Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Days of Betrayal - Supremazia, Capitolo I

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Caccia92
view post Posted on 8/9/2014, 22:04






Onor - Dimora era simile in tutto e per tutto ad un'accademia militare. Nell'aria si respirava l'odore bluastro e fastidioso dell'acciaio lavorato, si percepiva chiaramente il trambusto intenso provocato dalla spada contro lo scudo. L'umidità si infiltrava sotto le pieghe della veste di Yamoto, inzuppandolo rapidamente e lasciando la promessa di ardue fatiche. In realtà tutto quel trambusto "ordinato" aveva qualcosa di famigliare, qualcosa che faceva fremere la sua mente. Finse di guardare a destra e a sinistra, strappando un sorriso a Neigy. Seguì l'ex gladiatore all'interno delle mura, desiderando - ancora una volta - di poter vedere tutto ciò che stava accadendo.
« Qui ti lascio in mani migliori delle mie. Ci rivedremo, spero. »
Per un attimo si sentì smarrito, circondato da suoni e rumori estranei. Rimase immobile e in attesa, visualizzando colori immaginari. Il tintinnio metallico di un'armatura sostituì il nulla che aveva lasciato Neigy. Il nuovo individuo doveva essere abbastanza imponente e fiero, forse un veterano. Il lieve sfregare della pelle sul pomo della spada tradiva la sua abitudine alla disciplina.
« Benvenuto, soldato. Il mio nome è Gareth, capo della Gilda Samoq. » era appena arrivato e già lo chiamavano soldato « Seguimi, se non ti difetta l'ardire. »
Le fonti di calore multiple mandavano in confusione Yamoto: i guerrieri sudavano molto durante l'allenamento e rilasciavano una cospicua quantità di energia. Eppure il fruscio del mantello di Gareth rappresentava un punto di aggancio sufficiente per districarsi nei corridoi della fortezza. Sentiva su di sé lo sguardo schietto delle guardie ai cancelli. Mentre attraversavano il cortile interno di Onor - Dimora, comprese che la giustizia e il coraggio non erano soltanto degli schemi prefissati, delle icone da seguire. Tutte le persone - tutti i soldati - all'interno della struttura emanavano un'aura di fanatismo. Poteva essere una cosa buona o cattiva a seconda dei punti di vista. Yamoto non riconosceva una fede e non pregava, tuttavia sapeva rispettare un tipo di vita dedicata ad un'unica causa.
« Non siamo interessati al tuo nome, al tuo passato o alla tua natura. Ci importa solo della tua abilità guerriera, della tua determinazione e fedeltà. »
Determinazione. Fedeltà. Erano parole che spesso venivano scambiate con ambizioni concrete e giuste. Ma se da una parte Yamoto cercava solo di sopravvivere in un mondo ostile, dall'altra il suo cuore era affamato di uno scopo e un obiettivo da raggiungere. La perfezione nel combattimento - la disciplina ferrea - poteva essere una buona distrazione da tutti gli altri problemi.
Seguì senza difficoltà Gareth all'interno di una stanza calda e pulita. I suoi sensi erano concentrati sulle frasi che fuoriuscivano dalla bocca del capo dei Samoq. Il respiro del soldato era regolare, il tono della voce non lasciava trasparire nulla. Gareth parlò di un compito importante, un compito che erano decisi ad affidare a lui. Ad uno sconosciuto. Come facevano a sapere quali e quante abilità erano in suo possesso?
« Allora, accetti? »
Lo spostamento dell'etere suggerì che una mano si era tesa davanti a lui. Eppure, in contemporanea, un altro movimento colse Yamoto nel profondo. Due aghi dell'elmo di Amnesia cominciarono ad iniettare veleno nel suo cervello, un'operazione automatica gestita direttamente dall'armatura. Tutto si colorò di rosso e seppe di essere entrato nella Visione di Sangue. Riuscì a vedere ogni cosa: il tavolo rosso al centro, le pareti rosse ai lati, gli stendardi e gli ornamenti rossi, il pavimento rosso. E, sul fianco destro, il cremisi pulsante di una lama diretta verso il suo capo.
Con agilità e riflessi migliorati, scansò facilmente il colpo spostandosi alla sinistra di Gareth. La rabbia montava nel suo corpo, il cuore martellava all'impazzata, i muscoli fremevano dal desiderio di uccidere. Senza pensare, Yamoto sfilò una spada dal fodero e, con un fendente secco dal basso verso l'alto, puntò a tagliare la mano tesa in segno di alleanza. Seguì un guizzo e il suono dolce di carne strappata. L'acciaio rinforzato di una delle Albe non aveva mutilato il capo dei Samoq, tuttavia un taglio era comparso sul palmo destro del comandante. Il fatto in sé suggeriva un particolare abbastanza rilevante: Gareth sapeva il fatto suo. Yamoto inarcò la schiena, preparandosi ad uno scontro più duro del previsto. Il suo cervello lavorava solo per la battaglia, oscurava tutti gli altri dettagli e focalizzava le energie nel cogliere i movimenti avversari. Quella mente votata alla guerra non si aspettava una resa immediata.
« Abilità e riflessi eccezionali. Le tue non sono doti comuni, come comune non sarà questa missione. »
Il tono di voce era tranquillo, azzurro, rilassato. Yamoto osservò con stupore la spada che veniva rinfoderata.
« Non ti avrei colpito, se è questo che ti domandi, ma avevo bisogno di saggiare le tue capacità. »
No, non se lo stava domandando. La Visione del Sangue stava piano piano scemando, sostituita da un fastidioso mal di testa. Quello che si chiedeva era se davvero Gareth aveva agito soltanto per metterlo alla prova. Forse era paura di perdere la vita...anche se il suo istinto diceva il contrario. Lui era per natura diffidente verso tutte le persone, ma non si reputava talmente stupido da non captare un giudizio sincero.
Attese, quindi, mentre il dolore provocato dal veleno di Amnesia si attenuava.
Il capo dei Samoq gli offrì un dono in cambio delle sue scuse per il piccolo imprevisto, un dono che pochi potevano apprezzare veramente: un'arma. Yamoto si voltò percependo il dito puntato del comandante. Allungò quindi una mano con titubanza, saggiando la veridicità di ciò che gli veniva elencato. Passò i polpastrelli su diverse impugnature, pomi ed else riccamente decorate, affidandosi alle sensazioni che ogni lama trasmetteva ai suoi nervi. Infine si bloccò sulla consistenza porosa e dorata di una rivestitura in seta e cotone, accompagnata dalla ferrosa guardia e completata da un fodero di legno laccato. Una katana. La prese, ne constatò peso e bilanciamento, poi la agganciò insieme alle due lame già in suo possesso.
I complimenti di Gareth per la scelta vennero interrotti da un bussare ritmico e misurato. La porta della piccola stanza si aprì e nell'aria si aggiunse un terzo respiro pesante.
« Il maggiore Roderith ti accompagnerà nell'impresa, insieme a un manipolo di soldati scelti. Puoi selezionarli tu stesso dal campo d'addestramento: ognuno di quei guerrieri è il migliore nel suo campo, non rimarrai deluso. »

Yamoto rimase fermo alcuni istanti. La selezione...selezionare era un concetto sbagliato.
Si diresse a passi lenti verso il cortile.

Non sceglierò alcun uomo. Saranno i loro occhi a scegliere me.
divider
Così aveva detto e così era avvenuto. Si era presentato garbatamente nel cortile, fissando il vuoto dinnanzi a sé. Sentiva l'attenzione posta sulla sua figura, messa in risalto soprattutto dalla presenza di Roderith. Il maggiore - c'era da dirlo - non aveva fatto nulla per intralciare il suo operato. Il discorso fluiva come acqua cristallina nel silenzio del campo.
« Non vi conosco e voi non conoscete me. Non vi chiedo di seguirmi e nemmeno di offrirvi volontari... » era una premessa obbligatoria « ...ma non negherò di certo la gloria a chi desidera cercarla. »
Si presentarono in quattro. Un arciere, un balestriere, un informatore e uno spadaccino. Erano tutti molto giovani, eccetto l'ultimo che, dal respiro pesante, probabilmente aveva passato la cinquantina da un pezzo. Non domandò nomi, eppure li seppe comunque: Loch, Magress, Dean e Lorand. Erano uomini pronti a sacrificarsi per qualcosa in cui credevano e Yamoto li rispettava per quello. Rifletteva su ciò che stava accadendo e sugli avvenimenti che lo avevano spinto ad unirsi al gruppo disciplinato e guerrigliero dei Samoq. La missione poteva rivelarsi pericolosa, addirittura mortale, tuttavia percepiva un richiamo che lo spingeva all'interno della razza umana, un richiamo inestinguibile. Oppure era solo una mera sensazione? Forse voleva solamente sentirsi parte di qualcosa, essere in un posto dove tutti lo accettavano e lo riconoscevano come membro. Domande, troppe domande senza risposta. Sapeva che gli unici consigli sarebbero giunti dalla sua mente, ma la sua mente era impegnata ad elaborare tutte le informazioni che lo circondavano. Suoni e odori di un mondo sconosciuto e che fin troppo alla svelta lo aveva assorbito.
Con quel pensiero e cinque nuovi compagni, attese la calata delle tenebre.










CITAZIONE

Y A M O T O

jpg

CS 10 (Forza 4 - Destrezza 5 - Percezione 1)

Critico {36%} ~ Alto {18%} ~ Medio {9%} ~ Basso {5%}

Fisico [140% - Medio alla nuca]
Mente [50% - Illeso]
Energia [100%]


Il Soldato Cieco
malus di cecità; udito finissimo; auspex basato sul calore; immunità alle passive psioniche; immortalità fintantoché indossa l'armatura; 2 CS aggiuntivi alla Forza quando l'avversario usa una tecnica magica; vittoria su tutti gli scontri a parità di CS.
Amnesia
armatura; 4 CS aggiuntivi alla Forza; possibilità di sollevare armi molto pesanti; straordinaria resistenza al dolore; grado di sopportazione fisica fino al 150%, resistenza alle psioniche fino al 50%.
Le due Albe
spade gemelle wakizashi e una katana aggiuntiva; Miscela debilitante (1); Rubino (1).

Attive
- nell'elmo dell'armatura sono presenti anche quattro piccoli aghi che penetrano direttamente nella fronte dello Yuga, rilasciando una massiccia dose della miscela. In questo modo la mente, attraverso i lobi frontali dedicati alla Visione del Sangue, attiva immediatamente l'incremento di massa muscolare a discapito della lucidità. Il centro neurale assimila le proprietà delle radici e le rende proprie, scatenando una reazione violenta nel cervello. Aprendo due aghi, forza ed agilità dello Spettro aumenteranno a dismisura per un periodo di tempo più lungo rispetto alle dosi normali, ma provocheranno un certo fastidio agli organi interni (Nulla, Fisica: aumento di 2 CS alla Forza e 2 CS alla Destrezza per due turni, al termine dei quali si subisce un danno Medio).

Riassunto/note
Ho riportato la scena concordata in confronto, ovviamente aggiungendo ed elaborando dettagli personali. Inserisco qui sotto i PNG per ricordare la lista. A voi la penna!


Gruppo Samoq, gli Spettri di Gilth'alas:

- Maggiore Roderith: Leader del gruppo.

- Loch "Arco Sacro": Arciere specializzato nel tiro sulla lunga distanza. Possiede un arco di corno rinforzato molto robusto e flessibile. Ha una vista eccellente, è solito utilizzare frecce avvelenate o infuocate in base al compito che gli viene assegnato. Indossa un'armatura di cuoio leggera e sul viso porta un caschetto con due lenti di differente portata. Molto giovane e avvenente, non è nuovo a missioni segrete.

- Magress "Informatore": Fante molto agile e astuto, dedito alla raccolta di informazioni. Sa cavalcare molto bene ed è un velocista nato. Non indossa armatura per essere il più leggero possibile. Ha un udito estremamente fine e sa come ricavare dettagli fondamentali anche da semplici conversazioni. Porta un pugnale nella cinta.

- Dean "Tonante": Balestriere troppo loquace. Quando vuole sa essere silenzioso, ma in tutti gli altri momenti parla a volontà. Eccellente scalatore e stratega, conosce alla perfezione la città di Gilth'alas. Con la balestra non ha rivali. Utilizza dardi rinforzati in acciaio e indossa una cotta di maglia.

- Lorand "Maestro": Un anziano spadaccino che negli anni ha sviluppato un'abilità con il fioretto senza eguali. La sua lama è rapida e precisa. Non parla quasi mai e quando lo fa è per rivelare particolari importanti. Sa quando stare al proprio posto e quando è giunto il suo momento. Possiede, inoltre, una mente brillante che lo rende in grado di risolvere i rompicapi più complessi.

 
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view post Posted on 12/9/2014, 18:26

season of mists
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~

Quella notte le gilde si assicurarono che gli stranieri cadessero in un sonno pesante, privo di sogni.
Non si era in grado di tessere infide trame in uno stato del genere, organizzare tradimenti o intrighi era impossibile.
Le preoccupazioni che la missione suscitava in loro furono sedate dalla vivida presenza dei rappresentanti dei loro datori di lavoro.
Ma quei visi che li scrutavano nel buio appartenevano a custodi o a carcerieri?
Del resto che importanza aveva, in una città come Gilth'alas?
Il fulgido disegno della lotta per il potere non era ben visibile nemmeno per coloro che si consideravano maestri nel raggiro e nella menzogna.
La figura del padrone coincideva troppo spesso con quella dello schiavo, colui che appariva forte non era altro che un misero debole, l'assassino celava dentro di sè il salvatore.
Chi davvero poteva dire quale fosse la verità nascosta dietro il gioiello delle gilde?
E così, mentre i sei scivolarono nel morbido abbraccio della notte... Caleb, Roderith, Kesser e tutti gli altri rimasero all'erta.
I mercenari dormirono tranquilli, perchè i loro peggior nemici vegliavano su di loro.



EGILIATH


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{ Gilth'alas, Alcrisia; pov: /// }

Quella folla non era un'unica creatura viva, in grado di essere domata.
Non vi era un singolo enorme corpo: quelli che strisciavano nella piazza erano una moltitudine di insidiosi serpenti, pronti ad azzannarsi l'uno con l'altro per difendere i propri, diversissimi interessi.
E tuttavia, quel giorno tutti insieme festeggiavano.
Sfoggiando i loro colori, le insegne dei loro padroni, urlavano e ondeggiavano estatici, una marea oceanica che sommergeva ogni individualità sotto una patina di sfrenata eccitazione.
Il ladro al fianco dell'armigero, lo scienziato a stretto contatto con il sacerdote, nella piazza di Egiliath non vi era spazio per i nomi e le rivalità personali.
Le mura dell'Ithil, bianche e immacolate, osservavano quelle formiche come granitici custodi, giudicandoli e respingendoli al tempo stesso.
Alla popolazione comune non era consentito oltrepassarle ed era evidente che non ci sarebbe stata clemenza per i trasgressori, come testimoniavano le sentinelle Ennomos sui camminamenti.
Eppure anche a delle nullità come loro era concesso celebrare quel giorno.
Anzi, non era forse per il bene della popolazione, che il Patto doveva essere rinnovato?
Ed eccoli lì, gli abitanti di Gilth'alas, stipati fra le variopinte bancarelle, inebriati dal profumo delle merci esposte e da quella magia arcana che era la speranza: di pace duratura, di prosperità.
Era forse proprio quel vano sentimento a spingerli ad esultare, ad acclamare perfino il nome del nemico?


Occhi che non erano sottomessi alle gilde scrutarono con astio il cammino dei nove.
Li videro, uno dopo l'altro, mentre entravano nell'Ithil, nel cuore del Gioiello: per loro le porte della Cittadella si aprirono, nonostante fossero di gran lunga gli individui dai quali ci si doveva più guardare.
Ciascuno con un proposito più deviato del precedente, tutti a percorrere lo stesso sentiero di marmo.
Ma la stoica solidità del patto si fondava su quelle marce fondamenta, e pertanto il rituale doveva essere portato a termine.
Una volta ogni dieci anni, sotto gli occhi della folla, i nove oltrepassavano tronfi le bianche mura e là rimanevano chiusi per tre giorni e tre notti.
A tramare chissà quali inganni.
I Grigi videro ogni cosa e, come ogni decennio, sperarono ardentemente che si saltassero alla gola l'uno con l'altro là dentro, liberando per sempre Gilth'alas dalla loro immonda presenza.
Non sarebbe successo.
Erano degli infidi bastardi i nove, così come lo erano i loro predecessori, coloro che negli anni avevano guidato la mano delle gilde.
Nonostante le brucianti rivalità che covavano, erano sempre pronti ad allearsi con i loro cosiddetti nemici per abbattere chi nella loro piccola cerchia tentava di sollevarsi sopra agli altri.
Yldir ed Ennomos avevano umiliato gli Thanatas nella Battaglia dei Tre Ponti, purificando i loro corpi con un unico, grande rituale.
Decenni addietro i Samoq, equipaggiati con i migliori congegni Lizz'eth, avevano quasi raso al suolo il vecchio Labirinto d'Ombra degli Ashand, sotto il comando di Jarv il Giusto.
Quella stessa compagine di spie e ladri, con l'aiuto delle subdole malie degli Orahn, aveva eluso ogni sorveglianza e assassinato i membri di spicco del vecchio Concilio degli Eleam.
E tutti loro avrebbero dimenticato qualsiasi offesa subita, se avessero scorto la chiara possibilità di stringere un'alleanza in grado di ottenere il potere assoluto.
Ma questa volta le cose sarebbero andate in maniera diversa.
I Grigi avevano tra le mani la possibilità di spazzare via il giogo degli oppressori.
Dovevano solo osare.
Ai loro occhi pieni di rancore sfuggirono le figure dei sei stranieri, accompagnati dai loro anfitrioni, che si facevano largo nella folla.




CITAZIONE
QM POINT ::

Bene, proseguiamo! Dopo aver passato la notte, all'alba venite condotti nella piazza di Egiliath, piena zeppa di gente. Stanno celebrando l'inizio del rituale del rinnovamento del Patto e a tal proposito potete vedere distintamente i nove capi delle gilde - per le descrizioni vi rimando ai post precedenti - che entrano nell Ithil, la cittadella di Gilth'valar. Siete in compagnia dei leader dei manipoli dei vostri png, che vi fanno notare l'un l'altro la vostra presenza (riconoscono gli uomini di spicco delle altre gilde) e sanno ovviamente per cosa siete stati assoldati. Vi hanno condotto in questo luogo per un motivo ben preciso (il resto dei png vi aspetta all'esterno della città, pronti per partire alla volta di Gilth'valar) e vi viene rivelato da loro stessi: avete la possibilità di stringere delle alleanze con gli altri utenti.
Si tratta di semplici accordi che potete stipulare off-gdr (starà a voi trovare le motivazioni in-game), che vi consentiranno di unire le forze, la condivisione di eventuali bonus, ecc. Attenzione: non siete tenuti né a stringere per forza un'alleanza con qualcuno, né a rispettarla effettivamente in game: potrete romperla quando volete una volta entrati a Gilth'valar, con le ovvie conseguenze del caso. Se cercate di stipularne una, pensate bene alla vostra gilda e a chi la state proponendo, prendendo anche come riferimento il topic riassuntivo della campagna: saremo noi a decidere se effettivamente i png dell'altra gilda accetteranno la rispettiva alleanza.
Organizzatevi in confronto a riguardo, avete 5 giorni di tempo una volta che vi siete accordati!

 
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view post Posted on 15/9/2014, 00:06
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« Quelli, Pohrrient, sono i Samoq. » esordì Tark, con voce bassa e profilo discreto. Si preparava ad un discorso ben più esigente in termini di tempo. « E' a loro che dobbiamo puntare, se vogliamo sopravvivere nella città morta. Guerrieri, combattenti nati e forgiati per la guerra e per il combattimento. Non sono degli attaccabrighe, al contrario; condividono con noi il concetto di perfezione del corpo e dello spirito, anche se con misure leggermente diverse. I combattenti Samoq sono allenati per le situazioni più dure e faticose e la loro abilità con le armi - e senza - non ha avversari. Temibili nemici sul campo da combattimento, perfetti alleati per il nostro scopo. Bada bene, però, perché non sono degli stolti; non possiamo ingannarli, non è ciò che ci farebbe vincere la corsa per l'artefatto perduto. Collaboreremo fino alla fine, dunque cederemo parte del potere del Talamith ai loro combattenti. Un sacrificio necessario, se è ciò che ci permetterà di realizzare il nostro sogno e di distruggere le altre Gilde. »

Il Fauno squadrò con attenzione i membri della gilda Samoq: combattenti curati nei minimi dettagli, dallo sguardo truce ed il fisico prestante. Un normale essere vivente avrebbe avuto a ben ragione paura di loro; Poh ovviamente non ne aveva affatto, perché sentiva che quell'alleanza, seppur costituita in gran parte da esseri umani, avrebbe permesso alle bestie di proliferare e di espandere il loro regno, conquistando una nuova fetta di territorio all'interno della città - e non solo. Il Fauno pensava infatti che Gilth'alas non era che l'inizio di una serie di eventi tra di loro collegati che avrebbe permesso al regno delle bestie di espandersi e riconquistare ciò che era loro in precedenza. Avrebbe parlato con Mishtar - che per l'occasione vestiva lunghi abiti violacei ed indossava un cappello con corna di legno intagliato - e, quando tutta quella faccenda sarebbe stata risolta, lo avrebbe convinto ad espandere il suo piccolo paradiso su tutta la regione centrale di Theras. Una volta conquistato il Dortan, sia l'Edhel che l'Akeran sarebbero stati inglobati nel flusso di eventi e avrebbero lasciato alle bestie il posto che meritano.
« Alla loro destra.. » fece per tapparsi il naso. « .. la puzza di carbone arriva fin qui. Quelli sono i Lizz'eth. » indicò un manipolo di uomini intenti a scambiarsi opinioni su uno strano apparecchio al plasma. « I nostri nemici, coloro che ricercano la perfezione della specie tramite l'evoluzione artificiale comandata dall'uomo. In altre parole, feccia. Più di una volta abbiamo avuto screzi con i membri di quella corporazione; faremo in modo di eliminarli per primi, se dovesse presentarsi l'opportunità. » Lo sguardo e l'espressione di Tark mostravano sdegno e disprezzo, con una vena di rimpianto che agli occhi del Fauno appariva come tristezza. Mishtar non gli aveva parlato di quelle persone; qual era la vera storia che univa quelle due gilde? Certo, poco importava. Vista la descrizione di Tark, in fondo, Poh aveva già deciso che li avrebbe sgominati non appena avesse potuto. Presto, sperava.
« Spostandoci dall'altro lato puoi vedere i Serywar, i Thanatas, gli Ashand e gli Orahn. Di loro puoi non preoccuparti, sono solo stupide pedine che provano a ribaltare le leggi degli Ennomos, i giudici di Gilth'alas. Visto il loro compito nella città, dubito che ce li ritroveremo a Gilth'valar. Lì in fondo invece ci sono gli Eleam, nostri vecchi alleati; hanno cambiato la loro condotta ultimamente, quindi non possiamo fidarci di loro ad occhi chiusi. consideriamoli nemici, fintanto che non ci dimostreranno il contrario. » borbottò dell'altro, Tark, eppure il Fauno stava concentrando la sua attenzione sui guerrieri che avrebbe dovuto considerare suoi alleati. « C'è altro che dovrei sapere? »
Il viso di Tark mutò in una smorfia di fastidio per l'interruzione del Fauno, ma poi si avvicinò ancor più a lui e sussurrò all'orecchio. « Mishtar non ammetterà fallimenti, sappilo. »
E' tutto ciò che volevo sapere, ragionò il Fauno, prima di chiudere per una decina di minuti gli occhi, stanco dalla notte passata insonne a causa dei suoi sogni, che si facevano sempre più vividi ed insistenti nella sua fantasia. Kjed aveva fatto visita più volte quella notte, con messaggi a loro modo opposti; a volte sembrava voler confortare il Fauno, altre volte sembrava volerlo spaventare, quasi ad intimargli di andare via da quella città. Vorrei solo che tu mi dicessi cosa fare, madre.

Il suono delle campane, unito all'avanzare di Tark, interruppe il dormiveglia del Fauno, che sgranò gli occhi per individuare il suo nuovo amico. La folla acclamante rendeva difficile qualsiasi movimento, eppure Pohrrient riusciva a muoversi con abbastanza facilità - le persone si allontanavano, a vederlo. Abbastanza da riuscire a raggiungere Tark, ora a pochi passi da quello che aveva individuato come esponente della gilda Samoq, i Guerrieri. Entrambi si avvicinarono all'uomo armato di balestra e prima che Poh potesse dire qualsiasi cosa, Tark già stava contrattando l'alleanza tra le due Gilde. Un'alleanza che poi, pensava il Fauno, sarebbe potuta sorgere molto tempo prima. Perché non era stato così, dunque?
« Sappiamo entrambi cosa bisogna fare per sopravvivere a questa gara. Abbiamo bisogno di voi allo stesso modo in cui avete bisogno di noi. La ricerca della perfezione può e deve avvenire su binari separati ma vicini. L'ultima volta vi siete affiancati di quelle creature immonde e dei loro marchingegni. » ancora lo sdegno sul suo volto, indicando nuovamente lo stesso gruppo di appartenenti ai Lizz'eth. « E qual è stato il risultato? Avete sconfitto una delle gilde, sì, ma siete rimasti comunque guerrieri in secondo piano, rispetto ai Giudici. E' tempo di unire le nostre forze e di annientare le altre Gilde; divideremo i poteri del Talamith e lo utilizzeremo affinché la perfezione regni su questo mondo. Noi con i nostri metodi, voi con i vostri.. »
Metodi che gli Yldir tutti ignoravano; ma se quella era la loro possibilità di emergere, lo avrebbero fatto senza troppi ripensamenti. Il Fauno squadrò il fisico statuario di uno dei combattenti, lo sguardo vuoto ed il portamento fiero.
« La tua parola è giusta e profonda. Noi Samoq ricerchiamo la perfezione nella guerra e questa guerra sarà la più grande. Perciò...troveremo insieme la via giusta, la via della forza. » il balestriere annuì più volte, accompagnato da alcuni combattenti. Il guerriero cieco spostò il capo in direzione del Fauno. Per qualche momento - avrebbe affermato questi - i due riuscirono ad entrare in una strana sintonia che li avrebbe resi perfetti alleati e micidiali avversari.

Tark e Pohrrient si allontanarono in fretta, raggiungendo il proprio gruppo. Le campane suonarono nuovamente. La gara era iniziata.
Bestie e Guerrieri avrebbero combattuto insieme, ma separati. E li avrebbero distrutti tutti, uno dopo l'altro.
Mishtar non ammetteva errori, in fondo.



Pohrrient
tecnicismi



Capacità Straordinarie: 11 (3 alla Forza, 3 all'Agilità, 2 all'Intuito, 2 alla Saggezza, 1 alla Ferocia)

Energia: 100%
Stato Fisico: Ottimale. {100%}
Stato Mentale: Ottimale. {100%}


Auree di Gelo
passive in uso



1/10 Abilità Personale Natura Fisica; Poh riesce ad avvertire la presenza di altre figure nelle vicinanze grazie al suo olfatto. Conta come un auspex passivo. (Passiva)
2/10 Abilità Personale Gli attacchi fisici di Poh causano metà danno al fisico e metà alla mente. (Passiva)
3/10 Abilità Personale I colpi inferti da danni fisici da parte di Poh infliggono più danni del normale, arrivando il colpo in profondità, fino a raggiungere i muscoli e le ossa. (Passiva)
4/10 Abilità Personale Le tecniche offensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
5/10 Abilità Personale Le tecniche difensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
Passiva primo livello Fattucchiere Le attive del dominio causano anche una malia psionica passiva che si materializza sotto forma di un forte senso di disorientamento. (Passiva)
Passiva secondo livello Fattucchiere Le attive del dominio depotenziano di un CS in più. (Passiva)
Passiva terzo livello Fattucchiere Quando Poh utilizza un'attiva del dominio guadagna 2 CS in Destrezza fino alla fine del turno. (Passiva)
Muoversi al Buio [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di affidarsi, in caso di oscurità o altri ostacoli visivi, all'olfatto e alla vista per orientarsi e per compiere le sue azioni. (Passiva)
Tattiche di Combattimento [Guerriero] Natura Fisica; Poh è in grado di sfruttare il campo di battaglia a proprio vantaggio. Inoltre, egli riuscirà a vincere gli scontri a parità di CS. (Passiva)
Irriducibile [Pergamena Vuota] Natura Fisica; Poh è in grado di combattere fino alla morte, nonostante le ferite e i danni subiti. Non è immune al dolore fisico. (Passiva)
Conoscenza Anatomica [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di individuare il punto debole degli esseri immortali, potendo così fronteggiare qualsiasi creatura.(Passiva)
Passiva Razziale Gli animali selvaggi non saranno ostili nei confronti di Poh, che avrà con loro una vera e propria empatia selvaggia. (Passiva Razziale)
Amuleto Razziale Poh potrà sempre capire se un altro individuo è più o meno forte di lui - in base alla pericolosità -. (Passiva Razziale)
Amuleto del Poliglotta Poh può parlare la Lingua del Nord.
Cristallo del Talento Poh accede al terzo livello del dominio Fattucchiere.


Segni della Madre
attive utilizzate



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Racconti del Passato
riassunto



Nulla di che, come da confronto; mi alleo con i Samoq - Caccia.
Enjoy.
.. prepare your anus, guys. 8D

 
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Caccia92
view post Posted on 17/9/2014, 17:58






L'aria era frizzante quella mattina. I capelli fluttuavano, sospinti da una brezza appena accennata. La finestra era aperta e gli venne la pelle d'oca. Lo avevano sistemato in una stanza piuttosto spartana, ma comoda. Il letto era di quelli duri, per gente abituata a dormire poco e a svegliarsi prima dell'alba. A lui non faceva molta differenza, non riusciva a calcolare con precisione il trascorrere del tempo, le variazioni di luce o i cambiamenti atmosferici. Percepiva il caldo e il freddo, certo, tuttavia il mutamento di temperatura non identificava sempre il giorno o la notte. Per quel motivo faticava a prendere sonno; gli incubi lo tormentavano ogni singolo momento, ricalcando gli avvenimenti delle ore precedenti.
Qualcuno bussò alla porta. La sua mano scattò istintivamente al fodero della spada, senza stringere totalmente le dita sull'elsa.

jpg

Una voce pacata e priva di carattere gli ricordò che era atteso dalla squadra per cominciare la missione. Era una strana sensazione, fare parte di un gruppo. Fino a quel momento aveva camminato libero per il continente, rispettando i suoi orari e le sue abitudini. Possedere vincoli che influenzavano anche altre persone rappresentava per lui una novità.
Si inginocchiò al centro della camera e rivolse lo sguardo, senza vederla, ad Amnesia. L'armatura era appesa ad un gancio e pendeva fiera da una delle pareti. Come aveva fatto centinaia di volte, chinò il corpo in segno di riverenza e poggiò la fronte contro la superficie dura del pavimento. Il fresco sulla pelle gli schiarì le idee e lo destò del tutto.
« Zoikar, giuda i miei passi. Che la mia lama sia rapida e il mio giudizio sempre corretto. »
Equilibrio, saggezza, rispetto. Da una vita seguiva quegli ideali e da una vita si lasciava trasportare dalla sua natura. Gli istanti di puro furore erano come una droga per lui, non riusciva a distaccarsi dal desiderio di combattere sfruttando tutta la sua rabbia. Pregava per avere il controllo sulla mente, eppure non capiva mai quando fermarsi. Persino dinnanzi al capo della gilda Samoq non aveva esitato a mostrare il suo lato guerriero, un aspetto del suo spirito che avrebbe preferito dimenticare. Insieme a tutto il resto. Cos'altro poteva fare se non richiedere al dio dell'equilibrio una buona prospettiva? Sperava soltanto di essere ascoltato e accolto.
« La tua parola è la mia parola. La tua legge è la mia legge. »
Fece un inchino profondo, poi si alzò. Cominciò a ricoprirsi con l'armatura. Lentamente e con movimenti aggraziati, sistemò tutti i pezzi al loro giusto posto. Per ultimo indossò l'elmo, unica difesa contro gli sguardi e i pregiudizi del mondo. Allacciò le spade alla cintola e uscì dalla stanza.
divider
Dean continuava a parlare della sua balestra e la cosa lo metteva a disagio. Quel ragazzo poteva anche lanciare dardi con precisione millimetrica, ma non conosceva il senso della misura. Un compagno, probabilmente Lorand, riuscì a zittirlo con un calcio ben assestato nei polpacci. Loch e Magress seguivano la scena con pacato interesse, scambiandosi opinioni sulla missione. Yamoto, invece, era rimasto per tutto il tempo in rigoroso silenzio a fianco di Roderith, concentrando l'attenzione sulle persone che lo circondavano.
La piazza di Egiliath era soffocante. Gente di ogni colore e sfumatura si accalcava e si spintonava, beveva e gridava. Non vi erano accorgimenti, la festa proseguiva ai limiti della decenza: danze, alcool e giochi erano i tre elementi principali di quella giornata. L'aria era impregnata di odori strani e invitanti, profumi di spezie esotiche e liquori pregiati, mal accompagnati dalla persistente puzza di sudore e tabacco. Quello scenario doveva risultare estremamente interessante visto da occhio straniero, persone completamente diverse fra loro che si ammucchiavano con l'intento di produrre più rumore possibile. Gli Spettri di Gilth'alas, tuttavia, non erano lì per festeggiare. Esisteva un rituale o, per meglio dire, un'imposizione, che suggeriva alle gilde della città di prendere appuntamento nella piazza, appena all'esterno della struttura della Cittadella. Yamoto non aveva compreso tutti i dettagli riguardanti il Patto, ma aveva colto il grave pericolo che si celava in mezzo alla folla. Nel popolo apparentemente innocuo si celavano altri guerrieri, soldati e squadroni appartenenti ad altre gilde. Alla luce del sole, la loro presenza non significava nulla; nell'ombra, tutti tramavano e spiavano gli altri. Era un meccanismo che si ripeteva di volta in volta, rinnovandosi e spezzandosi. A detta di Roderith, quella era l'occasione migliore per trovare degli alleati. Avere degli alleati poteva facilitare non poco la buona riuscita della missione. Il capitano dei Samoq, infatti, stava scandagliando la zona per individuare i vari esponenti dei gruppi militari.
Yamoto aveva rilevato qualcosa. La mappatura delle fonti di calore era molto confusa - troppa gente tutta insieme - eppure un'energia più intensa spiccava come un faro nel buio. Era una luce calda, di un verde intenso...quasi animale. Si concentrò per diversi minuti sulla fonte, identificandola e riconoscendola come un solo individuo. Il personaggio voltò la testa verso di lui e lo fissò per alcuni istanti, istanti che gli permisero di captare le emozioni che emanava. Non c'era minaccia o odio, solo una semplice curiosità nei suoi confronti. Poi quell'energia, preceduta a breve distanza da altri focolai, si avvicinò al gruppo Samoq.
Una voce sovrastò il caos e tutti i suoi compagni, compreso Roderith, restarono in ascolto.
« Sappiamo entrambi cosa bisogna fare per sopravvivere a questa gara. Abbiamo bisogno di voi allo stesso modo in cui avete bisogno di noi. La ricerca della perfezione può e deve avvenire su binari separati ma vicini. L'ultima volta vi siete affiancati di quelle creature immonde e dei loro marchingegni. »
Non era stato l'individuo dalla luce verde a parlare, ma l'argomento della conversazione era piuttosto rilevante. Yamoto spostò il capo rivestito dall'elmo verso il loro interlocutore.
« E qual è stato il risultato? Avete sconfitto una delle gilde, sì, ma siete rimasti comunque guerrieri in secondo piano, rispetto ai Giudici. E' tempo di unire le nostre forze e di annientare le altre Gilde; divideremo i poteri del Talamith e lo utilizzeremo affinché la perfezione regni su questo mondo. Noi con i nostri metodi, voi con i vostri. »
Dividere il potere era un concetto che molti uomini non coglievano. Roderith studiò molto attentamente la proposta, valutandola in tutte le sue sfaccettature. Probabilmente stava tentando di calcolare quanto aiuto poteva giungere dai Yldir - perché di loro si trattava - in contrapposizione ad un possibile tradimento.
Poco tempo addietro il comandante aveva detto che gli Yldir erano i candidati migliori per un'alleanza. Roderith parlò con tono autoritario e deciso.
« La tua parola è giusta e profonda. Noi Samoq ricerchiamo la perfezione nella guerra e questa guerra sarà la più grande. Perciò...troveremo insieme la via giusta, la via della forza. »
Yamoto sapeva che quella frase nascondeva molti significati. L'ultima parte poteva suonare come un avvertimento, un monito. Era difficile presagire come sarebbero andate le cose, tuttavia non gli dispiaceva unirsi a quel gruppo...più che altro desiderava conoscere meglio la persona dalla luce verde.
Se aveva analizzato bene la fonte vitale, si trovava di fronte ad un Fauno.










CITAZIONE

Y A M O T O

jpg

CS 10 (Forza 4 - Destrezza 5 - Percezione 1)

Critico {36%} ~ Alto {18%} ~ Medio {9%} ~ Basso {5%}

Fisico [140% - Medio alla nuca]
Mente [50% - Illeso]
Energia [100%]


Il Soldato Cieco
malus di cecità; udito finissimo; auspex basato sul calore; immunità alle passive psioniche; immortalità fintantoché indossa l'armatura; 2 CS aggiuntivi alla Forza quando l'avversario usa una tecnica magica; vittoria su tutti gli scontri a parità di CS.
Amnesia
armatura; 4 CS aggiuntivi alla Forza; possibilità di sollevare armi molto pesanti; straordinaria resistenza al dolore; grado di sopportazione fisica fino al 150%, resistenza alle psioniche fino al 50%.
Le due Albe
spade gemelle wakizashi e una katana aggiuntiva; Miscela debilitante (1); Rubino (1).

Attive
x

Riassunto/note
Alleanza fatta. Mano stretta.
Yu, non deludere le mie aspettative.

EDIT: ho dimenticato di togliere l'attiva.


Gruppo Samoq, gli Spettri di Gilth'alas:

- Maggiore Roderith: Leader del gruppo.

- Loch "Arco Sacro": Arciere specializzato nel tiro sulla lunga distanza. Possiede un arco di corno rinforzato molto robusto e flessibile. Ha una vista eccellente, è solito utilizzare frecce avvelenate o infuocate in base al compito che gli viene assegnato. Indossa un'armatura di cuoio leggera e sul viso porta un caschetto con due lenti di differente portata. Molto giovane e avvenente, non è nuovo a missioni segrete.

- Magress "Informatore": Fante molto agile e astuto, dedito alla raccolta di informazioni. Sa cavalcare molto bene ed è un velocista nato. Non indossa armatura per essere il più leggero possibile. Ha un udito estremamente fine e sa come ricavare dettagli fondamentali anche da semplici conversazioni. Porta un pugnale nella cinta.

- Dean "Tonante": Balestriere troppo loquace. Quando vuole sa essere silenzioso, ma in tutti gli altri momenti parla a volontà. Eccellente scalatore e stratega, conosce alla perfezione la città di Gilth'alas. Con la balestra non ha rivali. Utilizza dardi rinforzati in acciaio e indossa una cotta di maglia.

- Lorand "Maestro": Un anziano spadaccino che negli anni ha sviluppato un'abilità con il fioretto senza eguali. La sua lama è rapida e precisa. Non parla quasi mai e quando lo fa è per rivelare particolari importanti. Sa quando stare al proprio posto e quando è giunto il suo momento. Possiede, inoltre, una mente brillante che lo rende in grado di risolvere i rompicapi più complessi.



Edited by Caccia92 - 17/9/2014, 21:41
 
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view post Posted on 17/9/2014, 20:28
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Cardine
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Era davvero deluso e infastidito da tutta quella inutile cerimoniosità che le Gilde parevano ostinate a mantenere. Nonostante Caleb avesse cercato a lungo di spiegargli per quale motivo non erano potuti partire immediatamente, avantaggiandosi sugli altri, Taliesin si era rifiutato di sentir ragione. Avrebbe preferito partire da solo, se questo gli avesse permesso di avere un giorno di vantaggio su tutti gli altri. Doveva esserci qualche motivo - o qualche accordo - che sfuggiva alla sua comprensione.
   A parte questo, però, tutto pareva procedere a gonfie, gonfissime vele. Caleb si era rivelato una persona cordiale e simpatica, colta e razionale, anche se estremamente, persino fastidiosamente riservata. Ascoltava il bardo prestando grande attenzione, ed era abbastanza saggio da fare molte domande, invece che dare tante risposte. Taliesin adorava essere ascoltato, ma d'altro canto non amava affatto la pacatezza del compagno. Temeva che dietro di essa si nascondesse qualcos'altro,
   I due avevano discusso a lungo, e Taliesin ne aveva approfittato per farsi istruire ancora più approfonditamente su come funzionavano le cose a Gilth'alas. L'Orahn l'aveva messo in guardia da quanto sarebbe successo l'indomani mattina, e Taliesin aveva compreso l'importanza della cerimonia - nonostante non fosse ancora sicuro se rispettarla o fregarsene da gran signore.
   Tra una discussione e l'altra la serata passò in fretta. Trovata una sistemazione provvisoria per la notte in un ostello vicino alle porte di Ithil, dove Taliesin potesse dormire, i due si diedero appuntamento all'alba. La fretta di partire lasciò il posto ad un sonno tranquillo e riposante, che durò fin troppo.

Epimeteo, pensò, la sua mente folgorata dall'intuizione.
   Riconobbe immediatamente la sua voce, come se essa si fosse impressa nella sua memoria in modo indelebile. Era bastata quell'impotesi perché il ricordo dei Titani riaffiorasse.
   «Torno subito, Caleb» gli sussurrò in fretta, ormai già intento a sbracciarsi per sfuggire alla fiumana di curiosi.
   «Fa' attenzione» sì limitò a suggerirgli Caleb, vedendolo guizzare via a velocità sorprendente. Sul suo volto apparentemente sereno ed imperturbabile era apparsa una smorfia di perplessità.
   Taliesin fremeva, ansioso di ritrovare Epimeteo. Non avreppe nemmeno saputo dire quanto tempo fosse passato da quando lui e Ceo si erano detti addio. Nonostante avesse passato più guai che altro, a fianco del Titano, lo ricordava con uno strano affetto, quasi con nostalgia, dimenticando i momenti peggiori e rimpiangendo il turbine di emozioni contrastanti che aveva portato nella sua vita. E ora Epimeteo - un suo fratello, il sangue del suo sangue - si trovava proprio lì. Uno scherzo del destino? Il bisogno di rivederlo proveniva direttamente dalle viscere.
   Il Rosso e il Blu si fecero strada nel mosaico multicolore di persone che, in quel giorno di celebrazione, decorava la piazza. Ogni tanto il girovago riusciva a scorgere la cappa scura tra la folla, e si affrettava a raggiungerla. A volte la perdeva di vista, temendo di averla superata, e allora procedeva nella stessa direzione gonfiando il mantello dietro di sé e rendendosi visibile. I due riuscirono ad incorciarsi soltanto quando le strade principali si diramavano in vicoli stretti e deserti, laddove il fiume di gente non si infiltrava.
   Taliesin, finalmente di fronte a Jace, rimase muto per alcuni istanti. Era contento di vederlo vivo, e divertito dal curioso fatto che il mondo si fosse rivelato davvero piccolo. Sorrise, anche se in cuor suo era deluso: pensava di ritrovare un fratello, qualcosa in più, ma invece questa aspettativa risvegliò soltanto altri ricordi che avrebbe voluto avere il tempo di ripercorrere con calma.
   Ebbero qualche minuto per discutere, i due, poiché presto Taliesin ebbe la conferma di ciò che aveva cominciato a temere.
   «Non combatterò un mio fratello per gli sciocchi interessi di questa città» sbottò con decisione. Sapere che Epimeteo parteggiava per i Lizz'eth, come lui era dalla parte degli Orahn, lo aveva turbato non poco, ed entrambi erano consapevoli di dover trovare un compromesso a questa situazione così delicata. Non si sarebbero mai azzannati come le bestie, nemmeno dopo aver giurato fedeltà alla gilda. C'erano cose più importanti. La tensione tra gli schieramenti era palpabile già da quella mattina, e stava a loro fare in modo che tra Orahn e Lizz'eth non scoppiassero aspri conflitti.
   «Cosa facciamo?»

Si avviò verso la piazza di Egiliath con Caleb al suo fianco. Lui e il Lizz'eth da cui Jace prendeva ordini avevano parlato a lungo e, dopo l'insistenza di Ceo ed Epimeteo le gilde si erano accordate per non scontrarsi. Avevano ottenuto quel che speravano, e si erano congedati nella speranza di incontrarsi nuovamente, in una situazione meno complessa.
   Tutto d'un tratto un figuro dai bei vestiti e dallo sguardo attento apparve davanti a loro, dove il vicolo sfociava in una strada principale. Portava con sé un lungo bastone, che a causa della penombra Taliesin scambiò inizialmente per un'arma. Aveva l'aria di essere uno straniero, forse un mercante, e pareva andare di fretta.
   «Sehres. Scusate il disturbo. Voi siete Caleb del clan Orahn, dico bene?» domandò con uno strano accento. Caleb annuì appena, cordialmente, mentre Taliesin rispose subito, leggermente infastidito dall'intromissione (o forse dal fatto che lo avesse completamente ignorato).
   «È buona norma presentarsi per primi, signor...?» punrualizzò il bardo, con tono cortese e un sorriso raggiante.
   «Al Patchouli. Piacere.» si presentò quello, che continuò «Scusate se sarò breve, ma non c'è molto tempo. Si tratta di un argomento delicato.» Concluse con schiettezza. Sia Taliesin che Caleb rimasero ad ascoltare ciò che questo Al Patchouli aveva da dire.
   «So cosa cercate... Cosa cerca ogni gilda di questa città. Non ce la farete da soli... nessuno ce la farà da solo.» A quelle parole gli esotici nomi delle gilde cominciarono a scorrere nella mente di Taliesin. Era indeciso su quale scommettere, immaginando l'affiliazione di quel curioso straniero.
    «Ti ascolto. Taliesin, puoi tornare in piazza se preferisci» suggerì al bardo che, cogliendo l'esortazione, fece un mezzo inchino rivolto al mercante e si dileguò in fretta. Questo soltanto per voltare l'angolo e fermarsi. Affinò il suo udito, per continuare ad udire il discorso tra i due senza che loro potessero accorgersene.
   «Avrete il mio appoggio. Se dovessimo trovarci a faccia a faccia con con altri contendenti dell'artefatto, punteremo le nostre armi verso i vostri nemici. In cambio noi...» «Vi faremo da zerbino?» si intromise nel discorso un uomo dalle vesti candide e dai modi arroganti, apparso come dal nulla. Caleb lo squadrò e sorrise nervosamente, come se lo conoscesse già.
   Taliesin rimase ad origliare ancora per qualche minuto, ma sapeva già dove la trattativa sarebbe andata a finire. Una nuova alleanza, ancora più fragile della prima.
   L'idea non gli piaceva affatto, ma sapeva - ed era in qualche sollevato - di non aver alcuna voce in capitolo.




Condizioni generali
Stato fisico - illeso
Stato mentale - llleso
CS - 6 (2 intelligenza, 1 astuzia, 2 destrezza, 1 determinazione)
Energia - 100/100

Equipaggiamento
Itinerante, artefatto/arma difensiva, mantello di panno rinforzato.
Fabula, arma bianca, acciaio, 48 cm di lama, 15 cm di impugnatura.
Pistola ad avancarica, arma da fuoco piccola, cinque colpi per giocata.
Pugnale celato, arma bianca, acciaio, 15 cm di lama, legata all'avambraccio sx.
Vene di Pietra, artefatto/set di armi da lancio, materiale sconosciuto, venti unità per giocata.
Liuto di Luke Mannersworth, oggetto generico, strumento musicale.
Il Flauto di Cenere, artefatto/oggetto generico, strumento musicale.
Amuleto dell'auspex, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo magico, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo furtivo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Cristallo del talento, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Diamante, oggetto dell'erboristeria (due unità), conferisce un potere passivo.
Biglia fumogena, oggetto dell'erboristeria, un uso per giocata.
Erba rigenerante, oggetto dell'erboristeria, funziona come una cura dell'equipaggiamento.
Erba rinvigorente, oggetto dell'erboristeria, rigenera il 5% della riserva energetica.
Miscela logorante, oggetto dell'erboristeria, applicabile a un'arma per danneggiare l'Energià nemica del 5% a turno, per due turni di gioco.
Corallo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un CS ai riflessi e un CS alla concentrazione per due turni di gioco.
Rubino, oggetto dell'erboristeria, conferisce due CS al vigore e due CS all'agilità per un solo turno di gioco.

Poteri passivi
Audacia, passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% delle energie.
Amuleto dell'auspex, auspex passivo basato sull'udito.
Tomo magico, accesso alle pergamene della classe Mago.
Tomo furtivo, accesso alle pergamene della classe Ladro.
Cristallo del talento, accesso al livello successivo del Talento.
Diamanti, 2 CS aggiuntive in Destrezza (due unità).
Illusionista, passiva di primo livello, le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate.
Illusionista, passiva di secondo livello, possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento.
Illusionista, passiva di terzo livello, fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche l'aspetto del caster può essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione.
Mente Impenetrabile, pergamena comune, classe mentalista. Difesa psionica passiva.
Seconda abilità personale, aura psionica passiva di fascino.
Quinta abilità personale, utilizzo della polvere in combattimento per avantaggiarsi infastidendo gli avversari.
Sesta abilità personale, cure di potenza pari al consumo.
Itinerante, "Nessuno farà domande a chi si nasconde allo sguardo della gente", passiva: qualora lo desiderasse, il mantello potrà celare sotto di esso le aure, proteggendole da auspex passivi.
Vene di Pietra, il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edhel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena.
Il Flauto di Cenere, razza selezionata: umana; razza scartata: progenie dei demoni. La razza selezionata subirà danni aggiuntivi dalle tecniche dell'artefatto, come specificato in esse; quella scartata sarà immune ai poteri del flauto.

Riassunto
Ho tralasciato alcuni pezzi, lasciandoli in pasto ai miei colleghi. Personalmente odio leggere la stessa cosa due volte. Per vari motivi (tra cui l'enorme quantità di impegni previsti per questa settimana) ho scelto di non scrivere troppo per questa fase di passaggio, quindi sono stato conciso (spero non troppo). In sostanza Taliesin stipula un patto di non belligeranza con i Lizz'eth, e una pseudo alleansa con gli Ashand, per diventare una sorta di mastermind :v: Ovviamente ogni cosa è concordata con chi di dovere. Fin.
 
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view post Posted on 17/9/2014, 21:24
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Quando arrivarono alla piazza era talmente gremita di gente che perfino camminare era divenuto difficoltoso. Ainwen rimase per qualche istante a fissare quella moltitudine umana, quella marea di corpi. Annusò a fondo il loro odore, si impresse nella mente l’aspettativa che riempiva i loro sguardi. Qualcosa che a lei mancava, che non avrebbe cessato mai di odiare e di rimpiangere al tempo stesso. Sapeva che se avesse chiesto di poter passare l’avrebbero completamente ignorata. La bambola alzò lo sguardo sull’uomo in piedi al suo fianco, silenzioso e imponente come una colonna di granito. Le sue labbra non si erano ancora aperte da quando l’aveva svegliata, ma non c’era stato bisogno di parole tra loro.


Mostrami”.


Senza alzare il capo gli porse la propria preziosa compagna di porcellana, la poggiò nelle sue mani imponenti. Quelle dita abituate alla guerra sarebbero state in grado di stritolarla e di rendere l’Oracolo completamente cieco. Ma non era quello l’interesse del guerriero. Con una delicatezza inaspettata sollevò la bambola all’altezza del proprio viso, almeno un palmo al di sopra del popolino. Ainwen trattenne il fiato, riuscendo a scorgere la creatura che l’aveva convocata. Solo per un istante, solo una lama di oscurità, prima che insieme agli altri entrasse all’interno di Gilth'valar.
Da questo momento siamo soli.
Lo constatò scoprendo di non provare alcuna emozione. Sentiva uno strano gelo attraversarla, come se ormai vi fosse una sola strada da percorrere. Quella gente, ignara, credeva di festeggiare un anniversario. Non poteva immaginare ciò che si sussurrava nelle ombre, le trame che venivano intessute sopra i loro piedi.


Non siamo soli”.


Stentò a riconoscere la voce dell’uomo. L’aveva sentita talmente poco che le pareva un tono sconosciuto. Non cercò di guardarlo in viso, ma sollevò ugualmente il capo, gli occhi ciechi che fissavano un punto indecifrabile nel suo corpo. Non parlò, ma la domanda era implicita nel sollevarsi delle sue sopracciglia.


Anche i rappresentanti delle altre gilde sono qui”.


La voce di Kesser era piatta, come se non fosse suo interesse esprimere un giudizio di valore. Mosse le braccia in modo che lei potesse fissare uno a uno gli emissari del nemico. Si stupì di ritrovare qualcuno che conosceva: credeva di essere la sola ad aver osato andare così lontano. Gli altri erano molto diversi da lei: parevano forti, capaci di combattere. Uno strano senso di inquietudine la obbligò a deglutire, mentre si immaginava all’interno di una città sconosciuta, braccata da quegli individui di cui non sapeva nulla.


Forse potremmo cercare un’alleanza”.


Non era abituata a combattere da sola. Avrebbe preferito unirsi a qualcuno, sfruttarne le forze fino a che non avesse deciso di tradirlo. Avrebbe perfino potuto allearsi con l’uomo che aveva giurato di essere suo servo, obbligarlo a compiere la missione al posto suo e poi sottrargli la gloria. Sarebbe stata capace di farlo, di comandare il giogo invisibile che li legava, ricattandolo.
Kesser le poggiò la mano libera sulla spalla, le dita pesanti quanto un’armatura di ferro. Si sentì schiacciata a terra e seppe che non sarebbe riuscita a divincolarsi e a scappare. Seppe di essere così debole al suo confronto che avrebbe potuto infrangerla semplicemente aumentando di poco la presa.


Potremmo”.
Le labbra di lui si strinsero fino a diventare una linea quasi invisibile.
Ma nessuno di loro vorrà allearsi con noi. Sono i guerrieri e le spie che vivono come parassiti dell’ordine, spregevoli appendici del potere. Sono gli inventori e i sognatori che combattono per se stessi, troppo incostanti e inaffidabili per stringere la mano di qualcuno”.


Ancora una volta non sembrava esserci disprezzo nella voce dell’uomo, quanto piuttosto una tetra constatazione. Sulle labbra di Ainwen si disegnò il consueto sorriso provocatorio, da predatrice. Tese le braccia fino a che lui non le restituì la bambola e non appena l’ebbe poggiata al petto terminò quello che lui aveva omesso di dire.


E noi siamo il caos. Tutti sanno che le nostre alleanze hanno il sapore del tradimento”.


Si guardarono, la bambola inespressiva e il guerriero di cui era impossibile scorgere gli occhi. Forse le labbra di lui si incresparono per un istante, nel preludio di una smorfia di orgoglio, ma subito ritornò ad essere come pietra. Era certamente quello il motivo per cui gli altri si affiancavano ma nessuno si era ancora avvicinato a loro. Ainwen non riuscì a provare rammarico: dopo tutto nessuno avrebbe consapevolmente deciso di mettersi dalla sua parte. Socchiuse gli occhi, cercando una soluzione alternativa che non riuscì a trovare. Infine si strinse nelle spalle.


Vorrà dire che combatteremo da soli”.
Cercò di mostrarsi più sicura di quanto in realtà non fosse.
E’ così che funziona”.


È così che funziona.
Kesser sembrava profondamente certo di quanto affermava, eppure un brivido di paura attraversò la schiena della ragazza. Non le piaceva restare da sola. Non le piaceva l’idea che gli altri avessero il doppio delle forze, che si muovessero in due quando invece lei avrebbe dovuto cavarsela senza aiuto. Avrebbe voluto lamentarsi, recriminare, offendere lo stupido orgoglio di quell’uomo che si credeva più forte degli altri. Invece riuscì solo a voltare le spalle alla piazza, come tempo prima aveva fatto con il resto del mondo.


Ce la faremo?


Nella sua voce c’era un tremito che avrebbe voluto nascondere. La mano dell’uomo era ancora sulla sua spalla. La presa si irrigidì leggermente, strappandole un grido di dolore. Seppe che la sua domanda non avrebbe ottenuto risposta. Ma ormai era certa che non ci fossero alternative: riuscire o non tornare mai più. Se avesse fallito quel monaco più simile a una bestia non l’avrebbe lasciata fuggire.
E’ così che funziona.
Sospirò.


 
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The Grim
view post Posted on 17/9/2014, 21:31




Si aspettava una partenza di gran carriera, un inseguimento tra parti diverse e repentino, il prender più vantaggio prima che gli altri sospettassero che la gara fosse cominciata. Invece in quella città vi erano regole di gran lunga diverse, egualitarie si poteva dire, ma in realtà era il suo opposto. In realtà stava in mezzo ad una tana di sciacalli, pronti a saltare l'uno alla gola dell'altro, salvati da guinzagli e museruole forgiate chissà quanto tempo addietro. Senza simili riti e regole di quella fattura, non vi sarebbe stata prosperità a Gilth'alas, solo polvere e macerie, e tutti vi si aggrappavano perché avevano paura: paura di essere gli ultimi a restare in piedi. Quando si ha un solo avversario da sconfiggere, pur potente che sia, esiste la possibilità di trovare la strategia vincente e batterlo, quando però le pedine sul tavolo sono così tante che due mani bastano appena per contarle, era impossibile sviluppare la strategia vincente. Lo stregone si rigirò fra le lenzuola stanco di simili pensieri, avrebbe riposato e la mattina seguente si sarebbe recato a quella cerimonia; sospettava ci fosse un buon motivo per chiedere la sua presenza. In fondo tutto quello non erano affari suoi, a lui interessava il soldo e poco altro, pur affascinanti che fossero i Lizz'eth e i loro congegni. Non gli davano l'impressione di feroci tiranni, ma nemmeno sarebbero stati degli ottimi governanti e probabilmente avrebbero spartito il potere con gli altri se ciò avrebbe permesso loro di continuare con le loro sperimentazioni a cui sembravano fanaticamente devoti; e questo era un gran punto a loro favore. Per una volta stava lavorando assieme a persone che poteva anche rispettare; lì al sud di Theras già questo era un vero e proprio miracolo. Guardò la luna, e il suo pallore lo confortò, come se lei stesse vegliando su di lui e si preoccupasse di non immischiarsi in guai troppo grossi; era un pensiero parecchio sciocco ma bastò per farlo addormentare con sorriso sulle labbra.

Z18bS

Per un attimo si sentì a Loc Muinne: la gente che si affollava, sbarazzandosi di ogni preoccupazione, la mente sgombra e pronta ad abbracciare ogni piacere e divertimento, felice una volta tanto. L'ambiente però non era così decadente e rurale come nell'ultimo avamposto atlantideo, ed anzi era variopinto e cosmopolita, non migliore né peggiore; semplicemente diverso. Non riusciva a capire se gli piacesse di più o meno, ma di certo stavolta per Jace le cose andavano meglio, non avrebbe dovuto sfidare il suo mentore per il titolo di sovrano, ad esempio. Vero, un'altra sfida lo stava per coinvolgere, qualcosa di cui era più ignorante ma al contempo più distaccato, e ciò poteva solo essere un bene. Si godé lo spettacolo, lasciando che gli spettacoli, i colori, le musiche e i sapori di quella giornata riempissero i suoi sensi, e si innestassero in quel peculiare magazzino chiamato memoria. Accanto a lui stava Elijah Snow, che pareva trovarsi in un'altra città, una versione alternativa di Gilth'alas dove non era in atto alcun festeggiamento, ma solo un grigio mattino identico a tanti altri; non sembrava per nulla coinvolto da quell'atmosfera gioviale. Vero, rispondeva ad ogni interrogativo con perizia ed in maniera esaustiva, proprio come avrebbe fatto un'enciclopedia; e praticamente con lo stesso entusiasmo. Forse chiunque degli altri sarebbe stato una guida peggiore, ma di sicuro più piacevole, ma a quanto pare il loro rango era inferiore e quindi destinati a far altro; tra cui preparare il necessario per l'escursione. L'anziano inventore fu prodigo sopratutto nel descrivere le altre gilde, quel di che si occupavano in città, le loro specializzazioni, e tutto ciò che poteva pensare fosse utile nell'imminente confronto. Anche le altre gilde avevano ingaggiato mercenari al loro seguito, benché nessuno gli pareva familiare. Il suo occhio pigro era più interessato ad altro che a sbirciare potenziali rivali e simili fesserie, per negligenza più che per una qualche forma di sicurezza nelle proprie capacità. Poi un drappo rosso saltò alla sua attenzione, un manto che aveva visto parecchio tempo addietro, in un luogo lontanissimo; il cartomante si impietrì. Stette là, aspettando il momento propizio in cui fosse riuscito a guardarlo in volto, col cuore che gli martellava in gola. Avrebbe riconosciuto quel viso fra mille, che l'aveva accompagnato fin giù negli inferi, e poi oltre il cielo stellato; fin nell'Olimpo. La voce del cartomante non fu che un flebile alito di vento, sussurrato all'orecchio dell'aedo ed udibile da solo lui.

« Ceo,
sei davvero tu?
»


Chiamare l'altro un amico, sarebbe stato per il cartomante un azzardo, eppure alla vista dell'altro non aveva forse sentito quel calore che alcuni chiamavano affetto?

Non riusciva a spiegare a parole o perfino mettere in ordine i suoi pensieri, sapeva solo di aver voglia di dare una pacca sulla spalla all'altro, di scambiarsi storie con lui, di sapere cosa avesse fatto e dove fosse andato dopo quei terribili avvenimenti. Ognuno era andato per la sua strada, ma finalmente i loro sentieri si incontravano, così come aveva potuto intravedere per un istante Giapeto, in quel lontano sogno alto fra le sommità di Velta. Là non aveva avuto il coraggio, stavolta decise di fare la prima mossa, perché la vita era già fin troppo fredda per lasciarsi sfuggire un possibile focolare. I due Titani si allontanarono dalla folla in festa, trovarono un loro anfratto e lì risero e scherzano di tante frivolezze - più che le parole dette a riscaldarli era la loro reciproca presenza. Una punta d'amarezza si insinuò fra loro: erano rivali, e forse si sarebbero dovuti combattere; e questo riempì il cuore del cartomante di pece. Si ribellò a quel fato ingiusto, non avrebbe torto un capello a Taliesin, non avrebbe fatto nulla che poteva metterlo in difficoltà. Sapeva di non poterlo proteggerlo, poiché nessuno di loro aveva scelto una vita comoda in qualche cantuccio distante da ogni pericolo; tutt'altra cosa era invece cercare di ammazzarlo. Aveva fatto fin troppi compromessi per accettare anche quello, piuttosto che far del male all'altro avrebbe trovato un altro modo di guadagnarsi la pagnotta.

«Non combatterò un mio fratello per gli sciocchi interessi di questa città.
Cosa facciamo?
»
« Chiederemo un'alleanza ai nostri superiori, ma anche se loro si opporranno noi non ci attaccheremo.
Per un Titano, questo e altro, no?
»
«Certo, Jace.»
« Ti saluterò Afrah, quando la vedo. »

Si salutarono e presero ad allontanarsi, tornando ognuno dai suoi, e solo dopo pochi passi il cartomante si accorse di quanto era stato scortese. Si voltò e poi urlò all'indirizzo dell'altro un ultimo e confortevole saluto.

« Ah!
E se passi vicino a Lithien, vienici a trovare.
La nostra casa è sempre aperta per gli amici, fa solo attenzione al gattone obeso che fa la guardia.
Non è per nulla amichevole.
»

ɲ Ɏ ɳ

«No »
« Ma sarebbe un gran guadagno per voi. La capacità di scrutare nei sogni vostri - o in quelli altrui - vi garantirebbe sempre nuovi spunti. Chissà quante idee giacciono sepolte là dove nessuno può scoprirle. »
«Voi dite così, ma cosa sapete degli Orahn?

Nulla, e noi ne sappiamo poco più. Sono avvolti nel mistero e i loro scopi giacciono sconosciuti ai più. Non sembrano perseguire alcun fine però eccoli qui a partecipare a questa ricerca per conto loro. Siete certo che non ci tradirebbero al primo momento utile.
»

« Io...
Sentite, patti chiari e amicizia lunga. Non alzerò un dito sul mercenario che han ingaggiato, e non lo farete anche voi.
Né i vostri colleghi.
»
«Non possiamo prevedere cosa accadrà in questa ricerca. »
« Io si.
E non ho bisogno di prendere il mio mazzo di Tarocchi per scoprirlo: chiunque di voi alzerà un dito su di lui, o sui suoi sottoposti ed avrà me come nemico.
»
«Noi dobbiamo avere quell'artefatto, è di vitale importanza per noi. »
« E farò tutto ciò che in mio potere perché voi lo abbiate, non vi preoccupate.
Affare fatto?
»

Elijah Snow, pur con qualche ritrosia, chinò il capo.
Avrebbe approfittato di quel ragazzo insolente finché poteva, la ricerca era più importante dei mezzi impiegati; pur spiacevoli che fossero.


specchietto

CS:5 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1
Critico 26 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5

Stato Fisico: Illeso,
Stato Psicologico: Illeso,
Energia: 100%
Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Ogni volta che un avversario usa una tecnica magica guadagna 2 CS in Intuito per quel turno,
° Le tecniche offensive ad area di Jace hanno potenza pari al consumo,
° Una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto;



Note: Lizz'eth e Orham siglano un patto di non belligeranza. Non si attaccheranno, ma al contempo non collaboreranno nella ricerca.




Edited by The Grim - 17/9/2014, 23:12
 
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view post Posted on 18/9/2014, 01:01
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Aper army
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Օրն դավաճ ~ Days of Betrayal ~ Գերակայ

~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~
Capitolo I: Supremazia

Atto III

(Vahram [pensato, lingua aramana], Bahriye, Caleb.)


Gilth'alas, Alacrisia ~ Ora del crepuscolo, Castello di Mordred, capo degli Ashand.
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«Che fai, Al Patchouli? Sveglia!»


Unghie rapaci e affilate lambirono la guancia del guerriero appisolato. Vahram grugnì assonnato, allontanando pigramente quella fastidiosa carezza, poi subito tornò in sé. Spalancò gli occhi e alzò di scatto la testa dal duro tavolo e dal cuscino di manoscritti e documenti su cui si era accidentalmente addormentato. Riconobbe l’antro della biblioteca del castello – anche se in verità, più che a una biblioteca, assomigliava a un buco con montagne di libri e scartoffie ammucchiate caoticamente al suo interno – in cui si era rintanato a studiare.

«Accidenti... questa non ci voleva.» Si lamentò, staccandosi una pergamena umidiccia dalla faccia.

«Vieni da un lungo viaggio, non c’è nulla di male nell’essere stanchi.»
Disse Bahriye con imperturbabile flemma.


Il sicario incombeva su di lui, il volto illuminato da una serenità inquietante. Quasi Vahram non lo riconobbe: con sua grande sorpresa, quel giorno Manos era vestito con una candida e raffinata tunica di seta bianca dalle maniche larghe, sandali di cuoio che gli cingevano la gamba fin sotto al ginocchio e un ampio cinturone di pelle nera tenuto stretto da una grossa fibbia di ottone. Era sconcertante il modo in cui i canuti capelli e la barba pizzuta, insieme agli occhi chiari come zaffiri incastonati nella maschera di cera che era il volto di Bahriye, s’intonavano perfettamente a quell’abbigliamento tanto inconsueto per un efferato assassino.
Vahram rimase a guardarlo esterrefatto con la bocca mezza aperta, incapace – sia a causa della sveglia repentina che della vista inaspettata – di giustificarsi.

«Le informazioni sono importanti.» Proseguì, avviandosi verso la porta. «Ma a nulla valgono senza una mente riposata a elaborarle.» Disse, ammiccando verso l’aramano.

D’istinto lo sguardo di Vahram si spostò sulla tazza da tè vuota appoggiata sul tavolo.

«M-Mi avete drogato?!» Esclamò esterrefatto, alzandosi strusciando la sedia e inseguendo il suo anfitrione nel corridoio con espressione truce.

«Non temere, era un sonnifero delicato. Una mia specialità. Ero solo preoccupato per te e la tua proverbiale lucidità. E poi oggi è festa.» Rispose pacatamente Manos, continuando per la sua strada senza guardarlo.

«Preoccupato per me?! Preoccupato per me?!» Berciò Vahram, trattenendo a stento il sua collera. «Ma che vi passa per la testa? Io devo studiare il nemico!»

Il vecchio assassino si fermò di scatto e si voltò con espressione seria, quasi come se quelle parole lo avessero irritato.

«Appunto.» Replicò, freddo, come se stesse parlando di un’ovvietà. «È esattamente ciò che intendo fare. E quale giorno migliore di questo per guardare finalmente in faccia il proprio nemico? Lo aspetto da dieci anni.»

Vahram si fece confuso. Frugò nella sua mente a cercando di capire di cosa si stesse parlando.

«Il giorno del rinnovamento del Patto? È oggi?!» Esclamò infine, rinsavendo.

«Esatto, Al Patchouli. Non vorrai mica venire alla cerimonia con quegli stracci sporchi e maleodoranti, spero.» Gracchiò, fintamente preoccupato, accennando al farsetto nero e ai pantaloni consunti del guerriero. «È da tanto che non sentiamo parlare del celebre Dottor Azad. Dalla rivolta di Taanach oserei supporre...» Ridacchiò. «Vieni con me... abbiamo preparato gli indumenti adatti. Sono sicuro che starai benissimo con la tua maschera d’ordinanza, alla festa.»

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Gilth'alas, Alacrisia ~ Mattina, Ithil, piazza di Egiliath.

In mezzo alla folla esultante, Vahram scrutava i membri delle altre gilde dalla distanza, celato dalle spalle dei sicari Ashand che gli stavano davanti e leggermente defilato dall’ombra degli stendardi della gilda, come cercando di non sembrare coinvolto con essa. Si sistemò il colletto della palandrana turchese finemente ricamata: pizzicava ancora un po’, ma si sarebbe abituato presto al nuovo abito da mercante itinerante. Pure il fez scarlatto non era niente male.

«Dunque? Ti sei fatto già un’idea?» Bahriye gli arrivò alle spalle.

«Più o meno... Diciamo che siete tutti quanti gente alquanto particolare.»

«Ebbene?»

Vahram tornò a scrutare in mezzo al marasma, sotto le insegne delle altre gilde.
«Quella donna ha un’aria familiare... non so perché.» Constatò, riferendosi a una ragazza dei Serywar. «E anche quel tizio dei Lizz’eth: ho la sensazione di averlo già visto da qualche parte...» Scosse la testa. «Bah... davvero credete che tutte si metteranno alla ricerca del... ehm... sai di cosa parlo.»

«Senza dubbio.» Rispose tranquillamente l’assassino, nel suo vestito bianco.

Vahram si fece pensieroso. «Parlami di loro. Cosa ne pensi?»

Manos sorrise.
«I Serywar sono poco più che bestie, a volte anche peggio. Sono votati al caos, mentre noi prosperiamo nell'ordine. Un abile mestierante come te saprà di certo che la gente è più vulnerabile quando si sente al sicuro, protetta, quando pensa di non dover temere niente. È proprio allora che noi possiamo colpire con facilità.» Proseguendo, a mano a mano indicò uno dopo l’altro i rappresentanti delle gilde di Gilth’alas. «I Samoq, ovviamente, sono nostri nemici naturali, mentre gli Orahn... nessuno può dire di conoscere realmente i loro scopi; c'è poco da fidarsi, se vuoi la mia opinione.» Fece una pausa. «Yldir e Lizz'eth sono in lotta perenne; schierarsi con gli uni significa trovarsi contro gli altri. Abbiamo già collaborato coi secondi: i loro marchingegni ci sono tornati spesso utili. Tutt'altra cosa è però un'alleanza aperta in una missione così delicata: sono geniali, ma anche folli e inaffidabili quanto le loro invenzioni.»

«Insomma, in ogni caso non c’è da fidarsi, ho capito bene?» Commentò Vahram.

Manos rise. «Diciamo che qui le alleanze non durano nel tempo.»

«Eppure avvengono. E se alcune gilde si alleassero anche in questa battaglia? Ti sembra uno scenario realistico?»

«Be’... qui vige la regola “il nemico del mio nemico è mio amico”, e gli Ashand non vanno a genio a molti.»

Vahram sospirò. «Abbiamo poco tempo, pochi uomini e poche conoscenze. Non ce la faremo da soli. Avrei in mente a chi chiedere una mano.»

«Bada a ciò che fai, Al Patchouli. A chi stai pensando? Lizz’eth?» «Un’altra vostra vecchia alleanza.»

«Eh?» Manos aggrottò la fronte.

«Orahn.» Sentenziò il guerriero, guardando negli occhi il sicario. «Abbiamo bisogno dei loro poteri. Che male c’è? Non hai appena detto che preferireste una gilda che non interferisca coi vostri scopi? Un mero fronte comune con un gruppo di maghi dediti allo studio dei sogni non potrà che giovare... almeno per un po’, forse anche più tardi. Di certo è meglio che trovarsi tutta Gilth’alas addosso.»

«Stai correndo un grosso rischio...» Manos si fece assorto. «Ma non si tratta nemmeno di un’idea troppo malvagia. Per lo meno forse non deleteria.» Tentennò per qualche attimo. «Vai avanti, Al Patchouli, io ti coprirò le spalle, nel caso avessi bisogno del consiglio di un esperto durante le trattative.»
Sulla sua bocca si aprì un sorriso storto.

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Caleb, il rappresentante della gilda Orahn, si rivelò ben più affabile di quanto Vahram immaginava. Iniziò le trattative come aveva sempre fatto; non senza difficoltà, giacché di carte da mettere in tavola non ve n’erano poi molte. La posta in palio era una, i contendenti erano due, ma il medico errante confidò che si sarebbe trovato più avanti un compromesso tra le due parti, una volta davanti all’obiettivo finale.

«Avrete il mio appoggio. Se dovessimo trovarci a faccia a faccia con altri contendenti dell'artefatto, punteremo le nostre armi verso i vostri nemici. In cambio noi...»

Ma non arrivò a finire il suo discorso. Il suo “maestro” decise d’intervenire prima del previsto.

«Vi faremo da zerbino?» Lo redarguì Manos, ironico, comparendo alle sue spalle.

Vahram s’irrigidì, ancora una volta sorpreso, non comprendendo quale errore avesse commesso. L’assassino però non gli disse altro e avanzò verso l’uomo dell’Orahn, sfoggiando un sorriso falsamente malinconico.

«Caleb... che nostalgia.»

«Avremmo bisogno di uno zerbino solo se i nostri stivali fossero sporchi.» Ribatté Caleb, pacatamente, di rimando a quel sarcasmo. Parve voler continuare, ma si trattenne, tornado all’argomento della discussione iniziale. «Non ho mai visto gli Ashand offrire aiuto senza un compenso, signor Al Patchouli. Quali sarebbero i vostri termini?»

Manos avanzò ancora, impedendo nuovamente al suo “pupillo” di intervenire.

«Perdonalo, è un elemento eccellente, ma... è qui solo da un giorno, deve ancora ambientarsi.» Recitò con voce rauca, ironico. «Suvvia, Caleb. Gli Ashand e gli Orahn sono due facce della stessa medaglia.» Con un tintinnio, dalla sua mano guizzò in aria una monetina comparsa da nulla. La riprese nel suo palmo e, tenendola tra l'indice e il pollice, mostrò all'uomo prima una faccia e poi l'altra. «Voi ci darete la vostra e noi vi daremo la nostra.» Disse, come riferendosi a una cosa scontata. «Metà e metà... Come di consueto.» Proseguì con tenore ammiccante. «Ci aggiungo anche un piccolo bonus per chi arriverà per primo. In cambio, niente scherzi... da entrambe le parti.» Tacque per un momento.

«Che te pare?»
Ammiccò, incoraggiando una risposta positiva.

Caleb sorrise, apparentemente per nulla infastidito dalla comparsa di quei due loschi individui.

«Niente scherzi. Suona strano, detto da te.» Congiunse le mani con fare curioso. «Niente scherzi.» Ripeté, serio. «Quel che proponi non può che farmi comodo. Ma prima dobbiamo parlare di alcune cose, Manos...»


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~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Verde
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tenacia


Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Illeso):
Illeso.

Mente (Illesa):
Illesa.

Energie: 100%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: In mano
Spada: Infoderata
Ferro: Infoderato
Arco (15): Infoderato
Pistola (5): Infoderata

Armature: Mantello, brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~


(nessuna)
(nessuna)


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Eccomi! Scusate come al solito ritardi e refusi.
Nel terzo paragrafo ho descritto l'incontro con la squadra di Taliesin dal punto in cui Hole ha smesso di raccontare. Ordunque gli Ashand e gli Orahn stipulano un patto di sostegno e informazione reciproca e non belligeranza della serie "finché la dura la dura, poi 'zo pache" (per chi intende il dialetto trentino). :sisi:
 
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view post Posted on 18/9/2014, 20:10

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LA CITTA' MORTA


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{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: /// }

Il sole di mezzodì brillava a picco sopra le pianure dorate dell'Alcrisia, la calura del mattino dissipata soltanto da una leggera brezza che accarezzava i campi e faceva frusciare l'erba. Luccicante come una pietra preziosa, Gilth'alas sfoggiava la sua letale bellezza nel mezzo di quell'immensa distesa, quasi che per far posto a una creazione così eccelsa si fosse dovuto spazzar via qualunque altra cosa che ne potesse offuscare o contendere lo splendore. L'Anduin, il Tortuoso, tagliava la città e scorreva fuori dalla porta nord, proseguendo il suo cammino tormentato. Ma ecco che lungo il suo corso alterno un'ombra oscura si profilava, una macchia d'oscurità nella luce splendente della prateria. Gilth'valar, la città morta, era il perfetto contraltare della sua gemella, così simili eppure così diverse.
Dove la prima era ricchezza e opulenza, la seconda era miseria e distruzione; ai palazzi svettanti e ai monumentali acquedotti dell'una ribattevano le rovine e le macerie dell'altra; se il Gioiello era vita e frenesia, la Vergogna era morte e desolazione.

Molte storie si narravano sull'antica città di Gilth'valar, alcune veritiere, altre frutto della superstizione e dello scorrere del tempo che trasformava i fatti in leggende e i miti in realtà. Di sicuro essa era un tempo la patria delle Gilde, quello che oggi rappresentava Gilth'alas. Altrettanto certo è che per un lungo periodo la città prosperò, nonostante divisioni interne, complotti e tradimenti, almeno fino a quando la scoperta, o forse la creazione, di un artefatto portentoso spinse ciascun gruppo a reclamare per sè il predominio totale. Nella guerra intestina che seguì le Gilde si scontrarono aspramente per il controllo del manufatto, seminando morte e devastazione per la città. Alla fine, secoli fa, accadde qualcosa che sfugge all'umana comprensione; gli anziani parlavano di un enorme cataclisma che rase al suolo quel che restava della megalopoli e uccisero gran parte della popolazione. Quale che fu la causa scatenante - per molti lo stesso Talamith, l'artefatto tanto bramato il cui potere era sfuggito al controllo di chiunque - il risultato era indiscutibile: i superstiti abbandonarono quella distesa di ruderi e fondarono una nuova città, Gilth'alas appunto; non troppo distante perchè la vista delle macerie servisse come monito perenne alle Gilde, nè troppo vicino per evitare la maledizione che si diceva gravasse su quei resti marciti.

E' con queste premesse che Jace, Yamoto, Vahram, Ainwen, Taliesin e Poh giunsero dinnanzi alla desolazione della Vergogna, ognuno accompagnato dai rispettivi uomini.
Nell'Egilitath, la vasta piazza che sorgeva ai piedi dell'Ithil, alleanze erano state strette, patti suggellati e condizioni stipulate, nell'ipocrita, folle danza di intrighi e macchinazioni che le Gilde ballavano da quando erano nate, e che aveva subito attratto al suo interno i sei stranieri, come un turbine irresistibile a cui fosse impossibile sfuggire. Prima che la cerimonia avesse termine i drappelli avevano abbandonato il foro gremito di gente per ricongiungersi ai propri gruppi appena fuori dalle mura. La cinta della città si estendeva abbastanza a lungo da permettere a ciascuna compagnia di radunarsi a debita distanza l'una dall'altra, tranne per quelli che avevano deciso di collaborare, e allo stesso modo per tutta la durata del breve viaggio verso la città morta le fazioni rivali rimasero ben sparpagliate attraverso i campi che stormivano debolmente: era inutile e pericoloso rischiare uno scontro aperto così vicino alla città, con la minaccia dell'intervento degli Ennomos e la possibilità di ritrovarsi contro una coalizione delle altre Gilde. Giunsero quindi a Gilth'valar separati, ma accomunati dalla convinzione di essere quelli che, alla fine di tutto, l'avrebbero spuntata.

La città si presentava con un aspetto variegato: c'erano cumuli di macerie ingrigite di cui era impossibile indovinare l'originaria funzione, ammassate in pile informi o sparse per terra, ma anche rovine di edifici e costruzioni che conservavano un'eco della loro antica magnificenza, nonostante le facciate corrose dal tempo e rivestite di muschio e licheni. I gradini, dove ancora in piedi, erano smussati e consumati; le statue avevano arti e capi mozzati; le pavimentazioni delle poche strade agibili si mostravano fratturate e invase dalla vegetazione, una flora dall'aspetto pallido e malsano come tutto in quel posto. Perfino i raggi del sole parevano faticare ad addentrarsi nei meandri di Gilth'valar e rischiarare le tenebre che si addensavano a ogni angolo, quasi ne fossero repulsi con disgusto. La brezza si era trasformata in una serie di raffiche trasversali che calavano e si intensificavano in continuazione, come il respiro di una torma di spettri. Il silenzio, fatta eccezione per il fischiare del vento, era assoluto. Nessun rumore proveniva dalle rovine, non un verso d'animale. La città sembrava quasi un'enorme bestia addormentata in procinto di destarsi dal suo lungo letargo.

Dopo secoli di attesa le Gilde tornarono a calcare il suolo polveroso di Gilth'valar,
risvegliando le antiche minacce della città morta.



CITAZIONE
QM POINT ::

Breve post di passaggio per permettervi di arrivare a Gilth'valar ed entrare nel vivo della Quest. Come descritto nel testo vi lasciate alle spalle Gilth'alas e giungete alle rovine in cinque gruppi separati e in posti diversi: Yu e Caccia insieme, gli altri da soli coi rispettivi png. Quello che dovete fare ora è controllare la prima pagina del topic di confronto, dove troverete aggiornati i post contenenti il Regolamento e altre informazioni essenziali per il prosieguo della giocata. Dopo averli letti vi chiedo di scrivere un mp, a me o a Savior, per indicarci la vostra prima mossa; dovete cioè scegliere la "casella" in cui spostarvi. Mi raccomando di non condividere con gli altri utenti la vostra posizione. A seconda della scelta compiuta vi forniremo le direttive necessarie per questo turno. Specifico che anche in-game ogni gruppo ha a disposizione una mappa analoga a quella presente nel Regolamento, in possesso di uno dei png. Naturalmente sentitevi liberi di chiedere chiarimenti se qualcosa non vi è chiaro. Per il momento è tutto!

 
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view post Posted on 24/9/2014, 21:29
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Cardine
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Camminarono a lungo tra le rovine deserte di Gilth'valar.
   Taliesin aveva avuto modo di conoscere tutti e quanti gli Orahn, nel breve tragitto che avevano percorso insieme. Era riuscito a memorizzare i loro nomi e a comprendere con chi avesse a che fare, e tanto gli bastava. Preferiva comunque parlare con Caleb ed affidarsi al suo raziocinio, prima di dare ordini a quelli che - strano ma vero - erano i suoi uomini. Non che il mentalista fosse un leader nato, ma tutti parevano rispettarlo e prendere in considerazione il suo parere. Taliesin non voleva imporsi e inimicarsi i suoi uomini, di sicuro non subito.
   Oltrepassate le vecchie mura sbriciolate dal vento, si erano trovati tutti d'accordo nel proseguire a passo deciso verso la meta, tenendo gli occhi bene aperti. E gli occhi degli Orahn, in particolare quelli della bella Layla, erano stati fin troppo attenti a qualsiasi dettaglio.
   Taliesin non riusciva a smettere di guardarla.
   Aveva l'aspetto di una giovane ragazza dai capelli rossicci e dagli occhi chiari, anche se avrebbe giurato di averla intravista, per pochi istanti, diversa. Rekla, il vecchio vestito di stracci grigi, aveva mormorato alcune cose incomprensibili sul suo conto. A Taliesin pareva di essere stato l'unico tra tutti a fare attenzione alle sue parole le quali, nonostante gli sforzi, non era riuscito a comprendere comunque.
   Non sapendo che fare, riusciva solo a lanciarle frequeni occhiate nervose. Quando quella se ne accorgeva, sorrideva in modo ambiguo (a metà fra l'allegria e la malizia), e Taliesin evitava di voltarsi per un poco. Sentirsi osservato da lei lo metteva a disagio molto più di quanto lo inquietasse, ad esempio, la presenza del Divoraincubi, la bestia alata e dai tratti mostruosi che volava accanto al gruppo senza fare alcun rumore. Lui, però, non lo guardava mai.
   Il rumore di passi sulla strada acciottolata spinse Taliesin ad accelerare il passo. Dovettero udirlo anche gli altri poiché, addentrandosi in un quartiere di enormi case ormai crollate, negli occhi di tutti vi era la certezza di trovare qualcosa. Tra le macerie, però, scorsero solo un grosso specchio impolverato.
   «Uh. Non è nulla» constatò il bardo, voltandosi e facendo per tornare indietro. I suoi compagni gli passarono accanto, senza nemmeno accennare a frenare la loro marcia.
   Non fece in tempo a chiedere quale fosse il problema, o a urlare loro di fermarsi, che quelli toccarono lo specchio e da esso fuoriuscirono cinque figure. Esse assunsero presto forma, dal fumo alla carne: lo stesso aspetto dei membri della gilda. Ben presto, tra urla di spavento e di sfida, qualcuno chiamò aiuto, ma il musicista non seppe quale tra i due Caleb era stato a rivolgersi a lui. Non riuscì più a distinguere amici da nemici, o viceversa, e gli Orahn cominciarono a fronteggiare a denti stretti le mostruosità uscite dallo specchio. Era evitente che non potessero permettersi di abbassare la guardia, nemmeno per un istante. Taliesin doveva risolvere la situazione.
   Il bardo balbettò qualcosa, impotente ed incerto sul da farsi. La sua mano era già scattata verso le armi, ma si trovò nelle condizioni di non poterle usare, senza rischiare di ferire i suoi. Per alcuni istanti pensò davvero di non poter fare niente, ma poi arrivò l'intuizione. Tanto ovvia da farlo vergognare di esserci arrivato in così tanto tempo.

C'è da dire che Taliesin ama raccontare questa storia in un certo modo, forse leggermente diverso: narra di come egli si sia eretto di fronte allo specchio, di come abbia acutamente sussurrato la dovuta frase specchio specchio delle mie brame... e di come infine lo abbia infranto, salvando i suoi compagni con una mossa tanto rapida quanto astuta. Sì, tralascia il fatto che in realtà arrivò alla soluzione dopo qualche istante, e ancora sì, non considera che non riuscì a mettere in fila due pensieri concreti, mentre sparava allo specchio e lo ricopriva di polvere per far tornare tutto com'era prima. In realtà anche dopo questo suo gesto le cose andarono molto diversamente, ma spesso la cosa giusta da dire o da fare viene in mente dopo. Taliesin non può tornare indietro nel tempo, ma può raccontare le sue storie come piace a lui. Con un pizzico di sale e pepe per insaporire un piatto altrimenti insipido.

Quando la superficie tersa e perfetta dello specchio si incrinò per il colpo e venne annebbiata dalla polvere, lo stesso destinò spettò alla mente di Taliesin. Il rumore sinistro del materiale che si infrange continuò dalla realtà nella sua mente. Il ronzio metallico fu, per un attimo, insopportabile.
   Guardandosi attorno, le cose erano cambiate. Ora Taliesin riusciva a distinguere le copie dai suoi compagni, poiché esse parevano sbiadite e fumose. Ripresosi dall'acuto dolore alle tempie, comprese subito cosa fosse meglio fare. Si concentrò, e cominciò a cantare.

My eyes wide shut, jumping in the void.
Falling so fast I touched the ground.
Not a solution, just an escape:
I might awaken again.
I never could incorporate this frame,
and I know I can run, but never find the way out of here

Fu un istante di stasi, in cui le copie parvero fermarsi e barcollare. Davanti ai loro occhi era sceso uno scuro sipario. Taliesin ingoiò in fretta una piccola gemma di sale rossastro, lasciò cadere la pistola e cominciò a correre verso Caleb, il compagno più vicino. La fumosa sagoma che lo fronteggiava pareva essere l'unica ancora perfettamente in piedi. Era rivolta verso l'incantatore, come se l'insidia di Taliesin non avesse avuto effetto.
   Ma non aveva scelta, se non combattere. Aveva infranto lo specchio, ed ora toccava alle sue creazioni.
   Sfoderò Fabula e la affondò nel fianco della fumosa creatura, che non si era accorta di lui in tempo ed era rimasta immobile. Essa sembrò rompersi con un rumore secco, e cominciò a dissolversi come polvere al vento.
   Poco più in là anche Rekla, il vecchio, approfittò dell'occasione e masticò qualcosa tirato fuori dalle tasche. Il suo corpo intero venne percorso da un sussulto. Gli stracci che gli coprivano il torace si lacerarono, lasciando scoperti i molti tatuaggi e le vene che, a fior di pelle, pulsavano sangue ad una velocità spaventosa. Egli prese la testa della sua copia fra le mani, e presto di essa rimase soltanto poltiglia.
   Caleb ringraziò Taliesin con un cenno, e si voltò veso Marven, che indietreggiava e prendeva fiato dolpo la collutazione con il suo alter ego. Le mani del capo degli Orahn si illuminarono di una luce intesta ed azzurra, la stessa che si era accesa nei suoi occhi: in un istante fu accanto al compagno, ed i due ricominciarono a combattere, ma assieme.
   Il bardo si guardò attorno. Rimanevano ancora tre sagome fumose, ed una incombeva su tutte. Era il Divoraincubi, reso ancora più terrificante dalla sua natura eterea ed indefinibile. Aveva scaraventato a terra la sua versione reale, ed ora si apprestava a squartarla una volta per tutte. Taliesin fu rapido a raggiungerlo, ma la bestia si accorse di lui. Volse la sua mano artigliata e semitrasparente verso il musicista e si fiondò nella sua direzione. Egli riuscì ad evitare che il tocco raggiungesse la sua fronte soltanto grazie a un colpo di reni a dir poco prodigioso.
   Una volta alle sue spalle Taliesin fu abbastanza rapido e astuto da tranciare via le ali: tanto bastò perché la bestia scomparisse nel nulla.
   Caleb, Marven e Rekla circondarono la penultima copia, circondata da delle bestie translucide al suo comando che tenevano lontano i tre. Possono cavarsela, pensò Taliesin, che cercò ancora una volta gli occhi di colei che mancava all'appello. Non li trovò, e cominciò a preoccuparsi.
   Chiuse allora i suoi, di occhi, e cercò di individuarla grazie all'udito. Un rantolo, un respiro profondo, e intuì la sua posizione. Corse quindi verso ciò che rimaneva di una casa: un enorme muro, in piedi per miracolo, con una grossa apertura che un tempo doveva essere stata un portone.
   Attraversato l'arco si accorse della donna, stesa a terra e gravemente ferita. Quella, spaventata e meno affascinante del solito, parve sul punto dire qualcosa. Non fece in tempo, poiché un qualcosa di affilato tagliò il resistente mantello e lacerò il fianco del bardo. Ci pensò Taliesin ad urlare al posto suo. Egli, dolorante, si accasciò a terra.
   La copia di Layla si preparò a colpire di nuovo, ma la gamba del bardo si mosse con rapidità, facendole perdere l'equilibrio prima di assestare la pugnalata. Finì a terra, ma Taliesin comprese che non sarebbe mai riuscito ad alzarsi. Strisciò indietro, verso la vera Layla, proprio quando Marven fece capolino dall'altro del muro. Con agilità di fiondò giù, trafiggendo la copia ancora stesa a terra.
   Presto giunsero anche gli altri tre, mettendo la parola fine a quei concitati attimi di sgomento e terrore.
   Taliesin chiuse gli occhi, portando una mano al fianco e digrignando i denti. Non stava poi così male, ma un può di drammaticità non guastava mai. Layla e il Divoraincubi erano in condizioni decisamente peggiori: era a loro che doveva pensare, non al graffio che aveva sulla schiena. Udiva i loro lamenti sommessi, e ne era infastidito.
   «Che cazzo vi è passato per la testa?» sbottò il bardo. Si rimise in piedi, e si preparò a prestare soccorso ai suoi compagni. Non aveva garze o erbe speciali. Il suo era un metodo decisamente più pittoresco, e anche più apprezzabile.
   «Com'è potuto succedere?» si interrogò Caleb, incedulo.
   «Lascia che te lo spieghi io», replicò Marven con tono arrogante.
   «Zitti» intervenne Taliesin, cominciando a concentrarsi e a intonare un inno lento e melodioso.




Condizioni generali
Stato fisico - 14/16
• danno medio al fianco destro
Stato mentale - 14/16
• emicrania di entità media
CS - 6 (2 intelligenza, 1 astuzia, 2 destrezza, 1 determinazione)
Energia - 75/100 (-10, -5, -5 -5, -5, +5)

Equipaggiamento
Itinerante, artefatto/arma difensiva, mantello di panno rinforzato.
Fabula, arma bianca, acciaio, 48 cm di lama, 15 cm di impugnatura.
Pistola ad avancarica, arma da fuoco piccola, cinque colpi per giocata. (4/5)
Pugnale celato, arma bianca, acciaio, 15 cm di lama, legata all'avambraccio sx.
Vene di Pietra, artefatto/set di armi da lancio, materiale sconosciuto, venti unità per giocata.
Liuto di Luke Mannersworth, oggetto generico, strumento musicale.
Il Flauto di Cenere, artefatto/oggetto generico, strumento musicale.
Amuleto dell'auspex, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo magico, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo furtivo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Cristallo del talento, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Diamante, oggetto dell'erboristeria (due unità), conferisce un potere passivo.
Biglia fumogena, oggetto dell'erboristeria, un uso per giocata.
Erba rigenerante, oggetto dell'erboristeria, funziona come una cura dell'equipaggiamento.
Erba rinvigorente, oggetto dell'erboristeria, rigenera il 5% della riserva energetica. (utilizzato)
Miscela logorante, oggetto dell'erboristeria, applicabile a un'arma per danneggiare l'Energià nemica del 5% a turno, per due turni di gioco.
Corallo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un CS ai riflessi e un CS alla concentrazione per due turni di gioco. (utilizzato)
Rubino, oggetto dell'erboristeria, conferisce due CS al vigore e due CS all'agilità per un solo turno di gioco.

Poteri passivi
Audacia, passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% delle energie.
Amuleto dell'auspex, auspex passivo basato sull'udito.
Tomo magico, accesso alle pergamene della classe Mago.
Tomo furtivo, accesso alle pergamene della classe Ladro.
Cristallo del talento, accesso al livello successivo del Talento.
Diamanti, 2 CS aggiuntive in Destrezza (due unità).
Illusionista, passiva di primo livello, le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate.
Illusionista, passiva di secondo livello, possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento.
Illusionista, passiva di terzo livello, fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche l'aspetto del caster può essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione.
Mente Impenetrabile, pergamena comune, classe mentalista. Difesa psionica passiva.
Seconda abilità personale, aura psionica passiva di fascino.
Quinta abilità personale, utilizzo della polvere in combattimento per avantaggiarsi infastidendo gli avversari.
Sesta abilità personale, cure di potenza pari al consumo.
Itinerante, "Nessuno farà domande a chi si nasconde allo sguardo della gente", passiva: qualora lo desiderasse, il mantello potrà celare sotto di esso le aure, proteggendole da auspex passivi.
Vene di Pietra, il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edhel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena.
Il Flauto di Cenere, razza selezionata: umana; razza scartata: progenie dei demoni. La razza selezionata subirà danni aggiuntivi dalle tecniche dell'artefatto, come specificato in esse; quella scartata sarà immune ai poteri del flauto.

Tecniche attive
Allucinazione. [Allucinazione, pergamena iniziale, classe mentalista. Natura psionica, consumo medio. Danno psionico ad area di potenza bassa da confusione, e momentanea perdita della vista]
Sfuggente. Una vita di avventure - e quindi di pericoli - ha abituato il viaggiatore a confrontarsi con qualsiasi genere di minaccia. I suoi riflessi si sono fatti rapidi, e le sue gambe scattanti. Nulla o quasi è più in grado di fermarlo, poiché l'esperienza lo ha reso libero e inarrestabile, come il vento. È in grado di evitare astutamente ogni attacco o intralcio, e nemmeno serrature, lucchetti, nodi o manette saranno in grado di bloccarlo. [Sfuggente, pergamena ultima, classe mentalista. Natura fisica, consumo variabile. Difesa da tecniche fisiche o magiche di potenza pari o inferiori al consumo speso, a consumo nullo è in grado di aprire serrature e lucchetti o disfare nodi]
Colpo basso. Spesso il più classico sgambetto è la soluzione ad ogni problema. Mirando alle gambe, o ad altre parti basse particolarmente sensibili, Taliesin può far perdere l'equilibrio al nemico, oltre che ferirlo in modo superficiale. Non importa che egli usi la sua gamba, il piatto dell'arma, un bastone o qualsiasi altra cosa, il risultato non cambia: portarsi in vantaggio con un colpo ancora più infido del solito. [Colpo basso, pergamena iniziale, classe mentalista. Natura fisica, consumo basso. Tecnica offensiva che infligge un danno basso e comporta la perdita d'equilibrio di chi la subisce]
Prima abilità personale, Guarigione. Il potere forse più prodigioso di alcune antichissime melodie è quello di lenire le ferite, persino quelle più gravi e disperate. Si tratta di un inspiegabile abilità che permette al bardo, tramite la musica o altri stratagemmi, di rimarginare le ferite, curare le contusioni e ridonare vigore al fisico, anche se il costo - non tracurabile - di questa strana magia è pagato in energie vitali. [Abilità personale. Natura magica, consumo variabile. Cura le ferite al fisico.]

Riassunto
Ho impostato il combattimento in modo piuttosto rapido, forte della grande differenza di pericolosità (B + pngs contro E). Ero indeciso su quanto questo combattimento dovesse essere intenso, e dato che davanti abbiamo ancora una bella fetta di quest ho preferito giocare d'astuzia.
Dopo aver subito il danno medio psionico, Taliesin si ripiglia e utilizza Allucinazione, la mossa che permette al gruppo di ribaltare la situazione, accecando i nemici che non si aspettano un attacco da parte di Taliesin. Questo permette a Rekla di usare un 5% della riserva energetica dei png (ora al 45%) per potenziare i suoi CS/PP e distruggere la sua copia. Intanto il bardo assume un corallo, portando i suoi CS a 8, e forte di questa sua strapotenza da una mano a Caleb. Non viene percepito dalla copia, che per la cronaca possedeva un auspex passivo, perché ne è immune. Caleb, una volta sconfitta la sua copia, va ad aiutare Marven, e poco dopo anche Rekla si unisce a loro. Insieme, un po' lentamente, sconfiggono la copia di Marven.
Intanto Taliesin corre dal Divoraincubi, che ha subito una ferita e sta per essere ucciso. Schiva la tecnica del doppione con un consumo basso di Sfuggente (ho considerato la tecnica come un'abilità di natura magica a consumo medio che infligge un danno alto alla mente ma può essere difesa con un basso, evitando il tocco) e poi gli taglia le ali, sconfiggendo anche lui.
Mentre i tre png stanno ancora combattendo, Taliesin individua Layla con l'auspex passivo. Va da lei e la trova ferita. Distratto, viene colpito alla schiena da una copa (Attacco furtivo, pergamena classe Ladro). Si gira, la sbilancia con Colpo basso e indietreggia. A quel punto Marven salta giù dal muro, dandole il colpo di grazia con un pugnale rozzo ma affilato.
Finito il combattimento Taliesin medica sia Layla (che aveva perso un PV) sia il Divorasogni (che ne aveva perso un altro) con due consumi bassi della variabile Guarigione. Infine, anche se nel post non lo descrivo, assume un'erba rinvigorente per ristabilire, anche se di poco, le sue energie.
Spero di aver interpretato bene il tutto. Ho preferito usare risorse fisiche (il corallo e l'erba) in modo da risparmiare energie, e ho fatto intervenire il png (spero) quanto basta. Non volevo - e non potevo scrivere poemi - quindi mi sono trattenuto. A voi la parola!
Le lyrics (immaginatevele cantate in arabo/nanico, quando Taliesin le intona) sono di Wide Shut by Myrath. Metal always wins.
 
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Caccia92
view post Posted on 24/9/2014, 22:08






La città morta. Non doveva essere un nome inventato per caso e, di solito, lui prendeva molto seriamente i toponimi delle regioni che visitava. Probabilmente era mattino inoltrato, forse già mezzogiorno. Il sole scaldava il metallo dell'armatura con insistenza, la sua pelle era rigata dal sudore. Il terreno su cui camminava sembrava soffice, erba e fango accumulati in anni e anni di sedimenti. Eppure percepiva, di tanto in tanto, un pavimento solido che rappresentava una strada o una via costruita dall'ingegno umano. Stavano andando all'interno della corruzione, lo sentiva tutt'intorno a sé, nel vento forte e sibilante, nell'aria pesante e nera, in quel silenzio assordante che a tratti lo circondava. Tutti tacevano, persino Dean. Quell'ultimo dettaglio era davvero preoccupante.
Soldati ammutoliti dalla semplice atmosfera tetra. Cos'è questo posto?
Erano arrivati. Lo comprese dalla frescura improvvisa che coprì il suo corpo dalla testa ai piedi. Ci doveva essere una struttura gigantesca davanti a loro. Chiese conferma alla squadra e Loch, con voce tremolante, disse che erano ad uno dei cancelli spettrali di Gilth'valar. La descrizione della zona era piuttosto semplice: un arco di pietra molto grande lasciava spazio all'oscurità della città vera e propria, con i suoi vicoli e le strade principali; oltre l'accesso si potevano scorgere i profili dei primi edifici decaduti, corrosi o parzialmente distrutti. La via era cosparsa di erbacce.
Yamoto si concentrò per un attimo. Percepì immediatamente l'energia smeraldina del Fauno, a poca distanza da lui, e degli altri guerrieri che avevano intrapreso quel viaggio. Eccetto quelle fonti di calore, tuttavia, l'area pareva completamente morta. Non gli piaceva essere totalmente cieco. Attese un istante per assaporare l'assenza di suoni, poi si inginocchiò e cominciò a pregare.
« Credo sia meglio dare un'occhiata alla mappa. » suggerì Dean improvvisamente. Roderith si avvicinò al balestriere e consultò la carta pergamenata che era in loro possesso. Fortunatamente avevano un'idea abbastanza precisa di dove si trovavano e come proseguire. I due parlottarono per qualche tempo, ignorando le ombre che, nel frattempo, si allungavano sullo spiazzo. Yamoto faticava a rimanere tranquillo, seduto come una statua poco lontano dai suoi compagni. La calma che ostentava era solo apparente, nella sua mente si agitavano fantasmi di un periodo passato. Ricordi che, forse, scavando e scavando, rompevano quel velo sottile di oblio perenne. Si agitò all'interno di Amnesia. Avvertiva sulla fronte il classico fastidioso prurito delle situazioni pericolose.
« Mi pare inutile attendere ancora. La strada è questa...andiamo. »
Si inoltrarono - Samoq e alleati - nella città morta. L'aria diventò immediatamente pesante e ricca di polveri. La puzza di muffa coprì rapidamente ogni altro odore e la temperatura si abbassò di diversi gradi. Yamoto non era un tipo da disdegnare il freddo, ma quel gelo aveva qualcosa di diverso: era intenso, palpabile, malvagio. La malvagità dell'antico che non voleva essere disturbato. La pavimentazione irregolare era sintomo di un paesaggio disastrato e ricco di detriti. Yamoto cercò di non inciampare, ma era impossibile definire con chiarezza uno scenario privo di forme di energia. Persino Loch, con la sua vista estremamente fine, vedeva poco o nulla in mezzo a quel dedalo di vie ed edifici. Accesero delle torce. Ne percepì il calore incandescente e intermittente da diverse direzioni. Non disse nulla, tuttavia quel dettaglio - almeno per lui - era un problema piuttosto serio. Le fiamme lo distraevano dal suo obiettivo.
Sono certo che qualcosa ci osserva dalle rovine. Animale o umanoide, non fa alcuna differenza. Sanno che siamo qui.
Quando tutti si bloccarono, comprese che le ombre si erano palesate. E dai sospiri alle sue spalle, seppe che erano proprio di fronte a lui, forse a pochi metri di distanza. I suoi sospetti ebbero immediata conferma nel momento stesso in cui percepì Amnesia contrarsi, muoversi sulla sua pelle, mutare come un essere senziente. I lobi frontali si accesero e tutto, ancora una volta, divenne rosso.
I mostri erano cinque in totale. Due erano lontani, distratti dal gruppo del Fauno. Un'altra coppia sembrava a supporto della creatura più vicina che minacciava direttamente lui. Analizzò la struttura fisica: corpo d'insetto vermiforme, esoscheletro chitinoso, numerose zampe e fauci da ragno. Punto focale: le congiunzioni tra addome e testa. Mentre elaborava quelle informazioni, uno spruzzo di veleno partì dalla bocca contorta del suo nemico, un getto troppo veloce e imprevisto. Un attacco senza avvertimento. Il veleno corrose il metallo dell'armatura, penetrando all'interno e intaccando la pelle. Yamoto strinse i denti, i muscoli si assottigliarono, si indurirono, si contrassero. Era come un fuoco sulla carne.

« D'accordo. Se non avete onore, non avrete pietà. »

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Sfoderò la katana. Non gli serviva destrezza, solo una gran quantità di forza. La rabbia montava - si accumulava - e lui non fece nulla per impedirlo. In un normale combattimento avrebbe salutato il suo avversario, lo avrebbe studiato, forse avrebbe addirittura lasciato la prima mossa. Ma il mostro si era palesato come un animale privo di moralità. Scattò all'improvviso in avanti, gettando le braccia oltre la schiena. In pochi passi coprì la distanza che lo separava dal suo bersaglio e menò un fendente brutale. La lama percorse una linea ad arco, impattò senza fermarsi sul collo chitinoso della creatura velenosa e comparì dall'altra parte, grondante sangue verdognolo. Il corpo senza vita del primo nemico si afflosciò subito, accompagnato a terra da un sibilo di morte.
Yamoto restò fermo nella posizione successiva all'attacco. La mente lavorava senza tregua, mantenendo un contatto con le auree vitali che circolavano intorno alla sua figura. Nei suoi movimenti, nella sua postura, non vi era traccia di quella calma che aveva caratterizzato il viaggio fino a quel momento. Polmoni e torace si gonfiavano e sgonfiavano velocemente, le vene sbordavano, i nervi erano tesi come cavi d'acciaio. Come aveva previsto, le altre creature, vedendo il compagno cadere, si avventarono su di lui. Era una mossa completamente errata, specialmente contro uno Spettro armato di spada. Lasciò che artigli e zanne scorressero sul ferro del torace, lasciò che le zampe dure e impacciate degli insetti provassero a scalfire la sua difesa. Quando fu sicuro di avere a portata entrambi gli avversari, scagliò due rapide stoccate verso i loro addomi. La katana affondò facilmente nella struttura tondeggiante, spinta dalla forza maggiorata dei suoi muscoli. L'ultimo colpo fu seguito da un urlo disumano. Yamoto non parlava mai durante uno scontro, eccetto quando era veramente arrabbiato. Fece pressione sull'elsa, spaccando l'esoscheletro dei mostri con una furia che non apparteneva propriamente al suo spirito.
La visione del sangue si ritirò piano piano, diminuendo d'intensità fino a scomparire. Respiro e battito cardiaco tornarono a livelli normali. Tutto quell'odio era un'altra dimostrazione della sua debolezza, dell'incapacità di reprimere il suo lato più oscuro.
Si vergognò profondamente. Pulì la lama della katana nella sabbia e pregò.










CITAZIONE

Y A M O T O

jpg

CS 22 (Forza 16 - Destrezza 5 - Percezione 1)

Critico {36%} ~ Alto {18%} ~ Medio {9%} ~ Basso {5%}

Fisico [130% - Medio alla nuca, Medio alla spalla]
Mente [50% - Illeso]
Energia [82%]


Il Soldato Cieco
malus di cecità; udito finissimo; auspex basato sul calore; immunità alle passive psioniche; immortalità fintantoché indossa l'armatura; 2 CS aggiuntivi alla Forza quando l'avversario usa una tecnica magica; vittoria su tutti gli scontri a parità di CS.
Amnesia
armatura; 4 CS aggiuntivi alla Forza; possibilità di sollevare armi molto pesanti; straordinaria resistenza al dolore; grado di sopportazione fisica fino al 150%, resistenza alle psioniche fino al 50%.
Le due Albe
spade gemelle wakizashi e una katana aggiuntiva; Miscela debilitante (1); Rubino (0).

Attive
- La dose avanzata si attiva con un'inoculazione doppia rispetto a quella base, portando la stimolazione della muscolatura ad un livello quasi inumano. La zona interessata, in questo caso, è tutta la parte superiore del corpo, quindi spalle, petto, braccia, collo e dorsali. La forza, sempre per un breve periodo, viene spinta al massimo (Alta, Fisica: aumento di 8 CS alla Forza).

Riassunto/note
Ecco il mio post. Subisco il danno dal getto velenoso (mia interpretazione) e contrattacco violentemente. Avendo ben ventidue CS tra attiva e Rubino - di cui sedici in forza - e considerata la debolezza degli avversari, nonché la loro disposizione strategica errata, liquido tre delle creature con altrettanti attacchi brutali. Mostro così il lato violento di Yamoto, una furia guerriera che lo pervade in combattimento. Lo scontro è volutamente breve, tanto per far intendere la disparità fisica tra Yuga e animali.
Lascio gli altri due a Yu. Spero vi sia piaciuto.


Gruppo Samoq, gli Spettri di Gilth'alas:

- Maggiore Roderith: Leader del gruppo.

- Loch "Arco Sacro": Arciere specializzato nel tiro sulla lunga distanza. Possiede un arco di corno rinforzato molto robusto e flessibile. Ha una vista eccellente, è solito utilizzare frecce avvelenate o infuocate in base al compito che gli viene assegnato. Indossa un'armatura di cuoio leggera e sul viso porta un caschetto con due lenti di differente portata. Molto giovane e avvenente, non è nuovo a missioni segrete.

- Magress "Informatore": Fante molto agile e astuto, dedito alla raccolta di informazioni. Sa cavalcare molto bene ed è un velocista nato. Non indossa armatura per essere il più leggero possibile. Ha un udito estremamente fine e sa come ricavare dettagli fondamentali anche da semplici conversazioni. Porta un pugnale nella cinta.

- Dean "Tonante": Balestriere troppo loquace. Quando vuole sa essere silenzioso, ma in tutti gli altri momenti parla a volontà. Eccellente scalatore e stratega, conosce alla perfezione la città di Gilth'alas. Con la balestra non ha rivali. Utilizza dardi rinforzati in acciaio e indossa una cotta di maglia.

- Lorand "Maestro": Un anziano spadaccino che negli anni ha sviluppato un'abilità con il fioretto senza eguali. La sua lama è rapida e precisa. Non parla quasi mai e quando lo fa è per rivelare particolari importanti. Sa quando stare al proprio posto e quando è giunto il suo momento. Possiede, inoltre, una mente brillante che lo rende in grado di risolvere i rompicapi più complessi.

 
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view post Posted on 24/9/2014, 23:43
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Si muovevano sulla strada dissestata, il grande monaco davanti e lei subito dietro di lui, un poco nascosta dalla sua figura. Ogni passo, in quel luogo costellato di rovine e di ombre, le faceva trattenere il fiato. Pareva che da un momento all’altro quella città morta dovesse vendicarsi della loro intrusione. Nonostante avesse vissuto costantemente nell’oscurità per anni, quel buio non era né accogliente né famigliare. Le pareva di udire voci conosciute sussurrare alle sue spalle, piccole figure del suo passato attenderla dietro gli angoli. Se non fosse stata a pochi passi da quell’essere imponente, probabilmente l’impulso di fuggire sarebbe stato insopprimibile.
Ogni tanto Kesser rivolgeva uno sguardo alle proprie spalle, per essere certo che tutti lo stessero seguendo. Avrebbe voluto infilare la propria mano in quella di lui, ma non era certa che glielo avrebbe concesso. Più squadrava quelle ampie spalle e quel mantello scuro più le pareva che lui fosse nato in quel luogo, che ne fosse parte, che fosse pericoloso quanto gli affranti avvolti dai rampicanti ritorti.
Percorsero un acciottolato che era poco più di un sentiero e, senza alcun preavviso, un piccolo branco di creature si parò davanti a loro. Nemmeno gli animali parevano essere stati risparmiati dalla corruzione: fuori da lì, sulle alte montagne da cui lei proveniva, sarebbero potuti essere semplici lupi. Ma ora i loro corpi, le loro zanne, erano divenuti deformi e demoniaci. La loro fame, la loro bestialità era aumentata a dismisura. Riusciva a percepire la loro ostilità senza bisogno di allungare le spire della propria mente a sfiorarli.
Non ebbe neppure il tempo di rivolgere loro la parola, che già uno le si era scagliato addosso. Strinse le labbra: credevano davvero che lei fosse la più debole? Tese la mano in avanti, le dita dischiuse quasi stesse rivolgendo loro un saluto. Ma dalle viscere della terra, dal ventre di quel luogo senz’anima, sorse una dama dall’aspetto spettrale. I tratti del viso distorti in un grido di rabbia, le carni in decomposizione che le cadevano dalle ossa. Afferrò il nemico per le zanne e lo scagliò a terra, impedendogli di colpire la sua signora. Gli occhi di Ainwen scintillavano di una luce prima inesistente, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso beffardo. Sapeva che avrebbero attaccato ancora, che non avrebbe potuto resistere all’infinito.
Girò lentamente il capo verso il demone al suo servizio. Aveva fatto in tempo ad accorgersi di come fosse stato ignorato dal branco. La bambola non staccava gli occhi dai lupi, ma il corrugarsi della fronte dell’Oracolo parve essere un messaggio sufficiente per il suo servo. Amadeus si fece avanti, dondolando sulle lunghe braccia. La sua voce risuonò stranamente calma, del tutto fuori luogo in quell’ambiente selvaggio.


"Fratelli, la strada è lunga e i nemici sono altri. Fateci passare e non verseremo sangue".


Tentava di essere rassicurante, nonostante nei suoi occhi si potesse leggere la stessa fame che animava i loro. Ainwen avrebbe voluto parlargli, esortarlo a corromperli perché si unissero a loro. Ma dal suono delle parole di lui sapeva che quella creatura desiderava fallire, desiderava avere un pretesto per versare del sangue. Si morse il labbro, cercando di farsi avanti. Non appena cercò di compiere un passo, Kesser le posò una mano sulla spalla, obbligandola ad arretrare nuovamente. L’uomo pareva essersi ingobbito su se stesso, tutti i muscoli tesi. Anche lui sapeva che l’attacco sarebbe giunto. Una morsa strinse lo stomaco della ragazza.
Non così presto.


Chi sei? Chi sei tu? Tu sei uno di noi? Chi sei? Questo è il nostro territorio, non potete passare. Chi sei? Tu sei parte del branco? Il branco non vi farà passare. Tu chi sei? Questo è il territorio del branco, voi non potete passare. Chi sei?
"Siamo tutti parte dello stesso branco, io e voi. I nemici stanno per giungere e non voglio spargere il sangue dei miei fratelli. Lasciateci passare e vi prometto che, se uno di costoro dovesse mai versare sangue del branco, sarò io stesso ad ucciderli".


Non c’era nulla di convincente o di conciliante nel tono del demone. Con la lingua si inumidiva le labbra sottili e i suoi occhi erano socchiusi, alla ricerca del bersaglio migliore. Voleva combattere, voleva sentirli guaire sotto i suoi artigli. Anche l’Oracolo si fece indietro, sfoderando il proprio piccolo, inutile coltello. Non credeva davvero di poterli fermare con quello. Nel frattempo gli altri membri della sua compagnia le si erano affiancati. Goddart la scosse per una manica della lunga veste.


Ora ci faranno il culo, eh?


Nei suoi occhi c’era il falso sentore del pianto. Il ringhio dei lupi si fece più forte e se ne levò un altro, di qualche tono più basso. La ragazza si rese conto solo dopo qualche secondo che quel rombo proveniva dalla bocca di Amadeus, i denti scoperti e gli artigli già sfoderati. Avvenne tutto in un battito di ciglia: i lupi si lanciarono in avanti e il demone divenne una virgola bianca nell’oscurità. La sua pelliccia candida sfolgorò in mezzo alla mischia. Un altro fruscio di stoffa le passò accanto all’orecchio, mentre Quylan si gettava in aiuto del compagno. Nei suoi occhi c’era un bagliore d’ambra e non aveva nemmeno sfoderato il proprio stocco.


Si ammazzeranno tutti, tutti quanti”.


La voce di Goddart, acuta e tremante, la riscosse. Il nano impugnava la propria cerbottana e tra un tiro e l’altro si lamentava nervosamente. Solamente il capo rimaneva immobile. La bambola levò gli occhi su di lui e si ritrovò a fissare l’ombra che gli celava il viso. Stava aspettando che lei agisse, come se sapesse che poteva fare qualcosa.


Cosa dovrei fare?


Non voleva esporsi in prima persona, essere ferita e morire di chissà quale terribile infezione. Non voleva quelle fauci conficcate nelle proprie carni. Ma non voleva nemmeno perdere così presto, trovarsi sola ad affrontare quel cammino senza speranza. Sospirò e distese un dito, come se stesse rivolgendo un ordine imperativo. Improvvisamente tutti i lupi si immobilizzarono, come se una mano enorme li stesse schiacciando a terra. Strabuzzavano gli occhi, aprendo e chiudendo le fauci riuscendo solo ad addentare l’aria. C’era terrore nell’agitarsi convulso delle loro zampe che non riuscivano a liberarsi.
Ainwen sollevò un sopracciglio, rivolgendo un’ulteriore domanda implicita all’uomo al suo fianco. Anche se non poteva vederlo, ebbe l’impressione che stesse sorridendo. Finalmente, come se avesse aspettato quello fin dall’inizio, anche Kesser si mosse. Impugnò la lunga alabarda che portava sulla schiena e si fece avanti a passi lenti, inesorabili. Dietro di lui, Milyr avanzò ridacchiando ed iniziando a raccogliere i pugnali che erano rimasti conficcati a terra. Ogni tanto si fermava a leccare il sangue dalla lama, rivolgendo sguardi estatici verso il cielo plumbeo.
Alcune creature erano già morte e le zanne dei due in mischia erano coperte di sangue. La ragazza non avrebbe saputo dire se si trattasse solamente del sangue dei loro avversari. All’arrivo di Kesser si diedero alla sistematica eliminazione dei sopravvissuti. L’alabarda calava dall’alto verso il basso con un movimento ritmico, quasi ipnotico. Ogni volta che incontrava carne od ossa produceva un tonfo soffocato, seguito ogni tanto da un disgustoso scricchiolio. Ma probabilmente si trattava di Amadeus intento al proprio pasto.
Ainwen sentì la testa che le diventava improvvisamente leggera, come se fosse sospesa nell’aria. Quel rumore, l’odore del piscio e della paura, parevano sollevarla verso l’alto, suggerirle che sarebbe stato meglio andarsene per un poco e ritornare quando fosse tutto finito. Probabilmente avrebbe seguito di buon grado quel consiglio, se qualcosa non si fosse mosso d’improvviso nel campo visivo della bambola. Poco più di una scheggia d’ombra ma sufficiente a farle fare un passo indietro.
La creatura, forse resa folle dalle numerose ferite che le si aprivano sul corpo, le strappò parte del mantello. I suoi occhi erano iniettati di sangue e di paura. Sapeva che sarebbe morta comunque. Si lanciò in avanti di nuovo, certa di riuscire a colpirla almeno una volta.
Non così presto.
Forse la debolezza l’aveva resa maggiormente prevedibile, ma questa volta all’Oracolo bastò fare un passo di lato per evitare di essere atterrata dalla mole dell’essere demoniaco. Sollevò il braccio che impugnava il coltello, calandolo verso il basso. Aveva mirato alla fronte, là dove la scatola cranica avrebbe dovuto essere più sottile, ma la lama mancò di poco il colpo si conficcò all’altezza della nuca, rimanendo imprigionata. La creatura si divincolava, menava il capo da un lato e dall’altro. Ainwen barcollò, consapevole che se fosse caduta sarebbe comunque finito tutto. La bambola ruotò il capo cercando gli occhi della sua guardia del corpo. Una sensazione di vuoto le si aprì nello stomaco, come se da un momento all’altro stesse per precipitare nel vuoto. Spalancò gli occhi che non potevano vedere, socchiuse la bocca, pronta a gridare la propria paura.
E la massa di pelo ispido e sangue crollò improvvisamente a terra, emettendo un guaito soffocato. Trascinata da quel peso, la ragazza barcollò e dovette puntellarsi con la mano per non cadergli sopra. Quando sollevò il palmo era ricoperto di un sangue scuro e vischioso, il cui odore le fece mancare il fiato.
Goddart era in piedi a meno di un dito da lei, sopra la schiena del lupo, entrambi i suoi coltelli conficcati negli occhi della creatura. Le rivolse un sorriso sghembo, privo di qualsiasi affetto. Nel frattempo anche gli altri si erano avvicinati. Quylan si stava ripulendo il volto con l’orlo dell’elegante manica di seta. Stava per chiedergli se fosse ferito, quando una mano imponente la schiaffeggiò, facendola cadere a terra. La bambola le cadde in grembo, la visuale inclinata sul braccio fremente di Kesser.


Avresti potuto morire, sciocca ragazzina. Lascia combattere chi ne è capace”.


Ainwen si massaggiò la guancia, trattenendo le lacrime. Non avrebbe mostrato debolezza, non davanti a loro. Si rialzò, ignorando le lamentele del suo corpo dolorante. Impugnò saldamente il coltello con la destra e, puntellandosi con il piede, lo estrasse dal corpo del lupo ormai morto. Non alzò più lo sguardo su di loro. C’era ancora tempo per mostrare chi fosse veramente più forte in quella compagnia. Lo avrebbe fatto, alla fine, quando non avesse più avuto bisogno dei loro servigi.
Non così presto.




Perchance to Dream

Cs. 3.[Astuzia] 1.[Intuito]* 1.[Determinazione]
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Medio+ Alto) = 76%
Fisico. Illesa
Mente. Illesa

Armi. Coltello

Compagni.
• Capo 3PP 4PV
• Quylan 2PP 4PV (-1) = 3 PV
• Milyr 2PP 4PV
• Goddart 2PP 4PV
• Bestia 2PP 5PV (-1) = 4 PV



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Abilità Personale difensiva: Una bambola senza nome, una bambola senza volto, uno scrigno per un dono speciale. In essa riposa la visione di un mondo lontano, di un tempo remoto e di ciò che dovrà ancora avvenire. Essa può sprigionare un refolo di volontà e frapporsi tra la sua signora e gli atacchi che le vengono rivolti. Con un consumo Variabile, improvvisamente, dalle sue labbra emergerà la figura eterea di uno spettro del futuro, una vecchia dallo sguardo profondo quanto i secoli, che dispellerà l'attacco avversario. [Tecnica difensiva Variabile - usata a Medio]

Opprimere: ILa tecnica ha natura psionica. In seguito ad un'onda mentale emanata dal caster, tutti i nemici nelle vicinanze verranno indotti a credere di venire schiacciati verso il terreno. A seconda della caratterizzazione potranno semplicemente sentirsi molto pesanti, percepire un notevole aumento della gravità, o venire avvolti da pesanti catene. Tale illusione impedirà a chiunque ne sia colpito di muoversi dalla propria posizione per il singolo turno di cast, e inoltre subiranno un danno basso alla mente per la malia, e basso al corpo per la costrizione fisica.
Consumo di energia: Alto


.Riassunto.



Lo scontro si svolge in questi termini:
- Ainwen para il primo assalto alla gola di una creatura con la difensiva personale a consumo Medio
- Non appena le creature rifiutano di parlamentare, Amadeus si scaglia su di loro (allo stesso tempo queste si scagliano avanti). Il demone è quindi il primo a lanciarsi nella mischia.
- Subito dopo si lancia contro le creature anche il mezzo demone Quylan
- Nel frattempo sia Goddart che Milyr bersagliano le creature con dardi della cerbottana e coltelli da lancio
- Dopo poco Ainwen, sentendosi spinta da Kesser, casta Oprrimere, danneggiando e immobilizzando le creature
- Kesser si fa avanti e finisce le creature immobilizzate insieme agli altri (alcune nel frattempo sono già gravemente ferite o morte)
- La brutalità della scena distrae Ainwen (che rischia di svenire) e si accorge all'ultimo di una creatura che, liberatasi dal giogo psionico, le si sta scagliando contro.
- La creatura carica Ainwen tre volte, ma la ragazza la evita sfruttando la (probabile) differenza di CS. Alla fine cerca di attaccarla, ma riesce a piantarle il coltello nella nuca senza colpire alcun punto vitale.
- La creatura si divincola e probabilmente alle lunghe trascinerebbe Ainwen a terram, vista la maggiore forza fisica, ponendo la ragazza alla propria mercè.
- Interviene Goddart che, da assassino acrobata, salta sulla schiena della creatura impegnata con Ainwen e le pianta entrambi i propri coltelli negli occhi, finendola.

Ho concluso lo scontro abbastanza rapidamente, vista soprattutto la superiorità di Ainwen rispetto alle creature, sia per pericolosità (B contro D), sia per potenza sua e dei suoi compagni.
Come contropartita del fatto che Ainwen non abbia attaccato direttamente (e quindi non abbia subito danni) ho sottratto un PV ad ognuna delle creature che ha lottato in avanguardia. Siccome hanno affrontato un gruppo di nemici solamente in due ritengo probabile abbiano subito un tale danno, quale che fosse la loro superiorità intellettiva e fisica su di essi.

.Altro.



Spero possa andare, scusate il ritardo ^^
 
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view post Posted on 25/9/2014, 23:05
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Sentì il lamento di morte prima ancora di avvicinarsi alle mura della città morta.
Il paesaggio era mutato radicalmente, allontanandosi da Gilth'alas; i ricchi edifici avevano lasciato spazio a vecchi ruderi in macerie, le strade battute erano diventate lunghi corridoi ornati di carcasse di animali morti e del gracchiare degli avvoltoi, ben felici di ottenere un pasto dalla morte. Un po' come gilt'alas, in fondo, che era cresciuta sulla distruzione del precedente agglomerato di persone che prospettava adesso un quadro di distruzione ed abbandono in grado di impressionare anche il Fauno, che aveva visto e conosciuto molto dal Continente. Anche il cielo sembrava voler testimoniare il senso di morte che aleggiava in quel luogo, coperto di scure nubi, quasi a coprire l'unica fonte di luce, come se quel posto dovesse a tutti i costi rimanere in quello stato. In fondo, Tark gliel'aveva spiegato durante il viaggio, Gilth'valar non era altro che un promemoria per le gilde, che avrebbe dovuto impedire l'insorgere di un'altra guerra. Era un monito, il ricordo di ciò che era stato e che avevano distrutto. Eppure, un secolo più tardi, la situazione non era cambiata poi molto. Ancora una volta le gilde di gilth'valar avevano messo da parte la propria coscienza ed il ricordo di ciò che avevano fatto, pur di riacquistare l'antico potere sigillato da quella morte che li invitava ad avvicinarsi e al contempo li esortava a fuggire, rendendo inquieto chiunque osasse anche solo avvicinarvisi. Riusciva a sentirle, quasi, le grida di sofferenza degli antichi abitanti di quel luogo, bruciati ed annientati tutti dalla brama di potere e dall'errato utilizzo di un potere così grande da potersi avvicinare a quello dell'Asgradel, l'artefatto leggendario in grado di esaudire i propri desideri. Allo stesso modo, il Talamith sembrava poter donare a chi lo possedeva la capacità di sovvertire le sorti del mondo intero, a partire da Gilth'alas.
Se quelle rovine erano davvero un monito - continuava a chiedersi il Fauno - perché Tark aveva accettato di così buon grado l'idea di far scoppiare un'altra guerra? I progetti di Pohrrient erano egoistici, personali, quasi disinteressati dalle sorti di quella stupida gara. Lui voleva aiutare Mishtar, semplicemente, voleva portare le bestie ad un livello superiore - il livello che spetta loro, invero. Ma Tark ed i suoi amici? Loro avevano visto o gli era stata raccontata di quella distruzione; avevano perso tanto - se non tutto - a causa della stessa corsa all'oro che stavano cercando di realizzare in quel momento. Hanno perso tutto, si ripeteva tra sé e sé il Fauno, poco prima di attraversare la prima maceria interna alle mura della città, eppure non hanno alcun timore nel ripetere il corso degli eventi. Perché? Perché, Madre?
Ma non vi fu risposta. Come al solito.

Rivolse il proprio sguardo al guerriero cieco che accompagnava i suoi alleati. Anche se non poteva vedere, Poh era abbastanza certo che i loro pensieri erano accomunati da uno spirito ben diverso da quello dei loro compagni. Loro erano nuovi alle dinamiche di quella competizione, loro ne erano stati estranei fino a quel momento. Loro non avevano perso nulla. E chi ha tutto sente di dover osare dove gli altri non riescono a giungere, gli era stato detto, una volta, da uno dei figli del gelo.
Tark fermò l'intero gruppo, guardandosi attorno ed intimando Orn e Stein al silenzio - avevano continuato a litigare per tutto il viaggio. Anche in loro, che avrebbero dovuto rappresentare la purezza, non vi era la minima esitazione nell'idea di distruggere un'altra civiltà per scopi puramente personali ed esclusivi. Avrebbe dovuto farci l'abitudine, il Fauno, senza farsi poi troppe domande. Non avrebbe ottenuto risposta, in fondo, quindi si sarebbe semplicemente tormentato senza riuscire a raggiungere risultato alcuno. Li avrebbe aiutati senza comprenderli del tutto; avrebbe dato loro la casa che era sempre spettata loro. Poi sarebbe andato via, forse, o forse sarebbe rimasto insieme a Mishtar, ricercando la perfezione ed avvicinandosi così alla madre Kjed. Lo avrebbe deciso a tempo debito. In quel momento, riusciva solo a pensare all'ottenimento dell'artefatto. Una voce abbastanza insistente nella sua testa lo forzava a camminare più velocemente degli altri; di tutti, a parte il guerriero cieco, che sembrava mosso dalle stesse intenzioni di Pohrrient.

Il pericolo individuato da Tark uscì allo scoperto, infine, rappresentato da lunghi corpi bianchi coperti da pelli coriacee che riflettevano la poca luce del luogo come uno specchio e fungevano da simil corazze. Erano simili a ragni, con tratti animaleschi e decine di piccole zampe oblunghe estremamente affilate al loro termine. Alcune di loro si scagliarono sul guerriero cieco ed i suoi compagni, altre annusarono il corpo del Fauno, senza però sferrare alcuna offensiva. Che avessero riconosciuto in lui un alleato? Bestia con bestia.
« Lasciateci avanzare. » intimò il Fauno con fare estremamente diplomatico. « Tutti »
Indicando il guerriero cieco ed il suo gruppo, Poh avanzò di un passo in avanti verso la creatura, che ottemperò in un'espressione di disgusto e di fastidio.
« Perchè vorresti permettere a un umano di invadere il nostro territorio? » i versi delle bestie riecheggiavano tra le macerie. « Combatti con noi, da fratello, o cedi il passo. »
Non ci sarebbe riuscito; quelle non erano bestie con le quali trattare.
« Quest'uomo sta aspettando di ricevere la benedizione che lo renderà della nostra.. specie. E' al nostro servizio, al servizio delle bestie.
Non lascerò che voi possiate uccidere un prossimo fratello. Siete voi che dovete cedere il passo ed aiutarci, perché non mi fermerò di fronte a nulla, pur di proteggere un figlio della natura.
»
« Noi, retrocedere? » il corpo di una delle creature sussultò in una risata. « La civiltà ti ha reso stupido e debole, come gli umani cui ti accompagni. Hai fatto la tua scelta: quella sbagliata. »
Senza ulteriore esitazione, due di loro scattarono in direzione di Poh. Non mi lasciate altra scelta. Siete come gli stupidi umani, che reclamano territori senza esserne legittimi proprietari.
Si spostò con un balzo verso la destra, interrompendo Tark, che già si preparava a combattere.
« Non dovete farlo; non vi lascerò combattere contro vostri simili. »
Per quanto queste creature non possano definirsi simili di noi bestie. Sono abomini, piuttosto.
Non lo avrebbero nemmeno visto arrivare, i colpi di artigli li avrebbero sbilanciati per qualche secondo, poi avrebbe attraversato il loro corpo coriaceo con la mano libera, estraendo da uno dei due il cuore ancora pulsante. Vide la vita dei due sparire proprio davanti ai suoi occhi. Alzò l'organo al cielo, per poi stringere la zampa fino a rendere cenere ciò che teneva in vita quegli abomini.

Per te, Madre. Si rese conto di poter comprendere addirittura meglio i piani di sua madre, che non aveva mai visto, piuttosto che quelli dei suoi compagni.
Avrebbero perpetuato nel loro errore, dunque?



Pohrrient
tecnicismi



Capacità Straordinarie: 11 (3 alla Forza, 3 all'Agilità, 2 all'Intuito, 2 alla Saggezza, 1 alla Ferocia)

Energia: 86%
Stato Fisico: Ottimale. {100%}
Stato Mentale: Ottimale. {100%}


Auree di Gelo
passive in uso



1/10 Abilità Personale Natura Fisica; Poh riesce ad avvertire la presenza di altre figure nelle vicinanze grazie al suo olfatto. Conta come un auspex passivo. (Passiva)
2/10 Abilità Personale Gli attacchi fisici di Poh causano metà danno al fisico e metà alla mente. (Passiva)
3/10 Abilità Personale I colpi inferti da danni fisici da parte di Poh infliggono più danni del normale, arrivando il colpo in profondità, fino a raggiungere i muscoli e le ossa. (Passiva)
4/10 Abilità Personale Le tecniche offensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
5/10 Abilità Personale Le tecniche difensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
Passiva primo livello Fattucchiere Le attive del dominio causano anche una malia psionica passiva che si materializza sotto forma di un forte senso di disorientamento. (Passiva)
Passiva secondo livello Fattucchiere Le attive del dominio depotenziano di un CS in più. (Passiva)
Passiva terzo livello Fattucchiere Quando Poh utilizza un'attiva del dominio guadagna 2 CS in Destrezza fino alla fine del turno. (Passiva)
Muoversi al Buio [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di affidarsi, in caso di oscurità o altri ostacoli visivi, all'olfatto e alla vista per orientarsi e per compiere le sue azioni. (Passiva)
Tattiche di Combattimento [Guerriero] Natura Fisica; Poh è in grado di sfruttare il campo di battaglia a proprio vantaggio. Inoltre, egli riuscirà a vincere gli scontri a parità di CS. (Passiva)
Irriducibile [Pergamena Vuota] Natura Fisica; Poh è in grado di combattere fino alla morte, nonostante le ferite e i danni subiti. Non è immune al dolore fisico. (Passiva)
Conoscenza Anatomica [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di individuare il punto debole degli esseri immortali, potendo così fronteggiare qualsiasi creatura.(Passiva)
Passiva Razziale Gli animali selvaggi non saranno ostili nei confronti di Poh, che avrà con loro una vera e propria empatia selvaggia. (Passiva Razziale)
Amuleto Razziale Poh potrà sempre capire se un altro individuo è più o meno forte di lui - in base alla pericolosità -. (Passiva Razziale)
Amuleto del Poliglotta Poh può parlare la Lingua del Nord.
Cristallo del Talento Poh accede al terzo livello del dominio Fattucchiere.


Segni della Madre
attive utilizzate



Autocontrollo [Pergamena Vuota] Natura Psionica; Poh è in grado di schermare la propria mente da eventuali attacchi psionici nemici, rendendo i propri pensieri impenetrabili. (MEDIO)

9/10 Abilità Personale Natura Fisica; Poh può sferrare potenti attacchi fisici la cui potenza varia dipendentemente dal consumo speso. Conta come una variabile di attacco fisica ad Area. (BASSO AD AREA)


Racconti del Passato
riassunto



Descrizioni a parte, tecnicamente ecco quello che succede.
Due dei mostri attaccano Poh, che, dopo essersi difeso dal medio psionico tramite Autocontrollo a consumo Medio, utilizza la propria variabile fisica per colpire ad area i due mostri con l'intento di destabilizzarli (Basso per entrambi), per poi finirli grazie agli artigli della zampa destra.
Procediamo! :v:

 
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The Grim
view post Posted on 25/9/2014, 23:16




Città vuol dire vita, o così aveva sempre immaginato il cartomante. Schiere di case riscaldate dall'agitarsi dei suoi abitanti, locali in cui ferveva ogni genere d'attività dal più umile calzolaio fino alla bottega dell'orefice più invidiato, di giardini colorati e pozzi neri maleodoranti, un'accozzaglia che pareva restare assieme per chissà quale miracolo. Non era come un campo di grano, dove spighe ben ordinate trascorrevano dritte l'intera loro vita in una simmetria perfetta di eguali, anzi vedeva in lei agitarsi anime contrapposte e spesso conflittuali. Una metropoli immersa nel silenzio più totale gli pareva impossibile, un qualcosa di sconcio o addirittura blasfemo, e ad acuirne quella fastidiosa sensazione stava la bellezza di Gilth'valar sotto lo scintillare del sole di mezzogiorno. Lei non assomigliava ad un cumulo di rovine - la carcassa abbandonata di un centro abitato - ma anzi manteneva il contegno e la dignità di una affascinante signora di mezza età, colta prima che la vecchiaia ne deturpasse la bellezza. La combriccola varcò il suo perimetro in silenzio e col capo chino, come al lutto di un estraneo di grande fama, nel tentativo di preservare quell'atmosfera grave che impestava l'aria.

Gilthvalar_zpsbd6f9671

La combriccola però non si aggirava smarrita fra quelle vie, ma anzi seguiva un percorso ben definito, senza tentennamenti di fronte all'ennesimo incrocio simile ai precedenti, con Elijah e Alear alla guida di tutto. Stavano dietro soltanto a Jakita, che avanzava come un toro guardando dietro ogni angolo, lo sguardo di ferro che fissava ogni ombra o angolo scuro come per dissolverlo; tanto feroce che pure gli insetti s'immobilizzavano. I suoi movimenti erano rapidi e precisi, ma rigidissimi, separati l'uno dall'altro come in una sequenza di scatti, in una maniera così poco fluida da parere meccanica. Nonostante la sua andatura spedita le loro due guide le stavano alle calcagna senza alcun timore, scambiandosi cenni d'approvazione e incalzavano gli altri rimasti indietro a non batter la fiacca che se ce la faceva un vecchio come Snow figurarsi gli altri che erano di tanto più giovani. Randall, che era stato velocemente stroncato dalla bionda, si era messo ad assillare Jace con domande impertinenti e racconti sconvenienti, durante i quali amava soffermarsi sui dettagli più osceni con una faccia da lupo famelico; lo stregone si aspettava tutto ma non di esser ritornato fra adolescenti. Ed il cecchino pareva in qualche maniera indugiare quel un comportamento frivolo, tanto che al cartomante venne il sospetto che la gerarchia dei Lizz'eth l'avesse mandato in missione più per vederlo ammazzato che per le sue capacità. Fu sul punto di allontanarlo con una scusa, che fu l'altro a defilarsi: stavano per salire una ripida scalinata in cui non si poteva che procedere in fila indiana ed il tiratore preferiva star dietro a qualcuno di cui poteva ammirare il fondoschiena che a quel ragazzo barbosamente timido. Finita la salita si trovarono in un viale importante, o che aveva l'aria di esser tale, e non perché straordinariamente pulito o maestoso ma perché ai suoi lati correvano paralleli due filari di statue che si ergevano a custodirne i margini, incombendo sui passanti che indugiavano al loro fianco. Non vi erano tra loro fanciulli vivaci o puttini dispettosi, né amanti deliziosi, ma solo soldati di pietra che tenevano dritte le lunghe sarisse e fieramente dritto il loro elmo a punta, fisso su chi passava come a valutarne la minaccia. Il tempo era stato meno clemente con loro che col resto della città, e molti stavano senza testa o con le braccia spezzati, alcuni distrutti per metà altri erosi dal tempo e dall'incuria; pochissimi mantenevano la loro tempra originale.

« Antichi manufatti Lizz'eth »
La voce del vecchio era forte, come sempre, ma stavolta Jace notò qualcosa di più, una punta d'orgoglio la colorava rendendola per la prima volta, meno fredda

« Animati dalla magia e dalla tecnologia...
una volta si attivavano nelle situazioni di pericolo per proteggere i nostri alleati, ma ormai saranno tutte fuori uso.
»

E come se le sentinelle stessero attendendo quelle parole, due presero a muoversi, con la roccia che tremava scossa da chissà quale moto interno, mentre un manto azzurro prese a uscire dalle crepe della pietra, avvolgendole e forse dando loro nuova energia.

« Non dovrebbero comportarsi così!
C'è qualcosa che non va.
»

In un attimo le lance s'abbassarono, puntando verso gli intrusi con fare minacciosa, un balenare blu che danzava sulla punta di pietra. Non vista, una terza che stava proprio accanto allo stregone, fece saettare la punta della sua arma dritta alla candida gola dell'uomo, per terminare così il primo di quei razziatori.
Z18bS

La lancia era vicina, troppo perché lo stregone potesse buttarsi di lato e schivarla e non c'era niente a frapporsi tra quella e la sua giugulare; l'avrebbe trafitta e sarebbe morto dissanguato. Il suo occhio cadde per caso sull'anello a forma di serpente che portava alla mano mancina, e gli occhi suoi e quelli dell'animale si incontrarono per un lungo istante. C'era un'offerta allettante che sembrava proporgli, una possibilità di salvezza ad un prezzo più che adeguato. Un bagliore cremisi illuminò le iridi del rettile e una forza antica spostò la lancia, facendola scivolare a pochi centimetri dalla carne di Jace; tanto quanto bastava perché il suo collo ne uscisse illese e nemmeno un pollice in più. Mille sonagli presero a risuonare nel suo cranio, ed il sibilare di un serpente che pareva avvinghiarsi dietro il suo orecchio; quasi a prendersi in giro di lui parlando in una lingua al lui sconosciuta. Poi sentì il rombo di un tuono che squarciava il cielo, però come se fosse caduto proprio ad un passo dal drappello; subito dopo l'elmo della statua era sbriciolata in mille pezzi. Le orecchie del cartomante fischiavano ma era certo che Randall dietro di sé stesse dicendo qualcosa di eccezionalmente arrogante e vanesio mentre poggiava una mano sulla sua spalla. Jakita stava lottando a mani nude con uno dei due rimanenti centurioni di roccia, bloccandogli i polsi in maniera che quella non potesse minacciare nessuno, il cartografo si era ritirato dietro ad un cumulo di macerie, tenendo stretto a sé il loro piccolo costrutto. Elijah ancora paonazzo in viso aprì il palmo davanti la bocca e soffiò verso l'altro costrutto ed un fiotto di neve si materializzò davanti a lui ma quello spruzzo ghiacciato non parve fermare la statua che continuò ad avanzare verso lui e Alecca che stava cercando nella sua grossa borsa un qualcosa di adatto alla situazione.

« Ragazzino, attento!
Quella cosa si muove ancora!
»

Jace come per istinto si buttò di lato, e con una capriola passò sotto il pugno del costrutto che continuava a muoversi anche senza testa, sprizzando magia da ogni poro. Randall stava ricaricando l'arma, inserendo un proiettile grande quanto una noce, che pareva a malapena capace di entrare nel suo lungo fucile senza intopparlo.

" Snow!
Avete un comando per fermare queste cose?
Le avete create voi Lizz'eth, deve esserci qualcosa, chessò un punto debole come le giunture o qualche pulsante per spegnerle.
"

« Sono conoscenze andate perse nel tempo...
ma qualcosa deve averle danneggiate, l'aura che le anima non dovrebbe avere quel colore, almeno credo. Randall?
»
« Forse si può fare un tentativo con quella là, sembra in condizioni migliori delle altre »
« Fate presto però, che non so quanto riuscirò a trattenere questo. I miei moduli rinforzati non valgono mezza tacca di questi guardiani »
« Datemi solo un altro secondo. »

Le mani dell vecchio mago si mossero rapide, descrivendo in aria dei sigilli, poi tra le mani gli apparve un cuneo metallico che scagliò proprio al centro della testa della statua. Ma l'incantesimo non fece esplodere il cranio del soldato, ma parve svanire nella roccia lasciandosi dietro delle increspature come farebbe un sassolino che cade in un lago. Intanto Jakita cadde a terra, ingannata da una finta della statua non aveva notato l'allungarsi della sua gamba di roccia in una spazzata, che la fece inciampare lasciandola letteralmente col sedere per terra. Il suo avversario alzò la lancia, finalmente libera di muoversi e la scagliò con un gesto preciso e rigido tra i due occhi neri della ragazza, avvampandola di una vivace fiamma d'energia azzurra. L'arma non raggiunse mai il suo obbiettivo, una sarissa di pietra identica a lei la colpì di sponda mentre era ad un braccio dal volto di Jakita. Un soldato di pietra, adesso screziato completamente di un rosso acceso, si gettò sull'altra ed i due presero a colpirsi con foga a mani nude, smembrandosi vicendevolmente.

Jace nel frattempo si era ripreso, ed aveva ricoperto la sua frusta di magia grezza, solidificandola per tutta la sua lunghezza in cristalli azzurri e taglienti. L'arma saettò con uno schiocco all'altezza del ginocchio della statua, attorno al quale si avvinghio fino a ridurlo in polvere, lasciando così il costrutto privo di uno dei sue due punti d'appoggio. La sentinella si esibì in una strana danza, nel vano tentativo di mettersi in piedi e proseguire ancora la lotta, risultando al contempo buffa e pietosa. Randall, si avvicinò alla stessa ridendo, prendendo la mira con calma a peno di un paio di passi dal guardiano animato; con una espressione di odioso sberleffo dipinta sul viso. Quando il dito lasciò il grilletto, con l'ultimo sprizzo di energia residua, fedele alla comanda impartitagli chissà quanto tempo prima, ultima e disperata, la statua afferrò il suo braccio destro e lo staccò di netto, mentre una cascata di scintille si liberava dal fianco; poi lo prese e lo lancio col pugno chiuso verso la testa del cecchino. Lo sguardo di pura sorpresa sul suo volto cancellò quella crudeltà fanciullesca, in maniera patetica ma soddisfacente; e forse l'avrebbe fatto definitivamente. Ma Alecca, che per tutta la battaglia si era tenuta in disparte, decise che era giunto il momento di far qualcosa. Avrebbe lasciato più che volentieri che quel borioso farfallone crepasse, così da non dover più temere l'allungarsi delle sue manacce sul suo corpo e il suo fastidioso dilungarsi su ogni sua mossa e forma. La missione tuttavia aveva un'importanza primaria, e l'uomo poteva ancora giocare un qualche ruolo nel suo svolgersi; aveva una buona mira e un'ottima arma dopotutto. Con un gesto usò le sue doti telecinetiche per sbattere al suo Randall, così che il braccio passasse sopra la sua testa senza nemmeno colpirlo. Non fece nulla invece per rallentare la sua caduta né per renderla più agevole. Non si sarebbe fatto male, se non forse nell'orgoglio, visto che per la sua spavalderia stava per farsi ammazzare e solo l'intervento di quelle che lui chiamava graziose cosette, gli aveva permesso di vivere.



specchietto

CS:5 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1
Critico 26 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5

Stato Fisico: Illeso,
Stato Psicologico: Danno medio alla psiche,
Energia Jace: 100 - 0 - 10 = 90 %
Energia PNG: 50 - 10 = 40 %
Passive in Uso:


° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Ogni volta che un avversario usa una tecnica magica guadagna 2 CS in Intuito per quel turno,
° Le tecniche offensive ad area di Jace hanno potenza pari al consumo,
° Una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto;


Riassunto Azioni:


  • Jace usa Il prezzo della vita per difendersi dall'offensiva della statua;

  • Randall fa esplodere la testa della stessa con un colpo del suo fucile, Jakita blocca la seconda mentre ELijah prova a congelare quella venata di rosso (tutte azioni del calibro di attacchi fisici);

  • Dopo un breve dialogo Elijah lancia un incantesimo (Chiavistello elettrofuso), nel mentre Jakita viene sbattuta a terra dalla statua che utilizza la tecnica Colpo Basso;

  • La seconda statua usa Colpo Duro per finire Jakita ma viene bloccata dalla statua venata di rosso che devia il colpo usando la sua stessa lancia, poi le due prendono a combattersi praticamente a morte. L'incantesimo usato da Elijah Snow ha riparato i suoi difetti e ripristinato la funzione base della statua: proteggere i Lizz'eth - o quelli che considera tali;

  • Jace usa Mana spianto e ricopre la sua arma di un'aura magica, poi stringe la frusta attorno al ginocchio destro della statua che sta fronteggiando, distruggendolo e facendola cadere a terra;

  • Randall si avvicina per finire l'ultima statua con un colpo di fucile e questa un'ultima disperata aggressione staccandosi un arto e lanciandolo a tuta forza verso la testa dell'uomo;

  • Alecca salva l'uomo usando i suoi poteri telecinetici, lo fa così cadere a terra senza però danneggiarlo - se non nell'orgoglio (Azione fisica non tecnica).



Attive usate:

CITAZIONE
Il prezzo della vita: [Tecnica magica, potenza Media mediante autodanno Medio alla mente: il portatore riuscirà a sfuggire alla situazione critica in cui si trova, sfruttando la fortuna sfacciata che l'anello gli fornisce momentaneamente. Conta come una difesa media.Consumo di energia: Nullo]

Colpo basso:
La tecnica ha natura fisica. Tramite l'uso delle proprie gambe, di un arma, o di un qualunque strumento adatto allo scopo, il caster colpirà le gambe del proprio avversario infliggendo un danno Basso al fisico e facendolo cadere a terra, ponendosi quindi in vantaggio per una qualunque azione successiva.
Consumo di energia: Basso

Chiavistello Elettrofuso:
La tecnica ha natura magica. Il caster forte della propria affinità con la tecnologia, e della conoscenza dei metalli in generale, potrà rendere di nuovo utilizzabile una parte del suo equipaggiamento in precedenza danneggiata. La tecnica, avente natura magica, può essere personalizzata sia con effetti scenici particolarmente spettacolari, quali la rigenerazione dell'oggetto. In tutti i casi gli effetti, il consumo e la natura della tecnica non potranno essere alterati.
Consumo di energia: Medio

Colpo duro:
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di eseguire una singola azione offensiva più pericolosa della norma. L'azione in questione potrà essere personalizzata con differenti stili o modalità di esecuzione, ma in ogni caso consisterà in uno ed un solo attacco - sia esso a mani nude o portato con un'arma bianca. La tecnica dura infatti solo il tempo necessario a portare a termine il colpo successivo al momento in cui è stata attivata. Andrà considerata come tecnica fisica di potenza Media e fronteggiata in quanto tale.
Consumo di energia: Medio

Mana spinato: Una stregoneria considerata poco raffinata, che consiste nel trasformare la propria aura magica in una manifestazione fisica in maniera brutale solidificandola attorno ad un'arma oppure attorno a una parte del corpo dell'incantatore. Jace può così infondere la sua aura per creare un rivestimento elementale di cristalli di ghiaccio molto affilati e appuntiti dalle venature azzurre che usa attorcigliare attorno ad un suo braccio oppure attorno alla sua frusta. Chi verrà colpito subirà un danno Alto di natura magica, tuttavia a causa dell'instabilità dell'incantesimo essa sarà considerata una tecnica di potenza Bassa, pur dovendo consumare una quantità di energia Media. [Pergamena Fusione Elementale]

Schianto telecinetico:
La tecnica ha natura Magica. Il mago scaglia una scarica telecinetica verso un oggetto o verso il proprio avversario, allo scopo di scagliarli o di attirarli verso di sé. La tecnica infligge danni da impatto o da contatto con l'oggetto scagliato. A seconda delle situazione è possibile utilizzare questa tecnica anche con una valenza offensiva o difensiva. Consumo di energia: Basso

Note: Non ho considerato nessuna delle azioni contro i png di entità tale da danneggiarli.
DOUCH! Avevo scordato di riassumere il combattimento, ora dovrebbe essere tutto corretto.




Edited by The Grim - 26/9/2014, 00:40
 
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view post Posted on 26/9/2014, 02:37
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Օրն դավաճ ~ Days of Betrayal ~ Գերակայ

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Capitolo I: Supremazia

Atto IV
Turno 1


(Vahram [pensato, lingua aramana], Bahriye, Capitano Drunn, Azmiye Karrady, Lamatriste, Tatà.)


Gilth'alas, Alacrisia ~ Mattina, Ithil, piazza di Egiliath.

«Perché lo hai fatto?» Vahram guardò sottecchi Manos, ancora nel suo abito bianco.

«Un patto decente necessita di un’abbondante dose di retorica.» Rispose sbrigativamente, camminando a passi svelte per le viottole della città alta. «Sopratutto con un alleato... difficile come gli Orahn.»

L’aramano scosse la testa. «No no, non intendevo questo. Ti sto chiedendo perché mi hai aiutato.»

«Ero riluttante, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Alla fin fine devo ammettere che non è stata un’idea così malvagia. A quanto pare non avevi tutti i torti.» La tunica bianca cominciò a mutare, parve disciogliersi. Come inchiostro nero nell’acqua limpida, il buio inondò quel candore, inghiottendolo, insudiciandolo, in pochi istanti l’oscuro mantello di Manos si rimaterializzò dal nulla, fondendo nuovamente l’assassino con le timide ombre del mattino. «E poi oramai non c’è più tempo.» Proseguì. «Giudicheremo più avanti se quei maghi sognatori saranno degni compagni.»
Si fermarono in una minuscola piazza deserta in mezzo ai palazzi svettanti. Manos si avvicinò a una parete apparentemente spoglia e vi passò sopra il palmo con un gesto ieratico. Un glifo arcano si rivelò, allora il sicario pronunciò la parola d’ordine.

«نشان می دهد پیچ و خم»


Una delle lastre di marmo rosato della pavimentazione si abbassò con un tonfo e iniziò a scorrere rumorosamente di lato rivelando un passaggio segreto.

«Avanti, entra.» Lo esortò Manos. «È una piccola scorciatoia. Gli altri ci stanno aspettando fuori dalle mura. E tu è meglio se vai a cambiarti alla svelta.»

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Gilth'alas, Alacrisia ~ Mattina, fuori dalle mura.

Dopo aver attraversato una labirintica serie di tunnel e incroci, il passaggio sbucò in un’angusta e profonda gola invasa da una selvaggia vegetazione e percorsa da un torrente limpido e impetuoso, subito fuori dalle mura di Gilth’alas. Davanti ai due sicari languiva sul fondo della stretta valle la carcassa in rovina di un vecchio mulino, abbandonato forse da secoli. Emergeva a stento ormai dai cespugli e i rampicanti, i quali lo avevano ormai crepato e consumato fin quasi alle fondamenta.

«...come ti dicevo, è questo il problema. È sempre più raro trovare qualcuno col fegato di prendersi seriamente le proprie responsabilità. Poi non c’è da stupirsi se chiamano sempre me. Per carità, non mi lamento. Però, insomma... non è giusto.»
Una voce femminile minuta e squillante dall’aria seccata provenne dall’interno dei ruderi, apparentemente immersa in un dialogo con un ignoto interlocutore.

«Donne?» Vahram d’istinto si arrestò appena fuori dalla soglia, con gli occhi stralunati. «Nessuno mi aveva avvertito che ci sarebbero state donne nella squadra.» Sussurrò a Manos, quasi di getto.

L’assassino lo guardò con aria interrogativa. «La cosa ti disturba? Dico davvero, non ti facevo così sessista.» Cadenzò con tono sorpreso, quasi deluso.

L’aramano scosse la testa. «No, no! Non lo sono affatto. Non è per questo. Il fatto è che...» Distolse lo sguardo, tradendo un’espressione nervosa. «Aaah...! Lasciamo perdere.» Rispose infine seccamente, e avanzò oltre la porta.

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L’interno del mulino era ammantato da un’ombra vellutata, fenduta dai raggi aurati del primo sole che illuminavano spettrali le cataste disordinate di rottami, mobilia marcita e attrezzi da mugnaio sparsi sul pavimento sventrato. L’odore pizzicante di muschio umido mischiato a legno vecchio impregnava le narici. Appena gli assassini varcarono l’ingresso, ogni discussione in corso all’interno della stanza tacque all’istante. Due ragazze in abiti da viaggio li fissavano sedute sul bordo della piattaforma di una macina – ormai divelta da secoli. La prima, a sinistra, era una fanciulletta dai capelli biondi, due occhioni azzurri e la corporatura minuta, talmente minuta che in un primo momento Vahram quasi la confuse per una bambina; con tutta probabilità la voce che si udiva dall’esterno era la sua, per l’appunto la ragazza era rimasta come pietrificata nella postura in cui l’avevano sorpresa: protesa verso la sua compare con una mano mezza alzata, come nell’atto di convincere qualcuno delle proprie argomentazioni. L’altra, a destra, all’opposto era dotata di un fisico imponente, capelli rossi come il sangue e sguardo acuminato quanto il coltello di un bucaniere; dava l’impressione di non essere alquanto interessata al discorso dell’amica, essendo concentrata piuttosto a lucidare minuziosamente con un panno una lunga balestra dall’aspetto sorprendentemente massiccio e sofisticato, munita di tre ordini d’archi in metallo e manovella doppia.

«Buongiorno...» Salutò perplessa la biondina, mentre l’altra si limitava a guardare in modo sospetto il volto dello straniero.

«Scusate l’attesa.» Esordì Manos, poi tornò a rivolgersi a Vahram. «Non lasciarti ingannare dalle apparenze. Ho scelto per la nostra missione solo il meglio.» Tese la mano verso la donna con la balestra, indicandola con un gesto enfatico. «Lei è Azmiye Karrady. È entrata a far parte della gilda da poco tempo, ma vanta un’impareggiabile curricolo di cacciatrice di reperti e tesori perduti. È la nostra esperta in questo campo.»

Azmiye salutò Al Patchouli con un cenno della testa, senza distogliere lo sguardo, come per trasmettere una velata intimidazione.

«Mi sono permesso di inserire nella squadra anche una guida e un demolitore, possono tornare sempre utili. Inoltre quest’ultimo per pura coincidenza è anche un appassionato di racconti locali, così potrai tartassarlo quanto vuoi in merito alle “voci e leggende” di cui avevi fatto richiesta.» Proseguì Manos, poi si rivolse verso la ragazzina. «Per tutto il resto c’è Tatà.»
La ragazza piccola rispose con un teatrale sorriso lusingato.
«Se c’è una persona di cui non puoi fare a meno durante operazioni che necessitano una specifica accuratezza, quella è Tatà. Non sarà un’eccellente guerriera, ma ti posso assicurare che è una delle migliori infiltratrici che gli Ashand si possono permettere.»

Vahram annuì impressionato. «Oh, capisco...» Si guardò introno. «E il sabotatore e la guida dove sono? Io non li vedo.»

Si udì un tonfo. Da un tavolo di legno ribaltato provenne un grugnito assonnato.
«Chi c’è laggiù?» Da dietro spuntò una faccia butterata incorniciata da una barba rossa sgradevolmente folta e irsuta e rattoppata da una benda nera che copriva l’occhio sinistro. Il nano cercò strisciando di sollevarsi seduto, alzò un palmo sulla fronte riparandosi dal sole accecante e passo lo sguardo abbacinato per tutta la stanza cercando di capire chi fosse entrato. Appena scorse Al Patchouli, strabuzzò gli occhi, mezzo addormentato. «Per le sette maree... chi diamine è quel fesso?» Scrutò meglio nell’ombra, riconoscendo anche Manos. Ebbe un sussulto. «Capo! Scusa, non ti avevo visto.» Palesemente non padrone delle proprie facoltà mentali e motorie, tentò brontolando e barcollando di alzarsi in piedi, facendo tintinnare i numerosi bracciali, anelli e orecchini che adornavano il suo corpo.
Vahram guardò straniato Manos. «Qu-Quello è il demolitore?!» Sussurrò, cercando di non farsi sentire dagli altri. «Uno stupido nano ubriaco?»

«Ehi! Come ti permetti, bifolco! Guarda che ti ho sentito.» Berciò il pirata biascicando le parole, sbattendosi via la polvere dai pantaloni a righe bianche e rosse corallo. «Non sono ubriaco! Ehm... volevo dire... Non sono nano! Anzi, no... era l’altra.» Incrociò gli occhi come se cercasse di strizzare meglio le meningi. «Sì, insomma... hai capito.»

«Ti presento il nostro Capitano Drunn.» Spiegò Manos, sogghignando. «Non scandalizzarti, è sempre in questo stato, ma ti assicuro che l’alcol non inficia minimamente la sua competenza. Anzi... per certe mansioni, il rum si rivela un eccellente dispensatore di audacia...»

«Puoi giurarci!» Commentò Drunn, avanzando verso il capannello con una smargiassa andatura a gambe divaricate: una via di mezzo tra quella di un guappo di strada e un marinaio che cerca di mantenersi in equilibrio sul ponte di una nave. «Tu invece devi essere Al Patchouli. Girano diverse dicerie su di te; parecchie non molto carine. Me l’avevano detto però che eri un orso tignoso, uno di quelli che si credono i dottori dell’arte del saccheggio.» Scoccò a Vahram un’occhiata beffarda, poi si rivolse a Manos. «Ebbene, capo? Perché ci avete chiamati?»

Manos non rispose, ma si limitò a lanciare uno sguardo eloquente all’aramano, come per invitarlo a spiegare al suo posto.

Il cavaliere fece un passo avanti e prese un lungo respiro. «Ve lo dirò io il perché, aperes. Ma innanzitutto vorrei chiarire un paio di cose: il vostro capo, Mordred, ci ha assegnato un incarico rischioso quanto importante. Io non sono qui per vomitarvi addosso ordini o per sfogare su di voi le mie frustrazioni. No! Siamo tutti nella stessa barca. Siete sati convocati perché la vostra collaborazione è fondamentale, e io sarò volentieri a vostra disposizione.»

Fece una pausa, prima di comunicare quelle fatidiche direttive.
«Si va a Gilth’valar. Il nostro compito è individuare e recuperare il noto artefatto conosciuto come Talamith.»

L’atmosfera nella stanza si gelò. Per alcuni secondi solo lo scrosciare del ruscello riempì quel silenzio pesante quanto una montagna, quanto una terribile condanna.

«I-Io credo di aver sbagliato mulino...»



Tutti gli occhi si spostarono sull’elfo avvolto in un mantello color mirto che era entrato nel preciso istante in cui quelle parole furono pronunciate. I suoi occhi erano di un verde smorto, la pelle olivastra e i capelli unti e neri. Una deturpante cicatrice – da ustione probabilmente – risaltava sgradevole sulla sua guancia sinistra.

«Scusa, Manos, ma proprio non posso.» Proseguì con una voce uggiosa apparentemente calma, ma che a un orecchio accorto tradiva una certa inquietudine. «Umar mi ha detto che c’è un tizio con un carico che deve superare il passo di Rodah, non potevo non accettare.» Fece il giro dei presenti con lo sguardo, accingendosi a congedarsi. «Salutate Gilth’valar anche da parte mia.» E si voltò per uscire.

«Tahlhar!» Ringhiò il maestro assassino, chiamando Lamatriste col suo vero nome. L’elfo si pietrificò sul posto. «Non ti ho chiamato per farmi un piacere. Varca quella porta e ti assicuro che ci saranno conseguenze molto peggiori... di ciò che ti aspetta a alla Vergogna. Non puoi tirarti indietro. Nessuno può tirarsi indietro.»

L’elfo esitò, si voltò verso i suoi compagni nella sala, come in un estremo tentativo di elemosinare una loro obiezione, o una qualche lamentela. Tutti però distolsero lo sguardo, senza dire una parola in difesa: come si aspettava, nessuno era tanto folle da mettersi contro la parola di Manos.

Sospirò, scuotendo la testa. «E va bene... In fondo tutti dobbiamo pur morire prima o poi.» E andò a sedersi vicino alle due ragazze.

«Bene. Molto bene.»
Manos passò altero in rassegna la sua squadra.
«Direi che ci siamo tutti.»


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Gilth'valar, Alacrisia.

Uno spettrale velo di bruma ammantava il macilento profilo di Gilth’valar, come per nascondere gli ignominiosi e orribili eventi dimenticati che si erano consumati in quei luoghi. Nessuno fiatava, tutti camminavano in allerta, con le orecchie tese. Di fatto il timore e la tensione erano talmente alti che i membri della squadra avevano ragione di temere anche i sassi, o gli arbusti secchi che trapuntavano le strade sconnesse. Lamatriste davanti, con l’arco in mano, Manos e Al Patchouli subito dietro, ai lati Azmiye con la sua arbalesta in pugno e Tatà con la sua grossa borsa di attrezzi alla cintura e Drunn, il più carico, in coda, appesantito dal basto infagottato in tela di sacco che portava sulle spalle. L’atmosfera che si respirava era alquanto strana, Vahram non avrebbe saputo descriverla; sapeva solamente che in quel posto era come se non riuscisse a mantenere la proverbiale calma che aveva costruito la sua fama. Si sentiva vulnerabile, ansioso, e guardando gli occhi degli altri membri della squadra si poteva evincere che provassero le stesse identiche sensazioni.
Erano entrati nella città morta da appena una ventina di minuti, quando il gruppo si trovò davanti a un’ampia piazza, al cui centro si ergeva quel che rimaneva di una statua raffigurante una seducente donna avvolta da un velo in mezzo a una fontana. Al centro del suo petto, una gemma cremisi grande quanto un pugno splendeva di luce arcana. A quella vista, gli occhi di Manos subito si accesero, come fiammeggianti di innaturale avidità. Anticipò gli altri: con la sua disumana rapidità balzò sulla fontana e in men che non si dica disincastonò la pietra dalla sua sede. La tenne nel palmo, ammirandone i riverberanti luccicori all’interno della sua forma perfetta. E fu in quel momento che accadde.
Non appena l’assassino toccò la gemma, un sentimento inspiegabile, una pulsione irrefrenabile prese Vahram. Pensieri che normalmente mai avrebbero lambito il suo cervello emersero dirompenti, sussurrandogli cupidi disegni ai danni degli Ashand; ai suoi occhi divennero feccia infida, ingordi egoisti. E quella gemma... più di ogni altra cosa, la desiderava tutta per sé.
Riconobbe però quelle sensazioni ingannevoli: le aveva già affrontate, lo avevano addestrato a contrastarle. Malie, maledizioni... Ebbe ancora il senno di realizzare che la compagnia era in pericolo, e che lui stesso era la minaccia.
Strinse i denti e strizzò gli occhi, prodigandosi in un immane sforzo per tentare di contrastare quell’incantesimo:. Sentiva il pressante comando martellargli in testa: uccidere Manos, avere il tesoro, sterminare i rimanenti intrusi fra i piedi. S’incurvò, cercando di resistere il più possibile. Gridò in un ultimo disperato tentativo di avvertire gli altri.

«Gettala! GETTALA VIA!» Intimò a Manos. «Non guardatela! La pietra è maledetta. Qui tutto è maledetto!» Ammonì gli altri in un ultimo guizzo di lucidità. «Fermatemi! Legatemi! O faccio uno scempio!»

La sua mano impugnò saldamente la lancia, la sua bocca si storse in un sorriso storto e folle.

«Dammela... DAMMELA, BASTARDO! QUELLA È MIAAA!!»


Ruggì privo della ragione, gettandosi contro il maestro assassino. Ma non arrivò a compiere più di un paio di passi. Una corda sferzante attaccata a due pesi gli intrappolò le gambe, facendolo barcollare. Subito dopo, tra grida e intimidazioni, sentì il peso massiccio del nano schiantarsi addosso alla sua schiena; altre mani lo ghermirono, lo disarmarono, lo immobilizzarono, un cazzotto lo colpì in faccia.

«Che cazzo aspetti?! Legalo, presto!»
Strepitò la voce mascolina di Azmiye.


Manos restò a guardare la scena con un’espressione tra il sorpreso e il divertito, poi guardò mestamente il cristallo che aveva appena ottenuto. Un velo di tenebra gli inglobò la mano, non appena svanì, pochi istanti dopo, la gemma era in frantumi.

«Ah... peccato.»
Sospirò, con un lieve sorriso.




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~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Verde
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tenacia


Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Danno Basso):
Contusione alla guancia des. (Bassa).

Mente (Danno Medio):
Danno mentale (Medio).

Energie: 100-10= 90%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: In mano
Spada: Infoderata
Ferro: Infoderato
Arco (15): Infoderato
Pistola (5): Infoderata

Armature: Mantello, brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~


[ Volontà di ferro II ~ Attiva di talento Stratega (Difesa psionica) ~ Consumo Medio] Difficilmente Vahram si lascia ingannare da allucinazioni ed effetti mentali. Anni di allenamento lo hanno reso capace di contrastare attacchi psionici anche di considerevole potenza.
(nessuna)


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Scusate se non inserisco i dati dei png subito, ma ormai è tardissimo, li inserirò la prossima volta... :(
Notifico un refuso nel post precedente, nel titolo della prima parte "Gilth'alas, Alacrisia ~ Ora del crepuscolo, Castello di Mordred, capo degli Ashand.": sarebbe "Mattina" e non "Ora del crepuscolo", ma ormai chissene.

Per quanto riguarda questo post, ho inserito la scena dell'incontro con i png.

A Gilth'valar agisco come ho esposto in confronto: quando vengo attaccato dalla malia Alta, uso l'attiva di Talento a consumo Medio per difendermi parzialmente (subisco un medio psionico) e mi affido ai png per trattenermi dall'uccidere Manos, subendo un Basso fisico come da istruzioni del qm.
Termino il post legato. Aggiungerò i dialoghi successivi all'ostacolo della fontana nel prossimo post.

PS: Ho barrato la mia difesa passiva psionica, dato che qui non funziona.
 
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