Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Days of Betrayal - Supremazia, Capitolo I

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view post Posted on 4/10/2014, 12:26
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Like a paper airplane


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Dobbiamo sbrigarci”.


Erano state le ultime parole di Amadeus, prima di afferrarla per il polso con la propria mano da scimmia. Il suo pelo candido, ancora sporco di sangue, era ritto. Come se riuscisse a percepire qualcosa che a loro sfuggiva. Le sue narici si dilatavano e si stringevano impazienti, con la lingua si inumidiva le zanne. Al suo fianco, una alla destra e una alla sinistra, le due bestie che lo avevano eletto a proprio signore. Si tenevano qualche passo indietro, il capo chino e gli occhi fissi sul terreno.
Erano davvero una compagnia strana a vedersi. Ainwen cercava di stare al passo con loro, riempiendo le ampie falcate dei mercenari con i propri passi ravvicinati. Ogni tanto doveva fermarsi a prendere fiato, ma sempre per poco, perché non se ne accorgessero. Non voleva apparire di nuovo debole, impacciata. Voleva che riconoscessero la sua forza. Mentre si muoveva tendeva le orecchie e la bambola ruotava il capo incessantemente. I loro nemici non dovevano essere troppo lontani. Quello verso cui si stavano dirigendo era un luogo importante quanto misterioso e di certo non dovevano essere stati i soli a puntarlo. Al suo fianco, Kesser allungava di tanto in tanto un braccio, come se volesse proteggerla da qualcosa che non c’era.
Fino a quando non intravidero l’osservatorio diroccato. Tutti i loro occhi si levarono verso quello che ne restava. Goddart e i due lupi arretrarono di qualche passo, emettendo piagnucolii sommessi. Milyr si fece avanti, una mano tesa e l’altra al petto, quasi dovesse sostenere il peso del proprio cuore.


Dunque è vero…


Nella sua voce si mescolavano stupore e rispetto reverenziale. Come se quel luogo fosse la loro meta, il santuario a cui erano destinati. Gli occhi della bambola erano fissi su quelle pietre, sul segreto che racchiudevano. Ma lentamente si spostarono di lato, verso il gruppo che era giunto insieme a loro. Il corpo dell’Oracolo si irrigidì, mentre arretrava di qualche passo. Kesser si fece avanti, come la prima volta, facendole scudo con il proprio corpo. Si accorse di aver incominciato a tremare. Forse avrebbero dovuto combattere, forse sarebbe stata schiacciata lì, da quell’individuo ammantato che non conosceva e dalle sue creature. Non voleva lottare di nuovo, non quando aveva ancora il fiato corto. Già i suoi compagni si stavano facendo avanti, pronti a calare gli artigli in un nuovo avversario.
Quando la consapevolezza la invase, o forse li invase tutti quanti. Levò il capo verso l’alto, ma la certezza che l’aveva chiamata non veniva dal cielo plumbeo. Veniva da dentro di lei eppure da fuori, e le suggeriva dove si trovassero esattamente i loro avversari.
Così vicini.
Ai confini del luogo in cui si trovavano. Se solo avessero voluto, avrebbero potuto intervenire e spazzarli via. I Samoq, i soldati che non conoscevano la ritirata, i nemici di fronte ai quali i suoi non sarebbero mai fuggiti. Poggiò la propria mano sul polso nerboruto del guerriero davanti a lei. Si aspettava che lui facesse resistenza, che la ricacciasse indietro colpendola ancora. E invece lui si spostò di lato senza fiatare e così fecero tutti gli altri, facendole ala. Come se una malia li avesse posseduti, o come se anche loro avessero visto e sentissero il fiato tiepido della morte sul collo.
Verranno a prenderci.
Avanzò piano, sperando che nessuno decidesse di attaccarla, le mani strette al corpicino della bambola e il corpo percorso da un tremito incessante. Perfino la voce risuonò incerta quando iniziò a parlare.


Forse l’onore ci imporrebbe di combattere”.


Via via il suo tono si faceva più duro, più sicuro. Aggrottò la fronte, spingendosi più avanti, isolata rispetto ai propri compagni. A dimostrare che non aveva alcun timore di fronteggiare quei nemici anche da sola.


Ma vogliamo davvero lasciare che i corvi Samoq e Yldir banchettino su ciò che resterà di noi?


Ruotò il capo di scatto, fissando lo sguardo cieco verso l’aura di Kesser. Sapeva che l’uomo avrebbe protestato, che avrebbe impugnato la sua arma e si sarebbe fatto giustizia. E non poteva permetterglielo, non in quel momento. Le labbra strette in una smorfia perentoria, si concesse un ampio respiro.


Oppure preferiamo rimandare la resa dei conti a quando saremo rimasti solamente noi?


La bambola fissava ancora gli sconosciuti, attenta a percepire anche la minima variazione nei loro movimenti, anche il più piccolo proposito di attaccare. Era la loro unica possibilità di salvarsi e arrivare fino infondo, altrimenti chiunque fosse sopravvissuto sarebbe stato sopraffatto dalla carica nemica.


"Io di onore e cose simili non mi intendo molto, però i miei colleghi qui han parecchi conti in sospeso con quegli Yldir. Ed i Serywar hanno degli affari da risolvere coi Samoq. Aspettare che loro ci piglino uno ad uno è parecchio stupido, separati saremmo solo una loro preda. Non sarebbe meglio sbaragliarli al più presto?"


Si irrigidì. Sentiva alle proprie spalle gli sguardi dei suoi, carichi della stessa famelica aspettativa che animava il suo interlocutore. Sapeva che avrebbero accettato ben volentieri la guerra, che avrebbero sacrificato le loro stupide vite in nome di un massacro uguale da tutti gli altri. E che tra loro sarebbe morta anche lei, se le forze avversarie fossero state schiaccianti. Si mordicchiò il labbro inferiore, mentre le sue guance avvampavano di un vivido colore rossastro.
Ho paura.
Non l’avrebbe ammesso mai davanti ai loro nemici.


Se combattiamo ora, altri raggiungeranno la meta prima di noi. Piuttosto muovetevi insieme a noi, e al momento giusto saremo noi i cacciatori”.


Sorrise, rilassandosi un poco. Il respiro di Amadeus, dietro di lei, era improvvisamente accelerato. Era approvazione, era la consapevolezza di quello che sarebbe potuto avvenire se avesse atteso poche ore. Sapeva ciò che stavano provando tutti i servi del caos: il gusto della paura, l’adrenalina di essere in posizione di vantaggio. Non erano che bestie tenute a stento alla catena. E lei era la domatrice, prigioniera tra le sbarre della gabbia senza poter fuggire. Avrebbe vinto o l’avrebbero sbranata e con le sue parole non aveva fatto altro che ritardare di un poco l’inevitabile.
Sospirò e cercò di sorridere nel modo più amichevole possibile ai suoi futuri alleati.





Perchance to Dream

Cs. 3.[Astuzia] 1.[Intuito]* 1.[Determinazione]
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Medio+ Alto) = 76%
Fisico. Illesa
Mente. Illesa

Armi. Coltello

Compagni.
• Capo 3PP 4PV
• Quylan 2PP 4PV (-1) = 3 PV
• Milyr 2PP 4PV
• Goddart 2PP 4PV
• Amadeus 2PP 5PV (-1) = 4 PV
• Lupo 1PP 1PV
• Lupo 1PP 1PV



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


//

.Riassunto.



//

.Altro.


L'epilogo di questa mortale situazione sarà nel post di grimmy *_*/
 
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The Grim
view post Posted on 4/10/2014, 22:46




Poteva andare peggio. Questo pensiero aleggiava nella mente del gruppo, che a fine battaglia si scopriva malconcio ma fortunatamente illeso; niente morti né ferite, solo un po' di sporco e molta fifa. Poi una delle statue si rialzò, ammaccata ma ancora mortalmente pericolosa, e Jace sentì il respiro venirgli a mancare per un'istante; solo Snow rimase impassibile a quell'apparizione. E faceva bene a non spaventarsi poiché l'aura vermiglia che circondava il soldato lo identificava immediatamente come il costrutto riparato poc'anzi. S'immobilizzò attendendo un comando, senza alcuna esitazione od un cenno che lo tradisse, perfettamente ubbidente, meglio di qualsiasi soldato fosse passato davanti al cartomante. Passò una densa manciata di secondi, intrisa del più religioso silenzio, in cui nessun umano pareva respirare, poi Elijah fece un cenno studiato, e disse alla creazione di seguirli, e quella eseguì, con solida deferenza e fredda accettazione.

ɲ Ɏ ɳ

« Finalmente l'Osservatorio,
ahimè in condizioni ben peggiori di quanto immaginassi.
»

La zona effettivamente riversava in condizioni peggiori del resto della città, del fu edificio non rimanevano che le fondamenta, un pavimento metallico frutto dell'ingegno di un artigiano straordinario il cui lavoro doveva essere stato sublime. In piedi non rimaneva che un pilastro, che dritto così pareva più un monumento funebre, testimonianza silente di tanta devastazione. Erano arrivati lassù su suggerimento della loro mappa vivente, che raccontava di come da quel luogo si potesse conoscere ogni anfratto della metropoli, un ottima postazione dalla quale scoprire le mosse e i piani dei loro avversari. Jace s'era immaginato un qualche promontorio dalla cui cima osservare le strade e scrutarne i movimenti, invece quel piazzale era più una qualche struttura divinatoria, satura della magia che impregnava Gilth'valar. I loro piedi si posarono sulla rotonda, e un brillare rosso prese a divampare su di essa, attivando qualche strana stregoneria latente. Il loro sguardo abbandonò il cielo e come un uccello che sorvolava la città, essi videro ogni cosa benché dalla distanza furono pochi i particolari distinguibili. Le cose più nitide erano i gruppi di avventurieri che brulicavano fra gli edifici di Gilth'valar, di cui il cartomante riuscì a capire sa le insegne che la posizione; ma ebbe come la sensazione che pure gli altri riuscissero a vederli. La cosa più preoccupante non era che Samoq e Yldir marciavano assieme a poca distanza, ma che un gruppo dalla reputazione tremenda come i Serywar fosse a pochi passi da loro. I Liz'zeth si squadrarono preoccupati, una mole enorme di battagli li attendeva, troppi avversari perché loro ne uscissero non illesi, ma vivi; erano tre volte il loro numero e forse di più. Quei latori di caos si mossero verso di loro, avvicinandosi come un branco di iene ad un banchetto di carogne avanzate.

" Non abbiamo che un'alternativa...

trattare un'alleanza.
"


Z18bS

Fu così che i due gruppi si accordarono, non senza qualche difficoltà. Né gli uni né gli altri si scrutavano con fiducia ed anzi c'era una diffidenza reciproca che in un'altra occasione li avrebbe portato allo scontro. Ma la sopravvivenza, più della vittoria, era un qualcosa che li accomunava, così come un odio maggiore che si riversava nei confronti di Samoq e Yldir. Con quelli non vi sarebbe stata alcuna trattativa e Jace ne era stato avvertito fin dal principio. Non sapeva se esser sollevato dal crearsi di un'instabile alleanza e sopratutto di uno scontro più grande, di certo era stranito dal quel gruppo eterogeneo. Aveva già visto demoni e bestie simili, quel che non riusciva a spiegarsi era perché si accompagnassero ad una donna simile, che pareva un fuscello; un vero e proprio peso da portarsi appresso. Chissà quale mistero si celava dietro la sua presenza, sperava che non sarebbe stato per lui un'amara sorpresa.




specchietto

CS:5 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1
Critico 26 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5

Stato Fisico: Illeso,
Stato Psicologico: Danno medio alla psiche,
Energia Jace: 90 %
Energia Jace: 40 %
Passive in Uso:


° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Ogni volta che un avversario usa una tecnica magica guadagna 2 CS in Intuito per quel turno,
° Le tecniche offensive ad area di Jace hanno potenza pari al consumo,
° Una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto;



Note: Postato all'ultimo secondo ma ce l'ho fatta. Non penso ci sia nulla che devo aggiungere rispetto a ciò che ha già detto Anna.




Edited by The Grim - 5/10/2014, 00:03
 
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view post Posted on 4/10/2014, 22:50
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Cardine
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Stavano procedendo verso il centro di Gilth'valar già da qualche decina di minuti quando Taliesin si bloccò, e gli Orahn lo superarono di qualche passo prima di fermarsi. Si voltarono, perplessi, e Marven fu sul punto di domandare al bardo cosa non andasse. Quello però agì con prontezza, portando un dito davanti alla bocca e zittendo il gruppo. Rimase in ascolto per qualche altro istante, e poi cominciò a far segno ai suoi compagni di nascondersi.
   I sette entrarono prontamente nelle rovine di una grossa casa, su un lato della strada. Probabilmente, dopo essere stati salvati dal bardo, si erano decisi a fidarsi di lui, e a considerarlo in un modo diverso, migliore Si stiparono rapidamente nell'unico angolo dove il muro stava ancora in piedi ed era abbastanza alto da coprire tutti quanti. Il vagabondo si ritrovò appiccicato ai due Divoraincubi, e la sensazione che provò non era affatto piacevole. Due, sì, poiché il secondo era uscito dallo specchio proprio quando Taliesin aveva finito di curare le ferite del suo simile: gli Orahn si erano preparati per spazzarlo via in un colpo, ma questo si era subito dimostrato sottomesso e volenteroso a seguirli. Marven, che sembrava in grado di parlare con loro, aveva rassicurato gli altri e confermato le sue buone intenzioni. Dopo qualche sospetto iniziale, ogni dubbio che il Divoraincubi fosse lì per attaccarli svanì. Ora però entrambe le creature guardavano il menestrello con insistenza e inespressività, da dietro le orbite vuote di quel loro volto che pareva quasi una maschera. Bastava essere al centro della loro attenzione perché Taliesin si sentisse addosso un'ansia viscida, della quale non poteva liberarsi facilmente. Cercò quindi di ignorarli e di concentrarsi su quanto aveva appena udito: i passi - per quanto leggeri e cauti - di un gruppo di persone.
   Era necessario avanzare con cautela, e proprio per questo motivo Taliesin fece segno agli Orahn di rimanere immobili mentre lui esaminava lo scorcio della strada, riflesso in un piccolo specchio che il vagabondo, tra le altre cianfrusaglie, era solito portarsi dietro. Fece attenzione a non farsi individuare, specchiando nel modo sbagliato la luce del sole.
   Attesero in silenzio che il bardo dicesse qualcosa.
   Ma quando Taliesin, in un gesto assai teatrale ma altrettanto sgradito, scavalcò il muro e piombò sulla strada senza dire niente a nessuno, gli Orahn ebbero per un attimo il cuore in gola. Dalla loro posizione potevano vedere soltanto il bardo, che aprì le braccia in direzione di qualcosa o qualcuno e ghignò. Erano tutti sbalorditi da quel comportamento così inspiegabile, tutti ad eccezione di Caleb: Taliesin non se ne accorse, ma lo sguardo del mentalista era cupo e serio. Nei suoi occhi altrimenti miti vi era persino una barlume d'ira.
   «Al Patchouli, giusto?» chiese Taliesin con voce decisa, rivolgendosi agli Ashand che procedevano sulla via. Lo avrebbero udito forte e chiaro, nonostante la distanza considerevole. Gli Orahn, una volta intuito chi stava arrivando, tirarono un sospiro di sollievo.
   I membri della gilda, uno dopo l'altro, uscirono allo scoperto e si disposero a ventaglio sulla strada. I due Divoraincubi svolazzavano ai lati, osservando gli sconosciuti con il loro sguardo vacuo. Caleb intanto si avvicinò a Taliesin, fissandolo con severità.
   «Non mettere più a rischio tutti quanti, intesi?» domandò. Il bardo incrociò il suo sguardo rispondendo alla durezza con l'arroganza; parve aver intenzione di rispondergli - probabilmente avrebbe tirato fuori un argomento simile a "senza di me sareste spacciati" o cose simili - ma poi se ne rimase zitto, e ricominciò a fissare Vahram e i suoi chi si avvicinavano.

Le due gilde, in quei preziosi istanti di tregua, avanzarono insieme. Era stata una vera fortuna incontrarsi, considerando che avrebbero potuto incrociare qualsiasi altro nemico. Era parso ovvio a entrambi gli schieramenti che avanzare uno a fianco all'altro era la soluzione migliore, almeno per quel primo pezzo di strada. Ogni rumore tra le rovine, che si erano rivelate colme di pericoli imprevedibili, pareva provenire da qualche minaccia incombente. Insieme avrebbero potuto fronteggiarle meglio, fino al punto in cui le loro strade non si sarebbero - di nuovo - divise.
   Ma la minaccia colpì proprio quando nessuno se lo aspettava. Fu un lampo azzurro a scquarciare il cielo, e a inghiottire la città. Prima che Taliesin potesse rendersene conto, la notte piombò su di lui.

Si ritrovò sotto uno splendido cielo stellato e senza luna. Era in mezzo a una grande e bella piazza, e ci mise un po' ad accorgersi che sembrava la stessa in cui si trovava fino a pochi istanti prima. Le macerie sopra le quali era costretto a camminare avevano lasciato posto a un perfetto lastricato di pietra, e gli edifici che si affacciavano sulla piazza erano di nuovo integri e si slanciavano verso la volta celeste seguendo linee eleganti. Anche l'aria che si respirava era totalmente diversa: meno polversa, più tersa e carica di tensione. Di paura.
La stessa negli occhi degli Orahn che comparvero, uno a uno, e che correvano attorno a lui, in preda alla disperazione. Il sorriso sghembro cucito sulle loro tuniche pareva alquanto fuoriluogo, in un momento del genere. Correvano veso le mura esterne della città; gli passavano accanto urtandolo, come se lui non esistesse.

Ci fu un sonoro crepitio nell'aria, come d'elettricità che si sprigiona all'improvviso e prende la forma di un fulmine, e accanto a lui un Orahn in fuga scomparve in un varco simile a quelli che il vagabondo aveva ammirato il giorno prima, nella biblioteca. L'uomo stava fuggendo da qualcosa, che probabilmente però gli aveva appena teso un imboscata al di là del varco. Nemmeno un istante dopo che era scomparso all'interno della fenditura, egli venne trascinato fuori di essa da un essere volante dai tratti mostruosi.
Un Divoraincubi.
Taliesin rimase zitto e impotente, assistendo alla fine dell'Orahn: la creatura lo aveva agguantato con i piedi artigliati, trattenendolo e portandolo in alto con vigorosi battiti delle ampie ali. Intanto le sue mani, eteree, parevano frugare nel cranio del malcapitato che, pur dimenandosi con tutte le sue forze, non sfuggì al suo fato. Il mostro parve aver finito di cercare.

Lo lasciò cadere, di punto in bianco.

E quando la schiena si spezzò, colpendo il suolo di pietra, l'uomo emise un unico rantolo che a Taliesin però parve un lamento di vero e proprio piacere.
Si accorse solo a quel punto che i Divoraincubi avevano cominciato a sciamare dall'alto e che, silenziosi come la Morte stessa, avevano oscurato il cielo stellato. Planavano sopra gli umani, sfiorandoli con i loro delicati artigli e rubando sogni, incubi e coscienza, lasciando dietro solo la follia.
Urla e lamenti disumani si mischiarono, mentre Taliesin cercava un luogo dove ripararsi. Non che ne avesse bisogno: le creature parevano ignorarlo deliberatamente.

Il bardo era incredulo. Come poteva spiegarsi una cosa del genere? Fino a un minuto prima era accanto a Vahram in una città praticamente deserta, non certo in mezzo a una carneficina in una piazza di Gilth'alas. O Gilth'valar? Non che fosse una spiegazione razionale, ma quella poteva davvero essere la Città Morta del passato. Dopo aver visto uno specchio vomitare copie di coloro che lo toccavano, non si sarebbe sorpreso a trovarsi dentro una visione.
Peccato che quella non avesse nulla di simile a una visione.
Gli Orahn morivano davvero, attorno a lui. Poteva udirli esalare l'ultimo respiro, e poteva anche sentire il crepitio dei Divoraincubi quando entravano negli squarci. L'unico suono che si permettevano di emettere, in quella macabra danza dove dispensavano solo follia e morte.
Non erano quelli i Divoraincubi che aveva conosciuto. Gli uomini che avevano conosciuto parevano andare d'accordo con quelle creature; di certo non le temevano.

Taliesin si risvegliò dai suoi pensieri con Fabula già sfoderata, mentre attorno a lui le creature mietevano ancora numerose vittime. C'era qualcosa che lo spingeva a combattere, nonostante fosse una battaglia persa in partenza. Ma non poteva starsene lì con le mani in mano, che si trattasse di realtà o finzione.
Il bardo cominciò a vibrare colpi a destra e a manca, tranciando le ali degli esseri e sfuggendo alle loro sortite tramite stratagemmi e finte. Ma per quanto egli fosse astuto nell'ingannarli e nel colpirli, per ogni Divoraincubi caduto, altri due prendevano il suo posto. Sciamavano da una parte all'altra in un silenzio surreale, dove l'unico rumore diverso dai lamenti di follia era quello della battaglia di Taliesin.

Una battaglia che presto terminò, lasciando spazio a un tranquillo banchetto dove non fu versata nemmeno una goccia di sangue. Uno spettacolo surreale, a cui il musico assistette esausto ed impotente.

Nessuno era sopravvissuto a quel vortice di orrore.
Nemmeno Taliesin, in un certo senso.




Condizioni generali
Stato fisico - 14/16
• danno medio al fianco destro
Stato mentale - 14/16
• emicrania di entità media
CS - 6 (2 intelligenza, 1 astuzia, 2 destrezza, 1 determinazione)
Energia - 75/100

Equipaggiamento
Itinerante, artefatto/arma difensiva, mantello di panno rinforzato.
Fabula, arma bianca, acciaio, 48 cm di lama, 15 cm di impugnatura.
Pistola ad avancarica, arma da fuoco piccola, cinque colpi per giocata. (4/5)
Pugnale celato, arma bianca, acciaio, 15 cm di lama, legata all'avambraccio sx.
Vene di Pietra, artefatto/set di armi da lancio, materiale sconosciuto, venti unità per giocata.
Liuto di Luke Mannersworth, oggetto generico, strumento musicale.
Il Flauto di Cenere, artefatto/oggetto generico, strumento musicale.
Amuleto dell'auspex, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo magico, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo furtivo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Cristallo del talento, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Diamante, oggetto dell'erboristeria (due unità), conferisce un potere passivo.
Biglia fumogena, oggetto dell'erboristeria, un uso per giocata.
Erba rigenerante, oggetto dell'erboristeria, funziona come una cura dell'equipaggiamento.
Erba rinvigorente, oggetto dell'erboristeria, rigenera il 5% della riserva energetica. (utilizzato)
Miscela logorante, oggetto dell'erboristeria, applicabile a un'arma per danneggiare l'Energià nemica del 5% a turno, per due turni di gioco.
Corallo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un CS ai riflessi e un CS alla concentrazione per due turni di gioco. (utilizzato)
Rubino, oggetto dell'erboristeria, conferisce due CS al vigore e due CS all'agilità per un solo turno di gioco.

Poteri passivi
Audacia, passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% delle energie.
Amuleto dell'auspex, auspex passivo basato sull'udito.
Tomo magico, accesso alle pergamene della classe Mago.
Tomo furtivo, accesso alle pergamene della classe Ladro.
Cristallo del talento, accesso al livello successivo del Talento.
Diamanti, 2 CS aggiuntive in Destrezza (due unità).
Illusionista, passiva di primo livello, le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate.
Illusionista, passiva di secondo livello, possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento.
Illusionista, passiva di terzo livello, fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche l'aspetto del caster può essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione.
Mente Impenetrabile, pergamena comune, classe mentalista. Difesa psionica passiva.
Seconda abilità personale, aura psionica passiva di fascino.
Quinta abilità personale, utilizzo della polvere in combattimento per avantaggiarsi infastidendo gli avversari.
Sesta abilità personale, cure di potenza pari al consumo.
Itinerante, "Nessuno farà domande a chi si nasconde allo sguardo della gente", passiva: qualora lo desiderasse, il mantello potrà celare sotto di esso le aure, proteggendole da auspex passivi.
Vene di Pietra, il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edhel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena.
Il Flauto di Cenere, razza selezionata: umana; razza scartata: progenie dei demoni. La razza selezionata subirà danni aggiuntivi dalle tecniche dell'artefatto, come specificato in esse; quella scartata sarà immune ai poteri del flauto.

Personaggi non giocanti
Energia - 45/50
Caleb, 2 pp / 3 pv
Layla, 2 pp / 2 pv
Marven, 2 pp / 2 pv
Rekla, 2 pp / 3 pv
Divoraincubi, 1 pp / 3 pv
Divoraincubi (aggiuntivo), 1 pp / 2 pv

Riassunto
Ho dedicato un trafiletto dello specchietto ai png, cosa che avrei voluto fare prima se ne avessi auvto il tempo. Il post si spiega da sé, credo. Tutto è concordato con Orto, ovviamente.
Nella visione Taliesin prova a reagire, ma semplicemente non ci riesce. Viene ignorato dai Divoraincubi, che si nutrono delle coscienze di tutti gli Orahn, uno dopo l'altro. Ne sconfigge alcuni, ma sono troppi per lui. Esausto, si arrende davanti alla sua impotenza.

Edit: dopo il via libera di Savior ho leggermente modificato il modo con cui il mio pg si rivolge a quello di Orto.


Edited by Hole. - 5/10/2014, 17:02
 
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view post Posted on 4/10/2014, 22:56
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Օրն դավաճ ~ Days of Betrayal ~ Գերակայ

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Capitolo I: Supremazia

Atto V
Turno 2


(Vahram [pensato, lingua aramana], Bahriye, Capitano Drunn, Azmiye Karrady, Lamatriste, Tatà, altri.)





Gilth'valar, Alacrisia ~ Ora del giorno e posizione imprecisate.

«Scusa, ti assicuro che l'ho fatto in buona fede.» Scherzò Azmiye mantenendo la sua solita faccia tosta, indicando il livido rossastro stampato sulla guancia di Vahram che Tatà stava cercando, contro la volontà dell'aramano, di tamponare con un batuffolo di cotone imbevuto di rum.
«Insomma! Vuoi lasciarti medicare sì o no?» Lo rimproverò la ragazzina, mentre lottava contro le braccia del guerriero per raggiungere il livido sulla sua faccia.
«N-Non ce n'è bisogno, non è niente!» Rispose Vahram, spintonando via Tatà quanto più delicatamente gli riusciva, in quel momento più disturbato dalla temuta vicinanza di una femmina — sebbene in miniatura — che dall'ansia per ciò che era appena accaduto. Quando finalmente Tatà si arrese, buttando il batuffolo per terra borbottando offesa al suo paziente di arrangiarsi, il guerriero trasse un sospiro, coprendosi la faccia con le mani.
Una vampata di angoscia improvvisamente lo investì. Inspiegabile, improvvisa. I mamūluk non potevano provare paura. Né accidia, amore, invidia, gola o superbia. Erano guerrieri perfetti, macchine da combattimento senza alcuna morale o desiderio personale. Tutti i difetti gli schiavisti Sulimani glieli avevano sradicati a suon di torture, umiliazioni e spietati addestramenti. Un mamūluk non conosceva nemmeno l'avidità... Eppure in quell'istante, davanti a quel cristallo scarlatto, aveva sentito pulsare nelle arterie quell'umana bramosia, un sentimento a lui alieno e al contempo così apparentemente intenso e naturale. Vahram aveva passato i suoi anni da uomo libero alla ricerca del significato della parola "umanità", ciò che il Sulimanato aveva sottratto alla sua vita, rendendolo un mostro; anelava comprendere cosa significasse provare emozioni. E in quel momento lo aveva sperimentato di persona: per un vivido frangente, al posto della gelida bestia che era solita animarlo, riconobbe dentro di sé uno schiavo — o un reietto — alla mercé degli istinti più bassi che un mortale possa provare. D'un tratto si era sentito realmente vivo, tremendamente vulnerabile. Si era sentito un verme.

Alzò lo sguardo verso i suoi compagni. Lungo il viale dissestato e ricoperto di rovine, erano seduti tutti in terra, uno lontano dall'altro, con gli occhi bassi e un'espressione nervosa. Nessuno diceva una parola, solo Azmiye e Tatà non riuscivano a restare inoperose: una revisionando più e più volte l'arbalesta, l'altra controllando in apprensione le sue attrezzature nella borsa; ammazzavano l'ansia così, tenendosi occupate. Manos si era arroccato sopra un terrazzo diroccato, defilato da tutti. Scandagliava con lo sguardo il paesaggio spettrale, impenetrabile nei suoi pensieri. Che l'umiliazione di essere stato il primo a cadere nella trappola mortale della fontana lo avesse turbato? Oppure qualcos'altro lo preoccupava? Ciò che traspariva però dagli occhi di tutti era l'insostenibile consapevolezza che ciò che era accaduto allo straniero sarebbe potuto accadere ugualmente a loro. E se fosse successo davvero, sarebbe andata diversamente? Lo straniero era forte, esperto, ma loro? Sarebbero riusciti a spuntarla allo stesso modo?

Vahram batté i grandi palmi sulle ginocchia, raccolse la sua lancia e si alzò. «Questa volta non è successo, nulla. Ma credo non sia necessario ricordarvi che non siamo in un campo giochi.» Fece una pausa. «Questa città vuole ucciderci, i suoi spettri espellerci come parassiti. Non siamo a Gilth'valar per saccheggiare o per darci alle gozzoviglie: qui ogni tesoro potrebbe essere un'esca, ogni tentazione una trappola. Ai vostri occhi potrò sembrare uno straniero che non sa nulla di voi Ashand. Lo sono, non mi faccio problemi ad ammetterlo, ma sono in questa merda al pari di voi, e Al Patchouli prende con serietà gli incarichi che riceve, fino in fondo... Mi auguro che li prendiate con altrettanta serietà anche voi.» Indicò a uno a uno i suoi compagni. «Perché ognuno di voi sarà indispensabile per la riuscita di questa missione.»

Azmiye alzò prontamente la mano, fermando Vahram. «Mi permetto di dissentire su quest'ultimo punto. Un sicario della tua esperienza dovrebbe saperlo: in una squadra che si rispetti, nessuno dovrebbe essere indispensabile, né insostituibile. E questo dovrebbe valere soprattutto per te, come per noi.»
Tatà allungò la testa verso l'avventuriera. «Psst... Intendeva dire che saremo indispensabili tutti quanti insieme»

«Ne avete ancora per molto?» Manos balzò giù dalle rovine, apparendo improvvisamente alle spalle di Vahram. «Il Talamith non ci aspetta.»

Il guerriero si voltò verso l'assassino e rispose con un cenno di assenso, poi tornò a rivolgersi alla cacciatrice di tesori per finire il suo discorso. «E io ci tengo a dire che sono abituato a lavorare da solo.» E tornò dal capo della squadra.
«Qualche consiglio sulla direzione da prendere?» Lo interpellò Manos.
Vahram si fermò a pensare, mentre gli altri raccoglievano le loro cose preparandosi a muoversi. Scrutò i dintorni, guardò la cima di una torre in rovina, ponderando se fosse un'idea saggia osservare la città dal lassù... ma poi ricordò che possedeva qualcosa che forse sarebbe stato utile al caso. Trasse fuori dalla borsa uno specchietto d'argento. Lo accarezzò dolcemente, come se fosse una piccola creatura bisognosa di attenzioni.

«Wúshēng Yǎn... mostrami.»


Improvvisamente i suoi occhi ebbero un leggero fulgore. Si guardò intorno, puntò una direzione e fece come per aguzzare la vista.
«C'è qualcuno da quella parte. Un gruppo numeroso circa quanto il nostro.»

Il volto di Manos si fece subito cupo. «Qualche canaglia ci ha superati...» Si voltò verso gli altri e iniziò a sbraitare ordini. «Gente, in marcia! Via via via! Non c'è un secondo da perdere!»

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Un uomo improvvisamente sbarrò loro la strada. Subito, senza aspettare alcun ordine tutti si affrettarono trafelati ad approntare le proprie armi, pronti a contrastare una probabile minaccia. Ma immediatamente Manos alzò con una tempestiva aggressività la mano aperta per fermarli prima che commettessero un madornale errore.
L'assassino sorrise e avanzò verso di loro, seguito dagli altri. Vahram riconobbe l'enigmatico menestrello che accompagnava gli Orahn, il quale lo salutò, riconoscendolo. Anche la bizzarra e inquietante squadra dei tessitori di sogni ben presto si palesò: fortunatamente le aure che stavano seguendo erano le loro e non quelle di un potenziale nemico... o peggio.
«Ehi! Guardate un po' chi c'è.» Il maestro assassino salutò con teatrale giovialità Caleb, appena lo scorse.
Dopo essersi scambiati convenevoli pieni di perplessità e sospetto, lo strano assembramento di alleati giunse alla decisione che in quel luogo maledetto conveniva unire le forze... almeno per il momento. Proseguirono quindi insieme, tra le arenarie e i marmi erosi e decadenti della Città Morta. Viaggiando rapidi e leggeri raggiunsero infine un'ampia piazza. A Vahram, come probabilmente anche a tutti gli altri, parve stranamente famigliare. Assomigliava in molti aspetti alla piazza di Egiliath, nella città nuova. Improvvisamente una luce blu proruppe misteriosamente da una fonte imprecisata, inondando ogni cosa. Quando Vahram riaprì gli occhi, tutto intorno a lui era cambiato.

~~~O~~~O~~~O~~~


Urla di terrore, esortazioni, odore di rifiuti e acqua stagnante e il tocco dell'aria umida pervasero all'improvviso i sensi del guerriero. Ci mise qualche secondo a realizzare che non si trovava più nella piazza. Riconobbe quei cunicoli labirintici di fogne, avevano diverse analogie con il Labirinto d'Ombra. Riconobbe dalle vesti alcuni membri della gilda Ashand, ma non aveva mai visto i loro volti prima d'ora. Incitavano i loro compagni a correre con voce rotta dalla stanchezza e dal terrore. Sembravano fuggire da qualcosa.
Vahram non capì, subito sospettò un'illusione, o un altro maleficio, non era nemmeno facile comprendere quando si trovasse, se nel passato nel presente... o in una visione del futuro. Ma quando il gruppo lo raggiunse, travolgendolo e spintonandolo violentemente a terra nella foga della corsa, tutto il realismo di quella scena gli piombò addosso.
«Che fai, pazzo! Scappa!» Un uomo nerboruto dalla pelle scura e i capelli riccioli, vestito con stivali a punta, e farsetto rosso scuro spuntò dalla ressa di persone e si fermò ad aiutarlo. Lo tirò su di peso, prima che la folla lo calpestasse a morte. Il guerriero, spaesato, non seppe che altro fare se non mettersi a correre pure lui.
«Ma che... Cos... Ma cosa diavolo sta succedendo?!» Domandò al suo Salvatore, trafelato.

«Il Talamith! Sia maledetto! È la fine!»
Biascicò stravolto l'uomo.


Vahram si guardò alle spalle, e spalancò gli occhi per l'orrore appena vide ciò che stava accadendo. Una gigantesca ombra avanzava rapidissima inghiottendo nell'oscurità tutto ciò che incontrava, spegnendo al proprio interno ogni fonte di luce e le grida straziate degli Ashand.

Fu solo un breve sogno. Un breve e terrificante sogno: silenziosa come il nulla, veloce come un soffio, li raggiunse in pochi attimi. E poi fu l'oblio. Un po' come quando ci si risveglia da un incubo dopo aver sognato di cadere da un precipizio.

Il Talamith... Non sapeva nulla su di esso, ma una inspiegabile reminiscenza gli diede il terribile sospetto che quelle immagini provenissero da un passato lontano, dimenticato. Era come se un'entità misteriosa cercasse di mostrargli qualcosa. Di fargli capire qualcosa, come se Vahram dovesse sapere le conseguenze di ciò che stava andando a cercare.

Di avvertirlo che i nuovi capi avevano dimenticato.
Che i bambini che sedevano tuttora sui troni delle Gilde
non sapevano a cosa stessero andando incontro.
Che quell'artefatto era dispensatore di calamità.

Che era accaduto una volta,
e che sarebbe accaduto ancora.



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~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Verde
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tenacia


Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Danno Basso):
Contusione alla guancia des. (Bassa).

Mente (Danno Medio):
Danno mentale (Medio).

Energie: 90-10=80%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: In mano
Spada: Infoderata
Ferro: Infoderato
Arco (15): Infoderato
Pistola (5): Infoderata

Armature: Mantello, brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~



[ Percepire vita (Pergamena Ladro Esplorazione) ~ Consumo Medio] La tecnica ha natura magica. Al pari di molti spettri, Giselle è in grado di percepire dal piano etereo il calore delle aure dei viventi o l’energia sprigionata creature animate al pari di fuochi nel mezzo della notte. Allo scopo di individuare e inseguire intrusi e obiettivi e tenere sotto il proprio controllo il proprio dominio, può estendere i propri sensi oltre ogni limite umano. Essendo il suo spirito in simbiosi con Vahram, ella può condividere con lui questa capacità. La sua percezione potrà procedere fino a chilometri di distanza, potendo agguantare l'aura di individui nascosti in regioni inconcepibilmente lontane. La tecnica consiste in un auspex passivo dispiegato in un area incredibilmente vasta. Le applicazioni di questo potere sono innumerevoli, e trovano utilità specialmente nel corso di missioni complesse, di individuazione o inseguimento. Questa capacità permane per due turni.
(nessuna)


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Perdonate la qualità, ribadisco che sto postando dal tablet.
Dunque, non c'è molto da dire, se non che prima di partire ho usato Percepire vita per vedere se c'era vita nelle caselle adiacenti, rispettando i limiti imposti dai qm nei confronti di questa tecnica. Ho individuato un gruppo di persone di numero più o meno pari al nostro e le ho inseguite, scoprendo che si trattava del gruppo Orahn.
Mi sono messo d'accordo con Hole: ci incontriamo direttamente alla casella di arrivo, come si può evincere dal testo.
Il post si conclude con la visione.

Dimentico qualcosa? Ah, sì. Saluti da Jesolo! o(^▽^)o

EDIT: dato che nessuno ha ancora postato dopo di me, questa mattina ne ho approfittato per correggere alcuni refusi e ripetizioni. Scusate, ma ieri sera non ho avuto il tempo per revisionare bene il testo. Non ho cambiato nulla di che, comunque.
EDIT 2: ringrazio i qm per averci dato la possibilità di riparare all'incomprensione tra me e Hole. Ho editato un poco la parte dell'incontro. Scusate ancora per l'inconveniente.


Edited by Orto33 - 5/10/2014, 21:06
 
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Caccia92
view post Posted on 5/10/2014, 14:31






La città morta era veramente morta. Non un alito di vento spirava tra le rovine dell'antica capitale della regione, non un fruscio si insinuava nel silenzio glaciale. Il freddo e l'umido ristagnavano per le strade, dimezzando le energie di tutti quanti. Era difficile respirare in quell'ambiente malsano e ricco di sedimenti chimici. Ancora si percepiva nell'aria il riflesso di un passato fatto di macchinari in funzione, mercati affollati e laboratori di chissà quale genere. Una vecchia Gilth'alas, costruita da spettri e fantasmi perlopiù dimenticati. Era così naturale, così istintivo, scordare le immagini di una vita trascorsa. Eppure, quando l'occasione si presentava o il destino chiamava, quella stessa vita riaffiorava per tormentare le creature che l'avevano vissuta. Era accaduto per Yamoto, accadeva per le gilde di Gilth'alas. Uomini inquieti che potevano avvertire il ritorno degli incubi.
« Tu, Yamoto, da dove vieni? Come mai hai deciso di unirti ai Samoq? »
Dean voleva parlare, come suo solito. Non aveva una risposta a quelle domande, specialmente alla prima. La sua mente si rifiutava di rimembrare l'adolescenza, gli amici, la patria; nemmeno sua madre e suo padre avevano posto nel limbo che si era generato all'improvviso. Camminò per diversi minuti senza proferire parola, cercando un suono, una voce, un'emozione per descrivere il suo passato. Non trovò nulla, così si limitò a scuotere la testa. Dean lanciò un'occhiata al resto del gruppo - l'aveva fatto, ne era certo - e il resto del gruppo non replicò. Anche se lavoravano insieme, il loro legame si fermava al semplice svolgimento della missione. Niente contatto, niente amicizia. Ed era un peccato, perché era sempre uguale. Guerrieri anonimi, una causa anonima, un futuro incerto. Ma lui era fatto a quella maniera, privato dello stimolo di associazione e comunità. Chissà quali segreti, quali pregi e difetti si nascondevano in Loch, Dean, Lorand e Magress; chissà che occupazione aveva Roderith prima di diventare Comandante; chissà se avevano famiglia o fratelli a casa. Chissà. Le tenebre oscuravano ogni cosa.
Si inoltrarono ancora nel dedalo di ruderi e macerie. Lentamente, come un veleno, la monotonia del viaggio penetrò l'attenzione di Yamoto. Il soffio all'interno dell'elmo era ritmico e costante, il battito del cuore non deviava di una virgola. Il perfetto controllo del proprio corpo poteva semplificare notevolmente un'assidua ricerca e permetteva di conservare le energie. Tuttavia, quel metodo non era pensato per contrastare la subdola malvagità di una città di ombre. I sensi erano attivi per catturare i suoni, i rumori, gli odori, i mutamenti nell'etere. Yamoto rimase alquanto confuso quando tutti gli elementi cessarono di esistere.
Silenzio e immobilità.
Non vi era nient'altro. Il respiro dei suoi compagni era svanito nel nulla, così come lo scalpiccio dei loro passi. Si guardò intorno stupidamente, tentando di captare qualcosa. Non giunse nulla dai lati. In quel preciso istante il fatto di essere ciechi comportava un problema abbastanza serio: il disorientamento. Per spostarsi si era basato su tutto ciò che non si poteva vedere, sensazioni sempre presenti in un luogo dove la più piccola vibrazione si amplificava a dismisura. Doveva riflettere bene prima di muoversi nuovamente. Se il silenzio era il suo unico riferimento, allora l'avrebbe accettato come tale. Attese diversi secondi, immerso nella più totale concentrazione. C'era effettivamente un segnale, una cosa minima, in lontananza...un sussurro appena accennato, un eco distorto...il riverbero di un suono forte e caotico. Si focalizzò su quella fonte remota e cominciò a camminare.
« Zoikar, giuda i miei passi. Che la mia lama sia rapida e il mio giudizio sempre corretto. »
Pregare lo aiutava a mantenere la calma. Yamoto non provava una vera e propria paura, tuttavia il disagio di dover dipendere da una singola sfumatura nell'aria lo infastidiva. Troppe domande affollavano la sua mente: dov'erano gli altri? Aveva perso la via? Perché non lo avevano richiamato? Il sospetto che la squadra lo avesse abbandonato si fece largo tra i suoi pensieri. Forse fidarsi di quegli uomini disciplinati era stato un grave errore. Eppure gli pareva strano, molto strano. Svanire all'improvviso, senza produrre rumore...
« Che la mia mano sia lesta e il mio corpo sempre vigoroso. »

Poi tutto divenne caos. Accanto a lui scorrevano guerrieri in armatura, arcieri, fanti con picche, cavalieri bardati. Riusciva a distinguerli tutti: le spade che cozzavano contro il metallo delle placche, lo scoccare delle frecce, il battere sordo dei manici di legno, il nitrito dei cavalli. Erano Samoq, sicuramente. Le voci decise, prorompenti, appartenevano a soldati pronti a seguire gli ordini fino alla morte. Da dove erano sbucati? Dean e gli altri erano con loro?
No, non erano con loro. Yamoto lo capì immediatamente. C'era qualcosa che non quadrava nell'esercito Samoq sbucato dal vuoto. I militari che lo componevano non generavano alcun tipo di aura vitale. Riusciva ad avvertirne i movimenti, ma erano persone senz'anima. Senza corpo. Quella non era la realtà... era un'illusione. Non poteva fare altro se non seguire il corso della finta battaglia, lasciandosi trasportare dalla confusione. La città morta, evidentemente, conosceva meccanismi di difesa ben più efficaci della semplice forza bruta. Yamoto non aveva armi per difendersi da un inganno elaborato. Che fosse un ricordo proiettato nella sua mente o un mondo di un'altra dimensione non faceva differenza...per il momento era totalmente inerme.
« Respingeteli! » urlavano « Difendente il perimetro! » tuonavano. Riusciva quasi a condividere la sofferenza e la caparbietà, l'incorruttibile speranza di poter contrastare un nemico invisibile che giungeva da ogni lato. Si sforzava di attivare la visione del sangue per individuare gli avversari dei Samoq; il cervello non rispondeva agli stimoli. Vi erano i ruggiti animaleschi e la puzza di saliva putrefatta, ma in verità nessun mostro lo minacciava direttamente. Era un'illusione potente, doveva ammetterlo: interagiva apertamente con tutti i personaggi della scena - un cavaliere lo aveva addirittura urtato - tuttavia non poteva mutare l'esito della battaglia. Più avanzava il tempo, più i soldati dovevano indietreggiare, spinti dall'avanzata incessante di demoni e creature infernali.
« Non fateli accedere al Creatorum! Proteggete gli Yldir! » sbraitò un generale ancora in vita.
Creatorum. Yldir. Esisteva un nesso tra quell'immagine e la realtà? Samoq e Yldir si erano già alleati in passato? Yamoto seguì il flusso del ridotto esercito di guerrieri fin dentro una macchia di vegetazione fitta e ombrosa. L'aria, che si aspettava pulita e profumata di gelsomino, era invece impregnata di morte. Lo scontro, evidentemente, stava peggiorando già da qualche ora. E la difesa disperata degli uomini contro le bestie immonde non era altro che una dimostrazione pura di coraggio e fedeltà. Yamoto apprezzò enormemente quello stile di confronto: trenta contro trecento, sereni fino alla fine, incuranti delle ferite e del dolore. Era lo stesso concetto che aveva lastricato il suo cammino.
« Madre, ricorda questi martiri. Conducili sulla via della salvezza, accoglili tra i giusti e gli onorevoli. »
Cadevano, uno ad uno. Per ogni Samoq moribondo, tre o quattro mostri agonizzavano sul terreno soffice ed erboso. Anche se non poteva vederli, percepiva con chiarezza il glorioso sacrificio dei fanti. Era una guerra persa semplicemente a livello di numero, eppure continuavano a combattere. I pochi capitani rimasti tentavano in tutti i modi di far retrocedere le truppe, bloccando i nemici più vicini. L'odore del sangue si accompagnava al calore di fiamme e cenere. Il Creatorum stava lentamente bruciando insieme ai suoi occupanti.
Poi Yamoto, finalmente, percepì un'aura vitale, un guizzo smeraldino che non si aspettava di trovare nell'illusione. A differenza degli altri occupanti di quel mondo ingrato, il nuovo sentore era reale e familiare. Si allontanò appena dai Samoq per individuare il soggetto che, ne era certo, stava vagando come lui all'interno della visione apocalittica.
Trovò il Fauno in una stanza del Creatorum. Nei suoi occhi si leggeva la tristezza e il rammarico per la morte dei suoi fratelli, un senso di colpa mischiato alla rassegnazione. Non potevano fare nulla per impedire la dipartita dei loro compagni. La città dei morti metteva a dura prova la convinzione che li aveva spinti a seguire le gilde in quella missione attraverso l'odio e la rabbia del passato.
Ma Yamoto allungò una mano verso il Fauno. Non era un invito a toccarlo o un modo per stargli vicino. Quel gesto voleva soltanto ribadire il profondo coinvolgimento e il sottile legame che li univa.
"Non sei solo in questo incubo" avrebbe voluto dire "Io combatterò per te, con te, fino alla fine."
In quell'istante era certo che lo avrebbe fatto.










CITAZIONE

Y A M O T O

jpg

CS 10 (Forza 4 - Destrezza 5 - Percezione 1)

Critico {36%} ~ Alto {18%} ~ Medio {9%} ~ Basso {5%}

Fisico [130% - Medio alla nuca, Medio alla spalla]
Mente [50% - Illeso]
Energia [82%]


Il Soldato Cieco
malus di cecità; udito finissimo; auspex basato sul calore; immunità alle passive psioniche; immortalità fintantoché indossa l'armatura; 2 CS aggiuntivi alla Forza quando l'avversario usa una tecnica magica; vittoria su tutti gli scontri a parità di CS.
Amnesia
armatura; 4 CS aggiuntivi alla Forza; possibilità di sollevare armi molto pesanti; straordinaria resistenza al dolore; grado di sopportazione fisica fino al 150%, resistenza alle psioniche fino al 50%.
Le due Albe
spade gemelle wakizashi e una katana aggiuntiva; Miscela debilitante (1); Rubino (0).

Attive
x

Riassunto/note
Post altamente introspettivo. Ho voluto sperimentare un nuovo stile di narrazione più veloce e calzante rispetto al precedente per far immergere il lettore nel rapido e progressivo susseguirsi degli eventi. Ho descritto l'illusione come qualcosa di graduale che spinge Yamoto fino al culmine della battaglia, evidenziando la drammaticità della morte dei Samoq. Il post è volutamente incentrato sul sacrificio e sul martirio.
Inoltre, io e Yu ci siamo accordati per mettere in comune le scene, sia per quanto riguarda il periodo temporale, sia per quanto riguarda il luogo dello scontro. I nostri personaggi si incontrano per un momento nell'illusione. Io ho rimarcato il contatto come un motivo aggiuntivo per perseguire l'alleanza. Yamoto è un personaggio onorevole, non tradirà il suo compagno.
Note personali: non ho descritto il fascio di luce perché impossibilitato a vederlo, tuttavia nel prossimo turno conto di segnalare il fatto della percezione degli altri gruppi. Per il momento è tutto.


Gruppo Samoq, gli Spettri di Gilth'alas:

- Maggiore Roderith: Leader del gruppo.

- Loch "Arco Sacro": Arciere specializzato nel tiro sulla lunga distanza. Possiede un arco di corno rinforzato molto robusto e flessibile. Ha una vista eccellente, è solito utilizzare frecce avvelenate o infuocate in base al compito che gli viene assegnato. Indossa un'armatura di cuoio leggera e sul viso porta un caschetto con due lenti di differente portata. Molto giovane e avvenente, non è nuovo a missioni segrete.

- Magress "Informatore": Fante molto agile e astuto, dedito alla raccolta di informazioni. Sa cavalcare molto bene ed è un velocista nato. Non indossa armatura per essere il più leggero possibile. Ha un udito estremamente fine e sa come ricavare dettagli fondamentali anche da semplici conversazioni. Porta un pugnale nella cinta.

- Dean "Tonante": Balestriere troppo loquace. Quando vuole sa essere silenzioso, ma in tutti gli altri momenti parla a volontà. Eccellente scalatore e stratega, conosce alla perfezione la città di Gilth'alas. Con la balestra non ha rivali. Utilizza dardi rinforzati in acciaio e indossa una cotta di maglia.

- Lorand "Maestro": Un anziano spadaccino che negli anni ha sviluppato un'abilità con il fioretto senza eguali. La sua lama è rapida e precisa. Non parla quasi mai e quando lo fa è per rivelare particolari importanti. Sa quando stare al proprio posto e quando è giunto il suo momento. Possiede, inoltre, una mente brillante che lo rende in grado di risolvere i rompicapi più complessi.

 
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view post Posted on 5/10/2014, 16:05
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Accarezzò il marmo freddo delle rovine, prima di venire catapultato in una dimensione a lui sconosciuta, il cui sfondo appariva come una forte luce dai colori bluastri che circondava il corpo del Fauno. Dove sono? Ma non vi era nessuno che avrebbe mai potuto rispondere alle sue domande; non che per lui fosse una novità, quella di porsi interrogativi senza riuscire a ricercarne le risposte. Da troppo tempo viaggiava da solo, nudo nel suo essere individualista, spinto dal desiderio di riabbracciare sua madre. Da così tanto tempo che i suoi contatti con gli esterni si limitavano a chiedere delle stupide indicazioni per luoghi che mai avrebbe voluto visitare, se non fosse stato per la sua missione, per il suo pellegrinaggio alla ricerca di una traccia, di un ponte di collegamento tra Theras, così come la conosceva e il mondo degli Dèi, lì dove sua madre - almeno a dire del Fauno - lo aspettava con impazienza. La bestia cordiale che abitava le foreste dell'Edhel si era trasformata in un essere in perenne letargo, come cullato da un sonno così profondo che nessuno, se non rare eccezioni - come Mishtar, che era riuscito a parlare al suo cuore - poteva mai risvegliare; chiuso in un guscio così resistente da risultare inscalfibile, anche dalla sua stessa essenza, racchiusa in uno spirito di fervore che non gli era mai appartenuto, forse e che gli Yldir, con la loro causa, erano riusciti a mettere in discussione.
Cosa sono? Ancora un interrogativo, ancora un'assenza di risposta. Amava definirsi un girovago, un esploratore, una creatura di fede, racchiusa nei suoi dogmatici pensieri rivolti alla propria madre, fonte di tutte le disavventure che aveva esperito sulla propria pelle. Esisteva davvero sua madre? Era stato in grado di metterlo in dubbio, una volta o due, quando la speranza si era affievolita così tanto da risultare una fiammella in procinto di spegnersi, trasportata dal vento freddo dell'Edhel. Cos'era, Pohrrient, se non un figlio del Gelo? Un'esistenza enigmatica, che si completava nella sua stessa veridicità: Poh era ed esisteva fin quando diceva di esserlo. La verità dei fatti, però - una verità che Poh occultava in continuazione, perdendosi nei suoi stessi desideri - era che non aveva trovato alcuna prova di sua madre, mai in tutto il suo vagare ed il suo chiudersi nel guscio dell'indifferenza.
E l'assenza di tangibilità lo faceva impazzire; ecco perché negava a sé stesso - e alle voci che deturpavano il suo pensare - dell'inesistenza di Kjed.
Schiavo di quell'esistenza, dunque, non faceva altro che vagare.

Cos'è, quello?
E quando la luce divenne sempre più fioca, fino a sparire, riuscì a decifrare le immagini che infestavano i suoi pensieri. L'aria era torrida ed il tanfo di morte era stato sostituito da un odore acre di cenere e legno bruciato. Si guardò attorno, incredulo, facendo attenzione di tanto in tanto alla vegetazione che implodeva su sé stessa. Conosceva quel posto, pur non avendolo mai visto; avvertiva una strana sensazione di malessere, quasi di dispiacere e rimpianto nel vedere le fiamme consumare le mura dello strano edificio che intersecava le proprie strutture fino a creare strane forme architettoniche. « Il Creatorum.. » di un'epoca passata o mai veramente esistita, certo, ma non avrebbe potuto ignorare tutte le tracce di ricordi che gli permisero di identificare il luogo. « .. sta bruciando. »
Il suono della sua voce si fece sempre più leggero, fino a trasformarsi in un flebile sussurro, accompagnato da un'espressione cupa e di rimpianto. Era forse un sogno? Stava vivendo un'illusione? No, nulla di tutto quello sembrava rispondere a quel senso di realtà che lo stava permanendo; tutto quello che vedeva - dalla foresta che bruciava al lamento dei suoi compagni Yldir - era, a conti fatti, la realtà.
« Cos'è successo, qui? » fermò una creatura dai tratti di un porcospino, visibilmente spaventata; prima che potesse rispondere, però, la figura della creatura svanì tra le zampe del Fauno. E così altre due creature dopo di lei. « Io.. come posso fermare questa tragedia? Come posso farlo? »
E gridò. Più e più volte, fino a raggiungere una sala all'interno delle strutture ben simile a quella presente nell'attuale Creatorum, quello che aveva visitato solo il giorno prima - se il corso del tempo non era stato in qualche modo alterato, sia chiaro. Tutto bruciava, dalle cupole contenenti progetti di miglioramento ai lunghi tappeti rossi alle raffigurazioni sui muri che esaltavano il progetto della Gilda.
Tutto bruciava, anche il suo cuore.
Ancora una volta, mi ritrovo costretto ad osservare il succedersi degli eventi. Ancora una volta incapace di interagire effettivamente nelle vicende che mi interessano.
Madre, riesci a sentirmi? Ti prego, salva i miei compagni.
Salva i tuoi figli!


Ma non vi fu risposta. Nemmeno quella volta.
Il rumore di passi leggeri lo riportò alla realtà - o a ciò che sembrava tale; il guerriero dagli occhi cinerei fermò l'avanzare non appena incrociò l'aura del Fauno, il quale si voltò verso di lui. Era uguale a qualche momento prima, uguale a come ricordava fosse a Gilth'valar. Ed uguale era anche il sentimento di sicurezza che riusciva a scatenare nella bestia, anche in quel momento di sconforto e panico. Nessuno dei due pronunciò parola, ma furono i fatti ad agire per entrambi.
Pohrrient osservò la mano del guerriero, forgiata da mille battaglie, tesa verso di lui.
E sia, uomo, mi fiderò di te, perché non posso fidarmi di nessuno. perché sono solo. perché voglio salvare i miei compagni. perché sei come me gli avrebbe gentilmente sussurrato all'orecchio, prima di avvicinare la propria mano alla sua; un gesto insolito per i modi brutali del Fauno, senz'altro risvegliato dai moti che stavano sconvolgendo il suo cuore. Rappresentava una nuova amicizia, un sodalizio più che una mera alleanza. Perché ciò che era stato non si sarebbe più dovuto ripetere, ecco cosa pensavano entrambi. Volevano regalare alle loro nuove famiglie un destino diverso da quello che le aveva sgominate poco tempo prima. Se ciò che ci aspetta è l'irraggiungibilità del destino, allora romperò le mie barriere per te.
Modificherò ciò che è stato, lo giuro.

Lo avete visto anche voi? Si sarebbe rivolto ai suoi compagni, ma poi rinchiuse le parole nel cassetto dell'impulsività.
Loro non avevano bisogno di vedere ciò che avevano già visto.



Pohrrient
tecnicismi



Capacità Straordinarie: 11 (3 alla Forza, 3 all'Agilità, 2 all'Intuito, 2 alla Saggezza, 1 alla Ferocia)

Energia: 86%
Stato Fisico: Ottimale. {100%}
Stato Mentale: Ottimale. {100%}


Auree di Gelo
passive in uso



1/10 Abilità Personale Natura Fisica; Poh riesce ad avvertire la presenza di altre figure nelle vicinanze grazie al suo olfatto. Conta come un auspex passivo. (Passiva)
2/10 Abilità Personale Gli attacchi fisici di Poh causano metà danno al fisico e metà alla mente. (Passiva)
3/10 Abilità Personale I colpi inferti da danni fisici da parte di Poh infliggono più danni del normale, arrivando il colpo in profondità, fino a raggiungere i muscoli e le ossa. (Passiva)
4/10 Abilità Personale Le tecniche offensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
5/10 Abilità Personale Le tecniche difensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
Passiva primo livello Fattucchiere Le attive del dominio causano anche una malia psionica passiva che si materializza sotto forma di un forte senso di disorientamento. (Passiva)
Passiva secondo livello Fattucchiere Le attive del dominio depotenziano di un CS in più. (Passiva)
Passiva terzo livello Fattucchiere Quando Poh utilizza un'attiva del dominio guadagna 2 CS in Destrezza fino alla fine del turno. (Passiva)
Muoversi al Buio [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di affidarsi, in caso di oscurità o altri ostacoli visivi, all'olfatto e alla vista per orientarsi e per compiere le sue azioni. (Passiva)
Tattiche di Combattimento [Guerriero] Natura Fisica; Poh è in grado di sfruttare il campo di battaglia a proprio vantaggio. Inoltre, egli riuscirà a vincere gli scontri a parità di CS. (Passiva)
Irriducibile [Pergamena Vuota] Natura Fisica; Poh è in grado di combattere fino alla morte, nonostante le ferite e i danni subiti. Non è immune al dolore fisico. (Passiva)
Conoscenza Anatomica [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di individuare il punto debole degli esseri immortali, potendo così fronteggiare qualsiasi creatura.(Passiva)
Passiva Razziale Gli animali selvaggi non saranno ostili nei confronti di Poh, che avrà con loro una vera e propria empatia selvaggia. (Passiva Razziale)
Amuleto Razziale Poh potrà sempre capire se un altro individuo è più o meno forte di lui - in base alla pericolosità -. (Passiva Razziale)
Amuleto del Poliglotta Poh può parlare la Lingua del Nord.
Cristallo del Talento Poh accede al terzo livello del dominio Fattucchiere.


Segni della Madre
attive utilizzate



--

Racconti del Passato
riassunto



Come descritto nel riassunto di Caccia, le dimensioni oniriche di Poh e Yamoto si intersecano ad un certo punto, fino a toccarsi - proprio come Poh e Yamoto, avvalorando il loro legame ed intensificandolo ancor più. Come nel suo caso, anche Poh non riesce ancora ad avvertire la posizione degli altri, che viene messa in secondo piano rispetto alle sensazioni che il sogno scatena in lui.
Have fun.

 
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view post Posted on 18/10/2014, 16:31

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{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: Grim e Anna }

L'aria era carica di tensione, un'inquietudine irrequieta che minacciava di deflagrare in massacro distruttivo alla prima scintilla fuori controllo.
L'alleanza fra Lizz'eth e Serywar era come un braciere accesso nella notte al centro di una foresta: garantiva una sicurezza temporanea contro le bestie selvatiche - o le altre Gilde - salvo rischiare di incendiarsi e divorare ogni cosa al primo soffio di vento contrario.
I due gruppi procedevano in disparte; Jace e i suoi uomini stavano davanti, mentre Ainwen con la sua minacciosa compagnia seguiva poco più dietro. Camminavano tre le rovine già da qualche tempo senza aver incontrato i drappelli rivali che avevano avuto modo di scorgere grazie alla visione dell'Osservatorio guasto; tutto ciò non poteva che accrescere ad ogni passo il nervosismo: la frustrazione di non trovare un nemico su cui sfogare la propria rabbia si amalgamava alla paura di essere colti di sorpresa e annientati, in un coacervo di emozioni e sensazioni contrastanti. Le macerie scricchiolavano sinistre sotto i loro piedi, i cumuli di pietra e i palazzi diroccati impedivano la vista e dietro ogni angolo poteva celarsi una minaccia nascosta. La ricerca del Talamith era ben lungi da essere vicina alla fine, eppure il potere dell'artefatto già li aveva logorati fin quasi al punto di rottura.

« Ehi, ragazzina! »

Kesser, il volto celato sotto il cappuccio, si era avvicinato ad Ainwen staccandosi leggermente dal resto del gruppo.

« Ci hai promesso il sangue, » le mormorò in un orecchio, attento a non farsi sentire dai compagni ma soprattutto dai membri dell'altra Gilda, « ma io non ne ho ancora vista una goccia. Gli uomini sono impazienti, e le bestie affamate. » Disse accennando ai lupi che ringhiavano frementi, un filo di bava che colava fra le fauci irte di zanne.
La sua mano si posò sulla spalla della fanciulla, una stretta che poteva passare per gesto rassicurante, se non fosse che la presa era troppo stretta, le dita scavavano troppo a fondo nella carne per rappresentare davvero un atteggiamento protettivo.

« Abbiamo molti avversari fra queste rovine, e prima della fine dovremmo eliminarli tutti. Tanto vale iniziare dai Lizz'eth, adesso, cogliendoli di sorpresa. » Una smorfia di disprezzo si allargò sul volto in ombra. « Come alleati non valgono molto. Sono imprevedibili, e deboli. Fanno affidamento solo sui loro marchingegni, e spesso anche quelli falliscono. »

La liberò dalla morsa rapace, ma nella sua voce sommessa la minaccia rimase palpabile.

« Dobbiamo aggredirli ora e placare la sete dei nostri compagni.
Altrimenti, non potrò garantire della loro lealtà.
»

Nel frattempo i Lizz'eth, che già da prima lanciavano frequenti occhiate sospette ai loro improbabili alleati, accolsero con sguardi incupiti ed espressioni accigliate il misterioso conciliabolo.

« Non mi piacciono quei Serywar. Non mi sono mai piaciuti e mai mi piaceranno. » Commentò Elijah Snow, rivolto a tutti e a nessuno. Gli altri annuirono, in segno d'assenso, e Randall aggiunse: « Non sono altro che bestie immonde, prive di intelligenza e raziocinio. »

Proseguirono ancora un poco, rimuginando sulla situazione; anche se nessuno lo diceva ad alta voce, erano tutti consci della delicatezza del momento: senza un avversario contro cui incanalare gli istinti selvaggi e combattivi della fazione demoniaca, l'obiettivo principale rischiavano di diventare loro.

« Non possiamo fidarci. » Sentenziò infine Snow.
« Non si vedono altre Gilde, e quegli animali aspettano solo una nostra distrazione per rivoltarcisi contro. O li attacchiamo noi per primi, o ci sbarazziamo di loro. »

Infine si rivolse direttamente al cartomante, inarcando un sopracciglio in attesa del suo parere:

« Jace? »

~

{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: Caccia e Yu }

Il tempo trascorreva lento per lui, più simile ad acqua stagnante che a una corrente impetuosa. Come il fiume leviga i ciottoli, così il susseguirsi delle stagioni lo modellava, ma non lisciandone la superficie e smussandone le irregolarità, quanto piuttosto accentuandole: aguzzava i margini taglienti, affilava i contorni frastagliati e appuntiva le sue asperità, plasmandone nell'odio l'istinto rabbioso e la ferale intelligenza.
In quel lungo, interminabile periodo, era dovuto sopravvivere senza quasi mai cibarsi, se non per le occasionali prede che di tanto in tanto si perdevano nella Città dei Morti.
La fame aveva incattivito il suo animo, già bestiale e ostile per natura, e quello della sua prole, generando una voglia insopprimibile.
La fame ne aveva acuito i sensi: l'intero suo corpo, fremente, era in perenne allerta, pronto a captare il minimo indizio di una presenza aliena. Il vento fra le rovine, un tramestio sotto le macerie, un'eco remota, qualsiasi cosa lo faceva scattare in preda alla brama di carne fresca.
La fame aveva scavato solchi profondi nel suo corpo secolare, pompato fiele nera nelle vene e acceso fuochi ardenti nelle iridi fessurate.

Un rumore, da molto più in basso, fra i cumuli di rovine.
Il suono di voci lontane gli ferì l'udito.
L'odore inebriante e sanguigno di creature viventi.

Era giunto il momento
di saziare la sua fame.


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Due drappelli di uomini, una dozzina in tutto.
Psaurus, questo il nome che gli antichi abitanti di Gilth'valar avevano affibbiato alla creatura, poteva distinguerli facilmente, nonostante la coltre di nubi che lo nascondeva ai loro occhi e la visione iniettata di sangue in cui le striature vermiglie erano ancora più accese e cariche del solito, incendiate dalla rabbia. Esseri umani. Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui aveva avuto modo di assaggiarne, ma ancora rammentava le loro carni succulente ben irrorate di sangue, le viscere calde e le ossa scricchiolanti tra le sue fauci irte di zanne.

Non poteva più attendere.
Lo Psaurus emerse dalla cappa vaporosa, manifestandosi in tutta la sua terribile magnificenza. Un lungo corpo sinuoso del colore della terra bruciata, sorretto da un paio di ali membranose di un vivido arancio. Il muso era appuntito e sormontato da una coppia di corna ritorte; creste dorsali simili a spuntoni ossei gli correvano da capo a coda, mentre dal tronco si allungavano due arti simili a braccia umane, sottili e affusolati, che terminavano in grinfie pronte a ghermire la preda.
Iniziò a volteggiare in cerchio sopra lo sventurato gruppo, descrivendo orbite sempre più rapide e strette. La coda si agitava nell'aria, schioccando come una frusta. Nel frattempo, lo avvertiva, anche i suoi figli si stavano muovendo, risvegliati dal loro torpore all'arrivo degli stranieri. La loro fame era quasi pari alla sua, la loro forza inferiore bilanciata dal numero.
Per gli uomini non ci sarebbe stato scampo. Il loro destino era già segnato: ospiti speciali dell'imminente, cruento simposio.

Poh, Yamoto e gli altri erano giunti al centro di un ampio spiazzo prima di accorgersi della minaccia che pendeva su di loro. Mentre scrutavano il mostro volante una decina di altre creature emersero dall'ombra ai margini delle rovine, avanzando con passo inesorabile verso la compagnia. Somigliavano a grosse lucertole corazzate, tozze e basse, sui cui fianchi erano ripiegate, flosce, ali ancora troppo piccole e leggere per sostenerne il volo. Procedevano a quattro zampe, lentamente, studiando gli intrusi coi piccoli occhi porcini e facendo scattare le mascelle poderose, fameliche. Sembravano solo in attesa di un segnale, prima di attaccare, e finalmente esso arrivò.
Lo Psaurus ruggì, uno stridio aspro e acuto che perforava i timpani e rimbalzò fra i resti decadenti della città, quindi si gettò in picchiata. Nel frattempo i sauri quadrupedi scattarono in avanti, ben più veloci di quanto fosse lecito aspettarsi, convergendo sul gruppo da ogni direzione. La maggior parte assalirono con denti e artigli i membri delle Gilde, mentre un paio degli esemplari più grandi si scagliarono contro il fauno e lo spadaccino cieco. Pohrrient doveva fronteggiare una carica furiosa a testa bassa, mentre Yamoto fu aggredito da una lucertola che si impennò sugli arti posteriori e tentò di azzannarlo alla gola.
Intanto lo Psaurus interruppe bruscamente la picchiata lanciandosi in una virata che lo portò a sorvolare a bassa quota il campo di battaglia; spalancò le fauci e inondò di un soffio gelido l'intera area, sferzando gli uomini con un vento gelato misto a frammenti di ghiaccio tagliente,
freddi come la morte.


~

{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: Hole e Orto }

L'eterogenea comitiva avanzava cauta, scrutando attentamente in ogni anfratto e alcova celata.
Era una compagnia ben strana a vedersi, formata da individui all'apparenza assai diversi, ma in realtà più simili di quanto loro stessi, forse, pensassero. Spie, ladri e assassini da una parte, sognatori, illusionisti e studiosi dall'altra. Entrambi i gruppi erano composti da persone misteriose, ombre appartenenti alla notte, uomini abituati a tramare nel buio e controllare la scena da dietro le quinto piuttosto che recitare direttamente sul palco.
Erano i burattinai che manovrano le marionette, i tessitori che ordiscono le trame della città.
Eppure c'erano pericoli ammantati da ombre ancor più fitte, minacce che a loro volta li guatavano dai loro nascondigli, pronti ad aggredirli al primo passo falso. Per questo motivo Orahn e Ashand si erano mossi con prudenza, scandagliando attentamente il territorio circostante alla ricerca di eventuali nemici o trabocchetti, fino a sbucare in una piazza circolare.

« L'area è sicura. Nessun segno di presenze recenti. »

Azmiye tornava in quel momento dal rapido giro di esplorazione, mentre dalla direzione opposta giungeva Tahlhar, anche lui impegnato nella missione di avanscoperta. Quest'ultimo si limitò ad annuire alle parole della giovane, impegnato a masticare un grumo di quella sua erba baccaran.

«Molto bene, » approvò Caleb, poi indicò davanti a sè: «Se i miei occhi non mi ingannano, ci troviamo di fronte a quello che gli antichi chiamavano Osservatorio. »

Il gruppo era infatti arrivato in una piazza simile a quella che già Serywar e Lizz'eth avevano avuto modo di ammirare: la pavimentazione in pietra era incisa in una serie di intricati arabeschi che si intrecciavano e dipanavano lungo l'intera estensione della zona, fino a serrarsi attorno al pilastro centrale, un obelisco svettante che dominava tutte le costruzioni circostanti. Non appena misero piede sul perimetro dell'area i solchi scavati nel terreno si illuminarono e una luce cremisi pulsante corse seguendo i tracciati fino a incendiare di un bagliore accecante l'imponente colonna.

« Forse a breve potremmo assistere a... »

Caleb non finì la frase, perchè la visione li colse tutti contemporaneamente. Le loro coscienze furono proiettate al di fuori dei corpi e permearono le rovine della città, fondendosi con i muri, le pietre, i ruderi. Fu come se Gilth'valar stessa sollevasse un lembo del velo che l'avvolgeva, celandone i misteri, per permettere loro un rapido scorcio oltre di esso. Videro le altre Gilde impegnate nella medesima ricerca del Talamith affrontare prove diverse: da una parte Samoq e Yldir che si scontravano con una creatura terrificante e la sua progenie corrotta; dall'altra Lizz'eth e Serywar che viaggiavano insieme ma cospiravano contro, in un clima di sospettosa ostilità. Poterono captare perfino stralci delle loro conversazioni, le urla di incitamento e i complotti mormorati.

Poi il velo calò nuovamente,
e la Vergogna tornò a custodire con gelosia
i suoi mortali segreti.



CITAZIONE
QM POINT ::

Perdonate il ritardo, e proseguiamo!
    • Grim e Anna: la vostra alleanza è nata più per necessità che per comunanza di interessi, e il non essere incappati nelle altre Gilde come previsto non fa certo bene alla sua cementificazione. I gruppi sono sospettosi l'uno dell'altro e la tensione aumenta col passare del tempo: Anna riceve pressioni dai suoi per attaccare proditoriamente i Lizz'eth, mentre quest'ultimi vorrebbero fare altrettanto o almeno cercare di liberarsi dei Serywar. Spetta a ognuno di voi decidere il da farsi, consci che ogni scelta avrà le sue conseguenze. Vi chiedo di non discutere tra di voi la strategia, anzi è importante che decidiate indipendentemente. Pertanto mi dovrete inviare entrambi un mp per comunicarvi le vostre intenzioni, e a seconda delle scelte (e della combinazione di esse) vi riferirò come agire.

    • Caccia e Yu: complimenti, avete trovato il mostro volante che si aggirava proprio in questo gruppo di caselle! Quello che vi si presenta adesso è simile a un normale combattimento in cui io ruolerò lo Psaurus e i suoi "cuccioli" e voi, naturalmente, pg e png. Non un autoconclusivo come prima, dunque. Per questo primo turno dovete fronteggiare diverse offensive. Andando con ordine, la creatura casta la tecnica Ruggito per favorire la carica dei lucertoloni; questi si scagliano con attacchi fisici contro il gruppo dei png (scegliete voi esattamente contro chi e come, su questo siete liberi) tranne un paio che vi aggrediscono direttamente con altre due abilità: Carica contro Poh e Morso Letale contro Yamoto. Contemporaneamente lo Psaurus usa Soffio Gelido, ad area come il precedente Ruggito. Considerate ciascuna lucertola dotata di 2 CS; le CS del mostro principale vi sono ignote. Riporto una breve descrizione delle tecniche usate:
    CITAZIONE
    Ruggito - La tecnica ha natura psionica. Lo Psaurus emette un grido fragoroso, che si diffonde in tutto il campo di battaglia, uno stridio acuto che ferisce l'udito delle vittime. Nel momento in cui giunge alle orecchie dei bersagli ha un effetto stordente per qualche secondo dagli effetti variabili forti giramenti di testa, un senso di smarrimento, o semplice confusione. La tecnica va affrontata come un'influenza psionica Bassa e infligge altrettanti danni alla mente di ogni vittima. La tecnica agisce a 360°.
    Consumo di energia: Medio

    CITAZIONE
    Carica - La tecnica ha natura fisica. La creatura effettua una carica violenta contro il bersaglio, prendendo la rincorsa e correndo a testa bassa in modo sorprendentemente veloce per il suo aspetto, fino a schiantarsi contro di esso causando un danno totale Basso da urto, con la possibilità di far vacillare o perfino cadere la vittima.
    Consumo di energia: Basso

    CITAZIONE
    Morso Letale - La tecnica ha natura fisica. La creatura spalanca le fauci irte di denti per sferrare un poderoso morso all'indirizzo della vittima, deciso a dilaniarne le carni. Fra i bersagli preferiti vi è la gola e in particolare la giugolare, cui la lucertola tende istintivamente con l'intento di uccidere in fretta la preda tramite dissanguamento.
    Consumo di energia: Basso

    CITAZIONE
    Soffio Gelido - La tecnica ha natura magica. Lo Psaurus emette dalla bocca una poderosa bordata di vento gelido che spazza l'intera area di battaglia, ghiacciando tutto quello che incontra e provocando danni da congelamento. Alle raffiche sferzanti sono mischiati lapilli di ghiaccio affilati come lame che investono le vittime provocando tagli e abrasioni. La tecnica agisce a 360°.
    Consumo di energia: Alto

    • Orto e Hole: turno semplice per voi. Grazie all'uso di Cautela avete evitato di incappare in eventuali trappole, mentre giungendo nella casella attuale avete attivato un altro Osservatorio, simile al precedente ma questa volta ben funzionante: a differenza di prima soltanto voi siete in grado di individuare la posizione degli altri, con una visione simile a quella già avuta, e inoltre riuscite a osservarli più da vicino, quasi vi trovaste lì con loro, e a carpire stralci di conversazione. Per il resto approfittatene pure per interagire fra di voi, se gradite.

Potete già procedere coi post, a parte Grim e Anna cui ricordo di inviarmi gli mp. Per qualsiasi dubbio o domanda sapete dove trovarci. Avete tempo fino al 23 compreso.



Edited by 'Alchimista del Drago - 18/10/2014, 18:37
 
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view post Posted on 24/10/2014, 19:51
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Riaprì gli occhi, lentamente.
   Gli sembrò che qualcuno avesse appena riempito la sua testa con biglie di vetro, e che l'avesse agitata con forza. Gli sembrava di sentirle ancora ronzare dentro la testa e sbattere contro la fronte. Non si era mai ritrovato così intontito e confuso, nemmeno dopo la peggiore delle sue tante notti brave.
   Rekla lo aiutò a rimettersi in piedi con un gesto di imprevedibile gentilezza, sorreggendolo mentre le sue gambe ancora si rifiutavano di smettere di tremare. Anche il vecchio pareva abbastanza provato da quanto appena successo: il suo volto era ancor più pallido e scavato del solito, e i suoi occhi profondamente turbati. E, come Taliesin aveva dedotto, anche tutti gli altri dei suoi sembravano essere nelle medesime condizioni. Anche se Taliesin, tra tutti, era quello che di sicuro stava peggio.
   Ci mise qualche lungo secondo a riprendere coscienza di sé, ma era ancora sconvolto da quanto visto. Tutti gli Orahn lo osservavano, silenziosi e apprensivi come genitori davanti a un figlio sconvolto. Tutti quegli sguardi cominciavano a infastidirlo.
   «Qualcuno può dirmi cosa è successo?» chiese bruscamente, sforzandosi di parlare in modo sensato e naturale. Piano piano la sua mente ricominciò a mettersi in moto, e presto si sentì decisamente meglio, almeno quanto poco prima che la strana serie di immagini lo cogliesse.
   «Una visione» gli rispose Caleb, freddo. «Niente di più che un'illusione. Ricordi di aver visto qualcosa, subito dopo?»
   Taliesin capì immediatamente a cosa si riferiva: dopo la calata dei Divoraincubi - che aveva appositamente evitato di osservare, da quando aveva riaperto gli occhi - aveva visto altre cose. Altre persone. Altre gilde. Si guardò attorno, e fu certo di conoscere la loro direzione, anche se non avrebbe saputo spiegare in che modo.

Si erano rimessi subito in marcia con quella nuova consapevolezza, ma procedendo con estrema cautela. Tutti quanti erano stati colti dalla folgorante visione, e l'impressione era proprio quella che le altre gilde non distassero molto dalla loro posizione. Così avevano deciso di procedere, ma facendo attenzione a cosa si sarebbe parato loro davanti. Gli uomini di Manos avevano cominciato a esplorare la zona; nel frattempo gli altri avvistarono una grossa costruzione, una sorta di obelisco. Si mossero in quella direzione, senza abbassare la guardia.
   E quando il nutrito gruppo, appena riunitosi con l'avanscoperta, giunse finalmente alla piazzola nel cui centro sorgeva il pilastro, fu Caleb a farsi avanti per primo. Evidentemente sapeva di che si trattava: un osservatorio, disse. Alcuni presenti annuirono, altri si fecero indietro, temendo per qualche motivo le incisioni sinuose che cesellavano la pavimentazione. Ma mentre Taliesin ascoltava le sue parole con estremo interesse, non fece in tempo a finire la spiegazione. Una visione, simile a quella appena terminata, li coinvolse, riportandoli in un limbo onirico dal quale era impossibile sfuggire.

Gli sembrò di essere dinnanzi a una tela bianca, e di assistere ad un quadro che veniva dipinto proprio in quegli istanti. Poche pennellate disegnarono l'orizzonte, la città, la piazza. Tutto era avvolto da una strana nebbia, come pittura chiara resa vapore e posatasi sulla trama del tessuto. Una dozzina di tratti, sagome appena accennate, stavano al centro di essa.
Esseri verdi e scagliosi sbucarono dalla nebbia e si avvicinarono agli uomini, ora dai tratti finalmente riconoscibili. Guerrieri e strane aberrazioni, più vicine alle bestie che agli umani. Gli stessi che aveva visto procedere fianco a fianco nel bel mezzo della visione precedente.
Ma una pennellata feroce e possente sconvolse il dipinto che si muoveva davanti agli occhi di Taliesin, e diveniva sempre più dettagliato. Fu un tratto sinuoso, che andò via via definendosi come una enorme mostruosità serpentina dalle ali grinzose e con lunghe braccia umanoidi.
La battaglia sembrava imminente, e Taliesin si sentì fortunato a trovarsi lontano da lì.

Ma la scena cambiò in fretta: non più immagini, bensì voci ed ombre. Un forse? Uno si rivolse a Jace, alla fine.
Jace Beleren, il titano.
Pareva certo che quelli fossero i Lizzeth.
Cominciò a scorgere i presenti, che discutevano con altri uomini, dall'aspetto brutale e trasandato. Parevano esserci dissapori tra di loro.
Era forse una ragazzina quella lì con loro?
Gli sembrò di udire la conversazione di nuovo, e poi una volta ancora. Ed era sempre più in grado di ricordare le esatte parole che gli attori di quella strana scena recitavano.


Quando la visione terminò, Taliesin perse per un attimo l'equilibrio, ma rimase in piedi. Non ebbe nessun altro sintomo, ed il fatto lo lasciò piacevolmente sorpreso. Si trattava della stessa esperienza fatta poco tempo prima, con la sostanziale differenza che l'altra era stata a dir poco traumatica. Osservò l'obelisco, pensieroso: di nuovo conoscevano la posizione delle altre gilde, che non parevano spassarsela molto.
   Al Patchouli, lo straniero dall'accento buffo e la parlantina sciolta e schietta, chiese delucidazioni su cosa di preciso avessero visto nella prima visione. Il bardo si illuminò d'interesse, ma Caleb parve guardare storto il mercante. Lui e Manos risposero raccontando brevemente la storia del Talamith - la stessa che, più o meno, aveva già sentito per la viuzze di Gilth'alas. Ma questa conferma gli diede modo di porre una domanda che già da tempo gli frullava per la testa.
   «E la stessa sventura non potrebbe ripetersi, quando ritroveremo l'artefatto? Cosa è diverso, questa volta?» gli domandò, senza nascondere la sua profonda perplessità. Taliesin vedeva la situazione dagli occhi di uno straniero, al quale era completamente aliena la cultura e la sensibilità della città verso questi aspetti. E proprio per questo non riusciva a concepire come le gilde stessero per commettere un errore molto simile.
   «Abbiamo imparato dai nostri errori» gli rispose lui, comprensivo. Si scostò un attimo dal gruppo di criminali, e soggiunse «E inoltre, dobbiamo evitare che cada nelle mani sbagliate di chi lo userebbe per ricreare quella devastazione».
   Il bardo annuì, soddisfatto dalla risposta. Gli avrebbe domandato, prima o poi, che ruolo avevano avuto i Divoraincubi in quella catastrofe infernale, ma non era ancora il momento.
   Terminato il discorso sollecitò il gruppo a rimettersi in marcia. Se non si fossero mossi subito e con astuzia avrebbero sprecato quel vantaggio.



Condizioni generali
Stato fisico - 14/16
• danno medio al fianco destro
Stato mentale - 14/16
• emicrania di entità media
CS - 6 (2 intelligenza, 1 astuzia, 2 destrezza, 1 determinazione)
Energia - 75/100

Equipaggiamento
Itinerante, artefatto/arma difensiva, mantello di panno rinforzato.
Fabula, arma bianca, acciaio, 48 cm di lama, 15 cm di impugnatura.
Pistola ad avancarica, arma da fuoco piccola, cinque colpi per giocata. (4/5)
Pugnale celato, arma bianca, acciaio, 15 cm di lama, legata all'avambraccio sx.
Vene di Pietra, artefatto/set di armi da lancio, materiale sconosciuto, venti unità per giocata.
Liuto di Luke Mannersworth, oggetto generico, strumento musicale.
Il Flauto di Cenere, artefatto/oggetto generico, strumento musicale.
Amuleto dell'auspex, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo magico, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Tomo furtivo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Cristallo del talento, oggetto dell'erboristeria, conferisce un potere passivo.
Diamante, oggetto dell'erboristeria (due unità), conferisce un potere passivo.
Biglia fumogena, oggetto dell'erboristeria, un uso per giocata.
Erba rigenerante, oggetto dell'erboristeria, funziona come una cura dell'equipaggiamento.
Erba rinvigorente, oggetto dell'erboristeria, rigenera il 5% della riserva energetica. (utilizzato)
Miscela logorante, oggetto dell'erboristeria, applicabile a un'arma per danneggiare l'Energià nemica del 5% a turno, per due turni di gioco.
Corallo, oggetto dell'erboristeria, conferisce un CS ai riflessi e un CS alla concentrazione per due turni di gioco. (utilizzato)
Rubino, oggetto dell'erboristeria, conferisce due CS al vigore e due CS all'agilità per un solo turno di gioco.

Poteri passivi
Audacia, passiva razziale umana, non sviene sotto il 10% delle energie.
Amuleto dell'auspex, auspex passivo basato sull'udito.
Tomo magico, accesso alle pergamene della classe Mago.
Tomo furtivo, accesso alle pergamene della classe Ladro.
Cristallo del talento, accesso al livello successivo del Talento.
Diamanti, 2 CS aggiuntive in Destrezza (due unità).
Illusionista, passiva di primo livello, le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate.
Illusionista, passiva di secondo livello, possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento.
Illusionista, passiva di terzo livello, fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche l'aspetto del caster può essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione.
Mente Impenetrabile, pergamena comune, classe mentalista. Difesa psionica passiva.
Seconda abilità personale, aura psionica passiva di fascino.
Quinta abilità personale, utilizzo della polvere in combattimento per avantaggiarsi infastidendo gli avversari.
Sesta abilità personale, cure di potenza pari al consumo.
Itinerante, "Nessuno farà domande a chi si nasconde allo sguardo della gente", passiva: qualora lo desiderasse, il mantello potrà celare sotto di esso le aure, proteggendole da auspex passivi.
Vene di Pietra, il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edhel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena.
Il Flauto di Cenere, razza selezionata: umana; razza scartata: progenie dei demoni. La razza selezionata subirà danni aggiuntivi dalle tecniche dell'artefatto, come specificato in esse; quella scartata sarà immune ai poteri del flauto.

Personaggi non giocanti
Energia - 45/50
Caleb, 2 pp / 3 pv
Layla, 2 pp / 2 pv
Marven, 2 pp / 2 pv
Rekla, 2 pp / 3 pv
Divoraincubi, 1 pp / 3 pv
Divoraincubi (aggiuntivo), 1 pp / 2 pv

Riassunto
Fatto!
 
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view post Posted on 24/10/2014, 22:13
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········

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« Abbiamo molti avversari fra queste rovine, e prima della fine dovremmo eliminarli tutti. Tanto vale iniziare dai Lizz'eth, adesso, cogliendoli di sorpresa. »


Guardò l’uomo imponente che le stava al fianco e che per la prima volta pareva lasciarle in mano la situazione. Sentiva nella sua voce la totale assenza di compassione. Non importava che per un istante si fossero avvicinati, che lei avesse potuto udire nella voce dello sconosciuto la stessa incertezza che riempiva la propria. Non importava che stessero camminando a pochi metri di distanza, fronteggiando gli stessi pericoli. Quell’uomo imponente non aveva alcun rispetto per i propri alleati, non provava alcun sentimento. E lei, la fragile pallida ragazzina che lo accompagnava, era sicura che non sarebbe riuscita ad ingannarlo per un istante di più. Non avrebbe potuto promettergli una carneficina futura e presto lui si sarebbe stufato di chiedere il suo consiglio.
Strinse le labbra, chinando il capo. Odiava attaccare chi si era mostrato accomodante nei suoi confronti, odiava gli spargimenti di sangue innocente e non provava alcun odio verso quello sconosciuto e le sue truppe.
Gli avrebbe dato una possibilità, decise, avrebbe accontentato ad un tempo la sete di sangue dei suoi uomini e il bisogno che sentiva dentro di lasciarlo andare, di dargli un'altra chance di sopravvivere. Rivolse un’occhiata ad Amadeus, incontrando il suo sguardo ferino, affamato.


Tieniti pronto”.


Appena un sussurro, e già tutti gli altri le si stringevano attorno. Forse avevano capito quello che stava per fare o forse semplicemente speravano che fosse giunto il momento. Il cuore aveva iniziato a batterle più velocemente. Se avesse fallito, se loro avessero reagito in maniera inaspettata, se anche solo uno dei suoi lupi avesse perso la pazienza, lei e i Lizz’eth sarebbero morti insieme. Sentì che respirare diventava più difficoltoso, come se l’aria intorno a lei improvvisamente si fosse fatta densa.
Fece un passo avanti, cercando di inumidire la bocca secca. Per un attimo fu certa che non sarebbe riuscita ad alzare la voce in modo da farsi sentire. Guardò con gli occhi della bambola verso il loro capo, quello che aveva detto di chiamarsi Jace. Incontrò il suo sguardo, e vi lesse sensazioni simili alle proprie: incertezza, impellenza, paura. Aveva diritto ad una possibilità, anche la più piccola, di uscire da quella follia. Forse anche lui era partito con la sicurezza di farcela e ora annusava ovunque l’odore della sconfitta. Forse anche attorno a lui le ombre si stavano facendo più strette. Lui le aveva dato fiducia e lei ora lo ricambiava, gli regalava più di quello che a lei avessero mai dato.


Forse fareste meglio ad andarvene”.


Non aveva ancora finito di parlare che una nube densa si addensò tra di loro, segno che anche gli altri avevano preparato la fuga. Forse avrebbe dovuto semplicemente andarsene anche lei, usare quello schermo per guadagnare una via d’uscita. E invece abbassò il capo, il cenno d’intesa che la bestia aspettava. Come un’ombra le sfrecciò davanti, scomparendo simile a una virgola in una frase ormai pronunciata. Era in questo che lei e lo sconosciuto erano diversi, pensò: lui forse aveva dei sentimenti, qualcuno da cui tornare, qualcuno a cui non raccontare le proprie meschinità. Lei non aveva nessuno, nulla tranne la voglia divorante di non morire. Forse anche lei, come il proprio servo, non aveva neppure un briciolo di umanità.
Sentì un grido, quello che si aspettava, e dalla nube che ormai si dissolveva tornò il cacciatore con la propria preda. La trascinava per i piedi e pareva averle staccato un braccio. Le zanne, ancora sporche di sangue, scintillavano come piccole lune. Trattene un conato di vomito e rimase immobile, impallidita, mentre erano i suoi compagni a farsi silenziosamente avanti.


Un prodigio della tecnica”.


Milyr allungava le mani verso il braccio tranciato, sfiorandone la superficie con le dita. I lupi si tenevano a debita distanza, mentre Kesser sollevava per il bavero la sconosciuta. Non si lamentava, anche se il dolore doveva essere tremendo, e sul suo volto si potevano leggere ancora tracce di sfida e di disprezzo. Doveva essere una donna coraggiosa, nonostante le lacrime che le inumidivano gli occhi, capace di non cedere anche quando tutto sembrava ormai segnato.


Ora dicci quello che sapete, stronzetti meccanici”.


L’uomo ammantato era così alto che la donna non poggiava i piedi per terra. Cercò di dimenarsi, ma ricevette solo uno schiaffo in pieno viso che le fece sanguinare il naso. Ugualmente non gridò. Ainwen pensò che avrebbe voluto essere come lei, così bella e così audace. Strisciò i piedi a terra, cercando di scacciare il senso di disagio che la animava.


Siete solo stupidi, deboli insetti da schiacciare”.


Kesser muoveva il braccio e il corpo sanguinante della sua vittima dondolava a tempo con i suoi movimenti. Ormai a terra la pozza scarlatta era così grande da sfiorare i piedi degli altri che la circondavano. Non sarebbe sopravvissuta per molto, non senza cure adeguate.


Sei davvero un bruto, adepto, non è così che si fa”.


Gli occhi di Quylan scintillavano, mentre faceva scivolare un dito lungo il mento della giovane. La obbligò a guardarlo, ma non c’era compassione nei suoi occhi che scintillavano famelici. Non c’era la promessa della libertà.


Dicci quello che sai, o sarò io stesso a sbranarti”.


Ora tremava, nonostante tutto. Nonostante il suo coraggio. Forse erano solo piccoli marchingegni di una macchina più grande, che l’aveva abbandonata. Forse aveva realizzato che nessuno sarebbe tornato a cercarla. Ainwen conosceva quella sensazione. Si fece avanti a passi decisi. Sapeva cosa voleva dire la sensazione di essere rimasta completamente sola, la certezza di non poter avere scampo. Un solo momento che pare durare una vita, quello della consapevolezza di potersi solo abbandonare al terrore.
Poggiò una mano sottile sul fianco di Kesser, mentre i suoi piedi si immergevano nel sangue.


Lasciala andare”.


L’uomo chinò il capo verso l’Oracolo, in silenzio, prima di aprire la mano. Come un fagotto svuotato, Jakita Snow cadde a terra. Prima che potesse rialzarsi un coltello, piccolo quanto una spina, si piantò nel polso meccanico, inchiodandola al terreno. Strinse le labbra, mentre forse si chiedeva chi fosse la gracile dama cieca che l’aveva gettata da una pena ad un’altra.


Io so cosa vuoi”.


La voce di Ainwen era sommessa, il suo volto innaturalmente pallido e serio. Perfino le lentiggini che le spruzzavano il naso parevano scolorite, come se sul suo corpo fosse scesa la nebbia.


Tu vuoi vivere”.
Negli occhi della preda si accese un barlume di speranza. Dentro il buio della consapevolezza, un lumicino.
Ma se vuoi vivere devi dirmi tutto quello che sai. Tutto quanto”.


La giovane donna ruotò lentamente il coltello. Dalle labbra dell’altra sfuggì un mugolio. Non voleva ucciderla, non sarebbe stato necessario. Ma voleva farle capire chi avesse il coltello dalla parte del manico. Perché il loro peccato era stato di fuggire quando invece avrebbero dovuto combattere. Il loro peccato era stato di essere dei deboli, sentimentali, ingranaggi guasti. Di nuovo il disagio e il disgusto le fecero girare la testa.


Non so molto”.


La voce la fece sobbalzare. Non si era aspettata cedesse subito. si chinò in avanti, inginocchiandosi nel sangue che iniziava ad asciugarsi. Affianco l’orecchio alla bocca da cui le parole uscivano accavallandosi, sconnesse. Alla fine sorrise. E le sue creature, abiette quanto lei, sorrisero allo stesso modo pur non conoscendo nulla. Sorrisero perché lei sorrideva, perché sapevano che presto sarebbe venuto il loro momento.


Intendi mantenere la promessa?


Estrasse il coltello, rialzandosi al fianco di Kesser. Non si guardarono, ma fissarono entrambi la donna che aveva iniziato a tossire sangue. Forse rifletterono su quanto le sarebbe rimasto da vivere, sola in quelle terre. Ainwen si chiese se qualcuno sarebbe tornato per lei, alla fine di tutto, per controllare che fosse davvero morta. E forse avrebbe visto quella macchia senza nome sul terreno e avrebbe sperato che lei fosse riuscita a buttarsi in acqua e a nuotare fino a casa.
Queste sono solo favole.
Nella realtà le cose non erano come le raccontavano i menestrelli. La donna socchiudeva gli occhi, come se si stesse per addormentare. Nessuno si era fatto avanti a fermare l’emorragia. E lei aveva bisogno di una preda perché i suoi non la abbandonassero e non facessero di lei il proprio banchetto. Strinse i denti. Non era contenta di quella decisione, non le arrecava alcun piacere. Non dopo che aveva tradito per due volte quello sconosciuto che aveva dimostrato di non volerla colpire. Ma non aveva scelta. Il caos non le lasciava altra scelta che essere la più forte, e per il solo fatto che fino a quel momento ne era stata capace.
Voltò loro le spalle e li distanziò di qualche passo, lasciandoli fare. Non udì neppure un gemito, solo il rumore del proprio cuore, simile a una campana a morto.





Perchance to Dream

Cs. 3.[Astuzia] 1.[Intuito]* 1.[Determinazione]
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Medio+ Alto) = 76%
Fisico. Illesa
Mente. Illesa

Armi. Coltello

Compagni.
• Capo 3PP 4PV
• Quylan 2PP 4PV (-1) = 3 PV
• Milyr 2PP 4PV
• Goddart 2PP 4PV
• Amadeus 2PP 5PV (-1) = 4 PV
• Lupo 1PP 1PV
• Lupo 1PP 1PV



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


//

.Riassunto.



Come già detto in confronto da Alchimista, rapisco uno dei png di grim (Jakita) per farmi dare informazioni. Dopo di che, per evitare una ribellione dei miei, la lascio nelle loro mani. ç_ç

.Altro.


Sigh grimmy perdonami ç_ç non volevo sigghybiru mi dispiace tanto.
 
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Caccia92
view post Posted on 25/10/2014, 15:20






Yamoto?

Lo sentiva. Era un sussurro appena accennato, eppure riusciva a percepirlo chiaramente in mezzo al rumore prepotente del vento. La voce di una donna, rosa e suadente, lo chiamava da un punto imprecisato del campo di battaglia. Tentò di individuarla, ma i suoi occhi erano bui.

Yamoto, perché lo hai fatto?

Avrebbe voluto rispondere, ma la sua voce era spenta. Avrebbe voluto dire che era stato necessario, che doveva essere fatto. La sua spada era ancora macchiata di sangue, il sangue dei suoi fratelli. Si vergognava profondamente per quello...chi possedeva il coraggio di fare ciò che aveva fatto lui? Nessuno, lo sapeva bene. Lui era unico.

Yamoto, cercami. Io ho le risposte.

Chi sei? Dove sei? Dove posso trovarti?

Cercami.

. . .



« Yamoto, mi stai ascoltando? Che cavolo ti prende? »
Era una voce ben diversa quella che gli torturava le orecchie in quel momento. Si svegliò dal suo torpore, sbloccando una mente intrappolata in un incubo di diversi anni addietro. Era il suo passato che tornava come la risacca di un'onda, proiettando immagini di angoscia e disperazione. Tutte le volte che riusciva a cogliere l'eco delle sue origini, la paura riempiva il suo cuore. Nonostante il terrore, i sensi cercavano, frugavano, si acuivano per strappare almeno un brandello di informazione, un dettaglio che potesse spiegare quegli eventi così lontani. Il bisbiglio della donna era sempre presente, ma gli odori e i rumori cambiavano sempre, come se il suo cervello faticasse a ricollegare i suoni ad un luogo preciso. Era frustrante.
« Perdonami, Dean. Non ho voglia di parlare. » rispose automaticamente.
Dean sbuffò e calciò una pietra. « Questo l'avevo capito. »
Dopo le allucinazioni - almeno così le aveva interpretate - il gruppo si era ricompattato e il viaggio era ripreso verso il cuore della città morta. Non aveva detto a nessuno della sua caduta illusoria, più che altro perché non voleva demoralizzare gli altri. Di tanto in tanto focalizzava le percezioni sul Fauno per capire se anche lui era nella sua medesima situazione. Era assai arduo decifrare lo stato d'animo del compagno. Da quando erano trascorsi gli eventi della grande battaglia, la sua testa faceva fatica a concentrarsi sul presente. Vi erano troppe interferenze, troppi ostacoli. Una moltitudine di particolari interessanti si accalcavano in una mistura incomprensibile. Chi erano quei soldati Samoq? Esisteva un legame con la loro missione? Che cosa era accaduto a Gilth'valar? Domande che, probabilmente, non avrebbero ricevuto risposta. Era forse per quel motivo che Dean insisteva così tanto sulla sua affiliazione: altri avevano già tradito la fiducia delle gilde.
Camminarono ancora per diversi minuti, costeggiando quello che a detta di Loch doveva essere un'antica parte di muraglia interna. Passarono quindi ad una piazzola abbastanza grande, piena di macerie e ricordi. Qui si fermarono. Magress aveva sentito un rumore e Roderith desiderava controllare più approfonditamente la zona. L'altro gruppo acconsentì. Depositarono sacche dei viveri e arnesi secondari per ispezionare con facilità la piazza. Yamoto si sedette a gambe incrociate, coperto dall'armatura, e si immobilizzò. In quella posizione le sue orecchie avevano modo di cogliere anche il minimo rumore, il minimo disturbo. Attorno alla sua figura si muovevano i Samoq e gli Yldir...e anche qualcos'altro. Aggrottò le sopracciglia sugli occhi chiusi per analizzare la situazione.
E sentì il ruggito.
« Porca puttana! Lo Psaurus! »
Non conosceva la creatura chiamata Psaurus, ma poteva facilmente immaginarla: la polvere sollevata erano grandi ali membranose; il verso grottesco era una bocca piena di denti e fumo; la frescura intermittente era un corpo gigantesco e affusolato. Dall'inquietudine ostentata dai suoi compagni si capiva che loro sapevano bene cosa stavano per affrontare. Tutti i sensi di Yamoto si attivarono contemporaneamente, sprigionando l'energia della visione del sangue. Improvvisamente fu in grado di riconoscere ogni forma nel suo campo visivo. Magress, Loch e Lorand erano davanti a lui, Dean e Roderith più scostati. Il Fauno e gli Yldir sostavano in posizione difensiva. Parevano tutti frastornati. Ed effettivamente anche Yamoto non era nel pieno delle sue facoltà, nonostante il pericolo imminente. Il ruggito della bestia continuava a rimbombare nella sua testa, rimbalzava sull'elmo e faceva vibrare il metallo di Amnesia. Le fonti di calore erano aumentate, nuovi mostri comparivano dalle macerie. Erano bestie simili a grasse lucertole corazzate. La minaccia aumentava la sua portata.
Questo...maledetto sibilo...
Percepì un dolore intenso provenire dalla gola. Era riuscito a notare il nemico solo all'ultimo, quando già si era lanciato per azzannarlo. La mole possente dell'animale lo trascinò verso il basso, facendolo sbattere contro il duro pavimento di pietra. Sentì in bocca il sapore del sangue e l'adrenalina che schizzava a mille per permettergli una reazione. Con un colpo di reni si riportò in posizione eretta e diede un calcio alla lucertola che ancora faceva sentire il suo nero alito puzzolente. La sua preoccupazione, tuttavia, non andava alle pedine di sfondamento: era il re che doveva essere abbattuto. Con la coda dell'occhio - sensazione che poteva sperimentare solo in quei pochi istanti di furore - aveva notato che il Fauno stava cercando un modo per tenere a bada i piccoli draghi. Quindi, com'era logico in un combattimento di squadra, il suo compito consisteva nel bloccare lo Psaurus...o almeno doveva provarci. Osservò attentamente la zona per capire chi stava facendo cosa. Dei suoi, solo Loch aveva campo libero sulla grande bestia alata. E un arciere specializzato in tattiche militari rappresentava tutto quello che gli serviva.
« Loch, mi serve uno spiraglio sul drago. Una freccia avvelenata o qualcosa del genere. »
Loch, che in quell'istante riusciva a vedere chiaramente, gli fece un cenno con il capo. Era strano sentirsi normale: in altri situazioni di quiete non sarebbe mai riuscito a cogliere quel minimo movimento del capo. Ma la guerra, il sangue e la morte erano tutt'altra cosa per lui. Il rosso governava la sua massima aspirazione, aspirazione che, come sempre, si realizzava quando colpiva il nemico.
Sguainò le due Albe. Erano necessarie entrambe per il compito che doveva svolgere. Si mosse rapido attraverso il campo di battaglia, silenzioso nonostante la pesante armatura. Fortunatamente, le lucertole corazzate non erano in condizione di fermarlo. Il motivo l'avrebbe scoperto in seguito. Si portò esattamente sotto il sinuoso corpo dello Psaurus, pregando Loch di sbrigarsi.
Ed ecco, una freccia di un colore elettrico - meravigliosa, poteva vederla - sibilò nell'etere disegnando una parabola perfetta. Yamoto incrociò le spade e concentrò l'energia di Amnesia nelle lame. Bisbigliò una preghiera per farsi forza mentre mimava il gesto di un pittore. Il suo quadro era una "Y" di colore scuro sul terreno della piazza di Gilth'valar. La sua lettera, la lettera della sua razza. La lettera nera della prigione. Esisteva un sottile nesso tra la magia di Amnesia e le sue origini.
Come lui era prigioniero del buio, il buio imprigionava i suoi avversari.










CITAZIONE

Y A M O T O

jpg

CS 10 (Forza 4 - Destrezza 5 - Percezione 1)

Critico {36%} ~ Alto {18%} ~ Medio {9%} ~ Basso {5%}

Fisico [125% - Medio alla nuca, Medio alla spalla, Basso alla gola]
Mente [45% - Leggermente stordito]
Energia [64%]


Il Soldato Cieco
malus di cecità; udito finissimo; auspex basato sul calore; immunità alle passive psioniche; immortalità fintantoché indossa l'armatura; 2 CS aggiuntivi alla Forza quando l'avversario usa una tecnica magica; vittoria su tutti gli scontri a parità di CS.
Amnesia
armatura; 4 CS aggiuntivi alla Forza; possibilità di sollevare armi molto pesanti; straordinaria resistenza al dolore; grado di sopportazione fisica fino al 150%, resistenza alle psioniche fino al 50%.
Le due Albe
spade gemelle wakizashi e una katana aggiuntiva; Miscela debilitante (1); Rubino (0).

Attive
- La tecnica ha natura magica e crea una sagoma di luce a forma di Y sotto i piedi del nemico, che ne blocca totalmente il movimento per tutta la sua durata, impedendogli qualunque azione. Fili invisibili, di colore nero e simili all'armatura dello Spettro, compariranno dalla sagoma e afferreranno i polsi e le gambe dell'avversario. Questi fili potranno essere spezzati se interessati da un ammontare di danno pari ad Alto. Il nemico, quindi, potrà liberarsi della tecnica spezzando i fili o ricorrendo ad altri stratagemmi idonei a sottrarlo dagli effetti di questi. Se non infranti, i fili bloccheranno il nemico per tutta la durata della tecnica, che sarà di due turni, compreso quello di lancio, terminando alla fine del secondo turno seguente dell'avversario. La tecnica agisce su tre dimensioni, interessando anche i nemici volanti (Alta).

- La tecnica ha natura fisica. Ha effetto sull'attacco immediatamente successivo scagliato dal caster, potendo interessare sia armi da lancio che armi da mischia. Il caster, forte della sua ampia conoscenza dei punti nervosi del corpo, potrà paralizzare parzialmente l'avversario colpendolo in un centro nervoso. L'attacco, quindi, non si differenzierà in nessun modo da un qualunque attacco fisico, se non nella circostanza che sia diretto ad un punto particolare e, ove non difeso, causerà una parziale paralisi degli arti dell'avversario. Questi, infatti, sembreranno muoversi con difficoltà e non rispondere del tutto al comando. L'effetto paralizzante potrà essere applicato a qualunque attacco portato dal caster, anche attraverso altre tecniche, aggiungendosi ad esso e non sostituendosi. Questo può anche essere personalizzato con rimedi scenici che ne giustifichino la natura: l'importante è che tale colpo sia sempre riconoscibile come "speciale" e quindi "differente" dal suo stato normale, a patto che non venga ostacolata la riconoscibilità dell'attacco e del caster in quanto tali (quindi, una tecnica fisica utilizzata insieme a questo colpo, sarà riconoscibile sia in quanto tecnica fisica, sia in quanto aggiuntiva di un effetto "paralizzante", giacché - per esempio - il colpo viene indirizzato alla schiena dell'avversario). L'effetto subito dall'avversario dovrà consistere in un ostacolo ai suoi movimenti, potendo intorpidire i muscoli, ostacolare il movimento degli arti, o dilungare i tempi di reazione - azione dell'avversario. La durata è comunque istantanea, ma l'effetto durerà per tutto il combattimento e subirà anche un danno Basso dalla tecnica. La tecnica non implica automaticamente la conoscenza anatomica del corpo dell'avversario, rimettendosi alla sportività del giocatore, o ad altre tecniche a supporto, la capacità di conoscere il punto esatto in cui applicare la tecnica (Media, utilizzata da Loch.)

Riassunto/note
Passo direttamente alla parte del combattimento, più importante in questo post rispetto al contorno. Yamoto subisce il ruggito dello Psaurus e resta leggermente stordito a causa di questo. Non vede arrivare, di conseguenza, la lucertola corazzata che lo azzanna alla gola. Dopo un momento di deconcentrazione, riesce a rialzarsi facilmente e a calciare via l'avversario minore (forte dei suoi CS e della sua resistenza al dolore). Fatto questo, ignorando tutto il resto - di cui si occuperà Yu - chiede a Loch un colpo paralizzante e si fionda sotto il nemico principale. Qui disegna una Y sul terreno e attiva la "Trappola Imprigionante". Nel mentre giunge la freccia paralizzante di Loch (mi sembrava perfetto per il compito) con lo scopo di tenere bloccato lo Psaurus.
Ho segnalato le energie spese dal mio gruppo e un piccolo danno subito da Roderith nello scontro.

Gruppo Samoq, gli Spettri di Gilth'alas:
Energia [40%]

- Maggiore Roderith [3PV]: Leader del gruppo.

- Loch "Arco Sacro" [2PV]: Arciere specializzato nel tiro sulla lunga distanza. Possiede un arco di corno rinforzato molto robusto e flessibile. Ha una vista eccellente, è solito utilizzare frecce avvelenate o infuocate in base al compito che gli viene assegnato. Indossa un'armatura di cuoio leggera e sul viso porta un caschetto con due lenti di differente portata. Molto giovane e avvenente, non è nuovo a missioni segrete.

- Magress "Informatore" [2PV]: Fante molto agile e astuto, dedito alla raccolta di informazioni. Sa cavalcare molto bene ed è un velocista nato. Non indossa armatura per essere il più leggero possibile. Ha un udito estremamente fine e sa come ricavare dettagli fondamentali anche da semplici conversazioni. Porta un pugnale nella cinta.

- Dean "Tonante" [2PV]: Balestriere troppo loquace. Quando vuole sa essere silenzioso, ma in tutti gli altri momenti parla a volontà. Eccellente scalatore e stratega, conosce alla perfezione la città di Gilth'alas. Con la balestra non ha rivali. Utilizza dardi rinforzati in acciaio e indossa una cotta di maglia.

- Lorand "Maestro" [2PV]: Un anziano spadaccino che negli anni ha sviluppato un'abilità con il fioretto senza eguali. La sua lama è rapida e precisa. Non parla quasi mai e quando lo fa è per rivelare particolari importanti. Sa quando stare al proprio posto e quando è giunto il suo momento. Possiede, inoltre, una mente brillante che lo rende in grado di risolvere i rompicapi più complessi.

 
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The Grim
view post Posted on 25/10/2014, 18:30





La domanda martellava nella testa del cartomante, impellente: che fare?
Gli altri avevano ragionare nel tentennare, nel dubitare dei Serywar, bastava il tanfo eccitato del loro sudore a captare nell'aria la loro voglia di scaricarsi. Nei loro occhi mostruosi brillava un luccichio di folle crudeltà, la brama eccitata di sangue e forse della carne dei Lizz'eth; erano demoni in tutto e per tutto. La loro stessa anima brillava di una nube vermiglia di violenza, o così appariva agli occhi dello Stregone: come un torrente tenuto a malapena a bada da una diga. Ciò che rendeva però l'atmosfera pesante e angosciosa era un dettaglio che alle orecchie di molti sarebbe suonata come ridicola e risibile: l'assenza di un nemico. Era quello a rendere il tutto penoso oltre ogni limito, perché tutti sapevano bene che lui esisteva, che Samoq e Yldir attendevano a qualche passo di distanza, magari proprio dietro il prossimo corridoio o sotto quel cumulo di ruderi e fanghiglia, o forse al secondo piano di quelle case; ogni ombra era una minaccia in potenziale, il preludio di un'imboscata. E dunque Jace, assecondò i consigli dei maghi, e disse al gruppo di preparare un diversivo e poi fuggire con tutte le energie che avevano in corpo. Fu Randall, con il suo solito cipiglio furbo e il ghigno lupesco, a farsi avanti e così mentre marciavano tra i vicoli tetri e desolanti lasciò cadere una piccola sfera di bronzo per terra, costellata di piccoli fori su tutta la sua superficie. La biglia rotolò sul suolo senza combinar alcunché, poi però d'improvviso dalle fessure proruppe del gas, grigio e denso che si espanse con una rapidità innaturale, gonfiato dai segreti della magia Lizz'eth. Ed il gruppo svanì nella coltre nebbiosa, correndo a perdifiato fra quella città che lentamente li stava stritolando e divorando, pezzo dopo pezzo.

ɲ Ɏ ɳ

" Fermi, disgraziati!
Non dobbiamo andare da questa parte, da là si va per la sua tana.


Il cartografo gridò isterico, gli occhi che si allargavano pieni di panico. Ci aveva già parlato della grande bestia che si aggirava a Gilth'valar, nei pressi del ponte che conduceva alla cittadella, la nostra meta. La paura rendeva la sua voce acuta, quasi stridula; una di quelle cose che avrei preferito evitare.

" E quindi? Torniamo indietro? "

" Alear dovevi dircelo prima, maledizione. Da qua tornare indietro significa imbattersi in quei vermi sudici, o gli organizziamo un'imboscata o dobbiamo continuare avanti. "

Jace si bloccò, soppesando le alternative. Da una parte c'era un rischio sicuro, dall'altro un enorme punto interrogativo; di quella creature c'erano solo voci e poteva benissimo essergli accaduto altro. E poi ad esser sincero, a uccidere bestie si trovava a suo agio, e non a caso l'avevano insignito di una Carreg o Wythïen, le armi dei custodi dell'Edhel. Di cose simili se ne intendeva, e non ne aveva certo paura, o meglio di quella ne aveva e pure tanta, ma sapeva come gestirla e come industriarsi per contenerla e farla sua; ad usarla come una cote ed affilare la punta della sua lancia.

" No, continuiamo.
Un uccellaccio non mi fa paura, ed anzi ho qualche trucco in tasta che forse farà al caso nostro. Se il Fato ci assiste non troveremo alcun ostacolo sul nostro cammino, o forse un alleato inatteso se le cose si fan più complicate.
"

" E con Jakita come la mettiamo? "

La voce sottile, quasi sussurrata, di Alecca paralizzò il gruppo. Nessuno fino a quel momento s'era accorto, preso com'era dalla fuga o dalle altre discussioni sul da farsi, dell'assenza della donna. Il vecchio scienziato, che fino a quel momento non s'era mai scomposto fino al momento, sbiancò tutto di un colpo, come se il sangue fosse fuggito dalle sue vene in solo istante. Elijah non disse nulla, ma si lasciò cadere a terra, privo di forze. Gli sguardi s'incrociavano, nervosi e incerti, ripetendo la domanda che li attanagliava da prima della loro fuga. Cosa fare? Cosa aspettarsi?
Paralizzati in attesa di un destino incombente,
la spada di Damocle che oscillava su di loro.

" Ehm,
abbiamo un problema.
"

Come si suol dire in simili circostanze, Jace se l'era chiamata. Il fragore della battaglia esplose nelle loro orecchie, mentre polvere e pulviscolo s'alzavano oltre le cime dei palazzi. L'enorme sagoma di Psaurus sbucò dalle nubi calando sulla piana, con le sue enormi ali che oscuravano il cielo, il ventre serpentino prominente, gli artigli che si torcevano crudeli. Pareva un drago ma non aveva l'aura regale di quelle maestose creature, sebbene ispirasse la stessa ferocia, quella di un predatore che non possedeva rivali. Tuttavia non era il solo, e sotto di lui stavano altri a fronteggiarlo, ombre minute e quasi insignificanti rispetto alla bestia. Per un istante Jace aveva pensato che fosse il gruppo dell'aedo, gli Orhan, qualcuno da cui non temere alcunché, ma non era che una flebile speranza, l'illusione di qualcosa d'impossibile. Il loro grosso numero e la vicinanza doveva suggerirgli immediatamente di chi aveva incontrato: Yldir e Samoq, alle prese con la bestia alata e altre strane creature. I Lizz'eth si erano cacciati dalla padella alla brace ed ora si trovavano nel peggiore fra i tanti scenari possibili. Per quanto disperata la situazione, il cartomante sapeva che per loro c'era ancora una possibilità visto che né gli altri né i mostri s'erano accorti di loro. Ordinò alla sentinella di pietra di far rialzare Snow e badare a lui, poi lui e Randall si avvicinarono al piccolo e fin'ora ignorato costrutto, il piccolo automa metallico, prelevando da lui un vero e proprio armamentario. I loro inseguitori avrebbero avuto una bella sorpresa.

specchietto

CS:5 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1
Critico 26 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5

Stato Fisico: Illeso,
Stato Psicologico: Danno medio alla psiche,
Energia Jace: 90 %
Energia Mercenari: 40 - 10 = 30 %
Passive in Uso:


° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Ogni volta che un avversario usa una tecnica magica guadagna 2 CS in Intuito per quel turno,
° Le tecniche offensive ad area di Jace hanno potenza pari al consumo,
° Una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto;


Riassunto azioni: Il gruppo di Inventori confabula e non fidandosi della fama dei Serywar preferisce darsi alla fuga, Randall usa Gas di scarico durante la quale Jakita è separata dai Lizz'eth. Il resto continua la fuga, accorgendosi della scomparsa solo all'arrivo nella zona, dove decidono di piazzare le mine contenute nel costrutto per prepararsi alla battaglia. [1 uso]

CITAZIONE
Gas di scarico: La tecnica ha natura magica, e genera una nebbia magica impenetrabile agli occhi degli avversari. Per far ciò è necessario consumare una quantità Media di energie, che genera però una tecnica di dissimulazione pari a Basso poiché considerabile come ad Area. Ad ogni vittima basterà dunque una tecnica difensiva di potenza Bassa per difendersi dall'accecamento.

Note:


 
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Aper army
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Օրն դավաճ ~ Days of Betrayal ~ Գերակայ

~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~
Capitolo I: Supremazia

Atto VI
Turno 3


(Vahram [pensato, lingua aramana], Bahriye, Capitano Drunn, Azmiye Karrady, Lamatriste, Tatà, Caleb.)


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Gilth'valar, Alacrisia ~ Ora del giorno e posizione imprecisate.

L’oscurità permase fredda e soffocante nell’innaturale silenzio del nulla, ma l’oblio che fu eterno per gli avi gildani Ashand nel profondo della mente di Vahram non durò che pochi secondi; improvvisamente sentì il pietrisco pungergli la guancia e la polvere impregnargli la barba. La luce cupa e malata della vera Gilth’valar inondò nuovamente i suoi occhi sbarrati e il volto contratto nell’espressione di un uomo che stava annegando. Annaspò confuso, spingendo i palmi nel terreno nel tentativo di rialzarsi; a fatica riuscì gradualmente a realizzare di essere tornato nella realtà.
Aveva vissuto solo uno sprazzo dell’immenso orrore che aveva investito quella città, ma dopo ciò che aveva scorto in quella visione, quei ruderi scheletrici adunghiati dalla vegetazione rapace gli apparivano più sinistri e insidiosi di quanto fossero stati ai suoi occhi prima d’ora. Come una moglie che vede ogni battaglia incavata nel volto del marito appena tornato dalla guerra, ebbe la vaga sensazione di riuscire a cogliere ogni dramma e ogni atrocità consumatasi tra quei nefasti e cadenti labirinti di pietra. Era una sensazione indescrivibile... terribile.
Alzò la testa, accorgendosi dei compagni e della squadra degli Orahn che, come lui, si stavano a mano a mano ridestando da quella traumatica allucinazione. Con aria scossa e confusa, Azmiye e Drunn si erano alzati a sedere, massaggiandosi la fronte con il palmo della mano, guardandosi intorno come per cercare negli occhi degli altri lo stesso timore che aveva sconvolto la loro anima.

«Lo sapevo... lo sapevo... Non dovevamo venire qui. Stiamo compiendo una pazzia. È la rovina! Ci farete ammazzare tutti.» L’elfo sfregiato si era già alzato e stava dando ancora aria alla bocca, puntando il dito ammonitore contro i primi che gli capitassero a tiro.

Separata dagli altri, Vahram scorse la piccola sagoma di Tatà, sdraiata sul fianco, appoggiata su un gomito. La ragazza restava immobile, lo sguardo rivolto al suolo, gli occhi spenti. Pareva quasi incapace di alzarsi in piedi dallo shock.
Solo Manos e un vecchio ossuto membro degli Orahn parevano non aver accusato così traumaticamente l’avvenimento: mentre il vegliardo aiutava il bardo – quello che tra tutti pareva essere messo peggio –, il maestro assassino se ne stava appollaiato in disparte, in un angolo, accoccolato nel suo mantello d’ombra, che svolazzava lento a un vento fantasma. Non dava l’impressione di essere scosso, né agitato; rimuginava a bassa voce, in una lingua sibilante, ponderando qualcosa di oscuro.
Il guerriero ansante si alzò e si avvicinò al capo della compagnia Ashand.

«Cos’era quello?»

L’assassino alzò la testa e ricambiò lo sguardo. «Quello? Ciò che hai appena visto?» Tornò a guardare il terreno, come per cercare una giusta, coincisa e accettabile risposta. «Gli ultimi istanti della Vergogna. Ricordi perduranti in questi luoghi... O forse un ammonimento. Oppure qualcuno sta semplicemente cercando di spaventarci.» Levitò in piedi e avanzò per passare in rassegna i suoi uomini. «Ma non pensare nemmeno di lasciarti influenzare da quelle illusioni, non farti venire strane idee.» Restò a guardare le due squadre raccapezzarsi, parlottare sommessamente e timidamente di ciò che ognuno aveva visto. Mentre Azmiye era impegnata a spiegare all’insofferente Lamatriste quanto le dessero il voltastomaco le sue inutili lamentele, il Capitano Drunn era premurosamente andato in soccorso della piccola Tatà, mettendole un braccio intorno alla vita e aiutandola a tornare in piedi. A vederla pareva il membro del gruppo messo peggio: tremava, solo gli dei sapevano cosa avesse visto nella propria visione. Manos sospirò.

«La nostra situazione attuale è già fin troppo precaria.»

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Vista l’atmosfera di tensione che aleggiava all’interno del gruppo, si decise di proseguire con calma, cautamente. Azmiye e Lamatriste furono mandati in avanscoperta affinché perlustrassero la zona. Ritornarono incolumi, per il sollievo di tutti, dopo alcune decine di minuti riferendo di non aver individuato né trovato tracce di anima viva. L’area sembrava sicura, ma qualcosa di bizzarro si ergeva in quel luogo, svettante in lontananza, sopra le rovine. I due esploratori guidarono la compagnia all’interno di un’ampia piazza, al cui centro torreggiava il colossale obelisco pulsante di energia arcana.

«Molto bene.» Caleb avanzò, indicando l’immensa struttura marmorea. «Se i miei occhi non mi ingannano, ci troviamo di fronte a quello che gli antichi chiamavano Osservatorio. Forse a breve potremmo assistere a...»

Appena il gruppo varcò il perimetro del piazzale, i solchi incisi in complessi arabeschi sul terreno s’irrorarono di luce scarlatta, la quale fluì rapida partendo dal bordo esterno fino a convergere sul monolito. Tutti si ritrassero, allarmati da quel fenomeno prodigioso, ormai immancabilmente scettici dinanzi a qualunque bizzarria comparisse loro innanzi in quella maledetta città; Caleb però non si mosse, anzi pareva quasi che sapesse e aspettasse ciò che stava per accadere, e questo probabilmente bastò a trattenere Tahlhar, già pronto a filarsela a gambe levate.
Un’esplosione accecante investì ogni cosa. Improvvisamente Vahram percepì il suo spirito vibrare, trascendere la carne e le ossa e librarsi in alto sopra l’immensa città in rovina. Era un’esperienza conturbante, ma al contempo inebriava il guerriero di uno strano senso di onnipotenza. Non sapeva spiegarne il motivo, ma ciò che provava gli parve curiosamente simile alla visione che aveva colto tutti poco prima, solo che questa volta tutto sembrava più nitido, più controllabile. Percepì diverse presenze in un certo punto della città. Fu curioso, e immediatamente, rapido come il pensiero, il suo spirito raggiunse quelle aure. Trasalì nel ritrovarsi in mezzo a quella battaglia, nello scorgere il mostro alato sorvolare le rovine vomitando gelo sulle teste dei guerrieri sottostanti, impegnati a combattere strane creature rettiloidi. Riconobbe quegli uomini: erano i Samoq, insieme agli Yldir. Gli bastò un piccolo desiderio per spostarsi alle calcagna dei Liz’zeth, accompagnati dal cartomante, in fuga dai Serywar, inconsapevolmente diretti verso un pericolo ben peggiore. Si spostò ancora, questa volta al fianco dei servitori degli immondi, intenti nel frattempo a seviziare orribilmente una donna, una della gilda Liz’zeth con tutta probabilità. Ainwen passeggiava poco lontano, mortificata, incapace di guardare la scena. Vahram poteva udire le loro parole come se si trovasse laggiù insieme a loro, sentire sulla sua pelle la loro paura o la loro esaltazione, la loro disperazione. Indugiò a lungo su ognuno di essi, studiandoli, ascoltando le conversazioni e le grida concitate. Infine tutto disparve, esattamente come era accaduto durante la visione precedente, tranne per il fatto che questa volta non si trovò a vivere alcuna rimembranza apocalittica.

«Sono belli che morti! Hahaha! Dovremo passare a raccoglierli col cucchiaino.» Ad accoglierlo furono i commenti balordi di Drunn e le risate degli Ashand. La vista delle altre gilde impegnate a scannarsi tra loro non poteva che esaltarli e renderli ancora più agguerriti. Una fugace consolazione: solo gli dei sapevano quale sventura ci sarebbe stata in serbo per loro.

Forse quello era il momento giusto per porre alcune domande a Manos e Caleb riguardo al Talamith: forse più tardi non ci sarebbe stata un’altra occasione per parlare in serenità.

Squadra Ashand ~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~

[In una città in cui il crimine più grande è il furto di informazioni, come potrebbe non prosperare il frutto del peccato originale? Nel mondo dove i segreti sono la merce di scambio più preziosa, dove un sussurro vale più della vita di un uomo, i ladri, le spie e gli assassini sono i figli prediletti di una madre crudele e priva di misericordia. Gli Ashand strisciano nei mercati e nei vicoli bui, nelle grandi sale e nei sontuosi palazzi. Si annidano nell'ombra e camminano apertamente sotto il sole, forti della potenza della loro gilda e della consapevolezza che tutti si affidano a loro, quando si tratta di sottrarre qualcosa a qualcuno. Alcune gilde li tollerano a malapena, eppure anch'esse si servono di loro, in uno strano rapporto contraddittorio che è la grande caratteristica di Gilth'alas stessa. C'è chi mormora che si radunino al di sotto della città, nelle fogne e nei cunicoli scavati nel ventre del Gioiello delle Gilde, ma del resto sono solo supposizioni. E' difficile carpire un segreto ad un ladro, e in quel campo loro sono i migliori.]
» Allineamento: Malevolo
» Propensione ad alleanza: Liz'zeth
» Propensione a rivalità: Ennomos, Samoq

» Bonus: • 2 slot Esplorazione: prima di muovere possono mandare un png in ricognizione in una casella attigua che, se non counterato, torna a riferire
• ? [celato]
• ? [celato]
» Malus:
• Sono obbligati a combattere contro Ennomos e Samoq
» PnG:
• Capo 2PP 3PV
• Truppe 2PP 2PV

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Energia: 50%

Manos: 2 PP / 3 PV
Azmiye Karrady: 2 PP / 2 PV
Capitano Drunn: 2 PP / 2 PV
Tahlhar "Lamatriste" 2 PP / 2 PV
Tatà: 2 PP / 2 PV


Abilità utilizzate:
(Nessuna)


Specchiettosfondoheaderpx_zps802a5de7

~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Verde
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tenacia


Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Danno Basso):
Contusione alla guancia des. (Bassa).

Mente (Danno Medio):
Danno mentale (Medio).

Energie: 80%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: In mano
Spada: Infoderata
Ferro: Infoderato
Arco (15): Infoderato
Pistola (5): Infoderata

[size=3]Armature:
Mantello, brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~



(Nessuna)
(Nessuna)


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Eccomi! Nulla da dichiarare, a parte il fatto che ho aggiunto lo specchietto per la squadra. Finora non l'ho messo dato che i miei PNG non avevano fatto/subito nulla di necessariamente riportabile nel loro profilo. :wow:

EDIT: Sistemati alcuni errori di codice nello specchietto squadra.


Edited by Orto33 - 26/10/2014, 04:02
 
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Il fascio di luce blu sparì nello stesso mistero che lo aveva generato; la realtà assumeva connotati ben diversi da quelli percepiti dal Fauno in precedenza. Lo riusciva a sentire, ora, quel dolore e quella desolazione che non solo investivano il luogo, ma anche ciò che lo abitava. Che fossero creature viventi o semplici ammassi di polvere, tutto richiamava un lamento d'agonia che incideva la pelle di chiunque osasse profanare quel passato nefasto. Un lamento che quasi godeva della compassione del Fauno, che aveva ormai rivolto i suoi pensieri a ciò che era stato, piuttosto che - come suo solito, a ciò che sarebbe potuto essere. Nella sua mente non vi era più spazio per il grande Creatorum inteso come una comunità di bestie libere da ogni vincolo o prigionia; aveva messo da parte tali speranze, per rivolgere la sua preoccupazione per le fiamme che una volta avevano consumato quel progetto celestiale. Il divampare del fuoco, le grida degli innocenti, la distruzione di ogni accenno di salvezza e libertà. Schiavi di una forza in grado di soggiogare qualsiasi creatura, erano andati contro la loro stessa natura, riducendosi sempre più fino a diventare granelli di polvere, in balia del vento sinistro della città morta.
Lo guardò, il guerriero cieco, avvertendo la stessa aura di spessore avvertita nell'illusione che li aveva coinvolti entrambi. Lo guardò ed ebbe pietà di lui, perché aveva assistito allo stesso spettacolo di morte che aveva sconvolto la vita interna del Fauno; in qualche modo, sembrò avvertire anche dall'altra parte un senso di compassione. Entrambi avrebbero preferito difendersi da quella visione, ed entrambi avevano fallito nell'intento, lasciandosi sprofondare nella disperazione.

Il cammino proseguì silente, sotto lo sguardo severo di un timore talmente intenso da poterlo toccare con mano. Nessuno dei presenti osava dire una parola, nemmeno coloro i quali non erano stati partecipi della visione - ma che in fondo avevano vissuto sulla propria pelle quelle vicende, tempo prima. Il paesaggio mutò drasticamente, passando da macerie ed ammassi di pietre crollate ad una vasta piana di roccia smussata dal tempo che faceva da anticamera ad enormi costruzioni ancora in piedi, seppur visibilmente malridotte. Un soffio di vento, aveva pensato il Fauno, avrebbe potuto distruggere quel delicatissimo equilibrio, devastando le poche traccie ancora rimaste della vecchia città splendente e della sua civiltà avida e corrotta, che aveva provocato solo miseria e rassegnazione. Il gruppo - che ora sembrava essere entrato più in intimità - si fermò improvvisamente. Tark drizzò le orecchie, poi bloccò i movimenti dei suoi discepoli, che ancora litigavano per chi avesse avuto più paura di combattere i mostri di qualche ora prima.
Seguirono attimi di silenzio; un'assenza di suono ancor più profonda di quella successiva alla visione. Poi un ruggito, seguito dal grido d'allerta di uno degli uomini Samoq.
« Porca puttana! Lo Psaurus! » la voce si spanse velocemente in tutta la piana. I due gemelli indietreggiarono, spaventati, riparandosi dietro il loro padre adottivo, che rivolse uno sguardo severo ad entrambi, prima di rivolgersi a Poh. « Abbattiamolo in fretta o scappiamo, Pohrrient. Non è una creatura con la quale poter andare con i piedi di piombo. »
Di nuovo.
Nessuna esitazione.
La prontezza nel distruggere un proprio simile.

Cosa avevano imparato dal passato?
« E' un nostro simile.. una bestia, possiamo provar- » il ruggito dello Psaurus interruppe il discorso del Fauno. « NO. Non è nulla che possa assomigliare a noi, Fauno. Abbattila assieme a noi o mettiti da parte. Un intralcio è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. »
La durezza delle parole di Tark colpì l'animo del Fauno, che cercò di schermare la propria mente dal grido devastante della creatura volante. Come poteva Tark essere sicuro di quello che stava dicendo? Come poteva saperlo, se erano anni che non metteva piede in quel luogo?
Cosa gli stavano nascondendo, gli Yldir? Non era.. uno di loro?
Un groviglio di rami e liane si diramò con prontezza dal corpo del Fauno, difendendo lui e tutti coloro che erano vicini - anche i Samoq, che si erano avvicinati alle truppe degli Yldir in una posizione difensiva - dal soffio gelido dell'enorme volatile.

Avrebbe tanto voluto che quell'offensiva avesse potuto in qualche modo convincerlo dell'aggressività del mostro, eppure in cuor suo egli sapeva fin troppo bene che non era la cosa giusta da fare. Anche mentre una piccola creatura - una sorta di miniatura dello Psaurus - lo caricava, colpendolo al costato, il Fauno continuava a pensare che, in fondo, lo Psaurus era proprio come loro, e che non stava facendo altro che difendendo il proprio territorio.
Che stessero facendo quello, gli Yldir? Stavano forse difendendo il Creatorum, affinché il passato non si verificasse nuovamente.
Ma a che prezzo? Quanto ancora si sarebbero dovuti spingere oltre?
« Liberate le vostre catene e distruggete il monarca. »
L'influenza di Tark riuscì a penetrare le difese delle creaturine che si erano staccate dal corpo dello Psaurus e al quale avrebbero ora rivolto i propri attacchi.

Osservò il coraggio dei suoi simili e dei guerrieri Samoq; per qualche istante nella sua testa figuravano due scelte. Combattere e difendere il proprio territorio, o scappare, tradendo i propri principi.
Dissolse i rami davanti a lui, il suo cuore batteva come non mai. Nessuno lo avrebbe consigliato, soprattutto non sua madre Kjed.
Stette fermo. Semplicemente, non sapeva scegliere.



Pohrrient
tecnicismi



Capacità Straordinarie: 11 (3 alla Forza, 3 all'Agilità, 2 all'Intuito, 2 alla Saggezza, 1 alla Ferocia)

Energia: 72%
Stato Fisico: Danno basso al bacino. {93,75%}
Stato Mentale: Ottimale. {100%}


Yldir
truppe



Energia: 40%
Stato Fisico: Danno basso da graffi. {93,75%}
Stato Mentale: Danno basso da confusione. {93,75%}


Auree di Gelo
passive in uso



1/10 Abilità Personale Natura Fisica; Poh riesce ad avvertire la presenza di altre figure nelle vicinanze grazie al suo olfatto. Conta come un auspex passivo. (Passiva)
2/10 Abilità Personale Gli attacchi fisici di Poh causano metà danno al fisico e metà alla mente. (Passiva)
3/10 Abilità Personale I colpi inferti da danni fisici da parte di Poh infliggono più danni del normale, arrivando il colpo in profondità, fino a raggiungere i muscoli e le ossa. (Passiva)
4/10 Abilità Personale Le tecniche offensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
5/10 Abilità Personale Le tecniche difensive ad area non dimezzano il loro potenziale. (Passiva)
Passiva primo livello Fattucchiere Le attive del dominio causano anche una malia psionica passiva che si materializza sotto forma di un forte senso di disorientamento. (Passiva)
Passiva secondo livello Fattucchiere Le attive del dominio depotenziano di un CS in più. (Passiva)
Passiva terzo livello Fattucchiere Quando Poh utilizza un'attiva del dominio guadagna 2 CS in Destrezza fino alla fine del turno. (Passiva)
Muoversi al Buio [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di affidarsi, in caso di oscurità o altri ostacoli visivi, all'olfatto e alla vista per orientarsi e per compiere le sue azioni. (Passiva)
Tattiche di Combattimento [Guerriero] Natura Fisica; Poh è in grado di sfruttare il campo di battaglia a proprio vantaggio. Inoltre, egli riuscirà a vincere gli scontri a parità di CS. (Passiva)
Irriducibile [Pergamena Vuota] Natura Fisica; Poh è in grado di combattere fino alla morte, nonostante le ferite e i danni subiti. Non è immune al dolore fisico. (Passiva)
Conoscenza Anatomica [Cacciatore] Natura Fisica; Poh è in grado di individuare il punto debole degli esseri immortali, potendo così fronteggiare qualsiasi creatura.(Passiva)
Passiva Razziale Gli animali selvaggi non saranno ostili nei confronti di Poh, che avrà con loro una vera e propria empatia selvaggia. (Passiva Razziale)
Amuleto Razziale Poh potrà sempre capire se un altro individuo è più o meno forte di lui - in base alla pericolosità -. (Passiva Razziale)
Amuleto del Poliglotta Poh può parlare la Lingua del Nord.
Cristallo del Talento Poh accede al terzo livello del dominio Fattucchiere.


Segni della Madre
attive utilizzate



10/10 Abilità Personale Natura Fisica; Poh può sfruttare il proprio corpo - rinvigorendolo o facendo crescere rovi o tronchi - per difendere sé stesso ed i propri alleati da eventuali offensive nemiche. Conta come una variabile di difesa fisica ad Area. (Medio ad Area)

Autocontrollo [Pergamena Vuota] Natura Psionica; Poh è in grado di schermare la propria mente da eventuali attacchi psionici nemici, rendendo i propri pensieri impenetrabili. (Basso)

Trappola del comando: il cacciatore crea una sagoma di luce sul campo di battaglia e tutte le creature sotto il controllo dell'avversario, evocazioni o compagni animali che siano, vengono assoggettate a se e rivolte contro il loro padrone.
La tecnica ha natura magica. Il caster crea una sagoma di luce sul terreno, con l'effetto di controllare evocazioni o compagni animali dell'avversario. La sagoma di luce potrà essere totalmente personalizzata nella forma e nella natura, purché permetta di identificare chiaramente l'area di effetto della tecnica. Qualunque evocazione o il compagno che entri, o sia presente, entro i confini della sagoma di luce, sarà controllato magicamente dal cacciatore, attraverso un assoggettamento magico del corpo fisico della creatura, che non potrà ribellarsi ai comandi impartiti. L'evocazione, o il compagno animale, così controllato non otterrà capacità ulteriori rispetto a quelle da lui possedute e, per un singolo turno, osserverà gli ordini dell'utilizzatore della tecnica, che potrà controllarlo proprio come se fosse una suo. Non è possibile utilizzare questa tecnica in fase difensiva, per bloccare gli attacchi fisici dei servitori del proprio nemico, ma solo in fase offensiva, a pena di sanzioni in sportività. Per controllare un'evocazione è necessario spendere un consumo pari a quello utilizzato dall'avversario per richiamarla sul campo. Per controllare un compagno animale, invece, è sufficiente un consumo Basso.
Consumo di energia: Medio (Utilizzata da Tark)


Racconti del Passato
riassunto



Mi difendo - solo Poh - dalla psionica del nemico con la variabile di difesa psionica, dunque subisco la carica del nemico, mentre i miei PnG riescono ad evitare gli attacchi degli altri avversari, tranne uno che, a causa delle sue basse CS, incassa un danno Basso a causa dei graffi dei nemici. Difendo tutti con la variabile magica ad area, evitando quindi l'attacco dello Psaurus. Infine, Tark casta trappola del comando sulle creature in campo, con un consumo Medio - ipotizzando siano compagni animali e non evocazioni - ad area e ne scaglia la maggior parte - sette - verso il nemico e l'altra parte la manda in cerca di eventuali pericoli nella zona.
A voi!

 
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{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: Anna }

I due lupi sollevarono i musi lordi di sangue dai resti della giovane, brandelli di carne che ancora penzolavano dalle zanne ricurve, e ringhiarono soddisfatti.
Kesser avanzò di qualche passo, raggiungendo Ainwen che nel frattempo si era lasciata il gruppo alle spalle per non assistere allo scempio della prigioniera. Il suo sguardo era assorto, l'espressione severa; contemplava le tre vie che si dipartivano davanti a loro e prendevano direzioni diverse. La visuale era presto interrotta dalle curve e dalle macerie che ingombravano la strada, per cui non c'era alcun indizio utile sul percorso da prendere. Nella sua mente malvagia forse stava meditando di lanciarsi all'inseguimento dei Liz'zeth per terminare l'opera iniziata con la giovane scienziata, ma la coltre di fumo aveva coperto la loro fuga alla perfezione e neanche la prigioniera era stata d'aiuto in tal senso, nel breve tempo concessole prima della fine. Allora si limitò a scrollare le spalle e commentò:

« In fondo, una via vale l'altra. » Un sorriso cupo, famelico gli distorse il volto. « Li troveremo, e li uccideremo. Loro e tutti gli altri. »

Accennò alla bambina oracolo le bestie dietro di loro che lasciavano impronte vermiglie sulla dura selce.

« Sangue chiama sangue. »

Si incamminò, seguito dal resto della compagnia, prendendo la strada che piegava verso sud. Procedettero per un tratto, arrancando fra i detriti e i crolli, prima di ritrovarsi di fronte ai resti di quella che pareva una cinta muraria. I bastioni, anche nei punti rimasti quasi intatti, non erano particolarmente alti nè profondi: non sembravano le mura perimetrali di una città. La roccia spaccata e fratturata era ricoperta da una crosta traslucida che poteva essere sale incrostato. Nell'aria si respirava l'aspro odore salmastro della salsedine e in lontananza si udiva come un rumore di risacca.

« Le antiche mura del porto. » Osservò Quylan « Ci avviciniamo alla foce dell'Anduin. »

Erano appena passati sotto la volta di una delle diroccate vie d'accesso quando dal nulla si levò una nenia lamentosa. D'improvviso nella piazza si accese una muraglia di fuoco, senza che niente l'alimentasse; le fiamme ruggirono e garrirono, poi presero a spargersi con estrema rapidità; verso nord ovest l'incendio coinvolse la facciata in rovina di un palazzo ormai ridotto a uno scheletro di pietra, che sovrastava l'uscita; la costruzione - già in precarie condizioni - crollò su se stessa, ostruendo del tutto il passaggio. Il rogo si diramò per proseguire la sua corsa anche verso il lido: ormai quella zona era un delirio infuocato e per proseguire verso il porto bisognava per forza di cose attraversare le fiamme, oppure trovare un modo d'estinguerle.

« Questo incendio non è naturale... »

Quasi a conferma delle parole di Kesser il lamento etereo mutò fino ad assumere le parvenze di una vera voce; schioccante, lacerante e sibilante, a stento distinguibile, ma di sicuro qualcosa più del mero crepitio di un fuoco normale. Le fiamme ora sembravano danzare e tra i bagliori cremisi si intravedevano figure quasi umane, simili a fanciulle di fuoco dai ghigni malevoli.

Noi siamo la pira che arde, noi siamo l'incendio che divampa.
Ci avete risvegliato, stranieri, e adesso la nostra fame dev'essere saziata.


Un'espressione funerea si dipinse sul volto dell'uomo.

« Vàshrae, antiche creature di fiamma. Il porto era un punto strategico nella guerra fra Gilde: qualcuno deve averle poste a sua protezione in tempi remoti. »

Il rogo ormai incalzava, tanto da minacciare perfino il gruppo dei Serywar, se non si fossero mossi in fretta. Le bestie si agitavano e fremevano, gli uomini erano innervositi.

« Questo è colpa tua, bambina. » Disse rimproverando Ainwen. « Tu hai fatto scappare i Liz'zeth e di conseguenza provocato il nostro smarrimento, per cui sentiamo... »

La scrutò con sguardo macabro, il volto illuminato dai riflessi sanguigni delle fiamme.

« ... cosa intendi fare? »

~

{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: Caccia, Yu e Grim }

I suoi sensi acuiti registrarono i due impulsi quasi contemporaneamente, tanto che lo Psaurus non avrebbe saputo dire quale fosse arrivato per primo. Il dardo, simile a una saetta lampeggiante, lo colse nello stomaco scoperto perforando i tessuti molli della creatura, mentre i filamenti di tenebra si levavano dal terreno ondeggiando come neri tentacoli e gli si avvinghiarono intorno a collo, ali e coda. Tentò di resistere sbattendo le ali con maggiore vigore ma già l'intorpidimento cominciava a fare effetto, e i legacci lo tiravano verso il basso per privarlo in eterno della libertà dei cieli. Si sentiva pesante, affaticato; i muscoli non rispondevano più, i sensi si ottundevano e la vista andava offuscandosi. Soltanto la fame, fra tutte le sue percezioni, rimaneva viva, pressante, un pungolo terribile e implacabile che lo tormentava.
Con un lamento straziante lo Psaurus precipitò pesantemente sul terreno; il suolo tremò all'urto e una coltre di polvere si sollevò tutto intorno, quasi che Gilth'alar volesse coprire e celare alla vista la caduta del suo figlio prediletto.
Per qualche istante l'essere fu del tutto accecato; quando la cortina iniziò a diradarsi potè scorgere la sua prole che si ritirava dal gruppo delle prede, lasciandole illese o quasi; alcune si allontanarono fuori dal suo campo visivo, mentre altre si diressero proprio verso di lui. Non comprese, non subito, ma in breve gli fu chiaro quello che stava accadendo: la sua nidiata, i suoi cuccioli, i suoi figli si stavano rivoltando contro di lui, contro il loro padre e madre, per aggredirlo e saziare con la sua carne la loro fame, placare la loro sete con il suo sangue.
Si agitò in preda a uno strano sentimento animale, un misto di rabbia incommensurabile e immensa tristezza, ma le catene che lo legavano non potevano essere spezzate tanto facilmente; allora curvò per quanto poteva il collo, afferrò uno dei sauri fra le fauci irte di denti e lo scosse più volte prima di lanciarlo, ormai inerte, contro una roccia a diversi passi di distanza. Gli altri esitarono, ma non erano ancora persuasi, per cui ne ghermì un secondo e gli riservò la stessa sorte.
Il suo cuore era lacerato dal dolore e la disperazione rivaleggiava ormai con la fame, ma non aveva scelta; era stato tradito proprio da loro, dai suoi piccoli, e ciò non poteva tollerarlo. Occorreva una punizione esemplare che servisse da monito per tutti gli altri, per ricordare loro come stavano le cose. E infatti, schiacciati dalla superiore volontà dello Psaurus e atterriti dalla morte dei due simili, le bestie si rivolsero nuovamente contro il drappello di uomini, guatandoli con cupi brontolii.

« Andate e uccidete » ordinò nel suo idioma di versi e schiocchi gutturali.

E così fecero.


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Il gruppo dei Liz'zeth assistette attonito alla scena, tutti tranne Snow che, respinto l'aiuto della sentinella di pietra, giaceva abbandonato per terra.
Videro la maestosa creatura planare contro i membri di Yldir e Samoq col suo gelido soffio di morte e gli esemplari più piccoli assalirli via terra, e li videro fallire entrambi.
Videro lo Psaurus crollare al suolo e le lucertole giganti avventarsi su di lui.
Per ultimo, videro che tre delle bestie si stavano dirigendo contro di loro con incedere minaccioso.

« Dobbiamo andarcene, finchè siamo ancora in tempo! Non possiamo fronteggiare Yldir e Samoq insieme. »

Sollecitò Alecca con voce incrinata dalla paura, ma Randall scosse la testa sconsolato:

« Non possiamo, quelle bestie dei Serywar ci incalzano alle spalle, » indicò con un cenno gli uomini delle Gilde rivali « e loro non ci lasceranno passare indenni. »

Le due compagini infatti non avevano notato gli ultimi arrivati perchè impegnati a fronteggiare lo Psauros, ma ora che il mostro era stato reso innocuo non c'era alcun dubbio che si sarebbero accorti di loro a breve.

« Che facciamo, allora? »

Snow si era tirato in piedi, nel frattempo, e fissava ciascuno di loro con sguardo di ghiaccio; nei suoi occhi odio e sofferenza erano presenti in parti uguali.

« Combattiamo. »


~

{ Gilth'valar, Alcrisia; pov: Hole e Orto }

La cantilena si innalzava fra i ruderi di Gilth'valar, simile all'eco lamentosa dei fantasmi di un tempo perduto. Era strana e magnetica, dolce ma insieme aspra; le parole erano incomprensibili e senza senso; o forse una volta un senso l'avevano avuto, ma ormai il suo ricordo era sbiadito nelle memorie degli uomini. Eppure, nonostante ciò, non c'erano dubbi sul potere che la nenia recava con se': qualcosa d'indefinibile insito nella melodia e nella flessione del canto, qualcosa nella sua essenza che serbava il ricordo di una forza remota e ancestrale pronta a risvegliarsi.
Cinque erano le figure, tre uomini e due donne che si tenevano per mano, disposti in cerchio; erano riconoscibili solo per le pieghe e le curve che le tonache disegnavano sui loro corpi, visto che i lineamenti dei volti rimanevano celati sotto le falde degli ampi cappucci. Dal gruppo assorto in quella strana forma di preghiera si emanava una flebile aura smeraldo, che pulsava con maggiore o minore vigore secondo il ritmo della nenia; al centro del cerchio il terreno era fessurato, viticci e radici si attorcigliavano e distendevano, boccioli rossi germogliavano.
Poco distante si trovava un altro drappello di individui, una mezza dozzina circa. Il loro capo pareva essere l'anziano che stringeva nella mancina un lungo bastone nodoso: il suo aspetto era austero e solenne, non infiacchito dall'età avanzata; la schiena era dritta, il cipiglio severo, ed emanava una sensazione di timore e saggezza.
L'intera compagnia si trovava in una radura all'interno di un bosco dall'aspetto lugubre. Sull'erba ingrigita giacevano i resti in rovina di quello che un tempo doveva essere stato un imponente edificio, mentre tutt'attorno alberi morti e scheletrici innalzavano i loro rami avvizziti verso un cielo cupo, quasi un atto di accusa alla natura che li aveva traditi. Nell'aria non si udivano altri suoni che non fossero il canto dei cinque: nè il cinguettio degli uccelli, nè il tramestio del sottobosco, neppure lo spirare del vento.
D'un tratto, però, un rumore di passi in marcia raggiunse gli uomini degli Eleam - di loro, infatti, si trattava. Il curatore capo aguzzò la vista fino a scorgere tra la stentata vegetazione un nutrito drappello in avvicinamento. La sua espressione si incupì mentre si rivolgeva al resto del gruppo.

« Orahn e quei maledetti degli Ashand. » Riconobbe facilmente dall'aspetto.

« Fermateli. » Ordinò poi ai sottoposti. « Dobbiamo proteggere i Sacerdoti. Il Rito non deve essere interrotto. »

Quelli si fecero avanti: tre maghi guaritori e una coppia di fanciulle eteree dalla pelle verde pallido, nude fatta eccezione per le foglie e i viticci che le coprivano. Nel frattempo il vecchio alzò la voce e si rivolse ai nuovi arrivati.

« So bene perchè siete qua, e non possiamo permettervi di proseguire. Usereste il Talamith per i vostri biechi scopi, portando la rovina su tutti noi. »

Le ninfe si sdraiarono per terra e in breve ne furono assorbite, scomparendo nel suolo.

« Il manufatto spetta agli Eleam. Lo useremo per il bene di tutti, anche il vostro. »

Uno degli stregoni allungò le mani in avanti e lanciò una scarica di energia che si infranse su un tronco molto vicino a Taliesin; l'albero già in pessime condizioni deteriorò ulteriormente: il legno marcì, divorato da tumide larve bianche, i rami si ritorsero su se stessi e le poche foglie ancora attaccate seccarono e caddero a terra in uno sbuffo di finissimi granelli. Che si trattasse di un colpo d'avvertimento o di una mira fallace non faceva molta differenza, perchè a quel punto gli altri due guaritori disposero le mani palmo contro palmo e poi le rivolsero rapidamente contro Orahn e Ashand. Questa volta l'impulso putrefacente avanzò nella forma di un'onda d'urto estesa abbastanza da coinvolgere l'intera compagnia, recando con se una promessa di morte e decomposizione.
Pochi istanti dopo, inoltre, le driadi ricomparvero, sporgendosi col busto da due alberi diversi, mentre la parte inferiore dei loro corpi rimaneva inglobata in un tutt'uno col legno secolare. La prima allungò i suoi arti, divenuti liane ricoperte di spine minacciose, per cingere la gola scoperta di Al Patchouli. La seconda invece sorrise al bardo con malizia e sussurrò:

« Mio dolce Taliesin, ti stavo aspettando. » Un velo di tristezza adombrò i suoi occhi di giada. « Non c'è motivo perchè anche tu debba perire. Puoi salvarti, devi solo volerlo. »

Aprì le braccia in un invito seducente.

« Unisciti a me. »

CITAZIONE
QM POINT ::

Scusate ancora il ritardo, e passiamo alle direttive per questo turno.
• Caccia, Yu e Grim: la strategia contro lo Psaurus ha successo e il mostro viene atterrato. Nonostante la temporanea incapacità di movimento, è comunque in grado di riprendere il controllo delle creature minori mandate contro di lui, non prima di averne eliminate un paio a scopo intimidatorio: in game conta come una psionica di potenza maggiore della tua, Yu. I 5 rettili quindi vi si rivolgono contro ancora una volta e caricano l'intero gruppo (pg e png) in formazione compatta; l'attacco conta come una tecnica Media ad area (Basso a bersaglio singolo). Le altre 3 bestie invece, allontanatesi dall'epicentro della battaglia, non vengono coinvolte. Avvistati i Liz'zeth si lanciano contro di loro, ma con semplici attacchi fisici. Grim hai la libertà di descrivere nel dettaglio la loro offensiva (bersagli e modalità) ma non trattarle autoconclusivamente nel caso tu voglia rispondere all'attacco. Detto questo, ora inizia il primo grande duello della Quest: Grim ha la prima mossa (nella quale, oltre a imbastire una strategia contro le Gilde rivali, deve appunto anche difendersi dai mostri) e non può sottrarsi al combattimento; a seguire Caccia e Yu posteranno insieme nell'ordine che preferiscono. Yu è costretto a combattere dal Malus degli Yldir, mentre Caccia può anche evitare lo scontro, se vuole.

• Hole e Orto: siete giunti all'interno di un boschetto morto dagli alberi avvizziti; nella radura al suo centro incappate nel gruppo degli Eleam. Di per sè non si tratta di una Gilda aggressiva, ma sono convinti di essere gli unici che possano usare a fin di bene il Talamith e vogliono impedire a tutti i costi che qualcun altro se ne impossessi; per questo motivo, e per proteggere lo svolgersi del misterioso rito in atto, vi attaccano senza troppe esitazioni mentre vi trovate ancora fra le piante. I maghi vi rivolgono contro un attacco ad area sotto forma di onda d'urto energetica che fa marcire qualunque cosa con cui entri in contatto. Ha potenza Alta ad area, quindi Media per bersaglio. Inoltre le due driadi si rivolgono contro Taliesin e Al Patchouli: Hole, le parole della ninfa contano come una malia psionica di persuasione di potenza Media; prima di rispondere fammi sapere in Confronto se intendi difenderti o meno dalla psion. Orto, l'attacco con i rovi ha valenza di tecnica Media. Difendetevi e contrattaccate se volete, ma non trattate autoconclusivamente i vostri avversari: si tratta a tutti gli effetti di un combattimento in cui io controllerò gli Eleam.

• Anna: poco dopo l'arrivo nella nuova area, odi un lamento prolungato e assisti alla nascita e rapida propagazione dell'incendio. Le fiamme, che in realtà sono creature magiche di fuoco, provocano crolli che ti ostruiscono il passaggio verso una particolare casella (che ti comunicherò per mp) e si indirizzano rapidamente verso il porto, minacciando di distruggere anche le barche. Nella situazione attuale, per proseguire verso il porto, devi rischiare un passaggio attraverso il rogo, o provare a neutralizzarlo in qualche modo. Rimane libera invece la strada verso altre caselle (tranne quella già specificata). Fammi sapere in Confronto come intendi agire.

Vista la peculiare natura del turno, in particolare della parte riguardante Yu, Caccia e Grim, avete 8 giorni per completare questo giro: scadenza al 28/11 sera. Ciò significa idealmente che Grim ha 4 giorni di tempo e altrettanti gli altri due, anche se la suddivisione non è così rigida; insomma, cercate di amministrarvi il tempo fra di voi. Buon divertimento :v:

 
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The Grim
view post Posted on 24/11/2014, 23:55




Nemmeno lo schianto della bestia alata che si sfracellava al suolo lo fece sobbalzare, non si mosse nemmeno mentre il polverone si alzava per il piazzale e tante formiche sciamavano ai suoi fianchi, chi preoccupato e chi avido di un trofeo. Invece quel vecchio stava ancora chino per terra, con la sporcizia ad insozzare l'orlo della tunica e il didietro dei pantaloni. Gli occhi cerchiati di rughe profonde erano vacui e l'iride grigia che si perdeva nel biancore tutto intorno, ricolmi di stanchezza. Agli occhi di Alecca tutto ciò era patetico e quasi disgustoso. Angustiarsi in maniera simile, come un verme strisciante per chissà quale motivo le faceva storcere il naso. Un membro di spicco della gerarchia della gilda che trascurava in maniera così sciatta la propria missione, era disdicevole. Bisognava portare a termine le proprie cose a dispetto di ciò che avveniva, perché la ricerca era la prima delle priorità di un Lizz'eth; sentimentalismi e simili smancerie potevano attendere. Fermarsi lì a piangere Jakita - anche se non scorrevano lacrime Snow stava facendo quello - avrebbe portato anche alla morte di tutti gli altri, forse alla cancellazione della loro intera gilda. E tutto ciò mentre gli odiati Yldir stavano a due passi, a ridere di loro, millantando la loro superiorità. Ciò era inammissibile, per questo tese il braccio e allungò un sonoro schiaffo sul volto di Elijah, lasciandogli una grossa chiazza arrossata sulla guancia. Lo sguardo di lui la trafisse come stalattiti appuntite, e lei si sentì in qualche maniera inadeguata, in errore, come avesse osato troppo; era la sensazione giusta. L'inventore ricacciò il dolore giù nel profondo del suo animo, e si ridestò, mettendosi in piedi senza proferir parola. Il mercenario dalla cappa azzurra e il fuciliere stavano confabulando qualcosa, indicando delle mostruosità che si avvicinavano verso il loro gruppo, all'ombra del grosso mostro che ora s'era schiantato a terra. Eran tre creaturine, infime se paragonate all'altro, eppure quei sauri erano abbastanza grossi da far paura a chiunque, e la loro carica benché primitiva poteva essere più pericolosa di quella di un reggimento di picchieri. Fu lo straniero a prendere la parola.

" Snow,
il tono della sua voce era freddo e imperioso, privo delle titubanze che fino a quel momento l'avevano caratterizzato.
tu e i vostri occupatevi delle lucertole. Fermatele con i vostri incantesimi o colle vostre diavolerie, poi fate quanto in vostro potere per tenere la loro attenzione su di voi.
Non m'importa se vi mettete a ballare, se vi calate le brache, o quant'altro.
"
"E tu cosa farai, ragazzino? "
"Quello per cui mi avete ingaggiato.
Anche se non sapevate realmente cosa avete pagato.
"


Z18bS

Nella mente dello stregone c'era solo un'immagine: l'ubriacone che lo pestava per le vie di Taanach. Avrebbe voluto soprassedere su quell'evento, fare a meno di quel ricordo benché non fosse il peggiore. Il suo orgoglio era stato preso a pugni quella sera e poi gettato fra letame ed altri escrementi. Parecchi pensavano che la lezione dopo quegli eventi fosse una: non importa quanto erano grandi quelli che hai ammazzato, basta un nulla per rotolare nella merda. Jace invece ne aveva recepita una completamente diversa e se n'era accorto nel vedere il tecnomago spezzato, gettato a terra come immondizia fra il sudiciume; senza questa svegliata lui avrebbe fatto la stessa fine. Ma di abbandonarsi, lasciando il proprio destino nelle mani di qualcun'altro non ne aveva voglia; non erano più rimasti tanti su cui confidare. A Loc Muinne i Veggenti gli avevano riempito la testa di storie di Dei, che pareva l'avessero benedetto e per questo avevano riempito la sua cappa di cianfrusaglie dai grandi poteri; per quello era destinato a guidarli. So quella cosa non era poi tanto convinto, eppure i vari artefatti stavano nelle sue tasche e non ce li aveva messi lui, una notte aveva avuto un sogno agitato, e l'indomani se li era trovati addosso. Significava forse che avrebbe potuto stare con le mani in mano e quelli l'avrebbero portato in trionfo?

No,
e quella verità gli era sempre stata chiara. Negli ultimi tempi però non era più il gelido assassino che aveva compiuto scempi per lo Xuraya, che i Mastigos accudivano nella bambagia, e viziavano per i suoi talenti. I suoi occhi sognanti ormai guardavano al cielo e nelle stelle rivedevano l'immagine della sua Afrah, quell'essere impossibile da descrivere che era più fragile di un fiore e più devastante di una tempesta, non fanciulla attraente che faceva palpitare i cuori, ma al contempo la donna più bella che il cartomante avesse mai visto. Le sue mani lorde di sangue gli parevano ormai impure, e aveva paura che il male che portavano agli altri prima o poi le avrebbe avvelenate a tal punto da non riuscire più ad accarezzarla, od anche peggio di distruggerla. Così titubava, incapace di lasciarsi andare, di essere vigoroso come gli si era richiesto, non solo per il capriccio di qualche testa coronata ma più spesso per aver salva la propria pellaccia. Un brandello del suo animo temeva di rovinarla, ed era desideroso di morire così da non poterle portare un qualche immaginario fastidio; scambiare il dolore del proprio lutto per la felicità di lei. Dopotutto non esisteva più alcunché di simile - la felicità individuale - ma solo un groviglio delle due che sommate ne davano un'intera.

Una barriera di cristallo si solidificò dinnanzi al gruppo di Lizz'eth, frapponendosi fra loro e l'impetuosa carica dei sauri. I tre non avrebbero potuto passare se non infrangendo il ghiaccio sfracellandosi su di esso, e non sembrava affatto una buona idea. Il Cartomante fissò la sua immagine nella barriera, e trovò il suo viso troppo smunto ed il suo sguardo fin troppo cupo, benché serio abbastanza per la situazione. C'era la giusta vuotezza nei suoi occhi, quella di chi aveva riposto la speranza in un cassone e non era intenzionato a tirarla fuori per qualche tempo. Il primo a partire al contrattacco fu Randall, che scaricò un colpo del suo fucile sulle bestie, e a quel punto fu il costrutto a gettarsi su di un'altra di essi nel tentativo di tenerla lontana dai suoi protetti. Il cartografo sganciò una bomba in direzione della bestia ancora attaccata, gli altri due maghi avevano invece l'ordine di avventarsi su quella più ferita così da essere sicuri di eliminarne almeno una. Il cartomante non sarebbe invece stato dei loro.

Le sue lunga dita affusolate giocherellarono con ciò che aveva in una tasca, e così si sarebbe avvicinato al gruppo di Yldir e Samoq. Stringeva un anello di ferro brunito, dagli angoli appuntiti e il bordo tagliente, che prese e senza esitazione usò per aprire uno squarcio sul braccio sinistro, dalla spalla fino al gomito. Un simile gioiello non avrebbe potuto tagliare la carne così in profondità, con precisione netta e riducendo il dolore quasi al minimo; un fiotto vermiglio colò sulla sua manica e poi fino in terra. Il suo animo si fece più cupo ma non era a quello che serviva il rituale, ma ad ottenere potere e rendersi inarrestabile, una potenza del creato capace di soverchiare anche esseri più potenti e famosi di lui. L'ultima volta che aveva fatto ricorso ad un simile espediente aveva sconfitto la Strega di Taanach, Zaide, anche se quella vittoria gli era costata cara. Il suo piano era di una semplicità disarmante: avvicinarsi e distruggerli sfoderando il potere del Diavolo, il simbolo stesso del suo ordine di stregoni. Avrebbe mostrato loro il terrore nella sua forma più pura: quella riflessa nei loro cuori, e così li avrebbe lasciati a fronteggiare ciò che più ritenevano mortale. Nulla era più capace di mettere in difficoltà di sé stessi.

specchietto

CS:5 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1
Critico 26 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5

Stato Fisico: Lunga ferita Media al braccio (autoinflitta)
Stato Psicologico: Danno medio alla psiche,
Energia Jace: 90 - 0 - 40 = 50 %
Energia Mercenari: 30 - 10 = 20 %
Passive in Uso:


° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Ogni volta che un avversario usa una tecnica magica guadagna 2 CS in Intuito per quel turno,
° Le tecniche offensive ad area di Jace hanno potenza pari al consumo,
° Una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto;


Riassunto azioni: Elijah usa l'abilità Guscio criogenico per proteggere il gruppo dall'attacco dei tre sauri, poi il gruppo di maghi si avventa sui mostri. Jace invece prima si ferisce ad un braccio per soddisfare i requisiti della tecnica Disperazione, che rende per 4 turni le tecniche psioniche di Jace di un livello più potente rispetto al consumo - divenendo per lo stesso periodo parimente debole a quelle fisiche - e poi utilizza il Il Diavolo a consumo Critico. Per via del potenziamento appena fatto e della sua passiva personale, la tecnica causerà un danno Mortale a tutti gli avversari.

CITAZIONE
Barriera Criogenica: Il criomante genera un grosso muro di ghiaccio che circonda lui e i suoi alleati. Questa è una tecnica di natura magica e si tratta di una difesa ad area di potenzia Media, quindi Bassa per ciascuno dei difesi.
Consumo impegnato: Medio

Disperazione: Consumo mediante autodanno Medio al corpo, tecnica magica: Jace, una volta feritosi con l'Anello uncinato, vedrà le sue tecniche psioniche aumentare di un livello per 4 turni, ma tutte le offensive fisiche che dovrà affrontare per lo stesso periodo di tempo saranno di un livello superiore. Tale tecnica ha la capacità di potenziare anche gli altri poteri dell'artefatto.
Consumo impegnato: Nullo

Il Diavolo: La tecnica ha natura psionica. Il caster ammalia il proprio avversario, scatenando nel bersaglio una sensazione di paura crescente, di cui l'utilizzatore della tecnica è l'origine. A seconda del consumo impiegato, la vittima potrà dirsi solo inquietata o letteralmente terrorizzata dal caster. La potenza è di un livello inferiore pari al consumo speso per utilizzare la tecnica, che lascia anche un uguale ammontare di danni alla mente del proprio avversario in caso di successo. Può essere utilizzata solo ad area.
Consumo impegnato: Variabile Critico

Note: La palla a Caccia e Yu :D


 
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