Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Täuschung, Capitolo VII: Inganno

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view post Posted on 12/3/2014, 19:23
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« Il tempo dell'odio - collasso »
Garret e Morpheus

« Scorretto, Veyia.
Scegliere qualcuno significava sacrificare qualcosa; e niente ti costringeva a scegliere effettivamente.
»
L'uomo parlava senza muovere le labbra, in un flusso di coscienza indistinto che arrivava all'anima senza increspature di emozione. « E' più giusto - come dice Lukas - non scegliere nessuno »
« Lasciare che il fato scorra senza abbassarsi ad un vile ricatto; perché scendere a compromesso, significa arrendersi. E chi deve governare, non deve abbassarsi mai a compromessi »
Il tono, poi, si fece più severo - più marcato. « Il bene della propria gente non si sostanzia in alcun ricatto; non si dispone del governo per proprio piacere personale e, pertanto, non si è in diritto di scambiarlo con alcun favore o in alcun patto. »
« Lo si mantiene - lo si gestisce - senza approssimazioni. »

Poi fece una pausa, come riflettendo su qualcos'altro. Lo sguardo si pose distante, in un punto imprecisato del soffitto.
Infine, riprese. « D'altronde, Lukas, nemmeno tu sei esente da critiche; hai ceduto alle illusioni, hai rincorso false verità ed hai posto le domande sbagliate »
aggiunse, rimarcando, ora, un'evidente delusione « nessuno di voi due è degno di succederci, quindi »
« Eppure, non ci aspettavamo altro che un vostro fallimento - ed anche questa volta, avete fallito »

Il vecchio si scosse, quasi risvegliato da l'ennesimo torpore. Le ultime parole del saggio gli avevano risvegliato come un ricordo.
« Io- io ho già sentito queste parole; e le ho sentite decine e decine di altre volte! » si stranì, guardandosi in giro come se riscoprisse dettagli e verità nuove.
Poi tornò a fissare il saggio, spaventato « Quanto tempo sono rinchiuso qui? Da quanti anni ci costringete ad affrontare queste prove? »
Il saggio smosse la bocca appena, accennando un leggero sorriso. « Molti anni, Avel, e ti conforterà sapere che questa è la prima osservazione degna di nota che ti sento fare dal principio »
« Questo dimostra che rinchiudervi in questa finta prigione, costringervi ad affrontare queste prove, nutre la vostra anima e vi porta a sublimare in un grado di comprensione maggiore »
poi, mosse gli occhi verso il basso, gravando il tono di un nuovo peso « peccato che il vostro corpo decada e che non possiate vivere abbastanza per assurgere ad un grado sufficientemene alto di intelletto, da giustificare un vostro posto nei saggi di Lithien »

Avel ora piangeva, ringhiando tra i denti parole dure.
« Questa è follia! Dovevate cedere il vostro potere molto prima di adesso; dovevate farvi da parte, così come era stato stabilito! »
« Il potere dei saggi non è vostro personale, bensì della città! Avete appreso la conoscenza solo per dovervene privare quando necessario - ed invece siete diventati avidi »
Piangeva visibilmente, ora, tenendosi le mani al petto ed urlando in direzione del saggio « Invece siete stati corrotti! Ci sottoponete a queste assurde atrocità solo per giustificare il fatto che nessuno sia degno di succedervi. Eppure, è solo una scusa per dimostrare a noi che il potere vi è legittimato - nessuno può superare queste prove; è tutta una farsa! »
Il saggio parve rimanere colpito dalle parole. Prima inarcò un sopracciglio; poi mosse la bocca in un'espressione rabbiosa, quasi isterica. Infine puntò il dito contro Avel, urlando a sua volta.
« Come ti permetti, nullità? Non sei nessuno per giudicare il nostro operato ed il fatto io possieda il potere di distruggerti in ogni momento mi legittima ad usarlo! »
« Sappi, Avel, che in quanto Saggio dell'Essere sono padrone anche del suo contrario; il non-essere, ovvero la Morte è mia serva e come tale posso infliggertela! »
Quando ebbe terminato, Avel non aveva indietreggiato di un passo. Anzi, al termine delle parole si lanciò contro il saggio, con le braccia distese in direzione del suo collo.
« La storia vi farà da carnefice; siete diventati pazzi di questo potere - e questo significa che nessun uomo è degno di esso. La città ormai l'ha capito e si ribellerà! »
Il saggio rispose tuonando « Muori Avel e torna nell'oblio che ti ha generato! »
Avel scomparve in una nuvola di fumo; il suo corpo si volatilizzò in un istante, riempiendo di spazio vuoto il posto che occupava fino ad un attimo prima.
Poi, il saggio si rivolse agli altri « E morirete anche voi, per non esservi opposti alla sua insolenza! » Poi puntò il dito contro la guardia, che scomparve allo stesso modo.
In seguito, fu il turno di Veiya. Come il dito del saggio si pose diritto contro il suo viso, la sua coscienza si spense. Fu come un istante di sonno eterno: non vide più nulla e Lukas scorse, con orrore, il corpo della sua amata dissolversi anch'esso in una nuvola di niente. Infine, il saggio pose il dito su di lui. « Mi spiace, Lukas. E' giusto che muoia anche tu »

Un secondo dopo, però, tutto cambiò ancora. Le pareti di libri ed arazzi si dissolsero in un istante, lasciando spazio alla pietra nera e fredda di una prigione. Lukas era vestito allo stesso modo, ma stava in ginocchio, come le braccia appoggiate sulle gambe. Sentiva gli occhi pesanti ed il corpo ancor più debole. Lungo la parete, però, vide una breccia: una parte di muro era crollata ed alcuni soldati in armatura passavano attraverso di essa.
Uno si fermò accanto a lui, parlandogli. « Lukas, Lukas mi senti? Capisci cosa sta accadendo? »
Un secondo soldato lo raggiunse, fissando l'uomo a sua volta. Parlò poi al primo. « Ha gli occhi vacui; non credo comprenda »
« Deve capire » disse l'altro « non ci è stato chiesto altro che questo »
Poi tornò a fissarlo « Ti stiamo liberando dalla prigione dei Saggi; gli anziani hanno organizzato un Conclave e stanno mettendo in piedi una ribellione contro il Tempio »
« dobbiamo salvarti dalla prigione e portarti da loro - hanno bisogno di te per organizzare la resistenza »
Lukas girò il volto, fissando l'uomo. « E... Veyia? » disse, con parole non sue. Morpheus parlava, senza volerlo, come se l'istinto agisse al suo posto.
« Ecco - Veyia... Mi dispiace, Lukas, per la tua sposa non c'è stato nulla da fare... » aggiunse il soldato, lanciando uno sguardo in basso.
Sulle gambe di Lukas, infatti, era appoggiato un corpo. I suoi tratti senili parlavano di una donna molto anziana, dal fisico un tempo atletico, benché rovinato dall'età.
Capelli grigi, stopposi, erano mossi appena dal vento; poi, però, ricadevano pesanti sul volto, coprendole le labbra sottili e gli occhi chiusi. Il naso non emetteva alcun soffio di vita; le labbra erano immobili, fredde e morte. « Veyia era già morta quando siamo arrivati. Mi dispiace, Lukas... »
Lukas fissò i due soldati; avevano gli occhi rigonfi di lacrime e lo guardavano con pietà. Fece per alzarsi, portandosi in posizione eretta.
« Le daremo degna sepoltura; poi, libereremo questa città dai Saggi e ci daremo un nuovo governo, che non ci porti nuovamente sull'orlo della rovina. »
« Il nome mio e della mia sposa sarà simbolo della rinascita » disse infine, ansimando « portatemi dagli anziani. »
Il soldato al suo fianco lo tenne per un braccio, reggendolo. « Come lei desidera, mio Lord »
aggiunse, con fierezza « ...mio Lord Lukas... Alastor. »

Quando finì, la luce della mattina brillò con intensità maggiore, riempiendo gli occhi dei presenti con una luce accecante.
Il buio, infine, investì ogni cosa, prima che l'occhio poté abituarsi nuovamente all'aria stantia e puzzolente delle profondità.
Ciò che videro poi, però, li lasciò senza fiato.

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« Il tempo dell'oblio »
Aang e Shakan

Per un attimo il monaco vide lontano.
Il suo sguardo affondò nella nebbia, oltre l'ombra. Trascese la realtà, superando il muro e le pareti che si stagliavano tra se e chiunque si celasse oltre quelle manifestazioni; oltre le illusioni, le percezioni e le amenità che gli erano state mostrate.
Mirò fino a quando non incrociò qualcosa. Un cappuccio nero, coperto dal buio di una stanza. Capelli che scendevano lungo i lati di un viso smunto e due occhi socchiusi, che fissavano in basso.
Gli occhi risalivano la china di colpo, incrociando lo sguardo del monaco. Come fossero coscienti, in qualche modo, che qualcuno li stesse fissando.
Erano occhi bianchi, vuoti. Occhi senza pupille; occhi senza percezione.
Occhi ciechi.

Gli occhi sembravano voler dire qualcosa.
Esprimevano un sorriso sommesso, come una inconscia emozione nell'esser stati trovati. Come se, in qualche modo, chiunque si stagliasse al di la di essi non avesse che volontà di riscoprire il brivido della sfida; essere scoperti, trovati ed affrontare da pari a pari un qualcuno capace di ergersi sul loro stesso piano, infatti, era in qualche modo una sfida interessante.
Poi delle parole sommesse. Aang non poté leggere le labbra che le pronunciavano, ma sembravano quasi quegli occhi a parlare. Comunque complici di quella frase.
« Benvenuto... Aang » disse la voce, richiamando un senso di nostalgia.
Come se quella voce fosse simile a tutte le voci ascoltate fino ad esso in quei cunicoli. Fulcro, origine e morte di ogni percezione aggrovigliata tra quei rumori scanditi e patimenti molesti.
« Sei tu, dunque, che arrivi qui e ti porti ad un passo da me » sorrise, incrinando le parole con un'emozione sottile, quasi divertita « ma sei davvero tu, o no? »
« ...o dovrei chiamarti... Lukas? » disse ancora, mentre Aang avvertiva un peso sul cuore.

Era come se, con quella frase, qualcuno gli avesse appesantito l'anima.
Il corpo era divenuto pesante e sentiva di essersi abbandonato ad un limbo di incoscienza e cognizione non dissimile dal sonno. Toccava i lembi di ogni sua percezione come se potesse padroneggiarle tutte quanti, anche quelle improbabili ed indefinite. Era come esser padroni dei propri incubi: vittime di una incoscienza dipinta di turbanti e latenti paure, ma padroni e signori di uno stato emozionale che spinge a poter immaginare tutto, a plasmare quell'approssimazione di realtà che - benché immaginaria - in quei momenti non è altro che il mondo tutto. L'unica verità possibile.

Vedeva il niente; un buio tutto che si divincolava entro i margini di una sala spenta. Poi, si accesero dei fuochi ai lati. Dei grossi bracieri ardenti, che presero vita tutti insieme, come animati da un'unica volontà. Da essi divampò la luce che si espanse in tutta la stanza, rivelando dieci seggi che circondavano un grosso tavolo circolare. Sui seggi erano seduti uomini anziani: lunghe barbe che circondavano volti provati, stanchi per anni di lotte e speranze avvilite. Avevano sguardi attenti, severi e diritti verso il monaco, scrutandolo in ogni suo particolare.
Al centro di essi, si ergeva il più anziano di loro. Aveva anch'esso una lunga barba bianca, che gli scendeva fin quasi al ventre. Si pose eretto, alzandosi dal seggio non senza una certa difficoltà, ma aiutandosi con un bastone di legno rinforzato. Con la voce tremante, ma vigorosa, rivolse al monaco una preghiera sentita.

« Sei giunto, infine, Lukas » disse, quasi commosso.
« Le atrocità che hai sopportato ti hanno provato non più di quanto abbiano provato molti di noi; eppure, non abbiamo il tempo per soffrire delle nostre disgrazie »
Attese un istante, guardando gli altri anziani accanto a se. Poi riprese: « Sono addolorato per perdita della tua sposa Veiya, ma il suo sacrificio sarà stato vano se non faremo qualcosa adesso »
« così come il sacrificio di tutti quelli che sono morti per colpa dei saggi e della nostra incapacità di comprendere prima il pericolo del dono che abbiamo ricevuto con questa città »
aggiunse, amaro « la conoscenza non può gravare su poche persone; gli uomini hanno un'animo debole, cedevole e corruttibile. »

Solo in quel momento Aang poté guardarsi. Le sue mani erano vecchie: la pelle raggrinzita si teneva a stento su dita ossute e curvate dal peso degli anni.
Il suo volto si rifrangeva nel marmo lucido della stanza e poteva scrutare un viso smunto, con pochi capelli bianchi cadenti sul capo ed occhi spenti, stanchi e gravati da pesanti occhiaie.
Le labbra erano violacee e raggrinzite, turbate da un tremolio sommesso che non riusciva del tutto a controllare. Aveva una lunga tunica bianca, ma sporca - macchiata in più punti di sangue ed altri fluidi.

« Il loro potere è cresciuto troppo; la Triade dei Saggi è ormai inarrestabile »
riprese poi l'anziano, con un moto di sconforto « sono pregni di una potenza smisurata, pari solo alla loro arroganza »
« hanno corrotto le menti deboli della città e li hanno convinti ad ergersi difensori del loro potere, aizzando le folle contro di noi e contro l'esercito »
sospirò ancora, riprendendo « non riusciremo mai ad arrivare alla torre, né a sormontare il loro potere con i mezzi che abbiamo. »
Infine, allungò una torcia su uno dei bracieri e la appoggiò sul tavolo dinanzi a se, su di un piedistallo opportunamente posto. La luce della fiamma illuminò diverse pergamene, oltre che libri magici con pentagrammi ed altri simboli alchemici.
« Dunque, abbiamo deciso che non abbiamo altra scelta » aggiunse, gravando il proprio tono di un peso ancor maggiore
« i libri più pericolosi che i nostri progenitori ci hanno lasciato, parlano di un modo per confinare l'anima di creature troppo potenti in dimensioni parallele »
indicò i libri dinanzi a se ed i simboli alchemici in essi riportati « un portale che potrebbe rinchiuderli in un luogo lontano, cancellandoli dalla nostra realtà e dalla nostra memoria »
« In una parola, l'oblio »

Poi, tornò a sedersi, respirando a fatica.
« Ora la decisione è tua, Lukas: sei il più saggio di noi e l'unico che può prendersi questa responsabilità »
« il rituale richiede un sacrificio; anzi molti sacrifici » aggiunse, evidentemente affannato « una potenza di anime grande almeno quanto quello che deve passare per il portale, ovvero un sacrificio di persone tanto grande da consentire di evocare un portale sufficientemente resistente per far passare i tre saggi - questo è il prezzo di questo rituale »
concluse, ormai con un filo di voce « per fortuna la condizione in cui siamo non renderà difficile giustificare qualche omicidio rituale; benché la cosa mi sconcerti, ovviamente »

L'uomo rimase fermo a fissare il consiglio e per diversi minuti nessuno parlò.
« La condizione in cui siamo? » disse poi un altro degli anziani, da un lato della stanza « è plausibile che Lord Lukas non sappia cosa succeda in città; d'altronde, è ritornato solo oggi. »
« Giusto » disse il vecchio al centro, poggiando il viso sulla cima del bastone « è giusto che sappia, dunque: aprite le tende! »
Due soldati apparvero ai lati della stanza, tirando fili di tessuto che scendevano lungo le pareti. Immediatamente dopo, le pareti rabbuiate caddero al suolo, rivelandosi nient'altro che pesanti tende di stoffa che coprivano ampie finestre. Le vetrate erano alte fino al soffitto, rivelando - dietro di esse - un orizzonte infinito, proprio di una torre posta al centro della città ed alta diverse decine di metri.
Lo spettacolo, però, era sconcertante. Fumi di guerra si levavano da ogni angolo di Lithien, ove armate di soldati si scontravano contro civili preda di furie incontrollate. Inoltre, bestie, fiere e perfino grossi animali volanti si destreggiavano in ogni angolo della città. Era uno scenario raccapricciante di guerra e vergogna.

« Molti morti ci sono già stati, Lukas; il sacrificio di pochi di essi li salverà tutti »
aggiunse l'uomo, con le lacrime agli occhi « decidi chi di loro deve morire per la causa, e farò in modo che i nostri soldati compiano il sacrificio con le loro mani »
« A te sta solo un compito, benché il più difficile: decidere; sperando che basti... »

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« Guerra civile »
Garret e Montu; Ainwen e Morpheus

I due gruppi sfociarono, infine, nel medesimo luogo.
Una grossa stanza vuota, riempiva quello che era il cuore delle profondità di Lithien. Una città fantasma si espandeva oltre le loro teste, mentre - nel cuore della montagna - nient'altro che peccati del passato, ombre e buio sfuggiva rapido nelle insenature sotto di essa.
La stanza, però, presto si riempì di qualcosa.
Fu chiaro ed evidente, alla fine, la macchinazione con cui qualcuno ingannava le loro menti. Case e palazzi apparvero al posto della pietra fredda e levigata delle fogne; persone, uomini e volti luccicarono come luci lampeggianti, lambendo le pareti conche ove, fino ad un attimo prima, non c'era altro che ombra e puzzo di chiuso.
Poi, si sollevarono i fumi di guerra. Le immagini apparvero più frequentemente, fino a divenire fisse. Fuochi e fiamme alte si levavano da ogni dove e, quello scenario ormai così diverso dalle profondità che rappresentavano realmente, parlavano di una guerra interna alle mura cittadine. Lithien, in qualunque angolo del tempo fosse inquadrata quella visione, aveva vissuto una guerra civile che ne aveva scosso le fondamenta.
Soldati armati di spade e scudi si lanciavano contro gruppi di civili apparentemente impazziti. Gli occhi dei comuni viandanti, nobili o meno che fossero, artigiani, mercanti o contadini, erano ripieni di sangue e carichi di una innaturale furia, che li rendeva creature assetate di rabbia. Avevano armi in pugno ed una forza sovrumana per utilizzarle: avevano arti magiche, artigli e poteri vari con cui controbattere agli armigeri che si opponevano loro. E da più parti si levavano fiere, leoni, bestie alate e creature varie, richiamate con la magia per l'unico scopo di creare scompiglio, morte e distruzione nella città.

Dal canto loro, i guerrieri che giungevano entro quell'assurda visione, non potevano fare a meno di ignorarla.
Non più vittime di sogni o perdizioni. Erano, infatti, svegli e coscienti che quelle immagini non fossero altro che richiami del passato, artifici della mente evocati per indurli alla follia e - al tempo stesso - confonderne le percezioni con ciò che non era altro che ricordi di un passato più o meno lontano.
Eppure, alcuni di loro non poterono fare a meno di ignorarne il realismo di quei richiami.
In particolare, furono Montu e Garrett a sentirsi preda di potenze profonde, sussurri lontani, ma che richiamavano alla loro mente un dovere incontrollabile.
Il dovere di combattere di difendere coloro che li avevano resi potenti e che avevano stabilito con le loro anime un legame immortale.

Avevano il popolo dalla loro parte, o meglio il popolo furioso.
Le stesse bestie richiamate con la magia, insieme a quegli occhi iniettati di sangue di cui erano pregni la maggior parte dei cittadini, infondevano in loro un profondo senso del dovere.
Sentivano il richiamo rimbombare nelle loro teste. I saggi chiamavano a raccolta i loro poteri nascosti e ne infondevano la forza nelle loro braccia. In tal senso, poterono ammirare quel potere prender vita e forma sul loro corpo. Un'energia nascosta, che si sarebbe manifestata sul loro corpo, così come nel loro cuore, nel modo migliore in cui la loro emozione potesse concepirla.
Con l'unico scopo di dar voce al loro potere; alla loro furia; alla loro frustrazione.
Per un'unica, ultima, guerra civile.



littleqmpointwinterreisPer tutti. Dunque. A parte Aang, siete tutti in una grossa stanza nelle profondità di Lithien. Ormai siete coscienti che qualcuno vi stia manipolando e che quello che avete vissuto sono immagini/ricordi del passato. Come e perché ciò sia accaduto, non lo sapete - ancora. Comunque, giunti in questa grossa stanza, questa vostra convinzione si manifesta con l'ultimo "affronto". Le immagini, infatti, vi mostrano una grossa guerra civile in cui ai soldati ed a pochi membri della resistenza cittadina, si oppongono creature bestiali e gruppi di cittadini "impazziti", vittime del potere della "Triade dei Saggi" che avete imparato a conoscere (a vario titolo) nelle vostre visioni. Una guerra evidentemente avvenuta nel passato, che ora rivivete. Garrett e Montu, però, diventeranno vittime dei saggi e loro araldi, iniziando a combattere la guerra civile come fosse reale; trascinati dal potere dei saggi, si sentiranno in dovere di combattere i loro compagni di viaggio fino a questo momento, rei di essere, invece, membri della resistenza. Morpheus ed Ainwen, invece, dovranno per forza di cose difendersi. In basso i dettagli. Vi ripeto che potete rendervi coscienti, ormai, del fatto che sia tutta un'illusione; non potete sottrarvi ad essa, comunque. Per Aang, invece, dedico uno specchietto a parte. Per qualunque dubbio, parliamone in confronto. Non esitate a chiedere, perché questo turno mi rendo conto è complesso.

Garrett/Montu. Siete vittime dei Saggi. Sostanzialmente, i saggi vi hanno trasformato in araldi al loro servizio e non potete ignorare questo richiamo. Il vostro scopo, in questo turno, è combattere il vostro compagno di quest, ovvero colui/colei con cui vi siete accompagnati fino ad ora. Sostanzialmente i saggi vi hanno corrotto la mente (o meglio, vi ha corrotto chiunque stia richiamando queste immagini) spingendovi e donandovi un nuovo potere. Questo potere prende forma all'interno dell'illusione che è la guerra civile, spingendo i vostri personaggi a crederla reale. Per intenderci: la guerra civile rimane "un'illusione" e i vostri personaggi l'hanno capito: questo richiamo, però, vi spinge a crederla vera ed a combattere, per essa, i vostri alleati. In particolare, Garrett è araldo del Saggio della Conoscenza/Illusione; Montu, invece, è araldo del Saggio della Verità/Menzogna. Questa circostanza vi dona due vantaggi. Il primo è che potete utilizzare, in questi brevi duelli, dei poteri totalmente nuovi, inventati da voi "ad hoc" per questa occasione: poteri che potete inventarvi di sana pianta o basare su pergamene esistenti. In particolare, Garrett potrà creare poteri di illusioni magiche, mentre Montu poteri psionici di vario tipo. Contate che valuterò in sportività questi poteri, quindi - se avete dubbi - chiedetemi prima in confronto se sono regolari e confacenti a queste indicazioni. Il secondo punto è che potrete personalizzare questa vostra "investitura", ovvero potete interpretarla anche con mutamenti fisici e vari elementi scenici che vi possano divertire o che possiate trovare adatti per l'occasione. Vi do libertà in questo.
Infine, ciascuno di voi due potrà comandare un gruppo di quattro cittadini "furiosi", come fossero vostri compagni animali. Descriveteli liberamente, comunque riferendovi a loro come semplici cittadini semplicemente "impazziti" dal potere dei saggi e resi alquanto "bestiali". Lo scopo di tutto questo, ripeto, è attaccare il vostro compagno. Quindi Garrett attacché Morpheus, Montu attacché Ainwen.

Ainwen/Morpheus. Come potete capire da quanto successo, l'illusione investe la stanza e vi fa credere di vivere una guerra civile. Così come i vostri compagni, anche voi siete consapevoli che sia "un'illusione", ma non potete evitarla in alcun modo. A loro differenza, però, non vi sentite in dovere di combatterla, ma il fatto che i vostri compagni vi attacchino vi costringe a difendervi e/o contrattaccare. Non ho indicazioni particolari per voi, se non che disponete ciascuno dei soldati rimasti al gruppo, che potrete comandare come fossero vostri compagni animali ed utilizzarli in questo breve duello.

Aang. Ora viene la tua parte in confronto che si posiziona, te lo dico, come la parte finale della storia di Lukas e Veiya. Nella tua memoria ci sono tutti i ricordi di Lukas precedenti, ovvero di tutto quello che è successo nella parte giocata da Anna e Ramses, nonché da Lud e Jedi. Ed è chiaro, credo, ormai che questi racconti siano memorie del passato di Lithien (quanto passato, non sapete, così come non sapete come e perché lo state rivivendo voi). Comunque, tu ricordi tutto. Per chiarezza, poi, ti riassumo cosa ti è stato chiesto. Ti viene chiesto, per chiarire, di decidere un tot di persone da sacrificare al rituale per obliare la Triade dei Saggi. I saggi, infatti, sono troppo potenti ed hanno scatenato una guerra civile a Lithien per difendersi, ammaliando le menti dei cittadini più deboli. Come detto dagli anziani, il portale per la dimensione che dovrebbe obliarli, però, deve essere aperto sacrificando una "quantità" di potenza di anime pari a quelle dei saggi che ci devono passare. Questo significa una grande quantità di anime. Gran parte delle anime sacrificate stanno già morendo grazie alla guerra civile, ma tu dovrai decidere chi altro sacrificare. E, in particolare, chi dei quattro altri tuoi compagni di quest (che stanno interpretando, in questo momento, vari "ruoli" di personaggi della guerra civile). Non puoi ucciderli tutti, ma dovrai decidere due da uccidere. Bada bene che non ti viene chiesto di far vincere una fazione, piuttosto che un'altra, perché la guerra civile non può essere vinta, come ti è stato detto. Devi solo scegliere le due anime "più adatte" perché il sacrificio vada a buon fine. Questo, almeno, quello che ti chiedono i saggi. In realtà tu puoi interpretare liberamente: puoi fare domande, puoi fare supposizioni o altro. Sta a te decidere. Dimmi in confronto cosa fai ed io ti dirò quando fermarti.

Ordine. Garrett e Montu combattono per primi, quindi i post di, rispettivamente, Morpheus ed Ainwen, dovranno arrivare dopo. Se riuscite a postare in coppia, tanto meglio. Aang può postare quando vuole.
Tempi. Fino a lunedì 17 marzo, ore 23.59. Aang ha 3 giorni dallo stop in confronto, non oltre mercoledì prossimo - comunque.
 
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icon6  view post Posted on 15/3/2014, 23:34
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Parlato Montu
*Pensato Montu*





Il gruppo si ritrovò in un'immensa caverna sotterranea, la luce filtrava dall'alto, troppo in alto per poter costituire una via di fuga.
Forse avevano raggiunto la collina sopra cui si trovava il Tempio, la loro mèta... Il problema è che si trovavano svariati metri sotto terra, e non sembrava esserci una via per raggiungere la superfice. Secondo il Fantasma, giunti ad un punto morto, sarebbero dovuti tornare indietro, ma la loro via era chiusa, e Montu sperò che più avanti ci fosse un altro canale che li liberasse da quell'inferno. Dovevano solo uscire, i nervi non avrebbero retto ancora a lungo, le spade tremavano incontrollabilmente nelle mani dei mercenari.
Si fermò un attimo a guardarli, erano sporchi di sangue, il loro o delle orribili creature che avevano affrontato fin lì. Montu stesso aveva la tunica appiccicosa, con macchie nere di sangue rappreso.

Ombre indistinte si muovevano dall'altra parte della caverna. Prima che il Demone potesse metterle a fuoco il soffitto si tinse di rosso, nubi di temporale si ammassarono sotto la nuda roccia, nascondendola alla vista. Lo spiraglio di luce si trasformò in una pallida Luna piena. Le urla riempirono le orecchie di Montu, vedeva davanti a lui l'esercito regolare di Lithien schierato, nelle armature argentate che riflettevano i fuochi degli incendi. I palazzi appena apparsi a sostituire le pareti di roccia erano in fiamme, ogni vetro era infranto.
I soldati scelti avanzavano verso di lui. Gli scudi erano imponenti, recavano lo stemma della città, l'affilatura delle spade incuteva timore perfino da quella distanza. Avanzavano, sembravano quasi non vederlo, sembrava essere un uno, nella massa. Ma dov'era la massa?
Grida feroci, disumane, gli diedero la risposta. Si voltò, e il popolo di Lithien era dietro di lui, i volti deformati dalla furia omicida, le bocche, bagnate di sangue e saliva, storpiate in orridi ghigni. Impugnavano torce, bastoni, forconi, spade rubate ai soldati uccisi. Scagliavano pietre verso gli scudi alzati dell'esercito. Lanciavano pietre contro lo stemma dorato. Lanciavano pietre contro Lithien. Lui doveva combattere per loro.
*Perchè?*
La fanteria pesante di Lithien caricò il suo stesso popolo, si scontrarono fratelli, figli della stessa città, si incrociarono occhi che avevano riso dietro lo stesso fuoco. I soldati correvano con spade e lance sguainate. Montu, quasi istintivamente, senza volerlo, alzò un braccio e poi lo abbassò in direzione della carica. Un segnale.
*Per cosa?*
Dalle finestre spalancate, dai vicoli laterali, apparvero creature mostruose: Chimere, Manticore, orride ed enormi Anaconde. L'impatto fra i due schieramenti fu terribile: in pochi attimi la strada si riempì di sangue, i cadaveri erano incalcolabili. I soldati erano fatti a pezzi dalle fiere, i cittadini indemoniati venivano decapitati dai soldati, e Montu non vedeva altro Lithien che divorava sè stessa.

Era più in alto rispetto al massacro che si compiva davanti i suoi occhi. Guardò le sue mani, una bianca, l'altra nera. Portava un'armatura finemente decorata, d'acciaio temperato, che non portava nessun segno di battaglie passate. Sul suo petto troneggiava l'emblema di un dio sconosciuto. Ianus Bifrons era scritto in caratteri d'oro sopra una testa inquietante, che presentava due volti opposti.
Si toccò il volto e si rese conto di indossare una maschera sulla metà sinistra del volto. La tolse per osservarla, era bianca, inespressiva, senza lineamenti... Sapeva che doveva portarla, la sentiva come una parte di sè, così la indossò di nuovo.
Un soldato lo aveva raggiunto, quasi lo colpì alle spalle, ma due cittadini, completamente nudi, gli si gettarono addosso, cominciando a mordergli le braccia e il collo. La spada era finita lontana dal soldato, che però a pugni riuscì a fracassare il cranio di uno dei due cannibali, scaraventando l'altro lontano facendo leva sulle gambe. Si rialzò, afferrò la spada e trafisse il cannibale tornato alla carica, che continuò a muoversi ferocemente, come se non sentisse dolore, finchè la vita non abbandonò il suo corpo.
Sporco di sangue, con gli occhi sbarrati dall'adrenalina, il soldato puntò la spada verso Montu.
Il Demone in tutta risposta alzò il braccio, le dita simulavano la forma di una pistola, puntata verso l'uomo che aveva di fronte.
Tu... Non sei... Nessuno! *Chi sono io?*
Una sentenza... Che nemmeno l'Eterno sapeva il motivo per cui era stata pronunciata. Una sentenza di morte. Il soldato lasciò cadere la spada, si inginocchiò, ed estratta la pistola se la puntò sotto il mento... Piangendo in silenzio premette il grilletto, e sparse frammenti di osso e cervello sulla strada.
Il Demone sorrise guardando la sua mano, ma di ironica paura: un solo dito aveva ucciso quell'uomo, ma c'erano tre che puntavano sè stesso.

In cuor suo Montu sapeva che il suo bersaglio era un altro, sentiva che la causa di tutto ciò che stava accadendo era solamente una persona... Una persona che l'aveva accompagnato fino a quel momento, che l'aveva aiutato a giungere in quel punto... Dove doveva compiersi il suo destino. Si guardò intorno cercando la sua figura nella battaglia, poi la vide, poco distante da lui... Gli sembrava diversa da come la ricordava: sembrava non possedere più quei lineamenti che l'avevano colpito una vita prima, all'imboccatura del canale; non era più la fanciulla da difendere anche a costo della vita, ma il mostro da distruggere, per salvare *o condannare?* la città!
AINWEEEEEEEEEN! *Montu, NO!*
Non si mosse dalla sua postazione, la posizione leggermente sopraelevata gli dava un vantaggio strategico.
Accanto a lui comparve una Manticora, che iniziò a correre verso la ragazza, falciando il terreno sotto le zampe artigliate... Ruggì nell'aria fredda della notte, illuminata dagli incendi che si erano estesi in tutta la città. Due cittadini corsero insieme alla bestia, ma vennero presto distanziati... Tutti erano diretti verso un unico obiettivo.
Non bastava... Non poteva bastare, aveva visto di cos'era capace, DOVEVA ANNIENTARLA! *Ora fermati!*
NO! Gridò a sè stesso. AINWEN la sua voce sovrastava i suoni della battaglia ORA... MORIRAI!
Il braccio sinistro era disteso, la mano guantata di nero era aperta verso Ainwen, la mano destra, bianca, era appoggiata sull'elsa della spada che portava al fianco.



Energia: 70 -10 -20 =40%
Status Fisico: Danno da caduta alla gamba destra (Medio); Affaticamento per la proiezione dell'incubo (Basso)
Status Psicologico: Paranoia (Basso); Sforzo mentale per proiettare l'incubo (Medio)
CS Forma Umana: +1 Intelligenza

Armi:
Spada: Riposta sul fianco sinistro
Pistola: Riposta (5 colpi)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
Foglie Urticanti

Tecniche Utilizzate:
Abilità Psionica: All'araldo basterà riuscire a vedere il proprio bersaglio per sfogare il suo potere. La mente della vittima si immobilizzerà, come tutto intorno a lei, e sarà proiettata all'interno della sua stessa mente, dove combatterà il dubbio che aleggia sulle sue scelte. La sua voglia, il suo istinto ad agire, sarà frenato dal pensiero di agire nel torto. Si chiederà perfino se quello che sta succedendo fuori dalla sua mente non sia una Menzogna partorita dalla sua psiche.
Potenziale: Alto

>>Effetto attivo: spendendo un consumo pari a Medio, il personaggio è in grado di sfruttare la propria capacità per richiamare una creatura di esigua potenza, che avrà la funzione di suo spirito guardiano personale. La creatura richiamata, quindi, si genererà attorno a se, o comunque ad una breve distanza. Il suo aspetto potrà essere il più vario, ma confacente alla specie, o alla razza, prescelta al momento dell’inserimento del dominio in scheda. Pertanto, essa potrà rispecchiare la tipologia di creature fantastiche come fate, o creature mostruose come arpie e draghetti, sino ad animali reali, o esseri umanoidi. L’importante è che rappresenti un’entità di bassa potenza della specie, tipo o razza prescelta. Il numero delle creature evocate contemporaneamente dipenderà direttamente dalle dimensioni del guardiano – più l’evocazione sarà grande, meno di essa sarà possibile richiamare con uno stesso consumo; viceversa, più sarà piccola, più se ne potranno richiamare. La forza della somma degli spiriti evocati è pari a 2 CS, e resteranno sul campo per un totale di due turni compreso quello d’evocazione, svanendo al termine del secondo, se non richiamati in precedenza. Non vanno trattati auto conclusivamente. La tecnica ha natura di evocazione.
Una Manticora evocata avrà +1 CS in Velocità e +1 CS in Forza

Note: Piccola scena introduttiva, poi una volta proiettati nell'illusione uso due dei miei quattro soldati disponibili per difendermi dall'attacco di un soldato (non è una mossa furba, ma contando i due slot che avrei utilizzato, e l'evocazione, non volevo mandare troppe creature all'attacco di Ainwen). Una volta trovata Ainwen sul campo di battaglia richiamo la sua attenzione (distiamo una ventina di metri l'uno dall'altra) per poi evocare una Manticora e scagliargliela contro insieme ai miei due cittadini rimasti. Non contento, prima che le tre creature giungano a bersaglio, casto la Psionica approvata in confronto (con il particolare della bestia rimosso, quindi rimane la classica difesa dalle Psioniche per scamparla).
 
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view post Posted on 18/3/2014, 00:52

Hear me Quack!
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Ancora una volta il sogno, il ricordo, in cui Garrett era precipitato, svanì. Nella memoria del ladro i ricordi erano vividi e veri come quelli di una vita passata e dimenticata.
Veyia era morta, il Ratto tornava a vivere.
La gioia di ritrovarsi nel proprio corpo era paragonabile solo a quella provata quand'era bambino, dopo aver rubato del pane caldo appena sfornato o un frutto fresco, quel tipo di gioia semplice ma grande, la gioia di essere lì per godersi il momento.
Ma il tempo dei festeggiamenti fu di breve durata.
Un lavoro doveva essere portato a termine, una guerra doveva essere combattuta.
Tutto quello che era successo era stato una distrazione sufficiente, troppo a lungo qualcuno si era preso gioco di loro.
Il sogno era finito, le trappole erano solo un brutto ricordo, quando, infine, il gruppo si ritrovò in un enorme sala vuota.
Erano arrivati al centro delle fogne, nel cuore stesso della montagna che sorreggeva la città.
Nulla, vuoto, ombra a perdita d'occhio e qualcosa nell'oscurità sembrava muoversi; il silenzio regnava incontrastato e nelle orecchie sibilava un fischio, come se il cervello cercasse un rumore a cui aggrapparsi; l'odore delle fogne sembrava essere un ricordo, sostituito dall'aria pesante che sembrava esser stata intrappolata lì sotto per chissà quanto tempo.
Eppoi, d'un tratto, quel vuoto si iniziò a riempire.
Una città intera apparve dal nulla e si ergeva davanti agli occhi di Garrett, inorridito a quella vista.
La città appena sorta era un enorme campo di battaglia.
L'odore del fumo e del sangue riempivano le narici, le urla strazianti e il clamore della battaglia frastornavano e inibivano l'udito, in bocca il sapore della polvere.
Persino gli abiti del ladro erano cambiati e, ora, vestiva un'armatura, sporca e macchiata, il mantello era ormai una cappa vecchia e stracciata, tutto faceva pensare che il Ratto avesse combattuto chissà quante battaglie ed ucciso chi e questo lo disgustava.
Un'altra illusione stava colpendo i sensi dei presenti, ancora una volta, il ladro si trovava ad esser la pedina di qualcun altro, in un gioco che non voleva più giocare. Eppure non c'era una via di fuga, non poteva sottrarsi a quell'oscura trama di una tragedia protratta troppo oltre.
Eppure, qualcosa si era insinuato nel cuore del giovane, una grinta inaspettata bruciava intensamente. Il richiamo alla battaglia era più forte del codice morale che si era imposto. La rabbia era rivolta verso il suo compagno, il guerriero.
All'improvviso, quell'uomo con cui aveva condiviso molte peripezie, divenne colpevole di infiniti crimini, persino il sangue che ora macchiava le mani del ladro, sembrava esser stato tutto a casa sua.
Non c'era nulla di razionale in quel ragionamento, persino il Ratto non era più quello che era sempre stato.
Come colto da follia, il ladro portò le mani insanguinate al volto, pitturando gli occhi e la bocca i rosso.
Non potendo più resistere all'ironia di tutto ciò che stava accadendo, infine, urlò:

"Dobbiamo dare un taglio a questa pagliacciata!"


La risata che ne seguì, fragorosa e isterica, non era che il crollo di un uomo che da sempre si era imposto delle regole che non potevano più essere rispettate nel nuovo mondo.
Alle sue spalle, due copie esattamente identiche apparvero, posizionandosi immediatamente al suo fianco.
I tre si rivolsero verso il compagno, il guerriero arrogante avrebbe dovuto dimostrare le sue capacità.
Imbracciarono l'arco, tutti e tre contemporaneamente, prendendo la mira.
Tre colpi furono scoccati e si mossero rapidi in direzione dell'avversario, ognuno con un obbiettivo diverso. L'unica freccia reale puntò verso la testa, al petto, all'altezza del cuore.
Gli unici sprazzi di lucidità del ragazzo erano rivolti ad un solo obbiettivo: uccidere.
Difficile dire se fossero sentimenti reali o solo uno strano effetto di quel posto, l'unica cosa che contava era far fuori il nemico.
I tre, poi, si mossero. Ognuno prese una direzione, quasi guidati ognuno da volontà propria, muovendosi verso il guerriero. Il Ratto incrociò le copie, nel tentativo di distrarre il nemico, per poi dirigersi rapidamente al suo fianco sinistro. Gli altri due, invece, attaccarono l'uno frontalmente, l'altro al fianco sinistro, creando un accerchiamento.
Garrett, estratto rapidamente il pugnale, mirò appena sotto la dodicesima costola, muovendo con rapidità e precisione incredibile l'affondo.


CITAZIONE
Energia: 60%
Fisico: Danno medio alla schiena; danno alto al petto.
Psiche: Danno medio (infuriato).
Abilità e Tecniche: Vista perfetta, Ratto, Abilità Bonus (passive)
Inafferrabile (attiva)


Inafferrabile ~
Ciò che rende Garrett un ladro straordinario sono le sue capacità elusive e la destrezza al limite dell'impossibile: niente può trattenerlo, nessuna porta risulta chiusa, nessuno scrigno è inviolabile. Dotato di straordinaria agilità e destrezza, infatti, non esiste attacco che non possa evitare. Inizialmente addestrato a schivare qualunque tipo di proiettile, le sue capacità gli permettono, con il giusto impegno, di evitare anche attacchi lanciati da potenti maghi o guerrieri portentosi.
Inoltre quest'abilità, in virtù della destrezza e l'elusività in suo possesso, permette al giovane ladro di scassinare lucchetti e serrature senza troppa difficoltà se non protette da particolari vincoli magici, grazie all'utilizzo dei grimaldelli.
Costo: Variabile (abilità personale)

Vista perfetta ~
La protesi meccanica che sostituisce l'occhio destro del ladro ne migliora la vista, amplificandola e rendendola simile a quella di un gatto. Grazie a questa caratteristica riesce a vedere bene anche in condizioni di visibilità non ottimali o con poca luce. La vista migliorata, inoltre, permette a Garrett di prendere la mira con precisione e di poter seguire il bersaglio anche se visibile solo in parte, riuscendo a calcolare con precisione le distanze.
(Passiva Razziale: Mezz'elfo + Passiva Talento: Tiratore I)

Ratto ~
La facilità con cui il ladro è sempre riuscito a superare gli ostacoli gli è valso il soprannome. Come per tutti i professionisti, però, un soprannome va mantenuto e per far questo Garrett ha migliorato le proprie capacità d'infiltrato, grazie ad alcuni gadget di sua invenzione: egli può scalare ogni muro e restare aggrappato ad ogni superficie, anche sfidando la legge di gravità, scivolare sull'acqua, sfruttando la tensione superficiale e, in casi estremi, planare. Passare inosservati significa soprattutto usare la porta sul retro.
Costo: Passiva
(Pergamena Ladro: Sostegno)


Abilità Bonus
Il PG crea due copie illusiorie di se che agiscono in modo simile con piccole differenze. In sostanza, ad un movimento del PG corrisponde un movimento del clone, che si sposterà in una direzione diversa per confondere l'avversario. Ad un attacco, corrisponderà lo stesso tipo d'attacco (con la stessa arma) ma portato in un punto diverso del corpo; i cloni riprodurranno anche le tecniche, le quali non faranno danno. Se uno dei cloni colpisce, il dolore sembrerà vero, senza arrecare alcun danno.
La tecnica due turni.
Costo: Alto

Elemento Sorpresa ~
Un ladro che si rispetti ha sempre dalla propria parte un fattore che in molti casi può risultare vincente: la sorpresa. Addestrato a sfruttare le debolezze nemiche, il giovane non esiterà ad affondare la propria lama nelle carni dell'avversario e ferirlo alla prima distrazione, provocando una ferita circoscritta ma profonda.
Costo: Medio
(Pergamena Ladro: Attacco Furtivo)


NoteAttacco Morpheus usando entrambi gli slot a mia disposizione, evocando prima le copie illusorie e scoccando una freccia, poi, attaccandolo corpo a corpo con un'abilità media.
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 19/3/2014, 16:13




Per qualche secondo, Aang riuscì a vedere tutto.
Libero da qualunque impedimento, spogliato di qualunque illusione o inganno, il suo sguardo andò lontano. Vide con forza incredibile le anime degli uomini che lo avevano seguito, scosse e tremolanti da quella situazione a cui non sarebbero mai stati preparati. E il suo sguardo, libero di osservare qualunque cosa, oltrepassò pareti antiche e luoghi dimenticati finchè non raggiunse colui che cercava. Occhi acuti si piantarono nei suoi, e il monaco seppe che lui - il suo, il loro futuro nemico - sapeva. L'uomo sembrò quasi lasciarsi andare alla soddisfazione: essere stato trovato sembrò soddisfarlo, renderlo fiero di lui, come un padre severo con un figlio ancora piccolo ma incredibilmente dotato. Un figlio che però non aveva ancora finito di essere messo alla prova. Incredibilmente Aang riusciva ad ascoltarlo, e per sfortuna le sue non furono parole di pace o di speranza. Il monaco sentì il proprio cuore farsi più pesante, mentre quella visione di verità spariva al suo sguardo e sprofondava nel nero della notte più buia.

Tutto ondeggiò di fronte a lui, come se si trovasse a galleggiare sopra uno stagno in una notte senza luna nè stelle. Un'onda di irrealtà gli diede un senso di nausea che lo mise in allerta, ma che non lo preparò a ciò che accadde subito dopo. La sua realtà venne semplicemente sostituita: tutto ciò che vedeva di fronte a lui, come se non fosse nient'altro che un lenzuolo riposto lì per capriccio, venne spostato. Potè quasi vederne i lembi, nell'improvviso chiarore dei bracieri prima spenti. Assieme alla luce giunse il calore, poi la comprensione. Non era riuscito a difendersi, non era riuscito a spingere il suo nemico ad un confronto diretto. E ora si ritrovava nei panni di qualcuno che non avrebbe mai conosciuto.

« Sei giunto, infine, Lukas »

Di fronte a lui si trovavano ora gli Anziani di Lithien, coloro che si stavano opponendo ai Saggi con tutta la loro forza. Inspirò a fondo l'aria di quei ricordi, accorgendosi in quel momento di non essere Aang il Monaco. Abbassò lo sguardo, deglutendo a fatica: le mani gli tremavano, piagate e ingrigite dal passare dei decenni. Le mosse lentamente, come per scuoterle dal loro torpore, dal peso dell'età a cui non era abituato. Nel farlo i suoi occhi caddero sul riflesso di se stesso impresso nel marmo sotto di lui. Con un colpo d'occhio osservò la pelle piena di rughe, i radi capelli bianchi, le profonde occhiaie violacee, la tunica che un tempo era stata bianca e che ora era solo il rivestimento della sua sofferenza. Soffrivano, Aang e Lukas, come se fossero un unico essere. Il monaco sapeva cosa avesse passato quel vecchio smagrito, quali terribili torture avesse dovuto sopportare. E quando gli anziani nominarono il nome della moglie, della loro amata, qualcosa dentro di lui ebbe un fremito. Un dolore che era anche vendetta e assieme risolutezza. Aang rimase sconvolto dalla forza d'animo di quell'uomo, dalla profondità del suo dolore. Era come osservare una bara di metallo, abbandonata sotto la pioggia scrosciante: indistruttibile fuori, ma morto dentro.

Osservò quello che accadeva all'esterno con lo sguardo duro di chi ha visto nella sua vita tutto ciò che non avrebbe voluto vedere. Focolai di guerra si alzavano da tutta Lithien, rendendo la città un tempo stupenda una cloaca di morte e distruzione. Tornò rapidamente a guardare gli anziani, distogliendo lo sguardo da quella vista dolorosa. Sapeva che i Saggi avevano oltrepassato da tempo ciò che era nei loro poteri, arrogandosi un diritto che nessuno poteva possedere. E quello era il risultato: quante volte Aang avrebbe dovuto vedere la stoltezza e la cecità degli essere umani? Quante volte avrebbe dovuto vedere il forte massacrare il debole per la propria arroganza, o per la propria sete di potere? Aang sentì che il cuore del vecchio batteva velocemente, ma con potenza. Era un rimbombo costante nel petto magro: un martellare incessante che era sintomo di forza, ma che qualunque cosa avrebbe potuto spezzare. E ora gli anziani gli chiedevano di fare un sacrificio: per loro, per Lithien. Per salvare il popolo che era sempre stato innocente, per lavare le loro mani dal sangue di coloro che non erano riusciti a salvare.

Aang avanzò di un passo verso di loro, rabbrividendo nella sua tunica sporca.

« Perchè altri, e non noi? » - disse, indicando gli uomini attorno al tavolo.
« Perchè loro, e non voi? » - concluse, puntando il dito verso le vetrate e la devastazione che coprivano a malapena. Un'accusa sottile, ma potente come una palla di cannone.

La risposta, la scusa, non tardò ad arrivare, debole ma forte come Aang si era aspettato.

« Perché le nostre anime non valgono nulla, Lukas »
disse l'anziano che li rappresentava - « Il potere che loro contengono non è paragonabile al nostro, pressoché nullo »

Aang sentì una parte della forza che lo aveva animato abbandonarlo, e lasciò che le braccia smunte gli cadessero lungo i fianchi. Anche se nel passato, anche se in un altro luogo, la storia si ripeteva. Doveva fare un sacrificio, e non importava se questo comportava altro dolore, altri rimorsi. Quel peso andava preso sulle spalle, e lui non si sarebbe tirato indietro.
Mosse lo sguardo verso le vetrate, avvicinandosi finchè non potè poggiare la mano sul vetro. Era freddo e lo fece rabbrividire fino al profondo della sua anima. Si era sentito allo stesso modo quando Shakan aveva poggiato sulle sue spalle il peso della responsabilità, e lui non si era tirato indietro. Nemmeno per un attimo aveva pensato di fuggire, lasciando ad altri o, peggio, a nessuno quel compito.

Era inevitabile, lo sapeva. La storia si sarebbe ripetuta, e l'unico a soffrirne sarebbe stato lui. E Lukas.
Vide con occhi freddi una bestia alata dalla testa leonina salire con scatti agili su un palazzo, tenendo tra le fauci quello che sembrava un soldato. Lo lanciò in aria con un gesto rapido della criniera leonina, afferrandolo al volo con i denti affilati. Aang non poteva vedere i dettagli o sentire le urla di quel soldato, ma poteva immaginarsi lo schiocco secco della colonna vertebrale che si spezzava, e le grida di pietà dell'uomo che scemavano nell'oblio della morte, mentre la sua vita scorreva via come un ruscello troppo poco impetuoso per arrivare fino al mare.

Aang e Lukas con lui si voltarono verso gli anziani. La decisione era stata presa.
Il monaco scelse dei nomi dalle memorie del vecchio, sapendo che quello che stava vivendo era già accaduto, e che lui non avrebbe potuto cambiare le sorti di quella Lithien.

« Allora che... Veiya e l'araldo del Saggio della Conoscenza prestino le loro anime a questo sacrificio. »
Una pausa e un respiro.
« E anche la mia, perchè il mio sacrificio possa redimere me che non sono riuscito a fermare tutto questo. »

Ti vedrò presto, amore mio...

Li guardò con severità uno per uno, affinchè non dimenticassero.
Perchè Aang non avrebbe dimenticato che in quel luogo, che in quella Lithien perfetta in cui ai mortali era stato fatto dono del potere degli dei, tutto era caduto per mano degli uomini.



Diario del Monaco
Comprensione





Cs totali: 5 (2 in Tenacia; 2 in Costituzione; 1 in Intuito)
Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~ Mortale 80%

Energia attuale: 20%
Consumi utilizzati: //

Condizioni fisiche: Danno Medio alla gola.
Condizioni mentali: Danno Basso da paranoia + Danno Alto

Bastone del Manipolatore: mano sinistra.
Balestra: 15/15 - assicurata alla cinta.



Passive in uso:

CITAZIONE
Riassunto Passive
Studio: Passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% di energie. + Passiva personale, resistenza alle condizioni ambientali e alla fatica. + Passiva personale, difese ad area uguali al consumo + Amuleto dell'Auspex, percepisce le auree attorno a lui. + Discendenza arcana, guadagna 2 CS in Intuito ogni volta che un avversario usa una tecnica magica. + Prime due passive talento Guaritore, guarigioni pari al consumo e possibilità di curare corpo e mente.
L'Immortale indica la via: Sopportazione di due mortali psionici + Immunità al dolore psionico.
Le braccia della mamma: Difese inconsce.
Il bacio della mamma: Guadagna 2 CS in Prudenza ogni volta che usa una tecnica di cura.

Attive in uso:


Azioni:

Come descritto in confronto, Aang/Lukas decide di sacrificare i personaggi interpretati da Ainwen e Garrett, oltre che Lukas stesso.

Note:

Eccomi! :v:

 
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view post Posted on 20/3/2014, 00:19
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Mano nella mano, un passo dopo l’altro, verso la luce in lontananza. Il pericolo era lontano, eppure le sue dita erano strette in quelle del grosso mercenario. Qualche passo dietro di lui, si lasciava guidare. La bambola appoggiata contro il petto vedeva solamente le loro schiene, nel suo cuore pareva scorrere un liquido tiepido e vischioso, la consapevolezza di avercela fatta, di averli riportati indietro. Erano talmente vicini che poteva quasi sentire la brezza fresca soffiarle sul viso. Solo una stanza, una soltanto.
Mise piede in quella nuova oscurità, inspirò di nuovo l’aria stantia. Eppure il mondo intorno a lei cominciò a cambiare, come se un sipario le si stesse aprendo davanti. L’uomo che le teneva la mano si irrigidì, mentre la mano libera gli correva all’elsa della spada. Prima erano solo alcune case dai muri sporchi di sangue e fuliggine. Poi vennero le fiamme, quasi fossero state aggiunte dalle pennellate frettolose di un pittore distratto. Salivano verso l’alto, verso un cielo che non avrebbe dovuto esserci.
Era tutto sbagliato. La ragazza lo pensò, rendendosi contemporaneamente di non poter sfuggire a quel mondo che le nasceva attorno.
Tra gli edifici iniziavano a muoversi ombre sfilacciate, residui di sogni senza volto. Sugli occhi di vetro della bambola parevano incurvarsi come se fossero fatti di carta. Prendevano forma con lentezza esasperante, tanto che Ainwen si trovò a desiderare che tutto avvenisse più in fretta. La paura le stringeva la gola, come se davvero la fuliggine le stesse impedendo di respirare.
Erano uomini e donne, soldati e bestie. Eppure non lo erano, in loro c’era qualcosa di oscuro e corrotto. In loro c’era la malattia da cui erano stati messi in guardia all’inizio del viaggio: li aveva trasformati in creature mitologiche, in bestie irragionevoli. Si azzannavano con i propri fratelli, con coloro che avrebbero dovuto proteggerli. Il fuoco scintillava sull’acciaio, le spade saettavano come lampi tranciando arti e teste, il sangue pareva essere diventato come pioggia.
L’Oracolo trattenne il fiato.
E’ già avvenuto.
Lo capì come se per un istante avesse riguadagnato la visione. Non era il presente, non era nemmeno il futuro. Risplendeva con la luce cupa del passato, come il sole al tramonto dietro le inferriate di una prigione. Era già stato eppure dovevano riviverlo. Come se non si accontentasse di essere vissuto una volta, come se non fosse sufficiente aver ingoiato quella città e bisognasse morire e combattere, soffrire e bruciare ancora e ancora.
Strinse la bambola contro di sé. Sapeva che l’avrebbero notata, con quel corpo sottile e gli occhi inerti simili alle pietre bianche del selciato. Era una preda troppo facile per la loro fame. Si fece più vicina all’uomo che già una volta l’aveva protetta, ma lui pareva essersi dimenticato della sua presenza. Come rapito guardava il loro compagno, quello che aveva lottato come un demone avvolto dalle fiamme, quello che li aveva guidati. E che ora era diverso, era un altro. Nel suo sguardo c’era la follia e nei suoi tratti il bacio malato della morte.
Le puntava contro il dito e gridava una condanna. Perché la maledizione di quel luogo non poteva permettersi di lasciarla vivere. Perché non ci si può fidare del cuore degli uomini, mai, nemmeno dei migliori. Figuriamoci di gente come loro, talmente disperata da gettarsi tra le fogne buie di una città dimenticata.
Si chiese se gli dispiacesse almeno un po’ tentare di ucciderla. Socchiuse gli occhi. Si chiese se le sarebbe dispiaciuto rompergli le uova nel paniere. Sorrise, la smorfia della bestia in trappola.



Spero tu abbia un’idea m’am”.



Non pareva nemmeno la voce dell’omone, tanto era soffocata dalle grida e dal clangore della battaglia. Ainwen sentì che gli tremavano un poco le dita. O forse era lei a essere scossa così violentemente dalla paura. Si rese conto che stava battendo i denti. Eppure voleva farcela, voleva uscire di lì. Nonostante la debolezza che le suggeriva di fermarsi, di lasciarli fare, di cadere vittima di quell’illusione.
E’ già successo.
Avrebbe potuto rassegnarsi e lasciarlo accadere ancora e ancora. Un goccia di dolore in più o in meno non avrebbe scosso il mare.
Ma una parte di lei voleva uscire. Non voleva chiudere gli occhi e afflosciarsi come una bambola dal corpicino infranto. Il cuore le batteva forte, come se fosse risalito direttamente in bocca.
Liberò la mano dalla presa che la stringeva e fece un passo avanti, trovandosi in mezzo ai due uomini. Erano loro tre, soli contro quell’inferno. E lei era il peggiore condottiero che potessero desiderare. Sperò che si salvassero, perché non era abbastanza coraggiosa da morire a testa alta.
Due uomini correvano verso di lei, le bocche spalancate e sottili rivoli di sangue come tracce di rossetto sbavato. Davanti a loro qualcosa di abominevole balzava verso di lei. Il suo volto era distorto in un ruggito, non era difficile leggerle dentro tutto l’odio di una bestia a caccia. Non avrebbe lasciato fuggire quella debole umana, non le avrebbe lasciato il tempo di spiegare.



Occupatevi della bestia”.



I due uomini annuirono, le spade già in mano. Si pararono davanti a lei, intercettando la bestia quando tentò di colpirla la prima volta. Interposero la loro spada ai suoi artigli, si fecero avanti per cercare di colpirla e affondare le loro lame nel suo corpo muscoloso. Avrebbero combattuto per lei, perché lei era troppo debole per maneggiare veramente un’arma.
E anche lei avrebbe combattuto per loro, con la forza della paura. Guardò negli occhi quelle creature non più umane che arrancavano, un poco più lente della fiera. Sfoderò il coltello con cui sapeva che non sarebbe neppure riuscita a sfiorarli.
Patetica.
Incurvò la schiena, quasi stesse veramente per accusare il colpo. Ma quando il primo saltò in avanti quella fanciulla troppo fragile per essere una guerriera si limitò a fare un passo indietro. La sua gonna frullò come le ali bianche di un gabbiano e le zanne strinsero solamente l'aria densa. Un sorriso stanco fece eco al grido di disappunto dell’abominio, che rimase immobile qualche istante, come instupidito. Pochi secondi, sufficienti per concedere ad Ainwen di non perdere di vista l’altra creatura. Quando tese gli artigli per affondarglieli nel fianco le apparve lenta, quasi prevedibile. Le bastò ruotare un poco di lato, come in una danza.
Mulinò maldestramente la lama, nel tentativo goffo di colpirlo alla gola. Non sarebbe bastato, ne era sicura, e quindi lasciò che la luce emanasse dal suo corpo. Una luce gelida, tagliente come una spada. Una luce chiarificatrice.



Combattere è inutile”.



Lo constatò, alzando la voce perché il suo compagno fino a poco prima potesse sentirla. Perché si fermasse in tempo. La veste si gonfiò, mentre ruotava su se stessa per allontanarsi a sufficienza da entrambi i suoi aggressori. Una fitta alla milza la avvertì che non sarebbe riuscita a resistere ancora per molto, lungo il fianco insieme al dolore salì un’onda di panico. Dovevano fermarsi, tutti quanti, o nessuno sarebbe uscito da quella stanza.




Perchance to Dream

Cs. 4.[Astuzia] 1.[Intuito]*
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Mediox1) - (Altox2) - (Altox1) - (Mediox1)= 36%
Fisico. Un danno basso ripartito tra una botta alla spalla e contusioni lievi sul viso
Mente. Danno Basso + Alto

Armi. Coltello



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Allucinazione: Il mentalista irradierà una potente onda mentale, che disturberà la vista degli avversari nelle sue immediate vicinanze.
La tecnica ha natura psionica. In seguito all'onda mentale emanata dal caster, i nemici nelle vicinanze verranno colpiti da una luce accecante, o immersi nelle tenebre più profonde. Questo effetto priverà gli avversari per brevi istanti della vista, e infliggerà un danno Basso ad area da confusione. La tecnica può essere personalizzata al fine di rendere l'effetto psionico non come frutto di un potere mentale proprio del mentalista, ma attraverso l'uso di droghe, stupefacenti, gas o veleni di sorta.
Consumo di energia: Medio


.Riassunto.



Ainwen è ovviamente abbastanza stupita dal fatto che sia proprio il suo fino a poco prima compagno di viaggio ad attaccarla. Inoltre è abbastanza affaticata (dopo tutto le resta solo il 40% delle energie) ed è abbastanza provata dal lungo percorso. Queste sensazioni, insieme alla paura, rappresentano il modo in cui subisco la tecnica psionica (anche se non ne subisco l'effetto specifico grazie alla mia passiva).
Dopo di che fronteggio gli attacchi che mi vengono rivolti. Contro la manticora, la prima ad arrivare, mando i due mercenari che mi sono più vicini. Ipotizzando che abbiano più o meno le stesse CS faccio parare loro il colpo (probabilmente uno subirà una ferita da taglio, anche perchè hanno già dei danni dalla precedente battaglia e quindi potrebbero essere un poco più lenti della manticora che è fresca). Rispondono cercando di affondare le spade nella schiena dell'animale o almeno di ferirlo.
Nel frattempo Ainwen è alle prese con i due cittadini mostruosi, arrivati poco dopo. Il primo tenta di balzarle addosso e attaccarla, ma lei si sposta semplicemente indietro (sfrutto la differenza di CS). A questo punto, avendo guadagnato qualche secondo per aver preso in contropiede il primo degli avversari, evita l'altro all'ultimo. Nel frattempo cerca di colpire la seconda creatura con il coltello (immagino sarà piuttosto inutile, ma è una reazione istintiva del pg, che stringe l'arma). Casto anche la tecnica Allucinazione, sperando di accecare le due creature (e forse anche la manticora, ma non so se sia abbastanza vicina ^^)

.Altro.



Spero di aver interpretato correttamente gli attacchi che mi hai rivolto ^^. Buon post a te.

 
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view post Posted on 20/3/2014, 01:06

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Gli ultimi ricordi di Lukas si affollarono nella mente del dragone prima che tutto cambiasse nuovamente.

Il vecchio; la guardia; Veya; tutti erano morti.
Solo lui, Lukas, si era salvato da quella strage.
Ma, infondo, era come se non esistesse già più.

I tre Saggi erano creature spietate, restii ad abbandonare i loro scranni d'oro, troppo legati al potere temporale per privarsene. Quegli ultimi istanti di quel ricordo nebuloso eppur stranamente vivido, seppure non gli appartenesse, gli rimbalzarono da una parte all'altra della sua mente, sconvolgendolo nel profondo. Aveva mischiato le sue emozioni con quelle di un'uomo, aveva guardato attraverso i suoi occhi e, attraverso i suoi occhi, aveva conosciuto l'ingiustizia e la perdita d'un amore caro.
Aveva visto una storia, una storia diversa di cui, senza capirne il motivo, si era trovato in procinto di scrivere il finale, o semplicemente di prendervi parte.

Era stato vittima di un’illusione che ne aveva generata un’altra. Aveva vissuto un nuovo sogno, fin quando non si ridestò completamente.
Arrivarono in una nuova stanza e, come un cliché consolidato, anche questa prese a cambiare dinanzi a lui.
Erano immersi nuovamente nella vecchia Lithien, d’istinto si guardò le mani per capire se esse fossero le sue o ancora quelle di Lukas, con sollievo si rese conto di essere ancora nel suo corpo. Dinanzi a lui si spiegava una guerra civile, il clangore del metallo rimbombava tra le pareti della stanza, divenuta ormai un campo di battaglia. Sopra le sue teste il cielo celeste sostituiva il freddo soffitto di pietra.
Fiamme e fuoco divampavano tra le case, mentre orde impazzite di civili si scagliavano con forza contro i soldati. Morpheus rimase immobile dinanzi a quella visione, era chiaro ormai, come quelle cose fossero davvero accadute, tuttavia non riusciva a capire il senso di tutto quello. Pareva come se la galleria fosse pregna di ricordi, come se quegli accadimenti si fossero radicati talmente tanto nel profondo di quelle mura, di quella pietra, che ora avevano quasi preso una vita propria. Morpheus guardava la guerra civile senza provare emozioni. Era dinanzi a uno spettacolo magnificente, a una guerra spettacolare. Riusciva a carpirne le emozioni dei combattenti, a vederne i volti contratti dalla fatica.

Era illogica, e per questo magnifica.

Da un lato il popolo, non più codardo ma bestiale e mitologico, si rivoltava contro i difensori della città, baluardo di speranza e raziocinio. Quella guerra civile era il finale degno della sua visione, il dolce finale della storia di Lukas, seppur di dolce avesse poco o nulla. La storia di Lukas pareva già scritta nei fili del destino, tessuta da secoli e secoli prima della sua comparsa.
Non poteva finire in altri modi se non con il sangue.
Con la rivolta.

Eppure, nonostante la maestosità di quella visione, non era trascinato dalle emozioni; quella della vecchia Lithien, semplicemente non era una guerra sua. Era una guerra che non avrebbe combattuto, per cui non avrebbe gettato sangue o buttato via energie. L’illusione lo abbracciava nel profondo, gli ingannava i cinque sensi dipingendogli quella guerra come pura e semplice realtà. Ma vibrava nell’aria la finzione, si percepiva l’anormalità di quella visione, come se ai lembi di quel mondo fantastico, di quell’ambiente così reale, ci fosse una piccola patina che ne tracciava il confine. Guardava quel mondo con distacco, prendendone le distanze.

Morpheus mantenne la sua mente incorruttibile dinanzi a quell’inganno, eppure non poté dire lo stesso del suo compagno.
Garret fu influenzato dalla visione, fu risucchiato nel vortice di quella guerra.
La sua mente, forse troppo labile per reggere ulteriormente, cedette a quel miraggio d’una guerra lontana e passata.
Per la prima volta, in cui era entrato in quella visione, Morpheus si accorse che nella cagnara c’era anche la ragazza cieca. Non sapeva il suo nome, né probabilmente avrebbe attirato la sua intenzione se non fosse stato necessario, ma lei, a confronto di Garret e dell’altro – a quanto poteva vedere anche il suo compagno aveva ceduto - , pareva ancora normale, non corrosa dall’illusione. Garret lo guardò per un solo istante, in lui poté vederci la follia d’un uomo giunto al collasso, le risa isteriche si svilupparono nel campo di battaglia. Morpheus lo fissò per un secondo, il suo volto era una maschera indefinita d’emozioni, un blocco di marmo scavato per mostrare sembianze umane. Abbozzò un sorriso amaro, un sorriso carico di delusione e tristezza.

« Sei caduto nella loro trappola, come un topo. »

Lo disse abbassa voce, le parole si persero nel clangore della battaglia, tra lo scintillare fragoroso delle armi.
Si persero inudite, diventando null’altro che un commento ironico inascoltato.
Scosse la testa, Morpheus non avrebbe combattuto un suo compagno, non lo avrebbe affrontato per il puro piacere del burattinaio che manovrava i fili di quell’illusione. Non gli avrebbe dato tale soddisfazione.
Aveva errato con Doctor, era stato travolto dalle emozioni.
Non sarebbe successo un’altra volta, nessuno avrebbe più manipolato la sua mente.

« FERMATI SCIOCCO! »

Urlò a pieni polmoni, non per paura, non per rabbia, urlò con la sola speranza che la sua voce ridestasse la mente di Garret dalla corruzione in cui era precipitata.
Ma il ladro non si fermò, invero lo attaccò, Morpheus evitò le tre frecce – non sapendo quale fosse – semplicemente le evitò tutte. Tuttavia non poté fare niente – né volle farlo – per fermare il successivo attacco, si preparò semplicemente a sentire il dolore. Il pugnale si infranse nel suo costato, attraversando la pelle, sangue copioso iniziò a uscire dal suo corpo, mentre il dolore per qualche secondo lo paralizzò. Non urlò Morpheus, non avrebbe dato questa soddisfazione. Tuttavia, per un’istante e uno soltanto, sentì le sue certezze crollare, le sue emozioni ribellarsi al sua stoica e statuaria resistenza.
Il suo corpo cambiò, la pelle si ricoprì di squame indaco, i suoi occhi divennero più grandi con le pupille simili a due fessure feline. La coda s’agitò violentemente, sbalzando prima a destra e poi a sinistra, gli artigli graffiarono il terreno. Dinanzi a Garret non c’era più Morpheus l’umano.
Ma Morpheus il drago blu.

« Fermati, e non ti farò del male. »

Ringhiò, non in maniera potente, non con rabbia, ma il tono era basso, ferino.
Non era un consiglio, ma un ordine.






Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem

Forma Umana
4 cs Costituzione



Energia: 45%
Status Fisico: Danno medio da lacerazione ai fianchi + danno medio al costato
Status mentale: Danno medio, paranoia ed emicrania


Abilità attive:


Abilità passive:

Blue Dragon: come tutti i draghi anche Morpheus possiede una forza fuori dal comune, forza che gli permette di utilizzare, anche in forma umana, le armi più grandi e mastodontiche in circolazione come se fossero leggerissimi, in grado di alzare e smuovere anche i più pesanti oggetti, non vi è quasi limite alla forza di un drago [Passiva personale]. Un drago può scegliere in qualsiasi momento quale delle due forme mantenere, infatti non sarà soggetto a nessuna restrizione dovuta alla luce al buio, ma potrà cambiare la sua forma in qualsiasi momento della giornata. In compagnia di altri umani, e nelle città, è abituale vederlo nella sua forma umana, ma in caso di attacco o di combattimento, laddove è possibile, sarà sempre nella sua forma più nobile e potente [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale].

Dragon's Power: i draghi sono nati per combattere, ogni cosa di loro fa pensare a ciò, dalle fauci, dalle scaglie inscalfibili e dagli artigli poderosi, ogni cosa fa credere che si è dinanzi a creature particolari portate per la guerra, battaglieri e indomabili. È risaputo dunque che un buon drago deve disporre di difese adeguate, perchè solo attaccando, benché potrebbero benissimo farlo, non si può uscire illesi da uno scontro. Per questo la razza draconica, con i secoli e i millenni di trascorsi in guerra, ha sviluppato queste abilità che accrescono con gli anni e che sono già palpabili nei cuccioli di drago. In termini di gdr Morpheus potrà alzare barriere istantanee, senza nessun vincolo di tempo o concentrazione, altresì le sue difese potranno essere erette in maniera inconscia, difatti nessun attacco potrà mai coglierlo di sorpresa, come se le sue difese si animassero di volontà propria per difendere il dragone da futuri attacchi. Inoltre, la conoscenza di Morpheus si estende anche a tutte quelle difese che permettono di coprire per intero il proprio corpo, queste difese, che per i comuni mortali sarebbero molto dispendiose da erigere, per il drago ogni difesa di 360° avrà la stessa potenza del consumo speso per generarla [Abilità passive di I-II-III livello del talento guardiano]. Inoltre il corpo dei draghi è talmente pervaso dalla forza magica da trarne forza anche da quella circostanza, come se se ne cibasse per accrescere sempre di più, in sintesi, ogni qual volta che un avversario di Morpheus si trovi a utilizzare tecniche di origine magica le Cs di Morpheus, relative a capacità non fisiche (intelligenza, dominio della magia ecc.), cresceranno di ben due punti [Pergamena discendenza arcana].

L'errore di Nailat: un oggetto all'apparenza inanimato, un'armatura di pregio per un guerriero il cui passato ha il suono e l'odore del sacrificio. Ma se ad indossarla è un individuo nelle cui vene scorre l'antico e nobile sangue draconico, essa risveglierà i propri istinti, elargendo lui ciò che Nailat rifiutò con spregio. Il portatore, ogni qualvolta dovesse trovarsi in situazioni di pericolo, avvertirà una forma di inquietudine e nervosismo che lo indurrà ad essere più vigile e a temere per il peggio. L'abilità concede i propri benefici come un senso aggiuntivo, ma non starà ad indicare né la direzione e né l'entità di eventuali attacchi in arrivo, così come non chiarirà la natura effettiva del pericolo al quale il portatore va incontro. {Abilità passiva}


Note: Vuoi per la mancanza di energie, vuoi per la psiche del mio pg, che scelgo finalmente di seguire, decido di non attaccare, di non fare assolutamente nulla, nemmeno difendermi, per bloccare tutto quello.
Intimo solo Garret di fermarsi trasformato in un drago.





 
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view post Posted on 21/3/2014, 17:27
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« Il tempo dell'oblio - Lo Scettro dei Mondi »
Aang e Shakan

« Non basterà » una voce proruppe nel silenzio
« non basterà affatto »
Dopo le parole di Lukas, era disceso nella salone un innaturale silenzio. Gli anziani avevano risposto con atterrito stupore alla decisione tanto ferma dell'uomo; in un certo senso, non credevano nemmeno loro che sarebbe successo davvero. Dischiusi nell'illusione di una realtà tanto infame per essere reale, credevano - in fondo - che una scelta del genere sarebbe stata troppo difficile perché qualcuno potesse realmente farla. Nella statica immobilità di quella paura tanto grande per essere sopportata, però, una voce irruppe nelle coscienze degli anziani, con una notizia che ne avrebbe apparentemente fiaccato gli intenti.
Eppure, mai fallimento fu accolto con tanto sollievo.

« Procederemo come previsto; ma non basterà » disse uno degli anziani ai margini della stanza.
Aang lo notò solo in quel momento: aveva il volto stanco ed antico come tutti gli altri, ma - a differenza loro - l'interesse assorto in tutt'altro. Tra le mani stringeva qualcosa e non c'era momento che non passasse a fissarlo, come se quella reliquia inestimabile meritasse la sua attenzione più della vita stessa della sua città. Era un bastone intagliato di legno scuro, con alcune pietre brillanti legate intorno alla punta con uno spago grezzo. La sua particolarità, però, era un bagliore costante: le pietre scintillavano di una sottile luce, che pareva crescere di intensità ad ogni istante.
Eppure, l'uomo lo fissava con preoccupazione: evidentemente non brillava abbastanza.

« Tu sai cos'è, vero Lukas? » disse l'anziano di fronte a lui.
« L'hai studiato per tanti anni; nei libri ci sono citazioni continue a quell'oggetto - eppure, tu stesso dicesti che non doveva essere mai creato »
L'animo del monaco fu scosso da altri ricordi: ricordi di studi lontani, trattati alchemici e tomi arcani che parlavano di un potere infido quale quello di controllare la via tra le dimensioni.
E lo strumento più semplice per farlo, era appunto creare un vincolo che rinsaldasse lo spazio tra i vari mondi.

« E' lo Scettro dei Mondi » concluse l'uomo, assecondando i suoi ragionamenti.
Lukas, per qualche ragione, lo sapeva già. Un oggetto talmente potente, che finanche i tomi più antichi lo nominavano con reverenza.
Il rituale era finalizzato a riempir di potere le sue gemme, assorbendo le anime di coloro che sarebbero stati sacrificati per la causa. Per qualche ragione, scoprì di averlo sempre saputo.
Così come scoprì di averlo sempre temuto: un potere tanto grande, tanto misterioso, che nessuno poteva realmente dire a quali conseguenze avrebbe potuto portare.
L'anziano, poi, aggiunse « ...possiede il potere di -- ... -- le due dimensioni - ... »
Qualcosa lambì il pensiero di Aang. Come un lampo improvviso, la realtà - quella realtà - parve saltare un passo della sua coscienza. Perse alcune parole; parole importanti. E fu come se l'anziano non le avesse mai pronunciate, o lui non le avesse ricordate - nemmeno un attimo dopo averle udite. Poi, l'anziano proseguì.
« A quanto pare le anime dei nostri concittadini non sono sufficienti ad alimentarne il potere; probabilmente non lo saranno nemmeno le anime dei soggetti che tu hai scelto »
« Beh » interruppe l'ultimo degli anziani, quello con lo Scettro in grembo « tutte tranne una »
L'anziano al centro sbiancò di un pallore ancor più chiaro « No-non è possibile! »
Si pose una mano in volto, schiudendo quella smorfia affranta in un pianto rapido, ma profondo. Poi, si ricompose e riprese, con la voce ancora rotta.
« Lukas, tu sei il nostro Patriarca - il Primo Patriarca della nuova era di Lithien » aggiunse, distrutto « non possiamo sacrificare proprio la tua anima! »

L'ultimo anziano rimase immobile, freddo. Gli occhi luccicavano di lacrime molto prossime; eppure, era l'unico abbastanza lucido da considerare la realtà.
« Mi addolora molto dirlo, ma il saggio Lukas ha ragione a ritenere che la sua anima sia la più adatta » aggiunse, infine « egli ha una conoscenza pari a quella dei Saggi »
« la sua anima potrebbe riempire di potere lo Scettro più di tutte le altre »

Nel mentre, qualcosa si mosse al suo fianco.
Un sottile rumore di seta che striscia sul pavimento, oltre che di sandali che toccano il pavimento di pietra. Una figura si avvicinò a lui, girandogli in torno e ponendosi, infine, dinanzi a lui.
Aveva il volto coperto da un cappuccio e capelli grigi che scivolavano dai bordi del suo volto.
« E' vero Lukas » disse Mior, scandendo le parole « sei proprio tu il sacrificio di cui abbiamo bisogno. »
Lo fissò, scostando il velo dal suo viso. Aveva occhi bianchi, vacui e labbra violacee che scandivano parole soavi. La ricordava come il primo giorno in cui l'aveva incontrata; la ricordava perfettamente.
« E' giusto che sia tu a farlo, però » disse, mostrandogli qualcosa. Tra le mani, infatti, reggeva un coltello dalla lama ricurva, con incisioni alchemiche a corredarne l'elsa.

« Chi sei tu? » proruppe la voce dell'anziano, fissando la scena.
Il suo volto, però, era cambiato: da affranto qual'era, ora pareva contorto da una strana sofferenza. Era arrabbiato e perplesso al tempo stesso; si erse in piedi e parlò, richiamando l'attenzione dei due. « Chi è quella figura con cui sta parlando Lukas? » aggiunse, rabbioso « cosa succede qui? »
« E' strano » disse l'altro anziano « e come se non esist- »
La voce dei due parve spegnersi e le loro figure adombrarsi, passando in secondo piano. Fu una strana visione, parve quasi fossero su di un palco, al termine della scena.
Tutto si concentrò su loro due, come se l'attenzione fosse rapita dall'unico dialogo importante.
« Forza Aang Lukas » disse Mior, mettendogli il coltello tra le mani « sacrificati per la tua città »

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« Guerra civile »
Garret e Montu; Ainwen e Morpheus

Si saziavano di rabbia e reverenza.
Le illusioni proseguivano a contorcersi, disponendo e disfacendo verità e finzione in un unico turbinio di immagini.
La guerra continuava ed imperversava innanzi ai loro occhi; file di soldati si schermavano contro le invettive di rabbiose fiere omicide, composte di cittadini impazziti e bestie magiche richiamate con la magia. Poi, seguitavano a caricare da più fronti, infilzando spade e lance nei corpi martoriati delle proprie vittime. Gli occhi di uomini e donne innocenti, asserviti con l'inganno ad una causa che non condividevano, tornavano a fissare i propri assassini con terrore, ma giusto un attimo prima di morire; mentre le lance affondavano nei loro corpi, gli occhi vitrei e rabbiosi si discioglievano in sguardi languidi ed atterriti, riscoprendosi lucidi e - finalmente - liberi dalla follia, soltanto un attimo prima di soccombere sotto i colpi della empietà.
I più notavano le lame dei soldati ricamate di strani fregi: simboli, richiami alchemici che sottolineavano - ancor di più - la natura turpe di quell'ecatombe: ogni morte era un sacrificio; ogni vita spezzata, veniva richiamata da una forza superiore che ne trascinava lo spirito entro il baratro.

Qualcuno urlava dal fondo dell'esercito della resistenza, richiamando l'attenzione dei propri simili.
« Gli anziani chiedono di alimentare il potere dello Scettro dei Mondi per arginare il potere della Triade » urlava qualcuno, richiamando l'attenzione di tutti
« l'unico modo sconfiggere i Saggi è sacrificare quante più anime è possibile con i coltelli rituali. »
La voce si faceva sempre più flebile, rotta dal pianto per quella disumanità così fredda, ma così necessaria. Non era data possibilità di scelta circa tale vile gesto; invero, ciò che gli anziani dicevano doveva essere eseguito, in quanto unica possibilità contro la follia in cui i Saggi ormai erano ricaduti. Non c'era via di fuga, ormai, da quel caos: non c'era possibilità di tornare indietro.
Poi la voce riprese, richiamando l'attenzione di alcuni soldati bardati con armature leggere e lunghi coltelli rituali « La donna » disse, con la stessa tristezza nella gola
« la donna deve morire, anche - così ha deciso il sommo Lukas »

E di seguito nessuno di loro perse tempo.
Corsero verso il fronte della battaglia, superando dai lato il gruppo più folto di soldati che caricava a più riprese la folla impazzita.
Poi, giunsero alle spalle di Ainwen, intenta - com'era - a combattere contro Montu. La donna parve scrutarli, accorgersi di loro e - al tempo stesso - intendere o sperare che l'avrebbero aiutata.
Così non fu. « Mi spiace ma'am; questi sono gli ordini » disse, laconico, lasciando solo intendere le proprie prosettive « nulla di personale. »
E mentre lui parlava, un paio di altri soldati assaltarono Ainwen alle gambe, tagliandole i tendini delle ginocchia. La donna ricadde all'indietro, scossa, ferita e sconvolta dall'improvviso tradimento subito. Per tutta risposta, l'ultimo uomo la raggiunse dal fronte, infilzandola con un coltello rituale, ricurvo, in un punto non lontano dal cuore.
Ella rimase ferma, con gli occhi ciechi che fissavano un vuoto fatto di sangue e patimento; il coltello che ancora le spuntava dal petto ed il sangue che riempiva il terriccio circostante, creando una poltiglia non dissimile da un fango rosso. Gli uomini si allontanarono, lasciando - per rispetto e, forse, pietà - che l'ultimo respiro lo esalasse fissando il cielo.
Ma ignoravano che Ainwen fosse cieca. Ed ignoravano che Montu, ancora in piedi dinanzi a lei, diveniva giudice o boia dei suoi ultimi istanti di vita.
Ucciderla assecondando le pulsioni di quella sua identità distorta; o salvarla, resistendo ad essa.

Allo stesso modo, alcuni uomini in armatura leggera raggiunsero anche Morpheus e Garrett.
Il gruppo non si fece tanti problemi ad ignorare la battaglia e sopraggiungere dal retro del ladro, divenuto mostro.
Era una bestia, è vero - ma una bestia che aveva combattuto al fianco di Morpheus. Ma a loro, invero, poco importava: gli ordini sono ordini.
Uno gli lambì la gola con un fil di ferro, strozzandolo. Un altro gli piantò un coltello all'inguine, poco sotto il bacino.
Garrett urlò di dolore, sollevando gli occhi al cielo e richiamando l'aiuto di qualunque dio potesse aiutarlo. L'ultimo dei guerrieri, gli piantò il coltello vicino al cuore, ma trapassandolo dalle spalle.
La lama ricurva e marchiata con simboli rituali, spuntò fuori dal petto come una lingua biforcuta. Poi, l'uomo fissò Morpheus che era rimasto a guardarlo.
Sorrise, quasi, soddisfatto del crimine che aveva commesso. Poco importava che fossero amici; poco significava averli conosciuti entrambi.
« Uccidilo; sacrificalo al volere degli anziani » disse l'uomo, rivolto a Morpheus « fa il tuo dovere »



littleqmpointwinterreisTutti. Oltre quanto compreso nel giro di prima, udendo le parole dei soldati vi rendete conto che tutti i cittadini morti in questa guerra civile, vengono sacrificati allo "Scettro dei Mondi", che non sapete cosa sia, ma che comprendete essere uno strumento che potrà "sconfiggere" i saggi (o la "Triade" come vengono chiamati dai più, ormai). Siete sempre convinti che sia tutta un'illusione, ma la stessa influenza a tal punto le vostre menti da farvi percepire la drammaticità di un popolo che sacrifica i propri simili per una causa apparentemente "buona" (ma che viene comunque ridimensionata da tale evento). In quest'ottica, si inquadrano i sacrifici di Ainwen e Garrett, che Aang (ultima incarnazione di Lukas) ha deciso di sacrificare. Detto questo, morite. *risata malefica*

Ainwen/Garrett. State morendo *trollface* No, sul serio. Vi sono state inflitte ferite molto gravi e siete ad un passo dalla morte. Ma è pur sempre un'illusione; la morte, quindi, ha un effetto prettamente "cerebrale". In realtà siete svenuti e vivete un sogno inconscio in cui dovrete "lottare per sopravvivere". Avete piena libertà di descrivere questo sogno: potrà riguardare qualunque cosa, ma apprezzerò qualunque cosa che si inquadri bene con l'ambientazione della quest (e del ciclo). Eppure, non vi vincolo a ciò. Per dire: apprezzerò questo, ma apprezzerò qualunque cosa degna di nota. Dalla bellezza del vostro sogno dipenderà come uscirete dall'illusione della guerra che - vi preannuncio - svanirà nel prossimo post. Potreste uscirne illesi; ma potreste uscirne comunque molto feriti. Domande e dubbi in confronto.

Morpheus/Montu. Ciascuno di voi vive coi propri occhi la morte del proprio compagno/rivale. Morpheus di Garrett, Montu di Ainwen; dovrete interpretare questo momento e, successivamente, decidere se "finirli", ovvero se ucciderli definitivamente. Dal vostro punto di vista, infatti, sono agonizzanti. Qualunque cosa facciate, comunque, non siate autoconclusivi, mi raccomando. Psicologicamente siete nella stessa impostazione mentale del post precedente e l'illusione della battaglia vi influenza psicologicamente, spingendovi ad uccidere il vostro "compagno/nemico", come fosse un attacco psionico di potenza alta. Non vi fa danno, però: vi impone solo di proseguire con la battaglia e, quindi, uccidere il nemico. Potete interpretare liberamente i dettagli di questo istinto; potete anche difendervi da esso con opportune difese. Domande in confronto.

Aang. La scena è abbastanza chiara; hai già il coltello in mano (te l'ho fatto impugnare autoconclusivamente) e Mior ti chiede di sacrificarti per lo Scettro dei Mondi. Se vuoi parlare, puoi parlare con lei, benché non sembri troppo intenzionata a risponderti. Dimmi in confronto ciò che fai e ti dirò chi sei e ti dirò cosa succede. Domande o dubbi, stessa sede.

Ordine. liberi.
Tempi. Eccezionalmente, vi do 7 giorni di tempo. Nonostante tutto, abbiamo mantenuto un ottimo ritmo e mi sento di premiarvi con qualche giorno in più. Fino a sabato 29 marzo massimo.
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 26/3/2014, 23:27




Dopo aver parlato un pesante silenzio discese nella sala.
Nessuno degli anziani riuscì a parlare, incapaci di accettare un sacrificio che non avevano osato chiedere, ma che avevano sperato di vedere. Una richiesta che nessuno avrebbe avuto il coraggio di pretendere, nemmeno se da quello fosse dipesa la salvezza di Lithien. Ma Lukas li aveva stupiti tutti, accettando sulle sue vecchie spalle ciò che loro non erano riusciti a fare: aveva retto i loro sguardi, annunciando il suo sacrificio con la fierezza di un leone che osserva il proprio avversario sconfitto. Ed in questo modo sarebbe proseguita la sua intenzione, se a parlare non fosse stato un altro anziano, rimasto in disparte fino a quel momento, ma con la conoscenza necessaria a permettere quel sacrificio.

Lo... scettro?

Ancora prima che i suoi occhi capissero cosa avevano sotto gli occhi, ancora prima che l'anziano dicesse il suo nome, Lukas aveva già compreso. Nella sua mente scorsero pagine di libri e studi su quell'oggetto così misterioso, che sarebbe potuto essere considerato maledetto e benedetto allo stesso tempo. Aang ammirò le gemme splendenti, ma concluse con orrore che quella luce non fosse nient'altro che il bagliore delle anime che vi erano state imprigionate. Ulteriori, enormi sacrifici, in nome di una lotta che si credeva giusta. Ed era sempre quello il motivo per cui il monaco si trovava a lottare, no? Non importavano le parti, nè le ragioni della guerra, alla fine tutto si riduceva ad un sacrificio. Ed era stato lui a credere di poter lottare per rendere quel prezzo piccolo e insignificante, di un'importanza ininfluente. Lui, che si era sempre creduto nient'altro che una pedina sulla scacchiera dei potenti, ma che invece si era sempre mosso come un alfiere, aggirando gli ostacoli per giungere alla sua meta.

« Mi addolora molto dirlo, ma il saggio Lukas ha ragione a ritenere che la sua anima sia la più adatta » aggiunse l'ultimo degli anziani, guardando Lukas con occhi lucidi « egli ha una conoscenza pari a quella dei Saggi »
« la sua anima potrebbe riempire di potere lo Scettro più di tutte le altre »

Pari ai Saggi...
Tu.
Lukas.
Chi sei?


Sentì uno strano formicolio mentre si guardava le mani solcate dai segni del tempo. Cosa stava provando Lukas in quel momento? Rimorso, paura, rabbia? Aang lo riconobbe dopo un secondo, cristallino come un diamante ben levigato. Chiuse gli occhi, lasciando che quella sensazione scorresse attraverso il suo corpo vecchio come un'onda di marea, riempiendolo dalla punta dei piedi nudi fino al capo dove un tempo si trovavano i capelli. Fermo e senza vedere alcunchè, gli angoli della sua bocca si piegarono appena per far trapelare un sorriso.

Sollievo.

Riaprì gli occhi, sicuro di ciò che stava per fare. Ora era certo che la sua scelta non fosse dettata da un mero capriccio personale, ma da reale necessità. Non era il bisogno di un vecchio che desiderava ricongiungersi alla moglie scomparsa, nè la vergogna di un politico messo di fronte al risultato delle sue scelte disastrose. Era solo il desiderio di rivalsa di un uomo che aveva sempre lottato, e che ora stava per ottenere la libertà in nome di un valore più grande. Ed Aang glielo avrebbe lasciato fare, lo avrebbe permesso perchè era quello a cui ambiva anche lui.
Se non fosse apparsa lei.

Come una vipera velenosa camminò tra gli anziani, facendo serpeggiare tra di loro stupore e sconcerto. Lukas stesso contrasse i pugni, nel momento in cui la donna scostò il velo dal suo viso. I capelli grigi che le scendevano ai lati del volto, gli occhi bianchi e vuoti come quelli di un cieco e quelle labbra che sussurravano parole colme di veleno. Goccia dopo goccia, parola dopo parola, rischiarono di contaminarlo e di renderlo una sua preda. Lukas fremette, scosso dal ricordo.

Mior...

Teneva tra le mani un pugnale ricurvo, dalla lama fredda e gelida come i suoi occhi, e dall'impugnatura ricoperta di rune antiche e sconosciute. Gli anziani la guardavano esterrefatti, chiedendosi chi fosse e perchè si trovasse lì, ma ben presto non furono più un problema per lei e per loro. Passarono in secondo piano, come se si trovassero su di un palco teatrale. Aang si sentì inerme come di fronte ad un pubblico che non riusciva a vedere, le luci del palcoscenico puntate su di loro in modo da abbagliarlo. Prese con mano tremante il pugnale da quelle mani pallide, assaporando il contatto freddo dell'impugnatura e saggiando con le dita i punti in cui la sua pelle toccava quelle rune sconosciute.

Dentro quel corpo anziano, Lukas ambiva quella lama: voleva che la sua anima corresse attraverso il metallo fino a raggiungere lo Scettro dei mondi, per salvare la sua città e il suo regno. Ma Aang sapeva che quello era un inganno, una ragnatela tessuta con calma e pazienza dalla predatrice che si trovava di fronte. Avvicinò il pugnale al petto, chiudendo brevemente gli occhi e scusandosi mentalmente con Lukas.

Perdonami, ma non andrà così.

Riaprì gli occhi sulla donna, scostando l'arma dal petto, passandosi la lingua sulle labbra aride.

« Lo avrei fatto. » mormorò con voce ferma.
« Lo avrei fatto davvero, se fosse servito a qualcosa. »

Era vero, e sapere di essere dentro un'illusione non lo avrebbe aiutato. Mostrandosi in quel luogo gli aveva permesso di prendere quella scelta, di cambiare quel ricordo, di affrontare il suo nemico presente, e non gli spettri passati di una situazione che non poteva essere alterata.

« Però... »

Gli occhi del vecchio si illuminarono per un attimo di un celeste minaccioso, poi nella sala vi fu solo luce. E attraverso di essa un pugnale, impugnato a due mani, in direzione del petto della donna di fronte a lui.

« ...forse l'unico sacrificio veramente utile, qui, è il tuo! »



Diario del Monaco
Comprensione





Cs totali: 5 (2 in Tenacia; 2 in Costituzione; 1 in Intuito)
Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~ Mortale 80%

Energia attuale: 15%
Consumi utilizzati: Basso (5%)

Condizioni fisiche: Danno Medio alla gola.
Condizioni mentali: Danno Basso da paranoia + Danno Alto

Bastone del Manipolatore: mano sinistra.
Balestra: 15/15 - assicurata alla cinta.



Passive in uso:

CITAZIONE
Riassunto Passive
Studio: Passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% di energie. + Passiva personale, resistenza alle condizioni ambientali e alla fatica. + Passiva personale, difese ad area uguali al consumo + Amuleto dell'Auspex, percepisce le auree attorno a lui. + Discendenza arcana, guadagna 2 CS in Intuito ogni volta che un avversario usa una tecnica magica. + Prime due passive talento Guaritore, guarigioni pari al consumo e possibilità di curare corpo e mente.
L'Immortale indica la via: Sopportazione di due mortali psionici + Immunità al dolore psionico.
Le braccia della mamma: Difese inconsce.
Il bacio della mamma: Guadagna 2 CS in Prudenza ogni volta che usa una tecnica di cura.

Attive in uso:

CITAZIONE
Manipolazione di base Discipline degli Allievi
I bambini che vengono portati al Monastero necessitano di un lungo periodo di adattamento e preparazione prima di essere iniziati alla Manipolazione del Flux. In genere ci vogliono dai 12 ai 36 mesi di addestramento, e non sempre i meno dotati riescono a tenere il passo con gli altri, venendo indirizzati dopo quel tempo in conoscenze utili alla sopravvivenza del Monastero, come lo studio dell'Agricoltura e dell'Erboristeria. I fortunati che riescono a giungere alla Manipolazione ricevono un educazione più completa, studiando Storia, Geografia, Filosofia e Matematica. Queste lezioni di base vengono abbinate ad altre sul controllo del corpo e sulla difesa. Dopo i primi sei mesi in genere gli allievi riescono a manipolare il Flux per difendersi, usando una porzione Variabile delle loro energie: scudi, barriere o protezioni di altro genere si formeranno di fronte a loro o tutto attorno, difendendoli da qualunque avversità. Alcuni allievi - coloro che risultano più curiosi, dotati o impulsivi - vengono addestrati anche ad usare altre branche del Flux: dalle tecniche più semplici, come un semplice accecamento del nemico con un consumo Basso di energie, fino alla creazione di vere e proprie armi di energia da scagliare contro il nemico. Queste ultime richiedono un grande sforzo di concentrazione, tanto da richiedere un consumo Alto di energie.

[Dominio difensivo ad area, natura magica [1/10] + Pergamene Abbagliare e Schegge Spirituali.]

Azioni:

Come descritto in confronto, Aang/Lukas cambia idea, casta Abbagliare e tenta di colpire Mior con il pugnale che lei stessa gli ha dato.

Note:

Spero di colpire la maledetta, ma non si sa mai. :v:

 
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view post Posted on 26/3/2014, 23:29
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Quando l’uomo la chiamò gli rivolse un sorriso di trionfo. Un sorriso Ce L’Abbiamo Fatta. Un sorriso Continuiamo Così. Ma era stata sciocca, ancora una volta. Avrebbe dovuto saperlo, si era raccomandata di non dimenticarlo mai. Gli esseri umani sono infidi come serpi, sono un branco di lupi affamati. E quando il dolore esplose il suo sorriso non si trasformò in una smorfia di stupore: le sue labbra si strinsero invece in una smorfia di rassegnazione. L’espressione C’era Da Saperlo. Nei suoi occhi, quelli che non potevano vedere, scintillò un’ombra di rammarico. La bambola rotolò a terra, scoprendo il petto per la lama del coltello. Il corpo dell’Oracolo sobbalzò una volta soltanto, arcuandosi in un ultimo spasmo che tese tutti i muscoli. Poi si mossero solo le labbra.

Mosse le labbra, carezzando l’aria tiepida della primavera. Socchiuse gli occhi per vedere spiragli di cielo azzurro attraverso le tende che si gonfiavano in una brezza leggera. Le persiane erano state aperte da poco, per consentire al profumo dei fiori e del pane appena sfornato di entrare nella camera. Era distesa nel grande letto, i capelli di fuoco distesi attorno al capo come un sole al tramonto.
Mosse le dita dei piedi, quelle delle mani, riacquistò consapevolezza del proprio corpo. Aveva le braccia e le gambe allargate a formare una stella, per assaporare al massimo la sensazione di sprofondare nel morbido materasso di piume. Tutto attorno, lungo le pareti della camera e sui pochi mobili che la adornavano, decine di bambole la fissavano inespressive. Erano il suo piccolo popolo, le sue amiche, le sue confidenti.
Si passò lentamente una mano sulla fronte imperlata di sudore. Aveva passato una notte terribile, gravida di incubi. Non aveva più gli occhi, li aveva barattati per un desiderio futile e volatile quanto i semi di un soffione.
Ti è familiare?
Una guerra aveva invaso la sua bella città dai muri bianchi, deturpandola e sprofondandola nel caos. E lei non poteva difenderla, perché tutto quanto era già successo, perché era un’estranea in quel mondo. Aveva potuto solamente morire.
Si toccò il viso con le dita, in un ridicolo moto di paura, per accertarsi di essere ancora tutta intera, di non aver perso nulla per strada. Si sentiva terribilmente stanca, come se avesse sognato per anni e anni, come se non avesse affatto dormito. I suoi piedi nudi sfiorarono il pavimento di marmo fresco, strappandole un brivido di piacere.
Per un attimo rimase in piedi a fianco del letto. Le pareva di aver scordato la propria identità, la propria vita. Succedeva spesso quando si svegliava dai sogni, le pareva di essere piovuta dal cielo come per caso, di essere fuori posto. Sorrise, mentre i ricordi iniziavano ad affiorare. Il crimine che aveva risolto qualche anno prima, i riconoscimenti che ne erano seguiti, la gloria.
L’amore.



Lukas…



Campane suonarono solitarie nel silenzio della prima mattina. Il sole pallido disegnava ombre alle sue spalle, ombre che improvvisamente le parvero più pesanti. C’era qualcosa di Lukas che per un istante aveva dimenticato. Il motivo dei suoi incubi, delle notti insonni degli ultimi giorni. Le mani le corsero alle guance, fattesi improvvisamente scarlatte. Il respiro si fece più rapido. Poteva essersi sbagliata, poteva essere l’ennesimo ricordo falsato dalla sonnolenza. Ma era così vivido, tagliente come una coltellata nel cuore, così reale. Desiderò poter ricadere nel grande letto, il letto che aveva diviso tante volte con lui in segreto, e poter chiudere di nuovo gli occhi. Ritornare nell’incubo e morire in silenzio.
Non c’è tempo.
No, non ce n’era davvero più. Calzò rapida i sandali, indossò la tunica bordata d’oro, simbolo del suo rango, quasi senza guardarla. La stava ancora lisciando con le mani quando si precipitò fuori dalla casa, quella che avrebbe dovuto diventare la loro casa. Tutto le parlava di lui: i muri tinteggiati di fresco, i fiori che riempivano i grandi vasi nell’ingresso, il manto abbandonato su un appendiabiti di legno scuro. Perfino il suo profumo pareva aleggiare come un miraggio: riempiva i capelli di lei, quelli che non aveva avuto la forza di lavare dopo il suo ultimo abbraccio.
Perché lui? Una volta, quando ancora credeva nella giustizia, avrebbe conosciuto la risposta. Ma quel tempo era ormai passato da troppo tempo. Da quando lei sedeva dietro l’alta cattedra di legno, le mani congiunte davanti al viso ad ascoltare le suppliche di criminali che si professavano innocenti. Da quando la sua parola era divenuta la legge e calava più inclemente dell’ascia del boia. Da quando aveva iniziato a desiderare il potere, sempre un poco di più, perché quella era la sua natura, la sua malattia impossibile da curare. Le era cresciuta dentro come una pianta rampicante, senza che facesse veramente nulla per fermarla.
Forse lui se ne era accorto, avrebbe dovuto perché lui aveva la capacità di leggerle dentro come un libro aperto. Eppure aveva fatto finta di niente. Non si era allontanato nemmeno di un passo, forse sperando che prima o poi avrebbe piantato un nuovo sentimento dentro di lei, uno che avrebbe parlato di loro due. I suoi occhi brillavano quando la guardava, erano come il sole d’estate, ma non erano stati abbastanza per disseccare il frutto delle notti insonni di lei, il sapore dolce della paura di un imputato difronte al suo ingresso nel tribunale.
Era per questo che le campane ora suonavano a quel modo, perché lei non si era fermata e lui l’aveva amata troppo per porre fine a tutto quanto.

Correva, tanto che quasi le mancava il fiato. Percorreva quella strada fin troppo nota, rischiava di inciampare, sfiorava il terreno con la punta delle dita. Ma non poteva perdere più tempo, non più di quanto ne avesse già sprecato. I suoi occhi abbagliati dalla luce dopo il sonno non le chiesero pietà, tanto temevano cosa avrebbero potuto vedere.
Il grande tribunale si ergeva splendente al centro della città. Un luogo di saggezza, dove si promettevano la punizione e la redenzione, la giustizia e l’equilibrio. Ma dove ormai da tempo viveva un vampiro che si nutriva di dolore e terrore. Un vampiro di nome Veya, o forse Ainwen. Con un compagno umano di nome Lukas, uno che era riuscito per miracolo a sfuggire al morso del desiderio.
Le grandi porte di legno massiccio erano aperte, e nella piazza una forca era già stata eretta. Non mancava molto e la gente aveva affollato tutto lo spazio libero. Nessuno si sarebbe perso un simile spettacolo. Il chiacchiericcio si mescolava alle grida di fosche rivendicazioni. Non capiva, non voleva capire. Voleva soltanto arrivare in tempo.
Li spintonava, ma le sue braccia erano ancora affaticate e deboli. In quella massa lei non aveva un’identità, non c’erano guardie a farle da scudo. Era solo una ragazzina come tutte le altre, con i capelli rossi e gli occhi limpidi.



E’ colpa mia! Fatemi passare!



Lo gridava, ma a sua voce veniva ingoiata dalle altre. Lo ripetè fino a quando la sua preghiera non divenne lo strillo acuto di un’animale, i suoi gesti i graffi di una donna disposta a tutto. Sgusciava tra loro, ma non appena era passata la folla le si richiudeva attorno come una melma informe. Non la evitavano, perché lei non era deforme e disgustosa, non era corrotta. Non all’esterno, non dove tutti potevano vedere. Non come lui.
Lo stavano conducendo in quel momento, con una corda legata attorno al collo. Il suo Lukas, reo soltanto di averla amata. Di esserle stata vicina quando la sua voglia era diventata una fame insaziabile. Quando le si era presentato l’unico mercante capace di soddisfarla. Aveva occhi sottili e cattivi, quel mercante, la voce suadente di un menestrello e il corpo agile di un giullare. Si era inchinato davanti a lei come mai nessuno, sfiorando quasi il terreno con il naso. E le aveva sorriso lascivo.
Si era sentita importante, capita, desiderata. Nessuno l’aveva mai desiderata in quel modo. Non aveva mai incontrato nessuno che le somigliasse tanto. Lui le aveva sfiorato una guancia con le dita e le aveva proposto darle quello che aveva sempre sognato: un potere pulito, senza corruzione. Un potere talmente grande che non se ne era mai visto l’eguale. Erano soli, quella sera, nella grande aula del tribunale. Lei era in cima al seggio, che le era parso basso e insignificante rispetto alle promesse di lui. Aveva annuito, perché dopo tutto non c’era nulla di male a desiderare, e lui le aveva poggiato una mano sul cuore. Una mano che l’aveva fatta rabbrividire mentre lui portava via le sue inibizioni e la esaudiva.
Non ci aveva pensato, non allora. Che ogni desiderio ha un prezzo. Che per la sua corruzione nera, devastante, malata, qualcuno avrebbe dovuto pagare. Perché Kermis, il mercante di desideri, non dà mai nulla per nulla. Allora non sapeva il suo nome, non poteva nemmeno immaginare che si sarebbe stampato a fuoco nel suo cuore.



Mostro! A morte! Vergogna!



Lo avevano portato sotto la forca, gli stavano legando il laccio attorno al collo. Lui aveva gli occhi gonfi per la stanchezza. Quegli occhi rossi come il sangue in mezzo a quel viso coperto di scaglie verdastre simili a quelle di una lucertola. Era accaduto la mattina dopo, ma lei non aveva avuto paura. gli aveva carezzato il viso e vi aveva letto una risposta. Aveva baciato le sue labbra dure e non aveva avuto il coraggio di spiegargli, di chiedergli perdono. Era stata codarda, aveva temuto che se glielo avesse detto lui avrebbe scelto per lei di sciogliere il contratto. Non conosceva ancora i patti di Kermis. E l’amore di Lukas.



Lukas, sei stato accusato di aver generato e diffuso in città un morbo sconosciuto e incurabile. Di aver trasformato i pacifici uomini di Lithien in bestie senza cosicenza”.



Lui chinava il capo, ma Veya sapeva che stavano sbagliando. Che lui di quella malattia disgustosa nata nella notte aveva solamente l’aspetto. Che si trattava di uno scherzo volgare del destino.
No. Del pegno che lei aveva offerto senza un secondo di vergogna.
Incontrò il suo sguardo, dal piedestallo della statua su cui si era arrampicata. Era l’ombra di un sorriso quella che leggeva sul suo volto? Era l’ennesimo sacrificio? Davvero non si era opposto nemmeno una volta da quando glielo avevano strappato dalle braccia, da quando li aveva guardati inebetita trascinarlo via?



I Saggi ti hanno ritenuto colpevole. La tua pena sarà la morte: sarai appeso per il collo finchè morte non sopravvenga”.



Ancora nessuna reazione. Lei alzò le braccia, le agitò cercando di farsi notare, di l’attenzione del messo e del boia. Si era pentita, anche se era troppo tardi. Non voleva più il potere, non voleva più essere più in alto degli altri. Voleva semplicemente lui. Lacrime salate le scorrevano lungo le guance, roventi.
Non è vero. Altrimenti faresti di più.
Scosse il capo, i capelli che le riempivano gli occhi.
Lukas. Lukas. Io ti amo.
Lo pensò davvero, con tutta la forza che aveva.
Qualcosa di fresco le riempì la mano. O forse c’era sempre stato. Il cristallo pareva ancora più fragile fra le sue dita arrossate e goffe. Non credeva di aver mai visto quell’oggetto, eppure sapeva esattamente cosa fosse. Sapeva riconoscere una condanna quando la vedeva. Alzò gli occhi verso di lui. Avevano già stretto il nodo attorno al suo collo. Non sarebbe servito a restituirgli quello che aveva perduto, ma forse avrebbe ristabilito un poco le cose.
Agitò il polso, dolcemente, ma il suono risuonò in tutta la piazza, argentino, sopra tutti gli altri suoni. E con esso la sua voce, improvvisamente amplificata, con un tono dolce come non lo sentiva da tempo.



Non prendete lui. La colpa è soltanto mia”.
Iniziò ad arretrare. Era troppo vicina alla folla per quello che aveva in mente.
Io ho diffuso la malattia tra di voi, l’ho fatto perché non c’è nessuno di voi che sia alla mia altezza. Siete peggio delle bestie e come tali meritate di essere dominati”.



Li aveva colti di sorpresa, o forse facevano fatica a capire da dove provenisse la sua voce. Forse nessuno si aspettava che una ragazza tanto fragile potesse concepire un simile piano. Forse nemmeno si erano accorti che si trattava del giudice più temuto della città o forse non potevano credere che avesse bisogno di arrivare a tanto. Probabilmente non avrebbero neppure fatto in tempo ad immaginare la sua menzogna, o almeno così lei sperava. Sperava reagissero d’istinto, dimenticandosi di Lukas. I Saggi, loro di certo avrebbero compreso tutto, ma non le importava. Non ricordava nemmeno i loro nomi, ma era certa di non averli mai rispettati. Che andassero a farsi fottere.
Lo pensò con un sorriso, mentre spintonava la gente ancora frastornata lanciandosi in una nuova corsa. Si sentiva più leggera, più forte di prima. Le pareva che i suoi polmoni si dilatassero più rapidamente. I primi iniziarono a muoversi quando la sua sagoma uscì dalla piazza. Sentì che gridavano il suo nome, immaginò che la indicassero. Si chiese quanto tempo i più rapidi ci avrebbero messo a raggiungerla. La campanella le scivolò dalle mani, infrangendosi in uno scricchiolio mesto. Ma ormai non aveva più importanza.
La via era dritta e non parevano esserci nascondigli in cui rifugiarsi. Era talmente lunga che sembrava essere ingoiata dall’orizzonte, ma quella doveva essere solo una sua impressione, dettata dalla paura e dal cuore che le era risalito in gola. Sperò che Lukas se la cavasse, che sopravvivesse fino al suo ritorno, che almeno un poco avesse apprezzato il suo gesto.
Non dovresti sperarlo. Non ti meriti nulla.
Era vero, ma lui era Lukas. Il suo cuore era più puro, il suo amore più sincero.
Salvati.
I passi erano vicini, presto una mano si sarebbe tesa e l’avrebbe presa per i capelli. Non poteva permetterlo. Lei sarebbe fuggita dalla città, fuggita nel mondo. E forse da qualche parte avrebbe trovato qualcuno che la aiutasse, rinforzi con cui purificare quella città corrotta. Si girò di scatto, levando una mano davanti al corpo. I giovani alle sue spalle, quei piccoli, insignificanti esseri umani che si erano fatti dominare dal suo carisma e dalle sue menzogne, caddero a terra schiacciati da un peso invisibile. Le regalarono altro tempo.
Scivolò in una strada laterale, sparendo alla loro vista. Un’ombra scura le offuscò gli occhi, sprofondandola per un secondo nel buio. Si appoggiò ad un muro anonimo, traendo un respiro. Era solo stanchezza, si disse, poteva essere solo quella. Il cuore le martellava nelle tempie, il suo corpo era scosso da tremiti. Doveva essere dovuto alla tensione.
Riprese a correre, zigzagando per le strade. Strade che parevano infinite, molto più di quelle che ricordava. Che parevano dilatarsi e restringersi al ritmo del suo terrore. Le voci erano ancora dietro di lei, ma non sapevano più dove andare e lei era come una goccia nel mare. Ogni tanto li sentiva più vicini e allora si schiacciava dietro un androne o all’ombra di una porta socchiusa.
Sapeva che non avrebbe potuto fuggire in eterno, che se l’avessero presa avrebbero impiccato anche lei, ma il suo piano era stato folle ed estemporaneo, non aveva mai immaginato potesse giungere fino a quel punto. Delle fitte dolorose le trafiggevano la milza e le pareva i pensieri le si affollassero nella mente disordinati. Sempre più spesso si trovava cieca, smarrita in un vuoto estraneo, cieca e debole. E alla mente le affiorava una Veya diversa, con un altro volto e un altro dolore, uno che non aveva alcun desiderio di condividere.

Era passata quasi un’ora quando giunse in vista delle mura della città. Anche quelle non erano come le rammentava: erano immense, incombenti, parevano quasi sfiorare le nuvole. Separavano la città infetta dal resto del mondo, i suoi mostri nascosti nel buio in attesa della notte dalla gente normale. Si chiese se una come lei avesse qualche titolo per uscirne. Poi ripensò al suo piano sciocco per salvare Lukas, alla promessa muta che avrebbe avvisato altri di cosa stava accadendo, che avrebbe chiamato i rinforzi per evitare il peggio. E che se non si fossero rivisti prima, sarebbe tornata a salvarlo.
Aveva solo un punto a proprio favore: doveva puntare il tutto per tutto sul fattore tempo. Forse gli uomini che la stavano cercando non avevano fatto in tempo ad avvertire i guardiani, a dare loro una sua descrizione. Forse le guardie distratte non le avrebbero chiesto di spogliare il mantello bianco che aveva rubato da un cortile.
Guardò famelica lo spazio aperto che la separava dalle porte. Se il suo si fosse rivelato un errore di calcolo non sarebbe vissuta per raccontarlo. Se il suo potere fosse stato troppo debole sarebbe semplicemente morta.
Si avvicinò a passo lento, cercando di apparire sicura di sé nonostante le sue orecchie fossero ovattate dall’ansia e la bocca le si fosse fatta improvvisamente secca.



Aprite le porte! Se non lo farete non ci sarà speranza per questa città”.



Le guardie erano solamente due, la celata scintillante calata sul volto. Parvero irrigidirsi per un attimo, le grandi alabarde vibrarono nelle loro mani guantate. Di nuovo il buio la assalì, facendola barcollare. Durò poco più a lungo di prima, un tempo impercettibile che le parve eterno. Un buio in cui le sue mani cercarono un corpo da stringere al petto, un corpo piccolo e freddo che non trovarono. Quando la luce tornò venne accompagnata dallo scricchiolio dei cardini bene oliati e dalla visione della strada di montagna che si apriva davanti a lei come un sipario.
Emise un grido di trionfo, un suono strozzato dalla foga con cui si mosse per lanciarsi all’esterno. Uno spiraglio così piccolo, così luminoso, così simile a un biancore che aveva già visto in quella che pareva un’altra vita. Sottile quanto il sorriso del mercante Kermis, labile quanto le sue promesse.
Ti prego.
Tese una mano, come se potesse attirare l’esterno verso di sé.




Perchance to Dream

Cs. 4.[Astuzia] 1.[Intuito]*
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Mediox1) - (Altox2) - (Altox1) - (Mediox1) - (Altox1) - (Mediox1) = 12%
Fisico. Un danno basso ripartito tra una botta alla spalla e contusioni lievi sul viso Morente
Mente. Danno Basso + Alto

Armi. Coltello



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Attiva della campanella

Opprimere: Il mentalista induce tutti i nemici circostanti la convinzione di essere schiacciati sul posto da catene di pura energia.
La tecnica ha natura psionica. In seguito ad un'onda mentale emanata dal caster, tutti i nemici nelle vicinanze verranno indotti a credere di venire schiacciati verso il terreno. A seconda della caratterizzazione potranno semplicemente sentirsi molto pesanti, percepire un notevole aumento della gravità, o venire avvolti da pesanti catene. Tale illusione impedirà a chiunque ne sia colpito di muoversi dalla propria posizione per il singolo turno di cast, e inoltre subiranno un danno basso alla mente per la malia, e basso al corpo per la costrizione fisica.
La tecnica può essere personalizzata al fine di rendere l'effetto psionico non come frutto di un potere mentale proprio del mentalista, ma attraverso l'uso di droghe, stupefacenti, gas o veleni di sorta.
Consumo di energia: Alto

Menzogna: Il mentalista sfrutta la sua parlantina per convincere il proprio avversario di avere ragione, ammaliandolo a sé e facendo sì che le proprie parole suonino veritiere.
La tecnica ha natura psionica. Per essere castata c'è la sola necessità che il nemico possa sentire le parole del caster, che saranno il mezzo della tecnica. Qualunque cosa esso dica nel turno d'attivazione suonerà ad ogni ascoltatore come incredibilmente credibile e indiscutibilmente vero. La tecnica infliggerà un danno Basso da confusione ad ogni ascoltatore nelle vicinanze, che potranno quindi reagire alla rivelazione nel modo più affine alla psicologia del personaggio.
Consumo di energia: Medio

.Riassunto.



Il sogno di Ainwen si concretizza in quanto segue (spero di essere chiara).
Siccome ignora la reale sorta di Veya, di cui ha vestito i panni, sogna di svegliarsi ancora con l'identità della donna da giovane in un letto che dovrebbe appartenerle. E' passato del tempo dal suo primo caso, ed è diventata un giudice temuto e potente. Ma come per la vera Ainwen un desiderio l'ha animata a lungo: quello di conquistare sempre più potere, fino a quando anche a lei non è apparso Kermis (l'incongruenza temporale rientra nella commistione tra identità che caratterizza tutto il sogno). Kermis le propone di darle un optere enorme e incorrotto, quello che lei ha sempre sognato, e la ragazza accetta. Il prezzo da pagare però è altissimo: l'uomo che ama, Lukas, subisce sul corpo la corruzione che dovrebbe segnare l'anima di Veya/Ainwen e si trova orrendamente deformato. Come se non bastasse, gil abitanti di Lithien, segnata dal morbo, credono che anche Lukas sia malato e che anzi, essendo una personalità, sia stato lui a diffondere la malattia. Quindi lo arrestano e condannano a morte.
E' a questo punto che Ainwen, schiacciata dal senso di colpa, decide di intervenire. Come per magia (ancora un effetto del sogno) le compare in mano la campanella che aveva ottenuto a inizio quest, quella che consente di far sentire sopra tutte la propria voce. La usa per sovrastare le grida della folla e per autoaccusarsi di aver generato la malattia. Si tratta di una menzogna, ma è sufficiente per distrarre la massa e per indurla a inseguirla e dimenticarsi di LUkas (la speranza di Ainwen è che non lo uccidono). Inizia così una fuga disperata per sfuggire al linciaggio che la aspetterebbe sicuramente nelle mani degli uomini che la inseguono, terrorizzati dalla malattia e assetati di vendetta.Per guadagnare tempo blocca gli inseguitori più vicini con la tecnica Opprimere. Il sogno deforma le strade in cui si muove e di tanto in tanto la cecità del suo alter ego reale si affaccia offuscandole la vista.
Dopo aver corso a lungo si trova finalmente davanti alle mura, anch'esse mutate e resi incombenti dagli effetti del sogno. Il suo piano è di aprire le porte e fuggire in cerca di rinforzi per liberare lukas e purificare Lithien. Per convincere le guardie usa la tecnica Menzogna. Ho lasciato in sospeso l'epilogo della fuga di Ainwen.

.Altro.



Spero di non aver fatto sciocchezze e che il pezzo sia gradevole ^///^

 
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view post Posted on 29/3/2014, 17:45
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Parlato Montu
*Pensato Montu*







Vide i suoi attacchi andare a vuoto, fu preso dal rimorso, consapevole che la donna che stava attaccando era la sua alleata, avevano iniziato quell'avventura insieme a lei e ora cercava di distruggerla. Poi lo assalì la rabbia, l'immagine delicata di Ainwen che aiutava il gruppo a fuggire dalle bestie rinchiuse nelle fognature di Lithien fu sostituita dalla figura mancata di un bersaglio, nient'altro che un bersaglio che doveva essere annientato. Un brivido gli corse lungo la spina dorsale, cominciava a dubitare del fatto che fosse veramente giusto quello che stava facendo.
Come poteva dubitare? Lui era l'Araldo della Verità e della Menzogna!
*Tu sei Montu, il Demone del Fuoco, l'Eterno!*
Doveva attaccare ancora, doveva finirla ora che era a terra.
*AVEVI GIURATO DI PROTEGGERLA! La tua parola vale così poco?*
Non si sarebbe fermato di fronte a nulla.
Lithien, esplosa come una bomba di malvagità e morte, stava contaminando anche lui. Tutto ciò che aveva intorno non era che il fantasma di una città morta ormai da tempo, stava combattendo una guerra dall'esito già scritto, e non dal Destino, ma dalla Storia stessa.
Eppure non poteva fare a meno di seguire l'istinto barbaro che quell'illusione aveva instillato nel suo animo.
Estrasse la spada, una scimitarra decorata con straordinari arabeschi, un uroboro era inciso vicino l'elsa, e si diresse verso Ainwen. Abbandonò il suo piedistallo per inoltrarsi nella battaglia, l'esercito scelto di Lithien nemmeno raggiungeva l'Araldo, perchè ogni uomo, ogni creatura, combatteva per proteggerlo. Avanzò indisturbato e la folla davanti a lui si spaccava come le onde contro uno scoglio. Si avvicinava a passi decisi alla sua preda, tutti i problemi di Lithien sarebbero finiti grazie alla sua spada che si sarebbe piantata nel cuore dell'Oracolo.
Già è stato scritto.
*Dipende da te!*

Uno degli uomini che combattevano accanto ad Ainwen si girò e le rivolse alcune parole, Montu non poteva sentirle, ma vide altri due soldati estrarre le spade dietro di lei e tagliarle i tendini delle ginocchia. La donna cadde all'indietro, il Demone si fermò in mezzo alla battaglia.
*Corri!*
Iniziò a correre mentre il soldato che aveva dato l'ordine di ferire la donna estrasse un pugnale ricurvo e lo conficcò nel petto della sua vittima, in un punto non lontano dal cuore. Allontanandosi poi insieme agli altri due sicari, lasciando la sabbia come testimone delle ultime parole del guerriero che moriva, lasciando che solo il cielo si riflettesse nelle pupille velate.

Montu raggiunse Ainwen sdraiata a terra, gli occhi lucidi sembravano volersi aggrappare a qualcosa, speravano di poter fissare per l'ultima volta qualsiasi cosa, e abbandonare questo mondo con un'ultima immagine di esso.
Avrebbero visto solamente il volto severo, semi mascherato, di Montu, che troneggiava sul suo corpo delicato adagiato in una pozza di sangue che si allargava sotto di lei.
La sciabola era puntata alla gola scoperta, avrebbe posto fine alle sue inutili sofferenze, insieme a quelle dell'intero popolo di Lithien.
Si inchinò per sollevarle la testa, per tagliarle la gola e lasciarla ricadere sul terreno. Mise la mano fra i suoi capelli sporchi del sangue rappreso, passò il braccio sotto il collo e fece scivolare la testa di lei nell'incavo del suo gomito... Sembrava la stesse tenendo fra le braccia più con fare amorevole che omicida. Si accorse che tremava incontrollabilmente.
*Tremi.*
Guardando il volto pallido di Ainwen la sua mente fu invasa da mille ricordi: si rivide quella notte con la testa di Yuuki fra le braccia, non aveva mai superato la sua morte, e la vendetta non l'aveva aiutato. Due gigli caduti. Due gigli... strappati.
Arrivò sul corpo di Yuuki quando ormai era troppo tardi, ma vedeva il petto di Ainwen muoversi ancora seppur con difficoltà... Esalava fra le braccia del Demone i suoi ultimi respiri.
Lasciò cadere la sciabola fissando il pugnale che le era rimasto conficcato tra le costole, non osava toccarlo. Le sue mani erano piene del sangue della donna. Le fissava tremante, le lacrime scivolavano sulle sue guance, sotto la maschera bianca che gli nascondeva metà volto.
La battaglia infuriava intorno a loro, ma sembrava non coinvolgerli, finchè Montu alzò gli occhi arrossati dal pianto silenzioso e vide un cittadino di Lithien correre con gli occhi iniettati d'ira e fissi su Ainwen, puntava la preda nonostante giacesse tra le braccia dell'Eterno, che seppur inginocchiato dimostrava di essere più alto di un uomo normale. L'armatura di Montu si era sporcata del sangue dell'Oracolo, sembrava così diversa da quella immacolata che aveva ammirato poco prima. Alzò di nuovo gli occhi verso la bocca sporca di sangue del cannibale che correva loro incontro. Estrasse la pistola come d'istinto e fece fuoco due volte, i proiettili colpirono il corpo dell'uomo all'altezza del petto, e fu scaraventato indietro per alcuni metri per poi cadere senza vita sul fango della piazza.

Non ti lascerò morire Ainwen, sono di nuovo qui, troverò una soluzione, te lo prometto.
Parlava con il corpo ansimante dell'Oracolo, ma prometteva più a sè stesso che a lei; non poteva permettersi di fallire, l'avrebbe salvata perchè non voleva tradirla, l'avrebbe salvata perchè non era stato in grado di salvare Yuuki.




Energia: 40%
Status Fisico: Danno da caduta alla gamba destra (Medio); Affaticamento per la proiezione dell'incubo (Basso)
Status Psicologico: Paranoia (Basso); Sforzo mentale per proiettare l'incubo (Medio)
CS Forma Umana: +1 Intelligenza

Armi:
Spada: Gettata a terra accanto al corpo di Ainwen
Pistola: Impugnata mano destra (3 colpi)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
Foglie Urticanti

Note: Ho ritrattato le Foglie Urticanti come una graduale presa di coscienza, che culmina con l'immagine delle mani insanguinate e del volto pallido di Ainwen che richiamo alla memoria di Montu antichi ricordi. Il tutto funge da difesa Alta contro la Psionica che ci colpisce e ci spinge a finire i nostri compagni. La scelta definitiva di proteggerla si manifesta con i colpi di pistola sparati contro il cannibale che correva verso di noi per mangiare le carni di Ainwen, e con le ultime parole pronunciate da Montu. Nient'altro da precisare.
Spero sia almeno apprezzabile l'immagine del Demone in continua lotta con sè stesso, essendo l'Araldo della Verità e della Menzogna, seppur spinto dall'illusione ad agire come un nemico di Ainwen, la dicotomia del suo compito crea nella sua mente i pensieri su cosa sia realmente giusto fare, e la cosa si concretizza come un litigio interiore, un continuo contraddirsi mentale.
 
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view post Posted on 30/3/2014, 01:07

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Era una sera di primavera, una di quelle sere in cui il vento porta via i vapori e le nuvole di fumo tossico dei grossi impianti industriali della Capitale. La luna splendeva alta nel cielo e tutte le stelle erano visibili sopra le teste di tutti gli abitanti della città e, per una volta, persino il Ratto volle godere di una tale vista, scegliendo di saltare di tetto in tetto, invece che correre nelle fogne.
Nelle vene il sangue veniva pompato assieme all'adrenalina, in mano il bottino, in strada le guardie che si affannavano inutilmente per raggiungere il giovane ladro che fuggiva a perdifiato. Corse, Garrett, corse finché i muscoli non fecero male e bruciarono come acido; nel cuore un misto di sentimenti si alternavano ma potevano tutti essere accomunati da una sola parola: felicità.
E poi, lo sguardo del ragazzo raggiunse il cielo, assieme a quello dei gendarmi e dei passanti, uniti sotto il manto della notte. Ma la volta celeste non era scura e nera e senza carattere. Il nero era, infatti, blu scuro. Poi, un angolo era diverso: era azzurro e attraverso il blu e il nero scuro il vento soffiava nell'etere, mescolando i colori. E poi, scintillanti e incandescenti, come esplosioni nel cielo notturno: le stelle! Era quasi possibile sentire il loro crepitio ruggire nel vuoto lontano ed infinito.
Quella volta, sembrava che i tetti su cui saltare non finissero mai, ogni volta la piattaforma, le distanze, le altezze cambiavano, sempre nuove, sempre diverse e, anche se il ladro conosceva ogni singolo angolo della città come le sue tasche, tutto gli era sconosciuto.
D'un tratto, non c'erano più tetti su cui saltare, nè un cielo degno di un dipinto: solo un vicolo buio e umido e la pioggia. Niente più di allegro o gioioso, la felicità svanì. Le mani affondavano nel fango e il respiro affannato si trasformava in piccole nuvole di fumo che si disperdevano in fretta. E per terra, fra la melma e la pioggia, il sangue gocciolava e si univa in un miscuglio tetro. Il tutto poi defluiva dalla pozzanghera in un torrente infinito fino al tombino più vicino. Attorno al ladro le sentinelle, armi sguainate e un ghigno soddisfatto sul volte. Nelle mani di una di quelle, brillante e splendente, quasi emanasse luce propria: il bottino. Garrett lo poteva sentir ridere e deriderlo, quel oggetto tanto desiderata, in mano di altri: vicino eppure irraggiungibile. E i passanti e le guardie, assieme al tesoro, si beffavano del ragazzo che sempre più sentiva il peso del fallimento sulle sue spalle.
Dal mucchio, emerse una figura incappucciata, gli ochi brillavano nell'oscurità di una luce che portava nel cuore speranza, un ardore che portava un messaggio sconosciuto al furfante: giustizia!
Il copricapo cadde sulle spalle della figura apparsa dall'oscurità, mostrando tratti dolci e raffinati, un viso femmineo già noto al ragazzo, eppure mai aveva incontrato quella donna ma un'affinità li legava. Tutto scomparve attorno ai due, lasciandoli soli nel buio oscuro e vuoto.
La ragazza tese la mano al ladro.

"Alzati"
"Ho fallito"
"Vieni con me"
"Me lo merito..."
"Guardati attorno..."
"Ho toccato il fondo."
"... È solo un sogno"
"Un incubo"
"Sei morto!"
"Non ho più uno scopo"
"Letteralmente, defunto!"


Garrett alzò lo sguardo dal suolo, osservando con attenzione la figura difronte a se.
Studiò con minuzia ogni lineamento, ogni dettaglio, nel tentativo vano di riconoscere quel volto: i suoi occhi, li aveva già visti ma non erano così vividi e giovani nei suoi ricordi. La cosa appariva straordinariamente contro qualunque probabilità, eppure, era impossibile non notare la somiglianza. Quella donna che gli si parava dinnanzi era Veyia, una versione più giovane di quella che aveva visto incarcerata ingiustamente.
Ad un tratto, quella che sembrava una vita passata interamente nella Capitale, culminata con il più grande furto nella storia della città e conclusasi con il fallimento derivato dalla superbia, ora, si srotolava come una pergamena davanti gli occhi del giovane ladro e svelava un futuro obliterato. Poi, le parole della Figlia del Tempio iniziarono a riempirsi di significato: defunto, morto, deceduto.
La fine preceduta dalla follia.
Aveva attaccato un compagno deliberatamente e senza una giustificazione e, poi, la sua vita era terminata in quello stesso luogo in cui aveva conosciuto la donna, strangolato e pugnalato e trafitto. Riusciva a vedere il proprio volto riverso nel sangue, gli occhi vuoti e senza più alcuna luce, spenti ma ancora aperti.
Ecco come finisce la storia di un ladro, ecco cosa accade quando ci si lascia trasportare.
Un'intera esistenza passata a nascondere le proprie emozioni, i propri ideali e valori, lo avevano condotto alla morte peggiore: come assassino.

"Finalmente hai compreso."


Intervenne la donna, deviando il flusso di pensieri del giovane.
Attorno a loro, come un frammento di tempo congelato, un istante ben preciso scolpito, il momento della morte di Garrett era apparso, materializzatosi dal nulla. I fantasmi riuscivano a muoversi in quel luogo, senza che nulla cambiasse, neanche un granello di povere si alzava al loro passaggio. Tutto era fermo, immobile, rigido.

"Questo è l'ultimo momento che hai vissuto."


Continuò Veyia, mentre Garrett, inorridito ed incuriosito, si aggirava per il luogo della sua morte.
Alle su spalle e difronte al suo corpo esanime, i suoi assassini. Cercò di scoprire la loro identità ma il loro volto era distorto: sembrava quasi che qualcuno avesse passato una spugna bagnata sul dipinto dei loro volti, nascondendoli in un misto di colori sbavati e sfumati, rendendo i soggetti irriconoscibili. La stessa cosa valeva per altri soldati presenti sulla scena, anche se non per tutti era lo stesso: sul viso di alcuni erano ben visibili gli occhi o la bocca, un ciuffo di capelli o altri particolari; sul viso di altri, al contrario, alcuni particolari non erano distinguibili, anche se, nel complesso, il volto era perfettamente riconoscibile.
Lo sguardo del ladro indugiò, dunque, sulla sua nuova compagna: doveva saperne molto di più di lui.
Ancora una volta, i dubbi del giovane furono dissipati con un sorriso:

"È ciò che ricordi, niente di più."


Il ladro si rese immediatamente conto di ciò che gli stava capitando: era un viaggio nei propri ricordi; aveva scorso i suoi ricordi in ordine cronologico, andando sempre avanti; oltre quel ricordo non c'era nulla.
Le deduzioni logiche, innescate dalle parole della donna, come fiamme da una scintilla, rivelarono un destino tetro: lui sarebbe rimasto intrappolato, costretto a dover rivivere la propria esistenza, all'infinito, senza poterla modificare, incastrato in attimi passati e morti.
La realizzazione finale, l'oltretomba, l'altro lato dello specchio, non è altro che ciò che è stato fatto in vita, tutto acquista il senso che gli è stato conferito. Il pensiero di ciò demoralizzò immediatamente l'ormai eterno giovane.
Infine, un'ultima curiosità balenò nella sua mente: cosa sarebbe stato scritto sulla sua lapide?
Questa volta, nessuna domanda o sguardo avrebbe sciolto le perplessità sulla questione.
Eppure, nonostante questo, la donna si fece avanti nuovamente:

"Questa non è la fine, dovrai combattere di nuovo.
La tua storia non è arrivata ancora al suo termine."


La scena di guerra e morte e sangue scomparve, lasciando posto ad un'immagine più rassicurante.
Lithien si ergeva in tutto il suo splendore sotto la luce del mattino, il bianco abbacinante si riflette sui volti e negli occhi di chi osserva la città arroccata sulla montagna. Il ladro tornava, di nuovo, a godere di quella splendida vista, nei ricordi seguita dall'oscurità dei condotti fognari. Il castello si stagliava contro il cielo azzurro e terso; le nuvole, pennellate leggere sulla cupola affrescata di un blu chiaro.
Un salto indietro nei ricordi, la calma prima della tempesta.

"Non vuoi scoprire quali tesori cela quel castello?
Ti arrendi così?"


Fu in quel momento che Garrett ebbe l'epifania definitiva: Veyia non esisteva.
Quelle parole, era stato nei ricordi della donna, non le appartenevano; quelle parole, conosceva i propri processi mentali, appartenevo a se stesso.
Sempre solo, costretto a non potersi fidare di nessuno, aveva contato sempre su se stesso, il ladro, anche nei momenti di difficoltà.
Veyia era una fantasia e niente più di questo, un costrutto mentale atto a dare un'ultima spinta ad un carrello su un binario morto.
Eppure, doveva avere un significato, il collegamento, però, restava di per se un mistero.
Perchè lei?
Altre donne avevano lasciato un segno più profondo, altre persone erano state ben più importanti nella sua vita.
Eppure, per quanto si sforzasse, quella figura restava lì, immobile.

"È solo un sogno...
SVEGLIATI!"


Ma nulla accadde.
La morte è definitiva, non c'è una via di ritorno.

"Non arrenderti ad un'illusione!"


Ma il ladro era certo: la morte non è un'illusione.

"Non devi far altro che respirare."


Garrett fu colto da un improvviso groppo in gola: non stava respirando.
Per tutto il tempo trascorso in quel viaggio fra ricordi e sogni, neanche per una volta aveva preso una boccata d'aria.
Per tutto quel tempo aveva visto la propria vita dall'esterno e aveva dimenticato qualcosa di basilare come respirare.
Ci provò, il ragazzo, ci provò ma tutto era inutile. Boccata dopo boccata, sembrava che in quel posto non ci fosse nulla da respirare.
E poi, non ci fù niente che il suo naso potesse odorare, che fosse l'aria fresca del mattino, il puzzo delle fogne o delle nubi tossiche, il profumo di una donna o del cibo o dell'erba. Seguì la bocca che non riusciva più a ricordare i sapori del passato. La vista si annebbiò e i colori, dapprima, le forme e le figure, poi, scomparvero. Infine fu il turno dell'udito, assordato dal silenzio, sostituito da un fischio insistente e prolungato.
Solo un eco rimase, dissolvendosi nel nulla, diventando sempre più flebile fino ad essere silenzioso come un pensiero:

"respira, vivi..."


E lì, nel vuoto assoluto dei sensi, nella morte più totale, Garrett ritrovò quel briciolo di esistenza ormai dissolto nel nulla.
Il soffio vitale fu ridonato al ricordo, il Ratto respirò.


CITAZIONE
Energia: 60%
Fisico: Danno medio alla schiena; danno alto al petto.
Psiche: Danno medio (infuriato).
Abilità e Tecniche: Vista perfetta, Ratto (passive)
Inafferrabile (attiva)


Inafferrabile ~
Ciò che rende Garrett un ladro straordinario sono le sue capacità elusive e la destrezza al limite dell'impossibile: niente può trattenerlo, nessuna porta risulta chiusa, nessuno scrigno è inviolabile. Dotato di straordinaria agilità e destrezza, infatti, non esiste attacco che non possa evitare. Inizialmente addestrato a schivare qualunque tipo di proiettile, le sue capacità gli permettono, con il giusto impegno, di evitare anche attacchi lanciati da potenti maghi o guerrieri portentosi.
Inoltre quest'abilità, in virtù della destrezza e l'elusività in suo possesso, permette al giovane ladro di scassinare lucchetti e serrature senza troppa difficoltà se non protette da particolari vincoli magici, grazie all'utilizzo dei grimaldelli.
Costo: Variabile (abilità personale)

Vista perfetta ~
La protesi meccanica che sostituisce l'occhio destro del ladro ne migliora la vista, amplificandola e rendendola simile a quella di un gatto. Grazie a questa caratteristica riesce a vedere bene anche in condizioni di visibilità non ottimali o con poca luce. La vista migliorata, inoltre, permette a Garrett di prendere la mira con precisione e di poter seguire il bersaglio anche se visibile solo in parte, riuscendo a calcolare con precisione le distanze.
(Passiva Razziale: Mezz'elfo + Passiva Talento: Tiratore I)

Ratto ~
La facilità con cui il ladro è sempre riuscito a superare gli ostacoli gli è valso il soprannome. Come per tutti i professionisti, però, un soprannome va mantenuto e per far questo Garrett ha migliorato le proprie capacità d'infiltrato, grazie ad alcuni gadget di sua invenzione: egli può scalare ogni muro e restare aggrappato ad ogni superficie, anche sfidando la legge di gravità, scivolare sull'acqua, sfruttando la tensione superficiale e, in casi estremi, planare. Passare inosservati significa soprattutto usare la porta sul retro.
Costo: Passiva
(Pergamena Ladro: Sostegno)


Elemento Sorpresa ~
Un ladro che si rispetti ha sempre dalla propria parte un fattore che in molti casi può risultare vincente: la sorpresa. Addestrato a sfruttare le debolezze nemiche, il giovane non esiterà ad affondare la propria lama nelle carni dell'avversario e ferirlo alla prima distrazione, provocando una ferita circoscritta ma profonda.
Costo: Medio
(Pergamena Ladro: Attacco Furtivo)


Note Ho deciso di interpretare il tutto come un sogno vero e proprio, la realtà attorno a Garrett è effettivamente distorta e imprecisa. Come per ogni produzione onirica, prende spunto dai ricordi più o meno recenti del giovane, in una mescolanza di diversi punti nel passato, un flusso di pensieri vero e proprio.
EDIT: modificato lo specchietto (copia-incollato dal precedente post).


Edited by The Jedi Doctor Hobbit Who Lived - 30/3/2014, 16:10
 
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view post Posted on 30/3/2014, 17:08

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Nel guazzabuglio di quella battaglia, nell’orda caotica di quella guerra civile, un gruppo di uomini in armatura leggera si avvicinarono a Morpheus e Garret. Attaccarono quest’ultimo, lo colpirono abbastanza da farlo capitolare a terra, a una passo dalla morte. Morpheus guardò quella scena con rabbia, guardò quell’illusione con il trasporto d’un emozione che sapeva non appartenergli, ma che gli stava crescendo lentamente nell’animo come il peggiore dei parassiti. Vide il suo compagno, poco più di uno sconosciuto, riverso a terra e prossimo al trapasso, lo guardò e sentì di nuovo la rabbia crescere, l’ira farsi spazio tra le pareti immense del suo cervello. Sentiva quella sensazione, quasi liquida, viaggiargli lungo il corpo, attraversargli ogni lembo del suo essere.

« Uccidilo; sacrificalo al volere degli anziani » disse un uomo rivolto a lui « fa il tuo dovere. »

Sul volto del drago si dipinse, in maniera distorta, quello che parve essere un sorriso, carico di rabbia e di odio. Ora, quella sensazione che sapeva non appartenergli, stava crescendo ancor più distorta, ancora più malsana dentro il suo animo. Qualcosa, di indefinito e terribilmente invadente, lo stava spingendo verso il baratro del non ritorno, verso l’oblio dell’oscurità. Sentiva nella sua mente mille e più voci che gli urlavano, mille e più voci che cercavano di convincerlo.

Uccidilo! Gridavano, uccidilo! Urlavano.

Erano urla cacofoniche e indefinite, erano echi lontani che rimbombavano roboanti tra le pareti della sua mente. Il suo cuore, puro come solo quello d’un drago sa essere, parve marcire, corroso dall’apoteosi d’odio che si stava animando. Era un maelstrom magnifico, un vortice cangiante d’odio e rabbia, mentre nella sua testa continuavano a rimbombare quelle parole, come se al peggio non ci fosse mai realmente fine.
Il drago alzò il muso verso il cielo di quella Lithien lontana, guardò la volta celeste d’un luogo che non gli apparteneva, d’una realtà che gli aveva tarpato le ali, che lo stava lentamente sfibrando, come un morbo che lo divorava dall’interno. Ruggì, come poche volte nella sua lunga vita aveva fatto, ruggì e senti le pareti di quel mondo vibrare, ruggì e sentì la paura dei suoi compagni accanto a lui. Infine ruggì, e sentì la sua rabbia scivolare via come acqua d’un fiume. Il drago blu parve ridestarsi da una visione onirica, la sua mente si risvegliò da un torpore durato troppo a lungo. La sua mente, lentamente, s’illuminò di luce tersa. Il bagliore di quella luce parve rischiarire tutta l’oscurità presente nella sua mente. Una cascata luminescente, fulgidi lampi d’oro, investirono ogni affranto ricolmo di tenebre. Le voci si diradarono come i più pallidi ricordi, spazzati via da una forza molto più grande, da un sentimento molto più puro e reale.

Uccidilo. Uccidilo. Uccidilo. Uccidilo.

« MAI! »

Fu così che quell’eco si spense, sovrastato dal timbro della sua voce, dal ruggito del suo essere.
Cedere a quell’illusione, cedere all’intrusione nella sua mente, sarebbe stato peggio che morire, sarebbe stato sconfitto per l’ennesima volta. Il drago osservò gli uomini, piccoli e insignificanti, spalancò il muso vibrando un nuovo ruggito, mostrando agli uomini con fierezza le chiostre di denti affilati e aguzzi, una morsa letale e al contempo affascinante.

« Il mio dovere, è uccidervitutti quanti. »
O morire nel tentativo.

Perché un drago non si sarebbe arreso, un drago blu non sarebbe fuggito a quella battaglia.

Morpheus, benché combattesse una battaglia che non gli apparteneva, non avrebbe mai ucciso, né abbandonato, un compagno nel bel mezzo d’una guerra. Semplicemente il suo essere, il suo orgoglio, glielo impedivano.

Non era un paladino né un eroe, era semplicemente un drago che non sarebbe scappato dinanzi alla morte.

Quello era l’insegnamento d’un umano, l’insegnamento di Vaairo. Sorrise per un breve istante, ripensando all’amico dai capelli carota. A come la necessità, il destino, li avevano resi eroi. Ricordò, ancora per un breve istante, l’anima del fu Floki, eroe che si era sacrificato per loro, eroe che li aveva salvati dall’egoismo di Morpheus.
La coda del drago schioccò a terra come una frusta, una fitta nebbia di polvere s’alzò a qualche decina di centimetri dal terreno. Poi d’improvviso, il colpo partì in direzione degli uomini che avevano attentato alla vita del suo compagno, perché non importava se lo conoscesse da poco o troppo tempo, Garret semplicemente non sarebbe morto in sua presenza.
Ringhiò furioso per un’ultima volta. Poco prima dell’attacco, poco prima di scrollarsi di dosso tutta quella situazione.

« Io sono un drago, io sono Morpheus. »

E loro non erano altro che insulse formiche.





Morpheus Somniorum Illusio Caeli et Draconem

Forma Umana
4 cs Costituzione



Energia: 25%
Status Fisico: Danno medio da lacerazione ai fianchi + danno medio al costato
Status mentale: Danno medio, paranoia ed emicrania


Abilità attive:
• Mind defence
L'inizio dell'ascensione, gli anni di studi, il processo che lo porterà a divenire un Dio lo sta forgiando in qualcosa di nuovo, non più un semplice drago ma molto di più. Si narra che le tecniche psioniche, quelle che intaccano direttamente la mente dei draghi, sia l'unico vero punto debole. Ma non per Morpheus, la sua mente è cambiata e si evoluta per combattere gli umani, la sua mente è diventata un labirinto districato di strade e muri. Difatti Morpheus, a seconda del consumo speso, potrà bloccare le offensive psioniche a lui rivolte [Variabile personale].
Usato alta

Abilità passive:

Blue Dragon: come tutti i draghi anche Morpheus possiede una forza fuori dal comune, forza che gli permette di utilizzare, anche in forma umana, le armi più grandi e mastodontiche in circolazione come se fossero leggerissimi, in grado di alzare e smuovere anche i più pesanti oggetti, non vi è quasi limite alla forza di un drago [Passiva personale]. Un drago può scegliere in qualsiasi momento quale delle due forme mantenere, infatti non sarà soggetto a nessuna restrizione dovuta alla luce al buio, ma potrà cambiare la sua forma in qualsiasi momento della giornata. In compagnia di altri umani, e nelle città, è abituale vederlo nella sua forma umana, ma in caso di attacco o di combattimento, laddove è possibile, sarà sempre nella sua forma più nobile e potente [Amuleto ombra]. Qualunque essere, al cospetto di un drago, impallidirebbe. Indipendentemente dall'allineamento, indipendentemente dall'essere o meno in forma draconica, le altre razze diffideranno dal fidarsi, e in ogni caso, ogni essere avvertirà un lieve timore, purché questo non sia un esemplare della propria razza o di un demone, creature per certi versi similari a loro, e che sia di energia pari o inferiore all'agente [Abilità raziale].

Dragon's Power: i draghi sono nati per combattere, ogni cosa di loro fa pensare a ciò, dalle fauci, dalle scaglie inscalfibili e dagli artigli poderosi, ogni cosa fa credere che si è dinanzi a creature particolari portate per la guerra, battaglieri e indomabili. È risaputo dunque che un buon drago deve disporre di difese adeguate, perchè solo attaccando, benché potrebbero benissimo farlo, non si può uscire illesi da uno scontro. Per questo la razza draconica, con i secoli e i millenni di trascorsi in guerra, ha sviluppato queste abilità che accrescono con gli anni e che sono già palpabili nei cuccioli di drago. In termini di gdr Morpheus potrà alzare barriere istantanee, senza nessun vincolo di tempo o concentrazione, altresì le sue difese potranno essere erette in maniera inconscia, difatti nessun attacco potrà mai coglierlo di sorpresa, come se le sue difese si animassero di volontà propria per difendere il dragone da futuri attacchi. Inoltre, la conoscenza di Morpheus si estende anche a tutte quelle difese che permettono di coprire per intero il proprio corpo, queste difese, che per i comuni mortali sarebbero molto dispendiose da erigere, per il drago ogni difesa di 360° avrà la stessa potenza del consumo speso per generarla [Abilità passive di I-II-III livello del talento guardiano]. Inoltre il corpo dei draghi è talmente pervaso dalla forza magica da trarne forza anche da quella circostanza, come se se ne cibasse per accrescere sempre di più, in sintesi, ogni qual volta che un avversario di Morpheus si trovi a utilizzare tecniche di origine magica le Cs di Morpheus, relative a capacità non fisiche (intelligenza, dominio della magia ecc.), cresceranno di ben due punti [Pergamena discendenza arcana].

L'errore di Nailat: un oggetto all'apparenza inanimato, un'armatura di pregio per un guerriero il cui passato ha il suono e l'odore del sacrificio. Ma se ad indossarla è un individuo nelle cui vene scorre l'antico e nobile sangue draconico, essa risveglierà i propri istinti, elargendo lui ciò che Nailat rifiutò con spregio. Il portatore, ogni qualvolta dovesse trovarsi in situazioni di pericolo, avvertirà una forma di inquietudine e nervosismo che lo indurrà ad essere più vigile e a temere per il peggio. L'abilità concede i propri benefici come un senso aggiuntivo, ma non starà ad indicare né la direzione e né l'entità di eventuali attacchi in arrivo, così come non chiarirà la natura effettiva del pericolo al quale il portatore va incontro. {Abilità passiva}


Note: Nada, mi difendo dall'alto e attacco con un colpo di coda gli uomini.





 
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« La Triade degli Obliati »
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Sapeva di cadere.
Sapeva che un circolo vizioso l'avrebbe attirato in baratro, prima o poi. Seppellito e contorto, in un grumo di paura ed inedia che lo sospingeva ogni momento, come sobbalzato da correnti di vento continue ed avverse. Si adagiava, talvolta, all'idea che prima o poi sarebbe caduto senza più rialzarsi e che, inevitabilmente, questo momento si avvicinava ogni qual volta scampava alla morte. Per questi motivi, una volta di più, avrebbe voluto che una probabile morte fosse divenuta una morte sicura. Per questi motivi sprofondò in quell'abisso nero, come se nulla fosse possibile per impedirlo. Voltò il capo, girò il corpo verso il baratro quando fu colpito e spinto entro di esso: facilitò la caduta, quasi come se inconsciamente la cercasse.
Desiderava morire? No - probabilmente, no. Desiderava che tutto finisse ed in qualunque modo. Che verità alternative di una storia antica, ma così recente, non lo stupissero fino al punto da riservargli sorprese incresciose.
Desiderava di non vivere - e non sopportare - il peso di una realtà che, prima o poi, avrebbe potuto non tollerare.
Non perché credesse che ciò sarebbe avvenuto. Ma perché temeva che prima o poi sarebbe avvenuto.
Per quanto remota ed improbabile, temeva la possibilità. E non sapeva se l'avrebbe sopportata.

Quindi cadde ancora, pensando che forse era davvero l'ultima volta che cadeva. Il nero lo avvolse, come un cumulo di scura mestizia che soffocava lui e qualunque realtà portasse con se. La verità l'avrebbero scoperta i suoi eredi, o i suoi compagni - ma lui non l'avrebbe vissuta. Sarebbe stata interrotta dal liscio legno di una bara di mogano, che l'avrebbe protetto da qualunque ignominia.
Eppure non poteva avvenire questo. Aveva dei doveri e dei valori da portare avanti; aveva l'onere e l'onore di supportare l'avanzata di Kreisler, che - probabilmente - mentre lui si flagellava con colpe eventuali, moriva in prima linea contro un esercito di infetti.
Aveva dei doveri. E, al di là di qualunque suo turbamento, doveva portare alto lo stendardo della loro battaglia. Della sua battaglia.
E mentre lo pensava, un drappo rosso sgusciò attraverso la nera oscurità che lo stava soffocando. Si fece largo, con forza, come una pala che scava nella terra con violenza, sfilacciandosi in più parti ed assumendo le forme di una mano sottile, ma incredibilmente robusta. Aveva visto quel drappo formarsi come un uomo ed accompagnare Aang. Aveva, in qualche modo, sempre creduto quella figura come legata al suo piccolo monaco. O quello che lui riteneva essere piccolo.
La verità è che lo salvava, ancora una volta. Lo riportava sui suoi doveri, come un ufficiale che ricorda i propri oneri al suo comandante.
E spinge il comandante ad interrogarsi su quanto possa contare una gerarchia, ove l'onore distribuisca il merito in maniera molto diversa.
« Grazie, Aang » disse soltanto, afferrando quella mano liscia.

__________________

Quando riprese coscienza toccò il marmo freddo di una piattaforma.
Aveva passato diversi cunicoli, perseguendo voci ed odori come un cane da caccia. Sentiva l'affanno di una responsabilità cui, per un attimo, era venuto meno e non disdegnava di maledire se stesso anche solo per aver pensato, per un attimo, di averli abbandonati. Di averli lasciati soli.
E correva a perdifiato, come non faceva da tempo. La responsabilità, gli eventi ed il gravar dei compiti gli aveva fatto dimenticare l'ebrezza di venir meno a qualcosa. Scuse patetiche o perseveranti autorità, avevano - fino ad allora - sempre sopperito al bisogno di "correre". Se sei un Lord, invero, puoi anche tardare; ci sarà sempre qualcuno a giustificarti, a rimpiazzarti.
Un guerriero libero, invece, deve correre al passo: deve esser sempre li. Deve vivere l'avventura quando questa accade. E lui tardava; e qualcuno moriva.
Quando arrivò, invero, notò che qualcuno stava effettivamente morendo. Ma, per sua fortuna, non era nessuno dei suoi alleati.

Vide Aang, eretto - stanco ed affaticato - ma vivo.
Si ergeva in piedi dinanzi ad una donna. Questa aveva un drappo grigiastro, sporco e strappato in più punti, che la avvolgeva totalmente. Un cappuccio dello stesso tessuto doveva averne coperto il volto fino a qualche istante prima, ma adesso le era scivolato lungo il collo, rivelando un viso tumefatto dalla fatica e dall'età. La pelle era raggrinzita e vecchia, mentre le labbra violacee si contorcevano in un'espressione di dolore, lasciando intravedere una bocca quasi totalmente priva di denti. Aveva, sopratutto, zigomi fini ed emaciati, ripieni di lividi in più punti. Infine, al posto degli occhi aveva due cavità nere, segno imperituro di una violenta meschinità che gli aveva portato via entrambi i bulbi oculari. La riconosceva adesso e, allo stesso modo, riconosceva quella violenza di cui per anni gli avevano parlato i suoi istruttori. Apparteneva al suo voto di castità e verità; apparteneva al giuramento di servire il Tempio della Speranza e qualunque reggente si fosse avvicendato negli anni.
Ed era il giuramento di una vestale eterna, che ha promesso di consigliare e servire la città di Lithien fino a quando non fosse morta. Un giuramento che aveva inflitto sul suo corpo, strappandosi entrambi gli occhi. Ed era l'unica donna che poteva ricordare con una tale forza di volontà. Quando era poco più di un ragazzo, le parlavano di lei. E la chiamavano l' "Infante Veggente", perché aveva assunto quel ruolo sin da bambina. Alcuni, però, la definivano anche "la Verità senza occhi". L'aveva conosciuta sin da bambino; aveva imparato ad apprezzarla per la sua fedeltà al compito e nulla le avrebbe mai fatto gravare quel suo peso, fino a farla pentire. Era una donna votata alla fedeltà del compito, nonché un pozzo infinito di conoscenza e saggezza. Ma, per qualche ragione, era diventata - ora - sua nemica.
« Mior Hawking » disse Shakan, immediatamente « ...perché hai fatto tutto questo? »

La donna soffriva visibilmente, ed aveva un coltello cerimoniale infilato nel petto.
Non sembrava reagire di stizza; sembrava piuttosto limitare le contrazioni, quasi ritenesse dignitoso non mostrarsi troppo sofferente. Nonostante tutto, però, sembra accettare la morte. Quantomeno, sembrava accettare il rischio di ciò che le era capitato.
« E tu perché lo fai Lucian Alastor? » disse lei, di rimando « Nessuno di noi due darà all'altro risposte convincenti; quindi, tanto vale non fare domande inutili. »
Shakan rimase in silenzio, quasi colto alla sprovvista da quella risposta tanto stizzita da una donna anziana, che soffriva la sua morte prossima. Eppure, prima di lasciarla spirare doveva capire. Doveva sapere come facesse a ricordare dettagli tanto precisi sul passato di Lithien. Come avesse potuto ingabbiare tutti loro in un cumulo di eventi che risalivano ormai a secoli addietro, eppure vissuti tanto accuratamente da sembrare reali e verosimili, benché nessuno di loro fosse tanto anziano da averli potuti vivere direttamente. Aveva mostrato loro il primo governo di Lithien, quella Triade di saggi che aveva prima riempito la città con il sapere appreso dalle immense biblioteche e, poi, l'aveva fatta sprofondare nella guerra civile. Corrotti da quello stesso sapere, infatti, i Saggi avevano resistito strenuamente in quella battaglia, fino al punto da costringere gli Anziani ad abbassarsi a decisioni infami e turpi, pur di liberarsi di loro. Fino a costringerli a sacrificare il bene più prezioso.
« Come facevi a conoscere tutte queste cose? » disse Shakan, fissando la donna negli occhi vuoti.
Ella allungò le labbra in una risata finta, amara. « Io non le conosco, infatti » rispose immediatamente « le ho lette nella tua mente, Lucian »
« Quindi non chiedere a me come facessi a conoscere così bene il mito della Triade degli Obliati » aggiunse, quasi sarcastica « chiediti, piuttosto, come facessi a conoscerlo tu »

Shakan rimase immobile, terrorizzato. Erano quelle verità che rifiutava: quei ricordi che ritornavano alla sua mente improvvisamente, quasi sgusciati da una prigionia che glieli aveva negati fino a quell'istante. Il momento in cui un pertugio, una feritoia nella sua mente li liberava, privandolo delle parole o del coraggio di rifiutarli. « Perché le ho studiate per tutta la vita »
Mior sorrise ancora, aspettandosi evidentemente quella risposta. « Infatti, quindi non imputare a me la sofferenza di quei ricordi »
« io ho riportato alla realtà storie che conoscevo solo come miti, ma che nella tua mente sono chiare come se fossero state vissute realmente »
« ...è vero, le hai studiate bene, ma - comunque - sembrano fin troppo autentiche, per essere mere immaginazioni »

Tossi sonoramente, portandosi una mano alla bocca. Poi si accasciò piano, ponendosi in posizione seduta.
« Come è finita... » aggiunse Shakan, fissando ora un punto imprecisato del terreno, sbigottito « la guerra, intendo; come è finita? »
Mior sospirò vigorosamente. Ora non sorrideva più, ed il dolore pareva sottrarle fiato ad ogni secondo che passava. « Il consiglio degli anziani formò il Primo conclave ed elesse il Primo Reggente »
« Costui scelse di costruire lo Scettro dei Mondi, un artefatto che poteva richiamare portali dimensionali e scacciare la Triade dei saggi in una dimensione parallela »
tossì ancora, ingoiando un grumo misto di saliva e sangue « i saggi furono scacciati da questo mondo e passarono alla storia come La Triade degli Obliati. »
Quando ebbe finito, tornò a guardare Shakan. « Ma queste sono cose che si studiano sui libri, non sono dettagli fondamentali »
« Ciò che realmente importante è che il Primo Reggente creò lo Scettro sacrificando la sua stessa vita ed imponendo sui suoi eredi il compito ingrato di custodire l'artefatto nel corso dei secoli successivi... »
In un ultimo strenuo sforzo, inarcò il labbro, divertita. Provava evidente piacere nel riscoprire verità nascoste, nonostante la sua salute e la sua età. « Ti ricordi, ora, il suo nome... Lucian? »
Shakan si fermò a pensare, benché ormai conoscesse già la risposta. « Il Primo reggente si chiamava... Lukas » esitò, mentre lo diceva « Lukas... Alastor! »
Mior sorrise ancora, ormai stremata. « Per questo conosci bene questa storia: è la storia del tuo casato. »

Shakan si pose le mani alla testa. Gli pulsavano le tempie, mentre ricordi confusi esplodevano in ogni angolo del suo cervello. Si ripetevano confusamente, accavallandosi tra loro. Doveva interpretarli, lasciarli scorrere e leggerli uno ad uno. Ma non capiva ancora perché: perché non riusciva a ricordare tutto bene? Perché questi ricordi riaffioravano soltanto ora e solo dopo che qualcuno gli riusciva a fornire uno spunto opportuno?
« Irwing Ravelon... voleva lo scettro! » disse il fantasma, quasi a se stesso « ma io non sapevo dove fosse... non lo sapevo davvero! »
« Mio padre custodiva il segreto ed avrebbe dovuto custodirlo fino alla sua morte; quindi non potevo saperlo! »

Evidentemente lo Scettro era l'unico modo per riportare la Triade degli Obliati a Lithien, ed Irwing Ravelon avrebbe voluto sfruttarlo per questo motivo. Non avendolo trovato, però, aveva provato a ricrearne uno nuovo. Eppure, non avendo una guerra civile per farlo, aveva dovuto creare una. Aveva infettato la città e sperato che le morti che ne fossero susseguite sarebbero state sufficienti.
Poi, però, il rito si interruppe; così come i suoi piani. Benché il morbo, quello si, rimase come gravosa eredità sul tetro futuro della città.

« Irwing voleva lo scettro » disse Shakan, rivolgendosi a Mior « tutto questo è successo perché io non gli ho dato lo scettro! »
La donna, però, quasi non lo guardava più. Fissava anch'ella nel vuoto e sussurrava appena, come se il tempo che le rimaneva fosse ormai prossimo alla fine.
« Ha avuto tanto tempo, Lucian - chiuso tra le mura urlanti di questa città » disse, con enorme sforzo « l'ha cercato a lungo, dopo che sei scappato - e, poi, l'ha trovato; l'ha finalmente trovato »
Shakan si stranì nuovamente, quasi perdendo l'equilibrio. Per il peso di ciò che aveva ricordato, apprendere quella nuova verità gli gravava come un macigno ancor più grande.
« Devo fermarlo, Mior! Con lo scettro può richiamare nuovamente la Triade degli Obliati! » la fissò intensamente, sperando che ella capisse.
La donna, però, sussurro le ultime frasi, quasi disperata. « Tu davvero non ricordi, Lucian?»
« Possibile che non riesci a comprendere cosa sia successo veramente? »
Lacrime scure, mischiate di sangue scesero dalle orbite vuote. Ora i lamenti di dolore si facevano acuti ed evidenti, benché mischiati dal sincero singhiozzo della donna.
« Perdonami, piccolo Lucian » disse, chiamandolo come quando parlava con lui sul sagrato del Tempio, anni prima « non ho la forza di spiegarti; va da lui - va da Irwing, apprendi la verità così come ti si è palesata fino ad oggi - da par mio, posso solo abbandonare i miei doveri augurandoti di trovare pace nel tuo cuore... »
Infine, abbassò lo sguardo stremata. « Per fortuna non ho mai avuto gli occhi per vedere i crimini che abbiamo commesso »
« Per fortuna non ho potuto mai comprendere realmente quanto male abbiamo fatto a questa terra. » Concluse, scivolando di lato senza vita.

Shakan si avvicinò al suo corpo morto, accarezzandole il volto. Più volte, in passato, quella donna dalle fattezze mostruose gli aveva regalato un sorriso, una carezza e tante storie. Innumerevoli volte gli aveva dimostrato la sua dedizione per la fedeltà e gli gravava sul cuore come un peso infinito sapere che aveva voluto comunque difendere un uomo come Irwing Ravelon, che aveva fatto sprofondare la sua città nell'abisso. Qualunque volontà muovesse Mior, però, non meritava quella fine - così come non meritava il dolore che aveva dovuto patire, anche per causa sua.
Tutto doveva finire presto; e l'unico che poteva rispondere a quel bisogno di verità, era lo stesso Irwing Ravelon.

« Voi due, seguitemi su quella scala » disse, indicando una scala a chiocciola che partiva da un angolo della piattaforma. Aveva ricordato, ormai, le dimensioni di quei passaggi ed arrivare nel cuore del Tempio della Speranza sarebbe stato ormai uno scherzo. « Gli altri seguiranno quel condotto in fondo, invece - arriveranno dinanzi al cancello principale, potendo supportare l'esercito di Kreisler. »
Aggiunse, dando ordini come se nient'altro fosse importante. Perché nulla - in quel momento - era più importante di Irwing, dello Scettro dei Mondi e delle verità che custodivano.



littleqmpointwinterreisQuesta parte della quest si conclude qui.
Spero vi siano chiari gli eventi che sono accaduti, perché ho provato - nel dialogo che avete potuto apprezzare - a riprendere i fili della trama che ho fatto "vivere sulla pelle dei vostri pg".
Quello che accade ora, è questo. I due migliori di questa quest, parteciperanno (insieme ad 1 questante della quest aperta, il migliore - ancora da definire) ad un brevissimo evento (che sarà chiamato semplicemente Winterraise ~ Täuschung, parte II) che seguirà gli eventi testé vissuti. Tale evento si svolgerà nel Tempio della Speranza, sarà di due - tre giri e sarà retribuito con un premio a parte, in quanto prosecuzione di questa quest. Gli altri tre, invece, potranno - se vorranno - prender parte alla quest aperta, avvantaggiandosi di due soldati da gestire come compagni animali provvisori per questo evento (ne avete due a testa, come se ne fossero sopravvissuti sei in totale). Recuperate tutti il 40% delle energie e vi ripristinate un totale di ferite fisiche pari ad un Medio.
Per il resto, applicherete le vostre statistiche attuali sia all'eventuale partecipazione alla quest aperta, che alla partecipazione alla parte II di Täuschung.

I selezionati per la breve scena che seguirà sono: Ainwen e Aang.
Vi informerò via mp quando la scena aprirà: verosimilmente ciò avverrà tra 3-4 giorni, non appena finisce questo giro della quest aperta.
Gli altri tre possono postare anche da subito in quella aperta, che trovate qui.
Potete chiedermi delucidazione in confronto, utilizzando - a scelta, sia il topic di confronto generale di Winterraise, sia quello specifico di Täuschung. La quest generale, comunque, è finita e viene retribuita con le somme che scrivo di seguito.

Majo_Anna 1500 gold
PARACCO TRAVESTITO ALOGENO 1350 gold
Lud† 1300 gold
Ramses III 1200 gold
The Jedi Doctor Hobbit Who Lived 1150 gold

QM Janz 750 gold



In generale l'andamento mi ha soddisfatto molto ed ho apprezzato, in particolar modo, la profondità che siete riusciti a dare all'ambientazione specifica del ciclo, nonostante non sia affatto facile inserirsi psicologicamente in eventi e meccaniche create da altri. Vi ringrazio dal profondo del cuore, veramente.
Come detto, Anna e Paracco attenderanno un mio mp, ma sappiate - sin da ora - che nell'evento che seguirà (cui, ribadisco, si unirà un altro utente) verrà selezionato un partecipante da inserire già nella futura (ed ultima) quest del ciclo Winterraise.
 
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42 replies since 24/1/2014, 01:11   973 views
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