensiero per niente positivo avesse attraversato la sua mente. « Qualunque cosa dica, non ascoltarla - Aang »
« Tu devi credermi: non devi ascoltarla »

Avrebbe tanto voluto rispondergli; avrebbe voluto dirgli che si, gli credeva, e che avrebbe fatto di tutto per non cadere in un altro tranello come quello. Glielo doveva, come erede e come amico. Ma le parole gli rimasero ferme in gola, bloccate dalla disperazione, quando vide l'ombra tornare così come era sparita, spingendo Shakan giù nel baratro. Aang vide il suo amico aprire la bocca, alzando un braccio come per salutarlo mentre cadeva in quell'abisso di cui non si vedeva la fine. Tuttavia nemmeno un gemito lasciò le sue labbra, sparendo nelle tenebre come se non fosse mai esistito.

« SHAKAAAAAN! »

L'urlo di disperazione del monaco rimbalzò sulle pareti dello stanzone come impazzito, tornando alle sue orecchie, sorde al suo stesso dolore. Non riusciva a distogliere lo sguardo dall'abisso in cui Shakan era caduto: sapeva solo che lui era rimasto fermo a guardare mentre un uomo che meritava il suo aiuto aveva avuto bisogno di lui. Sapeva soltanto che quell'uomo che gli aveva affidato le sorti dei Regni poteva essere morto o morente in fondo a quella fogna dimenticata dagli dei. E sapeva, con una rabbia crescente, che l'unico artefice del suo dolore era l'ombra rimasta di fronte a lui. Un'ombra che andava diventando sempre più simile a Shakan, se non fosse stato per la pelle scura come una notte senza luna.

Altre figure di tenebra apparvero alle spalle del monaco, ingaggiando battaglia con i mercenari rimasti paralizzati per la paura. E l'ombra dello Spettro, e fantasma egli stesso, non rimase a guardare: si lanciò su Aang, portando le mani scure in una tenaglia per strangolarlo e togliergli tutta l'aria. Voleva soffocarlo e farlo suo, renderlo cadavere, pallido come lui non sarebbe mai potuto essere. Ma non aveva fatto i conti con Aang: per un lungo secondo l'ombra serrò le dita sul collo abbronzato del Manipolatore, stringendo quella carne e assaporando già il sapore della vittoria. Ma fu - appunto - un solo secondo: un'ondata azzurra di Flux spinse via le sue mani, andando a coprire il corpo di Aang e quello dei mercenari al suo seguito. Il giovane si toccò la gola, deglutendo con dolore tutte le preoccupazioni e le paure che lo avevano animato fino a quel momento. Tirò il mantello di Nadìr, attirandolo a sè e ignorando il costrutto che si lamentava apertamente per quel trattamento. Una cortina di fumo si diramò dal suo corpo, coprendo i due alla vista.

Aang tossì per il dolore alla gola e il fumo che lo circondava, ma tenne gli occhi chiusi, il volto magro concentrato sui propri prossimi bersagli. Poteva vedere le essenze delle ombre e le anime dei mercenari dietro di sè, e sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa anche per loro. Strinse i denti, sussurrando a Nadìr poche semplici parole che avrebbero potuto decidere le sue sorti. Ignorò la fitta al braccio sinistro, mentre il Flux rosso lo circondava come una marea, bucando la cortina di fumo come se non esistesse. Con tutto il fiato che aveva in gola e con la voce roca per il dolore, Aang urlò ancora una volta come per commemorare la perdita di Shakan.

« VAII! »

E Nadìr si mosse, preceduto dal Flux. Sei raggi di energia rossa sbucarono dalla nebbia, dirigendosi come fulmini verso altrettante ombre. Il Leviatano sbucò dalla nebbia come un fantasma, il suo solito ghigno stampato sul volto di tenebra, buttandosi in un volteggiare di mantelli rossi e oro sull'ombra di Shakan e provando ad abbracciarla. E subito dietro Aang, gli occhi ancora rossi di ira e Flux, con il bastone stretto saldamente in una mano.

« Nadìr, vedi di trovarlo! »

Il bastone si mosse in un arco in direzione dell'ombra, ignorando il fatto che anche Nadìr si trovava nello stesso punto. Aang aveva deciso di trovare un compromesso: non sapeva se Shakan era ancora vivo o no, e aveva anche pensato di buttarsi di sotto per scoprire la temuta verità. Tuttavia, più forte della paura, dell'ansia e delle preoccupazioni, c'era la responsabilità per quelle vite umane che lo seguivano, per quegli uomini che stavano rischiando la vita come lui. Potevano avere i loro difetti, ma erano umani, al contrario delle ombre che li avevano circondati.

Ti prego, Shakan, resisti!



Diario del Monaco
Comprensione





Cs totali: 5 (2 in Tenacia; 2 in Costituzione; 1 in Intuito)
Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~ Mortale 80%

Energia attuale: 35%
Consumi utilizzati: Medio (10%) + Alto (20%)

Condizioni fisiche: danno Medio alla gola.
Condizioni mentali: danno Basso da paranoia.

Bastone del Manipolatore: mano sinistra.
Balestra: 15/15 - assicurata alla cinta.



Passive in uso:

CITAZIONE
Riassunto Passive
Studio: Passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% di energie. + Passiva personale, resistenza alle condizioni ambientali e alla fatica. + Passiva personale, difese ad area uguali al consumo + Amuleto dell'Auspex, percepisce le auree attorno a lui. + Discendenza arcana, guadagna 2 CS in Intuito ogni volta che un avversario usa una tecnica magica. + Prime due passive talento Guaritore, guarigioni pari al consumo e possibilità di curare corpo e mente.
L'Immortale indica la via: Sopportazione di due mortali psionici + Immunità al dolore psionico.
Le braccia della mamma: Difese inconsce.
Il bacio della mamma: Guadagna 2 CS in Prudenza ogni volta che usa una tecnica di cura.

Attive in uso:

CITAZIONE
Fiume del Fato Usi e Tecniche
Il Flux rosso è una manifestazione difficile da spiegare: presente originariamente in natura, fa parte del flusso che scorre dalla vita alla morte e viceversa. Tuttavia il suo uso e la sua sola presenza è estremamente fastidiosa per gli esseri viventi, come se fosse qualcosa a loro estraneo. Inizialmente Aang pensava di non doverlo usare se non in rari casi, visto anche le fitte che gli provocavano i tatuaggi quando era costretto ad irrorarli di energia, ma con il progredire delle sue abilità il giovane si è reso conto che piegarne il potere ai suoi scopi gli ricorda le sue responsabilità con il vigore che gli serve per spingersi oltre i suoi limiti. L'uso del Fiume del Fato è pericoloso, ma indubbiamente utile in molte situazioni: per esempio con un consumo Medio di energie il monaco riuscirà a scomporre il suo corpo in una sottile polvere rossa, sfuggendo quindi a qualunque offensiva tenti di danneggiare il suo corpo materiale, per riapparire poi completamente illeso. Usando il Flux rosso allo stesso modo, ma ad area contro i nemici, Aang sarà in grado di ferirli in diversi modi, causandogli ferite da necrosi con un consumo Variabile delle sue energie: gli esseri angelici in particolare aborriscono questo potere, tanto che se usata contro di loro la tecnica salirà di un livello. Ma il Flux rosso può essere usato anche per scopi più nobili, anche se meno evidenti: Aang - grazie ad un consumo Medio e per la durata di due turni - potrebbe usarlo per attirare su di sè il disgusto e la rabbia di un bersaglio, distogliendo così la sua attenzione dalla persona o dal gruppo di persone che il monaco vuole proteggere e cagionandogli un danno psionico Basso.

[Personale, natura magica, difesa assoluta [3/10] + Pergamene Dominio del male e Provocare.]

CITAZIONE
Manipolazione di base Discipline degli Allievi
I bambini che vengono portati al Monastero necessitano di un lungo periodo di adattamento e preparazione prima di essere iniziati alla Manipolazione del Flux. In genere ci vogliono dai 12 ai 36 mesi di addestramento, e non sempre i meno dotati riescono a tenere il passo con gli altri, venendo indirizzati dopo quel tempo in conoscenze utili alla sopravvivenza del Monastero, come lo studio dell'Agricoltura e dell'Erboristeria. I fortunati che riescono a giungere alla Manipolazione ricevono un educazione più completa, studiando Storia, Geografia, Filosofia e Matematica. Queste lezioni di base vengono abbinate ad altre sul controllo del corpo e sulla difesa. Dopo i primi sei mesi in genere gli allievi riescono a manipolare il Flux per difendersi, usando una porzione Variabile delle loro energie: scudi, barriere o protezioni di altro genere si formeranno di fronte a loro o tutto attorno, difendendoli da qualunque avversità. Alcuni allievi - coloro che risultano più curiosi, dotati o impulsivi - vengono addestrati anche ad usare altre branche del Flux: dalle tecniche più semplici, come un semplice accecamento del nemico con un consumo Basso di energie, fino alla creazione di vere e proprie armi di energia da scagliare contro il nemico. Queste ultime richiedono un grande sforzo di concentrazione, tanto da richiedere un consumo Alto di energie.

[Dominio difensivo, natura magica [1/10] + Pergamene Abbagliare e Schegge Spirituali.]

Azioni:

Aang difende se stesso a metà dalla tecnica Alta, subendo un danno Medi, e i mercenari dall'eventuale attacco delle ombre (uso la mia variabile personale ad area, di potenza pari al consumo grazie alla passiva di potenziamento), dopodichè uso un fumogeno e grazie all'auspex attacco tutte le ombre (le cinque dei mercenari più quella di Shakan) con Dominio del male ad Alto (potenza Media per ciascuno). Nadìr tenta di aggrapparsi immediatamente all'ombra di Shakan approfittando della sorpresa (ha comunque 0 CS) ed Aang attacca entrambi (5 CS) per provare a farli cadere di sotto. Se l'attacco del monaco riesce spera di mandare Nadìr ad aiutare Shakan e di liberarsi dell'ombra nello stesso modo.

Note:

Ecco il mio post! Ho pensato alla strategia fino all'ultimo, ma spero di essermela cavata. :v:

 
Top
view post Posted on 25/2/2014, 16:47
Avatar

Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
·····

Group:
Member
Posts:
1,940
Location:
Roma

Status:


cysDWef





L'uomo più saggio non è forse colui che ammette i propri errori, se questo dovesse servire per raggiungere una giustizia più profonda di quella terrena? Una giustizia morale, che dà alla vita il maggior peso sull'anima del mondo. Chi spezza una vita può veramente avere delle attenuanti che ne giustifichino il gesto? Si può continuare a parlare di onore, di passione, di vendetta?
I tre saggi di Lithien decisero di modificare la legge della città: il delitto d'onore, se così si poteva chiamare, sarebbe stato punito come qualsiasi altro omicidio.
-La vita va pagata con la vita.- sentenziò Volgos.

Montu sentiva di aver svolto il suo dovere, e ora la sentenza appagava appieno il suo animo. Lui, così profondamente legato all'onore, non poteva credere che un uomo uccidesse la propria donna per poi evitare pene severe usando quel suo fantomatico "onore" come scudo.
La stanza si riempì di luce, e le figure dei suoi compagni affondarono piano in quel bianco accecante, diventando infine parte stessa ed emanazione della luce, come raggi più limpidi di un sole che già abbagliava gli occhi del Demone.



23xoC





Riaprì gli occhi, e tornarono alle sue narici gli odori che l'avevano accompagnato prima che venisse catapultato in una vita che non gli apparteneva. Il puzzo di chiuso e decomposizione era forte, più forte che nel tunnel che avevano percorso in precedenza, e si era aggiunto un nuovo odore, misto di sangue e morte.
Le torce erano state spente dal fiume d'acqua che li aveva travolti, solo una era sopravvissuta e giaceva agonizzante al centro della grande stanza, lanciando deboli ombre sulle pareti distanti, e creando riflessi incerti nella melma che ricopriva il pavimento. La torcia stava morendo, la sua fiamma non avrebbe resistito ancora a lungo, ma non era quello il problema principale.
Enormi serpenti strisciavano nella melma viscida appena fuori dal cono di luce che si andava man mano restringendo, avevano accerchiato i sette del gruppo, e già pregustavano le prede facendo guizzare le lingue biforcute in direzione dei soldati. Strisciavano accavallandosi uno sull'altro, giravano in tondo e sibilavano minacciosi, gli uomini avevano già sguainato le spade, ma tremavano tutti dalla paura: sapevano di non avere speranze contro un numero indefinito di bestie lunghe più di due uomini e larghe come un tronco d'albero.

Ma c'era qualcosa che ancora le teneva lontane... Quel debole fuoco che si andava estinguendo sulla torcia bagnata. Fuoco...
State vicino a me! Non abbiate paura!
Doveva rischiare; forse non era il momento più adatto per rivelare la sua natura ai suoi compagni, ma solo lui poteva salvarli.
Sentì il calore espandersi dal suo corpo come un'onda d'urto, gli occhi avvamparono e le ossa si allungavano. La sua pelle era nera, venata da lingue di fuoco, alto quasi tre metri con lunghe corna ricurve che partivano dalla fronte, non aveva più pupille ma solo due bocche di vulcano che vomitavano magma e luce, i possenti pugni ardevano di fiamme infernali.
Scrutava dall'alto le espressioni terrorizzate dei mercenari, sperava che la sua non fosse stata una mossa a doppio taglio. Ma il terrore si tramutò in coraggio, l'arrendevolezza in fomento, la sicurezza della morte in speranza nella vita!
Svettava sui guerrieri che lo circondavano come un faro nell'oscurità, era quasi abbagliante dopo la luce fioca della torcia che ormai si era spenta del tutto. I serpenti rimanevano ancora a distanza, ma erano agitati e incattiviti dalla comparsa di quella nuova e potente fonte di luce.
Le teste erano ritratte tra le spire, e saettavano in avanti cercando di afferrare i soldati che si difendevano fendendo l'aria con le spade. Gli animali erano troppo distanti per attaccare con successo, ma i sette dovevano decidersi a guadagnare le uscite, o i serpenti avrebbero presto trovato il coraggio di affrontare le fiamme e loro non avrebbero avuto scampo.
Il Demone fece qualche passo verso gli animali brandendo il suo martello da guerra infuocato, e le bestie strisciavano lontano sibilando minacciose. Poi s'immobilizzarono, come schiacciate sul terreno da mani invisibili.
Verso le uscite! Prendete la via a destra, PRESTO!

I serpenti avanzavano di nuovo verso il gruppo compatto e Montu cercava di colpirli con il martello mentre, formando un cerchio, ognuno copriva le spalle degli altri. Non potevano cadere. Non DOVEVANO morire!
Si erano fatti largo fino al tunnel indicato, quando due serpenti attaccarono il Demone: la testa di uno guizzò verso il petto di Montu, ma incontrò sulla sua strada il metallo rovente del martello da guerra che si abbatté sul suo cranio con una forza inaudita.
Alcuni soldati erano entrati nel tunnel e si allontanavano dalla stanza, l'Eterno sapeva che doveva scatenare la sua furia se voleva uscire sano e salvo da quella situazione.
Afferrò saldamente il martello con entrambe le mani, e sferrò ripetuti attacchi ai due serpenti avanzando leggermente ad ogni colpo, solo per essere sicuro di andare a segno. Il fuoco si abbatteva sui due animali e ad ogni colpo scintille miste a sangue schizzavano tutto intorno.
I due animali erano immobili, ma non rimase a controllare se fossero morti. Gli altri rettili sembravano come impazziti, forse per la troppa luce o per una resistenza che non avevano mai incontrato nella loro sudicia esistenza.
Un mercenario aveva spinto Ainwen a seguirlo nel tunnel, ora erano tutti in salvo, o almeno lo sperava. Si piegò per entrare nel nuovo canale, molto più stretto e basso della stanza in cui si trovavano prima, e pregò che i serpenti non li stessero seguendo.



-Parlato Volgos-
Parlato Montu

Energia: 95 -20 =75%
Status Fisico: Danno da caduta alla gamba destra (Medio)
Status Psicologico: Illeso
CS Forma Demoniaca: +1 Forza

Armi:
Martello da Guerra infuocato: Impugnato a due mani
Pistola: Riposta (5 colpi)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
Foglie Urticanti

Pergamene Utilizzate:
Furia Consumo Alto
il guerriero riesce a scagliare fino ad otto fendenti in successione con la propria arma.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero riesce a scagliare fino ad otto attacchi in rapida successione a mani nude, o con la propria arma. La posizione delle varie offensive cambierà in base al movimento compiuto dal guerriero. Questa tecnica può essere utilizzata anche con le armi da lancio. Non aumenta la velocità di movimento del guerriero, ma solo quella con cui compie gli attacchi. La tecnica va contrastata come un'unica offensiva di portata complessiva Alta, avente natura fisica.

Note: Mi trasformo spingendo i soldati ad avvicinarsi a me. Il mio fuoco tiene moderatamente a bada gli animali, che però cercano di reagire. I mercenari si difendono brandendo abilmente le spade, mentre ai due serpenti più "audaci" che si fanno sotto ci penso io con il mio fido Martello da Guerra infuocato. Uso Furia e mi scaglio sulle due bestie, fino a quando non si ritrovano immobili a terra (probabilmente con il cranio spappolato, come detto nel post non rimango di certo a controllare). Vedo che un mercenario è accanto ad Ainwen all'imboccatura del tunnel, mi sembra non sia rimasto nessuno indietro, ed entro anche io nel nuovo canale sperando che non ci segua nessuno.
 
Top
view post Posted on 1/3/2014, 00:55

1L 50GN0 3R3T1C0
········

Group:
Member
Posts:
13,732

Status:





Fu come risvegliarsi nella mente d’un altro.
Rimembrare ricordi mai vissuti, vedere accadimenti mai avvenuti.
Era come vedere la vita di qualcuno da una prospettiva diversa troppo interna per non essere la propria.

Eppure non lo era.

Si guardò per un attimo le mani, portandosele davanti agli occhi lentamente, con altrettanta flemma se le osservò girandole più e più volte, come a voler indagare sulla storia di ognuna di quelle rughe che prima di allora mai aveva visto sulla sua pelle. Istintivamente si portò quelle stesse mani che non gli appartenevano sul volto, volto che era scavato dalla malnutrizione, corroso dalla prigionia e dal tempo che aveva decretato la decadenza della pelle. I capelli blu non erano altro che un ricordo lontano, ora al posto di quelle ciocche ribelli v’era un capo senz’accenno di peluria, vuoto. Era in una cella e pian piano i ricordi rifiorirono nebulosi, ricordi che portavano più punti interrogativi che risposte. Erano prigionieri, erano caduti in una trappola architettata dai potenti, ingegnata alle perfezione, erano condannati come traditori. E probabilmente non avevano via di scampo. Erano in una Lithien diversa, d’altri tempi, una Lithien lontana e al suo massimo splendore. Lui era diventato un certo Lukas, difensore della giustizia. Nella sua testa diverse storie s’articolarono in maniera confusa, tuttavia solo una appariva chiara nella sua mente, come se quel ricordo fosse davvero suo e non il ricordo di qualcun altro. Rimembrava il primo caso di Lukas e Veyia – in quell’istante si rese conto di non essere solo in quella cella; accanto a lui una donna che ricordava perfettamente, come se avesse la certezza esatta che fosse qualcuno d’importante per lui, ma quel qualcuno non poteva altri che essere Garrett trasformato come lui – era l’inizio della propria carriera, l’inizio di tutta la loro scalata al potere. Abbassò lo sguardo, vedendo per la prima volta gli occhi di Lukas, verdi e profondi, riflessi in una pozza, e istintivamente non poté far altro che domandarsi come erano finiti lì. In quella cella. Non solo lui e Garrett, ma anche Lukas e Veyia.

In quel corpo ogni cosa aveva un sapore diverso, persino gli odori e i colori.

Gli odori si fecero meno intensi, meno pungenti e alcuni più nauseanti. I colori divennero più spenti, atoni, privi di quella luce particolare. Come se, agli occhi d’un uomo, i colori e gli oggetti apparissero sempre un po’ sfocati. Per la prima volta, nella sua lunga vita, stava osservando il mondo con gli occhi d’un umano.

Ogni cosa era un po’ più grande, un po’ più incomprensibile, tutto faceva un po’ più paura.
Era come essere bambini, scoprire il mondo per la prima volta sotto uno sguardo diverso.
Una luce diversa.

A quel punto i suoi pensieri vennero interrotti, la sua mente smise di percorrere le stradine labirintiche di quei ricordi offuscati che non gli appartenevano, venne ridestato da un rumore sordo, da una chiave che girò nella toppa e aprì la porta della cella. Era venuta l’ora di morire probabilmente.
Invece, una donna giovane, nel fiore degli anni, aprì la porta e un barlume di speranza balenò nel cuore di Lukas, speranza che lo stesso Morpheus, senza saperne il motivo, provò, come se fosse un sentimento che lui stesso aveva generato. La guardò e immediatamente la riconobbe, quella donna era la stessa donna che ballava nei suoi pensieri, la stessa presente nei suoi ricordi, e per la stessa Morpheus non intendeva la stessa persona poi cambiata nel corso negli anni. No, lei se la ricordava proprio come ce l’aveva di fronte in quello stesso istante.

Ancora giovane. Nella sua mente iniziò a penetrare il dubbio, non sapeva quanto e in che misura poteva fidarsi di quella donna. Una donna che lo stesso Morpheus faticava a definire reale.

Accanto a lei giunse una guardia, sorpresa dalla presenza di Mior, questo era il suo nome, ma senza aver il tempo di creare allarmismi, lo stesso Morpheus carpì le intenzioni di quella guardia, che combaciavano, apparentemente, con quelle di Mior.
Ovvero donare la libertà a Lukas e Veyia.
Inconsciamente, la sua mente traviata dai ricordi e dalle sensazioni di quell’umano, gli fece proporre una domanda che era la sintesi perfetta di entrambi gli stai d’animo, che tuttavia cercava e voleva due risposte completamente diverse.

« Cosa sta succedendo? »

La sua voce era, come se lo immaginava, diversa, ma sentirla gli provocò comunque una fitta allo stomaco, come un pugno di netto allo sterno.

La donna gli rispose velocemente, come agitata. « Dovete fuggire, o sarete giustiziati » mentre l’uomo proseguì e concluse la frase, « tra poche ore è prevista la vostra esecuzione; questa è l'ultima occasione. »

Il gruppo di persone s’incammino verso la fine del corridoio, una pesante porta di ferro semi aperta. Dall’altra parte della porta rumori di persone, di guardie, non sarebbero potuti passare se non con uno scontro. La mente di Morpheus razionalizzò tutto rapidamente, se fosse stato lui, nel suo vero corpo, non ci avrebbe pensato un sol secondo, sarebbe entrato nella stanza e avrebbe ucciso tutti per guadagnarsi la libertà, d’altronde, a volte, solo il più forte poteva considerarsi davvero libero in quel mondo. Eppure, ora non era nel suo corpo e, per quanto si sforzasse di ancorare la sua mente alla realtà, quello che manovrava era il corpo di Lukas, un debole e semplice umano.
Aveva ancora i suoi poteri certo, ma alcuni di essi gli sarebbero stati inutili in quel corpo vecchio, debole e stanco.

« Seguite me, il più velocemente possibile e senza far rumore. »

Riuscì, con una certa tranquillità, a schermare lui e gli altri dagli occhi delle guardie, per il momento non poteva far altro che proseguire oltre, che camminare ancora verso la libertà, come un topo e non come un drago. Passarono accanto alle guardie, poté osservarle svolgere le loro azioni abituali senza aver il timore di essere scoperto, poi continuò a proseguire per il corridoio, fin quando un’altra presenza non lo destò dal suo intento, dall’unico suo obiettivo. Un vecchio, per di più cieco, s’era accorto della loro presenza, s’era affidato ad altri sensi lì dove la mente e la vista venivano ingannati. Li percepì nell’oscurità e nell’oscurità dei suoi occhi attirò la loro attenzione.

« Aiutatemi; liberatemi e vi aiuterò - conosco questo posto molto bene. »

Garret, nel corpo di Veyia, cominciò ad armeggiare con la serratura, solo in quel momento il drago si accorse quanto inusuale e ridicola poteva apparire da un occhio esterno tutta quella situazione. Tuttavia, in un breve lasso di tempo, il vecchio fu liberato dalla sua cella. La storia di Lukas e Veyia assunse dei nuovi contorni, anche il vecchio, come loro, era stato incarcerato per il loro stesso motivo. Erano tutti e tre condannati a morte, entrambi erano dei candidati a prendere il posto dei tre Saggi e a Morpheus non trovò difficile fare due più due e capire il motivo della loro condanna. Quei tre uomini, perché pur sempre di uomini si parlava, erano troppo affezionati ai loro scranni d’oro, cosa che purtroppo avveniva abbastanza frequentemente nel mondo umano, per un attimo Morpheus provò un odio viscerale per quei tre Saggi e, per l’ennesima volta, trovò a chiedersi se quello era un sentimento suo o di Lukas. Proseguirono ancora lungo il corridoio, il vecchio, seppur debole e stanco, pareva riuscir a tenere il loro passo, tuttavia si rivelò più inutile di quanto le premesse avevano annunciato. Ben presto giunsero a una biforcazione, elemento architettonico spesso utilizzato a Lithien da quello che aveva potuto costatare, dinanzi a lui un gruppo di uomini, di guardie che parevano corrergli incontro.

« Destra o sinistra? »

Chiese rapidamente Morpheus incalzando il vecchio.
Ma non ci fu tempo d’avere una risposta, le guardie proseguirono verso di loro, minacciosi e Morpheus, per l’ennesima volta, dovette ragionare come Lukas, dovette immedesimarsi nei panni di un umano e si sentì terribilmente stupido. Inadatto e inadeguato a quella situazione.

« Ci è stato concesso di respirare per un'ultima volta l'aria di Lithien, di guardare per un'ultima volta il suo sole. Questo era l'ultimo nostro desiderio. Per favore lasciateci passare, non possiamo scappare da nessuna parte, siamo un vecchio, un cieco e una donna priva di forze, se anche provassimo a scappare loro due ci farebbero secchi all'istante »

Le sue parole divennero verità, come un credo o un mantra da perseguire. Eppure le guardie proseguirono come se niente fosse, con gli occhi sbarrati che fissavano il vuoto dietro di loro e infine sparirono, come se nulla fosse mai successo.

« Si-sinistra o destra? » disse il vecchio, preoccupato, « non c'erano tante alternative quando mi hanno rinchiuso qui - questo posto è... cambiato, non lo so. »

Morpheus sospirò, preso anche lui dallo sconforto, da quando avevano messo piede in quei vicoli qualcosa li stava prendendo per il culo, si stava divertendo con loro.

Ma quella voce…
Quella voce…
...

Non fecero in tempo a raggiungere il centro della stanza che nuovamente un gruppo di soldati, identico al precedente, lo investì di netto, come se non fossero altro che fantasmi. In quello stesso istante si sentì oppresso, debole, come se non potesse fare nulla ormai.

« Non so, non c'era niente di tutto questo! Qui un tempo c'erano libri, scrittoi ed arazzi che tramandavano racconti e leggende di queste terre - era un luogo di studio, non di violenza! »

Il vecchio continuò il suo sproloquio insensato, intorno a lui c’erano solo librerie vuote, arazzi logori.

Quanto tempo era stato rinchiuso lì dentro?

« Non c'erano strade così: ma solo un'unica scala che portava verso l'alto. »

E quella strada c’era ancora, solo che forse non erano in grado di vederla, occultata da chissà cosa ma, d’improvviso, tutto prese fuoco intorno a loro, tutto iniziò a bruciare, persino le strade di fronte a lui.
Lingue di fuoco impedivano il loro passaggio, Morpheus sorrise, tutto quello, e lo sapeva, non era reale.
Attraversò comunque le lingue di fuoco e, come sospettava, esse non gli bruciarono la pelle, in verità non erano nemmeno calde. Eppure non fece in tempo a gioire che il terreno venne a mancare sotto i suoi piedi, il buio di quella prigione venne sostituito dal cielo di Lithien mentre sotto di lui nient’altro che il vuoto.
Un drago avrebbe volato, un drago sarebbe sopravvissuto.
Ma purtroppo lui non era un drago, o meglio Lukas non lo era. Si aggrappò con forza al marmo, con la forza della speranza. Sentì lentamente – e inesorabilmente – la presa cedere ma grazie alla sua resistenza fuori dall’ordinario riuscì a rimanere attaccato, ma non sapeva quanto ancora sarebbe potuto durare.
Nel contempo, nella stanza, un’altra presenza comparve, un qualcosa di indefinito, di mostruoso, qualcosa che pareva conoscerli. Qualcosa che, indubbiamente, li voleva morti.

« Siete come mosche attirate dal fuoco. Basta disegnarvi una via, per convincervi a percorrerla. Come pensate di poter accedere al nostro potere? »

Fissò il vecchio, rintanato in un angolo, in lacrime, terrorizzato.

« Avel - sei ancora qui? » disse la creaura, ridendo, « nessuno fugge dalla Torre Imperitura - dovresti saperlo, ormai. »
Infine, avanzò verso di lui. « Ora cadrai giù e non ritornerai mai più. »

Garrett lottò da solo per salvarlo, lottò persino contro qualcosa di molto più spaventoso, per lui, della creatura, ma infine vide la mano tesa verso di lui, vide la salvezza improvvisa e capì quanto era stato stolto, quanto era stato stupido. Probabilmente avevano la risposta sotto i loro occhi, la strada giusta lì davanti e, non era né la destra né la sinistra, ma qualcosa di occulto che saliva verso l’alto, come il vecchio gli aveva descritto. Ma loro non la vedevano, lui, era troppo impegnato a comportarsi da umano per capirlo.

« Ora basta! »

Sentenziò il dragone visibilmente irritato, basta comportarsi da umano, basta tergiversare, lui era un drago, un fottuto e potente drago. Come tale era superiore a tutti loro e non ci sarebbe stata illusione o evocazione che l’avrebbe fermato. Mior era sparita chissà dove e Morpheus, il drago, capì qualcosa, qualcosa che era troppo cieco per capire prima, quella donna gli doveva di certo una spiegazione, e forse più di una.
Con sicurezza si eresse nuovamente a capo, riprese in mano le redini del suo destino.

« Tu, attacca subito dopo di me, mira al cuore. »

Ordinò alla guardia, mentre il suo corpo si ricoprì di scariche, mentre l’essenza del drago s’impossessò di quella carcassa umana, che per lui era tornata a essere null’altro che un involucro di carne che, da lui, doveva essere comandato.

« E tu, in qualche modo tienilo distratto durante l'attacco. »

Partì alla carica, non gli sarebbero servite le armi in quella condizione, bastava lui.
Il primo attacco fu un parziale successo, i tre cooperarono quasi come degli ingranaggi ben oliati, ma non era finita lì. Quel demone del cazzo era ancora in piedi. Poi ci fu come un’esplosione, un dolore lancinante che gli rimbombò nella testa, qualcosa che gli rimbalzò con violenza tra le pareti del suo cranio. Ma Morpheus non si sarebbe fermato, non in quel momento.

« Dammi la lancia, ora! »

La guardia gli lanciò l’arma che, nelle mani di Morpheus, divenne improvvisamente leggera, maneggevole. Il demone, distratto da Garrett, aveva compiuto l’errore mortale di voltare le spalle a un drago.
Morpheus partì all’attacco vibrando un colpo violento, una spazzata che avrebbe colpito il mostro da destra verso sinistra, lo avrebbe tagliato in due. Stessa cosa fece la guardia.

« Siete nullità; nullità in preda al vento ed alle onde della corrente. Non vivete di sapienza, ma di sciocche emozioni. »
Disse, urlando. « E le vostre emozioni vi renderanno schiavi. » Lo disse mentre lentamente svanì nel nulla.

Morpheus rise sonoramente a quell’ultima affermazione. Non sarebbero state le sue emozioni a renderlo schiavo, forse quelle di un umano. La corona di ferro fu l’unica cosa che rimase di quell’essere Morpheus l’afferrò con la punta della lancia, alzò l’arma portandosela dietro la schiena, con la punta rivolta verso l’alto. La corona scivolò lungo il ferro dell’arma depositandosi alla base, vicino alla sua spalle.
Il dragone sorrise, curioso di vedere come quell’espressione calzasse sul volto di Lukas.

« Andiamo via da qui prima che butto giù tutto. »

Infondo, dovevano solo proseguire verso l’alto.





Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem

Forma Umana
4 cs Costituzione



Energia: 45%
Status Fisico: Danno medio da lacerazione ai fianchi
Status mentale: Danno medio, paranoia ed emicrania
Armi: Lancia

Abilità attive:
• Dream
I sogni sono il teatro della notte. Dove il cervello crea delle sceneggiature che esulano dal controllo del sognatore. Ritrovarsi in ambientazioni orride, cavalcare scenari del terrore, e il tutto senza poter far niente. L'unica possibilità è rimanere a guardare. Morfeo non è come l'antica divinità greca, lui non compare nella notte per allietare il sonno degli umani. Morpheus è il creatore dei sogni, belli o brutti. Felici o tristi. Talmente reali da non far distinguere la differenza tra realtà e finzione. In termini gdr Morpheus può riprodurre delle immagini nella testa del suo avvesario che prendono la sembianza di veri e propri sogni, essi possono essere sia sogni belli che veri e propri incubi, ma in ogni caso alla fine del sogno il sognatore avrà un danno alla psiche pari al consumo speso. Medio

• Absolute truth
La giustizia è verità e non menzogna, la giustizia vien per mano dell'assoluta verità, così il Paladino di Lendys potrà far credere agli avversari che le sue parole, anche se menzogne, sono verità pura e per questo più facili da credere. Tramite un consumo alto di energie, chiunque ascolterà le parole del Paladino non potrà far altro che considerarle assolutamente vere. La tecnica si sviluppa come una tecnica a trecentosessanta gradi, che provocherà agli ascoltatori un danno medio alla psiche [Pergamena Proclamare].

Morpheus, inoltre, circonda il proprio corpo e le proprie armi con l'elemento che controlla, rimanendo indenne ma guadagnando nuova, letale energia per attaccare l'avversario. La tecnica ha natura Magica. Morpheus circonda una parte del proprio corpo, l'intero corpo o il proprio equipaggiamento e le proprie armi con l'elemento folgore, Questa tecnica non può essere castata nel momento della difesa per danneggiare il nemico che attacca. In compenso, nel momento in cui il drago sferra un attacco. con consumo medio, con un'arma o una parte del proprio corpo ricoperta dall'elemento, questo conterà come una tecnica di potenza Bassa che infligge un danno Alto compatibile con l'elemento folgore. [Pergamena Fusione elementale].



Abilità passive:

Blue Dragon: come tutti i draghi anche Morpheus possiede una forza fuori dal comune, forza che gli permette di utilizzare, anche in forma umana, le armi più grandi e mastodontiche in circolazione come se fossero leggerissimi, in grado di alzare e smuovere anche i più pesanti oggetti, non vi è quasi limite alla forza di un drago [Passiva personale]. Un drago può scegliere in qualsiasi momento quale delle due forme mantenere, infatti non sarà soggetto a nessuna restrizione dovuta alla luce al buio, ma potrà cambiare la sua forma in qualsiasi momento della giornata. In compagnia di altri umani, e nelle città, è abituale vederlo nella sua forma umana, ma in caso di attacco o di combattimento, laddove è possibile, sarà sempre nella sua forma più nobile e potente [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale].

Dragon's Power: i draghi sono nati per combattere, ogni cosa di loro fa pensare a ciò, dalle fauci, dalle scaglie inscalfibili e dagli artigli poderosi, ogni cosa fa credere che si è dinanzi a creature particolari portate per la guerra, battaglieri e indomabili. È risaputo dunque che un buon drago deve disporre di difese adeguate, perchè solo attaccando, benché potrebbero benissimo farlo, non si può uscire illesi da uno scontro. Per questo la razza draconica, con i secoli e i millenni di trascorsi in guerra, ha sviluppato queste abilità che accrescono con gli anni e che sono già palpabili nei cuccioli di drago. In termini di gdr Morpheus potrà alzare barriere istantanee, senza nessun vincolo di tempo o concentrazione, altresì le sue difese potranno essere erette in maniera inconscia, difatti nessun attacco potrà mai coglierlo di sorpresa, come se le sue difese si animassero di volontà propria per difendere il dragone da futuri attacchi. Inoltre, la conoscenza di Morpheus si estende anche a tutte quelle difese che permettono di coprire per intero il proprio corpo, queste difese, che per i comuni mortali sarebbero molto dispendiose da erigere, per il drago ogni difesa di 360° avrà la stessa potenza del consumo speso per generarla [Abilità passive di I-II-III livello del talento guardiano]. Inoltre il corpo dei draghi è talmente pervaso dalla forza magica da trarne forza anche da quella circostanza, come se se ne cibasse per accrescere sempre di più, in sintesi, ogni qual volta che un avversario di Morpheus si trovi a utilizzare tecniche di origine magica le Cs di Morpheus, relative a capacità non fisiche (intelligenza, dominio della magia ecc.), cresceranno di ben due punti [Pergamena discendenza arcana].

L'errore di Nailat: un oggetto all'apparenza inanimato, un'armatura di pregio per un guerriero il cui passato ha il suono e l'odore del sacrificio. Ma se ad indossarla è un individuo nelle cui vene scorre l'antico e nobile sangue draconico, essa risveglierà i propri istinti, elargendo lui ciò che Nailat rifiutò con spregio. Il portatore, ogni qualvolta dovesse trovarsi in situazioni di pericolo, avvertirà una forma di inquietudine e nervosismo che lo indurrà ad essere più vigile e a temere per il peggio. L'abilità concede i propri benefici come un senso aggiuntivo, ma non starà ad indicare né la direzione e né l'entità di eventuali attacchi in arrivo, così come non chiarirà la natura effettiva del pericolo al quale il portatore va incontro. {Abilità passiva}


Note:
Spero non ci siano troppi errori, è uscito più lungo di quello che mi aspettavo e - ora - non ho granché voglia di rileggerlo. So solo che ho sprecato energie come se non ci fosse un domani. :v:




 
Top
view post Posted on 2/3/2014, 00:15

Hear me Quack!
·····

Group:
Member
Posts:
1,946

Status:


Veyia aprì gli occhi stanchi, inarcò la schiena dolorante per gli acciacchi del tempo e la durezza della branda della cella. Sembrava essere molto più stanca della sera prima, ad ogni risveglio era peggio.
L'età che avanza è un peso sempre maggiore e la prigionia ingiusta accelera la decadenza, comunque inevitabile.
Condannata a morte, non le restava che il ricordo del sole e di una vita fa in cui era giovane e vigorosa.
Ripensando ai giorni andati, riusciva a ricordare ancora il furore delle arringhe, il clamore del tempio e la fama.
Il potere, un futuro promettente, gettato via!
L'orrore della prigione, però, era troppo grande per lasciarsi andare ai bei ricordi. La bellezza in quel posto era impossibile da vedere.
Eppure, nel flusso di ricordi, sembrava esserci qualcosa di strano, qualcosa di diverso.
Veyia poteva vedere davanti i propri occhi il sogno che stava facendo: non era più una portatrice di legge ma un ladro; correva in un tunnel, evitava trappole e si gettava intrepido in un burrone; quel ladro era tutto ciò che non era mai stata o avrebbe voluto essere.
Ricordare vividamente un sogno le sembrava quasi impossibile e quell'emozioni... Non erano le sue! Da dove venivano quelle emozioni? Può un sogno essere così ... Reale?
Mai aveva provato tanta paura in un sogno, almeno non quel genere di paura.
La paura di fallire, la paura di morire. No, non erano negative, erano positive!
E la domanda le rimbombava nel cranio: "come fa una paura ad essere positiva?"
La domanda non avrebbe trovato risposta, non secondo la logica di una figlia del Tempio. Per rispondere alla domanda, bisognava essere un ladro, un meschino subdlolo ladro, un ratto!
Presa dalla confusione del sogno, appena concluso, guardò le proprie mani, unico contatto con la realtà. Le rughe creavano disegni che mai aveva visto: quelle mani non erano le sue. Di chi erano quelle mani, se non di Veyia?
E poi, una fitta improvvisa alla schiena. Toccò il punto dolorante, risentiva ancora della caduta nella fogna, quasi si chiedeva come fosse riuscito a superare le lame e lo strapiombo.
E fu tutto immediatamente chiaro, almeno in parte.
Corpo e ricordi di Veyia, cervello di Garrett.
Un sogno? No, peggio, un incubo!
Il ladro si ritrovò intrappolato due volte: in una cella e nel corpo di una vecchiaccia che aveva passato la vita a dispensare giustizia a destra e a manca. L'inferno, secondo lui, aveva quell'esatto aspetto!
Quasi non sopportava più i ricordi di quella donna e non osava guardare verso il basso, immaginando la fulgida bellezza del passato, ormai appassita come un frutto al sole.
Nel disgusto più totale della nuova realtà, si volto verso il suo compagno di cella, tutto intento a toccarsi e a guardarsi i palmi. Doveva essere l'altro, il guerriero inutile. Inutile ma fortunato; almeno lui non doveva cercare di capire come avrebbe dovuto vivere nel corpo di una donna ormai decrepita.
Domande, domande inutili affollavano la mente del Ratto, domande su come si esplicassero certe funzioni con quel corpo, domande sul perchè fosse toccato a lui quel corpo e quei ricordi!
Si dovette fare coraggio e sforzarsi di pensare quanto inutile fosse porsi domande su un sogno.
Sarebbe passato, prima o poi, si sarebbe risvegliato da quell'incubo lucido.
Nel frattempo, la cella venne aperta. Il rumore metallico riuscì a distrarre Garrett dai suoi pensieri che diventavano, per lui, sempre più disgustosi. Se solo si fosse risvegliato nel corpo di una bella e giovane ragazza...
Una flebile luce illuminava il volto di una graziosa fanciulla, almeno da quello che si poteva dedurre dal volto, i capelli grigi, come quelli che ondulati, stopposi e sporchi scendevano dalla testa del ladro, si deduceva ben altra età. A proposito di belle ragazze!
In genere il Ratto non è il tipo di persona che si lascia distrarre da una ragazza ma, che diamine, in un sogno è concesso qualche strappo alle regole personali. Vari pensieri sfiorarono la sua fervida immaginazione, pensieri che lo disgustarono all'istante, visto il proprio aspetto attuale, pensieri che lo aiutarono a concentrarsi di più sulla situazione attuale.
Dai ricordi dell'ospite, quella ragazza si chiama Mior. Un'amica, un'alleata... Una fuga? La guardia alle spalle della fanciulla faceva presupporre esattamente il contrario, in realtà entrambi pensavano la stessa cosa.

"Cosa sta succedendo?"


Intervenne il compagno di cella.

"Dovete fuggire, o sarete giustiziati"


Disse la donna.

"tra poche ore è prevista la vostra esecuzione; questa è l'ultima occasione."


Concluse la guardia.
Poche ore? Che significa "poche ore"? Per un professionista della furtività, nella maggior parte dei casi, non si parla mai di ora, bensì di minuti. Il lasso di tempo concesso per raggiungere la libertà apparì a Garrett piuttosto ragionevole.
Quel posto, però, era strano. Trappole, trabocchetti, cunicoli che cambiano direzione, sogni.
Tutto troppo confuso, troppo strano per gli standard di Garrett.
Incamminatisi, lo spocchioso guerriero riaffiorò fiero dalla carcassa ambulante del vecchio. Ancora a dare ordini, ancora con la fissazione del "mettersi a comando". I ladri e le gerarchie non vanno d'accordo, il rispetto bisogno meritarselo e il guerriero non era sembrato troppo preparato per le prove ai quali erano stati sottoposti. Nel corpo di un povero anziano artritico rinchiuso in cella chissà quanto inutile si sarebbe rivelato... Non importava, bisognare fuggire, il giovane, anche se nel corpo di una donna, si sarebbe reso utile quando sarebbe stato necessario.
Alla fine del corridoio, una voce interruppe la marcia, qualcuno aveva bisogno di aiuto. Un altro prigioniero, la cui età sembrava essere parecchio avanzata, offriva il proprio aiuto in cambio della libertà.
Libertà. Quella parola era dolce come mai lo era stata e rievocava ricordi e ideali, non del criminale ma di quella che una volta era una graziosa fanciulla. Sbagliata, quella cosa era dannatamente sbagliata, per Garrett: i ricordi erano dolorosi e piacevoli allo stesso tempo, anche se sconosciuti prima di allora; non doveva avere quei ricordi.
Un altro prigioniero sarebbe stato graziato quel giorno. Quella prigione era stato un posto terribile per l'ospite, nessuno meritava quel trattamento.
Fu un gioco da ragazzi forzare la serratura e aprirla. Inutile essere precisi ed accurati, inutile cerare di non lasciare segni: cinque persone, di cui tre fuggiaschi, non è una cosa che passa facilmente inosservata. Finito il proprio dovere, il Ratto fece un occhiolino al nuovo arrivato nel gruppo, un gesto di complicità fra criminali; il pensiero che potesse significare altro in quel corpo non sfiorò minimamente l'idea del ladro, troppo abituato a questo linguaggio segreto da farci caso.
L'altro prigioniero, condivideva lo stesso destino, era d'obbligo aiutarlo.
Il tragitto, per quanto breve, portava alla mente continui ricordi di un passato mai vissuto.
Un passato da nobili, un passato da uomini e donne di potere, destini che si intrecciano nelle trame oscure di coloro che detengono il destino di un'itera città nelle proprie mani. Tradimenti, intrighi, cose già viste e vissute dalla prospettiva di un ladro; la Capitale offriva parecchie di queste dilettevoli attività da nobili, viverle dall'interno era diverso ma non meno schifoso che vederle dall'esterno. In fondo, anche la Regina non è che una pedina nella scacchiera.
Alla fine del percorso, una stanza piena di scaffali, piena di librerie vuote. Strana ironia, quella che doveva essere una biblioteca, o parte, senza alcun libro.
Non era il tempo dell'ironia, era il tempo delle scelte, di nuovo: destra o sinistra?
Era quello che si chiedevano tutti ma solo l'ex compagno di cella pose la domanda, anticipando tutti.
Il pericolo era imminente, un gruppo di guardie correva nella direzione dei fuggitivi: assetto da guerra, armi in pugno, non c'era tempo da perdere!

"Ci è stato concesso di respirare per un'ultima volta l'aria di Lithien, di guardare per un'ultima volta il suo sole. Questo era l'ultimo nostro desiderio. Per favore lasciateci passare, non possiamo scappare da nessuna parte, siamo un vecchio, un cieco e una donna priva di forze, se anche provassimo a scappare loro due ci farebbero secchi all'istante"


Continuò il guerriero. Una bella prova di astuzia e menzogna, dolci parole alle orecchie del ladro. Certo, non fu piacevole sentirsi apostrofare come "donna priva di forze" ma in quel corpo, il ladro, non si sentiva esattamente nelle condizioni di poter contraddire il suo compagno.
Ma le guardie non sembrarono molto interessate al toccante discorso, non sembravano neanche troppo interessate ai fuggiaschi, continuando la loro carica con lo sguardo fisso davanti a loro, scomparendo appena toccati.
Illusioni, questa era una cosa che il ragazzo non aveva visto, peccato fosse tutto un sogno.
Arrivò poi il turno dell'altro vecchio, che iniziò a parlare, incerto e spaventato:

"Non c'erano tante alternative quando mi hanno rinchiuso qui - questo posto è... cambiato, non lo so.
Non so, non c'era niente di tutto questo! Qui un tempo c'erano libri, scrittoi ed arazzi che tramandavano racconti e leggende di queste terre - era un luogo di studio, non di violenza!
Non c'erano strade così: ma solo un'unica scala che portava verso l'alto


Tutto ad un tratto, al gruppo fu chiaro che non ci sarebbe stato tanto tempo per decidere quale strada prendere, tutto andava a fuoco. Nessun preavviso, neanche una scintilla, fu come se il posto avesse preso fuoco autonomamente.
Una trappola, un'altra dannatissima trappola!
Il ladro fu preso dallo sconforto, ancora una volta non era riuscito ad individuare il pericolo prima che tutto iniziasse ad andare a rotoli. Non ebbe il tempo di pensare ad un modo per spegnere il fuoco che l'impavido vecchietto guerriero si era già gettato in mezzo alle fiamme che lambivano ormai qualunque cose ai margini della stanza.
In mezzo all'androne, poi, un gigantesco uomo in putrefazione apparì, sputando parole d'odio sui fuggitivi, paragonandoli ad insetti nella sua trama di illusioni.

"Siete come mosche attirate dal fuoco. Basta disegnarvi una via, per convincervi a percorrerla. Come pensate di poter accedere al nostro potere? "


Si rivolse poi al vecchio ma Garrett non volle ascoltarlo, lo ignorò, gettandosi in mezzo alle fiamme.
Stupido, stupido guerriero! Si era buttato in mezzo al fuoco, sperando di trovare una via d'uscita, trovò solo un baratro infinito ad aspettarlo. La stupidità comunque, paga, e aveva reso palese a tutti la consistenza eterea delle fiamme.
Non ebbe il tempo di raggiungere il compagno, però, che al ladro fu proposta una sfida ben più impegnativa del semplice tirar su un guerriero troppo impulsivo. Davanti a lui apparve qualcosa che mai avrebbe pensato di dover affrontare, qualcosa che non voleva affrontare, qualcosa che lo aveva perseguitato per tanto tempo prima di essere dimenticato.
Se stesso, un se stesso più giovane, più acerbo, un se stesso senza un occhio, quella che ora è solo una cicatrice, su quel fantasma era una ferita fresca. Una figura emaciata e mal concia, quella figura che aveva visto rispecchiandosi in una pozzanghera il giorno peggiore dalla sua vita, il giorno del fallimento.
Per alcuni è difficile accettare i propri errori, per Garrett è impossibile accettare il fallimento. Quel giorno, nonostante nonostante le avvisaglie di pericolo, nonostante i consigli dei mentori, volle tentare l'impresa impossibile fallendo miseramente. Fu solo l'intercessione dei Guardiani che risparmiò il giovane da una vita in carcere, una carriera promettente stroncata sul nascere, come quella del suo ospite. Ironia della sorte, per tutta la vita aveva cercato di migliorarsi ed evitare il fallimento ma il fallimento lo aveva trovato.
Preso dalla rabbia, si scagliò contro quel se stesso passato, il se stesso che aveva fallito, il se stesso che aveva dimenticato. Tutto questo si rivelò un grave errore e la fitta al petto sarebbe stato un segno più che sufficiente: pensava di poter affrontare il proprio fallimento con la rabbia e la forza, rendendosi contro, troppo tardi, che avrebbe dovuto affrontarlo con la testa. Il fallimento è un cerchio chiuso e continua ad accadere.
Nonostante sull'orlo del collasso mentale, stringendo i denti per il dolore al petto che ora si congiungeva con il dolore, seppur minore, sul lato opposto, Garrett tese la mano al compagno, tirandolo su.
Lo sforzo fu inimmaginabile, il piano stupido ma aveva funzionato.
La sofferenza e la voce del gigante putrefacente non avrebbero deconcentrato il ladro, mentre il guerriero, ancora una volta, si ritrovò a tirare le fila di quel gruppo. Questo, finalmente era il momento del guerriero, a lui sarebbe toccato il combattimento, il ladro avrebbe distratto la bestia. Questo era il piano che fu urlato dal vecchio che stupido e intrepido e impulsivo si era gettato contro l'apparizione, evidentemente l'unica cosa reale in quel luogo, il vero pericolo.
La macchina da guerra costituita da sole tre persone, si mise in moto e funzionò come un congegno ben oliato.
Il ladro avrebbe dovuto distrarre l'essere immondo.
Un'occasione d'oro si presentò a Garrett, il classico "due piccioni con una fava": sarebbe fuggito da quel posto infame, sarebbe fuggito dall'orrore che gli si parava difronte, magari sarebbe riuscito persino a distrarre quell'abominio nel frattempo. Non ci pensò due volte e corse, corse più veloce che poteva, beffeggiandosi di quelli che avrebbe lasciato indietro.

"Tu sei pazzo, io quel "coso" non lo affronto!"
"Grazie per il diversivo, vado a vedere che c'è lassù!"


Disse prima di raggiungere l'arco.
Il diversivo aveva funzionato e, con la coda dell'occhio riuscì a vedere il gigante furente, colpito in pieno dal duplice attacco che gli era stato scagliato. Fu veloce a reagire, però la bestia e un urlo attraversò la mente del ragazzo, un urlo che lo spaventò come niente prima di allora, quell'urlo si era insinuato nella sua testa e riecheggiava il puro terrore.
Non quell'ebrezza piacevole di quando di vola fra un tetto e l'altro, non la paura di essere scoperti durante un furto; quello era terrore puro infuso in tutti coloro che avrebbero ascoltato il grido dissonante e cacofonico.
La reazione naturale del ragazzo fu quella di fuggire, fuggire nella direzione sbagliata e precipitare, cadendo nello stesso subdolo tranello nel quale era incappato il guerriero. La paura gli aveva fatto dimenticare la gravità della situazione e fu solo per miracolo che riuscì ad aggrapparsi e resistere.
La battaglia era ormai finita, quando il Ratto fu tirato su.
Dolorante e malconcio, il fallimento lo perseguitava.
Nella sua mente si insinuò il dubbio: non avrebbe vissuto per vedere quella città cadere o resiste.


CITAZIONE
Energia: 90%
Fisico: Danno medio alla schiena; danno alto al petto.
Psiche: Danno medio (confuso e spaventato).
Abilità e Tecniche: Vista perfetta, Ratto. (passive)
Inafferrabile (attiva)


Inafferrabile ~
Ciò che rende Garrett un ladro straordinario sono le sue capacità elusive e la destrezza al limite dell'impossibile: niente può trattenerlo, nessuna porta risulta chiusa, nessuno scrigno è inviolabile. Dotato di straordinaria agilità e destrezza, infatti, non esiste attacco che non possa evitare. Inizialmente addestrato a schivare qualunque tipo di proiettile, le sue capacità gli permettono, con il giusto impegno, di evitare anche attacchi lanciati da potenti maghi o guerrieri portentosi.
Inoltre quest'abilità, in virtù della destrezza e l'elusività in suo possesso, permette al giovane ladro di scassinare lucchetti e serrature senza troppa difficoltà se non protette da particolari vincoli magici, grazie all'utilizzo dei grimaldelli.
Costo: Variabile (abilità personale)

Vista perfetta ~
La protesi meccanica che sostituisce l'occhio destro del ladro ne migliora la vista, amplificandola e rendendola simile a quella di un gatto. Grazie a questa caratteristica riesce a vedere bene anche in condizioni di visibilità non ottimali o con poca luce. La vista migliorata, inoltre, permette a Garrett di prendere la mira con precisione e di poter seguire il bersaglio anche se visibile solo in parte, riuscendo a calcolare con precisione le distanze.
(Passiva Razziale: Mezz'elfo + Passiva Talento: Tiratore I)

Ratto ~
La facilità con cui il ladro è sempre riuscito a superare gli ostacoli gli è valso il soprannome. Come per tutti i professionisti, però, un soprannome va mantenuto e per far questo Garrett ha migliorato le proprie capacità d'infiltrato, grazie ad alcuni gadget di sua invenzione: egli può scalare ogni muro e restare aggrappato ad ogni superficie, anche sfidando la legge di gravità, scivolare sull'acqua, sfruttando la tensione superficiale e, in casi estremi, planare. Passare inosservati significa soprattutto usare la porta sul retro.
Costo: Passiva
(Pergamena Ladro: Sostegno)


Note N/A
 
Top
view post Posted on 2/3/2014, 16:17
Avatar

Maestro
········

Group:
Administrator
Posts:
12,736
Location:
Bari

Status:


« L'onore della morte »
Ainwen e Montu

Un groviglio di denti e sospiri si aizzò, non appena il gruppo sfiorò gli occhi lambiti di primitivo odio con cui i rettili li fissavano.
L'oracolo li aveva incatenati al suolo; ne aveva dilaniato le menti rabbiose e troppo semplici perché potessero reagire a quel potere indefinito. Alcuni si allontanarono, in un terrore profondo che pareva averne scosso l'anima. I più coraggiosi, invece, rimasero semplicemente immobili, benché distante quel tanto sufficiente da metterli al riparo da ulteriori offensive.
Mostravano i denti: sibilavano con le lingue biforcute attraverso le fauci dentate e velenose. Puntavano uno sguardo ferale contro le prede sfuggenti, che si allontanavano dalla loro vista e sgusciavano via, distanti, dalla loro fame.
Qualcuna, però, aveva superato la paura. Qualche vipera più coraggiosa, infatti, si era subito ridestata dopo quell'omertosa onda di pietà. Qualcuna si avvicinò prontamente al gruppo, giusto qualche attimo prima che questo sfuggisse nel buio della nuova uscita.
Uno dei mercenari, ovvero colui che aveva atteso Ainwen, le rimase dietro per sicurezza. Chiudeva il gruppo con cavalleresca gentilezza, quasi si fregiasse di un rinnovato ruolo di gentiluomo senza macchia, in protezione della sperduta dama che - però - aveva dimostrato di non essere affatto indifesa.
Eppure, in quel nulla misto di puzza e morte, al giovane piacque l'idea di potersi permettere qualche balzo di romanticismo, lambendo il suo cuore con un gesto innocente di attenzione. Allungò una mano senza toccarla, cingendole la vita e quasi volendo alzare un muro tra lei e le vipere che si ridestavano dietro di loro. Che si riprendevano dopo l'offensiva.

Sorrise il mercenario, fissando la donna che si allontanava illesa.
Sorrise e si convinceva che quel gesto non fosse stato del tutto inutile; che, in qualche modo, il potente oracolo ne avrebbe apprezzato il coraggio, la volontà e finanche la solerzia non volerla proteggere da quello, benché lei stessa potesse farlo da sola. Sperava non fosse stato un gesto vano e - a suo modo - covava un certo piacere nell'adulare una donna in quel remoto angolo dimenticato dal cielo.
Eppure, non poteva sapere quanto quel gesto sarebbe stato provvidenziale.
L'ultima vipera, infatti - quella più coraggiosa - si lanciò in un balzo fuori dal comune. Scattò come nelle migliori battute di caccia, facendo agio sulla propria potente coda e saltando nel vuoto, oltre la barriera di nulla che, ormai, divideva i mostri dal gruppo. Lambì il vento, riempiendo quel vuoto in un attimo, diretto alla donna: diretto all'oracolo che aveva sfidato così imprudentemente i suoi fratelli.
Non trovò lei, però: trovo lui. Il guerriero che si era posto a vana protezione del passaggio; colui che si era lanciato in un gesto di eroico candore, agì come il muro che si era illuso di essere.
La vipera trovò solo il suo collo, le sue carni e quelle sue mani aperte, poste ancora a protezione di Ainwen.

Da par suo, l'oracolo ebbe appena il tempo di ringraziarlo.
Gli occhi di lui, felici per ciò che aveva fatto, si riempirono di sangue e paura in un istante scarso. Gli occhi di fuoco del rettile fecero capolino all'altezza del suo collo e la donna poté scrutare con orrore le sue gigantesche fauci che ne mordevano il collo, strappavano un pezzo di carne e si riempivano di rosso sangue.
Poi, il serpente si avvinghiò sul suo corpo, stritolandolo all'altezza del busto. Provò ad atterrarlo, per far strada ai suoi fratelli dietro di lui.
L'uomo, però, sentì l'ultimo afflato di vita suggerirgli qualcosa. Suggerirgli l'anima di un guerriero: suggerigli di quanto onore possa ricoprirsi un mercenario.
« Addio dolce dama dagli occhi bianchi » disse lui, impugnando la spada « vivete una vita di gloria; fatelo anche per me. »
Quando concluse, si girò verso il serpente. Arma in pugno, si rifiutò di cadere al suolo; si rifiuto di creare una breccia nel muro che aveva eretto a protezione di lei.
Si convinse a combattere fino alla fine; fino a quando le gambe l'avessero retto. Per farle guadagnare tempo: per farle guadagnare speranza.

Il gruppo non esitò a correre, dunque. Non esitò nemmeno un secondo, con la coscienza che le vipere non si sarebbero fermate.
Non avrebbero esitato a rincorrerli ed il guerriero non avrebbe retto a lungo, nella sua eroica - ed ultima - difesa.
Dal canto loro, poi, l'uscita sembrava tutt'altro che raggiunta.
La via proseguiva diritta in un passatoio di pietra. Proseguiva in un canale di pietra, con le mura ancora umide e ripiene di quel fastidioso tanfo che si andava intensificando man mano che avanzavano.
Quando poi ebbero raggiunto una nuova stanza, gli occhi si riempirono di rinnovato orrore.
La sala era circolare ed in essa confluivano decine e decine di altri tubi. Poi, al di la di essi, c'era uno sbocco più grande, che partiva dal fondo della stanza e risaliva evidentemente verso l'alto.
A ben guardare, entro di esso, si scorgeva una flebile luce biancastra ed un sottile sbuffo di aria più fresca che proveniva dal suo interno.

« Un'uscita, finalmente! »
Disse uno dei soldati, prima di rendersi conto realmente di cosa ci fosse prima di essa.
La stanza, infatti, era ricolma di vipere giganti, del pari - se non più grandi - di quelle che si erano lasciate alle spalle.
Centinaia di vipere riempivano il suolo, mentre altre decine sbucavano dai condotti laterali ogni minuto. Tutte insieme, sibilavano un canto mortale e li fissavano con occhi avidi di fame e sangue. Erano come un muro, un groviglio insormontabile di rettili bestiali. Alcuni di loro, poi, avevano sembianze contraffatte. Alcuni erano ancora più grossi della media; altri avevano corna, spuntoni e finanche braccia. Altri ancora, avevano più occhi o più bocche.

« Sono infetti! » disse un altro, visibilmente spaventato
« la malattia che affligge la città li ha fatti mutare - se solo ci sfiorano, siamo fottuti »
Un altro lo fissò, con aria di sfida. Nei suoi occhi, evidentemente, c'era ancora il sacrificio del compagno di poco prima.
« Non credi che lo siamo comunque? » disse, aizzandogli contro un tono greve « il nostro compito era difendere loro » disse, indicando Ainwen e Montu « e lo faremo fino in fondo »
« Ha ragione » disse un terzo, levando l'arma « e se questo significa sacrificarsi, allora vuol dire che - per una volta in vita mia - mi coprirò d'onore »
I quattro rimasti si misero in testa al gruppo, con le armi sguainate, fissando le vipere con altrettanto odio.
« Dateci il segnale, signori » disse, rivolto ad Ainwen e Montu « e vi condurremo all'uscita »
« anche a costo della vita »

8tmxw

« Il tempo dell'odio »
Garrett e Morpheus

« Qualcosa è successo, in questo tempo » disse Avel, guardandosi intorno
Proseguivano, infatti, lungo l'unica via. Come aveva detto il vecchio, entrambe le strade si rivelarono altrettante illusioni e - distrutto il guardiano - l'unica via si rivelo innanzi a loro. Una lunga scala centrale, che conduceva verso l'alto e proseguiva arrampicandosi lungo la torre. Scalavano, quindi, una costruzione immensa, alta diverse centinaia di metri. E, nel mentre, l'uomo dava forma ai propri confusi ricordi.
« Io - sapete » disse, parlando piano « io ero stato scelto »
« ero saggio ed esperto, potevo sostituire uno dei tre saggi ed aspirare alla massima carica di Lithien » parlava con le lacrime agli occhi. Il volto umido, rigato dalla sofferenza, fissava indistintamente pezzi di muro come se li cuore cercasse raffronti dei suoi racconti. Come se la verità si dipingesse su quelle mura, anziché sulle sue proprie convinzioni. « Eppure, mi hanno accusato di voler rovesciare il potere dei saggi » disse ancora, appoggiandosi al muro e prendendo fiato « come se fossi un criminale; mi hanno rinchiuso qui con una scusa... »
« Ma non era vero nulla! » urlò, piangendo
« non volevano che prendessi il loro posto; loro non vogliono che nessuno prenda il loro posto! »

Mentre risalivano le scale, una voce si levò improvvisamente.
Una donna dai tratti anziani, nascosti da un lungo cappuccio, fece capolino accanto a loro.
« Perdonatemi » disse Mior, visibilmente affannata « sono rimasta indietro. »
Avel la fissò un istante, con aria preoccupata. Poi si guardò intorno nuovamente, come se cercasse qualcosa tra le mura del palazzo.
« E' strano » disse, stentando un concetto « è come se avessi memoria di ogni pezzo di questa torre; come se un perpetuo deja-vù mi suggerisse familiarità con ogni momento di questa fuga »
« ricordo sempre qualcuno con me; ricordo altri guerrieri e soldati - tutti con le stesse facce spaventate »
poi si voltò nuovamente verso Mior, fissandola insistentemente « ma non ho memoria di te; nessuna memoria »
« Chi sei tu? »

« Silenzio » disse il soldato, arrestando la sua corsa « siamo arrivati »
Un'enorme porta di ottone smaltato si ergeva innanzi a loro, al termine della scalinata. Il soldato la sfiorò appena, tastandone la consistenza. Questa, però, parve rispondere al suo tocco, aprendosi immediatamente, come mossa da una forza misteriosa.
Alle sue spalle c'era un gigantesco salone, pieno di arazzi e quadri. Ogni singolo quadro ricordava un pezzo della storia della città, sin da quando i primi uomini scoprirono le torri bianche di Lithien tra i picchi delle montagne. C'erano immagini di scontri, di lotte - ma anche di grandi consigli di saggi, di immense biblioteche, di accorati richiami di piazza. Ogni singolo momento della storia della città era raccontato in quelle immagini. Eppure, nulla sembrava parlare di quella torre: né dei tre saggi com'erano diventati. Le immagini, infatti, parlavano di tre eletti del cielo: tre luminari del sapere e della saggezza, che governavano la città con illuminata potenza. Nulla, però, che richiamasse alle parole funeste di Avel, né al clima di odio che loro stessi - per qualche motivo - ricordavano.
Tutto, però, aveva un aspetto cadente e polveroso, come se quelle stanze non venissero curate, né preservate in alcun modo.
Al centro, infine, si ergeva un trono in oro luccicante. Curato e splendente, su di esso si ergeva un essere vestito con una tunica rossa. Era seduto sul trono con le gambe incrociate. Sul grembo teneva un libro dalla copertina dorata, sul quale teneva le mani coi palmi rivolti verso l'alto.
L'aspetto non era dissimile dalla creatura vista poco tempo prima: la pelle scarnificata, cadente, si accompagnava a due occhi vacui, scavati nel cranio.
Lunghi capelli grigi, secchi, scendevano sul volto smunto. Le mani e le braccia erano magre e pallide e dal petto che emergeva dalla stoffa, si intravedevano le ossa dello sterno.

« Io dico bugie » disse l'essere, con una voce calma
« le mie parole talvolta ingannano; ma voi saprete leggere e comprendere, al di la di esse. »
Il volto era immobile: fissava in avanti, in loro direzione, ma senza muovere nemmeno un muscolo. Parlava smuovendo le labbra sottili, senza emozione alcuna.
« Ditemi chi siete; parlatemi di voi ed ammettete dinanzi a me la vostra reale natura » disse ancora, fissandoli negli occhi
« Se sarete onesti e sinceri, potrete passare e guadagnare la vostra libertà; io vi aiuterò a comprendere e capire »
« attenzione, però, giacché la verità potrebbe non piacervi e la menzogna potrebbe turbarvi di meno » cambiò espressione, rimarcando un leggero sorriso
« potreste preferire qualunque bugia, piuttosto che tormentarvi con la realtà. »


8tmxw

« Nient'altro che un demonio »
Aang e Shakan

L'ombra rimase apparentemente inerme dinanzi alle invettive del monaco.
Non era facile comprendere se incassasse i colpi o schernisse bellamente il suo avversario, ignorandoli del tutto. Invero, era possibile denotare un sommesso fastidio nella sua bocca. Quasi come se le fauci si incrinassero poco, le membra si smuovessero, perdendo consistenza o integrità ogni volta che un volpo veniva infuso in sua direzione.
Per questo, forse, Aang non si preoccupò tanto di quanto o come l'ombra venisse danneggiata, l'importante è che lo fosse e basta.
L'ombra del fantasma incassò l'energia del monaco senza batter ciglio: il raggio rosso partì da Aang, sfrecciando verso l'ombra come se non avesse altre mire che quel corpo scuro, macchiato di cupidigia.
Lo attraversò senza problemi, come fosse fatto di nulla e - a quell'avversità - l'ombra rispose scuotendosi poco, smuovendo i contorni del proprio essere in una impercettibile vibrazione che, ben presto, si preoccupò quasi di tenere immobile. Di riportare sotto un presunto controllo.
Poi, immediatamente dopo, vide la tunica rossa, armata di velleità, inondarla come un rapace. Avvinghiandosi indosso all'ombra, invero, l'essere che il monaco chiamava Nadìr pareva rispondere a comandi precisi e sentire nient'altro che il volere di colui che lo accompagnava.

« Non hai coraggio Aang » disse l'ombra, sferzante « mi lanci addosso il tuo servo, piuttosto che confrontarti con me apertamente »
« sei un poppante codardo » aggiunse, con scherno « lui, quantomeno, muore affrontando i nemici faccia a faccia »

La sua voce appariva distorta. Ogni volta che Nadir ne stringeva più forte la nera pelle, la sua voce contraffatta si distorceva poco ed appariva più lontana, dimessa.
Sembrava quasi come se un contatto lontano perdesse di consistenza; non era, infatti, una voce dolente, sofferente - era semplicemente più flebile, stentata e meno chiara.
Quando, poi, il monaco si lanciò contro di lui, l'ombra parve incassare il danno nuovamente.
Questa volta, però, il contorno del suo corpo si fece ancor più flebile, frastagliato. Ad ogni spazzata del bastone di Aang, una parte del suo corpo spariva, come se il monaco sventolasse l'arma contro nient'altro che una coltre di denso fumo nero. Ogni vergata era una parte dell'ombra che si confondeva con l'aria della stanza, col buio delle sue pareti; ogni invettiva, era una parte del nero Shakan che diveniva nulla e niente.
Infine, Nadìr lo spinse via, oltre il baratro e giù per il profondo burrone; cercando Shakan, cercando la controparte reale di quell'amenità.
Non appena ebbe varcato la soglia del passatoio, però, l'ombra - ancora stretta negli artigli di Nadìr - scomparve del tutto, dissipandosi.
Nello stesso istante, poi, Aang la vide riapparire al suo fianco, nella sua interezza. Il fumo si concentrò in un punto solo e diede forma e sostanza a quel volto così famigliare, ai bianchi occhi ed ai lunghi capelli che aveva imparato ad ammirare, comprendere e stimare.
Ma che erano ancora neri; scuri come la pece.

« Per quanto nei hai ancora, Aang? » disse l'ombra, sorridendo
« per quanto potrai ancora resistere - io posso continuare a lungo, sappilo. »
Poi portò una mano alla cintura e foderò qualcosa non dissimile da una lunga lama. Aveva la fattura di un'antica spada forgiata nel fuoco della battaglia, dal manico lavorato e numerose ramificazioni che decoravano il patto lucido del ferro. Per quanto Aang ricordasse, quella lama aveva un nome. Shakan la chiamava Cupiditas.
Ma, adesso, era nera. Nera come lui.

« Ti basterebbe arrenderti per sottrarti a tutto questo; arrenderti a me ed all'evidenza »
disse ancora, parlando piano « l'evidenza di un uomo che ti ha ingannato: che ti ha fatto credere di essere un benefattore »
Portò la lama dinanzi a se, prima. Poi la sferzò, fino a condurla in direzione del capo di Aang.
« Ma che non è nient'altro che un demonio! »

Quando ebbe finito, la lama divampò di un'energia oscura e grigia. Un ventaglio di emozioni si liberò da essa e la spada vibrò di ferocia, librandosi in direzione del collo di Aang e del suo costato, con due sonori fendenti. Nello stesso momento, però, nella mente del monaco si frapposero immagini crude e temibili: in ciascuna di essa, Aang vide la ferocia di Shakan che bramava sangue. Ogni immagine della vita del fantasma, in tutti i momenti in cui lo stesso aveva reclamato la vita di qualcuno, si accavallarono tutte insieme, in un lungo ed interminabile istante in cui il monaco le avrebbe viste tutte. E ne sarebbe rimasto sconvolto.



littleqmpointwinterreisPer tutti. La paranoia agisce passivamente, questo giro.
Nessuna novità per ora.

Ainwen/Montu. Piccola precisazione. Nel turno precedente entrambi vi siete dimenticati di segnarvi il danno basso da paranoia (che non avete difeso), quindi ho deciso di punirvi con la morte di un soldato. In realtà, infatti, non avete agito male nel turno precedente, quindi non vi avrei punito affatto. Però, per il motivo detto, ho ritenuto di farlo. Detto questo, la situazione si complica ancora di più. Siete in uno stanzone più grosso di quello di prima. Vedete, in fondo, un cunicolo più grosso, con una flebile luce, cosa che vi fa credere che siate vicini ad una qualche uscita. Il punto è che, oltre di essa, c'è una coltre di vipere giganti, alcune mutate per la Gulliwh, che vi ostacola il passaggio.
Anche qui agirete autonclusivamente: ovvero mi direte come superate il muro di serpenti ed entrerete nell'altro cunicolo. Come farlo, però, lo deciderete voi. Potete inventarvi qualche altra strategia efficace o cose così, ma sappiate che - in caso di errore - il prezzo da pagare sarà molto alto: correte il rischio che, oltre ai danni, subiate l'infezione della Gulliwh (che, come tale, è permanente in ogni quest del ciclo di Winterraise, quindi vi rimarrebbe addosso anche ove veniate scelti per la prossima quest). Per comodità vi dico che, se decidete di farvi largo tra i serpenti a colpi di spada, dovrete causare al muro di serpenti (inteso "complessivamente") un totale di danno Mortale. Vi dico, inoltre, che potete servirvi dei quattro mercenari rimasti per farvi largo nel groviglio, sapendo che ciascuno di loro può sacrificare la propria vita per infliggere un danno Alto al muro. Facendo così, però, il mercenario scelto "muore" e non potrete farci niente.
Verosimilmente, quindi, potreste sacrificarli tutti e quattro e passare. Ciascuno di voi, però, non può "usare" più di due mercenari a testa. Quindi, dovrete per forza di cose accordarvi sul punto. Dubbi o domande in confronto.

Garrett/Morpheus. Proseguiamo in confronto, come nel turno precedente. Qui, però, avrete vita più facile. Dovete solo rispondere al tipo, dicendo chi siete veramente, ovvero parlando di voi stessi. Quale sia la natura cui egli si riferisca, ovviamente, è abbastanza oscuro. Vi concedo, quindi, tre domande a testa che potete fargli, presumibilmente per capire "cosa lui voglia sapere". Come detto, però, il tipo talvolta mente - almeno questo è quello che ha detto lui. Quindi soppesate le risposte. Per il resto, potete anche agire in qualunque altro modo, ben coscienti - però - che non vedete vie di uscita dalla stanza. Potete anche esaminare gli arazzi che riempiono il salone, che sono nell'ordine di diverse centinaia, benché ordinati per "periodi storici", apparentemente.

Aang. La strategia ha successo, ma fino ad un certo punto. L'ombra evita di venir trascinato giù da Nadir, con una tecnica che gli permette di teletrasportarsi al tuo fianco. Qui sfodera una corrotta Cupiditas e ti lancia contro un'offensiva psionica di potenza Alta: la tecnica ti fa vedere ogni singolo momento della vita di Shakan in cui questi ha ucciso qualcuno. Lascio a te la libera interpretazione di questa cosa: puoi attingere - se vuoi - materiale dalla cronologia della scheda di Shakan, il cui link è nella mia firma. In questo turno dovrai/potrai contrattaccare. Se non richiami Nadir, possiamo immaginare che questo stia cercando Shakan nel baratro, ma - così facendo - non potrai usarlo in questo turno. In compenso, potrai usare i cinque mercenari che hai salvato dalle ombre. Non li ho descritti nel post per non spezzare l'azione, ma il tuo aiuto li ha fatti "vincere" contro le ombre, benché siano un pò feriti. Li puoi usare complessivamente nel prossimo turno come fossero una tecnica offensiva di potenza Critica. Ove lo facessi, però, correresti il rischio di farne ferire qualcuno, perché - di fatto - assalterebbero l'ombra, rischiando di rimanere feriti nella colluttazione. A te la decisione e l'interpretazione della cosa. Domandi o dubbi in confronto.

Ordine. Come sempre, sarebbe il massimo se ogni coppia postasse vicina, mentre Paracco può postare quando vuole, prima o dopo le altre coppie.
Tempi. Fino a venerdì 7 marzo, ore 23.59. Lud e Jedi hanno 3 giorni da quando dico stop. Ma il limite massimo rimane domenica prossima, comunque.


Edited by janz - 2/3/2014, 16:34
 
Top
view post Posted on 5/3/2014, 00:17
Avatar

Like a paper airplane


········

Group:
Administrator
Posts:
12,341

Status:


Aveva visto la morte molte volte nel presente e nella propria visione, ma mai nessuna morte era stata tanto vicina, tanto vivida. Tutto era scivolato lungo i secondi, senza dilatarsi come dicevano i racconti degli eroi. Aveva appena fatto in tempo a udire il sibilo alle proprie spalle che già la presa del giovane sulla spada si era allentata. Dalle sue labbra un rivolo di sangue nerastro annunciava che non avrebbe trovato scampo.
L'Oracolo si portò una mano alle labbra, la bambola sgranò gli occhi. La figura fragile, senza più il mantello, rimase impietrita senza riuscire a muoversi. Lui stava morendo, la luce della sua anima guizzava tremolante nei suoi ultimi istanti. Eppure non invocò la madre, la vendetta o il nome di un dio. Parlò con lei, che non conosceva neppure, che lo aveva fatto ritardare. Non sarebbe mai morto se lei non ci fosse stata, eppure sembrava felice di sacrificarsi.
Pensò che avrebbe voluto inginocchiarsi al suo fianco e reggergli la mano, e pregarlo di rimanere ancora un poco. E chiedergli urlando se non fosse un maledetto mercenario, se non avesse le palle per dirle in faccia quello che aveva sempre pensato di quelle come lei.



« vivete una vita di gloria; fatelo anche per me. »



Una vita di gloria. Avrebbe voluto portarsi le mani alle orecchie e calare nel silenzio. La gloria per lei era solo un sogno, la quotidianità era l'incubo della sconfitta. Forse in lei non c'era nemmeno l'onore degli ultimi attimi di lui. Nemmeno la capacità di raccontarli per renderlo un decorato. Era troppo meschina per arrivare a tanto, per non limitarsi a strisciare zoppicante verso la salvezza.
Non si inginocchiò al suo fianco.
Non c'è tempo.
Quella era la giustificazione ufficiale. Il nemico era dietro di loro e lei era lenta, e lei doveva portare a termine una missione. Lo aveva detto anche lui.
Bugiarda.
Ma la realtà era che aveva paura. Di quegli animali mostruosi, ma soprattutto di lui, del suo sacrificio immotivato, della purezza che nascondeva sotto l'armatura di un guerriero prezzolato. Perchè lei combatteva quelli diversi da lui, quelli che sotto i vestiti non avevano che ombre. Perchè lei era come loro e stare accanto a un giovane come quello avrebbe potuto squagliarla come neve al sole.
Gli rivolse le spalle come se fosse stato un nemico, le sue parole impresse a fuoco nella mente. Non gli disse che probabilmente stava salvando qualcosa di molto più terribile di quei mostri tremendi. Non gli disse che non si sentiva degna di quel riscatto. Un passo dopo l'altro, cercò di allontanarsi dall'ennesimo uomo che le aveva dimostrato come sarebbe dovuta diventare.
Gli altri non si sarebbero accorti di nulla fino all'ultimo, ammesso che un ultimo ci sarebbe mai stato. Avrebbero visto semplicemente lei emergere dall'oscurità, la bambola in grembo, il viso segnato dal dolore e dallo sgomento. In realtà nemmeno le fecero caso. Ormai puntavano gli occhi sull'uomo che li aveva guidati, sul poderoso guerriero fiammeggiante. La legge del più forte aveva decretato chi fosse il leader del loro sfortunato gruppo.
I passi risuonavano sulla pietra umida come le lancette di un orologio. Il loro orologio, pensò Ainwen con un brivido, che correva rapido verso l'ora della fine. Si affrettavano, a volte si spingevano, ma non parlavano più. Come lei sembravano aver fatto un patto col silenzio che li circondava. Forse stavano esprimendo un desiderio, il più grande che avessero mai concepito, ma laggiù era troppo oscuro e malvagio perfino per un Mercante come Kermis. Sentì che le viscere le si attorcigliavano. Lì nessuno sarebbe venuto in loro aiuto. Cercò di riportare alla mente un ricordo, anche solo un frammento, di ciò che aveva visto quando aveva barattato i propri occhi per un potere inesistente. Ma le rispose solamente il vuoto, come ogni volta. Desiderò poter piangere, sentì la bocca farsi improvvisamente secca.

Ma non ebbe tempo per scoraggiarsi, per appoggiarsi al muro e scegliere di rimanere indietro. L'aria fresca le gonfiò il petto, rubandole un gemito liberatorio. Una luce pareva ammiccare dall'altra parte della stanza in cui erano sbucati, come un occhio socchiuso verso il sole. Era una fenditura piccola, incerta, ma era il loro unico punto di riferimento. Gli uomini si guardarono, qualcuno si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. Perfino lei pensò che avrebbe potuto annuire, farsi più vicina, condividere la loro esultanza.
Si bloccò. Qualcosa scintillava ai margini del suo campo visivo. Una luce sorda, pulsante, immensa. La canzone di un'anima malata e sofferente, ma ugualmente mortale. E non era sola. Erano tante, che apparvero scivolando come richiamate dalla loro speranza. Forse ne erano attratte, perchè in quel luogo da molto tempo non si covava un simile sentimento. Una nidiata di vipere, un muro di creature deformi come non ne aveva mai incontrate. Sembravano nate dall'incubo di un bambino febbricitante, dai deliri del peggiore folle del sanatorio. Pezzi di animali diversi si incastravano sui loro corpi altrimenti lisci e maestosi. Li rendevano semplicemente sbagliati.
Come me.
Lo pensò, senza riuscire a portarlo veramente a coscienza. Eppure quella sensazione le impastò la lingua. Non riuscì a gridare a tutti di fermarsi, né a tentare di far loro coraggio. Non riuscì ad essere vigliacca, ad arretrare. Riuscì solo a pensare all'uomo che era morto nemmeno un'ora prima, augurandole di portare la gloria nel mondo. A quanto fosse stato illuso. A quanto lo fossero stati loro. Sarebbero morti pregando di poter essere stati al suo posto.
Io non voglio questo.
Le lacrime le scivolarono lungo le guance, lacrime acide come l'acqua melmosa di quei cunicoli. Lei non voleva diventare una bestia ancora più terribile di quanto già non fosse. Non quando la luce tendeva dita sottili verso di loro, pareva farsi beffe della distanza che li separava. Non quando tutti l'avevano ignorata e solo uno si era fermato a salvarla. Non adesso.
Si accorse di non essere la sola. I loro compagni parevano condividere i suoi stessi pensieri, forse galvanizzati dalla speranza che anche solo uno dei loro protetti potesse salvarsi. Volevano seguire l'esempio del loro commilitone, volevano morire per salvarli. Le sarebbero scivolati dalle mani, ancora una volta. Sarebbero stati migliori, nonostante non fossero che volgari servi del potere. Chiuse gli occhi, prendendo fiato.
Coraggio.
Doveva solo trovare la forza di dirlo, di essere lei per una volta a prendere in mano tutto quanto, di non starsene nell'ombra ad aspettare.



Nessuno morirà”.
Sguardi scettici le si puntarono addosso. La sua voce era risuonata stridula nell'ampio spazio che li avvolgeva.
Oppure moriremo tutti. E sapete quale sarà la cosa peggiore? Che nessuno stronzo racconterà di come vi ho protetti sotto la mia sottana”.



Lei, la fanciulla senza sguardo, gracile, già piegata dalla fatica. La fissarono per un attimo, senza capacitarsene, poi ad uno ad uno scoppiarono a ridere. Una risata contagiosa e tesa, quasi grottesca. Ma le piacque, perchè era una risata che le si addiceva. Due le si avvicinarono, dall'aspetto parevano fratelli. Si davano la mano, le mani grandi e callose. Le grosse spade che pendevano dalla loro cintura parevano fremere in attesa della battaglia.



Allora ti conviene portarci fuori ma'm”.



Quello che le aveva parlato aveva una voce profonda e gutturale, un viso gioviale con una folta barba scura, la voce di un uomo abituato a gridare ordini sul campo di battaglia.
Gli sorrise, senza curarsi di cosa lui potesse pensare. Mise la propria mano, piccola e tremante, in quella di lui. Al contatto con il suo calore, con il battito del suo cuore simile a un rombo, lei pareva un uccellino sul punto di essere soffocato dall'inverno. Volse lo sguardo verso il proprio compagno, per assicurarsi che avesse capito.
Poi tese la mano verso il serpente più vicino. Non si vide nulla, nemmeno uno sbuffo di fumo, nemmeno uno spostamento nella polvere che riluceva tra i fasci di luce. Per un attimo gli uomini al suo fianco trattennero il fiato. Ma lei sapeva di esserci riuscita: la creatura si arrestò, scivolando un poco all'indietro. Poi dimenò il capo convulsamente, come se un dolore o una paura improvvisa l'avessero colta e lentamente larghe ferite purulente le si aprirono su tutto il corpo. Con un moto di esultanza, Ainwen strinse il pugno, accostando con studiata lentezza il braccio al corpo.
Non ebbe neppure bisogno di dare il segnale.



Combattete per me”.



Lo sussurrò a mezza voce, bevendo il suono delle proprie parole. Si sentiva grande e forte, più grande e forte di loro. Anche se non ne aveva motivo. Si sentiva parte di quella battaglia.
I due fratelli si lanciarono all'attacco mulinando le spade.



Ainweeeeeeeen!



La ragazza arrossì violentemente. Per un attimo pensò che avrebbero potuto farcela davvero.



Perchance to Dream

Cs. 4.[Astuzia] 1.[Intuito]*
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Mediox1) - (Altox2) - (Altox1) = 44%
Fisico. Un danno basso ripartito tra una botta alla spalla e contusioni lievi sul viso
Mente. Danno Basso

Armi. //



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Necrosi Mentale: La tecnica ha natura psionica. In seguito ad un'onda mentale emanata dal caster, la vittima inizierà ad osservare gravi e orride ferite aprirsi sul proprio corpo. Tagli infetti, necrosi veloci, e quanto di più cruento il mentalista sia in grado di immaginare. La mente della vittima percepirà questi danni in modo tanto reale e concreto da rifletterli sul corpo, che verrà ferito esattamente allo stesso modo della visione. Sebbene la tecnica sia di natura psionica, provocherà danni fisici pari ad Alto.
La tecnica può essere personalizzata al fine di rendere l'effetto psionico non come frutto di un potere mentale proprio del mentalista, ma attraverso l'uso di droghe, stupefacenti, gas o veleni di sorta.
Consumo di energia: Alto


.Riassunto.



Ainwen assiste alla prima ferita subita dall'uomo che decide di rimanere indietro ma non resta fino alla sua morte (in sostanza se ne scappa). Eppure è profondamente colpita dall'evento. Tanto che, quando le vipere riappaiono, decide di combattere per portare tutti quanti fuori e di non lasciare indietro più alcun compagno.
Prende quindi al proprio fianco due mercenari. Dopo aver castato Necrosi Mentale, così da indebolire una vipera, manda gli uomini all'attacco. Ognuno infliggerà al gruppo di nemici un danno Medio, così da non raggiungere l'Alto e non morire. Ainwen e il suo gruppo quindi dovrebbero infliggere un quantitativo di danni pari a Critico. Lascio per il resto la penna al mio compagno.

.Altro.



Mi scuso per non essermi accorta del Basso al turno scorso D: (l'ho segnato ora). Comunque questa volta la paranoia passiva la paro con la mia difesa passiva psionica. Penso ci sia tutto, buon lavoro a chi verrà dopo di me é_é.

 
Top
view post Posted on 8/3/2014, 16:22
Avatar

Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
·····

Group:
Member
Posts:
1,940
Location:
Roma

Status:


cysDWef




Correva, passo dopo passo metteva sempre più distanza fra il suo piccolo esercito e quei mostri striscianti. Aveva visto Ainwen imboccare il canale subito dopo di lui, accompagnata da un mercenario, e si era portato avanti per guidare, ancora, i cinque uomini che lo seguivano. Li aveva difesi poco prima, l'essere mostruoso si era innalzato a baluardo di coraggio e speranza. Raramente un uomo seguiva volontariamente un Demone, ma Montu per quei cinque mercenari era il Capitano che dovevano seguire, il suo passato, ciò che bruciava nel suo cuore, non era affare di cui si preoccupavano. Menti troppo impegnate a combattere i propri guai, quei guai che li avevano costretti a mettere a rischio la loro vita per un pezzo di pane e due soldi.
Lì sotto, ora, i pensieri contavano poco: l'unico imperativo era correre!
Il tunnel sembrava infinito, quasi non facevano più caso all'odore acre, le narici si erano abituate al tanfo di morte. L'Eterno rallentò il passo solo quando una folata di aria fresca lo investì, un breve attimo di ossigeno non infettato da quel regno sotterraneo.
Nessuno sembrava averlo avvertito, ma Montu sapeva che poco più avanti poteva esserci la loro salvezza.
Salvezza... Quella parola ora gli rimbombava nella testa.
E quando gli occhi spaziarono sulla stanza che avevano raggiunto, un macigno gli crollò sul cuore. Sentì ogni barlume di speranza spegnersi di fronte a quell'orrore. Le anime dei suoi compagni vacillarono insieme alla sua... Tutto era perduto.
Di fronte a loro una stanza enorme, grande tre volte l'inferno che avevano abbandonato poco prima, pullulava di esseri mostruosi, al di là dell'umana immaginazione.
Le spade tremarono in mano ai soldati, ma chi avrebbe reagito diversamente?
I mostri che avevano davanti mantenevano una vaga forma serpentesca, i loro lunghi corpi si aggrovigliavano uno con l'altro, dando l'idea di un'infinita nidiata informe e brulicante.
Gli incubi degli uomini sembravano materializzarsi sulle bestie, che mostravano corna, ali atrofizzate... Le più orribili bestie sembravano uomini privati delle gambe, sostituite da una tozza coda squamata, altre avevano arti che fuoriuscivano da ogni parte del viscido corpo.

Un inferno che non potevano superare, un incubo dal quale non potevano svegliarsi. Ma più terribile della vista di quell'insormontabile ostacolo, era lo spiraglio di luce che attraversava la stanza, proveniente dalla parete opposta alla quale si trovavano. Un barlume di vita! Un sogno di speranza... irraggiungibile.
Si voltò indietro... Ainwen. Chiudeva il gruppo, il suo volto lasciava trasparire solo dolore, stringeva forte al petto la sua bambola. I suoi occhi velati sembravano inumidirsi, le labbra quasi tremavano... Il Demone per un attimo quasi dimenticò i mostri che erano lì ad un passo, e quando si rese conto che mancava un uomo, quell'uomo rimasto indietro con l'Oracolo, il suo cuore si strinse ancora. Poteva solo immaginare cosa era successo, non c'era tempo per domandare, ma poteva quasi vedere il mercenario cadere, nell'ultimo disperato tentativo di salvare quella ragazza dalla pelle così candida. Qualsiasi cosa l'avesse spinto a compiere quel gesto ce l'aveva fatta, lei era lì, salva... Anche se per poco tempo probabilmente.

-Nessuno morirà.-
La voce di Ainwen lo distolse dai suoi pensieri. Aveva parlato a sè stessa, forse a tutti, e la sua voce rimbombò nel canale. Superò i sibili dei mostri che li attendevano schioccando le fauci. -Oppure moriremo tutti. E sapete quale sarà la cosa peggiore? Che nessuno stronzo racconterà di come vi ho protetti sotto la mia sottana.-
Le risa scoppiarono inevitabili, erano risate nervose, la maggior parte di loro credeva che sarebbe stato l'ultimo momento di allegria della loro vita, altri semplicemente non ci pensavano.
Ridevano tutti, poi si fecero di nuovo seri... Dovevano tentare qualcosa, dovevano almeno provare a raggiungere quello spiraglio di luce che sembrava così lontano.

Ainwen corse verso quei mostri infernali accompagnata da due fratelli, che roteando le spade mozzavano teste ed arti deformi, facendosi largo verso l'uscita.
Non lasceremo di certo che se ne vadano senza di noi! Dimostriamo a quei tre di che pasta siamo fatti!
Il Demone saltò nella mischia e con un colpo di katana decapitò una serpe umanoide.
UNO! Urlò ai suoi compagni...
Due, tre... Gli uomini erano fomentati, tenere il conto delle loro vittime sembrava quasi riuscire a mantenere alto il loro morale.
Si, combattevano bene... Le zanne lucide di veleno saettavano a pochi centimetri dalla pelle nuda di quei mercenari che combattevano contro la morte stessa, contro le paure partorite dal più profondo inferno... Ma non sembravano avanzare di tanto, erano arrivati ad una decina di metri dalla porta di uscita, ma in numero ancora maggiore i mostri deformi sbarravano loro la strada.

Montu si concentrò e senti le menti deboli dei suoi avversari tutte intorno a lui, erano pur sempre animali, non avrebbero resistito a ciò che il Demone stava per scaraventare su di loro.
Alzò il mento al cielo, e allargando le braccia proiettò nelle grosse teste delle bestie l'immagine del nemico più terrificante, la paura radicata nel cuore corrotto di quei mostri.
Credettero di strisciare nel fuoco, di essere schiacciati da figure angeliche, di cadere sotto i colpi di giganteschi guerrieri.
I corpi si contorcevano, e le lingue biforcute sibilavano incessantemente, nella nidiata scoppiò il caos... E una via si aprì per loro.
Corsero, con più foga di prima, con più speranza di quanta ne avessero mai provata, difendendosi dagli sparuti attacchi che ancora subivano.
Si tuffarono dietro quella porta di legno, così antica e così solida. Erano tutti dentro, erano tutti salvi... Si avvicinò all'Eterno il più giovane del gruppo, un ragazzo appena ventenne:
-Diciassette, mio generale!- gli disse con gli occhi lucidi e il fiatone.
Bel lavoro ragazzo, gli posò una mano sulla spalla, stai tranquillo, ce l'abbiamo fatta.




-Parlato Ainwen-
-Parlato Mercenario-
Parlato Montu

Energia: 75 -5 =70%
Status Fisico: Danno da caduta alla gamba destra (Medio); Affaticamento per la proiezione dell'incubo (Basso)
Status Psicologico: Paranoia (Basso); Sforzo mentale per proiettare l'incubo (Medio)
CS Forma Umana: +1 Intelligenza

Armi:
Shokan: Impugnata a due mani
Pistola: Riposta (5 colpi)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
Foglie Urticanti

Abilità Utilizzate:
E' un'abilità Psionica con Consumo Energetico Basso (5%) e Provoca un Auto danno alla mente di entità Media e al fisico di entità Bassa.
Genera nella testa dell’avversario immagini del più terribile incubo che attanaglia la sua mente. Provoca un danno Psionico Alto (20%). Durata: Un turno.

Note: I miei due mercenari infliggono un Medio a testa (rimanendo quindi in vita), e io infliggo l'ultimo Alto, e con questo Critico generale (che si somma agli attacchi di Anna) la nidiata è sconfitta.
Mi dispiace di non essermi ricordato del Basso alla mente al turno precedente, comunque ora l'ho aggiunto.
 
Top
PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 8/3/2014, 19:20




Lo vedeva, ora.
Lo vedeva molto bene, mentre cadeva assieme a Nadìr in quel baratro oscuro in cui aveva fatto cadere Shakan. Gli occhi del monaco si spalancarono, presagendo il successo del suo colpo, ma la sua bocca si aprì in una smorfia di incredulità, quando vide il suo bersaglio sparire nell'aria. Il giovane non ebbe nemmeno la forza di dire qualcosa a Nadìr, che il Leviatano era già sparito nelle tenebre senza fine in cui aveva provato a gettare l'ombra. Una punta di rimorso lo punse sul fianco, ma il giovane Aang non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi in colpo per quello che aveva chiesto al suo compagno di viaggi. L'ombra era svanita nel nulla, ma era tornata in una forma solida, scura, conosciuta. Riapparve al suo fianco, pelle scura, capelli bianchi e una lama conosciuta tra le dita: Cupiditas. Il corpo del monaco ricordava dolorosamente quella spada, dall'ultima volta in cui quel freddo metallo aveva baciato le sue carni. Allora la situazione era stata diversa, seria, giusta. Ma quel luogo, e quella spada - simbolo dello Spettro - erano così sbagliati da fargli male.

« Ti basterebbe arrenderti per sottrarti a tutto questo; arrenderti a me ed all'evidenza »
« l'evidenza di un uomo che ti ha ingannato: che ti ha fatto credere di essere un benefattore »

La lama scura si mosse rapida come una freccia, grondando di un'energia infida e potente.

« Ma che non è nient'altro che un demonio! »

La lama sparì e con essa anche l'ombra, la stanza e Lithien stessa.
Aang si ritrovò sospeso nell'aria, costretto all'immobilità nella sua mente mentre di fronte ai suoi occhi Shakan si muoveva verso un uomo del Nord. Aang sbarrò gli occhi riconoscendo il simbolo degli Holstein sul copricotta dell'altro, poco prima che lo Spettro vi affondasse la sua lama. Potè sentire il fiato contratto della vittima abbandonare il suo corpo assieme all'ultimo alito di vita e il sangue scuro come il peccato grondare dalla sua lama.

Vide altri uomini del Nord attorno a Shakan, agitati e quasi furiosi contro lo Spettro. Questi camminò tra di loro, incurante delle loro lamentele e della loro rabbia. La nebbia scese nella sala del Palazzo in cui si trovavano, mentre urla di dolore si alzavano e la lama saettava, e trafiggeva, e dilaniava. Uomini che erano stati fedeli ai Van Halen, uomini che erano stati fedeli al Toryu. Come Aang. Come Shakan?

La nebbia prese a vorticare, quasi fosse essa stessa un essere vivente. Tra le spire sempre più strette Aang vide volti contratti e urlanti, le ennesime vittime di colui che aveva chiamato amico e che invece era un carnefice, un assassino, un boia. Il suo cuore batteva all'impazzata, e si portò una mano sul petto per cercare di calmarlo. La realtà di Lithien e di quei peccati cadde su di lui con violenza, schiacciandolo al suolo. Sbattè le palpebre più volte, incredulo di fronte a quello che aveva visto. Si ritrovò a guardare l'ombra dal basso, ad osservare quella spada oscura copiata dall'originale ma sporca dello stesso sangue. Aveva visto il vero o quello non era stato nient'altro che un altro trucco di un bieco mentitore?

Aang si rimise in piedi, vacillando nel corpo e nella mente. Guardò il suo avversario, i suoi alleati, l'oscurità sotto di loro.
Sentiva ancora un peso opprimente sul petto, come se fosse all'interno di una bara sotto terra e non al centro di un'ampia sala. Cercò di riprendere fiato, arrovellando la sua mente nel tentativo di dare una spiegazione a ciò che aveva visto. Cercò di giustificarlo, ma non ci riuscì, non potè farlo. Quello era Shakan, così come lui era Aang.

Tuttavia fissò negli occhi l'ombra di fronte a lui, guardandole attraverso come se non esistesse. Un lampo di consapevolezza lo aveva attraversato nella confusione dei suoi pensieri, suonando al centro della sua anima come il gong di una titanica campana. Si sentiva ancora scosso, ma stranamente lucido. Incrinato, ma ancora intero. Era come il mare durante una terribile tempesta: era incredibile a vedersi e quasi ultraterreno nella sua potenza, ma sempre rientrava nel ciclo che la natura aveva scelto per lui. Aang mise di lato i dubbi su Shakan, concentrandosi su ciò che aveva davanti. Avrebbe eliminato ogni ostacolo, qualunque esso fosse, finchè non avesse raggiunto Shakan, chiedendogli la pura e semplice verità. E allora avrebbe saputo, inutile ragionarci su in quel momento.

Si voltò di scatto, temendo un attacco dai soldati che invece aveva salvato. Non si fidava di niente e di nessuno, e quasi arrivava a dubitare della realtà in cui si trovava. Si ritrovò quasi a ringhiare a bassa voce verso l'ombra di Shakan.

« Se così è, glielo chiederò non appena ci reincontreremo. »

Aang fece un passo verso il suo nemico, ben sapendo che stava giocando con il fuoco.

« Ma almeno lui è reale! Cosa che non posso dire di te, invece... »

Gli occhi del monaco si accesero di un fuoco affamato di verità, mentre il suo intero essere si propagava verso l'esterno, ricercando una realtà che i suoi occhi non erano in grado di percepire.

« MOSTRATI PER QUELLO CHE SEI VERAMENTE! SOLO ALLORA ASCOLTERO' LE TUE PAROLE! »

E come per confermare ciò che le sue parole rauche non erano riuscite a fare, affondò il suo bastone nel corpo dell'ombra.
Sicuro che non fosse altro che una menzogna, un miraggio che avrebbe potuto dissipare con il corpo e con la mente.



Diario del Monaco
Comprensione





Cs totali: 5 (2 in Tenacia; 2 in Costituzione; 1 in Intuito)
Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~ Mortale 80%

Energia attuale: 20%
Consumi utilizzati: Basso (5%) + Medio (10%)

Condizioni fisiche: Danno Medio alla gola.
Condizioni mentali: Danno Basso da paranoia + Danno Alto

Bastone del Manipolatore: mano sinistra.
Balestra: 15/15 - assicurata alla cinta.



Passive in uso:

CITAZIONE
Riassunto Passive
Studio: Passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% di energie. + Passiva personale, resistenza alle condizioni ambientali e alla fatica. + Passiva personale, difese ad area uguali al consumo + Amuleto dell'Auspex, percepisce le auree attorno a lui. + Discendenza arcana, guadagna 2 CS in Intuito ogni volta che un avversario usa una tecnica magica. + Prime due passive talento Guaritore, guarigioni pari al consumo e possibilità di curare corpo e mente.
L'Immortale indica la via: Sopportazione di due mortali psionici + Immunità al dolore psionico.
Le braccia della mamma: Difese inconsce.
Il bacio della mamma: Guadagna 2 CS in Prudenza ogni volta che usa una tecnica di cura.

Attive in uso:

CITAZIONE
Apprendimento Risultati
Studiando la filosofia e i grandi pensatori del passato, i giovani monaci acquisiscono una certa elasticità mentale indispensabile per la futura manipolazione del Flux. Spesso gli stessi Maestri durante le loro lezioni mettono l'uno contro l'altro gli allievi, per cercare di sviluppare in loro un alto senso critico e buone qualità oratorie, utili in ogni situazioni. Tuttavia in certi casi è necessario arroccarsi nei propri pensieri e da lì far scorrere attorno a sè le idee altrui: i Maestri non vogliono creare allievi tutti uguali tra loro, ma vogliono metterli in condizione di saper pensare con la loro testa. Capacità di questo tipo si rivelano poi molto utili anche in combattimento contro i subdoli trucchi di avversari esperti: basterà un consumo Variabile delle energie del monaco per disperdere qualunque attacco alla sua mente, purchè si renda conto di essere attaccato in qualche modo. Una mente allenata a questo modo è capace di spingersi oltre i normali e labili confini umani, sforando in certi casi nel campo del divino: con un consumo Medio di energie sarà in grado - per esempio - di espandere le proprie percezioni per chilometri attorno a sè, per la durata di due turni. Nulla potrà più sfuggire ai suoi sensi: sarà sempre preparato in ogni situazione.

[Personale, natura magica, difesa psionica [5/10] + Pergamena Esplorazione.]

CITAZIONE
Manipolazione di base Discipline degli Allievi
I bambini che vengono portati al Monastero necessitano di un lungo periodo di adattamento e preparazione prima di essere iniziati alla Manipolazione del Flux. In genere ci vogliono dai 12 ai 36 mesi di addestramento, e non sempre i meno dotati riescono a tenere il passo con gli altri, venendo indirizzati dopo quel tempo in conoscenze utili alla sopravvivenza del Monastero, come lo studio dell'Agricoltura e dell'Erboristeria. I fortunati che riescono a giungere alla Manipolazione ricevono un educazione più completa, studiando Storia, Geografia, Filosofia e Matematica. Queste lezioni di base vengono abbinate ad altre sul controllo del corpo e sulla difesa. Dopo i primi sei mesi in genere gli allievi riescono a manipolare il Flux per difendersi, usando una porzione Variabile delle loro energie: scudi, barriere o protezioni di altro genere si formeranno di fronte a loro o tutto attorno, difendendoli da qualunque avversità. Alcuni allievi - coloro che risultano più curiosi, dotati o impulsivi - vengono addestrati anche ad usare altre branche del Flux: dalle tecniche più semplici, come un semplice accecamento del nemico con un consumo Basso di energie, fino alla creazione di vere e proprie armi di energia da scagliare contro il nemico. Queste ultime richiedono un grande sforzo di concentrazione, tanto da richiedere un consumo Alto di energie.

[Dominio difensivo, natura magica [1/10] + Pergamene Abbagliare e Schegge Spirituali.]

Azioni:

Aang subisce l'offensiva psionica, accusando il danno, e difendendosi dai due fendenti di spada usando la sua Variabile difensiva a consumo Basso, grazie alla passiva di difese inconsce. Dopodichè, forse avendo capito che quello non è altro che un'ombra controllata da qualcun altro che non si è ancora mostrato, utilizza Esplorazione per cercare di scovarlo allo scoperto.

Note:

Un posto che avrei potuto e voluto fare 100 volte meglio, ma che purtroppo si è rivelato più corto e povero di contenuti di quanto avessi voluto. Purtroppo il periodo che sto affrontando - come giocatore e non - è abbastanza travagliato, quindi questo è il massimo che sono riuscito a fare stavolta. Scusate, la quest non se lo merita.

 
Top
view post Posted on 9/3/2014, 23:48

Hear me Quack!
·····

Group:
Member
Posts:
1,946

Status:


“Io dico bugie , le mie parole talvolta ingannano; ma voi saprete leggere e comprendere, al di la di esse.
Ditemi chi siete; parlatemi di voi ed ammettete dinanzi a me la vostra reale natura
Se sarete onesti e sinceri, potrete passare e guadagnare la vostra libertà; io vi aiuterò a comprendere e capire; attenzione, però, giacché la verità potrebbe non piacervi e la menzogna potrebbe turbarvi di meno, potreste preferire qualunque bugia, piuttosto che tormentarvi con la realtà. ”


Un’altra figura scarnificata si ergeva davanti i fuggiaschi, un altro di quegli esseri, che sembravano aver preso in prestito molto più tempo del dovuto, sedeva su un trono dorato , oltre una porta d’ottone in cima alla torre. Questi, però, sembrava molto più civile e ragionevole del mostro che il gruppo aveva incontrato precedentemente, i suoi modi più pacati e di gran lunga più gentili.
La sua tremenda presenza intimoriva Garrett che non poteva non continuare a fissarlo con sguardo quasi assente, spostando lo sguardo, di volta in volta, da un punto in cui la pelle era più cadente ad un punto in cui la carne era esposta, dai capelli grigi e radi agli occhi scavati nel viso. Ancora in stato di confusione, il ladro sentiva il mondo attorno a se un po’ più distante, un po’ più sogno di quello che gli era apparso in precedenza. I ricordi di Veyia si mescolavano ai suoi e, di tanto in tanto, sembrava che la donna prendesse il sopravvento sui pensieri e sulle azioni, lasciando il giovane ladro un po’ in disparte, come uno spettatore a teatro.
Due persone in un corpo, due caratteri opposti, erano difficili da coniugare, difficile trovare un equilibrio, soprattutto dopo l’incontro con l’altro essere, l’latro non-morto. Concentrarsi su entrambe le vite contemporaneamente era come cercar di riflettere su come disinnescare una trappola complessa, mentre qualcuno chiama il tuo nome insistentemente, da ubriachi.
Poi, il flusso di pensieri che si affollavano nella mente di Veyia venne interrotto da una domanda.
Il guerriero, come al solito pronto a farsi avanti per primo, aveva posto all'essere una domanda quasi simile ad un indovinello, un trabocchetto o forse solo un arzigogolo inutile:

“Se ti chiedessi se la reale natura che vuoi conoscere è quella di Lukas e Veyia, risponderesti di si?”


Alla domanda, l’altro rispose affermativamente, senza esitazione, quasi sapesse in anticipo quale domanda sarebbe stata posta. Poi, Lukas continuò:

“Io sono Lukas, per anni ho portato la giustizia a Lithien, non ero e non sono né bianco né nero, ero semplicemente esecutore della giustizia terrena. Criminali hanno trovato attraverso me condanna, innocenti trovato libertà. Molti mi definiscono un uomo buono, un uomo saggio, un uomo giusto, semplicemente ho sempre percorso la strada della giustizia come unico dogma imprescindibile. Cerco solo la libertà che da innocente mi spetta.”


Poi sorrise, prima di porre un’altra domanda:

“Ora dimmi tu, chi sono i tre saggi? “


Lo sguardo di Veyia si poggiò sul compagno, sul suo volto era evidente il tono di sorpresa: mai avrebbe pensato di porre una domanda del genere; mai avrebbe dubitato dei saggi.

“L'essere, la verità e la conoscenza. Sono le tre entità che racchiudono i doni degli esseri umani e che hanno imparato a sfruttarle oltre la comprensione mortale, a solo beneficio della città.
Siamo noi le verità che difendono, ordinano e governano la nostra società. “


Ecco, unque, cosa il gruppo si ritrovava di fronte: non un mostro ma un saggio, un protettore della città. Ecco cosa avevano affrontato e ingannato prima di raggiungere la cima.
Che fosse una prova, una semplice prova da affrontare per guadagnarsi l’ascesa al punto più alto della torre? Qual era il verso scopo del secondo saggio? La risposta creava più dubbi di quante verità aveva svelato. Un tumulto di emozioni si affollava ora in Veyia, in parte di Garrett, in parte dell’anziana: era giusto aver affrontato un saggio così spavaldamente, ingannandolo con trucchetti banali?
Infine, il guerriero sembrò concludere la serie di domande con un’affermazione, una semplice richiesta: sapere cosa c’era nell’altra sala. Le parole che uscirono dalla sua bocca apparirono, agli occhi della donna, si cortesi ma, anche, autoritarie. In quell’uomo, sembrava che i due caratteri e le due vite, anche se differenti, avessero trovato un equilibrio. La risposta del saggio fu pronunciata con sicurezza, facendo apparire la risposta ovvia e la domanda scontata:

“L’uscita”


Quasi caduta dalle nuvole, poi, la donna si fece avanti, quasi avesse aspettato il proprio turno per parlare, una lieve curiosità illuminava gli occhi ormai stanchi, risvegliandola momentaneamente dalla confusione dalla quale sembrava esser presa:

“Dunque, tu sei uno dei saggi.
A quale dei doni corrisponde la tua natura, Essere o Conoscenza?”


Il saggio rispose, rivelando la propria natura, la quale era l’unica che, volontariamente, era stata omessa nella domanda: Verità. Le certezze che pian piano si facevano strada fra i pensieri di Veyia, vennero spazzate via. Come può il saggio della Verità affermare di mentire?
Ancora una volta, la risposta creava altri dubbi a cui non sembrava esserci tempo di rispondere. In fondo, però, la donna sapeva che non si contesta un saggio e le decisione che prende, i comuni cittadini non possono comprendere affondo le scelte prese per il loro bene, la menzogna può essere creata per proteggere, non tutte le scelte sono facili da prendere, nessuna è priva di conseguenze e i Tre, di sicuro, avevano le loro motivazioni per mentire.
Scacciati via i dubbi inutili, Veyia continuò:

“Nell'altra sala ci attende l'uscita ma da cosa: la torre, l'incubo che stiamo vivendo, la vita?
Comprenda i miei dubbi nel fidarmi di qualcuno che a esordito con <io dico bugie>. “


Quelle parole audaci, però, non erano della donna ma del ladro, quel piccolo ladro dentro la sua testa che gridava a squarciagola. L’ironia di quella frase, live e sottile, fecero mordere le labbra alla donna che nient’altro avrebbe voluto se non ricacciare quella frase da dov’era venuta. Il saggio, invece, non apparì turbato od offeso in nessun modo, rispondendo alla domanda senza quasi badare alla reazione della donna:

“Ottima domanda: state vivendo un incubo o una vita? Comunque sia, uscirete da una di queste due.”


In quel momento, come uscito dal nulla, quel piccolo ladro che urlava prese il sopravvento di quella vita che non gli apparteneva. Garrett non avrebbe assecondato quella farsa, la situazione aveva sorpassato il limite di sopportazione del giovane che nient’altro voleva se non risvegliarsi, tornare alla propria vita.
Se solo avesse potuto, avrebbe strappato via quella maschera da vecchia donna raggrinzita, riacquistando il proprio aspetto e il proprio corpo e, nello stesso momento, la propria vita.

“Personalmente, credo non ci sia differenza perchè, vede, io sono intrappolato in questo corpo da donna, nella vita di Veyia, ho persino i suoi ricordi. Questa, però non sono io.
Io non sono una figlia del tempio che ha combattuto per la giustizia, io sono un ladro.
Ho passato la vita a fuggire dalla legge, a strisciare nelle fogne o a saltare da un tetto all'altro, non a caso molti mi conoscono come il Ratto. Se <uscire> da questa situazione significa tornare alla mia vita, al mio lavoro, ne sarò felice.
Ci son troppe cose da vedere, tesori da rubare, trappole da evitare, per restar intrappolato nella vita di una stupida vecchia a cui non resta che morire.
Ultima domanda, giusto per curiosità: che ne sarà di Lukas e Veyia?
Sempre che siano persone reali.”


La donna, non sembrò quasi rendersi conto di ciò che stava dicendo, finchè il monologo non era arrivato alla fine. Si porto entrambe le mani alla bocca per sigillare le labbra al meglio, per evitare che altre oscenità uscissero. Com’era possibile? Perché avrebbe mai dovuto pronunciare parole così sprezzanti e cariche di malvagità?
Con lo sguardo fisso al suolo, si sforzò di ignorare quella vocina dentro la testa che imperterrita urlava e cercava la propria indipendenza. Confusa, inorridita e piena di vergogna, si chiuse nel silenzio più totale, mentre il saggio tuonava i suoi rimproveri.

“Non credi di esagerare ora, Veyia? Fino a che punto credi che la mia intelligenza possa essere offesa?
Tu sei Veyia, Dama dei Dieci Veli e Signora della Benevolenza; intitolata Protettrice di Lithien al solstizio d'inverno e promessa al ruolo dei saggi.
Che tu riesca a dimostrare la tua capacità e la tua onestà, però, è tutto un altro discorso. D'altronde sei umana non meno di tutti quelli che provano ancora a risalire questa Torre da molti anni.
Il tuo destino non sarà diverso dal tuo compagno Lukas o da chiunque ti abbia preceduto: solo chi è degno di sostituirci, lo farà.
Ti ritieni degna, Veyia?”


A quella domanda, non trovò risposta se non negativa.
Poi, come un deus ex machina, pronto a dare un sostegno alla compagna di una vita, Lukas intervenne di nuovo. Le sue parole diedero un attimo di respiro alla donna, ormai in preda al panico e alla confusione. Dovette sforzarsi, sforzarsi affondo per scacciare quel piccolo ladro che ancora suggeriva azioni improponibili anche al più abietto degli uomini. Infine, una frase le diede la forza necessaria per superare quello che ormai le sembrava un ostacolo insormontabile:

"Son le azioni di un uomo a farlo ritenere degno, non le sue parole. Le mie azioni parlano per me, parlano molto più di me, sono stato sempre onorevole nelle mie scelte, ho sempre cercato di essere un faro della legge di Lithien, ho portato la giustizia. La storia stessa sarà giudice delle mie azioni. Un uomo è degno solo se le sue azioni lo sono, no se credo di esserlo."


Mai orecchie furono così felici di ascoltare la voce di Lukas, mai una frase fu di conforto come quella: non le parole ma le azioni.
Improvvisamente, Veyia capì, realizzando esattamente cosa avrebbe dovuto dire al saggio. Le parole iniziarono a fluire in un arringa conclusiva, forse l’ultima della sua vita. L’orgoglio di essere se stessa, iniziò a scorrere nelle vene della donna, donandole consapevolezza e infondendo forza alle parole:

"Come tu hai detto, io sono Veyia, Dama dei Dieci Veli e Signora della Benevolenza, intitolata Protettrice di Lithien al solstizio d'inverno e promessa al ruolo dei saggi.
Ho votato la mia stessa vita alla protezione delle città e, assieme al mio compagno, assicurato molti criminali alla giustizia e protetto gli innocenti. Nonostante la galera, mai i miei pensieri sono stati distolti dalla verità e dalla giustizia, che ho sempre ricercato, momento dopo momento.
Nulla mi sta più a cuore della sicurezza della città e che la giustizia la governi.
Semmai il vostro giudizio non dovesse vedermi degna del ruolo a cui sono promessa, non importerebbe, poiché sempre mi batterò per ciò in cui credo, fino all'inevitabile, fino alla morte.
Se voi riterrete che io meriti la pena capitale, attraverserò il patibolo a testa alta e senza alcun rimorso per ciò che ho fatto e per ciò che ho detto.
Mai come ora, sono sicura di me stessa, aldilà di come voi possiate giudicarmi."


A quelle parole, sembrò che il mondo intero stesse ad ascoltare in silenzio, persino quel piccolo ladro urlante tacque e le parole furono affermazione dei se stessa. Concluso il piccolo monologo, non un segno di vergogna era presente più sul suo volto ma un’aria fiera e decisa. Un sorriso lieve e soave si allargo sul suo viso, per troppo tempo segnato solamente dalle rughe della vecchiaia e la fatica della prigionia.
Ai due, il saggio rispose un’ultima volta, lasciando un ennesimo dubbio:

“Giusti e corretti, come vi si aspettava.
Ma nessuno abbastanza furbo da aver visto al di là del velo. La torre imperitura non esiste fisicamente, è una trappola della vostra anima.
E voi potreste stare ancora dormendo, stretti in una cella. Potreste stare sognando queste amenità, come prova per la vostra salita alla vetta come eredi dei saggi.
Una prigione del cuore e della mente, per un corpo che potrebbe essere rimasto immobile da anni.
Potrebbe, o forse no. Perché io potrei anche mentirvi.”


Detto questo, una nube di fumo, una nebbia, avvolse il Saggio come un velo che, sparendo, scoprì un altro viso, similmente sfigurato dal tempo in più rubato, ma diverso. Il saggio della Verità era sparito e aveva lasciato posto, sul trono, ad un altro saggio. Questi, non esitò, come il precedente, ad annunciarsi, ponendo ai due un ultimo quesito:
Io sono il saggio dell'essere.

“Trascendo la vita e la morte e come ultimo giudicherò le vostre anime.
Ove io vi chiedessi di sacrificare qualcuno dei presenti, in cambio della salvezza della vostra anima, chi scegliereste?
Rispondetemi sinceramente ed io vi giudicherò. Badate bene: non potreste scegliere voi stessi. Sarebbe ipocrita e finto.”


Forse la peggiore fra le prove che i due si potessero ritrovare ad affrontare: scegliere quale vita sacrificare, su due piedi, senza prove a sostegno della propria tesi e senza possibilità che l’altro possa difendersi in alcun modo. Veyia trovò la richiesta oltremodo crudele e l’istinto le consigliò di non rispondere e tacere. Sarebbe stato il silenzio una risposta accettabile? O si sarebbe rivelato ipocrita?
La vera ipocrisia, nascosta nella domanda, forse, era dover decidere chi, fra i presenti, meritasse la morte, quando, in realtà, tutti la meritavano. I tre prigionieri erano sfuggiti alla pena capitale, riuscendo a guadagnare un po’ di tempo, Mior e la guardia, invece, come complici, avrebbero sicuramente subito lo stesso trattamento, concludendo la propria vita sul patibolo.
La donna si voltò verso gli altri, negli occhi una richiesta d’aiuto. La speranza di ottenere un suggerimento valido, però, trascendeva la natura umana che sempre prova a sopravvivere, anche se questo significa sacrificare un compagno, un amico o un complice.
Veyia posò lo sguardo su ognuno dei presenti, con il dolore nel cuore, sapendo che non vi era modo di sfuggire al subdolo inganno del saggio. Agire seguendo i sentimenti, sarebbe stata la scelta peggiore: motivare una scelta per odio o affetto non porta a nulla di buono.
La donna fece allora l’unica scelta che in quel momento ritenne saggia o forse perché consapevole che sarebbe stata la più folle: puntò il dito contro la guardia. La guardia aveva contravvenuto più di chiunque ai propri ordini e, più degli altri, aveva scelto una strada che di sicuro era piena di pericoli, un uomo propenso al sacrificio.

“Semmai dovessi scegliere, sceglierei la guardia”


Disse la donna, con gli occhi lucidi, sperando che le vaghe parole e il dubbio nella voce, rivelasse il vero sentimento che provava nel non voler sacrificare alcuna vita, per la salvezza di un anima che credeva non andasse salvata.


CITAZIONE
Energia: 90%
Fisico: Danno medio alla schiena; danno alto al petto.
Psiche: Danno medio (confuso e spaventato).
Abilità e Tecniche: Vista perfetta, Ratto. (passive)
Inafferrabile (attiva)


Inafferrabile ~
Ciò che rende Garrett un ladro straordinario sono le sue capacità elusive e la destrezza al limite dell'impossibile: niente può trattenerlo, nessuna porta risulta chiusa, nessuno scrigno è inviolabile. Dotato di straordinaria agilità e destrezza, infatti, non esiste attacco che non possa evitare. Inizialmente addestrato a schivare qualunque tipo di proiettile, le sue capacità gli permettono, con il giusto impegno, di evitare anche attacchi lanciati da potenti maghi o guerrieri portentosi.
Inoltre quest'abilità, in virtù della destrezza e l'elusività in suo possesso, permette al giovane ladro di scassinare lucchetti e serrature senza troppa difficoltà se non protette da particolari vincoli magici, grazie all'utilizzo dei grimaldelli.
Costo: Variabile (abilità personale)

Vista perfetta ~
La protesi meccanica che sostituisce l'occhio destro del ladro ne migliora la vista, amplificandola e rendendola simile a quella di un gatto. Grazie a questa caratteristica riesce a vedere bene anche in condizioni di visibilità non ottimali o con poca luce. La vista migliorata, inoltre, permette a Garrett di prendere la mira con precisione e di poter seguire il bersaglio anche se visibile solo in parte, riuscendo a calcolare con precisione le distanze.
(Passiva Razziale: Mezz'elfo + Passiva Talento: Tiratore I)

Ratto ~
La facilità con cui il ladro è sempre riuscito a superare gli ostacoli gli è valso il soprannome. Come per tutti i professionisti, però, un soprannome va mantenuto e per far questo Garrett ha migliorato le proprie capacità d'infiltrato, grazie ad alcuni gadget di sua invenzione: egli può scalare ogni muro e restare aggrappato ad ogni superficie, anche sfidando la legge di gravità, scivolare sull'acqua, sfruttando la tensione superficiale e, in casi estremi, planare. Passare inosservati significa soprattutto usare la porta sul retro.
Costo: Passiva
(Pergamena Ladro: Sostegno)


Note N/A
 
Top
view post Posted on 10/3/2014, 14:45

1L 50GN0 3R3T1C0
········

Group:
Member
Posts:
13,732

Status:






Dinanzi a loro una nuova stanza.
Un nuovo scorcio di quella Lithien d’altri tempi.
Sulle pareti arazzi e dipinti narravano una storia che lui non conosceva. Morpheus, rapito da quell’illusione, continuò a osservare il muro immergendosi nelle pennellate delicate e precise, nei racconti vividi lì narrati. Era come guardare una rappresentazione, era come immergersi totalmente in quella storia, in quella realtà.
Osservò le battaglie, gli avvenimenti, la nascita di Lithien assenti tuttavia era lo storia dell’insediamento dei tre Saggi, storia che continuava a essere immersa nel mistero.
Dinanzi a loro una creatura molto simile alla precedente sedeva su uno scranno d’oro, il volto scarnificato, gli occhi scavati nel volto, la voce solenne, antica, certamente imponente.

« Io dico bugie , le mie parole talvolta ingannano; ma voi saprete leggere e comprendere, al di la di esse.
Ditemi chi siete; parlatemi di voi ed ammettete dinanzi a me la vostra reale natura
Se sarete onesti e sinceri, potrete passare e guadagnare la vostra libertà; io vi aiuterò a comprendere e capire; attenzione, però, giacché la verità potrebbe non piacervi e la menzogna potrebbe turbarvi di meno, potreste preferire qualunque bugia, piuttosto che tormentarvi con la realtà. »

Morpheus sapeva già quale realtà quell’essere stesse cercando, infondo non aveva motivo né modo per conoscere Morpheus il drago blu, né per sapere che in quel corpo si nascondeva l’essenza d’un drago.
Ma volle esserne sicuro, quindi formulò la domanda in maniera tale che, menzogna o verità, la risposta sarebbe stata sempre quella giusta.

« Se ti chiedessi se la reale natura che vuoi conoscere è quella di Lukas e Veyia, risponderesti di si? »

L’essere rispose come Morpheus si aspettava già, senza per altro alcuna esitazione.

« Indubbiamente, si »

Morpheus sorrise, aveva in pugno la situazione, tanto valeva assecondare l’essere.

« Io sono Lukas, per anni ho portato la giustizia a Lithien, non ero e non sono né bianco né nero, ero semplicemente esecutore della giustizia terrena. Criminali hanno trovato attraverso me condanna, innocenti trovato libertà. Molti mi definiscono un uomo buono, un uomo saggio, un uomo giusto, semplicemente ho sempre percorso la strada della giustizia come unico dogma imprescindibile. Cerco solo la libertà che da innocente mi spetta. » Lukas sorrise « Ora dimmi tu, chi sono i tre saggi? »

« L'essere, la verità e la conoscenza. Sono le tre entità che racchiudono i doni degli esseri umani e che hanno imparato a sfruttarle oltre la comprensione mortale, a solo beneficio della città.
Siamo noi le verità che difendono, ordinano e governano la nostra società. »

Il sorriso sul volto di Lukas si fece ancor più ampio, erano dunque al cospetto di uno dei tre saggi, per l’esattezza il saggio della verità. Non sapeva se fosse davvero così, eppure ne aveva quasi la certezza.

« Lasciami proseguire Saggio, già sai tutto su di me. Dimmi cosa mi aspetta nell'altra sala. »

« L'uscita, ovviamente ».

Intervenne Garret, finalmente il ladro, che fino a quel momento aveva taciuto, prese parola. Morpheus ne approfittò per pensare, per continuare a guardare quella stanza. Non sapeva cosa ci faceva in quel corpo, né quale era lo scopo di tutto quello. La lancia era ancora appoggiata sulla sua schiena con la corona che pendeva appoggiata sulla sua spalla. Mior e la guardia erano accanto a loro e stavano semplicemente in silenzio, immobili. Morpheus avrebbe voluto parlare con Mior, scoprire qualcosa su di lei. Eppure non la riteneva ancora responsabile, anche quello di prima probabilmente era un Saggio, quindi quasi ogni dubbio su di lei si era dissolto. Eppure permaneva ancora una domanda, quella voce era la stessa?
Il discorso rapidamente si spostò, dopo un’inutile tentativo di Garret di spiegare la situazione al saggio, sull’essere degni, anche qui Morpheus conosceva, probabilmente, già la risposta, gli sarebbe bastato pensare come un drago, ricorrere alla filosofia draconica, d’altronde se davvero fossero in presenza di una sorta di divinità, di un umano che ha trasceso la semplice condizione terrena, il pensiero di un drago, probabilmente era ciò che più si avvicinava al loro. Morpheus gli chiese se fosse degno e il saggio rispose:

« Dipende da te. Sei degno dell'essere, della verità e della conoscenza? Sei degno di succederci?
Sei degno di sostituire chi - fino ad oggi - ha reso questo posto la meraviglia che è oggi. Se sei degno, allora non avrai nemmeno bisogno delle mie risposte.
E supererai questa prova. La risposta dipende da te, non da me. »

Morpheus sorrise, ancora una volta aveva la risposta giusta a portata di mano e non esitò a parlare.

« Son le azioni di un uomo a farlo ritenere degno, non le sue parole. Le mie azioni parlano per me, parlano molto più di me, sono stato sempre onorevole nelle mie scelte, ho sempre cercato di essere un faro della legge di Lithien, ho portato la giustizia. La storia stessa sarà giudice delle mie azioni. Un uomo è degno solo se le sue azioni lo sono, no se credo di esserlo. »

Garret prese spunto dalle sue parole e lo seguì a ruota. Come si aspettava le sue parole fecero buona impressione sul saggio.

« Giusti e corretti, come vi si aspettava.
Ma nessuno abbastanza furbo da aver visto al di là del velo. La torre imperitura non esiste fisicamente, è una trappola della vostra anima.
E voi potreste stare ancora dormendo, stretti in una cella. Potreste stare sognando queste amenità, come prova per la vostra salita alla vetta come eredi dei saggi.
Una prigione del cuore e della mente, per un corpo che potrebbe essere rimasto immobile da anni.
Potrebbe, o forse no. Perché io potrei anche mentirvi »

A quel punto la sua faccia scivolò via in una nube di fumo, l’essere mutò in qualcosa di diverso eppure in qualcosa di molto simile, quando la nebbia si diradò un’altra creatura dalla pelle cadente, dalla tunica bianca e dalle braccia scheletriche sedeva ora sul trono. Con molta probabilità erano dinanzi all’ultimo Saggio e una nuova prova li attendeva.

« Io sono il saggio dell'essere.
Trascendo la vita e la morte e come ultimo giudicherò le vostre anime.
Ove io vi chiedessi di sacrificare qualcuno dei presenti, in cambio della salvezza della vostra anima, chi scegliereste?
Rispondetemi sinceramente ed io vi giudicherò. Badate bene: non potreste scegliere voi stessi. Sarebbe ipocrita e finto. »

Morpheus, il drago, non aveva molti dubbi, lo guardò solo per un attimo e, solo per un attimo, osservò i suoi compagni. La risposta per lui era semplice, per la loro razza solo una risposta era giusta. E la sua mente non né avrebbe concepita un’altra. Nessuno sarebbe morto.

« Io scelgo nessuno. »

Era una risposta che nessuno forse nemmeno si aspettava, eppure per Morpheus era la risposta migliore, l’unica percorribile, l’unica che il suo pensiero potesse ammettere, poi gli bastò semplicemente comportarsi come un umano, semplificare il suo pensiero e tradurlo con le parole di Lukas.

« Se qualcuno dovesse morire per aver salva la mia anima, invero essa si macchierebbe con il sangue del sacrificato e sarebbe dannata per sempre. Sarebbe mettere la vita d’un altro su un piano differente, inferiore rispetto alla mia anima. Non è cosi che sono abituato a ragionare. »




Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem

Forma Umana
4 cs Costituzione



Energia: 45%
Status Fisico: Danno medio da lacerazione ai fianchi
Status mentale: Danno medio, paranoia ed emicrania
Armi: Lancia

Abilità attive:


Abilità passive:

Blue Dragon: come tutti i draghi anche Morpheus possiede una forza fuori dal comune, forza che gli permette di utilizzare, anche in forma umana, le armi più grandi e mastodontiche in circolazione come se fossero leggerissimi, in grado di alzare e smuovere anche i più pesanti oggetti, non vi è quasi limite alla forza di un drago [Passiva personale]. Un drago può scegliere in qualsiasi momento quale delle due forme mantenere, infatti non sarà soggetto a nessuna restrizione dovuta alla luce al buio, ma potrà cambiare la sua forma in qualsiasi momento della giornata. In compagnia di altri umani, e nelle città, è abituale vederlo nella sua forma umana, ma in caso di attacco o di combattimento, laddove è possibile, sarà sempre nella sua forma più nobile e potente [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale].

Dragon's Power: i draghi sono nati per combattere, ogni cosa di loro fa pensare a ciò, dalle fauci, dalle scaglie inscalfibili e dagli artigli poderosi, ogni cosa fa credere che si è dinanzi a creature particolari portate per la guerra, battaglieri e indomabili. È risaputo dunque che un buon drago deve disporre di difese adeguate, perchè solo attaccando, benché potrebbero benissimo farlo, non si può uscire illesi da uno scontro. Per questo la razza draconica, con i secoli e i millenni di trascorsi in guerra, ha sviluppato queste abilità che accrescono con gli anni e che sono già palpabili nei cuccioli di drago. In termini di gdr Morpheus potrà alzare barriere istantanee, senza nessun vincolo di tempo o concentrazione, altresì le sue difese potranno essere erette in maniera inconscia, difatti nessun attacco potrà mai coglierlo di sorpresa, come se le sue difese si animassero di volontà propria per difendere il dragone da futuri attacchi. Inoltre, la conoscenza di Morpheus si estende anche a tutte quelle difese che permettono di coprire per intero il proprio corpo, queste difese, che per i comuni mortali sarebbero molto dispendiose da erigere, per il drago ogni difesa di 360° avrà la stessa potenza del consumo speso per generarla [Abilità passive di I-II-III livello del talento guardiano]. Inoltre il corpo dei draghi è talmente pervaso dalla forza magica da trarne forza anche da quella circostanza, come se se ne cibasse per accrescere sempre di più, in sintesi, ogni qual volta che un avversario di Morpheus si trovi a utilizzare tecniche di origine magica le Cs di Morpheus, relative a capacità non fisiche (intelligenza, dominio della magia ecc.), cresceranno di ben due punti [Pergamena discendenza arcana].

L'errore di Nailat: un oggetto all'apparenza inanimato, un'armatura di pregio per un guerriero il cui passato ha il suono e l'odore del sacrificio. Ma se ad indossarla è un individuo nelle cui vene scorre l'antico e nobile sangue draconico, essa risveglierà i propri istinti, elargendo lui ciò che Nailat rifiutò con spregio. Il portatore, ogni qualvolta dovesse trovarsi in situazioni di pericolo, avvertirà una forma di inquietudine e nervosismo che lo indurrà ad essere più vigile e a temere per il peggio. L'abilità concede i propri benefici come un senso aggiuntivo, ma non starà ad indicare né la direzione e né l'entità di eventuali attacchi in arrivo, così come non chiarirà la natura effettiva del pericolo al quale il portatore va incontro. {Abilità passiva}


Note: Niente, scelgo nessuno per ovvie ragioni.




 
Top
42 replies since 24/1/2014, 01:11   973 views
  Share