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| Օրն դավաճ ~ Days of Betrayal ~ Գերակայ ~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~ Capitolo I: Supremazia
Atto IX Turno 6
(Vahram [pensato, lingua aramana], Bahriye, Capitano Drunn, Azmiye Karrady, Lamatriste, Tatà, Fantasma del porto.) Gilth'valar, Alacrisia ~ Ora del giorno e posizione imprecisate.
Nel profondo della selva, passi concitati scricchiolavano sul terreno coperto di fogliame rancido e ramaglie marce. Luce fioca filtrava spettrale tra le fronde contorte degli alberi, disegnando sul fondale di quel tetro diorama figure innaturali, mutevoli, tanto da sembrar possedere vita propria. Tutto il paesaggio era coperto dall’ombra che ammantava la città maledetta come un palpabile e nefasto presagio. Quasi non si riusciva più a distinguere il giorno della notte da quanto era spessa la coltre vorticante di nubi nere e che oscurava il cielo.
Lo percepivano tutti. Sempre di più. Ad ogni passo.
Il centro di quell’abisso di corruzione era sempre più vicino. Gli Ashand avanzavano. Da soli. L’esultanza per la vittoria sugli Eleam fu breve, ed effimera. Nonostante avesse alimentato gli animi sfiduciati dei due alleati di nuova speranza, non fu in grado di prevenire la discordanza di opinioni tra le due gilde sul piano di marcia da seguire. Fu così che dopo una serie di battibecchi intorno alla mappa malamente disegnata di Gilth’valar in possesso di Vahram, i due gruppi giunsero alla conclusione che sarebbe stato meglio separarsi piuttosto che arrivare alle mani. E così fu.
Lamatriste faceva strada al gruppo attraverso alla vegetazione. Non sarebbe stato un sentiero facile quello che Manos aveva insistentemente deciso di percorrere; l’ombra del dubbio assillava tutta la compagnia di briganti e mascalzoni. Era un azzardo, sì. Ma nessuna decisione si era rivelata facile sinora, in particolar modo quando tornavano alla mente le immagini che avevano scorto presso l’obelisco: tutte le terribili disgrazie che erano accadute alle altre Gilde. A quanto pare non esistevano scelte innocue in quel luogo. Ogni minimo passo falso poteva rivelarsi fatale per tutti.
Dopo un lungo e difficoltoso cammino che sembrava interminabile, giunsero finalmente a scorgere la riva melmosa dell’Anduin. Sull’altra sponda, stagliate sull’orizzonte tinto di un sinistro viride, era possibile distinguere tenebrose sagome acuminate e irregolari di rovine e torri pendenti. Le acque del fiume tuttavia, seppur scorressero placide nei pressi della foce, erano talmente torbide e salmastre da stimolare le più fervide fantasie su quali orrori avrebbero potuto nascondersi là sotto. Una traversata a nuoto era senza alcun dubbio fuori questione, e per fortuna non era nei piani di Manos: la meta del loro percorso si trovava poche centinaia di metri più avanti. Un porticciolo di pescatori languiva cadente e silenzioso a ridosso del letto del fiume. Baracche di legno marcio dai tetti sventrati, alcune inclinate pericolanti da un lato, sorrette da fondazioni ormai cedute e inghiottite dal limo. Reti da pesca erano stese all’aperto, sebbene incrostate dal muschio, e imbarcazioni di piccole dimensioni, ormai in parte inabissatesi, sostavano ancora di fianco ai moli. Titubarono, prima di avanzare i primi passi sulla sabbia melmosa.
Si aggiravano cauti tra le pareti cadenti delle baracche, armi in pugno. I nervi tesi, lo sguardo e l’udito acuiti a ogni rumore, a ogni movimento.
«Benvenuti al porto, signori!» Una voce raggrinzita vibrò fuori dal nulla. Con uno scatto frenetico tutti gli Ashand alzarono archi, balestre e schioppi, cercando angosciati l’origine di quel suono. Scattarono in una frazione di secondo, mossi più dallo spavento che dalla prontezza. Ci misero alcuni attimi per individuare la figura tenebrosa che avanzava sinistramente verso di loro, curva e claudicante.
«E signore, e signore... chiedo scusa!»
Quel qualcuno – o quel “qualcosa” – parlò ancora. E ridacchiò.
«Nel caso foste interessati, provate a guardare là in fondo, uno degli ultimi ormeggi sulla destra... sento gemere le assi di tutte queste bagnarole tranne quella là, dovrebbe essere in buone condizioni. Sempre che siate davvero intenzionati a mettervi in viaggio proprio ora...» Una smorfia simile a un sorriso si disegnò sulla faccia di quell’essere, mentre accennava a una esigua schiera di imbarcazioni poco distanti. «...potrebbe non essere saggio. Loro stanno cantando.» Solo allora si riuscì a distinguere vagamente la sua forma umanoide. Sembrava più un’ombra impalpabile, o uno sbiadito ricordo animato, che una vera e propria persona. Un vecchio uomo. O meglio... antico. Il suo volto sembrava scavato e riscavato dai secoli. Il filo serpeggiante di fumo della pipa che fumava sembrava quasi più consistente di lui.
«E tu chi diavolo sei?!» Berciò Azmiye. Dal tono assomigliava più a un’imprecazione che a una domanda. Stringeva forte tra le dita l’arbalesta puntata in mezzo alla fronte dello spettro, visibilmente più concentrata a trattenere il proprio terrore che ad ascoltare le sue parole.
«Vedi Azmiye, se me lo ricordassi te lo direi anche. Ma è passato tanto tempo... e voi avete problemi ben maggiori della mia identità.» Disse il vecchio, mantenendo una calma innaturale, tenendo il capo sempre abbassato. Nell’udire il proprio nome, il respiro della donna ebbe un sussulto. Tutti si scambiarono un fugace sguardo perplesso, rendendosi probabilmente conto che quello che avevano davanti forse non era un normale spirito errante.
«È uno spettro infestante!» Farfugliò Drunn, in preda ai suoi soliti vaneggiamenti. «Tappatevi le orecchie o vi trascinerà tra i flutti!» E fece per mettersi le mani ai lati della testa.
«Se davvero volesse la nostra vita, ci avrebbe già attaccati.» Intervenne Manos – l’unico del gruppo a non parere minimamente turbato –, ignorando i commenti del nano. Una frase rassicurante di circostanza ben orchestrata, per far sbollire la tensione tra i suoi uomini e non allarmare troppo il vecchio. I suoi occhi sinistramente stralunati rivelavano ciò nonostante che lui per primo non si era assolutamente lasciato tranquillizzare dall’atteggiamento affabile del vecchio. Con tutta probabilità sotto il mantello le sue dita accarezzavano già le impugnature dei pugnali, pronte a scattare in caso di pericolo. Alzò la mano facendo un gesto ai suoi sottoposti. Un gesto che per chiunque lo sapesse interpretare significava: "abbassare le armi ma non la guardia". Gli Ashand obbedirono, sebbene leggermente esitanti.
«A quanto pare ci conosciamo già.» Ironizzò Manos, rivolgendosi al vecchio. Sguainò i denti marci del suo largo e artificioso sorriso, orribilmente gioviale.
«Che cosa sei, esattamente?» Squadrò il suo interlocutore. «E chi è che sta cantando?»
Il vecchio rise, rispondendo prima a Drunn e poi al mastro assassino.
«Io non vi trascinerò proprio da nessuna parte, nano! Ma cerca di essere gentile... questo porto è mio ed io lo custodisco.
In un certo senso, Manos degli Ashand. Devi essere un ladro davvero straordinario per essere riuscito a rubare parte di quel potere, i miei complimenti.». Alzò lievemente lo sguardo, rivelando pupille grigie come la bevola e il volto orrendamente eroso dal tempo, e strizzò un occhiolino al sicario. Tutti s'irrigidirono a quella visione raccapricciante. Manos replicò al commento su di lui sogghignando divertito, mal celando però un malsano nervosismo nel stare di fronte a quel vecchio. Era chiaro che non gli piaceva per niente. Gli altri Ashand si guardarono tra loro, interrogandosi sul significato di quell’asserzione.
«Io sono... poco più che un ricordo. E un amico, se volete.» Il suo volto si fece malinconico, quasi tormentato nel pronunciare quelle parole. «Quelle che cantano sono le fanciulle. Qualcuno sta attraversando l'Anduin in questo momento.» «Sirene?» Parlò nuovamente Drunn, focalizzando l'attenzione della compagnia sul nuovo problema. «Non sapevo ci fossero sirene nell'Anduin.»
«Non ci scommetterei...» Obiettò Lamatriste, lo sguardo pieno di morbosa preoccupazione. «Siamo a Gilth'valar, diamine. Ho la brutta impressione che là sotto sguazzino orrori molto peggiori.» Disse agitando l'indice ammonitore verso i suoi compagni. «Ve l'ho detto che era una pessima idea seguire questa strada.»
«Grazie, Lamatriste.» Azmiye buttò gli occhi al cielo. «Ora che hai detto la tua, puoi startene anche zitto.»
Il vecchio agitò flemmaticamente la mano, inarcando una smorfia nell’udire il termine utilizzato dal nano. «Definirle sirene è... riduttivo.»
Manos ridacchiò. «Perdonate i miei sottoposti. Non era nostra intenzione essere scortesi.» Si rivolgeva nuovamente al vecchio, modulando un tono affabile. «Dobbiamo attraversare il fiume.» Tornò alla questione saliente. Intervenne infine Vahram. «Se qualcuno sta attraversando l'Anduin da un altro punto, vuol forse dire che queste... fanciulle al momento si stanno allontanando da questo punto del fiume?» Avanzò mettendosi al fianco di Manos. «Cosa sono di preciso? Esiste un modo per evitarle?»
Sotto gli sguardi inquietati dei presenti, il vecchio in tutta risposta abbassò ancora di più il capo e iniziò a mormorare sommessamente qualcosa, come in trance. Una sorta di filastrocca, o una canzone... o un anatema.
«Dimentica il tuo nome, chiudi i tuoi occhi, il fiume sarà il tuo sguardo, il fiume sarà il tuo eterno amore...»
Si riscosse, tornando a rivolgersi ai suoi ospiti. «Se questo è ciò che volete, la barca è ormeggiata là in fondo. Se vi manca il coraggio, dovrebbe essere rimasto in piedi un ponte, più a sud. Non ci sono altre vie, non da quando il ponte nord... è crollato. Per rispondere alla tua vera domanda, Mamūluk, puoi stare tranquillo: l'unico letto nel quale cercheranno di portarti è quello del fiume.» Il suo ghigno è perfido. «Se vi sbrigate potreste anche non incrociarle. Se l'altro gruppo oppone poca resistenza... beh, scoprirai tu stesso cosa sono di preciso, Vahram.»
«Vahram?» L’aramano udì un mormorio alle sue spalle. Non si aspettava certo che gli Ashand credessero davvero che Al Patchouli fosse il suo vero nome, però le sue labbra si strinsero nervosamente non appena il vecchio lo chiamò in quel modo. Cercava sempre di nascondere agli altri la sua reale identità; nemmeno il suo migliore amico e compagno di avventure Kirin la conosceva. Lo spettro si arrestò per un istante. Si fece profondamente assorto, come se fosse combattuto in un’ardua e critica decisione.
«Avete... bisogno di... una guida?» Per un istante fuggente, gli anni infiniti che aveva passato in quel luogo parvero improvvisamente pesare tutti insieme sulle sue spalle e sulla sua pelle scabrosa. Gli Ashand si guardarono tra loro, adombrati, indecisi sul da farsi.
«Coprirci le orecchie servirà a qualcosa?» Drunn fece un passo avanti, tentando di carpire un'ulteriore risposta, ma fu subito smentito da uno sguardo eloquente dello spirito.
Prima che chiunque altro potesse aggiungere alcunché, il volto di Vahram si parò davanti agli occhi del vecchio.
«Forse... ci servirà una guida. Ma prima voglio chiedervi un'ultima cosa: voi... conoscete molto bene quelle creature, o sbaglio?» Domandò il guerriero. Il suo tono era cupo, i suoi occhi indagatori.
Quell'uomo aveva forse avuto qualche legame, qualche oscura storia con quelle fanciulle?
«Perché ci state offrendo il vostro aiuto?»
L’ombra d’un tratto si fece stranamente meno spettrale. Quasi tangibile. «Meglio di quanto pensi, Vahram. Perché? Perché tutto ciò che conosco giungerà alla propria fine, oggi. Sia che voi abbiate successo nella vostra impresa, sia che falliate miseramente. Non capite cosa avete scatenato. Voi... non ricordate. Ho aspettato e ascoltato per troppo, troppo tempo. Non starò a guardare, ora.
Non vi sto offrendo il mio aiuto. Vi sto offrendo la mia compagnia. La scelta è vostra, Ashand.»
«Aah...! Pensaci tu a questo mentecatto. Vista la situazione, non c'è tempo da perdere.» Manos, già irritato dall’urgenza in cui versava la situazione, non riuscì più a trattenersi. Si rivolse agli altri. «E voi che fate lì impalati?! Alle barche, subito, subito!!» Ringhiò truce, traboccante di impazienza. «Non si torna indietro! Il primo che si lamenta farà esca a quei mostri!»
Gli Ashand esitarono per un istante, ma appena incrociarono lo sguardo dello spietato assassino, partirono di gran carriera verso l'imbarcazione meno malandata.
«Azmiye, passami la corda. Forse è meglio legarci tutti assieme, solo per sicurezza.» Consigliò Tatà, mentre correva verso la riva insieme al gruppo. Gli altri furono d’accordo; in fondo una precauzione in più non avrebbe fatto certo male.
Quando gli Ashand si furono sufficientemente allontanati, Vahram decise che era il momento di parlare a quattr’occhi con quella sinistra creatura legata a quel porticciolo. Un braccio in più poteva sempre far comodo, ma certo non aveva scordato che a Gilth’valar anche la decisione più banale poteva rivelarsi un errore mortale. Accettare l’aiuto di quel vecchio poteva rivelarsi una scelta saggia quanto uno sbaglio imperdonabile. Si avvicinò all'uomo. Dal suo sguardo traspariva severità e schiettezza.
«Ascoltate, sehre. Voi sapete bene qual è la nostra missione, vero? Non importa quanti ostacoli ci sbarreranno la via, noi non ci fermeremo.» Indicò la barca. «Desiderate seguirci? Per me non c'è problema. Potrei decidere di fidarmi di voi. Ma i nostri patti sono chiari: “niente scherzi”. Vale per voi. Vale per loro.» Accennò col capo al gruppo di Ashand. «Per cui l'ultima cosa che vorrei chiedervi è la vostra sincerità.» Guardò dritto negli occhi il vecchio, la sua voce divenne un caldo sussurro. «Cosa intendete fare una volta attraversato il fiume? Ditemelo, vi prego. Non devieremo dal nostro percorso, ma se la vostra causa è buona, forse potremmo darvi una mano.»
«Cosa intendo fare?» Rispose. «È semplice, ragazzino. Non c'è bisogno di nessuna deviazione.»
Il vecchio si levò ritto in piedi. A passi dapprima incerti poi sempre più sicuri camminò verso la riva del fiume. Si arrestò a pochi passi dall’acqua, fissando con sguardo assorto la sponda opposta che si stagliava sull’orizzonte, in mezzo alla foschia.
«Questa città sembra averlo dimenticato, ma una volta qui c'erano amore, fierezza, dignità. Per l'avidità e la collera di pochi abbiamo pagato tutti e ora Gilth'valar non è altro che un ricordo vivente, condannato al tormento. Io... no ... forse oggi avremo la nostra vendetta. La sua collera è totale: non supereremmo in ogni caso la notte... questa volta non ci risparmierà, nemmeno per gustarsi la punizione impartitaci. Voglio morire con dignità, senza sgretolarmi qui al sole un pezzo per volta.»
Vahram ebbe un tremito.[CENTER] Lentamente si abbassò, cercando quel volto scavato dai secoli e dall'infinito tormento, finché le iridi plumbee del vecchio non si rispecchiarono nei suoi occhi. La bocca semiaperta, esitante nel pronunciare quella fatidica sillaba. Gli ordini berciati da Manos alle sue spalle quasi sembrarono affievolirsi in quegli istanti opprimenti. [CENTER]Per alcuni istanti fu il silenzio.
«Chi...?»
Domandò, temendo di conoscere già la risposta.
«L'unico vero custode della città morta. Ciò di cui volete impadronirvi. Il Talamith.»
Vahram ammutolì.
Si voltò e inizia a passeggiare intorpidito, con innaturale lentezza, lungo la riva, quasi stesse facendo uno sforzo immane per trattenere l'angoscia. I suoi occhi erano sbarrati, riflettendo atroci dubbi e timori. In che razza di missione suicida si erano imbarcati? Era davvero vivo quel coso? Come l'avrebbero preso? Com'era fatto?
Quante possibilità avevano di ritornare vivi?
Vahram indicò la barca al vecchio con un lieve ma estenuato gesto della mano aperta: lo stava invitando a salire. Non servivano parole per descrivere ciò che gli passava per la testa; in ogni caso quello spettro lo avrebbe compreso, leggendo nella sua mente.
Non sarebbe stato lui a fermarlo. Almeno per ora...
In mezzo a quelle acque placide del fiume, non particolarmente più largo rispetto ad altri, tutti parevano sperimentare la stessa identica terribile sensazione. Era come se stessero solcando l’Abisso stesso. Orrendo e interminabile. Su quella modesta paranza si stava decisamente stretti. Era una piccola imbarcazione da pesca dotata di albero, ma priva di vela: era ragionevole pensare che il tempo e le intemperie l’avessero ormai ridotta a brandelli. Il legno era marcio e il timone traballante. Mentre il Capitano Drunn governava la rotta dalla barra a poppa, Lamatriste vogava col lungo remo legato al parapetto della barca. Remava con cautela, compiendo ampi movimenti a ellisse con le sue braccia, come se avesse il terrore di disturbare qualunque mostruosità stesse dormendo sul fondale. Il resto del gruppo restava dritto e in allerta a prua e ai lati della barca, scrutando l’acqua circostante con le armi cariche e le frecce incoccate, alla ricerca di qualunque cosa si muovesse sotto il pelo di quel limbo oscuro su cui galleggiavano. Si procedeva lentamente. Troppo lentamente. E l’irrequietudine pareva dilatare terribilmente quei minuti d’ansia in ore. Erano giunti all’incirca a metà del tragitto quando improvvisamente il vecchio volse lo sguardo a Sud, verso il ponte che si profilava spettrale in lontananza, parzialmente occultato da un’insalubre coltre di nebbia.
«Hanno smesso di cantare... l'altro gruppo è spacciato. Volevi sapere cosa loro fossero di preciso, Vahram?
Lo scoprirai presto.» Un brivido gelido corse lungo la schiena di ogni membro della squadra. Apparve dapprima come un lieve bagliore scarlatto in lontananza. Etereo. Quasi un miraggio. Poi, quando si fecero più vicine si cominciarono a distinguere più chiaramente le forme di ciò che stava nuotando verso di loro. Difficile definire cosa fossero quelle cose. Strisciavano rapide pochi centimetri sotto il pelo dell’acqua. Serpenti, marinidi... o fantasmi... Ogni curiosità fu sostituita presto dal puro orrore non appena gli Ashand videro emergere quei busti umani cadaverici dagli occhi pulsanti di rosso livore. Macabre spoglie mortali sbiancate. Erano corpi femminili, dai tratti sinuosi e lunghi capelli oleosi. La loro pelle diafana era percorsa da un reticolo di venature bluastre e un alone fiammeggiante le attorniava.
Azmiye punto l’arbalesta contro la sirena, ben intenta a piantarle un quadrello in fronte prima che questa potesse fare qualunque cosa, ma Vahram prontamente con una manata gliela abbassò.
«Non farlo! Peggiorerai solo le cose.» La avvertì con un sussurro affannoso.
“Se l'altro gruppo oppone poca resistenza” aveva detto prima il vecchio. Sebbene non avesse compreso bene il senso di quella frase, ebbe il cupo sentore che anche loro avrebbero fatto la stessa fine dell’altra ignota gilda se avessero attaccato ad armi spianate quelle creature. Il resto del gruppo al contrario non sembrava intenzionato a reagire; tutti erano immobili, come pietrificati alla vista di quelle apparizioni. Fu in quel momento che Vahram sentì la paura vibrargli nel petto e lungo la spina dorsale. Era da lungo tempo che non provava quella sensazione, e dire che ne aveva passate tante. Forse era quel luogo, o l’aura che circondava quegli spettri del fiume, oppure il fatto che quelle creature fossero donne... ma pure lui dovette ammettere che era la prima volta che si trovava in una situazione tanto pericolosa. Tutti fissavano raggelati quella sirena. Guardava verso la barca con un’espressione indecifrabile, sembrava quasi rattristata, colma di vergogna. Ma non stava fissando gli Ashand, bensì il vecchio, il quale le rispose con un malinconico cenno del capo, quasi una riverenza.
«Quei due si conoscono?» Un pensiero che balenò nella mente di Vahram, e probabilmente non solo. Da quel momento però non vi fu più il tempo per porsi altre domande...
...perché la sirena iniziò a cantare.
Perché scruti l'acqua con quello sguardo, ricordi l'abbraccio del fiume? qualcuno ti chiama? riesci a sentirlo dentro di te? La melodia accarezzava le orecchie dei viventi, carica di una suadente e melanconica nostalgia. Tutti si tapparono le orecchie in un istintivo tentativo di sfuggire alla trappola mortale che si celava sotto quel canto soprannaturale. Sapevano che sarebbe stato inutile, come aveva lasciato intendere il vecchio del porto, ma di fronte all’impotenza la disperazione fu più forte della ragione. Non sapevano che la nenia carpiva l’anima solamente di pochi predisposti.
«Azmiye!» L’urlo di Tatà scosse tutti i presenti, i quali immediatamente notarono la balestriera sporgersi e scavalcare con una gamba il parapetto. I suoi occhi erano trasognati, come in trance. La biondina, legata direttamente a lei tramite la corda, tirava come una forsennata nel tentativo di trattenerla. Scoppiò il caos. Lamatriste mollò il remo e si gettò sulla donna, afferrandola per la cintola. Manos con un rapido gesto la strattonò senza tante cerimonie per i capelli, cercando sia di ritrascinarla dentro la barca, sia di riscuoterla da quello stato catatonico. Il cappello piumato di Azmiye cadde dalla sua testa e finì fuoribordo. Galleggiò caparbio sul pelo dell’acqua per pochi istanti prima di sparire inghiottito dai flutti. Il volto di Azmiye era divenuto paonazzo, contratto in una smorfia che lasciava intendere l’immenso sforzo di volontà che stava facendo per opporsi a quella fattura. Anche lei stava combattendo, con tutte le sue forze. Mentre il gruppo era impegnato a salvare la propria compagna, le sirene non rimasero a guardare. Una di esse emerse dall’acqua a poca distanza e soffiò verso la brigata. Il suo fiato si trasformò in un letale e crepitante turbine di puro gelo. L’incantesimo avrebbe investito l’intera barca, se il vecchio non fosse intervenuto: con un lieve gesto della mano evocò un mulinello di sabbia con il quale riuscì a fermare l’attacco. Il nuovo acquisto si stava rivelando fedele alla parola data. Proprio in quell’istante però una terza sirena apparse dalle profondità. Eseguì uno strano gesto rituale con la mano emaciata e improvvisamente l’acqua intorno a lei iniziò ad agitarsi e schiumare, per poi gonfiarsi e incedere con impeto terribile verso il fragile legno in balia dei flutti. Ora un’onda gigantesca avanzava verso il gruppo di avventurieri, e avrebbe di certo fatto a pezzi la loro nave se non avessero trovato una soluzione alla svelta.
«Prendi il comando, stranero!» Gridò Drunn a Vahram, indicando il remo incustodito. Il nano aveva piegato completamente il timone a sinistra, appoggiandosi all’asta con tutto il suo peso per non perdere il controllo dalla barca a causa dell’impatto dell’onda. «Rema verso babordo, presto!» Non trovando soluzioni migliori, l’aramano seguì il consiglio del bucaniere. Si gettò sul timone e iniziò a vogare con tutta la sua forza. La prua della nave iniziò a voltarsi verso manca, dapprima lentamente, poi sempre più rapidamente lasciandosi trasportare dall’aumento della corrente causato dall’incantesimo della sirena, fino ad arrivare appena in tempo a fronteggiare l’onda gigante leggermente in diagonale.
«Bene! Ora siamo tutti nelle mani di Voljund! Se avrà pietà di noi, ci spingerà alla riva opposta del fiume!» Gridò Drunn con tono soddisfatto, tentando di sovrastare il ruggito dell’acqua in avvicinamento. «Addio, amici! È stato un onore lavorare con voi!» Aggiunse, nell’eventualità che non tutto andasse per il meglio.
«Tenetevi a qualcosa!» Le parole di Tatà furono le ultime cose che si udirono, prima che il boato roboante dei flutti coprisse ogni altro rumore. Vahram sentì chiaramente il legno gemere e lo schiocco secco di diverse assi che si spezzavano di netto sotto la pressione dell’acqua. La strategia dell’esperto marinaio però sembrò inizialmente funzionare: nonostante la nave fosse stata colpita in pieno dall’onda, l’angolazione in cui si trovava parve limitare parzialmente l’impatto. Pertanto s’impennò paurosamente, quasi arrampicandosi letteralmente sulla montagna d’acqua, ma lasciandosi trasportare dalla corrente impetuosa. Vahram si appigliò con tutte le sue forze al parapetto. Nella sua testa in quei momenti non pulsava altro che un immenso ed egoistico desiderio di sopravvivere.
Sperò con tutta l’anima che quel dannato pirata non raccontasse solo balle.
Squadra Ashand ~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~
[In una città in cui il crimine più grande è il furto di informazioni, come potrebbe non prosperare il frutto del peccato originale? Nel mondo dove i segreti sono la merce di scambio più preziosa, dove un sussurro vale più della vita di un uomo, i ladri, le spie e gli assassini sono i figli prediletti di una madre crudele e priva di misericordia. Gli Ashand strisciano nei mercati e nei vicoli bui, nelle grandi sale e nei sontuosi palazzi. Si annidano nell'ombra e camminano apertamente sotto il sole, forti della potenza della loro gilda e della consapevolezza che tutti si affidano a loro, quando si tratta di sottrarre qualcosa a qualcuno. Alcune gilde li tollerano a malapena, eppure anch'esse si servono di loro, in uno strano rapporto contraddittorio che è la grande caratteristica di Gilth'alas stessa. C'è chi mormora che si radunino al di sotto della città, nelle fogne e nei cunicoli scavati nel ventre del Gioiello delle Gilde, ma del resto sono solo supposizioni. E' difficile carpire un segreto ad un ladro, e in quel campo loro sono i migliori.]» Allineamento: Malevolo » Propensione ad alleanza: Liz'zeth » Propensione a rivalità: Ennomos, Samoq
» Bonus: • 2 slot Esplorazione: prima di muovere possono mandare un png in ricognizione in una casella attigua che, se non counterato, torna a riferire • ? [celato] • ? [celato] » Malus: • Sono obbligati a combattere contro Ennomos e Samoq » PnG: • Capo 2PP 3PV • Truppe 2PP 2PV Energia: 35-10= 25%
Manos: 2 PP / 3 PV Azmiye Karrady: 2 PP / 2 PV Capitano Drunn: 2 PP / 2 PV Tahlhar "Lamatriste" 2 PP / 2 PV Tatà: 2 PP / 2 PV
Abilità utilizzate: Ostinazione: La tecnica è una difesa di natura psionica. Ben poche cose sono in grado di distogliere l'attenzione di Azmiye dai suoi propositi. La sua caparbietà e risolutezza la rendono un bersaglio decisamente arduo da soggiogare, persino tramite malie e incantesimi. Consumo di energia: Medio ~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~ Fascia: Verde Pericolosità: D
CS: (4) 2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tenacia
Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40% | ~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~ Corpo (Danno Medio+Basso): Contusione alla guancia des. (Bassa), Graffi profondi intorno al collo (Medi).
Mente (Danno Medio+Basso): Danno mentale (Medio+Basso).
Energie: 45-10= 35% | ~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~ Armi: Yen Kaytsak: Infoderata Spada: Infoderata Ferro: Infoderato Arco (13): Infoderato Pistola (3): Infoderata
Armature: Mantello, brigantina. Oggetti: Biglia dissonante. |
~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~ [Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
[● Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.
[● Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.
[● Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.
[● Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.
~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~
[1/10] “È tutta questione di metodo” ~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper. [(Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Medio] Questa tecnica difensiva ha natura fisica e può essere utilizzata solo sul caster. In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili. Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni. Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno. | (Nessuna) |
~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~ Scusate il ritardo, ma il lavoro non perdona (anzi, domani dovrei svegliarmi alle 06.30 O__o) Comunque, parlando al post, dopo il dialogo col vecchio, i membri della mia squadra si legano con la corda l'uno all'altro per sicurezza, poi salgono sulla nave meno scassata del porto e tentano la traversata. La barca che mi sono immaginato io è una paranza di piccole dimensioni come questa (ma ma senza il telo della vela, come descritto nel post); insomma... una nave sufficiente grande da contenere angustamente la mia squadra di 7 persone. Passando all'attacco delle sirene, Azmiye è attratta dalla canzone e sta per buttarsi in acqua, ma usa la tecnica Ostinazione (difesa psionica Media) descritta nello specchietto dei png per contrastare l'ammaliamento. In più contemporaneamente anche Tatà, Lamatriste e Manos corrono in suo aiuto per trattenerla: Tatà la tira per la corda che li lega insieme, lamatriste la afferra per la cintola e infine Manos la prende per i capelli e la strattona violentemente all'interno della barca (se nel complesso l'intento riesce). Come scritto in confronto da savior, il vecchio para il soffio di gelo con un turbine di sabbia. Per affrontare l'onda invece, Vahram - con l'aiuto del Capitano Drunn per ragioni prettamente sceniche e interpretative (è un pirata) - sfrutta le caratteristiche della sua variabile difensiva personale per far virare la barca in modo da dirigerla - gergalmente parlando - in cappa, ossia in una posizione che permetta di "cavalcare" l'onda limitando almeno parzialmente i danni. In termini tecnici, provo a usare creativamente la tecnica difensiva “È tutta questione di metodo” a consumo Medio per difendere la barca.
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