| Drag. |
| | ( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat - Akeran ) pov - Vaalirunah; Floki Noctis
« Il genere di affari che decide chi tiene in mano il potere. » Il sorriso di Drenthe si fece improvvisamente affilato, famelico. Sembrava visibilmente eccitato, come se non riuscisse a trattenere il fremito di desiderio che nascondeva dentro il suo animo. Ammiccò complice nei confronti del terzetto, facendo spallucce dell'uscita di scena del sacerdote. Non si aspettava che tutto il gruppo lo seguisse, anzi: aveva immaginato che solo Noctis venisse allettato dall'offerta. Scoprire anche Vaalirunah propenso ad ignorare Ortiz dinanzi alla proposta di una misteriosa avventura lo aveva piacevolmente soddisfatto. « Quando saremo a terra, cercatemi all'angolo occidentale della spiaggia. » Il pirata di Dortan si inchinò nuovamente, accomiatandosi dal gruppo. Abbassò il tricorno sugli occhi a mandorla, celando così le sue iridi ai presenti. Con un fruscìo delle vesti ed il tonfo leggero degli stivali sul ponte di legno, si allontanò senza proferire altro.
Entrambe le navi gettarono le ancore al riparo dell'insenatura dove si allungava il piccolo porto dell'isola. Nuronat non possedeva che una decina di piccole barche da pesca, e nessuno aveva mai visto alla fonda dei vascelli come la Orgoglio o la Garmurath. La banchina stessa era una semplice coppia di lunghi pontili di legno chiaro che si allontanavano dalla spiaggia per permettere alle imbarcazioni più grandi di attraccare senza dover rimanere distanti dalla riva; incredibile a dirsi, il fondale era abbastanza profondo affinchè anche la caracca e la fregata di Dorhamat potessero fare altrettanto. La sabbia dell'isola era scura, grigia e, tavolta, persino nera. Era evidente come Nuronat fosse un ammasso di roccia rigurgitata dal centro di Theras e lasciata emergere nel corso dei millenni, una colata alla volta. Persino dinanzi ai modesti edifici del villaggio, tutto ciò su cui l'occhio poteva spaziare gridava inciviltà e natura selvaggia: Nuronat era davvero l'ultimo porto alla fine del mondo, un paradiso quasi incontaminato e indomito. Lì l'uomo non era padrone: era solo tollerato. Barthèz - per una volta calato nel suo ruolo e ricoprente le sue mansioni - diede ordine ai marinai di riapprovigionare la nave, discutendo con i locali per cibo e necessità. Il quartiermastro pagava con del buon oro, e i nativi di Nuronat, seppur diffidenti, sembravano ben lieti di commerciare (essendo un eventualità piuttosto rara da quelle parti). Bambini dalla pelle scura e i piedi scalzi correvano tra le gomene, le casse e le botti, pronte ad essere trasportate lungo il pontile e caricate sulla Orgoglio. Anche la Garmurath stava attraccando dopo aver lasciato ampio spazio di manovra alla caracca dei de Santos, e molti nani corsari - per la prima volta ben visibili alla luce - lavoravano alacremente sul ponte e sugli alberi per fermare in sicurezza l'imbarcazione.
Non fu un problema per Floki, Vaal e Lirin sfuggire dal caos del porto per raggiungere Drenthe al punto di incontro. Quando lo incontrarono, seduto su uno scoglio arenato nella sabbia color notte, stentarono a riconoscerlo.
« Sono davvero lieto siate arrivati. » Non aveva più il tricorno sul capo: i capelli, che prima erano neri e lunghi, ora erano di un indefinito verde slavato - quasi blu, come il colore degli abissi marini - ed erano raccolti in un'alta coda dietro la nuca. Gli occhi a mandorla erano mascherati da un ombretto nero, e persino il suo abbigliamento era completamente differente: indossava una stranissima e disparata armatura colorata, messa insieme da vari pezzi provenienti da diverse loriche e corazze. Al suo fianco pendeva anche una nuova spada - simile ad una katana, ma più lunga e larga. « Venite: c'è una persona che dobbiamo incontrare. » Senza ulteriori preamboli, Drenthe balzò in piedi: l'aura che lo circondava sembrava completamente cambiata - più dinamica, frizzante. Camminava innanzi al terzetto lungo la spiaggia, solcando la sabbia con ampie, veloci falcate. La loro destinazione non era distante: una casupola costruita con giunchi, mattoni d'argilla e legno di palma si ergeva modesta e umile attorno ad un campo bruciato vicino ad una degradande scogliera. L'abitazione non era distante dal villaggio vero e proprio, ma pareva abbastanza isolata da lasciare immaginare che chi vi vivesse volesse essere lasciato in pace; decine di piccole bocche fumanti si alzavano dal suolo e dalle rocce a sinistra della casa, testimoniando la placida attività vulcanica sotto di essa. Un pesante fetore di uova marce aleggiava attorno alla zona, appena mitigato dalla brezza che proveniva dal mare - laddove giù, in lontananza, nubi nere si addensavano sopra l'oceano. Strane piante circondavano l'edificio - alcune floride e rigogliose, altre contrite, un paio persino secche e morte. Nonostante la varietà fosse imponente - ed a tratti soffocante -, quell'inquietante giardino dava l'impressione di essere estremamente curato. Drenthe non rallentò il passo. Il pirata si fiondò dritto sulla piccola porta di legno, bussando deciso due volte con la mano della spada. Una dozzina di delicati acchiappasogni di varie dimensioni, le cui piume venivano mosse dal vento, cadeva dalla sgangherata tettoia.
« Mi aveva detto che sareste arrivati. » Una donna aprì loro la porta, fissandoli dall'uscio senza permettergli di oltrepassarlo. La sua voce, nonostante paresse giovane, tradiva un lieve tremore - prudenza, forse. Gli occhi della sciamana, tuttavia, erano di un verde così brillante da spaventare - più viva e saggia che mai. « Niente nomi, Shaqra. », fece Drenthe, indietreggiando di un passo ed esibendosi nel suo solito mezzo inchino. « Hai appena pronunciato il mio. », rispose piccata l'altra, esibendo però un genuino sorriso di affetto nei confronti del pirata di Dortan. « Tu rimarrai qui, a studiare il mare e le fornaci di T'al. », rispose il mercenario, indicando il vulcano alle loro spalle. « Noi navigheremo attraverso acque pericolose. » « Non sai quanto. » La sciamana di mezz'età, che indossava una povera tunica verde lunga sino alle caviglie, rivelò allora le proprie mani. Le braccia della donna erano esili, malnutrite, ma la sua salda presa mostrava ai loro occhi ciò che stringeva: un cristallo color oro, brillante ed invitante. « Il pagamento...? » Drenthe si sfilò una collana dalle numerose tacche che teneva al collo (assieme, va detto, a numerose altre) « Quel che avevi chiesto: un amuleto della parola. » Gliela porse, ed un bagliore di rimpianto brillò negli occhi truccati del pirata. « E' un manufatto molto utile: mi dispiacerà non parlare in lingue di terre lontane. » « Quella che ti ha insegnato tua madre sarà sufficiente. Nessuno parla idiomi che tu non conosca, là dove siete diretti. » Drenthe impugnò il cristallo, che, se possibile, brillò ancor più. Lo alzò alla luce variabile del mattino, mostrandolo a Floki, Vaalirunah e Lirin. La pietra non era più grande di un pugno, e la sua superficie era increspata ed irregolare. Attraverso di esso, però, si riusciva a vedere Nuronat - ma l'immagine cambiò. Indicava il mare, una direzione, un sentiero lontano tra i flutti. Una rotta - ed una meta. « Questo, compari, è il vero motivo per cui siete qui. »
( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat - Akeran ) pov - Ged
A Ged venne fortunatamente risparmiata ogni incombenza logistica. Il sacerdote camminava liberamente sulla spiaggia nera, godendo degli sguardi curiosi dei nativi e dei giochi dei bambini ai suoi piedi. Nessuno a Nuronat aveva mai visto un progenie dei draghi e, probabilmente, quella comparsa sarebbe stata raccontata per generazioni a venire dagli abitanti della remota isola. Vaalirunah si era allontanato quasi subito per raggiungere il pirata di Dortan, quindi nessuno aveva catalizzato l'attenzione quanto il prete dell'Aurum; Ged stesso godeva di un certo rispetto a bordo della Orgoglio, e molti marinai chinavano il capo deferenti al suo passaggio. A dispetto del caos generato dalla decisione di risparmiare Hoomer e prenderne pubblicamente le difese, tutti quanti avevano assistito al veleno intercorso tra lui e l'assassino la notte precedente - senza contare il secondo round quel mattino stesso. Per quanto non propriamente amato da ogni membro dell'equipaggio, Ged poteva restare sicuro che nessun coltello aspettava nella notte la sua schiena - o, perlomeno, non ancora. La sabbia sotto i suoi stivali era spessa, bagnata. L'alta marea doveva essersi appena ritirata dalla spiaggia. Ortiz aveva occupato un edificio proprio dinanzi al porto, una sala lunga che probabilmente fungeva da luogo di ritrovo per i nativi durante le lunghe serate di festa. La costruzione somigliava molto ad una nave rovesciata, con il tetto di legno coperto di frasche retto molto in alto da un asse curvo simile alla chiglia di un vascello. Un lungo braciere di peltro dalle formi simili a quelle di un abbeveratoio ardeva al centro della stanza, scaldando piacevolmente lo spazio attorno al quale erano raccolti il comandante de Santos, Cleomenes e Belu-Maz.
« E' innammissibile! », tuonò Ortiz, conficcando violentemente un pugnale nella mappa aperta dinanzi a lui. I suoi occhi dardeggiavano di furore e persino i suoi baffi aristocratici sembravano fremere d'ira. Le vene delle tempie parevano esplodere, ma il nobiluomo di Dorhamat si guardò bene dal mollare la presa sul coltello. Cleomenes sospirò appena. Il nocchiero pareva visibilmente provato: molto pallido e scavato nel volto, teneva continuamente una mano sul fianco sinistro - pesantemente fasciato (e rosso) sotto la camicetta verde oliva. La ferita sofferta durante l'attacco delle creature marine era reale, ma il fiero e leale lupo di mare non intendeva venir meno ai suoi incarichi. Stoicamente, ignorava la sua condizione di salute resistendo a malapena in piedi, aiutando come poteva il suo capitano negli aggiustamenti di valutazione della rotta che avrebbero dovuto seguire da lì in avanti. Il mezz'orco mercenario, invece, stava in piedi accanto ad Ortiz senza osservare la carte nè il suo comandante. I suoi occhi miti erano puntati sul sacerdote, convocato nell'edificio ed ora sulla sua soglia. Ortiz, tuttavia, pareva non essersene neppure accorto. « L'evidenza di una simile condotta è oltraggiosa. Se Urrka crede che i suoi piccoli giochetti possano impedire il compimento di questa spedizione, io... » « Comandante...? » La mano del nocchiero fermò il fiume di improperi ed accuse del nobiluomo, centrando l'attenzione su Ged. « Voi. Signor Ged. » Gli occhi di Ortiz sembravano freddi, distanti. La rabbia che vi covava sembrava solo nascosta, ma non sopita. Un'ombra di quella che pareva delusione ne oscurò lo sguardo. « La scorsa notte vi siete ben comportato, ma vedervi qui da solo non aiuta la vostra causa. » Il capitano sembrava effettivamente dispiaciuto - tradito - dall'assenza degli altri convocati. Cleomenes si schiarì piano la gola, prendendo discretamente la parola. « Signor Grey... Voi, ed i vostri compagni, siete dei membri molto apprezzati nell'equipaggio. Tuttavia, nel corso della notte sono giunte sino a noi delle... Voci, diciamo, piuttosto insistenti. Vi accusano di lavorare per i corsari di Dorhamat e di essere complici del capitano Urrka per portare a fallimento la nostra impresa. » Cleomenes cercava in tutti i modi di essere diplomatico mentre esponeva le denunce mosse nei loro confronti, ma non potè fare a meno di appoggiare la mano sinistra - quella del fianco offeso - sul gladio che pendeva al suo fianco. Tutti, nella sala, notarono quel gesto. Probabilmente il nocchiero non si accorse neppure di aver poggiato la mancina sul pomo dell'arma, ma la cosa allarmò Ortiz, che estrasse rapidamente il pugnale dalla mappa e lo puntò in direzione di Ged, distante un paio di metri (ed un tavolo) da lui. « Quegli incidenti, la morte del marinaio, Padro... Siete complici di quel farabutto?! », latrò. Il nocchiero parve rendersi conto di quel che aveva scatenato, e cercò di abbassare il braccio del suo comandante. « Il capitano Urrka sarà qui a momenti, comandante! » Anche Belu-Maz ora aveva silenziosamente sfoderato la sua scimitarra, puntandola in direzione del sacerdote. I suoi occhi non tradivano alcuna emozione, nè le sue labbra si dischiusero per un singolo sussurro. « Siete uno dei suoi uomini? Siete uno di loro?? » Pirati.
QM POINT :: Riprendiamo! Mi scuso ancora per questa lunga interruzione e mi auguro che il post, nonostante sia stato scritto con una vista men che perfetta, non presenti troppi errori. In verità vi dico che questo turno, ed il precedente, erano arrangiati in maniera differente: visto l'approssimarsi della data dell'operazione ho deciso di costruirli così - offrendovi un turno, il precedente, piuttosto privo di eventi (per quanto importante la scelta fosse) - piuttosto che mollarvi per due settimane con un post così corposo come il presente. Vi chiedo scusa e spero non vi abbia pesato troppo. Passiamo agli eventi: Fatal e Az, per voi si prosegue in Confronto. Potete parlare e domandare quel che volete a Drenthe. Ricordatevi le CS! Fatal: la tua memoria ancestrale ti fa suonare un campanello d'allarme quando Drenthe pronuncia la parola "compari". Hai già sentito quella voce dire quella parola... Wolfo: anche per te si prosegue brevemente in Confronto. E' evidente che qualcosa non va e che qualcuno vi sta screditando, e gli animi si sono parecchio scaldati. A te la prossima mossa! Avete 5 giorni di tempo per preparare il post DAL MOMENTO IN CUI VI DIRO' "STOP" in Confronto. A voi!
| | |
| |
|