Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Llusern ~ Chiarificare

« Older   Newer »
  Share  
.Neve
view post Posted on 14/11/2014, 19:23






2m64i8m


Dov'è il sole?
È in quell'etere coperto di nubi, in quel mare grigio e trasparente.
È tra le mani di un vecchio. Una lanterna spenta e sopita.
È in questi cuori vuoti, morti da chissà quanto tempo.
In questo petto silenzioso.

Non siamo forse come loro, figure luminose e gentili.
Araldi, paladini.
Siamo pece e tempesta.
Siamo notte senz'astri.
E il conflitto ci coglie.
Rimbombo di tuoni e fulmini e saette. Il tremendo scrosciare di lame e armature, il ferro che trapassa.
Il suono spaventoso della battaglia che imperversa.

Dov'è il sole?


_ _______________ _


La guerra berciava, come una cagna affamata di vendetta. E rantolavano soldati e sentinelle, e cadevano ombre e fantasmi. Rotti dagli squarci profondi in quei corpi molli. E non si muovevano, quando le argentee lame lambivano le loro parvenze mortali. E non fiatavano. Alcuni parevano immobili a fissare la caduta dei propri compagni. Altri sembravano quasi provare dolore. Sofferenza, paura. Perché erano quelle le emozioni umane da tempo rubate. Perché forse non erano solo figure vuote di ogni commozione. Perché forse erano loro gli spettri, i riflessi e gli specchi. Chiamati a recitare una trama non loro, chiamati a rivivere guerre e sofferenze passate. Attori in un territorio alieno. Molti parvero gridare, sgolarsi e piangere. Come affini ad istinti primordiali, come relitti di un'opera tragica. Di quelle tremende e cupe, senza alcun lieto fine. Chi erano ora i protagonisti e gli eroi? Chi erano i personaggi di spicco in quella storia dalla trama forse fin troppo semplice? Non certo loro, non certo pozzi di tenebra, figure vuote, gusci senz'anima. Erano forse quelli che affrontavano i veri campioni e loro li antagonisti da scacciare brutalmente. Come insetti, come lupi rabbiosi. Ed il vento sibilava furente, la luce divorava le membra gelide. Nessun calore amorevole a riscaldarli, nessun focolare materno. Ora quella luce era fredda quanto i picchi dell'Erydlyss, atona e brutale come quella terra impura e sprezzante. Mai nessuno li avrebbe accolti tra fari e lanterne, mai in un eterno giaciglio. Ora cadevano in silenzio. Ora baciavano la nuda pietra, ombre degli uomini, senza fiato, senza appiglio. Morti.

Ed il sole si inalberava obbediente.
La terra tremava.

_ _______________ _

Il vecchio soldato si passò una mano tra i capelli scarmigliati. L'ultima ombra era caduta per mano sua, il petto squarciato, il volto contorto in una smorfia di dolore. In quella nera pece senza bagliori, poteva intravedersi qualche lineamento sfumato. Una fisionomia che un tempo forse sarebbe parsa gentile. Eppure il vecchio non sembrò dargli troppo peso. Si limitò ad affondare la lama lì dove sarebbe dovuto esserci il cuore, per sincerarsi di averla uccisa del tutto. Poi cautamente pulì il ferro dai residui rimasti con un fazzoletto di stoffa, troppo bianco, che si tinse subito di corvina materia. Si portò il dorso della mano alla bocca, nauseato. Poi prese a contare assenti e presenti, compagni caduti e rimasti in piedi. Il bilancio era ottimale. Erano ancora tutti sulle proprie gambe, solo il ragazzone dalla chioma bluastra sembrava essere svenuto. Gli squadrò gli occhi, la faccia. Poi ordinò ai suoi.

"Voi quattro: riportatelo in città e dite ai vecchi di dargli tutte le cure del caso."
Infine si rivolse al resto.
"Noi proseguiamo per questa via, lì..."
Ed indicò le grosse macchie dietro ai cadaveri d'ombra.
"Sembrano tracce."

Il volto teso e sudato tradiva molte più insicurezze di quante volesse farne trapelare.
La voce nella sua testa gridava insistente, forse la stava proprio assecondando.

Uno dei soldati si mosse, tastò il suolo afferrando una manciata di terra, annusandola come un segugio. Poi diede un segnale di assenso agli altri. Forse in quella direzione ci avrebbero visto meglio, forse addirittura avrebbero potuto scovare la loro tana. Si rimisero in marcia. Donovan sul suo nero frisone, Afrah ed altri a piedi. Ben ritti e concentrati verso l'obbiettivo. Nessuno fiatava. Era forse il vento a sibilare tra quei rami rinsecchiti, l'umidità sotto alle scarpe, i crostoni di roccia. Si guardavano attorno, spauriti e sperduti. La conosceva bene Afrah, quella sensazione. La paranoia. Un insetto fastidioso e mutevole, tanto pericoloso da far saltare per aria finanche il più coraggioso tra gli Alfieri. Così inaspettata e funesta. Ma la ricerca, infine, diede i suoi bei frutti. Una grotta dalla piccola apertura si apriva adesso ai visitatori del suolo. All'interno di essa un lungo corridoio buio si allungava all'infinito. Il vecchio attese che tutti entrassero, poi accese la lanterna posta all'interno della statuetta e così fecero gli altri, accendendo le loro. Si incamminarono allora per un bel pezzo tra dure pareti e stalattiti, giunsero le ore o forse una mezza giornata.

Invero, passarono pochi minuti.

E quelle erano lì ad attenderli. Quasi fossero compagne amorevoli, o madri preoccupate. Eppure ai loro occhi, non sembravano poi così tanti. Potevano contarne cinque, di quegli esseri di nero e fumo. Cinque e qualcosa di più. Li osservarono, impauriti e fragili. Rannicchiati nei loro giacigli di paglia. E dietro di loro li videro, li videro tutti. I loro compagni scomparsi in quel denso fumo. Si alzarono atoni, i volti confusi, le membra stanche. Era come se avessero dormito per troppo tempo, come se si fossero risvegliati da un eterno sonno. Gli altri, tuttavia, li lasciarono fare, come se improvvisamente li avessero liberati. Tra di essi, il piccolo Adrian non pareva spaventato o ferito, solo spossato. David si precipitò su di lui, apprensivo. Lo scosse in modo brusco tastandogli poi il volto per sincerarsi che stesse bene.

"C-cosa ti hanno fatto?!? Cosa ti è successo?
Parla!!"


Le sue labbra si mossero naturalmente, tranquille.

"Niente."
Sibilò.

"Assolutamente niente, David."

Si voltò.
Dietro di lui una piccola ombra tremava impaurita.

Ed altre si mostrarono. Da alcuni quei corpi umani di fulgide Lanterne che erano arrivati in quell'antro nascosto sorsero, come vomitate, altre nere figure, ombre. Una venne rigettata da Alfar, il dragonico, ed un'altra da Denam Pavel il giovane guerriero. E poi da altri due o tre soldati di quella fortuita spedizione. Un'ultima infine dallo stesso Donovan. Si guardarono stupefatti, inorriditi, folli. Non volevano credere fino alla fine di essersi fatti circuire in quel modo. Erano stati ingannati, posseduti, sopraffatti per tutto quel tempo. La rabbia e la frustrazione cominciarono a risalire da quei corpi guerrieri, un senso di inadeguatezza li colse. Alcuni urlarono di disgusto, altri cominciarono a sbraitare brandendo le loro lame contro quel gruppo sparuto di spettri. Afrah raggelò, incapace di dire o fare qualcosa. Il panico, infido e brutale ancora una volta, cominciò a farsi strada tra loro così come prima. E l'amuleto del nano, fino ad allora inerte, cominciò a brillare di una lucentezza sinistra. Ve ne erano tanti di spettri attorno a loro seppur si potessero contare sulle dita, ma troppi per quel monile arcano.

ifrkwl


"Cosa volete da noi?
Perché ci avete condotti fin qui?"


Gli occhi allucinati, lo sguardo di un pazzo alla deriva.

Gli altri si rannicchiarono in silenzio contro le pareti di roccia.

Non sembravano forse quelle creature così spaventose tanto decantate da racconti e testimonianze dirette. Non sembravano così pericolose o spettrali. Lì, in quell'alcova improvvisata, pareva di assistere ad una ben misera riunione di famiglia. Ma una di quelle sobrie e tristi, quasi si stesse smaltendo un lutto improvviso. E quelle si annichilivano in terra ad ogni minaccia dei soldati di luce, si portavano mani e braccia al capo.

Una tra esse avanzò cauta, il volto indefinito.
E da quella che sembrava la sua bocca parlò.

" Vi prego!"

Parlò, ed il suono delle sue parole cominciò a rimbombare nella grotta e dentro di loro.
Quasi come se si stesse rivolgendo ai loro animi.

" Noi vogliamo solo sopravvivere e nient'altro.
Vogliamo far vivere i nostri figli."


Ed indicò le due figure più piccole accanto a loro.
La sua voce era tremula, il suo corpo sfuggente.

" Le vostre emozioni sono il come il pane e l'acqua per noi.
I vostri corpi ci aiutano a condurre un'esistenza priva dell'isolamento che altrimenti saremmo costretti a subire."


Uno spiffero si levò dal basso.

" L-lasciateci andare e non vi tormenteremo più. "

Un tonfo sordo, il tempo di un battito. Il grido furente di uno dei soldati della fu Alexandra rimbombò tra le rocce.

"Ci state di nuovo prendendo per il culo!!"

Non potevano lasciarle libere, non dovevano. Non dopo averli ingannati, non dopo essersi presi gioco di loro. La lancia ricurva roteò tra le sue mani abili, bastava un gesto, un taglio netto, e avrebbe dissipato ogni paura e timore. Una sferzata e avrebbe ricacciato finanche i sensi di colpa.

"Ferm-"

Le gambe agili della beduina saettarono in avanti, le spalle piccole si aprirono a coprire l'ombra, in un gesto che sarebbe parso troppo avventato ma forse davvero compassionevole. L'arma affondò tra le scapole e lei ricadde in avanti, di netto. Sangue cremisi tinse le sue vesti scure, lo chador sui capelli scarmigliati. Non si mosse più, come morta. Quello fece ricadere la lancia, le mani tremarono, il volto impallidì. Il vecchio la scosse, irrequieto.

"Afrah. Bambina..."
Un sussurro lieve.

E le ombre gemettero in silenzio.

QM PointPost lunghetto, ma si spiega da sé. La battaglia contro le ombre è a vostro favore e tutte le offensive vanno a buon segno. Tutte le creature muoiono. Seregon però sviene nel bel mezzo della battaglia ed alcuni soldati lo riportano a Lithien; Akuma è fuori dalla quest. Le Lanterne seguiranno alcune tracce che le condurranno infine alla tana delle ombre, una grotta cupa e misera. Dopo un paio di minuti di cammino al suo interno infine le vedranno, ma saranno davvero poche e spaurite. Riusciranno anche a recuperare i compagni precedentemente scomparsi che sembrano frastornati, ma illesi. Si scoprirà poi che molte Lanterne, tra cui anche Alfar e Donovan, sono state possedute da loro, poiché subito usciranno letteralmente dai loro corpi. Una delle ombre implorerà le Lanterne di risparmiarle, dicendo che il loro vero obbiettivo non è far del male agli uomini, ma assorbirne passivamente le emozioni. Un soldato troppo iracondo però non vorrà sentire ragioni e cercherà di colpirla. Afrah mettendosi in mezzo, verrà ferita da quello stesso compagno e cadrà in terra, coperta di sangue. Donovan preoccupato la scuote, ma lei non sembra riaprire gli occhi.

Decidete cosa fare e postate direttamente. Potete benissimo accordarvi in confronto ma comunque dovete postare entro Giovedì 20 alle ore 23:59.
Buon Lavoro!

 
Top
view post Posted on 20/11/2014, 19:36
Avatar


·······

Group:
Member
Posts:
7,322

Status:


La quiete dopo la tempesta. Dopo il crepitio dei fulmini, dopo il clangore di armi e scudi rotti, dopo il sangue e la pazzia ora regnava un silenzio irreale.
Rotto solo dai respiri affannati e da qualche mugolio di dolore. E dopo i rumori della guerra, del ferro che trapassava le carni, del sangue che gocciolava sulla terra rendendola un pantano, della paura o della stupidità data dalla gioventù e dalla sua bruciante passione, ora cosa rimaneva se non uomini allo sbando?
Il silenzio era sceso su di loro ma vi era anche altro che ammantava i loro cuori di nero pece e le loro mani si facevano, via via, sempre più insicure.
Avevano vinto una battaglia e allora perché vi era quella sensazione? La Rosa si sollevò, pulendosi le ferite, sputando un grumo di sangue per terra.
Era stanco…forse troppo e le ferite erano come ferri arroventati che tartassavano la sua mente e la sua concentrazione.
Poteva anche fregarsene; dopotutto che cosa ci stava guadagnando se non le solite cose? Dolore, sangue, domande senza risposta e la strana sensazione di essere marionetta e non burattinaio. Di essere in preda alle correnti, spettatore di scene dove altri scrivevano la storia.
Lui restava ai margini: pedina da muovere e basta. Era maledettamente stufo di combattere guerre altrui a cui dava, convincendosi tra l’altro, finalità e obbiettivi suoi quando in verità: a lui cosa importava davvero dei Leoni?
Prese le sue spade e se le rimise al fianco…la testa faceva male, il mondo girava e non riusciva a dare senso a nulla.
Ma in fondo non era così l’Edhel? Un pozzo di nulla dove chiunque vi scorgeva qualcosa ma che in realtà era la bocca cavernosa di un demone.
Era ancora sconvolto di quello che era successo a Kermis? Oppure per altro? Strano che le lanterne fossero oscurate; proprio loro che dovevano essere portatrici di luce, in una terra troppo spesso preda di ombre e buio, non riuscivano a scacciare le proprie ombre.
Il vento sibilò, come se stesse ridendo di lui mentre riiniziò la marcia: aveva pulito le spade dal vischiume scarlatto, mentre i suoi piedi erano stanchi e non volevano andare avanti.
Le tracce sembravano fresche ma…se era una trappola? Vide l’esercito, o quello che sembrava un esercito muoversi per seguirle ma lui restò indietro.
Per un attimo fu solo con le sue ombre e i suoi dubbi e scorse per un attimo Afrah…gli occhi si chiusero per un momento mentre il vento ululava e sembrava prenderlo a schiaffi.
Avrebbe voluto tornare indietro eppure andò avanti…



La caverna. Un’altra…l’ennesima e i ricordi lo investirono senza convenevoli. Per quanto si sforzasse era difficile non pensarci ma, così come allora, entrò nelle profondità della terra e così come allora una sorpresa fu davanti a lui.
Di tutto quello che potè pensare, prevenire, sospettare non ve ne fu nulla che si avvicinò a quello che vide. A quello che sentì e scoprì. Sebbene la mano era da subito scivolata sull’elsa e freddo acciaio si stava mostrando qualcosa bloccò il movimento.

Le ombre erano tutte lì e gli sembrò di rivedere in quei volti quello di Kermis. Tremavano impaurite le ombre, silenziose, accovacciate come a nascondersi, come a chiedere pietà, come se si aggrappassero a qualsiasi cosa per vivere.
E come allora lui era chiamato a farsi giudice…ma giudice su quali basi? Non era dimentico della Somnus Nemoris, della sua guerra proprio contro di esse, e quella fatta poc’anzi eppure…eppure perché rivedeva in loro Kermis? Perché aveva questa sensazione di deja-vù? Perché non riusciva a pensare razionalmente e gli sembrò di soffocare?
Non amava le ombre, non era un pavido o vigliacco eppure dovette distogliere per un attimo lo sguardo da loro: il respiro si fece più veloce, il cuore battè all’impazzita…perché?


PERCHè?
PERCHè?


Martellava nei sui pensieri e si nascose. Si nascose nell’ombra e forse sembrò lui stesso… un ombra.


E poi molte altre si mostrarono dai corpi dei suoi compagni!
E solo allora, forse, tutto gli sembrò più chiaro ma il movente…quello no. E mentre la pazzia dilagava, e il sangue della beduina veniva versato, il suo pugno si mosse.
Si mosse per colpire chi si era fatto prendere dalla pazzia e aver colpito Afrah…no questa volta non avrebbe fatto lo sbaglio che fece con Ainwen, con Yu Kermis e i suoi maledetti compagni d’avventura.
Non avrebbe permesso altre morti innocenti. Non avrebbe permesso più che altri guidassero la sua mano, mente, cuore, volontà per fini che non gli appartenevano.
Che non voleva che gli appartenessero: lui era libero, nato libero e per la libertà aveva perso molto per dare ad altri la possibilità di esserlo. Ma lo aveva fatto secondo i suoi, e suoi soltanto, desideri e volontà.
Avrebbe capito…avrebbe fatto quello che non aveva fatto all’ora. Non sarebbe bastato, di certo, a cancellare l’onta, la vergogna e la colpa ma mai più<7i> avrebbe permesso che altri decidessero per lui e che si ergessero a giudici farneticanti, emettendo sentenze senza essere andati <i> oltre le verità degli occhi.
Quel pugno era anche un pugno verso se stesso, verso la sua storia e di ritrovare la sua vera essenza e natura. Il suo orgoglio e volontà.

"Allora?
Cosa siamo venuti a fare qui?"


Il tono asciutto, roco di un uomo che non amava né convenevoli, né sottigliezze da corte. Che non era per i pugnali o il veleno ma andava diretto all’essenziale.
Lo stesso uomo del medaglione. Lo stesso che le aveva viste e che li aveva avvertiti. Un attimo dopo, alzò il martello e si gettò addosso all'Ombra che aveva parlato.
O era l’Ombra di Kermis? Si gettò fra lui e l’ombra, fra quel colpo e l’ombra e la spada baluginò nelle tenebre.
Un colpo micidiale risposto con una forza che risiedeva nella terra, in un antica e perduta arte della spada.
Veloce fu il movimento della Rosa, ancor più l’estrazione dell’arma e la parata. E mentre le lame sfrigolarono e il suono rimbombò nell’aere cavernosa, il tono della Rosa di risposta fu calmo, asciutto, essenziale… roccioso.

Siamo venuti a capire. Possiamo finire qui e subito questa storia...ma vi sono molte cose che non quadrano.

Non era il momento di litigare e un altro si frappose, invitando al raziocinio e a pensare ai fatti, non alle becere discussioni. Per fortuna non erano tutti pazzi si disse e lo sguardo si posò su Afrah e su quel suo gesto.
Un gesto strano, particolare, che non si sarebbe aspettato da lei. Ma poteva dire di conoscerla? No…non poteva ma non poteva nemmeno non prenderlo in considerazione.
Un gesto a volte è un maremoto, increspa la superficie della realtà con effetti a volte imprevedibili.
Afrah si era gettata per difendere quelli che aveva giurato di uccidere, di debellare. Perché? Umanità? Pazzia?
E guardò l’ombra. Uno sguardo freddo, d’acciaio, ma anche penetrante. Non era lì per essere giudice, ma per capire. E per capire doveva far spaziare il suo sguardo oltre la realtà, oltre il visibile e scostare il velo di Maya che ricopriva il mondo per celare la verità delle cose.
Quello voleva: solo la verità e per farlo era disposto a tutto. Anche a sondare i meandri della mente dell’ombra. Guardare la sua verità, andare oltre l’apparenza.

Capire? Uno sguardo torvo, uno sguardo tra il confuse e l’aggressivo.
No…non era convinto né a fermarsi, né a fare pace…era una macchina che non si sarebbe fermata finchè non avrebbe spazzato via tutte loro.

"Siamo troppi e loro troppo pochi per capire un diavolo di nulla." Il martello abbassato ma un aura minacciosa provenne da esso. Come se lui stesso era quello che odiava e che voleva distruggere.
Quale pazzia stava accadendo?
Ma allora perché restava con la spada sguainata davanti ad esso, come a proteggere quelle ombre, seppur non le amasse e seppur capisse e volesse far la stessa cosa di quell’uomo?
Afrah…




Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: E CS: +2 Maestria armi, + 1 Istinto

Status fisico: Basso; Alto Status Psichico: // Consumi energetici in questo turno: 5%
Riserva energetica residua: 15%
Armi Crimson Thorn(frusta); Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)
Armi In Uso Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Memoria ancestrale:
Il personaggio avrà ereditato dalla progenie dei draghi la mitologica memoria di questi. Il personaggio potrà ricordare ogni minimo dettaglio degli eventi vissuti, cogliendo particolari insignificanti e remoti finanche dopo molto tempo. Questa capacità gli consentirà di rielaborare qualunque informazione derivante dalla propria memoria con estrema rapidità e perizia, consentendogli di ragionare su dettagli infinitesimali come fossero evidenti e recenti. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Talento Lv I]
I possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, interessando le stesse non solo la maestria nel brandire qualunque oggetto come arma, ma anche l'abilità nel farlo con estrema rapidità. Il possessore, infatti, guadagnerà la capacità di estrarre le proprie armi con tanta velocità da sembrar quasi un gesto istantaneo, rapido ed appena percettibile agli occhi. Tale circostanza si applicherà non solo all'estrazione dell'arma propria del possessore dal fodero ove è naturalmente riposta, ma anche all'eventualità che questo sia costretto ad impugnare un'arma secondario o un qualunque oggetto dell'ambiente circostante (in virtù della passiva di primo livello). Potrà così cambiare arma in un attimo, cambiando strategia e potenza offensiva. Intimando il proprio avversario ad una resa senza condizioni, o - più semplicemente - tappandogli la bocca. Per sempre.[Passiva Talento Lv II]


Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sé in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sa bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

_ ___ _____ ___ _



Abilità Attivate:
Genro Maōken Illusione velata dell'Imperatore Natura psionica_ Colpo adoperato per manipolare la mente dell'avversario. In questo modo Rogozin può costringere qualsiasi avversario a fare qualunque cosa lui voglia, anche per modificarne la memoria e scoprirne i punti deboli. Può essere usato in scene concordate o con il consenso del master.( Nulla di Pk 5/10)


Effetto attivo: spendendo un consumo pari a Basso, il personaggio è in grado di sfruttare la propria tecnica per difendersi da un'offensiva dell'avversario. Il possessore del talento, infatti, sarà in grado di cogliere - istintivamente o meno - lo scorrere della battaglia e di immergersi in esso con peculiare perizia. Così, potrà efficacemente deviare un attacco rivolto alla sua persona, semplicemente lasciandolo scivolare contro la propria arma, cambiandone la traiettoria. La particolarità di questa difesa di potenza bassa è indubbiamente quella di poter agire anche contro tecniche magiche scagliate dall'avversario, non solamente fisiche: eventualmente, il guerriero potrà decidere di deviare il corso di una scarica elettrica, o anche di una palla di fuoco. Per poi controbattere al proprio avversario per l'onta subita. E' una tecnica di natura fisica.



_ ___ _____ ___ _

Riassunto e Note:

I dialoghi, come le scena tra me e il pg di lil, e l’intervento per dividerci di Volk, è stata preventivamente concordata.
In ordine temporale segue il post di Lil subito dopo.

Per il mio post: Mi schiero con le ombre ma solo per capire meglio cosa vi sia di vero nelle loro parole. E sfrutto la mia Nulla Personale per scavare a fondo nella mente dell’ombra e scoprirne tutto il possibile.
Anche perché Rogozin ha un effetto di deja-vu ed esattamente quello della quest di Yu, dove è appunto morto Yu kermis. Non vuole che si ripeta una cosa del genere e per lui tutto questo rimanda a quei giorni e a quel preciso momento.
Ecco perché si frappone tra Lil e le ombre e usa la sua Nulla.
Per parare il colpo di Lil, un attacco fisico portato con tutte le sue Cs, utilizzo l’attiva del talento fascia Bianca, e tento la parata.

 
Top
Lill'
view post Posted on 20/11/2014, 20:16




«love, love is a doing word»



Distante, la risacca del mondo viene e va oltre quel grembo di mura sudicie.
Si infrange; bum-bum. Si contrae ritmicamente.
E’ il suono leggero di una realtà altrimenti morta, appena percettibile da lui che ci ha fatto l’orecchio. Il riflusso nero di una speranza che non c’è, delle cose spaventose che vi vagano calpestando e passando senza neppure un tocco, senza un’idea di amore o di pietà. Il brontolio del suo stomaco sovrasta quei rumori nello spazio chiuso; dacché lui aveva memoria, quel suono l’aveva accompagnato.
Aspettava in quel limbo buio e inerte.
Qualcuno sarebbe tornato con qualcosa a lenire la sua fame, a fermare quei rumori.
Aspettava, in quel limbo buio e inerte.


Llusern – Chiarificare
Catabasi



Rick Gultermann spinse giù il martello con ambo le braccia, a finire uno tra gli ultimi Spettri rimasti. Quello si spense con un soffio misto a uno stentato gorgoglio, quando la pietra scese sul suo torace. Più in là, anche gli altri guerrieri stavano terminando il lavoro. Si appoggiò contro un tronco e attese.
Il vecchio Donovan emerse poco dopo dal piccolo campo di battaglia, le salme nerastre delle Ombre disseminate qua e là; solo uno dei loro pareva esser rimasto a terra, svenuto: Seregon. Manco a farlo apposta, il grosso cacciatore dell’Erydliss venne riportato a spalla in città, un motivo in più per lui per odiare tutti gli Spettri e quanto aveva a che fare con Velta.
"Noi proseguiamo per questa via, lì..."
Continuò quindi Donovan, puntando a delle tracce tra la fanghiglia. Così seguirono la pista.

Arrampicandosi tra i sentieri scoscesi dell’Erydliss, una guida tra le Lanterne li condusse per la montagna. Il vento fischiava ancora insistente sul fianco del monte; le fronde degli abeti, loro e la loro corteccia incartapecorita al pari della fronte di un vecchio, ondeggiavano assenti al passaggio del gruppo. Come pochi giorni prima di arrivare a Lithien, tra i Rahm as Aid.
Rick seguiva a passo costante, le sue corte cosce tutte uno strappo ed un graffio. Forse per il vento che copriva ogni spiffero e sussurro, tutte le chiacchiere sbarazzine di chi non aveva idea di cosa si andasse a fare lì, ma non sentì una parola. Il nano vagabondo proseguì anche lui muto, e di certo pensò beh, meglio così. Da un verso, però, non avevano ragione di buttar giù facce meste: tutti gli Spettri erano stati accoppati e pur con qualche ferita si avviavano al fondo di quella caccia in buona salute.
Fu così che, dopo un po’, giunsero alla grotta.
Avevano preso a camminare da un pezzo ormai, quando l’esploratore in testa alla fila la scorse. Il sentiero si inerpicava sul fianco di un rilievo tutto punte e costoni rocciosi, con radi abeti della foresta sul lato inferiore. Proprio tra un grosso costone sul fianco del monte, a un certo punto, una faglia scura e sottile si aprì tra il calcare. Vi entrarono.

Nel farsi strada nella fenditura rocciosa, Rick Gultermann non la trovò troppo diversa dalle tante spelonche umide e spoglie del Talamlith. Procedettero in fila, le lanterne propinategli dal vecchio a fargli magra guida. Ogni tanto si trovava un po’ di muschio su una parete, o un paio di funghi rinsecchiti ad una svolta; anche qualche punta di calcare, grigie stalattiti, spezzava la monotonia della strada e con essa la compattezza del gruppo – niente di paragonabile alle fitte colate di roccia sotto i cunicoli di Neirusiens, però.
Le sparute Lanterne avanzavano chi con le armi strette in pugno, chi con gli aggeggi di Donovan e Afrah. Rick chiudeva ancora una volta la fila, o quasi, guardingo verso qualsiasi strettoia nella roccia o fregatura. Non si poteva mai sapere. Ad un certo punto, in verità dopo qualche minuto, un androne più spazioso si aprì d’improvviso nello stretto cordone in cui i guerrieri defluivano. In principio né Rick con la sua statura di nano, né i giovani con le lanterne riuscirono ad azzeccare nulla in quell’oscurità densa come la pece. Solo l’umidità di un posto nel ventre della terra, qualche goccia a staccarsi ogni tanto dalle propaggini e dalle volte rocciose sulle loro teste, e poco altro si indovinava; l’aria era piena di un sentore acquoso, e gocce sottili correvano sugli indumenti e sul ferro dei viandanti, mischiandosi al loro sudore.

Poi dei riflessi diversi dal nero si intravidero su una parete.
Avvicinandosi cauti, i guerrieri riunitisi lì da tutto l’Edhel si prepararono subito allo scontro: avevano bene idea di cosa fossero quei profili sottili, perché ci avevano combattuto solo qualche attimo prima, e sapeva che nei loro volti indefiniti qualcosa in realtà si poteva scorgere. Un riflesso di un colore meno opaco, ogni tanto; una linea più triste o gentile.
Le Ombre dell’Edhel confrontarono nuovamente i guerrieri.
Rimasto indietro, in verità, Rick Gultermann non è che ci capì più di tanto; non vide certo di preciso quanti nemici erano lì ad attenderli, anche se si fece un’idea preventiva sul numero. Con le alte figure dei suoi compagni d’arme a coprirgli la scena, poteva solo stimare quale fosse la situazione.
Non che ci fosse molto da capire lì, comunque.

"C-cosa ti hanno fatto?!? Cosa ti è successo?
Parla!!"

Urlò il ragazzone che aveva perso suo fratello; la sua storia era arrivata a pungere le orecchie di Rick prima dell’inizio di quella scarpinata, quando erano indaffarati nella torma di polvere a Lithien. Facendosi avanti piano, il nano poté scorgere in mezzo alle teste di due Lanterne la faccia del moccioso che s’era nascosto in una biblioteca. "Niente.", disse questi al fratello; di certo non gli era andata troppo bene nel suo nascondiglio cittadino, se ora era lì.
D’improvviso, però, un velo sottile prese a staccarsi da uno dei guerrieri davanti a Rick. Pareva la sagoma di una persona, che ricamata pian piano dalle piccole lanterne, si fece infine più corposa. Un’Ombra. Il gruppo di guerrieri si scarmigliò, facendosi meno compatto nella sorpresa generale: quei maledetti incubi gli si erano attaccati anche addosso, penetrando persino nelle loro stesse viscere!
Rick Gultermann poté azzeccare altre figure di spettri vomitate fuori dai corpi di alcuni alleati, soffi di vento nero a confondersi nell’oscurità ora più pesante della caverna. Un’oscurità a cui s’era quasi abituato, vagabondo tra il Talamlith prima e dopo il Crepuscolo. Qualcuno strabuzzò gli occhi, si alzò un brusio; tra quelli ad aver sputato fuori un’Ombra c’erano anche Donovan e il ragazzo-drago. Rick Gultermann sentì ancora una volta il freddo di una spelonca spoglia addosso, e il caldo del sangue nelle vene.
Bah.
Ma che, alla fine? Non si portava forse cose più brutte e puzzolenti di uno spettro dentro, tra la sue viscere e quelle degl’altri che negl’anni aveva sparso in terra?
Il nano prese a camminare.
Fu Donovan a tagliare corte le moine dei guerrieri, come era giusto per un capo.
“Cosa volete da noi?”, sbraitò agli Spettri il cavaliere.



Un’Ombra si fece avanti allora, la bocca un taglio sul muso da cui venivano delle parole.
" Vi prego!", disse lo Spettro.
Ah, era già quell’ora.
Quello indicò dei corpi minuti in mezzo ai viandanti dell’Edhel, Ombre non più alte di Rick; diceva che erano i loro figli, e che anche loro dovevano mangiare come tutti e che mangiavano emozioni, sì. O quello che era.
E che li avrebbero lasciati in pace.
" L-lasciateci andare e non vi tormenteremo più. "
Supplicò.

Rick, fin ad allora rimasto indietro nel gruppo, cercò di avvicinarsi alla scena. Provò a farsi strada tra le spalle di quei compagni improvvisati, tutti più alti di lui. Che ne era delle sue notti insonni tra le colline gelate, allora? Della fuga dal Gigante che Dorme, il Kavresh ni Va, per poi ritrovarsi mostri e aberrazioni pullulare nell’Edhel più quanto s’era inoltrato a Neirusiens?

“..prendendo per il culo!”
“Ferm-“

Qualcosa accadde.
Disposti a semicerchio attorno alla figura della beduina in terra, i guerrieri con le Lanterne rimasero qualche secondo inerti. Uno dei loro compagni s’era fatto avanti, arma in mano, pronto a colpire le ombre solo per trafiggere
Afrah dell’Akeran?
Gli sguardi sprizzavano chi panico, chi forse attesa. O rabbia.
Le Ombre parvero rintanarsi più in fondo nell’alcova di roccia, farsi più piccole. Chissà come avrebbero reagito ora la Rosa di Fatal Bellezza, quel guerriero che aveva gettato incanti prodigiosi sulle Ombre malevole? O Donovan, ora al capezzale della beduina, e gli altri ingannati dalle Ombre come Alfar, il dragonico?
Le viscere della terra non produssero altri rumori, nemmeno un soffio.
L’oscurità non si concentrò su altro che sul proprio, intimo respiro.

Fu il nano a farsi avanti, infine spintonando come lo zotico che era tra gli altri viandanti. Aveva il martello sempre in mano. In effetti si era stati fin troppo gradassi lì, a dire di Rick: inseguire le Ombre nella loro stessa tana, partire come un grand’esercito da due razioni di cibo al giorno e lance d’acciaio che manco avevano. Il nano serrò le dita sull’asta scheggiata del suo martello.
No, niente rischi e spacconate.
Beh, berciò, Cosa siamo venuti a fare, qui?
Gli occhi di Rick Gultermann, già piccole mosche nere, si fecero due fessure; passarono dal gruppo dei viandanti a quello degli spettri, rapidi, come a fare una vaga stima dei numeri. I guerrieri con le lanterne non poterono indovinare se davvero non gli importava delle Ombre o di Afrah, di questo e di quest’altro con quel reticolo di segni e rughe fattosi più stretto sulla sua faccia. Quell’espressione indefinita, nel buio della spelonca.
Di certo non diceva di sua madre in una baracca di Neirusiens;
non dei vitti (o della loro assenza) nelle caserme mercenarie, sempre di seconda classe rispetto a un esercito regolare.
Non diceva dei sussurri che sentiva da quando era stato benedetto dal potere dei Danzatori,
i veri lamenti di fame delle ombre sciupati dal vento.

Niente rischi, no. Niente spacconate.
Rick Gultermann scattò verso l’Ombra che aveva parlato, il braccio alzato: botta dritta allo stomaco.
Un colpo di martello avrebbe stracciato tutte quelle lamentele,
quei vezzi e bubbole di eroismo e vie più dolci coi quali incantarsi.





Attende.
Quando arriva, il tocco caldo che viene dall’esterno, è come se lo riempisse interamente. Tra quelle pareti tutto è ovattato, lontano: la luce è fioca, ciò che vede solo figure sospese e che mai può del tutto comprendere, portate via dalla corrente; ciò che sente è lento e distorto, e però ha una nota profonda.
Attende.
No, non capisce gli stremiti di quelle figure: ciò che comprende è quella voce diretta, che sempre lo accudisce e difende e gli penetra direttamente nella carne. Conta solo quanto infine gli arriva, l’unica cosa vera che lo congiunge a quel mondo; una sensazione diffusa e potente che si spande dalla sua pancia.




Edited by Lill' - 20/11/2014, 23:56
 
Top
view post Posted on 20/11/2014, 22:31
Avatar

Studioso
····

Group:
Member
Posts:
1,082

Status:



Llusern

Chiarificare -
Spalla a spalla.





P
er un breve istante, Àlfar si sentì quasi strappare la carne dalle ossa.
Un fumo nero, progressivamente più simile a una melma, abbandonò le membra stanche dello sciamano.

Al terminare della battaglia, le Ombre che avevano in qualche modo posseduto sia lui che molti altri uscirono dai corpi ospiti trascinandosi dietro urla liberatorie e strazianti al contempo, come sfiati di vulcani pronti ad eruttare. Si levò la nube di anime prave ed inquiete.

Di quello che seguì la scissione, ebbe la sensazione di non capirlo per nulla. Una delle Ombre si era avvicinata, sembrava parlasse. Un soldato aveva portato un colpo con la lancia, ma era la Beduina ad essere stata presa in pieno. La schiena di lei era squarciata da una lunga ferita, nulla di veramente grave…eppure non si alzava. Non importa quanto Duncan la scuotesse. Gli occhi restavano chiusi.
Quasi dormisse.

Un momento dopo, il mezzo drago si gettava in ginocchio al fianco di Afrah.
Le labbra intrecciate in una danza di lettere scritte nel silenzio, mentre le mani armeggiavano tremanti con le fiale che portava nella bisaccia: trovarono presto la più capiente.
All’interno scintillava dell’acqua limpida come appena raccolta.
Una mano tolse il sughero che ne preservava il contenuto.
Un dito passò lungo il filo della daga, piantata a terra.
Il sangue era nero e poche gocce ne caddero nella fiala.
Un rosso scarlatto e brillante aveva preso il posto del liquido cristallo.

”Nel sangue dei draghi sii benedetto, cavaliere ferito. Una seconda chance per brandire la spada. Un altro respiro per provare il tuo valore.”
Con una mano a sorreggere la nuca del guerriera caduta, versò lentamente il contenuto della fiala in modo che ne bevesse ogni singola goccia.
Le mani non tremavano più.
Una linea nera seguiva il profilo della carne di Àlfar e ne serrava le mani con gentile fermezza, per dargli la precisione necessaria a non fare un macello.
E lungo quell’esile profilo, poco sopra la propria spalla, l’ombra che ancora conservava parte dell’aspetto speculare mostrato nei loro brevi colloqui. Quella stressa Ombra che si era presentata come la solidificazione della sua solitudine, ora accompagnava gli stessi mantra con un sussurro simile a quello dello sciamano.

Quando la boccetta fu completamente vuota, Àlfar si alzò in piedi. Era rimasto così concentrato sul curare la donna che non si era accorto di come la situazione si fosse scaldata…
Due di quelli che – come lui – si erano avvicinati di più al patio, erano ora pronti quasi a menarsi sul posto per decidere che cosa fare in quella situazione.
L’ombra non lasciò il fianco di Àlfar.
La paura sembrava trasudare dalla figura sfumata mentre poco a poco la forma fisica si indeboliva e tornava ad avere appena una forma umanoide, ma restava al fianco dello sciamano con un braccio dietro la sua schiena.

”Piantatela di litigare. Odio nutre odio. Non ci vuole molto per capirlo…” - Cominciò il giovane, ma il respiro già si faceva pesante. - ”Siete così presi dal decidere se ucciderli o se odiarli…e non vi rendete conto che loro non sono più il nemico. Ignorate persino i danni che l’odio porta ai vostri alleati…Non siete stanchi di lottare?” Lui sì. Lui era stanco. Stanco di lottare. Stanco di essere solo. Stanco di vedere battaglie evitabili prendere forma. Era stanco. Esausto. La mano sinistra indicava Afrah, la destra cercò un sostegno, ma trovò solo il vuoto.
L’aria aveva cominciato a rimbombare, ma forse era solo il rumore della sua caduta.
Qualcuno spense le luci. Oh, giusto, sono scarico…bello schifo…che fallimento di giornata…
Tutto svanì.
Rimase solo la presa dell’Ombra, solida dietro la schiena a sorreggere il corpo esausto.

Almeno sentì di aver fatto il possibile...

Scheda tecnica:
CS: 2(Saggezza - Intelligenza)
Stato fisico: Contusioni su tutto il corpo (entità totale Bassa)
Stato mentale: Caos e tormento (entità totale Media)
Energia residua: 30 - 20 = 10%

Passive:
Talento Lv. I – Evocazioni a tempo zero
Razza – Arma naturale indistruttibile (Soffio di Fuoco – forma sferica)
Spettro nella Selva – Mimesi (sfocatura della figura) nella vegetazione


Attive:

- Sangue della Stirpe Fonte magica: Lo sciamano genera una fonte di liquido magico, con effetti curativi.
Consumo di energia: Alto
La tecnica è una guarigione di natura magica. La fonte potrà essere generata in un qualunque recipiente in grado di contenerla, o anche in una fonte di acqua preesistente, cui lo sciamano si limiterà ad aggiungere le proprietà "curative". Tale liquido guarirà chiunque la beva. In termini tecnici potrà essere utilizzata come guarigione ad area, curando un danno Basso a chiunque beva dalla fonte, o un danno Medio ad un singolo beneficiario. Il liquido in questione assume l’aspetto e la consistenza del sangue, con lievi riflessi verdi.


-


Riassunto e NdA:

Non molto da dire. Àlfar si "sveglia" dalla possessione appena in tempo per vedere la scena in cui Afrah viene colpita. Si getta al suo fianco e si concentra per creare una "pozione" per sanarla o quanto meno farla rinvenire. L'Ombra/simbionte però resta al suo fianco tutto il tempo, aiutandolo con l'incantesimo e a trovare la fermezza nelle mani (ovvio è scenico. A livello tecnico l'ombra non fa nulla). Alla fine lascia una richiesta Rick e Rogozin: piantarla di litigare e cercare il quieto vivere. La guerra è durata abbastanza. Sviene, ma viene sorretto dall'ombra.

Speriamo bene ^^

 
Top
.Neve
view post Posted on 26/11/2014, 12:18




11kb0x2

Dapprima, quando il ferro della lancia affondava nelle sue carni ceree, aveva sentito una scossa percorrerle la schiena. Poi il dolore si era fatto vivo in un istante, così veloce da coglierla d'improvviso. Era svenuta, ma i suoi sensi vivevano fuori da lei in un torpore quasi gradevole che l'avvolgeva. Sentiva i compagni gridare, Donovan scuoterla preoccupato, la testa ronzare ed i suoni divenire distorti ed ovattati. E rantoli sulla pelle, come il formicolare di mille e più insetti. Lei che aveva affrontato mostri ed ombre tra l'Edrydlyss ed il Samarbethe, lei che aveva reagito al richiamo di Velta confrontandosi con le creature della notte non una, due volte. Lei che era finita tra le fiamme dell'inferno per poi risalire sino alla cima più alta dell'Olimpo. Lei che era figlia, demone e parca. Una, due o forse tre all'occorrenza. Ora non era altro che un pezzo di carne ed ossa buttato in mezzo al fango. Incapace di muoversi, osservare, gridare. Cosa ne era della donna di ghiaccio in grado di non scomporsi di fronte ad orrori e abomini, capace di ricacciare dentro al cuore sofferenze più grandi di quella stessa terra? Cosa ne era adesso di Afrah dell'Akeran, scostante all'apparenza ma al cui interno si scontravano fuochi e tempeste in grado di smuovere anche montagne, interi universi? Eccola adesso, fragile come un fiore appassito, una inutile e vulnerabile donna solo buona a commuoversi davanti ad una madre con il suo bambino o forse davvero sicura di fare la cosa giusta. Forse davvero un animo dolce e delicato, così calmo ed impaziente allo stesso tempo.

Il suo ventre non era stato baciato da Yffrie, il suo corpo non era in grado di generare nuova vita. Non avrebbe mai accarezzato un suo figlio, non avrebbe mai tenuto la mano ad una sua creatura. Ogni promessa di prole le era stata portata via, scacciata sotto calci e pugni, uccisa, smarrita. Eppure ciò che aveva trovato in quell'abisso di dolore era molto più grande e prezioso di qualsiasi congettura. In quel frangente, in quell'attimo vacuo in cui mente e corpo si dissociavano, Afrah temette davvero di aver capito. E di aver capito tutto ciò che da tempo la crucciava. La sua mente vagò tra i ricordi più belli e preziosi che possedeva, alcuni volti erano sfumati via tra le nebbie della dimenticanza, altri erano rimasti. Più vividi, più forti. Il deserto dorato, il sorriso di sua madre, i baffi arcuati di suo padre. E poi la mano tesa di Alexandra, il volto variopinto di Kermis, il calore dei suoi fratelli ritrovati: il guerriero di ghiaccio, Noah, Taliesin. Ed infine uno tra tutti, il più radioso, la sua Luce. Gli occhi limpidi di Jace risplendevano come gemme nell'abisso, come l'acqua sorgiva, sempre in movimento sempre in corsa. Mutevole. Lei invece era più legata alle sue radici, attecchita tra venti e deserti. E per questo motivo la vita la sbeffeggiava sempre, si prendeva gioco di lei. A cosa serviva affannarsi tanto dietro agli spettri della sua aridità quando poteva trovare i figli, i suoi figli, in quella stessa terra di creature spaventate le une dalle altre? A che serviva disperarsi? Lo aveva compreso troppo tardi, Afrah.



Gli arti tremarono, il corpo si riscosse.
Un vecchio medicava lo squarcio sulla schiena.
Un suo compagno le porgeva una pozione.
Un liquido denso, rossastro, simile al sangue ora umettava le sue labbra di fico.
Tacque.
Ed i suoi occhi di fiamma si aprirono ad un nuovo cominciamento.


Aveva udito voci, lamenti, paure. Aveva visto i suoi compagni lottare l'uno contro l'altro, eppure ancora il suo cuore era luminoso. La sua mente non vacillava più. Aveva capito, aveva davvero capito, adesso. Le ombre spaventate stavano fuggendo. Alcune, troppo terrorizzate, rimanevano rannicchiate contro le rocce. Incapaci di reagire.

Cercò di rialzarsi e le gambe la ressero ancora, tremò di corpo e d'animo. Li guardò ad uno ad uno, li osservò corrucciando la fronte. Tra di loro vi erano volti giovani, altri vecchi, alcuni segnati da brutture e cicatrici, altri ancora comuni, pochi illibati. E nelle loro facce eterogenee lei vide la completezza. Le sue labbra partirono in sincrono e la sua voce uscì calda, magnetica, nel suo consueto accento meridionale. E sembrò dire qualcosa che già sapeva da tanto tempo, come se quelle parole fossero impresse lì nel suo animo frammentato.

"Siamo venuti a distruggere ogni parvenza oscura in questa terra gelida?
Siamo venuti a ricacciare il male, lo sbagliato, il tremendo ed il malvagio?
Stiamo continuando la nostra crociata contro le ombre, di qualunque tipo esse siano?
Davvero vogliamo continuare a fare questo?"


Seguì una pausa, lenta ed imperiosa.

"Allora facciamolo.
Fatelo!"


E gli occhi divennero pozze di fuoco. Calde lacrime rigarono le sue guance canute.

"Ma se vi siete messi in testa di voler sterminare tutto il male dell’Edhel , potete iniziare anche da me."

p40uc

La sua parvenza per un istante parve farsi mutevole, duplice. E lei non era solo Afrah la beduina, candida di pelle e fragile di corpo. Ora era anche Tayf la guerriera, la nera parte di sé. Alta, forte, nerboruta. Gli arti più lunghi, le mani artigliate ed una chioma nivea a divorare l'oscurità.

"Guardatemi, odiatemi.
Mi chiamano banshee e le madri del nord usano il mio nome per far star buoni i propri figli. Sono grama, ed il mio cipiglio spaventa, la mia voce fa tremare. E voi lo sapete, e tutti lo sanno. "


Friniva e tribolava. Era una foglia sospinta dal gelido vento, era una Alif oscillante. Ma era ferma, sicura, capace di gridare alle tempeste, capace di fronteggiare interi uragani. Il suo volto così trasfigurato adesso ritornava placido e sereno. Il corpo si faceva più minuto, la pelle si schiariva del suo naturale candore. I neri capelli sotto lo chador di seta.

"Ma sono anche Afrah, l’Alfiere, la Vena di Granito e la Lanterna. Sono una di voi, né più né meno."

Parlava a loro adesso con la stessa naturalezza di una madre. Non era proprio la persona adatta ad intessere grandi discorsi, non era affatto una grande oratrice. Ai proclami di condottieri e mercanti, lei preferiva i taciti assenzi. Le parole dette e non dette. Gli sguardi carichi di complicità. Eppure adesso stava stravolgendo la sua natura per gridare al mondo la verità, la sua.

"Cosa vi spaventa, uomini? Cosa ci spaventa?
Ciò che davvero prova a farci del male o ciò che davvero ancora non conosciamo?
Ricacciate allora questa paura più che potete. Non siamo più pedine e soldatini, paladini del bene ed eroi a tutti i costi. Fuori immacolati e dentro carnefici."


Sibilò.

"Siamo adesso i fari che illuminano il terrore, le Lanterne che chiarificano il dubbio, o i gatti affamati di caccia e gingilli?"

Sfilò allora la Vena dal suo fodero, un'arma ricurva di due mezzelune scintillanti, il simbolo del suo valore da cacciatrice in quelle terre.
Un oggetto di potere.
La prese e la gettò in terra.

Donovan ed i suoi soldati osservarono in silenzio, negli occhi una scintilla di tacita comprensione.

"Regoliamo, allora, facciamo in modo che nessuno prevalga sull'altro."
Poi abbassò il capo, cadde in ginocchio in quella lurida terra.

"Oppure uccidetemi e finiamola qui."

E attese.

QM PointNonostante la lunghezza, credo che il post si intuisca da solo. Mentre Afrah sta rinvenendo, alcune ombre cercano di fuggire, altre rimangono terrorizzate al loro posto. Afrah si rivolge allora a tutte le Lanterne, trasfigurandosi per un istante anche in Tayf, con un discorso che ha una valenza importante per lei. Siete liberi di reagire come meglio credete, e nei vostri post potete anche muovere ognuno di voi 5 png - a parte Donovan - che si conformeranno alle vostre decisioni.
Avete tempo fino a Lunedì 1 Dicembre alle ore 23:59. Buon divertimento e buon lavoro! ^^

 
Top
Lill'
view post Posted on 28/11/2014, 19:54





"Allora facciamolo.
Fatelo!"

P36oeHu
Vieni qui, che ti spacco il muso!” bofonchiò Niall a ridosso della parete rocciosa. Era Ardan ad aver diviso lui e l’altro, giusto un momento prima che si scannassero. Ora teneva il corpulento cacciatore in un angolo, le labbra che gli tremavano di rabbia sotto la barba rossiccia e ingrigita. “Che diavolo pensavi di fare, tu e il tuo attrezzo maledetto?!
Basta così, per il Bathoos!” gli sibilò il ragazzo a quattrocchi. Per carità, Ardan capiva bene come potesse avercela con il lanciere, e non lo biasimava. Gearoid se ne stava anche lui lontano dal gruppo delle Lanterne però, la lunga arma sempre in mano e un’espressione triste. Fissava il sangue sulla punta d’acciaio.
D’altra parte non erano gli unici a fare casino.
Dopo che Gearoid s’era buttato con la lancia in quell’atto sconsiderato – e la beduina altrettanto, forse – varie voci si erano alzate; persino qualche arma. Ardan, che non capiva tutta quella furia di far vedere le proprie capacità combattive, scrutava in disparte mentre faceva sbollire il suo compagno: il nano puzzolente che s’era fatto avanti, poi la Rosa, infine Àlfar dei draghi. Tutti loro si erano mostrati, avevano schioccato lingue e ferro di gran guerrieri e viaggiatori induriti dal Talamlith intorno
…alla figura della beduina.

"Ma se vi siete messi in testa di voler sterminare tutto il male dell’Edhel, potete iniziare anche da me."
O meglio, a quella creatura che avevano di fronte ora. Ardan lasciò il vecchio cacciatore, ormai tranquillizzatosi, per assistere più da vicino a quella faccenda. Per lui era la prima volta, la prima che vedeva quella forma della donna dell’Akeran. Gearoid, Niall, tutti loro seguivano Alexandra da più tempo di lui; Ardan aveva sentito di quella leggenda, e non ne aveva paura. Anzi.
"Guardatemi, odiatemi.
Mi chiamano banshee e le madri del nord usano il mio nome per far star buoni i propri figli."


Si accostò alle Lanterne intorno a Donovan, ad Afrah e ai pochi guerrieri che dividevano il gruppo dagli Spettri. Non condivideva quella fiducia spassionata di Gearoid e Niall verso la beduina, un cameratismo consolidato sotto la guida di colei che, per loro, aveva sostituito la Regina. Venendo da dove veniva, il ragazzo non poteva; forse perché non aveva perso nessuno per mano degli Spettri, guardava alla beduina con occhi diversi.
Non la trovava manco male.

"Ma sono anche Afrah, l’Alfiere, la Vena di Granito e la Lanterna. Sono una di voi, né più né meno."
Disse la donna. Molti dei guerrieri lì riuniti, alla fioca luce dei loro lumini, si interrogarono alle sue domande. Qualcuno inspirò, strinse il pugno, oppure ricacciò giù in gola una risposta che, solo un attimo dopo, sembrava meno ovvia e la cui forza sbiadiva. Un po' come le poche figure nere sullo sfondo, tremanti e spezzate nell’umidità della grotta. Le Ombre dell’Ehdel. Niente più che riflessi sbiaditi su una parete ora, davvero – storie per marmocchi.
Cosa vi spaventa, aveva domandato. Niente, pensò il giovane Ardan, l’occhio calmo e deciso a fissare quella scena irreale, distante dalle preoccupazioni quotidiane, dalle vettovaglie e dai turni di guardia.
Una voce più rude e verace si alzò.

Sta bene
Disse il nano, piegando un po’ il capo di lato.

Sta bene. Rick Gultermann disse alla volta di Afrah e Donovan, guardandosi un’ultima volta le spalle, non rivolto a Rogozin, ma solo ai pochi spettri rintanati nelle insenature della parete rocciosa. Indugiò qualche secondo, guardingo, nonostante fossero poche figure spaurite; nonostante il ferro che il vagabondo portava in mano e alla cintola pesasse da solo più di quei decantati orrori. Poi tornò a fissare la beduina.
Oppure uccidetemi e finiamola qui, aveva suggerito. Poggiò la testa della mazza a terra.
...
Alla tua maniera, allora
Quindi Rick Gultermann sfoderò la roncola, e si avviò a passo deciso verso la Banshee.


Tra tutti quelli lì vicino nessuno seppe reagire a modo. Chi colto di sorpresa, paralizzato da dubbi e pregiudizi in quell’antro scuro; chi senza la voglia di mettersi tra quel piccolo, seppur baldante guerriero e il suo obiettivo. In quella manciata di secondi Niall, che aveva appena sbollito l’incazzatura di vedere un idiota di suo compagno rivoltarsi contro la beduina stessa, rimase dal principio interdetto. Quindi scattò anche lui, irruento come sempre, per cercar di fermare quello zotico di un nano; ma non fece in tempo.
Rick Gultermann si mosse quasi senza fretta, eppure con solida convinzione. Niall vide la testa bruna di Ardan, quel ragazzo con tanto giudizio, avvicinarsi al nano – ma questi lo spintonò via dalla sua strada con una spallata. Qualche passo e Rick fu davanti alla beduina disarmata, il ferro donatogli da Alexandra stretto in mano al posto del martello. Alzò l'arma in alto; poi la lasciò cadere davanti ad Afrah.
Il metallo della roncola cozzò con quello della lancia della beduina, e un suono secco si propagò dalle due Vene nello spazio raccolto della spelonca.

Rick Gultermann si volse ancora, questa volta muovendo la testa lentamente, da parte a parte. Scrutò prima la Rosa, la fronte corrucciata, quindi il ragazzo-drago che s’era anche lui messo in mezzo con storie di pace e veri nemici, diceva. Perché ce n’erano di falsi, pareva. Quindi il vagabondo tornò a guardare Afrah, e nel suo sguardo arido, tra quelle pupille piccole e imbrattate di nero, pareva esserci una sola idea. Le sue labbra serrate parevano dire:
Il tempo dirà se avete ragione.

Beh. Se non c’è niente da fare, ho in testa dove trovare altro lavoro, allora…
Strinse in mondo eloquente l’amuleto, quella chincaglieria che seguitava a portarsi appesa al collo, come un’ulteriore strato di sudore e sporcizia. Il maledetto gingillo non voleva saperne di smettere di brillare, da quando erano entrati in quell’alcova buia.
Rick Gultermann si grattò la barba sulla guancia, e un’espressione meno truce parve scaldargli il viso; forse solo il chiarore soffuso delle Lanterne, che veniva riflesso nell’umidità della caverna in una nebbiolina giallognola, diffusa. A guardarlo ora, quel nano pieno di cicatrici, non sembrava proprio un granché: un ginocchio era piegato, i calzoni aperti in più punti dai colpi delle Ombre. E davvero togliersi un ferro dalla cintola sembrava avergli dato sollievo, che già se ne portava abbastanza. Chinò un po’ la testa, forse perché era d’accordo, chi lo sa. Forse per rispetto verso quella cacciatrice che li aveva raccolti. Alzò le braccia, rivolto agli altri guerrieri, e persino i grumi di sangue rappreso e la poltiglia delle Ombre abbattute su quel cuoio scuro, sugli stivali sgualciti e logori, parvero avere riflessi meno tetri. Si schiarì la gola.

Ora, che dobbiamo fare?
Ci tocca un pranzo e della birra, o una paga?

Mica credono siamo apposto con quei due lumini, pensò Rick Gultermann.
Se c'era solo quello, tra le peggio compagnie di ventura i capi erano meno spilorci.

Alle sue spalle, diversi nel gruppo ci erano rimasti di stucco. Niall che s’era avvicinato di colpo, già biascicando bestemmie tra la sua barba brizzolata, o Ardan ch’era pronto a fermare un probabile scempio dopo esser stato spinto via dal nano. Qualcuno si mosse, ora. Forse era quello che altri avevano in mente di fare, forse no; ma ecco Gearoid e la sua lancia pizzuta, lo stesso Gearoid che aveva ferito per sbaglio proprio Afrah, farsi avanti. In molti sapevano come si vantava di saperci fare con la sua arma. Dopo quella giornata, tutti sapevano che voleva dimostrarlo così tanto che preferiva muovere il braccio invece che la testa.
Io...
Ecco.

Poco dopo il gesto del nano, anche Gearoid il biondo si parò davanti alla beduina. Il suo volto era mesto. Armeggiò con le cinghie che tenevano tuti i suoi ferri alla cintola, sciolse legacci; quindi il suo cinturone di coltelli scese in terra, e lasciò cadere la lancia davanti a sé. L’arma sbatté con un nuovo tintinnio contro le due Vene e il lanciere sospirò. La lancia insanguinata ai sui piedi, Gearoid osservò le proprie mani callose, per poi scrutare Rick Gultermann e Afrah. Cosa ci spaventa?, aveva detto la beduina.
Niente”. Prese fiato, vigoroso. “Con voi - con te a guidarci
no; con te nostra pari ...nulla ci spaventa.








Le voci delle sue viscere gli diedero una risposta. Le voci che gli avevano detto che, no, non era il caso di rischiare di esser travolto da una carica frontale di fanteria per il sogno d’un po’ d’onore. Le voci dei tanti incontri del suo passato, uomini e donne mutilati o spezzati, che a loro modo gl’avevano insegnato. Da quando era venuto al mondo in un’infestata città sotterranea esse lo istruivano, nel sangue e nella paura – cosa lo spaventava, allora?

Tutto. Niente. Ciò che hai trovato tra quattro mura ammuffite, ciò che troverai fuori, è sempre lo stesso, dicevano. Un muro nero, che per quanto ti sforzi e da qualsiasi angolo lo vorrai guardare, è lì e non ti risponde. Non ritorna il tuo sguardo. Ecco ciò che troverai ogni notte in una grotta umida, alla fine, quando vai a coricarti – non importa se da solo o con una donna che hai pagato, sappilo. E per quanto ti sforzi, per quanto cercherai di dare un nome a quel volto d’oscurità – per quanto cercherai di giustificare le tue paure, perché dipende da te con un’infanzia difficile, perché alcuni uomini sono ingordi e affamati...
Alla fine rimarrà lo stesso muro nero, ed imbellettare con un nome le cose non ti aiuterà.
Meglio non sapere, allora. Meglio continuare, come fai, a non pretendere e ricucire alla buona stivali spellati, portarsi appresso uno scudo arrugginito. Potranno illuderti altrimenti, dirti di avere pietà o coraggio, di essere retto: da un ventre scuro sei venuto a lottare, però, e come in questa grotta continuerai a farlo.
Abbi paura di tutto, allora. E di niente.

Gli dicevano le voci della sua pancia, di sua madre e di cento scudieri morti ammazzati.

Eppure, quando sarebbe uscito dalla caverna quel giorno, Rick avrebbe pensato che quei lumini non erano del tutto un male; come per il Sorya e i Leoni, smussavano le brutture di quel muro nero, quella spelonca in cui sempre ti ritrovavi. E quando quella sera si sarebbe addormentato, ubriaco su un tavolone di taverna a Lithien o tra del fieno,
il buio nei suoi occhi l’avrebbe assalito con meno violenza.






SPOILER (click to view)
EDIT: aggiunte battute finali e una sottolineatura; comprendo un eventuale disagio, ma volevo dare più peso a certi aspetti, come ad esempio l'importanza dei png.


Edited by Lill' - 28/11/2014, 23:24
 
Top
view post Posted on 1/12/2014, 14:34
Avatar

Studioso
····

Group:
Member
Posts:
1,082

Status:



Llusern

Chiarificare -
Una lama per il futuro.




B
uio.
Freddo.
Vuoto.

Il più delle volte la gente ne ha paura.
Anche lui ne aveva paura.
Soprattutto quando pensava a quanto tempo ci sarebbe voluto prima di chiudersi in quel bozzolo di fredda solitudine. Pensava alla solitudine che lo attendeva lungo il cammino, alle illusioni di affetti, alle guerre che avrebbe dovuto vedere. Una lunga via di solitudine e sangue.
Probabilmente sarebbe stato caduto in uno stato apatico, o si sarebbe messo in testa di poter dominare chiunque.

Ma non questa volta.
Non era ancora finita.
Sentiva il proprio corpo trascinato via dal punto in cui aveva perso i sensi: sentiva il vuoto muoversi intorno e il terreno irregolare urtargli le gambe, qualcuno stava provando a svegliarlo? Sì, erano decisamente scossoni e sberle a muoversi nel vuoto. E almeno cinque paia di polmoni ad agitarsi intorno alla sua testa ciondolante.
Ancora cinque minuti… - si ritrovò a pensare - Credo di essermi meritato di sparire per cinque minuti… - ma la luce si fece forza attraverso le tenebre e le palpebre costringendolo a tornare ai propri sensi, al mondo reale. Alla cruda realtà di una nuova battaglia che avrebbe visto corpi esausti scontrarsi contro anime esauste.
Gli ci volle qualche momento per svegliarsi completamente, ma in linea di massima poté comprendere che la situazione era in bilico: da un lato la Banshee, pronta a mettersi tra i soldati e le Ombre in favore delle ultime, dall’altra parte i volti indecisi e dubbiosi di coloro che avevano combattuto più volte contro quel nemico – ognuno era diviso, nei loro sguardi si intuiva il conflitto tra la stanchezza di combattere e il desiderio di obliterare per sempre un nemico che ormai non era più che una presenza.
Ma non vi era dubbio in Àlfar. Lo sciamano si alzò con l’aiuto dell’Ombra che lo aveva posseduto, sorretto e sostenuto nel recente gorgo di eventi. Un’altra anima sola che scorre insieme al tempo. Ah, potrei chiamarti Solitude - camminava con quel pensiero, una mano intorno al corpo sfumato della nuova conoscenza e l’altra a puntellarsi con la lancia. Un passo stanco dietro l’altro, un passo deciso dietro l’altro. Quando fu a metà strada, il nano con la Vena aveva raggiunto la donna.
Tutti i presenti avevano trattenuto il respiro, molti avevano l’impressione di desiderare una decapitazione. Un esile gruppo, tra cui il lanciere che aveva calato il colpo su Afrah, tentò di fermare la scena.
Un rumore metallico echeggiò nel silenzio.
La voce roca del nano che esprimeva supporto – per quanto in tono burbero – seguì subito dopo, portando una nuova onda in quello stagno agitato.
Àlfar avanzava deciso.
Avanzò fino alla Vena della Banshee, piantò la lancia a terra e si chinò a raccoglierla.
La soppesò, cercando di capire il peso che potesse avere sull’animo di una persona.
”Non ho la minima idea di che cosa voglia dire portare una di queste.” Cominciò. ”So che sono un simbolo di valore. Valore dimostrato contro quella che al tempo era una minaccia, nel tentativo di garantire la sicurezza di queste terre. O almeno quella è la teoria. Ora la minaccia è svanita. Ma solo una minaccia è sparita. Ce ne sono molte altre. Non dovreste gettare questo simbolo. Perché ogni lanterna brillerà più forte nel riflesso della sua lama.” - Consegnò la vena alla legittima proprietaria, incoraggiò il nano a raccogliere la roncola e si rivolse alla platea con parole ben scandite. - ”Siamo o non siamo i custodi della nostra terra?” Al termine della frase seguì un breve silenzio. Qualcuno tossì. Qualcuno applaudì per un istante, per venire poi ammutolito dall’imbarazzo. In fine giunsero cinque giovani dagli sguardi stanchi: riconobbe in loro i propri compagni di sventura, soldati posseduti durante la battaglia che erano abbastanza vicini da essere riconosciuti quando la nube di Spettri li aveva abbandonati.
”Noi…siamo stanchi di combattere i fantasmi.” Cominciò il più vecchio.”Nemmeno loro vogliono più combattere. Non vediamo perché non dovrebbe essere possibile ripartire da zero. Ne avremo già un gran bel carico a tenere a bada gli uomini perciò non ci servono altri nemici. Né possiamo permetterci di perdere altri compagni.”
Si schierarono in cerchio dopo aver eseguito un rapido inchino alla volta della banshee.
Dunque Àlfar prese nuovamente parola.
”Qualche folle vuole combattere? O possiamo farci una birra tutti insieme per poi iniziare la nostra nuova vita di guardiani?”

Una birra…ma anche due, tre o anche un fiasco di idromele… - immaginandone i sapori, sorrise ed attese.

Scheda tecnica:
CS: 2(Saggezza - Intelligenza)
Stato fisico: Contusioni su tutto il corpo (entità totale Bassa)
Stato mentale: Caos e tormento (entità totale Media)
Energia residua: 10% (Esausto)

Passive:
Talento Lv. I – Evocazioni a tempo zero
Razza – Arma naturale indistruttibile (Soffio di Fuoco – forma sferica)
Spettro nella Selva – Mimesi (sfocatura della figura) nella vegetazione


Attive:

-
-


Riassunto e NdA:

Àlfar rinviene e si avvicina ad Afrah, suggerisce che sia lei che Rick riprendano le vene, simboli del loro valore. In particolare lo suggerisce ad Afrah, che rimane uno dei fari delle Lanterne. Poi arrivano i 5 png (per niente caratterizzati, lo so...) e in fine l'invito di Àlfar a pensare al futuro invece del passato.

:D

 
Top
view post Posted on 1/12/2014, 17:48
Avatar


·······

Group:
Member
Posts:
7,322

Status:


Afrah…Afrah e le sue parole. Dolci parole e un pensiero mellifluo, malevolo prese forma nella sua testa.
La vena a terra, lei in ginocchio e quelle parole pronunciate senza sapere. Parole orgogliose, parole di una madre, parole, se poteva essere usato questo termine, amorevoli eppure porgevano il fianco e acciaio ad una situazione e azione convenevole per la Rosa.
In quel frangente, dove tutti e tutto si mischiavano e capire il giusto e lo sbagliato sarebbe stato difficile anche per i saggi, ecco che la beduina aveva servito, volontariamente o non, l’acciaio nelle mani della Rosa.
Poteva essere semplice, poteva essere facile… dannatamente, deliziosamente facile.
Ucciderla in quel momento era la soluzione a tutto. Un nemico in meno…ma quell’altro? Oh poco importava: chi poteva dire dove finiva la sua azione e le sue parole e iniziavano quelle degli altri?
Nemmeno il compagno della beduina avrebbe potuto trovare tale risposta in quelle acque torbide racchiuse in un lago di ombre e pazzia. Se giocate bene le sue carte si sarebbero rivelate vincitrici, la vittoria colta facilmente e avrebbe messo dolore e ombre nel cuore dell’altro.
Sarebbe stato facile anche portarlo lì, doveva voleva lui, in posti adatti ad agguati e a lame che si infilavano dolcemente nelle carni, fredda lama che risucchiava il calore del corpo e il tenue abbraccio della morte, limbo e conforto per una vita amara…troppo amara per essere vissuta.
La vena era lì…per terra, alla sua portata come la gola della beduina; gli altri erano solo oggetti sfocati e troppo presi a sguazzare in quelle tenebre di incertezza e dubbio, troppe lingue si erano mosse e le spade baluginavano nella penombra della caverna…tutto era favorevole.
Troppo…troppo da non coglierlo e assaporarne i dolci frutti. Tutto era lì, pronto, come una tavola bandita perché allora non farlo?
Cosa gli importava dopotutto di lei? Delle lanterne? Aveva combattuto con i leoni, vero, ma per liberare una terra oppressa da un cancro…un cancro che non voleva andarsene e che tornava, sempre e ancora, per asfissiare e asfissiarli.
Avevano battuto la Torre, Velta e forse, anche, l’Inquisitrice perché fermarsi ancora?
Era il momento che l’Edhel trovasse la sua strada non quella che gli volevano imporre. Con quale diritto arrogarsi tale impegno? La gente dell’Edhel era così pavida?
No…non lo era di certo. Lo sapeva bene e allora perché non si mosse? I suoi occhi erano sulla lama che venne presa da un altro, ma non la lasciò nemmeno per un momento: la gola, candida era lì, la sua arma in pugno, lui vicino…così vicino che poteva annusarla, bearsi del suo odore, sentire i capelli che si posavano sulle spalle, quasi sentire il cuore.
Il sangue…tentazione verace, tentazione che suadente lo invitava con voce lenta, calda come una nenia che non la si può scordare una volta ascoltata.
Entrava nella testa e ci restava.
Si mosse. Lo sguardo alla Vena. Si mosse. Passi lenti, pesanti. Si mosse. La mano che stringeva l’elsa della spada. Si mosse e davanti a lui vedeva il trionfo. Si mosse…

Non vorrai morire qui vero beduina? Già scordata di tutto? Chi muore senza aver compiuto il suo destino rimane un fantasma…un ombra…vuoi tu essere come loro?

Quelle parole uscirono da sole, come il gesto di rinfoderare la spada. Tutto era troppo… semplice.
Non c’era onore in questo, non c’era orgoglio, era solo un mero assassinio dato dal momento e dalla possibilità.
Non aveva mai pensato di combattere salvandosi la vita, pur temendo la morte, la trovava una conclusione naturale della propria vita.
Temeva molto di più la gabbia, l’indecisione, il non compiuto. Sprecare i propri giorni come se fossimo già morti.
La morte era naturale, innaturale era vivere senza scopo e senza onere, senza orgoglio trascinandosi in un attesa di qualcosa che non sarebbe mai avvenuto. Perché? Perché troppi pavidi e troppo vigliacchi da trascinarsi fuori dal proprio buco merdoso e guardare il mondo, il presente e il futuro con forza e dignità.

L’avrebbe presa per le spalle e sollevata. L’avrebbe osservata nel tempo avvenire, e poi l’avrebbe uccisa. Ma su un campo di battaglia…a lei e all’altro.
Perché così doveva andare, ma avrebbe osservato le lanterne e lei…forse una guida serviva.
Forse…ma lui avrebbe vigilato tra i suoi monti e le sue foreste e i suoi occhi sarebbero sempre stati puntati su di lei: il giudizio di un nemico. Ma non poteva far parte di questo nuovo corso, non poteva e non doveva. Cozzava con quello in cui credeva ma soprattutto con il loro rapporto.
E se qualcuno ne avrebbe approfittato? Oggi la tentazione era stata suadente come una donna nuda e vogliosa nel proprio letto ma domani? Domani avrebbe resistito?
Non voleva darsi una risposta perché non conosceva fino in fondo la forza della sua anima e non voleva trovarsi manchevole. Umano debole…uno come lui non poteva permetterselo, non con quello che voleva fare e la sua vita data per una causa.
Il suo sangue e la sua dignità, insieme con l’orgoglio gettati via per qualcosa di più grande di lui.
Ma avrebbe visto cosa volevano fare, se sarebbero divenuti nuove minacce e, se nella luce, l’ombra si sarebbe allungata.




Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: E CS: +2 Maestria armi, + 1 Istinto

Status fisico: Basso; Alto Status Psichico: // Consumi energetici in questo turno: 5%
Riserva energetica residua: 15%
Armi Crimson Thorn(frusta); Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)
Armi In Uso Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Memoria ancestrale:
Il personaggio avrà ereditato dalla progenie dei draghi la mitologica memoria di questi. Il personaggio potrà ricordare ogni minimo dettaglio degli eventi vissuti, cogliendo particolari insignificanti e remoti finanche dopo molto tempo. Questa capacità gli consentirà di rielaborare qualunque informazione derivante dalla propria memoria con estrema rapidità e perizia, consentendogli di ragionare su dettagli infinitesimali come fossero evidenti e recenti. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Talento Lv I]
I possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, interessando le stesse non solo la maestria nel brandire qualunque oggetto come arma, ma anche l'abilità nel farlo con estrema rapidità. Il possessore, infatti, guadagnerà la capacità di estrarre le proprie armi con tanta velocità da sembrar quasi un gesto istantaneo, rapido ed appena percettibile agli occhi. Tale circostanza si applicherà non solo all'estrazione dell'arma propria del possessore dal fodero ove è naturalmente riposta, ma anche all'eventualità che questo sia costretto ad impugnare un'arma secondario o un qualunque oggetto dell'ambiente circostante (in virtù della passiva di primo livello). Potrà così cambiare arma in un attimo, cambiando strategia e potenza offensiva. Intimando il proprio avversario ad una resa senza condizioni, o - più semplicemente - tappandogli la bocca. Per sempre.[Passiva Talento Lv II]


Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sé in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sa bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

_ ___ _____ ___ _



Abilità Attivate:



_ ___ _____ ___ _

Riassunto e Note:

Rogozin è tentato di uccidere la beduina per via dei loro trascorsi personali, da Kermis ad Ainwen, però ritrova un momento di lucidità e cerca di prenderla e farla alzare.
Si era tentato anche di istigare molti altri contro la beduina, usando le ombre e il fatto che si erano impadroniti di alcuni ma con questo gesto ricorda ad Afrah che deve ancora vendicare il suo amico.
d'altro canto capisce anche, che sebbene trovi il nuovo percorso dei leoni degno e ammirevole, non può e non deve farne parte. cadrebbe in contraddizione e se qualcuno sfrutasse questa sua debolezza per attentare a tutti loro? Di certo non c'è amicizia tra Afrah e Rogozin ma il tutto è molto più profondo e complesso: non si può essere alleati quando l'odio serpeggia perchè prima o poi la tentazione sarebbe più forte.
Per cui si mette in disparte e osserverà, semmai le lanterne divengano oppressori che liberatori.

Scusate la pesantezza e a voi le penne ^^

 
Top
.Neve
view post Posted on 3/12/2014, 12:32




1o9d85

Fuggirono via, veloci e guizzanti, drappi di tenebra nella grotta. Le ombre si volsero verso la libertà, la luce, la vita. Ed i loro occhi vuoti si fissarono per un attimo in quelli accigliati dei soldati lì presenti. Non avevano mai visto una scena del genere, non potevano aspettarsi tutto questo. Per loro e fino ad allora esistevano solo il terrore e la paura. Ed il nascondersi agli occhi degli uomini. Li fissarono ancora, uno sguardo carico di incertezze, o forse le Lanterne lo avevano soltanto immaginato. Poi scomparvero, inghiottite da roccia e oscurità, come fossero fatte di fumo. Ed i guerrieri stettero in silenzio per un lungo ed interminabile minuto. Le loro membra erano stanche, i loro cuori ancora deboli. Eppure alcuni di loro seppero che in quella grotta di quel territorio, di quella terra martoriata, loro erano i vincitori. Non su un drappello di mostri di poco conto, non sulle ombre anonime. Ma sulle loro paure, sulle loro incertezze celate. E rimbombi di tuoni si udirono dall'interno della spelonca, e lacrime, e pioggia. L'acqua eterna del cielo fluiva fuori da quel luogo riparato. Fluiva e scrosciava incessante, come un fiume ad abbattere la diga, oceani senza fine. Lo udirono, le Lanterne. Il suono della quiete non era poi tanto mite. Chissà se al ticchettare della pioggia, al roboare dei lampi nel silenzio avrebbero preferito il cozzare di lame e armature. I gridi disperati di nemici e compagni, lì ove si udivano prima.

"Sono andate."
Aveva detto il piccolo Adrian a fil di voce.
"Si, sono andate."
Rintuzzò il vecchio guerriero con una mano sulla sua piccola spalla.
"Eppure non le conoscevamo ancora.
Queste ombre che abbiamo appena visto potrebbero essere di una razza ben diversa da quelle che abbiamo conosciuto fino adesso."

Fece, passandosi una mano sulla fronte rugosa.
"Ma è certo che di crudeli e senza scopo ne esistono e ne esisteranno per molto tempo."
La banshee si era alzata, sorretta da mani altrui. Il suo volto pallido ed austero adesso appariva più dolce alla fioca luce delle lanterne.
"E non solo loro."
Aveva detto.
"Ci sono creature infime anche tra i popoli più innocui e creature benevole anche tra i popoli più infimi."
Donovan le si era posto a fianco ed aveva guardato ognuno dei suoi soldati, ora suoi pari, negli occhi.
"Siate orgogliosi di voi, compagni.
Siate fieri di ciò che oggi avete costruito."


Prese allora la piccola statuetta di legno che da tempo si portava appresso e ne accarezzò il capo. L'orso rugliava con in bocca il piccolo lume spento, pareva pronto a divorare il fuoco e la luce. O ad ergersi così nella notte. Donovan ne aprì il piccolo sportello di vetro soffiato, poi con un fiammifero la pece al suo interno avvampò. Avrebbe illuminato quella grotta fredda e buia, li avrebbe riscaldati nei giorni in cui avrebbero deciso di rincontrarsi. Sarebbe stato il loro punto di riferimento, l'unico fino ad allora, in quei territori di gelo e tempesta. Avrebbe irradiato quel suolo fintanto che l'ultima Lanterna esisteva. Qualcuno aveva chiesto, giustamente, cosa avrebbero fatto o in che modo sarebbero stati ricompensati dopo quella vicenda. La banshee rispose, un sorriso a irradiare il suo volto.

"Una tana da chiamare casa, un buon pasto, la compagnia degli amici..."

Parlò poi Donovan, di nuovo.
Rivolto a Theras, alla pioggia, al vento, a quel popolo.

« Noi siamo l'occhio e la luce.
Ed in questo suolo esaliamo i respiri
sulla strada che ci resta e sotto la pioggia battente,
sui campi macchiati di pece e terrore.
Noi siamo i fari ed i custodi.
E le dighe che contengono il fiume
straripante e carico d'odio,
nella terra abbandonata dagli Dei.
Guardaci, noi ti osserviamo.
Guardaci.
I lumi si posano ove la tela non ha più colori. »


Lanterne per dar fuoco alle tenebre. Occhi vivi per allagare le incertezze. Così che i dubbi sparissero e tutte le creature aspirassero al meglio. Non nella voglia di appagamento, né nel timore di essere scacciate.
Ma solo per la
Luce.



QM PointSiamo finalmente giunti alla fine di questa breve ma intensa giocata che ha riservato non poche sorprese. È stato davvero piacevole intessere con voi una trama dai risvolti molteplici, le vostre azioni ed il vostro ultimo intervento in particolare, hanno influito grandemente non solo sulla giocata ma su tutta l'ambientazione dell'Edhel. Abbiamo fatto la storia, insieme!

Parlando di questo mio ultimo post in sé, le ombre che avete tutti visto fuggono via, queste - a detta di Donovan - potrebbero essere una fazione ben diversa da quelle fino ad allora conosciute, anche se ne esistono e ne esisteranno sempre di crudeli e senza scopo. Sia Afrah che Donovan apprezzando l'iniziativa dimostrata da parte di ognuno dei guerrieri, stabiliranno un patto di fiducia con tutti coloro che vogliono essere d'aiuto alla causa. Di fatto saranno ufficialmente riconosciuti come Lanterne tra gli altri anche Rick ed Àlfar che sembrano essersi dimostrati favorevoli. Per Rogozin mi è parso di aver capito che non volesse farne parte, lascio ovviamente a lui la decisione finale, non avendo il suo personaggio detto ancora nulla in proposito in game.

I nomingnoli utilizzati qui nei giudizi saranno gli appellativi con i quali sarete riconosciuti tra le Lanterne. Questi ultimi sono stati valutati attentamente prendendo spunto dalle vostre azioni in game, ma se volete potete benissimo non utilizzarli affatto. Lascio a voi la scelta.

Rick "occhio di civetta" Gultermann
Lill'
Il migliore, senza ombra di dubbio. Sin dalle prime battute Rick si è imposto nella trama con convinzione e sicurezza, dando prova di una notevole capacità adattiva e di improvvisazione. Sei stato in grado di coinvolgere utenti e Qm in egual misura nella storia del tuo personaggio, torbida e a tratti triste, nostalgica. Hai inserito perfettamente sprazzi di background in una quest che poteva dare davvero pochi spunti in tal senso. Dal punto di vista narrativo e sintattico non ho davvero nulla da dire se non appurare le tue già magistrali capacità letterarie, che giorno dopo giorno si stanno smussando a poco a poco dall'originario ed intrinseco carattere grezzo. Ottima la strategia, nelle fasi centrali, di difendere tutti dagli attacchi delle ombre, ottimo e collaborativo il rapporto con gli altri giocatori. Coinvolgente la caratterizzazione di tutti i 5 png che calzano davvero come un guanto nell'ambientazione e nella trama delle Lanterne. Ti seguo praticamente dall'inizio e non posso che essere più che soddisfatta dei progressi che continui a fare di giocata in giocata. Sei una di quelle gemme nascoste ad un palmo dalla terra, perché non ti fai vedere un po' di più in giro per il forum?
1200g e un punto promozione per la fascia rossa

Àlfar "buon sangue"
Volk/Wolf
Incerto nelle prime battute della quest, hai incominciato ad ingranare a poco a poco. Dapprima devo ammettere che non mi hai dato un'impressione positiva, soprattutto per alcuni erroracci evidenti. L'aver evocato un golem gigante e nel bel mezzo di una piazza gremita di gente che non vedeva ad un palmo dal naso a causa della nebbia, non è stata proprio una mossa geniale. Eppure ti sei ripreso successivamente, allorché l'ombra ha letteralmente invaso la psiche del tuo personaggio. Da lì è stato più o meno tutto in discesa. Hai reagito bene agli stimoli che ogni volta ti davo via pm e sei riuscito a caratterizzare bene sia la parte di Àlfar che l'ombra. Purtroppo non posso dire lo stesso parlando dell'ultimo post in cui dovevate descrivere i png. Nella narrazione puoi e devi migliorare, soprattutto sulle descrizioni del paesaggio e su alcuni piccoli errori di sintassi che ancora commetti. L'eccessiva sintesi e sbrigatività di alcuni post poi mi hanno fatto calare la valutazione. Potevi fare di meglio, decisamente.
1100g

Rogozin
Wrigel
Puntuale e preciso, come sempre. Con te ogni quest è una certezza, perché sei un giocatore responsabile e d'esperienza. Il tuo coinvolgimento nella giocata è stato totale, come ogni volta, e nonostante i tuoi problemi di salute sei stato sempre in grado di portare avanti la storia con il tuo personaggio. Devo però bacchettarti in alcuni punti essenziali. Strategia nella media, senza infamia e senza lode, a volte fin troppo prevedibile ma migliorabile sotto diversi aspetti. Fai ancora molti, moltissimi errori sintattico-grammaticali e verbali, anche per disattenzione. Le capacità narrative sono ancora troppo acerbe e tendi nei dialoghi, molto spesso, a copincollare semplicemente le azioni descritte da altri giocatori. Ed è un male. La caratterizzazione della Rosa è ancora incerta, a tratti confusa. Ad una lettura superficiale sembra che il personaggio sia lunatico per sé, in realtà forse è in giocatore che non sa bene da che parte votarlo. Rogozin pare a tratti sottomesso, a tratti pomposo, ed i dialoghi appaiono troppo costruiti sotto certi aspetti. L'ultimo post è forse quello più pieno di contraddizioni in assoluto. Non sono poi rimasta soddisfatta della caratterizzazione dei png. Cerca di lavorare meglio sull'io del personaggio e negli obiettivi che potrebbe prefissarsi per il futuro.
1100g

Io mi assegno 600g per la gestione. Inoltre, assegno 200g a Y u per l'ideazione del progetto assieme a me ed il post di introduzione a Donovan.


Inoltre, Lill' ha la possibilità di scrivere una breve descrizione dei 5 png da lui mossi che inserirò nel topic di campagna in confronto. Per la lunghezza puoi prendere spunto da quelli già scritti da me su Donovan ed Afrah. A breve poi, inserirò sempre nel topic di campagna anche le descrizioni dei vostri personaggi.

Siete liberi di fare un ulteriore post conclusivo, ma i miei interventi da Qm finiranno qui. Aprirò a breve anche una scena free posta cronologicamente subito dopo questa giocata ed ambientata a Biancocolle, un piccolo villaggio poco distante da Lithien, sede della casetta di Afrah, in cui avrà il piacere di invitare alleati ed amici ad un conviviale banchetto. Fatemi sapere le adesioni in confronto.

Signori, è stato davvero un piacere!
Llusern è solo all'inizio e ne vedremo delle belle. Grazie ancora a tutti! *_*

 
Top
23 replies since 24/9/2014, 11:07   1125 views
  Share