Fetiales
Tẖạ̉r
ثار
Scena Quinta
«Parlato (Umano)» «Parlato (Incubus)» Pensato Narrato
Qualunque sia la fine.
La vita si era spenta, strappata via dal mio petto, risucchiata da quell'ultimo artiglio inferto da Helaayne.
Una morte dal sapore amaro che aveva condannato entrambi ad un esistenza dannata.
La mente era rimasta cosciente in quella prigione di tenebra, il mio spirito privato del corpo. Fluttuavo in un limbo dal quale non sarei mia uscito, la strada smarrita, disgregata quando avevo esalato l'ultimo respiro.
Ero solo con me stesso, incatenato a quell'istante senza fine, costretto a rivivere le mie colpe, straziato dal dolore di chi avevo fatto soffrire, distrutto dall'impotenza di non essere riuscito a proteggere chi amavo.
Le mie azioni. La mia testardaggine avevano provocato quel triste epilogo.
Non avevo avuto il coraggio di aprire il cuore a quella verità che mi ostinavo a non vedere, condannando i miei compagnia subire il mio stesso fato.
L'enigma, la risposta... Era giunta troppo tardi... Ci eravamo macchiati del peccato dell'ira, agendo avventatamente, dimenticando chi avremmo dovuto proteggere.
La vendetta...
Ero stato così arrogante da impormi in quella cerca, da credere che la mia presenza avrebbe aiutato la Reverenda Madre nell'onorare l'ultima volontà di Zaide.
E invece... avevo causato solo dubbi, scelte errate... senza riuscire a dare una speranza a tutti noi...
In quell'oscurità senza confini sarebbe stato facile lasciarsi andare, perdere la coscienza di se stessi e sparire dai ricordi.
Nessun dolore, nessun rimorso, nessuna colpa da espiare, nessun ciclo da rivivere all'infinito.
Sarebbe stato facile...
Mariha e Sullivanyus... quante volte li avevo lasciati da soli per inseguire dei fuochi fatui? Non era egoismo il mio? Era giusto che mi considerassi parte della loro vita?
Speranza... No, Helaayne... Con che diritto le avevo dato un nome, quando ancora sua madre non ne aveva scelto uno per lei? Chi ero io per finire per affezionarmi come fosse mia sorella? La mia vista l'aveva fatta soffrire, l'avevo costretta a ricordare un passato che la sua natura demoniaca aveva cancellato.
E Zaide... non le avevo detto addio... Non le avevo permesso di morire isolata dal mondo, dimenticata in quella landa desertica. Le avevo ricordato il dolore della perdita della figlia in quegli ultimi momenti, istanti in cui avrebbe dovuto spegnersi con il cuore in pace.
Chi ero io per decidere della sua vita? Perché volevo che vivesse anche sapendo che aveva perso tutto?
Io che ero stato così vigliacco da non rivelarle cosa provassi per lei, nascondendo quei sentimenti dietro l'affetto di un'amicizia.
Questa era la mia giusta sentenza: spegnermi nelle tenebre, cancellando il mio ricordo dal mondo.
Vivere per espiare...
Ci avevo provato!
Avevo rimesso in gioco la mia intera esistenza...
Avevo rivisto le mie priorità.
Stavo imparando a perdonarmi per avere la possibilità, un giorno, di essere perdonato dalle mie colpe. Colpe che, però, non avrei dimenticato.
Ci avevo provato!
Ci avevo dannatamente provato!
Ma ora ero giunto al limite...
Desideravo solamente rannicchiarmi su me stesso, chiudere gli occhi e scomparire per sempre...
Sei patetico Kirin!
Non hai il coraggio di continuare a lottare!
Tante belle parole, ma poi, alla fine, sei come tutti gli altri che perdono la speranza!
Ti vuoi arrendere solo perché sei morto?
Come se la morte fosse la fine dell'esistenza!
Non hai una vendetta da portare a termine?
Non hai una promessa da mantenere?
Non ti interessa conoscere il fato dei tuoi compagni?
Non hai qualcuno da proteggere?
Fui strappato violentemente da quel limbo oscuro per trovarmi davanti una ragazzina dai capelli rossi. Il suo sguardo era severo. Fluttuava in un ambiente che avrei potuto definire: “grottesco”. Nulla aveva un senso, nulla sembrava reale.
Lei ti ha cullato.
Lei ha pianto la tua morte.
Lei avrebbe voluto scappare via da quell'orrore.
Lei conosce un'amara verità.
Lei è scesa negli Inferi.
E' giunto il tempo di tornare a camminare tra i vivi.
Spero tu sia degno del suo sacrifico.
«Lei?»
Lei desidera mantenere il segreto.
Lei è la tua illusione.
«Tu chi sei?»
Io sono la tua rinascita.
Io sono l'eredità che deve essere svelata.
Io sono la cicatrice che brucerà il tuo cuore.
Io sono la tormenta che congelerà il tuo animo.
Io sono il tramite della sua volontà.
Una straziante agonia attraversò ogni fibra del mio essere, mentre il mondo collassava violentemente su se stesso.
L'ultima immagine che vidi ,fu quella della ragazzina che diventava eterea mentre il mio corpo si riformava, acquisendo una nuova vitalità.
Un freddo pungente scosse il mio essere, costringendomi a riaprire gli occhi.
Ero stordito, mi sentivo svuotato, sul mio animo gravava una sofferenza che non riuscivo ad estinguere.
Era notte, un cielo privo di luce aveva accolto il mio ritorno.
Nessuno era al mio fianco, nessuno sembrava essere tornato indietro. Forse erano riusciti a salvarsi, a sfuggire a quell'ingiusto fato prima del compiersi della sentenza.
Provai ad alzarmi, ma ricaddi sulle ginocchia. Ero debole, avevo bisogno di riposare.
Non riconoscevo il luogo e non ero sicuro di non trovarmi ancora prigioniero di un'illusione.
Provai a concentrarmi, ma non percepii nulla, né magia, né presenze.
Quello sforzo mi costò una profonda nausea. Crollai disteso al suolo, incapace di muovermi.
Chiusi gli occhi.
Ero inerme, ma non mi importava.
Volevo solo dormire per cancellare l'angoscia del mio animo, per dimenticare la fiamma che ardeva all'altezza del cuore, la cicatrice simile alla parola demoniaca per “Vendetta” sul mio petto, dono di Helaayne.
Persi la cognizione del tempo, concentrato sul muovere un passo dopo l'altro per ritornare a Tanaach.
Volevo rivedere Mariha e Sullivanyus, sincerarmi che stessero bene, ma non solo... avevo una questione irrisolta con il tempio delle vestali.
Avevano il diritto di conoscere la verità, soprattutto se nessuna di loro aveva fatto ritorno dagli Inferi.
Incontri
Era il tramonto quando incrociai il suo cammino.
In un primo momento non lo riconobbi. Il volto inespressivo, così simile a quello di Zaide quando l'avevo trovata in quella prigione sabbiosa. L'incedere stentato, come se fosse il solo istinto a muovere i suoi passi.
«
Roderith...» le mie labbra si schiusero in un sussurro, quasi avessi timore che le mie parole dissolvessero quell'illusione.
Improvvisamente avvertii un'ondata di energia magica. Una luce vorticante si sprigionò avvolgendoci. Sembrava aver avuto origine da quella sorta di reliquia d'ossidiana in suo possesso. Rimasi per un istante stordito, incapace di reagire, mentre l'uomo davanti a me sembrava come risucchiato da quella manifestazione. Era difficile da spiegare, a stento ne afferravo che vaghi sprazzi di conoscenza, una conoscenza che non sembrava di questo mondo.
«
Roderith... Roderith!» Mi sforzai di chiamarlo con un tono di voce più inciso. Avvertivo una sorta di urgenza, sebbene non ne capissi il motivo.
«Sono Kirin, mi riconosci?»
L'emanazione magica si spense all'improvviso.
L'uomo sembrò tornare in sé, sebbene sembrasse privato di ogni energia. Lo vidi sorreggersi al bastone per cercare di evitare di cadere al suolo. Istintivamente mi precipitai a sostenerlo.
Mi resi conto di quanto fosse invecchiato. Il corpo fragile, il volto scavato da una profonda sofferenza.
Mi pose delle domande.
Dove ero diretto?«
Vorrei poter dire che stavo cercando voi nella speranza che fosse sopravvissuti... o tornati... dagli Inferi...» la mia voce si incrinò. Un giorno avrei dovuto espiare questo mio rimorso. «
Invece... stavo tornando a Tanaach per assicurarmi che la mia famiglia non demoniaca fosse al sicuro e... per avvisare le vestali di quanto accaduto.» ammisi con sincerità.
Come mi avrebbe ritrovato?«
A Tanaach dubito che qualcuno mi conosca. Sono sempre vissuto nella città bassa... Però a Qashra... io insegno all'università... Puoi cercarmi lì con il nome di Kirin Rashelo... »
Ero incerto sul motivo di una tale richiesta, ma preferii non indagare.
Mi salutò e anche in quel momento non riuscii a chiedergli di Selene.
Volevo sperare...
Sperare non fosse morta, ma il mio cuore vacillava nell'incertezza.
Roderith... era un padre...
…ma sembrava un padre privato della sua amata figlia.«
Addio mastro Roderith...»
Lo lascia andai con la morte nel cuore.
Non avevo le forze per chiamarlo, per convincerlo a proseguire assieme lungo quel suo cammino.
Non avevo le forze per aiutare nessuno, neanche me stesso...
Epilogo
I tiepidi raggi del sole rischiararono l'oscurità che mi avvolgeva. Una voce mi stava chiamando attraversando i miei sogni, un'eco familiare che mi riportava alla mente una sensazione di profonda nostalgia.
Un tocco delicato, lo sfiorare delle dita sulla mia spalla accompagnato da una voce cristallina, forse sorpresa, ma allegra.
«Ki_ri_n.» le mie palpebre si schiusero lentamente, mentre mi voltavo verso l'origine del suono «Kirin, svegliati!» Forme offuscate lentamente recuperarono i loro colori. «Sei ancora a letto? Non ricordi?»
Cosa avrei dovuto ricordare?
Dove mi trovavo?
Mi sollevai a sedere facendo leva sui palmi delle mani.
Mi guardai intorno, quasi stentando a riconoscere l'ambiente che mi circondava.
«Qashra...» mormorai con una sfumatura di stupore nel tono della voce.
Percepii una risata provenire dalla ragazzina che era accanto al letto.
«Qashra! Non ricordi più la nostra casa?»
«Mariha?...» la vidi scuotere la testa.
«Kirin dovresti smetterla di addormentarti sui libri. Ecco cosa ti succede quando non riposi abbastanza! Certo che sono Mariha! Chi altri dovrei essere? E lui...» un cucciolo di drago mi atterrò sul petto, lasciandomi senza fiato per alcuni istanti «... è qualcuno che sa come farti tornare in sentimenti!» la sentii sogghignare.«Sullivanyus, penso che possa bastare. Kirin, che ne diresti di alzarti? Non vorrai mica farti trovare a letto? Non eri tu quello che non vedeva l'ora di rivederle?»
Fissai la ragazzina con aria profondamente perplessa.
«Chi? Chi dovrei rivedere?»
«Sei proprio senza speranza oggi! Non ricordi che...» Il suono di una campanella attirò l'attenzione di Mariha. «Sono già qui! Vestiti di corsa, mentre io e Sally le andiamo a ricevere.»
«Sally?»
La ragazzina fece capolino dalla porta.
«Si, sembra che a Sullivanyus piaccia questo diminutivo!»
La porta si richiuse. Mi alzai dirigendomi verso la sedia dove erano ripiegati gli abiti. Mentre mi vestivo percepivo da oltre le pareti delle voci sommesse, ma stranamente familiari.
Voci che senza rendermene conto battevano all'unisono con il mio cuore.
Passo dopo passo mi mossi in direzione della porta, il braccio teso, le dita che si chiudevano sulla maniglia. La aprii e le voci divennero sempre più distinte.
- ...e il fratellone?-
«Dovrebbe essere qui a momenti.»
«Fratellone?» accelerai il passo per raggiungere il salotto il prima possibile.
Mi bloccai sulla soglia, incredulo, nell'incontrare gli sguardi dei presenti.
«Kirin, finalmente!» esclamò Mariha, mentre Helaayne si alzava in piedi per corrermi incontro.
- Ti siamo mancate vero, fratellone Kirin? -
Strinsi tra le braccia la bambina, come se non credessi a quanto la mia vista mi stava mostrando.
«Si.» Il mio cuore sembrava impazzito.
«Kirin, non stai dimenticando qualcosa?» Diressi lo sguardo verso Mariha.
«Zaide?»
-Si è la mamma, Kirin. Sembra che tu abbia visto un fantasma!-
Lei era lì a pochi passi da me, seduta su morbidi cuscini damascati. I capelli del colore dell'alba le scivolavano sul viso incorniciando uno sguardo serio, che, però, non intaccava quella sua bellezza regale, senza tempo.
«Bentornata, Zaide...» mormorai.
La sera aveva ammantato il cielo di una miriade di stelle che facevano da cornice alla luna piena.
Eravamo l'uno vicino all'altra ad osservare. sulla soglia della camera, le due bambine dormire abbracciate a Sullivanyus.
-Forse non saremmo dovute venire. Sembra che riesca solo a causarti dei problemi con la mia presenza.-
Scossi la testa.
«Vi ho promesso che ci sarei sempre stato per voi. E poi sai che per me Helaayne è parte della famiglia...»
Come te...
-Kirin, non so quando potrò fare ritorno. Il mio è un viaggio solitario.-
Annuii.
«Zaide?»
-Dimmi.-
«Io...»
«No, nulla... Abbi cura di te...»
Mi risvegliai all'ombra di una sporgenza rocciosa dove avevo trovato riparo la sera prima.
La mente era ancora imprigionata nel sogno, quella invitante illusione che aveva accompagnato il mio riposo.
Non esisteva nessuna Qashra in quel momento, solo la strada che mi avrebbe condotto entro la fine della giornata a Tanaach.
Zaide e Helaayne erano... No, non erano solo fantasmi del mio passato!
Era irrazionale, andava contro ogni buon senso, eppure nel mio cuore sentivo che quel sogno si sarebbe potuto trasformare in realtà.
Sarei disceso negli Inferi per riprendermi la mia sorellina demoniaca.
Sarei andato nel mondo dei morti per riportare alla vita il mio amore!
Non importa quante volte avrei abbracciato la morte.
Avrei lottato per mantenere la mia promessa.
Avrei combattuto per dare un futuro diverso a chi amavo.
E, forse, in quella nuova vita avrei trovato il coraggio di confessarle i miei sentimenti...
...Zaide...
Grazie a tutti per questa splendida avventura.
Edit: Corretto un paio di code del parlato e un paio di errori di digitazione.