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| Ardeal, centro città Notte Varcò la soglia della locanda con il respiro pesante: aveva dovuto percorrere un bel po' di strada saltando da un tetto all'altro, in modo da evitare le ronde che di notte pattugliavano il borgo di Ardeal. Si chiuse bruscamente la porta alle spalle e, senza tante cerimonie, lasciò scivolare il cadavere ancora caldo sul pavimento della sala comune. Non appena i suoi occhi si abituarono alla luce della lanterna, scorse seduto su una delle panche laterali il gigante rosso, intento a fumare il proprio sigaro con tutta calma: era quasi incredibile come lui e la sua padrona riuscissero a trascorrere la maggior parte del loro tempo a non fare assolutamente nulla, in placida attesa dell'evolversi degli eventi. Le rivolse un sorriso soddisfatto, prima che lei -con una smorfia di disappunto dipinta in viso- si sedesse su una sedia e, poggiando le gambe sul tavolo, iniziasse a prendere alcune erbe medicamentose che aveva messo da parte nella sottoveste. « Direi che potete andare a svegliare la vostra signora: prima sbrighiamo questa faccenda e prima potrò lasciare questa dannata cittadina. Nel mentre mi rinnoverò il bendaggio alla spalla. » La ferita stava andando migliorando -il dolore pulsante si era attenuato nelle ultime ore- ma a seconda del movimento compiuto tornava a a farsi sentire, dandole delle stilettate che sembravano penetrare la carne fino a raggiungere l'osso. Ed di sicuro l'ultimo incarico affidatole dall'oracolo non l'aveva aiutata a star meglio.
Aveva appena estratto le bende, quando arrivò secca la risposta di Akela. « Non ce ne sarà bisogno. » E, senza nemmeno attendere che la ragazza recuperasse il fiato, il gigante si caricò in spalla il corpo privo di vita dell'ubriacone che questa aveva consegnato loro: non pareva prestare molta attenzione a cosa facesse l'inumana, ma sembrava che si aspettasse che la seguisse al piano di sotto, nella dispensa della locanda. Qui, dove si erano parlati prima della partenza, molte cose adesso erano cambiate, a partire dalla sua mandante, Ainwen, la quale si ergeva in piedi di fronte al tavolo dove vi era adagiato il cadavere sottratto al cimitero, standosene con le mani congiunte come se stesse pregando e mostrando il volto livido e sudato. L'aria tutto attorno a lei iniziava a crepitare appena di energia, rarefacendosi ad ogni respiro, probabilmente a causa dello stato di concentrazione mantenuto dall'oracolo, che di lì a breve avrebbe dato inizio al rito magico. Mancava solo il secondo corpo, quello che il gigante rosso poggiò pochi istanti dopo sul tavolato. « Tienilo fermo. » Sembrava che fosse affaticato, sebbene a quanto sapesse lei non aveva fatto nulla di particolare dal suo arrivo ad Ardeal. Ma soprattutto perché le aveva chiesto di tenerlo immobile? Forse temeva che qualcosa andasse storto e che il corpo si animasse sotto forma di un qualche tipo di non-morto? In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per dipanare quei dubbi, ma inaspettatamente anche per lei -al contrario di quello che l'istinto le suggeriva- obbedì all'ordine, piazzando la gigantesca mano artigliata a bloccare un polso del cadavere e la mancina a stringere l'altro, cercando di sfruttare il proprio peso in modo da imprimere alla presa una maggior forza. Grazie al lavoro combinato suo e di Akela era certa che, se qualcosa si fosse rianimato nel modo errato, avrebbe trovato non poche difficoltà nel liberarsi. « Diamoci una mossa, ora. Questa città e tutta questa faccenda mi piacciono sempre meno. »
Respirare iniziava a divenire sempre più difficoltoso e, seppur sia lei che Akela possedessero una forza fuori dal comune, anche mantenere la presa sui cadaveri cominciava a richiedere uno sforzo sempre maggiore: era come se le leggi dello spazio si opponessero al rituale celebrato dall'oracolo -o forse era solo il volere di un dio o di una qualche entità buona, che puntava ad ostacolare l'attuazione di una magia tanto immonda- tendendo ad allontanare ogni cosa dai due corpi. E proprio quando le dita artigliate stavano per lasciare gli arti dell'uomo che aveva assassinato in precedenza, dalla bocca di questo fuoriuscì una luminescenza verdastra, che simile ad un serpente si mosse sinuosamente tra verso l'altro, strisciando tra le sue labbra ed insinuandosi all'interno. Quasi istantaneamente Ainwen riaprì i palmi e barcollò all'indietro, come se -a causa della fatica e della concentrazione richiesta per lanciare l'incantesimo- le fosse impossibile sostenere ancora il proprio corpo; e subito il gigante rosso si trovò al suo fianco, sorreggendola per le spalle come un amante farebbe con la propria donna. Ma Deirdre non lanciò che un'occhiata ai due, tenendo invece la propria attenzione focalizzata sul corpo che aveva sottratto al cimitero: quasi come se s e lo aspettasse, dopo pochi attimi le palpebre presero a tremolare leggermente e, quando infine si aprirono, rivelarono delle iridi verdastre, identiche per tonalità alla luminescenza che poc'anzi aveva visto strisciare da un cadavere all'altro. « Siete sicura di aver eseguito correttamente l'incantesimo? » In cuor suo si augurò di sì, ma non essendosi mai trovata in una situazione simile prima di allora, l'istinto le suggerì di estrarre l'Agland e mettersi in posizione difensiva, allargando la propria base d'appoggio e tenendosi pronta a scattare di fronte al primo cenno di minaccia.
Vide l'uomo, anch'egli stupito per quanto appena accaduto, che dopo qualche battito di palpebre portò una mano alla fronte, come per saggiare la propria carne, per constatare che ciò che sentiva e vedeva fosse realmente vero. « Che..che accade? Io..io ero...sono...morto... » Ainwen a quel punto, apparentemente ripresasi dalla fatica e dal cedimento avuto poco prima, fece qualche passo in avanti. « E sei tornato in vita, fratello. Lascia che ti racconti. » Ma l'uomo sollevò le mani verso di lei, come per proteggersi dall'energia che ancora permeava all'interno della stanza, per proteggersi da ciò che poteva fargli lei. E tutti, inclusa l'inumana che ancora non aveva abbandonato la sua diffidenza iniziale e manteneva l'arma levata in segno d'avvertimento, lessero nei suoi occhi il terrore più puro. « Io ero morto! Sono morto di nuovo! Due volte! » Portò alla tempia anche l'altra mano, le cui unghie gli si conficcarono nella carne, ma dalla quale -essendo una creatura rianimata- non fuoriesc' alcuna goccia di sangue. « Io ero...chi ero? Molti ricordi si affollano nella mia mente. Molti... » Il suo tono si fece improvvisamente profondo, come distorta, un miscuglio di voci diverse, come se molte anime avessero preso a parlare contemporaneamente, come se un'intera città avesse levato all'unisono la propria voce. « Ricordi... » Spalancò la bocca e da essa fuoriescì un grido disumano di puro sgomento, che fece crollare a terra Ainwen ed arretrare Akela. Dopo di ciò l'uomo non-morto si alzò in piedi, cercando di fuggire fuori dalla cantina. Sembrava ancora abbastanza impacciato nei movimenti, come se non si fosse ancora abituato a controllare il nuovo corpo; ma su tutto, ciò che forse era più sconcertante era che, in preda alla confusione, continuava a ripetere parole sconclusionate, forse stralci della vita precedente. Ed Akela, ancora rannicchiato accanto ad Ainwen, riuscì solo a gridare in direzione di Deirdre, dovendo sincerarsi delle condizioni della propria signora ed occuparsi di lei. « Fermalo! O tutti sapranno cosa stiamo facendo nella locanda! » Ancora una volta i due scaricavano i loro problemi -che questa volta avevano loro stessi causato- sull'inumana. Deirdre dal canto suo era combattuta: sapeva, perché ne era certa, che l'oracolo non le avesse detto tutto -sin dal loro primo incontro, difatti, era stata piuttosto sibillina sullo scopo della missione che sarebbero andati a compiere- ma l'uomo che avevano risvegliato con la necromanzia non sembrava affatto felice di essere stato riportato in vita, al contrario aveva dimostrato di essere completamente in balia delle proprie paure e di non riuscire ad avere controllo su di sé e sulle proprie azioni. L'urlo che aveva lanciato poc'anzi l'aveva lasciata parzialmente stordita, difatti il filo dei suoi pensieri si svolgeva più lentamente del solito, tanto che il cadavere rianimato guadagnava metri ad ogni secondo che passava: le restavano più pochi istanti per decidere, prima che questi riuscisse a raggiungere l'ingresso della locanda ed infilarsi tra i vicoli di Ardeal, facendo perdere le proprie tracce. Qualcosa in lei le diceva che forse doveva lasciarlo andare, che forse non era terrorizzato da ciò che era divenuto, ma da ciò che Ainwen poteva fargli o gli aveva fatto; ma se voleva scoprire di più sul rituale in grado di riportare in vita i morti -e capire se avrebbe potuto un giorno attuarlo sugli abitanti defunti di Lotos- non poteva che seguirlo e bloccarlo. « Io lo fermo. Ma quando torno esigo una spiegazione su quanto successo: da quando è iniziata quest'impresa avete omesso troppe informazioni, troppe cose mi sono state celate. Per cui, una volta che ve l'avrò riportato, pretendo che mi spiegate tutto; o vi giuro che la sua fuga sarà l'ultimo dei vostri problemi. » Infoderò l'Agland per avere più agilità nei movimenti e, decisa a raggiungerlo ed impedirgli di scappare, iniziò anche lei a correre su per le scale che dalla cantina l'avrebbero portata al salone da pranzo: non aveva intenzione di fargli del male -o almeno non senza motivo, in caso avrebbe usato la forza appena necessaria per renderlo inoffensivo- ma non poteva permettergli di fuggire. Nel mentre che questi pensieri si susseguivano caotici nella sua testa, estrasse un altro fagotto di erbe curative, che teneva da parte giust'appunto per le situazioni critiche, e se lo cacciò direttamente in bocca, mentre i suoi piedi saltavano da uno scalino all'altro, sfiorandoli appena: come al solito le foglie avevano un gusto terribilmente amaro, ma al tempo stesso dannatamente rapido ed efficace. Difatti sentì quasi istantaneamente la mente schiarirsi un poco e le forze tornarle nelle membra ancora stanche per la nottata movimenta che aveva avuto, ottenendo quella carica e decisione che -se lo sentiva- le sarebbero servite per portare a termine quell'ultima missione. Si augurò solo che poi la questione finisse lì, senza altre sorprese dell'ultimo minuto.
Varcò la soglia della sala nel momento in cui il risvegliato stava iniziando ad armeggiare con il chiavistello ed i catenacci che garantivano una certa sicurezza al locandiere ed i suoi avventori; forse erano fin troppi, ma per la gente superstiziosa e spaventata di Ardeal non potevano mai dirsi abbastanza. « Fermati. » Non voleva minacciarlo, né essere intimidatoria, ma il suo tono di voce risultò particolarmente aspro e tagliente. Ciò nonostante questo non fu sufficiente ad impedire al non-morto di far scattare il primo lucchetto, che con un secco rumore metallico si aprì e cadde pesantemente a terra; ne mancavano altri due, poi sarebbe stato libero. « Non amo ripetere le cose due volte di seguito. » Alcuni suoni bisbigliati le fuoriuscirono dalle labbra e la mancina prese ad illuminarsi di luce nera, che vorticava lentamente a spirale intorno alle dita e la mano, risalendo fino a metà avambraccio. Pochi istanti e l'inumana si chinò a terra, poggiando i polpastrelli sul legno del pavimento della locanda: istantaneamente da questi si dipartirono cinque complesse spire di rune, le quali tracciarono un complesso disegno che da Deirdre si estendeva fino ai muri dell'edificio, ai quali apparvero simboli arcani di dimensioni maggiori. In breve, come se vi fossero piantati semi magici, da ogni runa germogliò un albero nero e morto, che crescendo in altezza arrivarono presto a lambire il soffitto, formando una vera e propria gabbia, dalla quale il cadavere rianimato non sarebbe uscito con facilità. A quel punto la degnò di attenzione e si girò verso di lei. « No, ti prego, lasciami andare... » Diede un pugno dall'alto verso il basso laddove fino a pochi istanti fa si trovava la porta, più con l'intento di sfogare la disperazione che palesemente ne attanagliava l'animo che con la convinzione di potersi liberare di quella foresta. « Tu non capisci...Io non dovrei più essere qui... » Afferrò uno dei tavoli di legno della sala e, con una forza a dir poco inaudita, lo scagliò contro un altro dei tronchi secchi che delimitava la sua prigione, incrinando in profondità il legno e spargendo schegge del mobile ovunque: quell'umano sembrava alternare momenti di lucidità ad altri di pazzia, come se il rituale avesse alterato in una certa misura la sua sanità mentale. Inoltre l'incantesimo non sarebbe durato in eterno, pertanto Deirdre sapeva di dover trovare una soluzione in tempi rapidi. Sempre che ce ne fosse una diversa dall'ucciderlo. « Aaargh! I morti devono restare morti...Io non esistevo più... » Si portò le mani alle tempie, come se la testa potesse scoppiargli da un momento all'altro, attanagliata dal conflitto interiore che stava vivendo. Ed in Deirdre, forse per la prima volta da quando aveva cominciato il suo viaggio dal villaggio distrutto di Lotos, sorsero dei dubbi: era davvero giusto riportare in vita qualcuno dopo la morte, se questo comporta sconvolgimenti tali dell'anima e della ragione? Non era certa che il rito necromantico di Ainwen fosse l'unica soluzione possibile -d'altronde le leggende narrate dai cantastorie parlavano chiaramente di interventi divini o di potenti chierici in grado di far appello alla propria fede ed infondere nuova vita in corpi morti- ma poteva dirsi il primo segnale d'arresto per il suo piano. « Nemmeno io dovrei più essere qui. E sono un mostro al pari di te. » In quella manciata di secondi era riuscita ad elaborare un'unica idea che non comportasse il combattimento diretto; senza contare che, con la sua spalla ancora malandata e le forze dimezzate, non era nemmeno certa di essere in grado di avere la meglio in uno scontro diretto. Poteva solo cercare di guadagnarsi la sua fiducia e, per farlo, evidenziò il gesto con cui abbandonava l'Agland a terra, che a causa del suo peso provocò un rumore sordo all'impatto. « Non intendo farti del male. » Il suo viso, normalmente inespressivo a causa del dolore e degli orrori che aveva sofferto, mutò in una maschera di compassione e solidarietà verso quell'uomo che come lei era segnato da un fato avverso. « Però non posso nemmeno lasciarti andare. Credimi se ti dico che la donna cieca, Ainwen, l'Oracolo, è l'unica persona in grado di aiutarti. Come hai potuto constatare, dispone di un potere enorme, altrimenti non le sarebbe stato possibile riportarti in vita. » A quelle parole non credeva nemmeno l'inumana, vista la quantità di problemi che erano sorti nella preparazione e realizzazione del rituale, ma non poteva che spacciarle come verità assoluta, altrimenti il suo piano si sarebbe dissolto in fumo. Lentamente, per saggiare l'effetto delle proprie parole, iniziò a compiere i primi passi in direzione dell'uomo: questi si irrigidì sul posto, con la mano destra che freneticamente cercava di afferrare qualcosa da usare in sua difesa o da scagliare nuovamente contro le pareti della foresta. « Devi fidarti di me. Lei rappresenta la tua unica speranza di salvezza. » Pose particolare enfasi nell'ultima frase e, poco dopo averla pronunciata, si rese conto che le difese del cadavere rianimato -specie quelle psicologiche- crollarono: forse l'aveva davvero convinto o, forse, si era semplicemente rassegnato; i suoi occhi arrossati possedevano ora una lucentezza che mostrava tutta la sua disperazione. Nel mentre la ragazza ne approfittò per farsi ancora più vicina e, con un sorriso mesto in viso, gli appoggiò l'unica mano umano sulla spalla destra. « Andrà tutto bene. Ora non devi più preoccuparti. » Non attese una risposta: il corpo della guardia nera si scompose in centinaia di scaglie nere come la pece, che turbinarono attorno a quella sventurata creatura, per poi ricomporsi dietro e sopra di lui. A quel punto l'arto mostruoso calò sulla testa dell'uomo, per il quale la stanza scarsamente illuminata divenne completamente nera.
Aveva il fiato corto e le braccia incredibilmente pesanti e rigide: era riuscita ad evitare il combattimento, ma non non essendosi ripresa a sufficienza, quel breve scambio di battute l'aveva davvero stremata. Si trascinava dietro il corpo dell'uomo svenuto, per tornare alla cantina dove Akela ed Ainwen la aspettavano; non sapeva nemmeno lei cosa aspettarsi, ma si augurava solo che quella rappresentasse la fine della loro avventura. « Oracolo! Qui c'è il tuo giocattolo. Ora dammi le spiegazioni che mi spettano. » Nel varcare la soglia la guerriera dannata cercò di mantenere il massimo contegno possibile, ergendosi in tutta la sua statura e tentando di risultare più imponente di quanto non fosse. In quel momento non era in grado di fronteggiare nessuno dei due, ma sarebbe bastato far loro credere il contrario. E si auguro che fosse così.Deirdre Blackwood
Capacità Straordinarie Forza Due - Destrezza Due - Intelligenza Due - Istinto Uno Status fisico - Danno medio da lacerazione alla spalla sinistra (dolore pulsante, attenuato da erbe medicinali); esausta. Status psicologico - Danno medio alla psiche. Energie residue - 55%-10%-20%-10%=15% Equipaggiamento - Agland-u-ragh, Il Segno del Male, Elmo dell'inganno Oggetti usati - Linfa vegetale
Passive in uso Brace eterna - Capacità di non morire, a meno che non venga ferita mortalmente al cuore. Gene illuminato - Capacità di comunicare telepaticamente con un individuo che si trova entro il raggio visivo. Maestria nanica - Capacità della spada di provocare gravi ustioni assieme al normale danno fisico; inoltre si aggiunge la capacità di emanare un'aura di paura. Passi invisibili - Capacità di essere invisibile se completamente immersa nell'oscurità. Speranza insanguinata - Capacità della spada di far sanguinare maggiormente le ferite da questa inflitta, inducendo un senso di stanchezza crescente nella vittima. Visione dannata - Capacità di vedere ovunque il sangue dei propri nemici, se versato attraverso ferite causate dalla spada.
Attive utilizzate Soffio infuocato Capacità di creare, a costo Variabile, un cono di fiamme lungo quattro metri. Parole persuasive Capacità di forzare l'avversario, a costo Alto, a rispondere con assoluta verità a qualunque domanda. Radici imprigionanti Capacità di creare, a costo Medio, illusorie radici di alberi neri che circondano i propri avversari, nel tentativo di convincerli di essere in trappola. Scaglie nere Capacità, a costo Medio, di ricoprire la propria pelle di scaglie nere in grado di assorbire qualunque attacco. (difesa assoluta, che permette di compiere semplici spostamenti) Speranza avvelenata Capacità della spada, a costo Alto, di sfruttare il proprio sangue per ottenere un letale veleno che andrà a ricoprire la lama, cagionando un danno medio immediatamente ed un ulteriore danno medio nel turno successivo. Speranza corrotta Capacità della spada, a costo Medio, di mutare il ferro della lama fino allungarsi e stringersi, divenendo molle e flessibile come fosse una frusta. Vapore ustionante Capacità di generare, a costo Medio, un'ondata di vapore, avente direzione similare a quella impressa al movimento compiuto da un fendente della spada. Egida mentale La tecnica costituisce una difesa psionica di potenza media, e protegge il campione da qualsiasi tentativo di illusione, ammaliamento, possessione e simili. È possibile castarla nei primi attimi in cui si subisce l'offensiva psionica, per prevenirne gli effetti senza subirne i danni. [Pergamena aura di incorruttibilità] Foresta oscura Non è un caso che lo stemma dei Blackwood rappresenti un albero nero, spoglio e secco, su campo grigio: ogni componente del casato difatti, fin da quando questo nacque con Arthemis Blackwood, capostipite della famiglia, ha la possibilità di evocare attorno a sé una foresta oscura, composta di una vegetazione morta, ove sembra perdersi anche la luce del sole. Gli alberi dunque, evocabili con un consumo medio, si estenderanno lungo il perimetro di un cerchio che, a piacimento della ragazza, potrà variare di volta in volta da poche decine ad alcune centinaia di metri; tuttavia, sebbene questi siano altissimi e talmente fitti da impedire di vedere oltre di essi, restano pur sempre magici e, di conseguenza, svaniranno dopo due turni o dopo aver subito un danno basso. Ad indicare l'attivazione della tecnica, infine, comparirano sul terreno una serie di rune, che si andranno via via allontanando dal centro per disporsi lungo i bordi del cerchio; da ognuna di queste, poi, in pochi istanti germoglierà e svetterà in cielo un albero nero, morto. [Abilità personale 1/10] Parole ingannevoli Chiunque indossi l’elmo potrà far sì che, con un consumo alto, l’affermazione appena pronunciata appaia più che credibile agli ascoltatori, tanto da potervi fare affidamento. Indipendentemente dall'allineamento, dalla concezione di giusto o sbagliato, esse saranno recepite come assolutamente veritiere e giuste, anche moralmente. La tecnica si realizza come un'influenza psionica a trecentosessanta gradi di potenza media che infliggerà danno del medesimo livello alle menti di chiunque ne sarà influenzato. [Pergamena proclamare]
Riassunto Giunta nella sala da pranzo della locanda, Deirdre attiva "Foresta oscura" per creare un recinto di alberi che impedisca al non morto di fuggire dall'edificio. A quel punto cerca di convincere la sua mente instabile facendo affidamento su "Parole ingannevoli", per poi coglierlo alla sprovvista utilizzando "Scaglie nere" e così colpirlo alle spalle, dandogli un colpo alla testa per farlo svenire.
Note Onestamente non sono sicuro di esser riuscito a seguire del tutto correttamente le tue indicazioni, ma era una situazione insolita ed ho dovuto in parte interpretare. Mi auguro che, nel complesso, possa comunque risultare accettabile: in caso contrario son pronto a ricevere la Mannaia della Punizione sulle mie dita. :v
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