| Drag. |
| | ( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat - Akeran ) pov - Belu-Maz
Per qualche istante non comprese nulla di quanto stesse avvenendo attorno a lui; il rombo terribile che aveva udito prima di calare la sciabola su Ged era stato accompagnato da un fischio sordo, cui era seguito un impatto esplosivo così potente da lasciarlo boccheggiante. Il fortissimo botto che giunse dal bombardamento sconquassò la sua mente, lasciandola confusa e terrorizzata. Il mezz'orco venne colpito da qualcosa d'intangibile - un'onda d'urto - e cadde all'indietro, mollando la presa sulla spada. Roteò gli occhi, incapacitato dall'assordante rumore che gli ronzava nelle orecchie. Gli sembrava di aver appena fatto a pugni con un gigante - e perso malamente. Carponi, la sua mano arrancò nella sabbia, spostando un granello alla volta come se stesse lentamente affondandovi senza possibilità di scampo. Un'enorme cupola dorata lo proteggeva - riusciva ad intravederla, luccicante, dinanzi a lui. Il sacerdote aveva costruito una corazza per tutti coloro che si erano trovati nelle sue prossimità, respingendo l'inferno che li aveva assaliti; l'energia scatenata dall'impatto delle cannonate non era stata completamente assorbita, ma erano vivi: proprio com'era giunta, infatti, la momentanea sordità scomparve... aggredendo il suo udito con decine di lamenti e richieste d'aiuto. Quando la barriera magica crollò, la spiaggia antistante il porticciolo di Nuronat pareva costellata di crateri - come se un qualche dio vi si fosse divertito, affondando ripetutamente un gigantesco punteruolo nella sabbia. Il puzzo era terribile: l'aria era densa e pregna dell'odore acre della carne bruciata e del fuoco che ancora consumava alcuni approvvigionamenti o le capanne più esterne del villaggio. Il fumo che si levava da essi era scuro e malevolo, tratteggiando perfettamente quello scorcio con i colori più violenti e crudeli che Belu-Maz avesse mai visto. Nonostante fosse chino a terra, in ginocchio alle spalle di Ged, riusciva ad intravedere molti uomini aggirarsi confusi, senza meta, spezzati come lui. E poi grida, lacrime, morte. Un cadavere divelto giaceva ad alcuni metri da lui, le braccia spezzate verso l'alto e la pelle corrosa dal fuoco; più in là,, un bambino che stava giocando tra le botti e le casse della Orgoglio stava riverso sul terreno, mezza faccia cancellata dall'energia sprigionata dall'esplosione. Alzò lo sguardo sul sacerdote, che lo stava guardando. Gli tendeva la mano, lo invitava alla ragione. Era davvero Urrka il pericolo? Aveva sparato lui sulla spiaggia? Aveva ucciso lui tutte quelle persone innocenti?
« -- »
Nessun suono uscì dalle sue labbra. Con orrore, si accorse che la sabbia sotto di lui era madida del suo sangue. La ferita alla gola era grave - più grave di quanto lui inizialmente avesse creduto. Ged aveva colpito bene, e neppure la temibile resilienza della sua razza poteva lasciarlo indenne da quel colpo. Gorgogliando, Belu-Maz crollò a terra sotto gli occhi del sacerdote, abbracciando l'oscurità che la calda sabbia gli offriva.
( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat - Akeran ) pov - Floki Noctis
Il sicario si fece largo senza problemi lungo il porticciolo dell'isola, rimasto miracolosamente illeso dalla bordata di babordo sparata dalla fregata corsara. La Garmurath veleggiava ormai lontana, uscendo dalla baia indisturbata a velocità crescente: sarebbe stato un lungo inseguimento, se avessero deciso di prendere il mare e raggiungerla. Floki camminava con calma serafica e una serenità ultraterrena, a malapena sfiorato dai marinai che correvano incessamente sugli assi di legno - chi si dirigeva verso la caracca, chi fuggiva verso la spiaggia per portar soccorso agli sventurati. Come un fantasma intoccabile, raggiunse senza che nessuno osasse fermarlo il boccaporto dal quale Urrka aveva scagliato la sua granata nel ventre della nave. La Orgoglio bruciava ancora, e i bordi anneriti e spezzati della paratia di sinistra denunciavano dei danni notevoli; anche dal basso, Floki poteva scorgere le fiamme ancora accese sul sartiame raccolto sugli alberi e molte ragnatele d'arrampicata consumate dal calore dell'esplosione. Ma nonostante fosse stata stuprata nel profondo, la caracca cavalcava ancora le onde. La Orgoglio era una nave più solida di quanto Urrka immaginasse, e non era riuscito ad affondarla del tutto. Per quanto potesse essere ferita, c'era ancora speranza di poterla vedere ancora solcare l'oceano. Le assi scurite dalla fiamme, tuttavia, non erano l'unico spettacolo cui il sicario poteva osservare: piantata in mezzo al legno color nocciola stava una corta lama orientale, leggermente curva, non più lunga di mezzo metro. Il colore del suo filo era rossastro, come se fosse damascato, e parimenti vermiglia era l'elsa - elegante, levigata. Floki aveva già visto quell'arma: era la wakizashi che Drenthe aveva utilizzato sino ad una dozzina di minuti prima dinanzi alla solitaria capanna di Shaqra. Assicurata dalla sua lama come il chiodo ad una parete, parzialmente infilata negli interstizi tra i monumentali assi dello scafo, si poteva intravedere una minuta pergamena bagnata.
vamos a tomar lo que es nuestro, recitava.
( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat - Akeran ) pov - Ged
Belu-Maz respirava ancora, seppur debolmente; molti uomini della Orgoglio e molti nativi non erano stati così fortunati. Ged ne aveva salvati molti, con quella barriera. Benchè sfinito, benchè dolorante, aveva scommesso tutto quanto se stesso sulla protezione di quella gente... e ne era uscito vincitore. Il prezzo, però, era stato altissimo. Terribile - insostenibile. L'aria era così pesante da riempire i polmoni, e soffocarli con il suo lezzo di morte. Poteva quasi percepire la vita che sfuggiva dai corpi di coloro che non erano stati così fortunati da perire istantaneamente, ed ogni anima che svaniva pareva una nuova ferita inferta sulla sua pelle. Molti uomini, tra coloro che si erano salvati, osservavano quello scempio con occhi sbarrati. Qualcuno, più avvezzo al cruento spettacolo della guerra, aveva indurito il proprio cuore e si era subito adoperato per soccorrere i feriti e finire i moribondi. Nonostante fossero mezzo-pirati, tanti non avevano vissuto altro che battaglie nella propria vita: ad un certo punto, l'uomo si abitua a qualsiasi cosa. Ve n'erano molti, anche, che piangevano: distrutti, spezzati, sedevano nella sabbia o sulle casse senza muovere un dito - quasi senza respirare, increduli dinanzi ad un attacco che non sapevano spiegarsi. Presto sarebbe montata la curiosità, poi la ragione, poi l'ira. Avrebbero tutti cercato vendetta. Alcuni, però, puntavano il loro sguardo sul prete: ancora una volta, Ged si era eretto baluardo delle loro vite. Li aveva protetti, difesi, salvati. Agli occhi di gente semplice e coraggiosa come i membri dell'equipaggio della Orgoglio, Ged era divenuto un profeta. La sala grande che Ortiz aveva adibito a quartier generale era intatta. Anche il nobiluomo di Dorhamat respirava ancora, ma la vita sembrava aver abbandonato i suoi occhi. Catatonici e vitrei, quasi affogato in una pozza del suo stesso sangue, pareva incomprensibile come il rampollo della famiglia de Santos potesse essere ancora tra loro - e, in effetti, non era proprio così.
Avevano tanto da recuperare; da ricostruire; da guarire.
( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat, Orgoglio - Akeran ) pov - Cleomenes
Il nocchiero della Orgoglio arrancava sul ponte della sua nave, tenendosi il fianco ferito e sanguinante con fare spasmodico. Barcollava esausto senza tregua, appoggiando la mano libera sulla daga con la quale pareva tastare ciò che gli si parasse davanti, alla maniera dei non-vedenti. Il suo volto era una maschera di sofferenza e fatica: sfigurato dal dolore e dall'incredulità, Cleomenes si trascinò verso le cabine degli ufficiali; il suo passo era inesorabile, così determinato da poter scalzare le montagne stesse dalle loro radici sotterranee. Quando il fianco gli cedette, si trovò costretto ad appoggiare la spalla destra alla parete di legno - ma il suo passo non rallentò. Non incontrò nessuno nel suo tragitto: tutti gli uomini dell'equipaggio che erano sopravvissuti al bombardamento ed all'esplosione si stavano prodigando altrove - all'esterno, lontano da lui. La mente di Cleomenes era fissa su un singolo obiettivo, un unico punto fermo. Se Ortiz era morto, tutte le loro vite non avevano più senso. Non si trattava di fedeltà, ma puro pragmatismo. Non doveva nulla al Governatore ed agli aristocratici di Dorhamat, nè oro nè rispetto. Il ruolo che ricopriva, seppur vitale per la spedizione, era sottostimato e dimenticato. In un tetro angolo del suo animo, Cleomenes era persino lieto della sorte occorsa al suo comandante: la fine di un cane. Tuttavia, Cleomenes credeva ancora nel destino - il buon destino, la bontà di tutti loro. Era ancora convinto di "dover fare la cosa giusta" - era semplicemente quel genere di uomo. Perchè se non l'avessero fatto, si sarebbe ritrovato con un cappio al collo. Cleomenes era un pirata, o lo era stato: sarebbe stato difficile giustificare la morte di Ortiz alla sua famiglia, e lo smacco della sconfitta alle alte sfere del governo di Dorhamat. L'isola dei pirati era ancora la sua casa, e la sua gentaglia era la sua famiglia. Sotto sotto, il nocchiero sapeva qual era la cosa giusta. E, in fondo, voleva compierla con tutto se stesso.
« Sapevo che ti avrei trovato qui. », disse, la voce spezzata e decisamente insicura. « E' il rifugio migliore per i topi, ed i codardi. » Rannicchiato e tremante, nascosto dietro le rastrelliere di vino che avevano fatto da pubblico alla morte di Padro, Barthèz Cristiano Silva alzò lo sguardo verso gli occhi grigi del miglior navigatore che lo Zar avesse mai visto - e ne ebbe una terribile paura. « Ho un debito di sangue nei confronti di Urrka. Quando lo catturerò, voglio assicurarlo alla giustizia e vederlo morire appeso pisciandosi addosso come un verme. » Alzò appena la daga, dirigendo la punta verso il torace del quartiermastro della Orgoglio. Barthèz squittì terrorizzato, annaspando nel legno come se potesse passarvi attraverso ed allontanarsi dal filo letale dell'arma. Sfortunatamente per lui, il legno non lo accolse - nè lo salvò. « Ma se posso eliminare qualche inconveniente sul cammino... ...tanto meglio. »
La lama affondò con inaspettata semplicità, e silenzio, nel corpo del triste quartiermastro.
( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, l'ultimo porto di Nuronat - Akeran ) pov - Vaalirunah; Shaqra
Shaqra affondò il suo sguardo strano negli occhi da rettile di Vaalirunah; nonostante l'apparente fragilità, la dimora dimessa e le vesti semplici, la sciamana sembrava dotata di una misteriosa forza interiore - qualcosa di primordiale, potente e selvaggio tanto quanto Nuronat stessa. Era facile immaginare perchè avesse deciso di ritirarsi così lontana dalla civiltà: quell'isola pareva lo spettro stesso della sua anima. Le labbra sottili dell'anziana vulcanologa si stirarono contrariate, squadrando prima il sicario che se ne andava e poi Lirin, sofferente tra le braccia del suo padre adottivo. La ragazza pareva oscillasse tra la rabbia ed il dolore, cambiando umore con la stessa sicurezza delle maree. Il suo stato d'animo era comprensibile: se da un lato conosceva le sue potenzialità - e le aveva dimostrate combattendo assieme ad Olivia la notte precedente - dall'altro si sentiva oppressa dalla sensazione di sconfitta che percepiva dentro di sè; le ferite ricevute provocavano ira e dolore in egual misura, e solo la saggezza e l'umiltà di Vaalirunah potevano sanarla.
« Ti sembro un pirata? », domandò, acida. Si avvicinò di alcuni passi, reggendo ancora nella mano destra l'amuleto che Drenthe aveva scambiato. « Pensi che voglia per forza qualcosa, in cambio del soccorso che potrei dare ad una ragazza sofferente proprio dinanzi alla mia porta? »
Tutt'altro che spontaneamente, Shaqra lasciò il portico macilento della sua capanna e si chinò sulla giovane donna dell'Akeran, strappando i lembi della sua tunica per improvvisare delle bende pulite. Le sue braccia erano esili e chiare, la pelle grinzosa ed asciutta, ma non v'era alcun dubbio sulla forza che scorreva in quelle mani. La sciamana spinse da parte l'uomo-lucertola, imprecando sommessamente. Borbottando senza sosta, attese alle ferite di Lirin con alacrità ed esperienza, prodigandosi per fermarne l'emorragia e favorirne la rimarginazione. Era difficile comprendere cosa stesse dicendo (poichè spesso parlava nella lingua del mare), ma di tanto in tanto si udivano abbastanza chiaramente parole come "stupidi" e "uomini", draghi o meno che fossero. Era abbastanza evidente come non stesse affatto cercando di nascondere gli insulti che stava rivolgendo a Vaalirunah, ma essi erano sufficientemente innocui da lasciar intendere che nessuna animosità albergasse nel cuore della sciamana. « Comunque, », disse, facendo aprire a forza la bocca di Lirin per darle da masticare una curiosa erba insapore, « non mi interessa rivedere Xari. » Scosse il capo, continuando a preoccuparsi della ragazza. « Voi vi prenderete cura di lui - si fida di voi come mai l'ho visto fare in vita mia. » Lanciò l'amuleto nelle mani di Vaalirunah: il monile era costituito da un girocollo disadorno di metallo argentato, privo di particolari simboli o intarsi - persino intaccato in più punti. Al suo pedice, tuttavia, riposava una singola, piccola perla. Quel gioiello pulsava - e brillava - ogniqualvolta Val, impugnandolo, lo direzionasse verso il mare. Verso la Garmurath, che usciva dalla baia di Nuronat. « Lui vuole che voi lo inseguiate, e vi ha persino dato i mezzi per farlo. Altrimenti, perchè mi avrebbe pagata con un amuleto Tracciante? »
La sciamana osservò di sottecchi il guerriero-lucertola, squadrandolo con occhio clinico. « Dì un po', drago, vorresti anche tu una sistemata? Per te è a pagamento, però... »
( Arcipelago di Dorhamat, estremo sud, Garmurath - Akeran ) pov - Urrka, Xari Drenthe
« Ora comprendo. »
Urrka aveva un aspetto tetro, grigio; si accarezzava cautamente la barba bianca, tenendo la mano destra allacciata alla fibbia decorata sul bacino. Nonostante si trovasse nei suoi ampi alloggi nel castello di poppa e molti membri dell'equipaggio fossero presenti - inclusa Olivia e Kanca -, i suoi occhi erano concentrati su un unico uomo. Questi, al centro della stanza, era stato condotto da lui in catene e disarmato, seppur indossasse ancora un'assurda armatura spaiata ed assemblata da pezzi diversi. Quel pirata era stato catturato dopo aver mietuto sette nani del suo equipaggio, e aver combattuto ferocemente sul ponte della nave sperando probabilmente che Urrka e Kanca fossero ancora sulla spiaggia, ad eliminare de Santos. « Ortiz non aveva architettato nulla, vero? Era innocente. », affermò. Non era una domanda. Xari sorrise; le sue labbra erano allungate in un ghigno strano, malizioso ma anche pericoloso - capace di mettere a disagio i propri interlocutori. « Già. », si limitò a dire. La luce che si faceva spazio dalle larghe finestre di poppa gli illuminava il volto, senza tuttavia dare vera luce al suo animo ed alle sue intenzioni. Era difficile capire cosa stesse pensando, e ancor più discernere il vero dal falso nelle sue parole. Era una sensazione scivolosa, malferma, come restare in piedi su uno scoglio ricoperto di alghe: non esisteva descrizione migliore per raccontare le sabbie mobili nelle quali aveva gettato tutti loro. « Sei sempre stato tu, dunque: il capitano della Prigione Cobalto, Xari Drenthe. » Anche Urrka sapeva partecipare a quel gioco. La sua indole glaciale, spezzata precedentemente dall'idea di essere stato usato da Ortiz e dal Governatore di Dorhamat, aveva acquistato nuova sicurezza. Benchè l'ira montasse nuovamente dentro il vecchio nano corsaro, questi non lo diede a vedere. Drenthe aveva mosso tutti come burattini, lui compreso, e messo a rischio decine di vite per il suo personale tornaconto. Le implicazioni e le conseguenze di ciò che loro (in quanto burattini) avevano compiuto erano terrificanti. Urrka aveva dato ordine di uccidere Ortiz, aveva demolito la sua nave e sparato sul suo equipaggio. Il tutto per una menzogna. « Ex-capitano. La Cobalto è nelle mani di Jericho, ora. », risponse Xari con candida sincerità. « Un comandante ancor più spietato che prende il posto di uno più velenoso... » « Pirate's Bay esiste davvero? », domandò invece. « Sì. » « Tu conosci la via per raggiungerla. », « Sì. » « Dovresti ucciderlo, padre. », s'intromise Olivia, disprezzado il mercenario con tutta se stessa - e, segretamente, incolpandosi per non aver riconosciuto la serpe che era quando avevano viaggiato assieme sulla Orgoglio. « Dovreste! », esplose Drenthe, ridacchiando. La sua risposta lasciò molti a bocca aperta, Olivia compresa. La ladra sfoderò un pugnale, pronta ad eliminare il pirata. « Se intendete farlo, tuttavia, non raggiungerete mai il tesoro del Kraken... » Con un gesto teatrale, Xari liberò il cristallo dorato che aveva ricevuto da Shaqra; l'oggetto splendeva indomito tra le sue dita, finalmente reso visibile dal nascondiglio tra i guanti d'arme che proteggevano gli avambracci del pirata. L'azione per poco non scatenò un'incantesimo offensivo di Kanca, bloccato solamente da un secco ordine di Urrka. Il corsaro, il sopracciglio alzato e dubbioso, osservava il suo prigioniero con debita cautela. « Oppure potrei ucciderti comunque, », commentò poi, facendosi consegnare una pistola a pietra focaia da un nano vicino e puntandola contro il pirata. « e prendere quella mappa dal tuo cadavere. » « Ah, ma se tu fossi così barbaro allora non mi resta che distruggerla. » In un lampo, il cristallo fu a terra: colpì le assi di legno coperte da un elegante tappeto quasi senza rimbalzare, soffocando il suono del suo impatto nel tessuto. Senza alcun rimorso Xari lo calpestò. « Sei impazzito?? » « Ora l'unico a sapere la rotta sono io, e quel segreto è custodito nella mia memoria. » Per alcuni istanti, nessuno respirò. Neppure Xari. Stava scommettendo molto su una valutazione potenzialmente errata, ma era l'unica via che potesse percorrere. Quando Urrka abbassò la pistola, stette bene attento a non sembrare sollevato. « Resterai in vita, allora. Almeno sino a quando raggiungeremo Pirate's Bay... »
Meglio, pensò Xari. Ho ancora molto tempo per inventarmi di peggio.
Venne condotto sottocoperta, in direzione presumibilmente della sentina - dove venivano tenuti i prigionieri ed i condannati. Scendendo le scale, nonostante Urrka parlasse in lingua nanica, riuscì ad udire la possente e profonda voce del capitano della Garmurath urlare al proprio equipaggio.
« Mürettebat, Haydi! ANDIAMO A PRENDERE CIO' CHE E' NOSTRO! »
Una piccola perla, una biglia tra le tante che componevano il braccialetto al suo polso destro, brillò debolmente. Spintonato dalle spalle, Xari sorrise.
QM POINT :: Quest conclusa! Spero vi siate divertiti almeno tanto quanto mi son divertito io nell'idearla e scriverne i qm point. Si trattava di una trama piuttosto complessa e decisamente lunga, come avete potuto vedere. Onestamente non potevo chiedere partecipanti più costanti e migliori di voi; posso dirmi fortunato di avervi scelti all'apertura del bando, soprattutto per le sinergie che già esistevano tra i vostri personaggi e che non solo calzavano a pennello per il clima di questa storia ma lo hanno anche arricchito moltissimo. Per parte mia vi chiedo soltanto un feedback in Confronto, essendo questa la prima vera quest seria che mastero. In-game avete la facoltà - non l'obbligo! - di compiere un ultimo post e decidere cosa intendete fare. Off-gdr, dovete comunicarmi in Confronto se intendete partecipare al naturale sequel di questa quest o fermarvi qui: i vostri personaggi resteranno a Nuronat e torneranno a casa non appena una nave mercantile passerà in zona (circa una volta al mese). Va da sè che avrei enorme piacere di vedervi ancora partecipi nel prossimo capitolo. In serata discuterò con Paracco per le ricompense ed un giudizio più dettagliato e personalizzato. Grazie ancora, di cuore.
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