| Lill' |
| | "Allora facciamolo. Fatelo!"
“Vieni qui, che ti spacco il muso!” bofonchiò Niall a ridosso della parete rocciosa. Era Ardan ad aver diviso lui e l’altro, giusto un momento prima che si scannassero. Ora teneva il corpulento cacciatore in un angolo, le labbra che gli tremavano di rabbia sotto la barba rossiccia e ingrigita. “Che diavolo pensavi di fare, tu e il tuo attrezzo maledetto?!” “Basta così, per il Bathoos!” gli sibilò il ragazzo a quattrocchi. Per carità, Ardan capiva bene come potesse avercela con il lanciere, e non lo biasimava. Gearoid se ne stava anche lui lontano dal gruppo delle Lanterne però, la lunga arma sempre in mano e un’espressione triste. Fissava il sangue sulla punta d’acciaio. D’altra parte non erano gli unici a fare casino. Dopo che Gearoid s’era buttato con la lancia in quell’atto sconsiderato – e la beduina altrettanto, forse – varie voci si erano alzate; persino qualche arma. Ardan, che non capiva tutta quella furia di far vedere le proprie capacità combattive, scrutava in disparte mentre faceva sbollire il suo compagno: il nano puzzolente che s’era fatto avanti, poi la Rosa, infine Àlfar dei draghi. Tutti loro si erano mostrati, avevano schioccato lingue e ferro di gran guerrieri e viaggiatori induriti dal Talamlith intorno …alla figura della beduina.
"Ma se vi siete messi in testa di voler sterminare tutto il male dell’Edhel, potete iniziare anche da me." O meglio, a quella creatura che avevano di fronte ora. Ardan lasciò il vecchio cacciatore, ormai tranquillizzatosi, per assistere più da vicino a quella faccenda. Per lui era la prima volta, la prima che vedeva quella forma della donna dell’Akeran. Gearoid, Niall, tutti loro seguivano Alexandra da più tempo di lui; Ardan aveva sentito di quella leggenda, e non ne aveva paura. Anzi. "Guardatemi, odiatemi. Mi chiamano banshee e le madri del nord usano il mio nome per far star buoni i propri figli."
Si accostò alle Lanterne intorno a Donovan, ad Afrah e ai pochi guerrieri che dividevano il gruppo dagli Spettri. Non condivideva quella fiducia spassionata di Gearoid e Niall verso la beduina, un cameratismo consolidato sotto la guida di colei che, per loro, aveva sostituito la Regina. Venendo da dove veniva, il ragazzo non poteva; forse perché non aveva perso nessuno per mano degli Spettri, guardava alla beduina con occhi diversi. Non la trovava manco male.
"Ma sono anche Afrah, l’Alfiere, la Vena di Granito e la Lanterna. Sono una di voi, né più né meno." Disse la donna. Molti dei guerrieri lì riuniti, alla fioca luce dei loro lumini, si interrogarono alle sue domande. Qualcuno inspirò, strinse il pugno, oppure ricacciò giù in gola una risposta che, solo un attimo dopo, sembrava meno ovvia e la cui forza sbiadiva. Un po' come le poche figure nere sullo sfondo, tremanti e spezzate nell’umidità della grotta. Le Ombre dell’Ehdel. Niente più che riflessi sbiaditi su una parete ora, davvero – storie per marmocchi. Cosa vi spaventa, aveva domandato. Niente, pensò il giovane Ardan, l’occhio calmo e deciso a fissare quella scena irreale, distante dalle preoccupazioni quotidiane, dalle vettovaglie e dai turni di guardia. Una voce più rude e verace si alzò.
“Sta bene” Disse il nano, piegando un po’ il capo di lato.
“Sta bene.” Rick Gultermann disse alla volta di Afrah e Donovan, guardandosi un’ultima volta le spalle, non rivolto a Rogozin, ma solo ai pochi spettri rintanati nelle insenature della parete rocciosa. Indugiò qualche secondo, guardingo, nonostante fossero poche figure spaurite; nonostante il ferro che il vagabondo portava in mano e alla cintola pesasse da solo più di quei decantati orrori. Poi tornò a fissare la beduina. Oppure uccidetemi e finiamola qui, aveva suggerito. Poggiò la testa della mazza a terra. “...” “Alla tua maniera, allora” Quindi Rick Gultermann sfoderò la roncola, e si avviò a passo deciso verso la Banshee.
Tra tutti quelli lì vicino nessuno seppe reagire a modo. Chi colto di sorpresa, paralizzato da dubbi e pregiudizi in quell’antro scuro; chi senza la voglia di mettersi tra quel piccolo, seppur baldante guerriero e il suo obiettivo. In quella manciata di secondi Niall, che aveva appena sbollito l’incazzatura di vedere un idiota di suo compagno rivoltarsi contro la beduina stessa, rimase dal principio interdetto. Quindi scattò anche lui, irruento come sempre, per cercar di fermare quello zotico di un nano; ma non fece in tempo. Rick Gultermann si mosse quasi senza fretta, eppure con solida convinzione. Niall vide la testa bruna di Ardan, quel ragazzo con tanto giudizio, avvicinarsi al nano – ma questi lo spintonò via dalla sua strada con una spallata. Qualche passo e Rick fu davanti alla beduina disarmata, il ferro donatogli da Alexandra stretto in mano al posto del martello. Alzò l'arma in alto; poi la lasciò cadere davanti ad Afrah. Il metallo della roncola cozzò con quello della lancia della beduina, e un suono secco si propagò dalle due Vene nello spazio raccolto della spelonca.
Rick Gultermann si volse ancora, questa volta muovendo la testa lentamente, da parte a parte. Scrutò prima la Rosa, la fronte corrucciata, quindi il ragazzo-drago che s’era anche lui messo in mezzo con storie di pace e veri nemici, diceva. Perché ce n’erano di falsi, pareva. Quindi il vagabondo tornò a guardare Afrah, e nel suo sguardo arido, tra quelle pupille piccole e imbrattate di nero, pareva esserci una sola idea. Le sue labbra serrate parevano dire: Il tempo dirà se avete ragione.
“Beh. Se non c’è niente da fare, ho in testa dove trovare altro lavoro, allora…” Strinse in mondo eloquente l’amuleto, quella chincaglieria che seguitava a portarsi appesa al collo, come un’ulteriore strato di sudore e sporcizia. Il maledetto gingillo non voleva saperne di smettere di brillare, da quando erano entrati in quell’alcova buia. Rick Gultermann si grattò la barba sulla guancia, e un’espressione meno truce parve scaldargli il viso; forse solo il chiarore soffuso delle Lanterne, che veniva riflesso nell’umidità della caverna in una nebbiolina giallognola, diffusa. A guardarlo ora, quel nano pieno di cicatrici, non sembrava proprio un granché: un ginocchio era piegato, i calzoni aperti in più punti dai colpi delle Ombre. E davvero togliersi un ferro dalla cintola sembrava avergli dato sollievo, che già se ne portava abbastanza. Chinò un po’ la testa, forse perché era d’accordo, chi lo sa. Forse per rispetto verso quella cacciatrice che li aveva raccolti. Alzò le braccia, rivolto agli altri guerrieri, e persino i grumi di sangue rappreso e la poltiglia delle Ombre abbattute su quel cuoio scuro, sugli stivali sgualciti e logori, parvero avere riflessi meno tetri. Si schiarì la gola.
“Ora, che dobbiamo fare? Ci tocca un pranzo e della birra, o una paga?” Mica credono siamo apposto con quei due lumini, pensò Rick Gultermann. Se c'era solo quello, tra le peggio compagnie di ventura i capi erano meno spilorci.
Alle sue spalle, diversi nel gruppo ci erano rimasti di stucco. Niall che s’era avvicinato di colpo, già biascicando bestemmie tra la sua barba brizzolata, o Ardan ch’era pronto a fermare un probabile scempio dopo esser stato spinto via dal nano. Qualcuno si mosse, ora. Forse era quello che altri avevano in mente di fare, forse no; ma ecco Gearoid e la sua lancia pizzuta, lo stesso Gearoid che aveva ferito per sbaglio proprio Afrah, farsi avanti. In molti sapevano come si vantava di saperci fare con la sua arma. Dopo quella giornata, tutti sapevano che voleva dimostrarlo così tanto che preferiva muovere il braccio invece che la testa. “Io... Ecco.” Poco dopo il gesto del nano, anche Gearoid il biondo si parò davanti alla beduina. Il suo volto era mesto. Armeggiò con le cinghie che tenevano tuti i suoi ferri alla cintola, sciolse legacci; quindi il suo cinturone di coltelli scese in terra, e lasciò cadere la lancia davanti a sé. L’arma sbatté con un nuovo tintinnio contro le due Vene e il lanciere sospirò. La lancia insanguinata ai sui piedi, Gearoid osservò le proprie mani callose, per poi scrutare Rick Gultermann e Afrah. Cosa ci spaventa?, aveva detto la beduina. “Niente”. Prese fiato, vigoroso. “Con voi - con te a guidarci no; con te nostra pari ...nulla ci spaventa.”
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Le voci delle sue viscere gli diedero una risposta. Le voci che gli avevano detto che, no, non era il caso di rischiare di esser travolto da una carica frontale di fanteria per il sogno d’un po’ d’onore. Le voci dei tanti incontri del suo passato, uomini e donne mutilati o spezzati, che a loro modo gl’avevano insegnato. Da quando era venuto al mondo in un’infestata città sotterranea esse lo istruivano, nel sangue e nella paura – cosa lo spaventava, allora? Tutto. Niente. Ciò che hai trovato tra quattro mura ammuffite, ciò che troverai fuori, è sempre lo stesso, dicevano. Un muro nero, che per quanto ti sforzi e da qualsiasi angolo lo vorrai guardare, è lì e non ti risponde. Non ritorna il tuo sguardo. Ecco ciò che troverai ogni notte in una grotta umida, alla fine, quando vai a coricarti – non importa se da solo o con una donna che hai pagato, sappilo. E per quanto ti sforzi, per quanto cercherai di dare un nome a quel volto d’oscurità – per quanto cercherai di giustificare le tue paure, perché dipende da te con un’infanzia difficile, perché alcuni uomini sono ingordi e affamati... Alla fine rimarrà lo stesso muro nero, ed imbellettare con un nome le cose non ti aiuterà. Meglio non sapere, allora. Meglio continuare, come fai, a non pretendere e ricucire alla buona stivali spellati, portarsi appresso uno scudo arrugginito. Potranno illuderti altrimenti, dirti di avere pietà o coraggio, di essere retto: da un ventre scuro sei venuto a lottare, però, e come in questa grotta continuerai a farlo. Abbi paura di tutto, allora. E di niente. Gli dicevano le voci della sua pancia, di sua madre e di cento scudieri morti ammazzati.
Eppure, quando sarebbe uscito dalla caverna quel giorno, Rick avrebbe pensato che quei lumini non erano del tutto un male; come per il Sorya e i Leoni, smussavano le brutture di quel muro nero, quella spelonca in cui sempre ti ritrovavi. E quando quella sera si sarebbe addormentato, ubriaco su un tavolone di taverna a Lithien o tra del fieno, il buio nei suoi occhi l’avrebbe assalito con meno violenza.
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EDIT: aggiunte battute finali e una sottolineatura; comprendo un eventuale disagio, ma volevo dare più peso a certi aspetti, come ad esempio l'importanza dei png. Edited by Lill' - 28/11/2014, 23:24
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