Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Leoni Rossi ~ Born from the ashes, Atto I

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Masterbpi
view post Posted on 17/3/2014, 19:58






CITAZIONE
Narrato

"parlato Zanroar"
"pensato Zanroar"



Le parole di quella feccia di Angus fecero breccia dentro di me sfondando una porta semi aperta, aumentando il ritmo del pulsare del mio cuore e riducendo per contro gli occhi a due puntini azzurri in un mare lattiginoso, macchiato qua e la da piccoli immissari scarlatti che saettavano prima di riversarsi la dentro. Eppure non potei dire di non aspettarmi quello che mi rivelò, una parte di me già sapeva e non voleva ammettere o forse, sopita dagli altri mille pensieri e dal poco interesse che avevo scoperto di provare per Alice, si era risvegliata con la comparsa dell’oscurità e del male in quella foresta morta. In ogni caso la dichiarazione del vecchio non mi colse del tutto impreparato.

Non mi amava e mai lo avrebbe fatto? Amava Lamrael? L’avevo sempre saputo e insieme lo scoprivo solamente adesso, come riscosso da un perpetuo torpore che mi aveva isolato dalla realtà per tutto questo tempo, io che realmente non mi ero mai interessato al matrimonio e l’unica aspirazione che avevo mai avuto era stata la gloria e la fama, con quanta arroganza avevo accettato una vita quasi normale fino ad allora pretendendo di ignorare lo scopo della mia intera esistenza? Non conoscevo la risposta e neppure pensavo ce ne fosse una, presi coscienza in un attimo e seppi che era sempre stato così, non appartenevo ad Arcae.

Il dolore e l’ira per la perdita della mia famiglia però rimaneva, anche se adesso mi spiegavo come mai non avessi avvertito più di un moto di pietà per la perdita della mia futura moglie i miei genitori e mio fratello erano tutta un’altra storia, pur se il mio futuro non prevedeva la loro presenza vicino a me restavano sempre i miei parenti e praticamente le uniche persone con cui avessi mai avuto in legame affettivo. Forse mio padre non dimostrava un briciolo d’affetto da quando avevo cinque anni, eppure il rapporto che avevo con la mia famiglia era la cosa che mi sarebbe mancata di più di Arcae, o forse la sola a dire la verità, soprattutto mia madre con la sua capacità di trasmettere le sue emozioni e farmi eseguire le sue richieste senza imporre niente o alzare mai la voce, pensare che non avrei più rivisto i suoi occhi azzurri e profondi che mi aveva tramandato era tremendo.

Gli scheletri dei guerrieri morti avanzavano lentamente verso di noi, senza espressione sul volto e senza fretta, consapevoli che non saremmo potuti scappare da nessuna parte, le armi nelle ossute mani che sembravano doversi rompere da un momento all’altro sotto il peso portato, coi loro occhi vuoti non conoscevano paura o pietà e non si sarebbero fermati prima della morte di ognuno di noi o la loro, come guidati da un padrone noncurante della loro incolumità.

In pochi attimi mi trovai costretto a indietreggiare di qualche passo, isolato dagli altri e sormontato da una decina di quei morti viventi che si paravano di fronte a me in molti con spade arrugginite ed un paio con lance lunghe puntate dritte verso il mio petto, trovai curioso che fossero tutti circa della stessa statura leggermente maggiore della mia, lo scheletro al centro era il più martoriato e gli mancavano molte costole come se fosse il più navigato tra loro: il capo.

Isolato dal mondo non solo fisicamente per via del gruppo di avversari ma anche mentalmente dalle scoperte improvvise degli ultimi attimi le voci dei miei compagni d’avventura e le risate di scherno di Angus mi arrivavano ovattate come mi fossi tappato le orecchie con la cera delle candele, non riuscii a capire nulla e nemmeno avrei voluto prestarvi attenzione, sconvolto com’ero per il fatto che la mia famiglia fosse stata uccisa per il gioco di un vecchio pazzoide al quale non avrei per nulla al mondo permesso di condizionarmi: qualunque cosa mi fosse successa alla sua comparsa, qualunque cambiamento mi fosse occorso negli ultimi istanti o quale fosse la natura dell’energia che avevo avvertito pochi istanti fa. Osservai il gruppo di scheletri che continuava ad avanzare verso di me, lenti e pesanti sui loro piedi deformati e consumati dal tempo trascorso a marcire sotto terra, io invece mi fermai e non indietreggiai di un passo, deciso a scoprire di cosa loro ed io fossimo capaci, non impaurito ma anzi inferocito e deciso a focalizzare ogni stilla di rabbia contro di questi, e ne avevo veramente tanta in serbo.

Vidi all’improvviso che un alone discendeva sulle sagome scarnificate che mi si paravano di fronte, invisibile eppure reale, con solo un brillare sospetto a tradirne la presenza, misterioso e sinistro credetti che fosse un'altra diavoleria dell’ombra malvagia e alzai la guardia con le due spade in mano per essere pronto a difendermi da qualsiasi cosa, ma non vi fu un’offensiva, quello che accadde potrei descriverlo in effetti come una trasformazione.

Pian piano che il bagliore si abbassava vedevo le sagome di fronte a me prendere forma, rimpolpare quelle ossa prima con muscoli rosso vivo, sprovvisti di ogni strato di pelle insieme agli occhi che andarono a colmare i vuoti delle orbite, quindi il tutto venne ricoperto di epidermide e vestiti, capelli e barba dove presente e immaginai che tutti quegli scheletri stessero riprendendo le forme dei propri corpi una volta vivi, ma rimasi di stucco quando capii che quelle erano le vittime di Arcae, e non scelte casualmente perché di fronte a me si ergeva tutta la mia famiglia e il gruppo di compagni che frequentavo nelle mie notti di bagordi e che adesso mi fronteggiavano con le armi in pugno.

Rimasi di stucco sul momento, con la bocca aperta per lo stupore mentre quelli continuavano la loro avanzata lenta e incessante, i tratti così affilati di mio padre con quella cicatrice a lato della bocca, la perfetta pelle liscia di mia madre, i capelli ispidi e castani di mio fratello non sembravano dar adito a dubbi, i miei cari ed i miei amici morti stavano davvero di fronte a me? Resuscitati dalla magia oscura di un pazzo oppure strappati momentaneamente alla morte solamente per torturami non importava, perché in ogni caso avrebbero cercato di uccidermi e non avrebbero avuto pietà, lo sapevo come avevo sempre saputo di non amare Alice. Indietreggiai con il piede destro per avere più appoggio, e qualcosa mi fece venire un ragionevole dubbio.

Le espressioni anonime e indefinite delle persone che così bene conoscevo avevano qualcosa di strano e sinistro, le rendevano irreali e artificiali come dei manichini o marionette ben realizzate ma comunque composte di materia morta, inoltre adesso riuscivo a sentire molto bene il suono dei loro passi come se calpestassero il terreno terribilmente vicino al mio orecchio eppure non avvertivo l’ombra di un respiro in nessuno di loro, di quei morti rianimati e mi parve molto strano. Tutti questi fattori uniti ad un istinto che provavo dal primo momento in cui apparvero le facce tanto conosciute mi spinsero a diffidare di quella trasformazione e così, per buona misura invece di arretrare decisi di scattare in avanti dritto verso il centro della loro formazione.

Non diedero cenno di reazione al mio movimento anzi avanzarono ancora di un passo prima che fossi a portata di uno di quegli avversari che si erano disposti in un semicerchio quando videro che puntavo verso il loro compagno in mezzo. A due metri dal morto più vicino questo, che brandiva una lancia e si trovava alla mia destra, caricò un affondo e puntò la sua arma verso il mio petto e per fortuna che la sua velocità era piuttosto ridotta perché quando mi scansai deviando lievemente a destra per portarmi all’esterno della formazione e non venire intrappolato sentii lo spostamento d’aria a pochi centimetri dal braccio sinistro e un rivolo di sudore freddo imperlò la mia fronte.

Nonostante il rischio però adesso mi trovavo in netto vantaggio rispetto al primo avversario che aveva la forma di Aldern, un vagabondo della mia età senza nessuna aspettativa se non diventare come Angus un buono a nulla, e fu così facile colpire con la daga impugnata nella mia mano sinistra la base del cranio e falciargli la testa di netto. Alla fine del mio attacco ebbi la conferma che quelli non avevano ricomposto la forma corporea originaria, visto che la spada non incontrò alcun muscolo e nemmeno il più piccolo fiotto di sangue sgorgò dal punto in cui affondai la lama. Una volta privato della testa inoltre, lo scheletro tornò tale e perse le sembianze magicamente acquisite.

Arso da nuovo vigore e nuova rabbia contro quel viscido di Angus che aveva tentato di utilizzare un così misero trucchetto contro di me non esitai a saltare addosso al secondo avversario che mi rivolgeva ancora la schiena e brandiva un pesante spadone. Era troppo tardi quando si accorse di me, mi gettai a terra e rotolai per evitare la sua arma che aveva mulinato con una forza straordinaria, quindi conficcai la spada corta nella rotula del nemico e feci leva, sperando che la fragilità che aveva dimostrato il suo compare valesse anche per lui, ed indovinai.

Forse perché sbilanciato dall’enorme arma che forzava sul suo lato destro la giuntura cedette spingendolo a rovinare su altri due dei suoi, uno dei quali trafitto dalla stessa arma che era stata usata contro di me non riuscì più a muoversi mentre l’altro si rialzò con una certa rapidità, dandomi appena il tempo di finire il tizio con lo spadone caduto a terra con un affondo congiunto delle mie due lame prima di attaccarmi costringendomi a rotolare a sinistra per scansare il suo fendente.

Se fossi stato più attento mi sarei accorto che l’ultimo attacco era stato volutamente costruito per spingermi nella direzione che mi era obbligata perché quando tornai a guardare quello che avevo attorno mi accorsi che ero stato spinto proprio in mezzo a tutti loro, una facile preda dei loro attacchi provenienti da ogni lato, sarebbe stato impossibile per me difendermi da ogni fendente o affondo. Per essere scheletri erano più intelligenti di quello che avrei potuto pensare.

Quando partì l’attacco capii di non avere speranza, erano in sette e ognuno puntava una parte diversa del mio corpo e sarei morto se ancora una volta il gioiello azzurro nella mia spada non si fosse illuminato, suggerendomi che esistesse un’abilità in grado di proteggermi in quella situazione. Così mi concentrai e sentii ancora una volta il fuoco dentro di me, quella strana energia pulsare e ingrandirsi, aumentare di intensità così come la luce emanata dallo zaffiro che parve espandersi a dismisura formando un prisma color celeste tutto attorno a me contro il quale gli attacchi nemici cozzarono venendo respinti inesorabilmente.

Nessuna espressione stupita apparve sui volti illusori a riprova che di quello, di un’illusione appunto, si trattava, parvero anzi acquistare nuovo vigore e forza dalla mia difesa, ma non persi tempo convinto com’ero che restare dove mi trovavo fosse pericoloso e non appena la barriera zaffiro scomparve balzai a sinistra, scansai l’altro affondo di spada dell’avversario che avevo avvicinato e piantai le mie due armi nelle giunture delle spalle, così che non potesse muoversi, e per un attimo le lasciai li per avere le mani libere così da poter afferrare due coltelli che avevo alla cintura, uno per mano, e lanciarli in direzione dei due scheletri che circondavano il loro capo al centro della formazione, quindi ripresi le due spade e con uno strattone le staccai dalle spalle del mio bersaglio che cadde a terra senza braccia.
Alzai lo sguardo e vidi che i pugnali avevano mietuto altre due vittime, e che adesso restavano solamente quattro scheletri che marciavano indomiti verso di me, e che il più vicino dei quattro stava già attaccando con la sua ascia che cercai senza successo di parare, la sua forza era superiore alla mia e venendo colto alla sprovvista riuscii solamente a deviare il colpo diretto alla testa con la mia lama ed a fargli colpire la mia spalla sinistra, riscontrando un taglio non eccessivamente profondo ma piuttosto doloroso.

Mi accorsi solamente dopo che colui che mi aveva ferito incarnava le sembianze di mio padre, capo delle guardie di Arcae, così indifferente alla ferita lasciatami da essere capace di caricare immediatamente un altro colpo che però non ebbe il tempo di scagliare. Un ruggito rabbioso esplose dalla mia gola, una rabbia che non aveva niente a che vedere con il sentimento che provavo prima e rispetto al quale si era amplificata enormemente e, probabilmente a causa di quella ferita, il cervello per un attimo smise di venir controllato dalla volontà e l’istinto iniziò a farsi strada sul campo di battaglia ignorando dolore e danni collaterali che avrei potuto provocare alla spalla invertì la presa sulla daga e la conficcò nel collo di mio padre, dove in un secondo momento affondò anche l’altra spada, quindi con un atto burbero strappò le due lame da dove le aveva conficcate e con il piede dette un calcio per allontanare lo scheletro che una volta aveva assunto le sembianze del mio vecchio.

Quando ripresi il controllo di me stesso stavo già correndo verso il prossimo avversario, uno dei tre rimasti che possedeva le fattezze di Jorgen, un ragazzo alto e dinoccolato del tutto incapace di compiere una qualsiasi azione in combattimento in vita, con la collera montante ancora una volta intuii la direzione della stoccata che stava puntando al mio collo e ne deviai il corso con la lama lunga che tenevo nella mano destra, affondando quindi la daga nel polso tranciandogli la connessione con la spada e lasciandolo indifeso pronto per essere decapitato. Quando fu il momento non esitai a colpire e lui cadde.

Erano rimasti in due ormai, mia madre e mio fratello. Nonostante sapessi che fossero ridicole imitazioni decisi di lasciare mia madre per ultima, volevo poter rivedere le sue fattezze ancora una volta prima che scomparisse di nuovo riunendo lo scheletro che la ospitava alla terra morta. Mi lanciai dunque verso il più basso dei due avversari che impugnava una lunga spada arrugginita e lui non provò ad attaccarmi lasciando che fossi io a sferrare l’offensiva.

Forse fui prevedibile o magari esitai un attimo di troppo riluttante a danneggiare anche la più pallida immagine del mio piccolo fratellino, fatto sta che parò i miei due fendenti incrociati con le lame diretti al collo con una facilità disarmante senza nessun segno di esultanza o scherno nel volto, e fu per sorpresa che non mi difesi dall’attacco al fianco che mi rivolse e che fortunatamente si risolse in poco più di un graffio a causa di una mia tardiva ma provvidenziale schivata a cui seguitò una rotazione e un fendente orizzontale che mozzò la testa di netto a quell’usurpatore di memoria. Restava solo lei, incarnata dal più mal ridotto di loro che credeva con questo trucco di riuscire a sopraffarmi, credeva di fermare il mio attacco diventando una persona amata, ma io l’avevo scoperto e non avrebbe avuto scampo. Nessuna pietà per lui.

Avanzai a passi lenti e misurati, quella ridicola imitazione priva di calore umano di mia madre non si mosse, non aveva possibilità di arrendersi soggiogato com’era alla magia oscura ma seppe che l’avrei ucciso, e di dover combattere per cercare di danneggiarmi il più possibile per facilitare il compito al suo padrone.

Sentii un suggerimento provenire ancora una volta da dentro di me, come era successo prima in due diverse occasioni in cui si era svelata una nuova abilità e io, come ormai avevo imparato a fare, non repressi l’istinto ma lo assecondai attingendo ancora al fuoco dentro di me, pensando questa volta ad una finta che avrei voluto eseguire per disorientare il mio avversario, così da essere sicuro che la sua difesa andasse a vuoto, un attacco diretto al collo del malcapitato da destra verso sinistra e, quando l’energia si profuse da me seppi che stavo inviando quell’immagine alla mente dell’avversario, decidendo di assecondare quell’illusione con un gesto della mano destra come se realmente stessi compiendo quel movimento.

Seppi che l’attacco era andato a buon fine dalla parata che mia madre eseguì su un attacco mai eseguito e ne approfittai, ormai sempre meno stupito dai poteri che dimostravo di possedere, recidendo il polso armato con la lama della mia daga, dopodiché osservai attentamente per un secondo molto intenso il viso illusorio di mia madre.

“ Addio per sempre mamma”

E colpii questa volta realmente al collo decapitando in un sol colpo la persona che avevo amato di più al mondo e che ormai mi aveva lasciato per sempre.










Capacità Straordinarie: 1 (Ingegno)
Energia:Gialla80-5-5=70%>
Equipaggiamento:Spada corta: in pugno (mano destra); Daga: in pugno(mano sinistra); Coltelli da lancio 18/20
Consumi:
Basso=5%; Medio=10%; Alto=20%; Critico=40%

Pericolosità:F
Danni subiti:Fisico: Danno Basso Psicologico: illeso(Furente) Anima: Danno Medio
Diritto fisso[Passive in uso]:Grande grossa e..
L’esperienza insegna: le apparenze ingannano. Così come non si giudica un libro dalla copertina, negli anni di lavoro ho imparato a non giudicare mai un lavoro dall’esterno, una cassaforte all’apparenza impenetrabile potrebbe essere la preda più facile di questo mondo, come potrebbe essere vero il contrario. Così affinando le sensazioni, e studiando i vari modelli, lentamente ho creato uno schema che raramente mi conduce a giudicare le cose per quello che non sono, aiutato dall’udito allenato e dall’inventiva che recentemente ho scoperto in me posso svelare l’inganno.
[abilità razziale del mezz’elfo: uno dei cinque sensi più sviluppato del normale (udito), passiva energia Bianca del Talento Stratega (riconoscere le illusioni senza tuttavia disfarle), CS donata dal dominio assegnata all'Ingegno]
Materiale utilizzato[Abilità e Pergamene utilizzate]:

Abilità personale di dominio dei Congegni (1/10) Difensiva, natura Magica, bersaglio Singolo. Potenza Variabile, consumo Basso: il caster per difendersi dalle offensive può evocare congegni meccanici quali serature, lastre metalliche, sportelli blindati di casseforti, intere casseforti e altri simili sezioni di zaffiri o intere gemme così da coprire l'intero corpo. Queste emanazioni dovranno necessariamente avere origine dal caster o dalle sue immediate vicinanze.

Pergamena iniziale da mentalista “Disorientare”:
Natura fisica, potenza Bassa, consumo Basso: accennando un movimento il caster lancia un’offensiva psionica contro l’avversario, che subirà un danno Basso e crederà di venir attaccato secondo una finta o un accenno di movimento, se non opportunamente difeso
Operazioni svolte [Descrizione post]:
eccoci.
prima del combattimento ho fatto usare una tecnica illusoria al gruppo di scheletri che modificasse il loro aspetto diventando la famiglia e gli amici di Zanroar, così da far comparire la passiva del Talento stratega che permette di riconoscere le illusioni senza però disfarle ed anche quella del mezz'elfo di sensi sviluppati (udito), inoltre ho modificato la mia variabile personale di difesa così che evochi zaffiri invece che congegni meccanici, spero non sia un problema l'ho fatto per caratterizzare più il personaggio, comunque per quanto riguarda il combattimento:

Zanroar scatta verso il centro della formazione, scarta sulla destra schivando un affondo di lancia ed uccide il primo scheletro decapitandolo.

successivamente rotola in avanti evitando un colpo di spadone e conficcando la spada corta nella rotula lo fa cadere addosso ad un altro e poi lo trafigge, muoiono entrambi.

schivando un fendente si ritrova accerchiato dai nemici, impossibilitato a difendersi evoca un prisma di zaffiro di potenza Bassa che lo circonda e difende da ogni attacco fisico.

balza di lato a sinistra schivando un affondo e conficcando le due spade nelle spalle ossute di un altro scheletro, l'ultimo a sinistra, così da poter afferrare due coltelli e lanciarli uccidendo i due scheletri che circondano quello al centro

intanto un altro si fa avanti e Zanroar non riesce a schivare l'attacco ma solo a deviarlo subendo una ferita bassa alla spalla. uccide quel nemico dilaniandolo con la forza dell'ira e scatta verso un altro

correndo devia l'attacco del terzultimo scheletro, gli trancia il polso e poi lo uccide senza esitare

il successivo scheletro ha le fattezze del fratello e Zanroar pur sapendo che si tratta di un'illusione non riesce ad essere cinico e si fa parare l'attacco riuscendo solo all'ultimo istante a schivare il contrattacco, quindi eseguendo una rotazione decapita di netto quell'avversario

si dirige contro l'ultimo scheletro, lo inganna con la pergamena da mentalista "Disorientare", gli taglia il polso e quindi uccide anche quest'ultimo.

il danno all'Anima che avrebbe dovuto essere Basso passa a Medio per via delle rivelazioni di Angus e della rabbia scaturita da tutti gli accadimenti.
 
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.Azazel
view post Posted on 17/3/2014, 20:44




I Leoni Rossi
Born from the ashes, Atto III
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La reazione di Lamrael alle parole di Angus fu sconvolgente, Seagon non l'aveva mai visto in quello stato di collera e ira furibonda e rimase sconcertato per qualche breve istante. Osservò l'enorme blocco metallico, che il ragazzo utilizzava come spada, affondare nella carne del vecchio senza arrecare alcun danno: sembrava che l'arma stesse fendendo il nulla, una sorta di visione inconsistente, impalpabile.
Con tale azione Angus sparì alla vista di tutti lasciando il gruppetto di vendicatori soli in mezzo alla bruma e all'orda degli scheletri guerrieri. Il drago evocato dalla Serpe iniziò a demolire i fragili corpi degli uomini tornati alla vita: un paio di questi tento di colpire la lucertola volante alle spalle ma prontamente quest'ultima, con un repentino e violento movimento della coda usata come una frusta, schiantò le ossa dei due nemici distruggendoli una volta per tutte. Davanti al drago un gruppetto si faceva avanti lentamente con spade in pugno ed elmi atti a proteggere solo scatole craniche vuote. Seagon sorrise compiaciuto: erano nella traiettoria perfetta per venire investiti dal respiro infuocato della sua creatura.
Difatti l'enorme rettile spalancò le fauci e da esse fuoriuscì una colata di fiamme cremisi che colpì in pieno il terzetto scheletrico lasciando al termine del suo infernale passaggio un piccolo mucchietto di cenere grigio scura. Il tempo a disposizione della creatura evocata era ormai scaduto e prontamente Seagon diede l'ordine di colpire più nemici possibile prima di svanire nel nulla. Il drago colpì con veemenza altri tre avversari rendendoli inoffensivi e sparpagliando le loro ossa in giro per il campo di battaglia; dopo aver compiuto il suo dovere di distruzione, il drago scomparve smaterializzandosi e disperdendosi in minuscole particelle nell'aria.
Nonostante l'incredibile efficacia della creatura nel combattimento, Seagon non si sentiva al sicuro, vi erano ancora diversi nemici da mandare al tappeto.
E difatti due di essi tentarono di colpirlo alle spalle.
Balzò in avanti notando con la coda dell'occhio il calare di una lama dietro di lui. Avvertì il bacio freddo dell'acciaio lacerargli la carne del braccio destro dipingendogli una linea cremisi che si delineava sulla pelle ambrata, e priva di armatura, del guerriero. Non seppe il motivo, obbiettivamente di ferite in vita sua ne aveva riportate moltissime ma quella in particolare sembrò risvegliare un focolare di odio e rancore ancor più profondo ed oscuro di quello che era nato dopo la morte dei suoi cari.

« Morirete. Morirete tutti. Soffrirete quanto ho sofferto io. »
Un impeto di violenza, una furia indomabile, una rabbia esplosiva, il tono di voce basso e cadenzato nascondeva la matrice della distruzione più pura.
Le Lune Gemelle parvero intuire l'esplosione di aggressività insita nell'anima del loro padrone e risposero a modo loro a tale chiamata indiretta. Fuoco e fiamme ricoprirono le lame delle daghe, un fuoco innaturale, magico e ancor più pericoloso di quello comune.

« Morirete una seconda volta e non risorgerete più. »
Dava ancora le spalle ai due scheletri dopo esser sfuggito all'attacco di uno di essi, infine si girò mentre le fiamme danzavano ritmicamente lungo le Lune Gemelle.
Corse in avanti percorrendo il poco spazio che li distanziava poi mosse entrambe le braccia in avanti dall'esterno verso l'interno per decapitare in un sol colpo e all'unisono entrambi i nemici.

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Tentarono una vana difesa gli avversari ma il metallo che componeva le loro armi non era abbastanza solido per reggere a quello delle Lune, rafforzate peraltro dal potere della magia della distruzione. Il contatto fra le armi vide vincere in maniera brutale e decisa la coppia di daghe in possesso alla Serpe mentre le spade avversarie vennero tranciate di netto e pezzi di lama caddero a terra, sconfitti.
Ben presto piombarono a terra anche i loro possessori, privi della testa.
Qualcosa in lui sembrò mutare. Non nell'aspetto fisico e nemmeno nei suoi pensieri. Era un qualcosa di più celato, nascosto, l'odio che prima aveva percepito nel profondo della sua anima non s'era calmato in seguito all'offensiva che gli procurò una ferita al braccio, anzi: sembrava destinato a crescere.




Seagon Tigersoul
la Vipera delle Sabbie

CS 4 ~ Destrezza 2 - Intelligenza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 80% - 10% = 70%
Status Fisico: Danno Basso braccio dx sotto forma di lacerazione.
Status Psicologico: Indenne.
Status Anima: Danno Basso.

Equipaggiamento in uso

Lune Gemelle__Inutilizzate.
Balestra__Inutilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla. Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1 e 2 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}

Attive Utilizzate

draco__ La tecnica ha natura di Evocazione, consumo Alto. Lo stregone evoca un drago, delle dimensioni massime di un elefante, totalmente asservito a lui, dalle scaglie nere come la notte e profondi occhi rossi, fiammeggianti. La creatura sarà dotato di artigli, zanne e soffio infuocato con cui compiere attacchi fisici e potrà volare. Andrà considerata come un'evocazione di potenza Media e potrà incassare un totale di danno pari ad Medio, prima di scomparire. Se non distrutta resterà sul campo di battaglia per due turni, compresa l'attivazione, se non sconfitto prima. L'evocazione sarà di potenza pari a 4 CS. [Utilizzata il turno precedente]
{Pergamena Draco - Mago}

vetus flammas__ La tecnica ha natura Magica, consumo Medio. Lo stregone sarà in grado di circondare una parte del proprio corpo, l'intero corpo o il proprio equipaggiamento e le proprie armi con l'elemento che controlla, il fuoco, nonchè manifestazione elementale della sua anima corrotta. Questa tecnica non può essere castata nel momento della difesa per danneggiare il nemico che attacca. In compenso, nel momento in cui Kel sferra un attacco con un'arma o una parte del proprio corpo ricoperta dall'elemento, questo conterà come una tecnica di potenza Bassa che infligge un danno Alto compatibile con l'elemento del fuoco.
{Pergamena Fusione Elementale - Mago}


 
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Endymyon
view post Posted on 17/3/2014, 23:59




Leoni Rossi


Il vecchio scomparve con profetiche parole. Portava verbo di morte e distruzione il cieco, reso ancora più orbo dalla rabbia che gli attanagliava l'anima fin nelle viscere.
Erano davvero destinati anche loro a diventare come lui? Avrebbero veramente perso la ragione per avere più potere?
Sì, molto probabilmente. Paneak lo sapeva, sentiva in cuor suo che aveva ragione quel mostro dalle sembianze umane, in fondo aveva già distrutto un villaggio in una sola notte, lasciando apposta alcuni superstiti. Il ragazzo aveva visto il mostro, aveva sentito il gelo che essa emanava, aveva toccato il punto più profondo del terrore e dell'orrore, e ora, ancora una volta, era immobile.
I compagni attaccarono brandendo asce, spade e scudi, caricando con l'aiuto di divinità o di demoni.

E mentre loro si davano da fare cosa faceva lui? Lui rimaneva immobile, fermo, senza nemmeno la forza di tremare. Gli scheletri lo accerchiarono e le loro mandibole incominciarono a muoversi, tintinnando quasi volessero ridere, senza però riuscirci. Levarono gli arti corrosi dal tempo senza più carne, con la magia impugnarono le spade, e senza esitazione trapassarono il giovane da parte a parte. Chi con le frecce conficcate, chi con i crani spaccati non indugiarono nel voler uccidere il ragazzo.

Eppure loro non erano come quel mostro.
Loro non erano neri e cupi, non emanavano gelo, non erano ciò che aveva ucciso sua madre e suo padre nel loro letto staccando a morsi le loro teste. Loro non avevano quell'occhio indagatore che sviscerava la sua persona.
Loro non erano la bestia.
Loro non avevano potere su di lui.
La piccola nebbiolina nera venne attraversata da parte a parte con le armi arrugginite dal tempo.
Non potevano ferirlo, e nemmeno dovevano. Al pari dei ricordi, quegli scheletri dovevano rimanere sepolti nelle loro bare come memoria del passato. Dovevano rimanere lì, dimenticati ma sempre presenti, monito del passato per il futuro. Erano ricordi dolorosi che avrebbero costruito esperienza.
Paneak estrasse spada e pugnale mentre gli scheletri, senza alcuna espressione, rimasero fermi quasi sembrassero aspettare. Con tutta la forza che le sue esili braccia potevano, si affrettò a fare un tondo. La spada lasciò dietro di sé una scia di ossa rotte. Quattro scheletri caddero a terra senza più potersi rialzare.

"Non basta."

Gli altri scheletri, i suoi avversari, si ripresero dallo stupore e ritornarono all'attacco, impazienti di assaggiare il suo sangue o la sua anima probabilmente. Attaccarono ancora a gruppi, volevano metterlo alle strette, ma il suo corpo ormai era immune alle semplici armi. I primi due scheletri che provarono ad attanagliarlo quasi fossero una forbice gigante cozzarono contro la spada presa in prestito dal fabbro. Il giovane era scattato velocemente tra i suoi avversari per poi girarsi e parare i colpi ormai smorzati di energia. Lo scheletro alla sua sinistra si ritrovò il becco dell'aquila piombargli in picchiata sul cranio, feroce come se fosse vera e non solo ferro. Il secondo invece si beccò un artiglio dritto nella cavità nasale, poi un fendente sfracellò ciò che rimaneva del cranio.
Altri tre scheletri seguirono subito dopo i loro compagni, dapprima inginocchiandosi alla forza del ragazzo appena rinato, insensibile ai loro colpi ma sempre letale.
L'ultimo scheletro, invece, volle misurarsi alla pari con Paneak e, incanalando le energie di tutti i suoi compagni appena caduti ancora in battaglia, portò la spada bastarda alla fronte. Quasi rimembrando l'antico passato, fendette l'aria velocemente ma senza foga, costringendo il giovane a parare ed indietreggiare. I suoi tondi sarebbero stati molto dannosi probabilmente, se il ragazzo non li avesse deviati.
Le spade cozzarono ancora un paio di volte prima che il giovane decidesse di superare l'antico guerriero, e parato il fendente tra spada e pugnale, quest'ultimo venne ritirato per poi affondare nella fronte ossea dell'antico guerriero.

Non era più inutile, ora , ai suoi compagni, ma sapeva di non dover fare affidamento sui suoi nuovi poteri. Ancora una volta sentiva il peso dei suoi pochi anni e della sua inesperienza, del suo fisico gracile. Socchiuse gli occhi, per poi riaprirli ancora impotente di fronte a quel destino che sembrava segnato. Solo il male, in fondo, sembrava volergli dare ciò che in quel momento agognava possedere, ma che non poteva avere se non perdendo ciò per cui voleva la forza.

CITAZIONE
Stato fisico: Illeso
Stato mentale: Danno Basso
Stato Anima: Danno Basso
Energie: 95%- 10%-10%= 75%
CS: 1 in Destrezza + 4 momentanei in Intelligenza

Armi/Armature:
-Coltello
-Sciabola
-Armatura di cuoio
-Arco piccolo 12 munizioni

Passive:
-Movimenti silenziosi e non emissione di odori
-Capacità di appendersi e camminare su qualsiasi superficie o liquido (aria inclusa)
-Difesa da passive psioniche


Attive utilizzate:
CITAZIONE
Corpo d'ombra: Il negromante attinge ai poteri dell'oscurità, rendendo il suo corpo impalpabile e divenendo simile ad un'ombra.
La tecnica ha natura magica. Il caster rende il suo corpo un tutt'uno con l'oscurità, divenendo etereo, o come se fosse composto da vera e propria energia negativa - in questo stato gli attacchi fisici del nemico, di qualunque natura essi siano, lo attraverseranno come se non esistesse, scomparendo dentro di lui o oltrepassandolo. A seconda della personalizzazione è possibile associare a questa tecnica leggere mutazioni che non compromettano la riconoscibilità dell'utilizzatore, come lo scurirsi della propria pelle finché non divenga nera, leggeri tratti demoniaci o una figura semi-trasparente, come quella di un fantasma. La tecnica garantisce un effetto di mimesi oscura, ovvero di semi trasparenza nelle ombre, da intendersi - però - come prettamente scenica e rimessa, per la sua interpretazione in duello, alla sportività dell'avversario. La tecnica dura due turni compreso quello d'attivazione, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio del caster.
Consumo di energia: Medio

CITAZIONE
Superbia: Il negromante richiama a sé le forze più arcane della sua mente, pronto a sprigionarle sui suoi avversari.
La tecnica è un power up di natura psionica. Il negromante, dopo un breve periodo di concentrazione, entra in uno stato di concentrazione tale da permettergli di affrontare qualsiasi avversità senza essere colto alla sprovvista. Influenzando la sua stessa mente, il caster otterrà un power up di 4 CS a una qualunque delle capacità legate alla mente, personalizzabile in quanto tale, e per la duratadi un solo turno.
Consumo di energia: Medio

Riassunto: Paneak rimane immobile mentre i compagni incominciano a uccidere gli scheletri. Si sente inutile in quella situazione, ma i ricordi del mostro che ha ucciso i suoi genitori "risveglia" i suoi poteri. Accerchiato, subisce la psionica bassa degli scheletri (simile ad Intimorire del Guerriero) ma riesce los tesso ad utilizzare sia Corpo d'ombra sia Superbia (tecniche del negromante).
Con 5 CS e immune ad attacchi normali, abbatte facilmente 4 scheletri e poi incominciano le "battaglie" meno numerose a gruppi di 2-3 nemici alla volta.
L'ultimo nemico utilizza un power up alle CS per arrivare al pari di Paneak, e sebbene quest'ultimo non risenta dei colpi fisici, combatte come se non volesse rischiare, quindi parando e schivando/deflettendo i colpi.

Note: Scusate il ritardo e qualche possibile errore di distrazione, finito il post ora e lo invio così com'è, non vi rallenterò :cxz:


 
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view post Posted on 19/3/2014, 13:19

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Lamrael respira a fatica, era piegato in due poggiato sulla spada a due mani, prendeva fiato, dalla fronte sangue colava copioso, lordandogli tutte le vesti e tutto il viso. Sentiva i muscoli bruciare, le ossa dolere.

Era abituato al dolore, alla fatica, eppure quello era un dolore diverso, strano.

Lamrael era abituato a camminare ore e ora sotto il sole cocente, a fare forza sulle gambe trascinando un pesante aratro che gli faceva d’attrito, quella breve battaglia di pochi minuti non poteva essere neppure paragonabile. Quella battaglia gli aveva fatto usare muscoli che fino ad allora a poco gli erano serviti, non erano le gambe a fargli male, né la schiena – come solitamente era abituato – ma le braccia, le spalle, le costole – colpite dai suoi avversari – e una ferita sulla fronte, che non né voleva sapere di smettere di sanguinare. La sua mente tornò lucida lentamente come se, piano piano, i suoi occhi mettessero a fuoco i colori del mondo che, fino a un attimo prima, erano d’un grigio apatico tendente al nero. Quello che provò Lamrael fu un turbinio d’emozioni, fu un vortice di sensazioni, malevoli e malvagie, che collimarono all’interno del suo cuore e della sua mente, offuscandoglieli. Aveva perso la cognizione, il raziocinio e, più di una volta, non seppe con certezza se quelli che stava attaccando fossero nemici o compagni d’avventura. Sentiva la sua mente e il suo corpo immersi in un’altra essenza, come se fosse attratto da qualcosa di magnificamente più grande di lui, che cercava ma al contempo ripudiava fortemente, quando tutto finì, fu preso dallo sconforto. Come se lui quella battaglia l’avesse persa anziché vincerla. Si guardò intorno – e con grande sollievo – vide che i compagni di quella scellerata avventura erano ancora in piedi, stanchi, doloranti ma vivi, altresì intorno a lui v’era un’ecatombe di scheletri, ossa bianche mangiate dal tempo, uno spettacolo orrido e inverosimile, pareva di essere a un cimitero con le tombe scoperte. Il gelo gli traversò per un’altra volta il corpo, una brezza gelida gli consumò le ossa e, per un’istante, pensò di nuovo al peggio, ancora una volta la mano scorse verso la spada, che stava diventando tremendamente familiare ma tremendamente pesante. Trattenne il respiro per qualche secondo, i rami secchi degli alberi graffiarono l’uno contro l’altro, qualche animale ruggì nel ventre della foresta, ma nulla parve muoversi contro di loro. Non per il momento per lo meno. Il contadino si rimise la spada legata dietro alla schiena, non correvano un rischio immediato e il braccio destro cominciava a indolenzirsi sotto il peso della spada. La luna, oltre le chiome scheletriche degli alberi, stanziava alta nel cielo adornata dalle stelle, ma ora, rispetto a prima della venuta di Angus, era visibile persino dall’interno della foresta, in un certo modo, la luce della luna perfettamente visibile, aveva tranquillizzato Lamrael facendogli credere che ormai il peggio fosse già passato.

« Sono consapevole che ve la siete vista brutta, » Lamrael li guardò uno a uno, « eppure siamo sopravvissuti. »
Lo disse orgoglioso del proprio operato, eppure un pizzico di malinconia gli turbò il tono della voce.

Avevano vinto quella battaglia, si ma a che prezzo?

Tornò a guardare i suoi compagni, cercando di infondere in loro un coraggio che nemmeno Lamrael aveva più, dentro il suo cuore si annidava lo sconforto, la rabbia, una sensazione oscura che presto lo avrebbe divorato nel profondo, ma che per ora riusciva a tenere a bada. Nessuno di loro lo aveva nominato capo, anzi era il meno indicato per esserlo tra tutti. Seagon era il miglior combattente di tutti, e sicuramente il più esperto; Zanroar beh, lui era il pupillo di Arcae; Shaian aveva dimostrato notevole forza e una spiccata dote di magia, poi era il più vecchio tra tutti; Daries era la guardia cittadina più abile e motivata di Arcae; forse il solo Paneak era altrettanto, o più, fuori luogo di lui. Tuttavia si eresse, moralmente, sopra le loro teste, prendendo in mano le redini della situazione, sapendo a stento come un leader si dovrebbe comportare.
Se fossero tornati vincitori ad Arcae, nessuno lo avrebbe ricordato come il vincitore, ma come uno dei tanti di quella spedizione, probabilmente tutti gli onori sarebbero finiti a Zanroar, lui il vero eroe del gruppo.
Ma a Lamrael andava bene così, a lui non interessavano cose futili come la gloria, lui esigeva soltanto la vendetta che gli spettava, diventata un diritto l’attimo dopo che Angus si portò via la vita di Alice.
Strinse i pugni, e immediatamente sentì la rabbia crescere dentro di lui e, contemporaneamente, uno strano senso di benessere invadergli il corpo, appagargli la mente e lenire le ferite.

« Dobbiamo proseguire verso sud. »
Verso la tana di Angus, lui li aspettava, li bramava, li desiderava.
Voleva farli diventare come lui.
Lui l’avrebbe accontentato, sarebbe andato lì per ucciderlo.

« Ma per questa notte è meglio se ci accampiamo. »

Il freddo insistente gli fece accapponare la pelle, nonostante la primavera quei luoghi vivevano ancora di un excursus termico incredibile tra il giorno e la notte.
I giorni erano caldi, bollenti, le notti fredde e gelide.
« Cercate qualsiasi cosa ci torni utile per superare la notte. »
Altrimenti moriremo ancor prima di raggiungerlo.
« Non abbiamo più acqua e solo carne secca e pane duro da mangiare. »
L’indomani avrebbero sofferto la sete e la fame. Soprattutto la prima.
« E per favore, curatevi quelle ferite. »






QM - POINT

Allora, è molto semplice, ci sposteremo in confronto per proseguire questa parte della quest. Mi raccomando, in quella sede, non voglio post elaborati che vi facciano perdere tempo, mi bastano azione descritte alla bene e meglio per farmi capire quello che volete fare, sarete sempre e solo giudicati per i vostri post qui, in quest. Detto questo passiamo alle consegne: Non abbiamo acqua, la notte è fredda e se non troviamo un posto dove accamparci o troviamo un modo per riscaldarci passeremo una notte a ghiacciarci i cosidetti, rischiando la vita. Ogni cosa farete o non farete, avrà conseguenze sulla salute e l'energia dei vostri pg. Ora avrete già la possibilità di utilizzare il vostro status Anima. Infliggendosi un danno anima potrete: curarvi le ferite, un danno basso cura un basso e così via, con un consumo basso accendere il fuoco, e altre cose che vi possono venire in mente. OVVIAMENTE, tutte queste azioni, potrebbero essere fatte tranquillamente senza spendere uno status anima, ma semplicemente con un po' d'ingegno o fortuna.
Spero di essere stato chiaro e di non aver dimenticato nulla.
Avete 3 giorni di tempo dallo stop in confronto. Ma non vorrei andare oltre il 27 marzo.
 
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Ydins
view post Posted on 26/3/2014, 01:29




Leoni Rossi - Acqua difficile.



La notte sarebbe calata di li a non molto e non era necessario essere viaggiatori esperti per sapere che il peggior nemico da affrontare nel deserto non erano i predoni, ne i serpenti, ma la temperatura. Di giorno il corpo era obbligato a sudare continuamente per cercare di mantenere la temperatura costante, nonostante gli sforzi dell'ambiente di consumare tutta l'acqua presente nel corpo oppure procurare delle terribili scottature sulla pelle con un caldo infernale. Col buio, invece quella natura inospitale invece cercava di “finire il lavoro” con un freddo da far concorrenza ad alcune cime dell'eden. L'organismo di chi viaggiava in quel territorio era costretto a dover resistere ad un'escursione termica ai limiti dell'estremo, prova che solo in pochi sono in grado di superare, e non sempre illesi.

Daries capì che la prima cosa da fare era pensare al giorno dopo. Era stanca, sporca e ferita, ma doveva reagire, continuare a mantenersi viva. Non aveva fame, ma era sicura che per quanto resistente, il suo stomaco avrebbe accettato ben volentieri qualcosa da digerire. Aveva la gola secca, ma sentiva di poter resistere ancora per un po' di tempo prima di ritrovarsi disperata e priva del senno, disposta a donare tutto quello che possedeva in cambio di un bicchiere d'acqua. Sapeva che l'addestramento imposto dal capo delle guardie cittadine richiedeva una certa capacità di poter sopravvivere nella natura selvaggia ed avversa. Molti ritenevano che dovevano imparare a riconoscere cibi che potevano essere ingeriti senza pericolo e riconoscere una fonte d'acqua non contaminata. Daries invece aveva optato per la capacità di resistere. Non aveva senso imparare quali fossero i funghi velenosi, bastava solo essere in grado di tenere la bocca chiusa e rimanere forti di fronte a degli stimoli come un fiumiciattolo di foresta. Tutto quello di cui aveva bisogno si trovava nel suo corpo e si sarebbe rifocillata solo quando sarebbe tornata nella civiltà.

Sembrava che in qualche modo tutti gli appartenenti del gruppo in un modo o nell'altro avessero ottenuto delle conoscenze interessanti ed a dir poco uniche. Forse era stata quella sensazione di potere che aveva percepito prima crescere nel suo corpo, ma non poteva dire di esserne completamente sicura. Era stata in grado di indurire il suo braccio al punto da poter sopportare un fendente di spada; un'azione che di certo una guardia cittadina dalla vita noiosa non sarebbe mai riuscita a fare senza seguire un qualche tipo di addestramento magico. Paneak aveva mostrato la capacità di usare l'aria come appoggio oppure quella di volare, bastava scambiare il punto di vista, e cercò di rendersi utile come vedetta, solo che la notte non gli permise di avere una grande panoramica di ciò che li circondava.

Determinata nel ottenere dell'acqua, utile a tutto il gruppo, la guardia decise di allontanarsi, in direzione est. Quella direzione la ispirava, ma all'inizio dovette ammettere di aver trovato solo alberi terra e sabbia. Non sentiva rumore di acqua scorrere, forse il fiume era sotterraneo, quanto avrebbe dovuto scavare prima di trovare qualcosa, per poi dover stare a perdere del tempo per filtrare l'acqua. Era troppo lavoro, senza considerare che non aveva neppure degli strumenti adatti allo scopo.

Dal corso di sopravvivenza aveva appreso che negli alberi c'era nella maggioranza dei casi dell'acqua. Bastava solo provocare un'incisione profonda nella corteccia e raccogliere i frutti. Così la donna afferrò l'ascia con entrambe le mani lasciando così lo scudo a terra e colpì con tutte le sue forze il tronco. Le bastò un secondo movimento degli arti superiori per ricavare una sorta di piramide di legno e linfa che cadde a terra. Daries non si aspettava di certo un fiume in piena uscire dal vegetale, ma quelle poche, pochissime gocce non le tirarono su il morale. Notò che nella parte di suolo bagnata dalle gocce erano cresciute con una velocità sorprendente delle erbe. Per essere sicura di ciò che aveva visto, si concesse il lusso di un secondo tentativo su un vegetale adiacente. Il risultato fu lo stesso, ovvero poca acqua e piante che crescono rapidamente a terra. Quanto avrebbe dovuto disboscare prima di poter riempire una borraccia? Sarebbe stato più facile e veloce scavare un pozzo usando come unico strumento le mani. Doveva continuare, forse avrebbe trovato una fonte, prima di allontanarsi troppo dal cimitero degli scheletri.

Daries non seppe dire con precisione da quanto tempo stesse camminando, ma ad un tratto incontrò Paneak, sembrava anch'egli interessato a trovare qualcosa da bere, così i due procedettero allo scopo di trovare qualcosa da bere.

Finalmente il duo venne premiato per gli sforzi, di fronte ai loro occhi si stagliava una distesa enorme d'acqua. Contenta per la scoperta, la donna non seppe resistere alla volontà di bere, così ignorando il dolore provocatole dalle ferite che aveva in corpo si gettò in acqua e dopo aver raccolto le mani a coppa iniziò a bere quel liquido. Pena che meno di un secondo dopo, fu costretta a sputarlo, l'acqua era salata. Quella era la goccia che faceva letteralmente traboccare il vaso. Non ne poteva più. Iniziò a sbattere il pugno ripetutamente sulla superficie del mare senza alcuna vergogna di mostrare a concittadino la sua ira. Che cosa avrebbe dovuto fare per ottenere della stramaledettissima acqua? Uccidere? L'aveva già fatto. Vedere qualcuno morire? L'aveva già fatto. Desiderare ardentemente di idratarsi? Lo stava facendo. In cuor suo maledisse qualunque cosa le stesse arrecando una sfortuna di quelle dimensioni, non poteva andare tutto così storto!

Quando il dolore aumentò, a causa dello sforzo a cui aveva sottoposto il braccio si fermò ed iniziò a far funzionare il cervello. Per quanto quell'acqua fosse schifosamente salata, rimaneva pur sempre acqua. Se avesse avuto qualcosa per rimuovere il sale, o perlomeno diminuirne considerevolmente la quantità, avrebbe potuto renderla potabile. Non poteva di certo ricorrere alla temperatura, le mancava un fuoco e come se non bastasse non aveva niente per raccogliere il vapore, quindi dovette pensare ad un modo più primitivo. Le serviva un tessuto e della sabbia. Fortunatamente disponeva di entrambi.

Con le mani Rieella iniziò a togliersi la camicia che indossava, ma il pudore con cui era stata educata le impedì di continuare, Paneak non era suo marito, ne il fidanzato e non aveva la minima intenzione di rivelare il suo corpo.

Paneak, potresti prestarmi la tua maglietta? Con un po' di sabbia dovrei riuscire a rimuovere un bel po' di questo sale, rendendo l'acqua potabile.



Il ragazzo accettò e la guardia cittadina si mise immediatamente all'opera. Raccolse con le mani tutta la sabbia che riuscì ad infilare in quell'indumento. Ne legò le estremità al meglio che riuscì e poi si curò di inzuppare solamente la parte superiore di quel insieme di tessuto e granelli con l'acqua di mare, per poi girarlo. L'acqua venne filtrata ed iniziò a colare ed entrare nella borraccia, che era stata saldamente posizionata sulla sabbia, in modo che non scivolasse e proporzionasse uno spreco di quella risorsa tanto preziosa. Il sapore non era dei migliori, ma almeno riusciva a scendere per la gola senza lasciare quella spiacevole sensazione di prima.

I due bevvero per poi riempire il contenitore e finalmente tornarono dal gruppo. La donna era felice, era stata in grado di appagare la sua sete e forse le cose iniziavano a girare per il verso giusto, ma si sentiva più leggera, anche se doveva ammettere che la rabbia che aveva provato durante lo scontro di prima faceva fatica a scemare, sembrava una di quelle braci che continuano ad emettere calore tempo dopo aver finito di arrostire l'ultima bistecca. Mentre superava gli alberi, Daries si curò di raccogliere da uno degli alberi che aveva tagliato prima un po' di quell'erba che era cresciuta velocemente a contatto con l'acqua, per infilarla nello zaino.

Quando la guardia raggiunse il gruppo, sembrava che fosse successo qualcosa a Lamrael, perché era a terra ed ad un primo sguardo privo di sensi. La donna non aiutò a trasportare il compagno ferito, ma seguì i “commilitoni” fino ad una grotta, un posto ideale per passare la notte, sempre che donna sfortuna non avesse altri progetti per loro. Chiunque avesse chiesto dell'acqua, Daries avrebbe ceduto senza problemi la sua borraccia poiché dopo aver appagato il suo desiderio di bere, non sentiva più la necessità di ingerire altri liquidi. Gli altri invece dovevano avere la gola secca, quindi quel contenitore avrebbe migliorato un po' le loro condizioni.

CITAZIONE
Energia residua: 70%
Fisico: Ferita bassa al braccio sinistro x2. Ferita bassa alla spalla sinistra..
Psiche: Illesa.
Anima: Medio + basso.
Stato d'animo: Apparentemente calma, ma con dei sentimenti negativi pronti ad esplodere.
Armi usate: Nessuna.
Azioni: Non necessario.
Abilità in uso: Tenacia (daries è resistente alla fame ed alla sete).
Note: Nessuna..

Tenacia :. La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.

Passiva del nano.

 
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.Azazel
view post Posted on 27/3/2014, 13:25




I Leoni Rossi
Born from the ashes, Atto IV
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« Dobbiamo proseguire verso sud. Ma per questa notte è meglio se ci accampiamo. »
Esclamò Lamrael dando voce al pensiero di tutti: erano stanchi, affaticati sia dal viaggio che dal combattimento appena conclusosi con la loro vittoria, dovevano trovare un rifugio per riprendere un pò di energie e rifocillarsi con acqua e cibo. Seagon rinfoderò le Gemelle e si incamminò con Zanroar alla ricerca di tutto ciò che poteva rivelarsi utile al gruppo, si diressero verso le montagne. Durante il tragitto gli occhi della Vipera zigzagavano da una parte all'altra del campo visivo alla ricerca di piccoli rami, arbusti secchi, foglie ed erbacce, utili per accendere un fuoco per la notte. Sapeva fin troppo bene qual era il valore di un focolare, oltre che riscaldare le membra nelle notti gelide diveniva un balsamo perfetto in grado di riscaldare e tranquillizzare gli animi, forniva sicurezza, dava conforto. Dopo diversi minuti iniziarono a percepire una sorta di fruscio provenire dai cespugli e lo schianto secco di rami che si spezzano sotto il peso di qualcuno o qualcosa. Un grosso cinchiale fuoriuscì dalla selva e caricò Zanroar che, dopo pochi istanti, fu in grado di metterlo al tappeto e dargli il colpo di grazia: se non altro avevano trovato la cena ideale. Insieme al compagno prelevò pezzi della carne del cinghiale e li mise nel piccolo fagotto che si portava appresso dopodiché ripresero la marcia che li portò nei pressi di una grotta, in lontananza pareva più la bocca spalancata di un vecchio mostro di pietra ma aldilà di tutto era pur sempre un ottimo rifugio. Tramite un'abilità speciale di Zanroar, in grado di emettere in cielo una sorta di segnale, cercarono di far capire agli altri quale fosse la loro posizione e, volendo, avrebbero potuto raggiungerli in quello che sicuramente si sarebbe trasformato nel loro accampamento.
Accesero due fuochi e poi ognuno intraprese azioni differenti. Tra esplorazione della grotta, mettere la carne al fuoco, andare alla ricerca di acqua, vi era sempre qualcosa da fare quando si parlava di sopravvivenza in un luogo selvaggio. Dal canto suo, Seagon, si sedette dinanzi al falò da lui creato e forando delle fette di carne con la daga vi infilò un bastone resistente, infine le mise sulle fiamme, pronto ad assaporarne il sapore.
Combattere gli faceva venire fame.

Addentò la carne e per poco non si strozzò con un boccone troppo grande. Aveva dimenticato quanto fosse buona la selvaggina: possedeva aromi e sapori del tutto differenti dalle carni reperibili ai vari mercati cittadini.
Poi la sua mente gli giocò un tiro mancino devastante e che gli fece perdere totalmente l'appetito e lo rabbuiò in volto.
La sera prima della disastrosa notte che colpì Arcae e molte persone, lui e la sua famiglia stavano cenando, tutti assieme, come sempre, nel loro piccolo nido fatto d'amore e pace ardentemente conquistata solo tramite il sudore della fronte e la forza di volontà. L'odore particolare della cacciagione gli ricordò quello delle spezie usate dalla sua amata mentre preparava i suoi piatti in grado di far innamorare qualsiasi mortale soltanto tramite l'olfatto. Era una cuoca bravissima, una madre amorevole e una compagna di vita incredibile.
Strinse forte il pugno che teneva il tronco con la carne e poi lo spezzò in due colpendo il terreno roccioso, con un'esplosione di violenza spropositata.
Perché non era morto?
Perché doveva rimanere in vita con un macigno di tali dimensioni sul cuore?
Avrebbe venduto l'anima al demonio se solo avesse avuto la certezza di salvare la vita della donna che amava e di suo figlio.
Nuovamente avvertì una sorta di bruciore interno, come se qualcosa di introvabile, di recondito come l'anima stesse andando a fuoco, bruciando di rabbia e collera nei confronti del destino e di colui che aveva originato la notte degli orrori.
Un rumore in sottofondo, apparentemente versi umani, lo risvegliò dallo stato di trance in cui era caduto per diversi istanti.
Non riuscì a capire se ciò che aveva sentito fosse frutto della sua mente o fosse reale, ma giurò di aver sentito la voce di Shaian in lontananza. S'alzò in piedi e abbandonò la carne e il falò, uscì dalla grotta e s'immerse nel folto della foresta: tutti i suoi dubbi trovarono conferma. Shaian stava cercando aiuto. Seguì la sua voce e dopo pochi istanti si trovò dinanzi al fabbro e a Lamrael, svenuto a terra, con un cervo morto al suo fianco e tre borracce piene d'acqua. Prese subito le tre borracce e se le infilò nella sacca infine, con l'aiuto di Shaian, tirò su il ragazzo e assieme lo portarono alla grotta, al riparo da tutto.



Seagon Tigersoul
la Vipera delle Sabbie

CS 4 ~ Destrezza 2 - Intelligenza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 70%
Status Fisico: Danno Basso braccio dx sotto forma di lacerazione.
Status Psicologico: Indenne.
Status Anima: Danno Basso.

Equipaggiamento in uso

Lune Gemelle__Inutilizzate.
Balestra__Inutilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla. Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1 e 2 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}

Attive Utilizzate

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view post Posted on 28/3/2014, 15:28

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Leoni Rossi

« Vivacco»




Andare verso Sud. Nella tana del lupo..
Quel ragazzo era determinato nei suoi intenti di vendetta, anche troppo...
La mia lunga vita mi ha insegnato che la vendetta non lava le offese subite, semmai sporca chi la compie delle stesse atrocità commesse da coloro contro cui la utilizziamo.
La vendetta è un'arma pericolosa, è una spada senza guardia: le possibilità di ferirsi inguaribilmente sono assai maggiori rispetto alla soddisfazione di compierla.
Iniziai a pensare che il puro oro della sua anima fosse oramai inevitabilmente contaminato dal piombo di quell'oscurità con cui Angus diceva di averci contagiato.
Non avevo voglia di imbarcarmi in una missione in cui avrei potuto perdere la mia anima, non volevo "sporcarmi" anche io ma... cosa mi rimaneva?
Se anche il prezzo da pagare fosse stato orribilmente alto, avrei contribuito a liberare il mondo da quella minaccia. Pensai che anche un nobile metallo necessita di una minima contaminazione per essere utile. L'acciaio da solo è troppo rigido per essere manipolato, l'oro troppo malleabile, l'argento troppo morbido.
Accettai la possibilità di corrompermi se questo poteva servire uno scopo più alto.

Non era una decisione che presi a cuor leggero. Gli ostacoli non erano solo morali.
Eravamo stanchi, avevamo esaurito morale, salute ed energie in una battaglia che aveva avuto il solo risultato di precipitarci ancor più a fondo nell'abisso dei nostri fantasmi.
Avevamo bisogno di un riparo e di provviste e questo era un bisogno ben più impellente rispetto al desiderio di rassicurazioni e vendetta che anima il nostro viaggio. La lotta contro l'oscurità poteva attendere...
Mentre gli altri miei compagni di viaggio si disperdevano nella foresta alla ricerca di cibo, acqua e un rifugio io rimasi nella radura.
Il mio istinto mi portava a sentirmi a a mio agio mentre l'odore del ferro surriscaldato intontisce il mio olfatto, il mio cervello lavora meglio quando è occupato a forgiare armi...Andare a caccia o raccogliere radici non era un'occupazione che faceva per me.
Iniziai a guardarmi intorno per cercare di raccimolare materiali per costruire qualcosa che fosse utile a tutti.
Notai che le armature e le spade arruginite erano in pessimo stato per essere utilizzate in combattimento, ma potevano tornare utili a loro modo; potevo ad esempio costruire rudimentali tagliole utilizzando le corregge di cuoio e le punte delle spade. Ossa e rami, accuratamente occultate in una piccola fossa, potevano divenire trabbocchetti...
Raccolsi il materiale ripromettendomi di mettermi all'opera non appena avessi trovato il luogo adatto per lavorarli.
Le trappole potevano tornare utili in molte maniere: tenere lontano visitatori indesiderati -siano essi creature della natura, esseri umani o mostri - e cacciare qualche lepre sono solo un esempio.
Ero incerto su dove dirigermi. Esplorare una ambiente pieno di pericoli che non mi ero mai trovato ad affrontare, di elementi che non potevo controllare non mi piaceva, ma non potevo rimanere li a non far nulla. Dall'incertezza mi liberò uno strano avvenimento...
Nel cielo comparve uno strano cristallo; seguirlo era un azzardo, non sapevo chi avrei trovato alla fine di quel singolare filo di arianna, ma non erano forse azzardi tutti gli sforzi compiuti fino ad allora? Non era la nostra improbabile compagnia, la nostre folle impresa?
Lasciai che a guidarmi fosse l'istinto, mi diressi senza indugiare oltre nella direzione indicata e fui sollevato nel trovare alcuni dei miei compagni con un fuoco acceso, una preda per sfamarci e persino un rifugio in cui passare la notte.
Mi misi subito al lavoro per mettere in sicurezza la zona: costruii le mie trappole e ne disposi una parte vicino l'ingresso della caverna avvertendo gli altri della loro presenza.
Il cinghiale era tornato utile anche a questo scopo: i tendini ripuliti dal grasso e dalla carne erano assai più adatti a fungere da molla per le mie tagliole artigianali.
Qualche boccone meno prelibato, prevalentemente grasso e pelle potevano servire da esca per una volpe o un tasso. Questi piccoli carnivori, se cucinati a dovere, pedono la durezza della carne e lo sgradevole aroma di selvaggio che li caratterizzava. Certo, l'odore del sangue poteva attrarre i lupi ma a questo punto preferivo saperli con una zampa intrappolata nella morsa della mia tagliola piuttosto che liberi di assaltarci alla gola non appena il sonno o la fatica avrebbero prevalso.
Zanroar nel frattempo aveva scelto di esplorare la caverna. Un'ottima precauzione per evitare aggressioni da eventuali "abitanti" di quei luoghi.
Le caverne sono spesso la tana di bestiole a volte minuscole ma altre terrificanti come gli orsi ad esempio. Lasciarlo andare da solo non era, al contrario, una buona idea. Se davvero eravamo sgraditi ospiti di qualche animale, meglio affrontarlo in due visto e considerato che lui aveva già dissipato una parte delle sue forze per procacciarci una cena decente.
Non trovammo altro che un buco nel terreno. Zanroar scaglio una pietra per sondarne la profondità o la presenza di acqua, che a momento rimaneva l'urgenza più impellente tra tutte e l'unica a non aver trovato una soluzione.
Perchè anche se avevamo fuoco, cibo e un luogo dove riposarci non potevamo pensare di sopravvivere senza acqua.
Previdententemente mi ero creato una rudimentale "bisaccia" in grado di contenere liquidi. Fu sufficiente pulire ed estrarre la vescica del cinghiale, dissecarla al calore del fuoco.
La calai nel foro utilizzando una delle cinture di cuoio che avevo in precedenza pensato di usare per le mie trappole come corda. Sfortunamente dell'acqua non c'era traccia, quello rimaneva solo un buco nel terreno privo di spiegazione.
Non c'era molto altro da fare li e i nostri problemi non erano risolti.
Eravano solo in tre, il tempo sembrava correre facendo avanzare il crepuscolo e ancora non avevamo trovato una soluzione al problema acqua.
Malvolentieri mi decisi a diregermi verso ovest. Prima di dividerci, infatti, Zanroar ci aveva informati sommariamente sull'ambiente circostante.
Ad ovest, a suo dire, si levava una montagna. Le mie scarne esperienze in materia di ambienti selvaggi mi insegnavano che una montagna è il posto più logico in cui trovare il prezioso liquido fondamentale alla vita.
Preferii dirgermi verso ovest e cercare nel tragitto qualcosa con cui integrare il nostro pasto : radici, erbe aromatiche e simila avrebbero potuto esserci molto utili in futuro.
La mia Brandine non era un esperta, ma conosceva le erbe della foresta e come utilizzarle per rendere più gustosi i piatti o curare dei piccoli malanni.
Io ne sapevo ancor meno di lei ma sapevo riconoscere alcuni dei "semplici" che potevano tornarci utili per disinfettare le nostre ferite, recuperare energie o anche solo dare un sapore migliore alla carne.
La mia ricerca fu però interrotta. Lamrael stava trascinandosi dietro un'enorme cervo. Troppo grande per essere tutto frutto della perizia nella caccia di un comune contadino. I miei sospetti sullo stato della sua anima iniziavano a farsi assai più grossi. Non sembrava nemmeno star bene fisicamente: era ferito alla testa e aveva tentato di curarsi da solo ricorrendo ad erbe medicinali e fasciature.
«Tutto bene ragazzo?» - chiesi con aria sospettosa guardando la bestia uccisa e le ferite alla testa-« E' una preda grossa per un giovane tutto solo e armato di una spada come quella...» - Sospirai profondamente mi guardai intorno circospetto, come se non volessi che altri udissero le mie parole -« Io..io ho visto il tuo sguardo....Ho sentito lo stesso potere riardermi le vene, un potere malvagio, lo stesso che ha fatto tutto quel male ai nostri cari...Spero che tu non lo abbia usato...»
Tacqui per un istante. Un altro dubbio stava prendendo piede, come era possibile ferirsi alla testa in quella maniera "combattendo" contro un cervo. Certo a dispetto del loro aspetto mansueto e nobile, i maschi di quella specie sanno essere aggressivi specialmente se il loro territorio veniva invaso. Questo però non spiegava come un cervo potesse ferire alla testa un uomo, non nella mia ottica almeno, non con i miei sospetti...-« Quelle ferite te le sei procurate cacciando? Voglio sperare che quel povero cervo sia la tua unica vittima...E' così non è vero?»
Forse ero stato troppo pressante con le mie domande ma mi sentivo come responsabile di quelle giovani vite con cui stavo condividendo quel viaggio.
Ero il più anziano tra tutti, non potevo sostituire i loro padri e le loro madri e loro non sarebbero mai stati i miei figli, ciononostante io mi sentivo in dovero di comportarmi come tale o almeno di poter fornire loro una figura di riferimento, una guida.
«L'ho usato nella battaglia contro gli scheletri, l'ho sentito crescermi dentro come un fuoco che divampava, incontrollabile»
La risposta non mi piacque affatto... Poi il giovane sorrise ma invece di rassicurarmi non fece altro che aumentare i miei dubbi.
«"Ho ricavato un po' di acqua dagli alberi. Lui non ricordo di averlo cacciato»
Avrei voluto chiedere di più, indagare su cosa era successo ma Lamrae rischiava di crollare a terra. Lo aiutai afferrando il cervo per le gambe anteriori.
« Abbiamo trovato un posto dove riposarci un po'... Qualcuno ha portato un cinghiale, qualcun'altro un po' di acqua..Tu? Cos'hai trovato ad ovest? Ah ma c'è tempo per questo sembri aver bisogno di una dormita...»
Dissi tentando di riportarlo alla "normalità" e nel frattempo cercando di scucirgli qualche altra informazione sulla sua strana "caccia".
Ma non rispose, si limitò a svenire. Lasciarlo li non era una buona idea, ma era meglio chiamare gli altri per cercare di aiutarlo.
Corsi alla caverna urlando "aiuto", Seagon non perse tempo. Ci diriggemmo con tutta la fretta possibile verso il nostro compagni ferito e ci preoccuparmo di portarlo al sicuro, anche se iniziavo a temere che il pericolo non era li fuori ma tra noi...
 
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Masterbpi
view post Posted on 28/3/2014, 19:23






CITAZIONE
Narrato

"parlato Zanroar"
"pensato Zanroar"


Solo quando l’ultimo scheletro fu a terra distrutto e le sue ossa sparse a caso per la radura mi resi conto che esistevo ancora e il mondo non era crollato attorno a me, il paesaggio circostante riprese vigore in un lampo accecante, il colore che una volta era sembrato assente adesso c’era pur se nascosto dalla semi oscurità, l’aria che fino ad allora era sembrata superflua adesso era diventata indispensabile e fu solo quando la mia vista traballò che ricordai di dover respirare e ingurgitai avidamente abbondanti porzioni di ossigeno freddo e umido della notte.

Chiudendo gli occhi e ansimando ancora per qualche secondo riuscii a riportare il battito cardiaco alla normalità nonostante diapositive dello scontro poc’anzi terminato continuassero a sfrecciare di fronte a me in ogni istante guardandosi bene dal tranquillizzarmi come se senza l’adrenalina di quei momenti avessi potuto morire all’istante come preda di un veleno. Nell’uccidere gli scheletri avevo scoperto non solamente un certo numero di sorprendenti abilità che in qualche modo possedevo, ma anche una insospettata ferocia omicida dalla quale a mente fredda ero rimasto spiazzato, non riuscendo a pensare ad altro che alle frasi di Angus quando aveva dichiarato che io ero come lui e non sarei potuto sfuggire a questo destino.

Non avevo avuto modo di osservare gli altri combattere, e come avrei potuto del resto essendo già troppo occupato ad affrontare i miei nemici ed uscirne vivo? Rimasi per cui sorpreso quando vidi che tutti, chi meglio chi peggio, erano riusciti a sopraffare gli avversari con una discreta facilità. Sapendo che il nostro viaggio ci avrebbe portato verso terreni e contro forze inesplorate sapevo che avrei dovuto essere felice per questo, avere il gruppo al completo e piuttosto in forze sarebbe stato un lusso insperato nella dura prossima battaglia contro Angus, eppure lentamente si fece strada dentro di me un pensiero che inizialmente cacciai via, ma per quanto ci provassi questo riaffiorava ogni volta con maggior forza fino a invadere completamente la mia mente: credevo di essere il migliore. Volevo essere il migliore. Ero il migliore.

Con tale convinzione si affermò questo pensiero che al vedere che tutti più o meno se l’erano cavata con pochi graffi mi fece salire un moto a metà tra il fastidio e il diniego, perché non era possibile che altri fossero usciti dallo scontro in condizioni pari o addirittura migliori delle mie, io che ero la speranza di quello stupido inutile villaggio di incivili. Tutti compresa la mia futura moglie. E quel pezzente di Lamrael.

Scrollai la testa per allontanare quei pensieri, il gruppo sarebbe stato fondamentale da adesso in poi dato che l’avversario si era dimostrato tanto sfuggente quanto spietato. Guardai comunque in tralice il contadino quando si erse a presunta guida di tutti noi. Fui distratto dal ragazzino, il più giovane tra noi, che in non si sa quale modo stava camminando nell’aria in alto sopra gli alberi e indicava alcuni punti di riferimento che risaltando ai suoi occhi potevano darci un’idea sulla conformazione del luogo. Tra tutti questi la montagna era interessante e decisi di incamminarmi in quella direzione: montagna avrebbe voluto dire probabilmente acqua, una sorgente o un fiume si sarebbero potuti trovare da quelle parti, un rifugio, come una caverna o una grotta, e magari selvaggina vicino a corsi d’acqua.
Annunciai ad alta voce il mio intento e mi incamminai, venendo seguito da Seagon, il grande ex guerriero, l’unico che pensavo potesse essere al mio livello.

Durante il tragitto ebbi il tempo di pensare a ciò che era accaduto pochi minuti prima nella battaglia contro gli scheletri che aveva prosciugato più energie di quello che avrei pensato, nonostante io mi fossi allenato per tutta l’infanzia e l’adolescenza, questo era forse il primo vero combattimento della mia vita con pericoli reali e avversari determinati a uccidere, tutto ovviamente molto diverso da quello che io avevo affrontato ogni giorno nella caserma di Arcae, che stavo iniziando lentamente a odiare ancor più di quanto lo facessi prima. Una città del genere aveva potuto solamente frenare le mie potenzialità, non preparandomi correttamente al futuro glorioso e importante che mi si parava davanti, ma tutto questo stava per finire. La testa del mostro di Arcae, di Angus che così tante persone aveva ucciso compresi i miei genitori sarebbe stato il trampolino di lancio perfetto per me, fama e gloria mi avrebbero raggiunto ed accompagnato poi per il resto dei miei giorni, con altre imprese a seguito e montagne d’oro.

Mi ripresi dai pensieri solamente quando udii un fruscio attorno a me, nei cespugli vicini, il risveglio brusco non mi piacque e decisi di indagare.

Un cinghiale enorme sbucò fuori dal cespuglio davanti a me caricandomi, le zanne sfoderate. La sorpresa mi giocò un brutto scherzo che non mi permise di difendermi adeguatamente schivando un attacco da quattro soldi, per fortuna mi venne in aiuto il cristallo della spada che si illuminò richiamando una flebile e semi trasparente barriera azzurra che fece rimbalzare l’animale di cui riuscii a vedere gli occhi feroci ed ogni singolo muscolo del muso contratto. Ancora insoddisfatto del combattimento tornò alla carica ma stavolta mi trovò preparato, mi spostai a sinistra e lanciai un pugnale nel punto che, come mi aveva insegnato mio padre, per i cinghiali è l’unico a cui bisogna mirare. Il mio vecchio aveva sempre avuto ragione e anche stavolta non mi deluse: appena la lama piatta si conficcò sotto la spessa pelle della bestia questa si paralizzò e cadde a terra, ancora viva ma incapace di muoversi e con appena la forza di respirare. Fu quasi con soddisfazione che mi avvicinai e sgozzai quell’essere con un singolo fluido movimento della spada, con la quale tagliai anche le cosce e alcuni pezzi di carne per usarli come cena.

Dovetti in seguito abbandonare l’idea di raggiungere la montagna, quel bamboccio si era “dimenticato” di avvertirci che questa infondo era troppo distante per essere raggiunta a piedi e da dove eravamo non si riusciva a intravedere niente di quel luogo, così decisi di incamminarmi a sud con la carne della mia preda nello zaino e molta fame e sete che mi accompagnavano fedeli. Innervosito e spazientito dalla fame e dall’inadempienza del giovane compagno di viaggio decisi di cambiare direzione ed esplorare a sud, magari avrei avuto più fortuna e infatti dopo pochi minuti una caverna apparve di fronte a me infondendomi nuovo coraggio.

Forse influenzato dall’incontro ravvicinato di prima decisi di non avvicinarmi troppo a quel luogo, ma chiamai i miei compagni cercando di fare meno rumore possibile, non volevo attirare altre sorprese, accorgendomi che nessuno avrebbe potuto sentirmi da una certa distanza in poi, ci voleva un segnale di tipo diverso. Pensai a che cosa avrei potuto utilizzare, mi sarebbe servito un segnale luminoso come un fuoco? Ma non sarei riuscito ad accenderlo senza acciarino forse, e non volevo aspettare di riuscire a creare una debole fiamma.

Mentre pensavo una mano mi ricadde sul pomolo della spada corta, la gemma da cui tutto aveva avuto inizio, che mi ricordava tanto i miei occhi, o forse quelli di mia madre. Pensai che se avevo potuto evocare una barriera difensiva attorno a me e poco dopo una piccola e sottile lastra potevo modellare quell’emanazione a mio piacimento, plasmarla e quindi evocarla per un attimo così da dare indicazioni ben precise agli altri che sicuramente si erano accorti di quell’emanazione durante il combattimento. Presi in mano la spada sostenendola per la fredda lama e sollevando in alto il braccio quindi chiusi gli occhi.

Ebbi bisogno di qualche attimo di concentrazione, ancora non ero abituato ad utilizzare certe abilità a comando ma solamente quando l’istinto lo aveva ritenuto necessario, ma quando aprii gli occhi un grande prisma azzurro si stagliava brillante e imponente sopra la mia testa, fino a superare gli alberi e chissà dove altro arrivava, alto così tanto da poter essere visto da chiunque. Era un rischio ma non potevo correre il rischio di perdere i miei compagni di viaggio, anche se per pura necessità.

Dopo essermi accertato che non vi fossero predatori all’interno della grotta lanciando un pezzo di carne di fronte all’entrata decisi che sarebbe stato meglio esplorarla nella sua interezza e visto che non c’era nessuna fonte di luce invertii il senso di marcia e camminai rapido verso la carcassa del cinghiale. Il piano si era fatto strada dentro me e cresceva da solo, quasi senza che io lo pensassi, i procedimenti per creare una torcia erano stati i primi rudimenti che mio padre si era disturbato a insegnarmi, così li ripercorsi con la mente nel tragitto mentre raccoglievo un bastone della lunghezza e spessore adatto. Una volta arrivato alla mia preda ormai morta strappai un discreto pezzo di stoffa dai pantaloni che avvolsi attorno al ciocco di legno che immersi dunque nel grasso liberato dalla carcassa del cinghiale così che bruciasse a lungo senza consumarsi, tornai alla caverna poi con la torcia in mano felice di vedere che non uno ma addirittura due fuochi erano stati accesi.
Incendiai la torcia e quella servì il suo scopo, illuminando le più profonde cavità della grotta così da essere sicuri che non ci fossero trappole in arrivo. Scovai solamente un buco molto profondo in fondo alla caverna che sondai con un sasso scoprendo che di acqua non ve n’era. Decisi che fosse innocuo e mi avviai ad esplorare velocemente verso est così da vedere che nessuno ci stesse seguendo dal cimitero degli scheletri e, scoperto che era così tornai all’accampamento, sperando che qualcuno avesse trovato acqua in quanto adesso il cibo non mancava.

Proprio mentre il fuoco scaldava le mie membra e il mio animo due del gruppo, Seagon e il fabbro, arrivarono al riparo trasportando di peso il contadino, Lamrael, crollato sotto chissà quale malattia. Istintivamente mi alzai di scatto per controllare le sue condizioni non tanto per preoccupazione riguardo la sua salute, quanto per assicurarmi che potesse dare una mano nella MIA ricerca di vendetta.











Capacità Straordinarie: 1 (Ingegno)
Energia:Gialla70-5=65%>
Equipaggiamento: Spada corta: riposta (mano destra); Daga: riposto(mano sinistra); Pugnali da lancio 17/20
Consumi:
Basso=5%; Medio=10%; Alto=20%; Critico=40%

Pericolosità:F
Danni subiti:Fisico: danno Basso Psicologico: illeso(Irritato) Anima: Danno Medio
Diritto fisso[Passive in uso]:Grande grossa e..
L’esperienza insegna: le apparenze ingannano. Così come non si giudica un libro dalla copertina, negli anni di lavoro ho imparato a non giudicare mai un lavoro dall’esterno, una cassaforte all’apparenza impenetrabile potrebbe essere la preda più facile di questo mondo, come potrebbe essere vero il contrario. Così affinando le sensazioni, e studiando i vari modelli, lentamente ho creato uno schema che raramente mi conduce a giudicare le cose per quello che non sono, aiutato dall’udito allenato e dall’inventiva che recentemente ho scoperto in me posso svelare l’inganno.
[abilità razziale del mezz’elfo: uno dei cinque sensi più sviluppato del normale (udito), passiva energia Bianca del Talento Stratega (riconoscere le illusioni senza tuttavia disfarle), CS donata dal dominio assegnata all'Ingegno]
Materiale utilizzato[Abilità e Pergamene utilizzate]:
Abilità personale di dominio dei Congegni (1/10) Difensiva, natura Magica, bersaglio Singolo. Potenza Variabile, consumo Basso prima e Nullo poi: il caster per difendersi dalle offensive può evocare congegni meccanici quali serature, lastre metalliche, sportelli blindati di casseforti, intere casseforti e altri simili sezioni di zaffiri o intere gemme così da coprire l'intero corpo. Queste emanazioni dovranno necessariamente avere origine dal caster o dalle sue immediate vicinanze.

Operazioni svolte [Descrizione post]:niente di particolare da segnalare a parte la accresciuta irritazione e presunzione di Zanroar causata dal danno all'Anima e il consumo di un Basso per l'abilità difensiva oltre all'utilizzo a costo nullo come segnalatore.
 
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Endymyon
view post Posted on 28/3/2014, 23:11




Leoni Rossi


Con il respiro ancora affannato si guardò intorno il giovane Paneak, osservando tutte le ossa di antichi guerrieri rimanere ferme, immobili, attonite schiacciate dalla forza dell'oscurità. Chi più chi meno, si notava la disperazione che aveva portato quel gruppo, quei sempliciotti di campagna a sconfiggere vecchi spiriti re-incarnati.
Strinse i pugni guardando i compagni, i vecchi abitanti del suo villaggio. I muscoli tesi di Lamrael, le pesanti vesti del fabbro, l'agilità delle armi di Zonroar. Volse lo sguardo altrove, per non vedere. Non voleva più sentirlo, quel sentimento di sconforto che lo attanagliava, rendendolo ogni istante più debole, e neppure voleva farsi false illusioni e darsi false speranze; sapeva di certo che il poco tempo a sua disposizione non gli avrebbe permesso alcun miglioramento.
Perciò voleva scappare, fuggire da loro che, con fermezza e volontà di vendetta, si erano mobilitati alla ricerca di quella bestia che aveva sterminato il suo villaggio. Si sentiva, sino in fondo, inutile.
Il suo cuore era pieno di rimpianti.
Un passo alla volta, cavalcando il vento e salendo invisibili gradini di solida aria, superò i limiti dell'umano per ascendere a qualcosa di superiore. La rabbia contro se stesso, la frustrazione: tutto si avvolgeva nel rimpianto, nel non aver agito prima. E così, piano piano saliva nell'aria per guardarsi attorno. I suoi occhi abituati ormai all'oscurità non riuscivano ancora a vedere bene in lontananza, ma quella poca luce delle stelle lo aiutava. Sotto di sé i compagni, alla sua destra gli alberi spogli si fermavano improvvisamente, mentre alla sua sinistra una montagna si ergeva contro il cielo.
Accompagnato da una lieve brezza, aggrappandosi con tutto il corpo all'aria, scese come se stesse sprofondando nella resina degli alberi, sprofondando piano piano verso i suoi compagni.

«Di là» e con la mano destra indicò in linea d'aria dove si trovava lo spiazzo «Gli alberi dopo un po' finiscono, ma non sono riuscito a vedere cosa ci fosse oltre. Dall'altra parte » abbassò la mano destra per alzare la sinistra «più distante vi è una montagna.» Prese un breve respiro, mentre la sua mascella iniziava a tremare «Penso di sicuro che sia più vicino lo spiazzo da quella parte, ma non so se ci sono altri ripari oltre agli alberi» la voce del ragazzo si abbassò «... e forse è meglio andare di là»
Guardò le persone radunate lì prendere e andare verso la montagna, quasi incuranti dello spiazzo. Solo la guardia cittadina, Daeris, sembrava appoggiare la sua idea, o quantomeno era curiosa di sapere cosa ci fosse alla fine degli alberi. Incoccando una freccia recuperata dai cadaveri, dopo aver controllato la punta seguì silenzioso la donna che si stava avventurando verso il posto che incuriosiva anche lui.
Con passi felpati che nemmeno si rendeva conto di fare, seguì la Daeris per tutto il suo tragitto, osservandola mentre infilzava gli alberi alla ricerca d'acqua e mentre guardava dei funghi.

Quando infine arrivarono vicino alla spiaggia, il dolce rumore ritmico delle maree lo trascinò subito verso l'acqua salata. Sperando fosse un lago, e di essersi sbagliato, camminò sopra quell'oscuro pozzo d'acqua, poi intinse un dito per assaggiare. La lingua subito si ritrasse quando un pungente sapore salino venne individuato. Nonostante la sete, sapeva bene che se avesse bevuto quell'acqua, probabilmente avrebbe peggiorato la situazione della sua gola secca. Il suo primo pensiero fu di usare una pentola con un coperchio per far evaporare il liquido, separandolo così dal sale, ma subito immaginò di bere acqua calda, e allora ci ripensò.
Fu sorpreso nel vedere invece che Daeris aveva un metodo per raccogliere l'acqua. Le diede la maglietta quando ella gliela chiese, rimanendo nudo sotto l'armatura di cuoio, combattendo contro il freddo che ora si faceva si sentire un po' di più. Quando le borracce furono piene, bevve assieme alla donna, avido come se l'acqua potesse evaporare da un momento all'altro dalla borraccia. Saziatosi e con due borracce da portare ai compagni, i due si avviarono verso la posizione in cui prima un enorme cristallo si era materializzato; di sicuro erano i suoi compagni che avevano trovato qualcosa.

Arrivato alla grotta, aspettò un attimo fuori, curioso di sapere perché Daeris si fosse allontanata in un'altra direzione. Quando vide Lamrael svenuto, il piccolo contadino rimase fermo all'entrata della grotta. Non era uno stato di shock il suo, solo la sua più naturale reazione. Non rimase fermo, a stringere la maglia ancora umida dopo il risciacquo, pensando a qualcosa, rimase fermo senza pensare. Vedere Lamrael febbricitante lo rattristava, avrebbe voluto fare qualcosa, ma alla fine posò lo zaino un po' lontano dal fuoco avvicinandosi ai suoi compagni. «Questa maglia è un po' fredda» disse a bassa voce «e umida, se serve a fargli diminuire la febbre...» Non finì nemmeno frase, non era sicuro fosse la cosa giusta dare una maglia fredda e ancora umida di acqua salata, ma altro non sapeva cosa fare.

CITAZIONE
Stato fisico: Illeso
Stato mentale: Danno Basso
Stato Anima: Danno Basso
Energie: 75%
CS: 1 in Destrezza

Armi/Armature:
-Coltello
-Sciabola
-Armatura di cuoio
-Arco piccolo 15 munizioni (riprese le frecce scagliate)

Passive:
-Movimenti silenziosi e non emissione di odori
-Capacità di appendersi e camminare su qualsiasi superficie o liquido (aria inclusa)
-Difesa da passive psioniche


Attive utilizzate: //


Riassunto: Come concordato in Confronto, Paneak utilizza "Sostegno" - la passiva per camminare su ogni superficie, aria compresa- per dire ai compagni cosa vede. In seguito segue Daeris, la guardia cittadina, e fanno scorta di acqua. Ritornati verso il campo, viste le condizioni di Lamrael, il ragazzo si sente un po' distante ed inutile al gruppo in questo momento, perciò rimane quieto e porge la maglietta umida e fredda, in caso serva ad abbassare la temperatura a Lamrael. (questa notte all'addiaccio la passerà vicino al fuoco tenendosi coperto nel mantello mi sa )

Note: Le passive, essendo "poteri demoniaci" ho preferito tenerle ancora correlate allo stato emozionale del personaggio (il suo rimpianto nel non aver agito prima per essere più utile ora, o nello sconforto di non saper come aiutare i compagni che gli sembrano superiori a lui in tutto)


 
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view post Posted on 1/4/2014, 09:48

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La notte degli incubi


Fu una notte fredda, il vento ululava tra le pareti della grotta, i fuoco faceva fatica a mantenersi acceso, continuamente mosso da quella brezza. Le fiamme ondeggiavano pericolosamente minacciando di spegnersi da un momento all’altro, lasciando il gruppo al freddo e al gelo. Eppur resistette, quel piccolo fuoco paragonabile alla flebile fiammella della speranza che animava i loro cuori.

Fu una notte buia, fuori dalla grotta soltanto le fiamme illuminavo il paesaggio immerso in un buio asfissiante, morboso. La luna sparì sommersa dalle nuvole cariche di pioggia, che seppur all’orizzonte tuoni e fulmini minacciavano un evento climatico che avrebbe distrutto il fuoco, e infreddolito gli uomini, non una sola goccia s’abbatté al terreno. Il cielo resistette dallo scatenare la sua ira.

Quella, tuttavia, fu la notte degli incubi.

Lamrael, sdraiato sul terreno con un impacco sulla testa, tremava per il freddo, tremava per la paura, tremava incosciente di farlo. Nella grotta gli ululati del vento danzavano tra i corpi dormienti del gruppo, accompagnavano quella notte di sonno, s’accoccolavano accanto ai soldati improvvisati che si stringevano con forza nelle loro vesti, nelle loro mantelle di pelle. Dormivano, anche loro come Lamrael, incoscienti di tutto, incoscienti che le loro paure più grandi di lì a poco si sarebbero materializzate, in un tremendo sogno, negli incubi peggiori.

Un buco nel terreno, un buco in un grotta.

Qualcosa di totalmente insignificante, un buco talmente piccolo che neppur un uomo, per quanto magro, ci sarebbe potuto passare. Eppur, in quel buco, s’animava la corruzione di spiriti maligni, s’animava qualcosa che non apparteneva a questo mondo. Da quel buco, quegli spiriti, salirono, dapprima lentamente, come una nebbia che lemme lemme si palesa tra le viuzze della città, in seguito fu una raffica di grigio, di entità che si muovevano a casaccio come in turbine, in vortice d’anime bianche e irriconoscibili. Il rumore del loro vorticare si confondeva con quello del vento. Penetrarono nelle menti dormienti degli uomini – e delle donne – penetrarono nei loro sogni felici, qualunque essi fossero stati, e li trasformarono negli incubi della peggior specie. Lamrael tremò per un’istante, sicuramente per la febbre, altrettanto per quella sensazione di freddo, e paura, che lo rabbrividì persino nel sonno.
E infine, nella sua testa, lo vide.

Vide tutto nero, vide un paesaggio morto, una luna nera e spenta.
Vide i morti che s’innalzavano dal terreno, vide i corpi martoriati e feriti d’innocenti.
Vide tutta Arcae e infine vide lei, Alice.


Ricordo sbiadito dell’Alice che era, un corpo pregno di ferite mortali, di morsi, ricoperto di sangue dalla testa ai piedi, il volto immacolato ma corrotto dal dolore, il sorriso assente e gli occhi spenti, morti, cadaverici; che vagavano nel buio e che dal buio non ottenevano risposta alcuna, se non la morte e la totale assenza di ogni cosa. Lamrael urlò, ma il suono della sua voce non s’avvertì in quella landa di morti, fu come se la sua voce si perse nel casto buio di quel luogo. I morti, si innalzarono dal terreno, vennero al mondo dei vivi, tutti guardavano il contadino con sguardo assente, incamminandosi lentamente verso di lui.
Lamrael era immobile, incapace di muoversi, incapace di fare alcunché, fin quando quell’orda di morti, con in testa l’amore della sua vita, non lo sovrastò. Banchettarono sul suo corpo, sentì mille e più mani indugiare sulla sua pelle; sentì mille e più unghie graffiargli il ventre, la schiena; sentì mille e più detti affondargli nel collo, nelle braccia. Ma non sentì dolore, solo disperazione e paura, soltanto il male che crescevano nel suo cuore, la corruzione d’una maledizione, una bestia che gli divorava le interiora e si cibava della sua rabbia. Divorato dai suoi stessi sensi di colpa, Lamrael Redskin s’innalzò da quel gruppo di morti, aveva gli occhi ricolmi di sangue, il corpo martoriato in più punti, ma la figura che s’innalzò era ben lontano dall’essere quella del contadino. Il riso estatico e malefico dell’uomo ruppe quel silenzio atono, ruppe quell’incubo in cui era precipitato, lo ruppe perché lui stesso era diventato parte di quell’incubo.
Era diventato boia e carnefice.
Era diventato un demone.

Un incubo ambulante ed errante per Asgradel poiché, infine, Lamrael aveva ceduto ai sensi di colpa, aveva ceduto al richiamo della vendetta.

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I raggi del sole penetrarono all’interno della grotta, riscaldando e irradiando al contempo quel luogo angusto e inospitale, gli spiriti sparirono con l’arrivo del sole come se, il sole, fosse il loro nemico più naturale. Ben presto gli incubi sarebbero stati per tutti un ricordo lontano, qualcosa di poco conto accaduto in una notte come un’altra. Eppure Lamrael, che stranamente ora stava molto meglio, si sentiva diverso, si sentiva cambiato, come se qualcosa in quell’incubo avesse una parvenza di verità, come se davvero lui fosse diventato ciò che più temeva: un mostro.
S’accorse di vedere il mondo un po’ più grigio, un po’ più spento e privo di colori, s’accorse che il suono degli uccellini che cinguettavano allegri gli giungeva ovattato e privo di sinfonia. Seppur erano ancora percepibili. Si tolse il bendaggio alla testa e notò con piacere che le erbe, cresciute grazie all’acqua degli alberi, avevano richiuso la ferita sulla sua testa e gli avevano ridonato le forze.

Si sentiva meglio, anzi non sentiva nulla.
Non sentiva quasi più nessun dolore.

I suoi compagni si svegliarono poco di lui, ridestandosi dal torpore di quella notte.
Lamrael li guardò, li guardò forse sconvolti, forse straniti, forse impauriti e pensierosi.

« Mangiamo e rimettiamoci in marcia. »

Disse il contadino, eppure nella sua voce c’era un tono diverso, qualcosa di strano.
Era forse un po’ più metallica, cazzate si ripeté in mente il contadino.
Cazzate, solo cazzate.





QM - POINT

Molto bene. Recuperate tutti il 10% di energie, 5 per aver bevuto, 5 per aver mangiato, nulla per aver dormito, poiché avete dormito male, molto male. In sintesi, detto brutalmente, in questo post dovrete scrivere praticamente un contest con il tema incubo. Si, perché mentre state dormendo, quei simpatici spiriti escono dal buco e penetrano ( :8D: ) le vostre menti. Al risveglio ricordate tutto in maniera sfocata, seppur ricordate alla perfezione ciò che avete provato, paura, impotenza, rabbia e qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Detto questo, se ci sono domande fate o tacete per sempre. :glare:
5 giorni di tempo.

 
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view post Posted on 5/4/2014, 12:05

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Leoni Rossi

«Senza speranza»




Mi svegliai.
Il cuore suonava una di quelle marce orchesche ottenute percuotendo con violenza inaudita tamburi fabbricati con le pelli dei nemici.
Il suono prodotto dal mio cuore era simile al ruggito lontano di una tempesta; e proprio come accade quando una tempesta è lontana - abbastanza per non vederne i lampi, ma sufficientemente vicina da ascoltarne i tuoni- riuscivo a sentire la conseguenze della notte trascorsa ma non ero capace di vederne la causa.
Non osavo muovermi. Il terrore mi era rimasto addosso come il sudore freddo di cui ero inzuppato fino al midollo. Il fuoco moriva pietosamente emanando baluginii sinistri, bagliori soffocati dalla cenere, tepori spazzati via dal vento crudele dell'alba che penetrava dagli spifferi dell'improvvisato rifugio.
Avevo le labbra così secche da non osare leccarle per paura che si spaccassero.
In bocca aleggiava un sapore acido di bile, la gola doleva come se fosse stata appena strigliata con lana di ferro. Avevo urlato, questo era certo, avevo gridato fino a svegliare la stessa notte.
Sentii qualcosa inumidirmi le palpebre, scendere in forma di lacrime lungo le guance. Non era sudore, non era gelido come quella disgustosa rugiada con cui gli incubi ci velano durante il sonno.
Passai la mano e i miei sensi percepirono alcuni particolari. Il luogo sfiorato con delicatezza dalle miei dita bruciava. Il liquido che mi insozzava la faccia era tiepido, viscido e puzzava di metallo.
Non ci misi molto a fare due più due. Mi ero ferito nel sonno, avevo cercato di aprire gli occhi, di sfuggire alla morsa del sonno e nel vano tentativo avevo cercato in ogni maniera possibile di aprire gli occhi.
Come la volpe che si ritrova una zampa in una tagliola furiosamente tenta di liberarsi anche a costo di staccarsi a morsi la zampa pur di fuggire alla morte certa, avevo rinunciato a qualsiasi forma di autocontrollo e rispetto del mio corpo.
Sarei giunto ad accecarmi pur di non vedere più, l'orrore che aveva riempito i miei sogni.
Decisi di scuotermi da quella sensazione di afflizione che la notte mi aveva gettato addosso, ma era stranamente complicato, macchinoso, quasi innaturale.
Muovermi, respirare, compiere la più banale delle azioni era diventato incredibilmente faticoso e difficile. Può sembrare assurdo ma era come se avessi dimenticato come si facesse.
Quella notte doveva aver colpito la mia mente in maniera così brutale e precisa da ridurmi ad una patetica larva di uomo.
Non volevo guardare i miei compagni. Non volevo condividere con loro quel momento. Al momento non capii perchè non lo feci, mi fu tutto più chiaro molto tempo dopo...
Avevo paura, paura che quella cosa che avevo visto nei miei incubi avesse potuto fare scempio dei miei compagni di viaggio.
In più guardarli macerarsi nell'agonia in cui la notte trascorsa ci aveva stretti come un grasso, enorme, boa mi sembrava un gesto osceno come uno stupro.
Mi sentivo vulnerabile, nudo nel più profondo del mio essere non volevo che nessuno mi vedesse così, non volevo vedere nessun'altro così.
Per me, in quel momento, era una sorta di pudore....
In realtà, come ho già detto, le cose stavano in una maniera ben diversa.
Io mi vergognavo, vero, avevo paura, certo, ma non per quello che avevo visto in sogno o per quello che gli altri avevano potuto vedere... Io temevo di essere diventato quello che avevo sognato, io temevo che il sogno si fosse tramutato in realtà!
Che poi cosa avessi sognato nemmeno lo ricordavo. La mia memoria funzionava alla perfezione se la lasciavo correre indietro nel tempo: riuscivo a ricordare il profumo dei fiori che aleggiava come una brezza nella nostra casa il primo giorno di nozze, ricordavo persino quando lungo fosse il filo che pendeva dalla manica dell'abito funebre con cui la mia dolce Brandine era avvolta.
Ma quando tentavo di ritornare alle immagini che avevano sconvolto i miei sogni, incontravo un muro.
La mia mente riusciva a "vedere" a tratti, come chi passeggia per una foresta in una notte di nebbia.
Mi sforzai, feci pressione su me stesso, mi costrinsi a ricordare.

Rumore di ossa. Odore di sangue. Urla di terrore.
Scivolavo nella notte. Colpivo, uccidevo, scomparivo.
Dietro di me una scia di morte, distruzione, massacro.
Non prestavo attenzione ai volti, alle espressioni, all'identità delle mie vittime.
Io bramavo solo una cosa: assaporare fino all'ultima stilla della loro agonia.
Buio.
Un volto, un volto familiare. Si ergeva meraviglioso e solenne come un giglio in mezzo alle comuni erbacce. Spandeva il suo profumo come cespugli di rose bianche in un plenilunio di maggio.
A fronteggiarla io. Fetido di corruzione e marscescenza, orripilante, mostruoso, abominevole. Lei mi posava una mano sulla spalla con dolcezza ferma di madre e moglie. Quel contatto non suscitava nulla in me, mi lasciava indifferente, non sfiorava la corazza di ghiaccio nero che intrappolava il mio cuore.
Vidi il suo sguardo, addolorato, tradito, sofferente. La vidi voltarsi, scuotere la testa avvolta in una tale prostrazione da non lasciare spazio alle lacrime.
Di me, dell'uomo che aveva amato non rimaneva più nulla.
Non aveva un corpo da piangere, perchè l'ammasso di umori, carne ed ossa che sono si era mutato in un mostro senza possibilità di redenzione.
Non aveva uno spirito a cui riversare le cure amorevoli che i familiari riservano ai propri cari perchè la mia anima era stata definitivamente corrosa dal male.
Urlai. Non per rimorso, non per rimpianto ma per rabbia. Rabbia provocata dal non poter scempiare quella purezza, insozzare quella bellezza, fare a pezzi quella sua perfezione soffusa di santità.
Ero il male, ero l'aberrazione totale, ero il nulla nutrito di violenza.

Faceva male. Mi ritrovai a singhiozzare indecentemente. Non mi importava cosa gli altri pensassero di me, volevo solo annullarmi. Mai, mai prima di allora mi ero sentito così violato.
Ignorai il buonsenso che mi consigliava di rimanere disteso a smaltire la fatica della notte. Mi levai, uscii fuori dalla caverna e nel bel mezzo dell'incontaminata natura crollai in ginocchio.
La fronte prostrata sulla terra umida, profumata del balsamico odore dell'erba baciata dalla rugiada. Mescolai le mie lacrime ai minuscoli fiori che spuntavano nel verde intenso del prato.
Lascia che la mia anima esalasse un'unico, disinteressato anelito.
Lo lasciai innalzarsi come una voluta di inceso profumato verso il cielo terso.
-«Se puoi ascoltarmi, se la mia vita vale qualcosa...promettimi, che il male non mi avrà mai.. Promettimelo per l'amore che ti porto.»


Note: Nessuna nota di rilievo. Spero che l'esperimento sia riuscito. Ho inserito anche un paio di citazioni, chi le riconosce vince un biscotto *_* ( avvelenato, ovvio :V)

 
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.Azazel
view post Posted on 6/4/2014, 01:08




I Leoni Rossi
Born from the ashes, Atto V
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~


Sperava di passare una notte senza sogni ma tale desiderio era pura utopia.
Prese sonno abbastanza velocemente nonostante il freddo che trapassava la carne e attanagliava le ossa come un lupo famelico che s'avventa su una preda ferita e impossibilitata alla fuga. Si lasciò abbandonare fra le braccia di Morfeo e col senno del poi avrebbe dato qualsiasi cosa per poter tornare indietro evitando di lasciarsi andare al sonno e agli incubi.
Sì, perché in quella notte gelida dove il vento glaciale sibilava come una serpe velenosa il subconscio si manifestava con aspetti e forme da lungo tempo dimenticate, figure di cui nemmeno le poesie o le leggende erano in grado di descrivere in maniera esauriente talmente risultavano mostruose e disumane.

« Potevi salvarci, Seagon. »
Vagava in un mondo di tenebre e avvertì la voce della sua amata risuonare ovunque. Parlava con voce sognante, affettata, come se volesse darsi una posa e alienarsi del tutto dalla simpatia e dall'amore altrui. Tigersoul aprì la bocca per rispondere ma non uscì alcun suono risultando inutile come una bambola di pezza, impotente come un codardo, debole come un bambino in fasce; fu costretto a vedere il volto inespressivo della donna che amava, lordo di sangue, guardarlo e attraversarlo come se nemmeno esistesse, privo di concretezza.
Uno spettro che guardava un altro spettro.
Diede le spalle alla manifestazione e iniziò a correre, o per meglio dire fuggire da ciò che procurava solo dolore alla sua anima, al suo cuore. Era sbagliato credere che l'orrore si manifestasse inevitabilmente al buio, nel silenzio o in solitudine.
Capì, inconsciamente, che avrebbe rivissuto la scena terrificante della morte della sua donna e di suo figlio, ovunque: tra i suoni assordanti di una grande città, nello splendore di un pomeriggio o nell'affollatissimo ambiente di un mercato. Purtroppo non esisteva luogo o cosa in grado di fargli smettere di rivivere la tremenda notte degli orrori di Arcae. Smise di correre e il buio lo inghiottì facendolo precipitare nel vuoto, nel nulla, nelle profondità recondite della sua mente e della sua anima, in luoghi talmente oscuri e desolanti inconcepibili e insondabili alla ragione e all'intelletto.

« Aiutami! Seagon!! »
L'urlò di pura paura e terrore avvolse l'oscurità e divenne un tutt'uno con essa mentre lui, spettatore di una tragedia già vista, non poteva muoversi, proferire verbo o distogliere lo sguardo. La sua mente contorta e crudele parve avvinghiarlo e immobilizzarlo con radici putride e oscure partorite dal nulla e impossibili da scalfire, una prigionia dalla quale non poteva evadere.
Osservò il mostro dilaniare la donna che amava, gli schizzi di sangue imbrattare le pareti della camera, le lenzuola candide del letto. Vide tutta la crudeltà e la ferocia del mondo fondersi in quell'essere d'ombra, un demone che nemmeno la mente più scellerata e disumana sarebbe stata in grado di ideare talmente colpiva con efferatezza e brutalità. Terminato l'infinito massacro di sangue, urla e dolore, la camera da letto e il corpo martoriato dell'amata svanirono nel nulla sgretolandosi come un vetro colpito da un sasso, e in quel preciso istante, in quell'impercettibile granello di tempo che si stava avviando verso la perdizione, rimase solo la sagoma del demonio omicida dinanzi a lui.
L'essere si voltò e l'apice dello sgomento crebbe come una marea perversa che lo investì con veemenza, impetuosa, innaturale, intensa come il bacio metallico di una lama che ti trapassa il ventre.
Il volto del mostro era il suo.
La visione onirica parve tremare, come se la sua stessa anima volesse scrollarsi di dosso tale shock.

Si svegliò di colpo: respirava affannosamente e la fronte era madida di sudore.
Lamrael era già sveglio, la notte era passata e lasciò il segno nel cuore di Seagon, una lacerazione profonda, indelebile e inguaribile che per diversi secondi lo immerse in un oceano di profondo terrore e turbamento.
Cosa significava tale visione?
Non aveva mai dato molta importanza ai sogni o agli incubi che l'attraversavano durante le notti ma sapeva che quella apparizione significava qualcosa. Qualcosa era segregato nei meandri del suo essere e veniva alimentato dai suoi pensieri, dalle sue emozioni; qualcosa di animalesco - o per meglio dire demoniaco - e che piano piano si faceva strada come una malattia contagiosa pronta a ghermirlo e infettarlo completamente.
Forse era destinato a soccombere e a lasciarsi andare precipitando in quel pozzo d'oblio in grado di tramutarlo per quello che era realmente.
Un demonio.
Sapeva di avere un'espressione traumatizzata e cercò di raccogliere i cocci della sua compostezza, non voleva che i suoi compagni lo vedessero in quello stato: un fiero e forte guerriero scosso e impaurito come un cerbiatto accerchiato dalle fiere della foresta.

« Mangiamo e rimettiamoci in marcia. »
Tigersoul si mise in piedi raccolse i suoi averi, non rispose, si limitò a fare un cenno d'assenso al compagno. Fuori appariva roccioso, granitico, inflessibile come un simulacro solenne, implacabile come un gladiatore che lottava per la vita ma dentro di lui sapeva che qualcosa, col passare del tempo, si stava frantumando piano piano lasciando spazio ad una presenza oscura, tetra.
Che faceva parte di lui.
Che lo spaventava, lo angosciava.
Perché non era qualcosa di estraneo, esterno a lui.
Forse era la sua vera natura.



Seagon Tigersoul
la Vipera delle Sabbie

CS 4 ~ Destrezza 2 - Intelligenza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 80%
Status Fisico: Danno Basso braccio dx sotto forma di lacerazione.
Status Psicologico: Indenne.
Status Anima: Danno Basso.

Equipaggiamento in uso

Lune Gemelle__Inutilizzate.
Balestra__Inutilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla. Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1 e 2 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}

Attive Utilizzate

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Ydins
view post Posted on 6/4/2014, 12:23




Leoni rossi - Notte da dimenticare.




Erano passati diversi minuti da quando Daries aveva chiuso gli occhi nel tentativo di conciliare il sonno. Non ci riusciva. I motivi erano diversi, ad esempio le gambe le facevano male, non aveva concesso il minimo riposo ai suoi arti inferiori ed adesso i muscoli si stavano vendicando continuando a farle sentire quel dolore che la costringeva alla veglia. Al lungo elenco di elementi che le impedivano di visitare il mondo onirico di certo non poteva mancare il cibo. Ciò che aveva mangiato era sicuramente commestibile e non le aveva fatto male, anche se a sapore non poteva di certo avvicinarsi al pollo alle erbe della madre, inoltre l'acqua, per quanto fosse stata distillata, non vantava un sapore degno del fiume che passava vicino al villaggio.

Eppure la donna doveva dormire, ne aveva bisogno per poter continuare. Da quando il mostro, o meglio Angus, aveva attaccato portandole via quello che restava della sua famiglia, aveva problemi a chiudere gli occhi. Aveva paura che quando ogni attività che le occupasse la mente fosse terminata, allora quel terreno incolto della sua psiche avrebbe iniziato a processare quelle informazioni facendola tornare a quella notte dove colei che l'aveva messa al mondo era stata nient'altro che lo spuntino di una bestia.

Rieella provò a girarsi, sperando che una posizione migliore avrebbe conciliato il sonno, ma sembrava che neppure stare a pancia in giù la aiutasse. Tornò a guardare il soffitto di quella grotta, mentre inutilmente cercava di contare le pecore; era curioso pensare quanto quel trucco fosse conosciuto, ma quanto poco fosse efficace. Dopo aver contato la cinquantesima, la guardia cittadina decise di lasciare stare, perché quegli ovini riuscivano solo ad alimentare la sua voglia di violenza. Iniziò a pensarle a pezzi, bruciate, affogate, dissanguate, strangolate, ma in pochi secondi, al posto degli animali, apparì il mostro. Quelle scene che si ripetevano nella sua mente le diedero un distorto senso di pace. In altre parole stava immaginando come avrebbe ridotto il bastardo che l'aveva trasformata in quello che era, ovvero un essere umano in cerca di una vendetta armata di scudo ed accetta e molta, molta rabbia.

Finalmente la sua mente si arrese e lasciò spazio ai sogni, mentre un sorriso a mezza bocca si formava lentamente sul suo volto. Questi presero velocemente il controllo della sua psiche facendole vedere delle immagini. Si trovava al chiuso, era un luogo che le era insolitamente familiare. Era vestita, indossava una vestaglia lunga, le arrivava alle caviglie. I motivi di quell'indumento erano floreali ed a lei non piacevano. Iniziò a muovere i piedi, era sicura che esplorando un po' avrebbe scoperto di che luogo si trattasse o perlomeno ne avrebbe scovato l'uscita. Non si trovava a suo agio in quel posto. Le dava un certo senso di inquietudine. La donna diede un'occhiata in giro; vedeva un letto sufficientemente grande da poter ospitare due persone. La finestra invece era stata decorata degli intagli nel legno ed era stata dotata da delle tende piuttosto spesse. Si avvicinò abbastanza al tessuto da poterlo toccare con la mano e spostarlo, per poter osservare il paesaggio esterno dalla finestra. Non riuscì a scorgere molto, era buio e pareva che non ci fosse la luna in cielo. La guardia era pronta a desistere e continuare con la perlustrazione interna del locale quando sentì un rumore molto vicino, ma originato dall'esterno. Daries ebbe un batticuore. Passarono pochissimi secondi prima che si ripetesse ancora una volta. Il muscolo cardiaco iniziò a battere forte. Ad un intervallo perfino minore le sue orecchie percepirono di nuovo quel suono. La gola le sembrava più secca del deserto. Si avvicinò al vetro per riuscire a penetrare con gli occhi l'oscurità e vedere che cosa fosse la causa di quelle onde sonore. La pelle veniva rigata da gocce di sudore freddo. Appena i bulbi oculari arrivarono ad un paio di centimetri dal solido trasparente, un volto insanguinato si mostrò! Era una faccia familiare, ovvero la madre.

Le gambe non la ressero e la guardia cittadina rovinò a terra ed iniziò ad urlare. Sembrava che la visione le avesse tolto ogni forza, non riusciva a muoversi neppure appellandosi a tutta la sua volontà. Il viso prese forma, diventando una testa, poi seguita da un corpo ed un braccio, lo stesso arto responsabile per rompere la finestra. I cocci arrivarono ai suoi piedi, ma non c'era verso, non riusciva a spostarsi neppure pregando. I piedi parevano essere inchiodati a quelle assi di legno che componevano il pavimento. In preda al panico, finalmente la voce riuscì a rompere quella barriera della voce secca e uno strillo invase la stanza. Finalmente gli arti inferiori si mossero, pareva che l'urlo in qualche modo le avesse permesso di liberarsi dalle catene che le impedivano di allontanarsi da quel posto pericoloso. Il cadavere della madre entrò nella casa che adesso finalmente riconosceva. Era il posto dov'era cresciuta. Quel letto le era diventato familiare, l'armadio di fronte era quello che conteneva i vecchi abiti del padre, che nessuno aveva mai avuto il coraggio di buttare via.


Il terrore la convinse ad alzarsi, e corse, il cadavere sembrava intenzionata a mangiarla, a giudicare dalla bava che colava dai lati della bocca e dalla mascella che si chiudeva ed apriva aritmicamente. Corse in cucina, aveva bisogno di un'arma con cui difendersi ed un coltello sarebbe stato sufficiente. Quando arrivò alla credenza dov'erano contenuti piatti e posate aveva il fiatone. Era un tragitto talmente breve da essere quasi insignificante, eppure aveva le lacrime che le rigavano il volto e si sentiva stanca. Daries poteva sentire i passi avvicinarsi ed il suo cuore batteva tanto in fretta che sembrava destinato ad esplodere. Raccogliendo quel coraggio che le restava aprì le ante per afferrare l'utensile da cucina, quando dal proprio interno del mobile il cadavere della genitrice in maniera del tutto inspiegabile apparve afferrandola. Il peso delle due fu sufficiente per impedirle di restare in piedi. Facendo cadere tutti i piatti a terra e spaccandoli in un numero non precisato di pezzi. Uno fu abbastanza fortunato da arrivare ad un paio di centimetri dalla mano mancina. Nel frattempo, la madre cercava di morderla con forza. La guardia cittadina stava usando la mano destra per tenerla a bada ed evitare così di ferirsi, mentre con la mano afferrò il coccio. Le dispiaceva per quello che stava per fare, ma la sua sopravvivenza era più importante. Strinse con forza ed iniziò a colpire la genitrice con quello strumento di porcellana. Rieella non seppe dire quante volte colpì la madre, ma sentiva del liquido caldo colarle sulla mano. Ed il non morto parve perdere finalmente l'ultimo frammento di anima che la teneva legata ancora a quel mondo.

In preda al panico Daries si svegliò, gli palpebre si aprirono senza che venisse loro concesso un lasso di tempo sufficiente per abituarsi alla luce. Gli occhi le facevano male e quello che aveva sognato prima l'aveva fatta svegliare di malumore. La grotta era tornata a circondarla e sembrava che qualcuno si fosse già svegliato. Il malumore aveva contaminato il suo mattino e quell'incubo non aveva fatto altro per confermare la sua ipotesi. Dormire le avrebbe fatto solamente stare peggio. Occupare la mente ed il corpo con delle azioni di routine era importante, quindi iniziò a mettere le proprie cose nello zaino, seguendo il consiglio di Lamrael. Era di malumore e ogni cinque minuti sputava a terra, come per scacciare il pensiero che fosse stata per due volte la responsabile della morte di colei che l'aveva portata alla luce.

CITAZIONE
Aggiungerò lo specchietto nel prossimo post.
 
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Endymyon
view post Posted on 6/4/2014, 18:21




Leoni Rossi


Il ragazzo scalciò nel sonno, grattando lo scarpone contro la roccia del rifugio. Si era addormentato vicino al fuoco, con la schiena che dava verso una parete laterale. Nonostante il deserto fosse lontano e le fiamme ballassero gioconde, un sussurro gelido di vento spesso attraversava il mantello e lo faceva rabbrividire. Il freddo lo avrebbe già fatto svegliare ricordandogli di avere una vescica piena, fosse stato ancora a casa sua.

Tra le soffici lenzuola, nel tepore della casa, lì nella sua stanza riscaldata dal camino, di sicuro se il calore fosse venuto meno si sarebbe alzato durante la notte per svuotare la vescica. Era comune per lui dissetarsi prima di andare a dormire, quando non lo faceva la saliva sembrava impastarsi, e la mattina seguente la lingua gli sarebbe sembrata come una trota pescata al lago, tutta viscida di qualche sostanza che la rendeva sfuggevole alle mani.
La luce delle stelle era l'unica cosa che si vedeva attraverso le finestre della sua stanza, la luna o non si vedeva, oppure era stata oscurata dalle nuvole. Raggomitolandosi nella posizione fetale, si strinse nelle coperte, tentando di non pensare al suo bisogno. Fuori di lì faceva freddo, e lui non voleva abbandonare quel luogo.
Uno stridio metallico, dapprima lontano, sembrò avvicinarsi alla casa di Paneak. Il suo cuore incominciò a battere più velocemente, il ragazzo sentiva le tempie pulsare, e i suoi occhi si erano aperti, rimanendo sbarrati. Con movimenti quasi meccanici e tremando tutto, si tolse le coperte e si sedette sulla sponda del letto, ancora incerto se scendere. Man mano che si avvicinava, il suono diveniva un sibilo. Acuto e pungente, le sue orecchie iniziarono a dolergli, e preoccupato aprì la porta che portava alla camera dei suoi genitori. Rimase lì, in piedi imbambolato sulla soglia. Stavano dormendo entrambi.
Allungò la mano verso di loro, ma non era più sicuro di volerli disturbare, sembravano così tranquilli; di sicuro avrebbero sentito il rumore se ci fosse stato. Così, pensando fosse solo il solito rumore che sentiva di notte, quando il silenzio scendeva sopra Arcae, e non vi era altro da fare che dormire. Riposarsi per la giornata a venire però alle volte era difficile, e lui ci metteva tutto se stesso, pensando al dormire, non facendo altro che far arrivare n suono metallico davvero irritante che lo avrebbe tenuto sveglio per più tempo.
Di colpo due esplosioni lo fecero urlare per il dolore. Sentiva male alle orecchie, ma non udiva più. Dalla sua bocca non uscirono parole, oppure lui non riusciva a sentirle. Corse verso il letto dei genitori, spingendo con le mani il corpo del padre, sperando si svegliasse e lo rincuorasse, ma l'amato padre non fece altro che girare la testa, per poi perderla. Cadde sul pavimento, sbattendo il naso, ma senza fare rumore. Roteò, e si fermò con gli occhi vacui rivolte verso il figlio. Paneak guardò verso la madre, e notò che la sua testa era andata a sbattere contro il muro, con i capelli scompigliati che la coprivano. Segni di enormi denti avevano diviso il corpo dalla testa.
Si voltò di scatto, per incontrare con lo sguardo un enorme occhio ingiallito dentro ad una grande nube oscura. Enormi denti affilati si distinguevano nell'ammasso di oscurità. Sorridevano maligni, mentre il ragazzo scattò di lato e corse verso la porta della sua camera, e con foga la aprì. Una pila di corpi e teste, tutti con le stesse orme di denti gli caddero addosso, come l'acqua di una cascata.
Da sotto quel mare di corpi Paneak riemerse. Lo sguardo del mostro era sempre rimasto fisso su di lui, e quel sorriso beffardo lo stava facendo arrabbiare. Era impotente, di nuovo. I suoi genitori, Arcae, la sua vita: tutto era sparito, e se ne rendeva conto. Cominciò a gettare ogni pezzo di cadavere verso la nube scura, cercando di fermare la sua avanzata, che seppur lenta, lo minacciava. Sempre più veloce, con più foga, il ragazzo lottò, finché l'ombra lo sovrastò e lo inghiottì.

Si alzò di scatto, rimanendo un attimo seduto e osservando nel vuoto. Era mattina, ma il ragazzo si sentiva come se non avesse riposato quella notte.
Si alzò in piedi e senza rumore si diresse fuori dalla caverna, mentre provava in ogni modo a trattenere le lacrime, ma vi riuscì solo fino all'uscita della grotta, appena mise piede fuori anche le lacrime incominciarono a sgorgare silenziose. Le asciugò al meglio che potè, prima di rientrare e raccattare tutta la sua roba, aspettando tutti fossero pronti.

CITAZIONE
Stato fisico: Illeso
Stato mentale: Danno Basso
Stato Anima: Danno Basso
Energie: 75%+ 10%= 85%
CS: 1 in Destrezza

Armi/Armature:
-Coltello
-Sciabola
-Armatura di cuoio
-Arco piccolo 15 munizioni (riprese le frecce scagliate)

Passive:
-Movimenti silenziosi e non emissione di odori
-Capacità di appendersi e camminare su qualsiasi superficie o liquido (aria inclusa)
-Difesa da passive psioniche


Attive utilizzate: //


Riassunto: Il sogno di Paneak lo riporta ad Arcae, nella sua stanza. Vede i propri genitori morti nel loro letto, e una pila di cadaveri gli cade addosso. Prova in ogni modo a salvarsi, ma è impotente di fronte all'ombra. Impotenza, terrore e ricordo dei genitori lo portano a piangere in un pianto silenzioso, senza singhiozzi, perché non ricorda l'incubo, ma al contempo ricorda le sensazioni.

Note: Paneak su consiglio di Seagon mangia e beve ed è pronto per ripartire. Non volevo essere tedioso e ripetitivo nel scrivere queste semplici azioni, perciò le scrivo nelle note.


 
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Masterbpi
view post Posted on 6/4/2014, 22:38






CITAZIONE
Narrato
"parlato Incubo"
"parlato Zanroar"
"pensato Zanroar"



La notte è il tempo dell’incertezza e del ricordo, della paura e dell’ignoto, del rimorso e della morte.

Chi dice che i soldati non hanno paura di niente evidentemente non ne ha conosciuto uno o non vi ha mai dormito insieme, non ha mai avuto confidenza con uno di loro abbastanza da poter scorgere sotto la scorza di un io appena accennato e volutamente sottomesso a disciplina da superiori e graduati del caso la vera essenza di uno di loro. Nel caso specifico poi nessuno dei presenti era un soldato esperto, la paura era una presenza insistente negli animi di tutti e così invadente da non conoscere ostacoli, fisici o mentali.

Il sonno di quella notte fu disturbato da visioni angoscianti, scaturite dagli eventi accaduti il giorno appena trascorso. Talmente tante cose erano accadute che non pareva possibile fosse passato soltanto un giorno dalla notte della strage di Arcae, dalla perdita della mia famiglia e del mio futuro, dalla comparsa della bestia, di Angus, poi il viaggio la rivelazione e i poteri. Tutto questo non poteva essere successo in un giorno solo, l’assurdità della situazione non mi fece dormire subito eppure una volta addormentato, nonostante le visioni non riuscii più a svegliarmi.

la strana impressione che una fitta nebbia invadesse la grotta mi pervase poco prima della venuta del sonno, rimasi paralizzato e immobile, gli occhi aperti cercando di capire cosa stesse succedendo: Lamrael che si muoveva lamentoso nel sonno fu l’ultima cosa che vidi, poi il buio.

Il mondo non esisteva, il nulla echeggiava in ogni angolo del nulla dato che neanche una realtà, una dimensione o il cielo stesso esistevano e, in mezzo a quel nulla, neanche io esistevo mentre composto di pura coscienza come fatto di un gas osservavo quell’assordante oscurità in cui niente penetrava. Era forse la morte? Spostai lo sguardo quando mi accorsi di non essere una presenza onniveggente ma che al contrario il mio punto di vista era ristretto, cercai di trovare le mani o le braccia o qualsiasi altra parte di me ma solo il vuoto si vedeva. Non esistevo o forse ero un fantasma, nessuno poteva dirlo.
Cercai di muovermi ma non sapevo se ci stessi riuscendo, né terreno sotto i piedi né vento mi davano indicazioni in tal senso e la vista come prima non aiutava costringendomi a rimanere all’oscuro di che cosa succedesse attorno a me. Provai paura come non ne avevo provata mai in vita mia.

Qualcosa di bagnato mi scorreva addosso ma io, non possedendo un corpo materiale, non potevo passarmi una mano sulla parte interessata e neanche capire quale fosse questa parte interessata, dovendo limitarmi solamente a prendere atto che questa cosa sembrava pervadermi e vorticare attorno a me senza che potessi vedere alcun movimento ma solo avvertirne lo spostamento. Sgomento cercai istintivamente di urlare ma non avevo la bocca e non potei, così come non ebbi possibilità di chiudere gli occhi dato che non li avevo: non esisteva schermo per quel senso di terrore che ormai aveva attanagliato la mia anima. Sempre che me ne rimanesse una.

Un punto luminoso si accese a chissà quale distanza da me. Poteva essere minuscolo e vicinissimo oppure molto distante ed enorme, non lo avrei mai saputo avvolto dall’oscurità com’era e senza riferimenti ma con mia sorpresa scoprii che il desiderio di vedere e raggiungere l’unica fonte luminosa esistente aveva permesso alla mia essenza eterea di veleggiare lentamente verso la destinazione, ancora senza corpo, non esistevano alto e basso, nord o sud, esisteva solo la luce.

Non esisteva neanche il tempo in quella dimensione, per cui non saprei dire quanto a lungo viaggiai per arrivare alla mia meta, un viaggio privo di paesaggio e ostacoli di sorta nel mare di nulla in cui mi trovavo e che riuscii ad attraversare senza grande fatica, d’altronde non avevo un corpo per cui la fatica non mi apparteneva, giungendo infine a quello che sembrava un focolare acceso che illuminava pochi metri attorno a sé prima che l’oscurità inghiottisse la luce delle fiamme. Entrai nel cerchio luminoso e apparve il mio corpo.

D’un tratto e per la seconda volta in un breve lasso di tempo scoprii me stesso e la mia essenza viva e solida: scoprii il respiro, il tocco delle mani sui vestiti e sul viso, i piedi che poggiavano su solido terreno e il calore confortante del fuoco, rassicurante tanto quanto la luce che lentamente stava prendendo forza e si spandeva decorando il luogo di particolari fino a trasformarlo in un posto che ben conoscevo e da cui mi ero allontanato pochi giorni fa. O forse erano secoli?

Arcae era li di fronte a me, nessun incendio divampava fra le case o i campi, nessun urlo straziato di disperazione, nessun cadavere per le strade. Nessun segnale di pericolo vero, eppure neanche segni di vita provenivano da alcuna parte del villaggio, come se fosse rimasto desolato o tutti i suoi abitanti fossero scappati, lasciando però intatto tutto il resto. Desolazione, mentre avanzavo per le strade deserte riconoscendo posti familiari mi sentivo un estraneo e allo stesso tempo abbandonato, due sensazioni delle quali non capivo la ragione.

In quello scenario surreale mi aggiravo attorno al fuoco senza il coraggio di allontanarmi da quella rassicurante emanazione di calore e luce, la paura dell’ignoto mi stava paralizzando in modo strano e estremamente fastidioso come non l’avevo mai provata e non riuscivo a capire come mai questa mi avesse colto quando razionalmente capivo che non c’era niente da temere laggiù, eppure non riuscivo ad abbandonarmi al riposo e alla tranquillità. Camminavo in circolo.

Un ululato in lontananza mi fece gelare il sangue nelle vene: ululato di morte e di sventura, capii che qualunque cosa lo avesse emesso stava venendo per me e mi avrebbe ucciso banchettando poi con le mie membra morte e inerti per la gioia del vuoto spettatore imperscrutabile di questo mondo. Era la fine questa? Mi guardai attorno in cerca di un rifugio, di un arma, del coraggio, di un’idea. Niente da fare, solo con il mio destino potevo solamente attendere che la creatura si facesse viva ed attaccasse. Gli attimi si trasformarono in minuti, poi in ore e giorni. Il cuore non batteva più, e forse non l’aveva mai fatto da quando avevo visto mia madre morta sul pavimento di casa.

Nell’eternità che pareva avrei dovuto affrontare in quella brutta copia del mio villaggio natale la luce del fuoco stava lentamente allargando i suoi confini e rivelando una morta campagna priva di ogni segno di vita vegetale o animale, assorbita da una nebbia fitta e liquida che lentamente stava abbandonando il territorio circostante il villaggio lasciando il posto alla fioca e debole luce di quella che era stata la mia ancora di salvezza, o avrebbe potuto essere la mia fine. Ancora più immobilizzato adesso smisi persino di camminare attorno al fuoco, nella lotta impari ingaggiata dal fuoco contro la nebbia capii che quest’ultima avrebbe prevalso senza eccessive difficoltà una volta che la forza del primo fosse calata, il mio tempo come corpo solido era tremendamente limitato e da un momento all’altro rischiavo di tornare etereo e parte del vuoto, un minuscolo punto indistinto nel mare del Nulla.

Rifiutando l’idea che di me non sarebbe restato niente, neppure il ricordo, presi ad agitarmi sempre più, la paralisi sembrava avermi abbandonato e la frenesia con cui rinunciavo di arrendermi all’inevitabile sarebbe stata quasi commovente e sicuramente divertente da un punto di vista esterno, mentre per me il panico divenne talmente insopportabile che sembrai colto da pazzia mentre rovistavo con forza in mezzo alle vicine rovine o cumuli di ferraglia troppo impegnato ad avere paura per accorgermi che dove avrebbero dovuto trovarsi dei tagli sulle mie mani prima appariva una nebbiolina liquida e densa e poi spariva tutto, o così distratto da non accorgermi inizialmente che vicino a me altre due fonti di luce erano apparse. E non si trattava di fuoco.

“Non sei nessuno, e il niente di questo luogo ti inghiottirà.”

Il gelo mi colse nuovamente, alle mie spalle la voce agghiacciante di Angus ancora una volta mi sorprese proprio dove fa più male. La paura della morte senza fama, senza riuscire a diventare un guerriero famoso, mi aveva attanagliato da quando ero partito per quel viaggio, nascosta dall’aggressività del combattimento e dalla presunzione, dall’arroganza, e mi aveva accompagnato fino a inghiottirmi in un limbo caratterizzato dalla mancanza di tutto. Ancora una volta mi aveva manovrato allora?

Mi voltai e due lanterne grandi quanto uno scudo di legno rotondo troneggiavano dentro a un globo di oscurità apparentemente perfetto e di dimensioni titaniche, fluttuante di fronte a me come squadrandomi con divertita sufficienza e attendendo una mia inesistente reazione con una pazienza degna di chi sa di avere dalla sua parte l’eternità per poter parlare, e di cui utilizzò tutto il tempo che ritenne necessario prima di aprire una spaccatura al centro di quella sfera con una linea seghettata andando a formare una bocca ripiena di aguzzi denti ognuno alto più di me ed incredibilmente affilato.

Ancora la voce di Angus fuoriusì da quel globo oscuro.

“Il tuo destino è segnato, Zanroar! Ti unirai a me e lo sai benissimo, dopotutto la tua sete di potere sarebbe soddisfatta e risparmieresti un gran quantitativo di tempo e sofferenze lasciando che l’oscurità ti avvolga adesso piuttosto che perder tempo e aspettare che il destino si compia lentamente. Sta a te scegliere.”

Ancora stordito dalla sorpresa non compresi affatto le parole della sfera e non ebbi neanche il tempo di muovermi mentre questa si avvicinava chiudendo le sue fauci su di me e inghiottendomi, trascinandomi ancora nell’oscurità dove tornai ad essere solo spirito, solo anima.



L’oscurità che mi circondava adesso era diversa, molto meno profonda e tenebrosa, riuscivo a sentire anche dei rumori e a vedere una flebile luce, sentivo un lieve calore alla schiena e così anche di avere un corpo. Aprii gli occhi e mi ritrovai nella grotta dove avevo passato la notte. Un tentacolo di nebbia scura e liquida affondò solitario nel buco del pavimento del nostro nascondiglio. Ripensai al mio sogno con terrore e mi alzai, deciso a non chiudere più gli occhi per quel giorno.











Capacità Straordinarie: 1 (Ingegno)
Energia:Gialla65+5+5=75%>
Equipaggiamento: spada corta: riposta (mano destra);Daga: riposto(mano sinistra); Coltelli da lancio 17/20
Consumi:
Basso=5%; Medio=10%; Alto=20%; Critico=40%

Recupero del 5% per aver mangiato e 5% per aver bevuto.
Pericolosità:F
Danni subiti:Fisico: danno Basso Psicologico: illeso(Impaurito) Anima: Danno Medio
 
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42 replies since 25/2/2014, 15:14   1228 views
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