Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; ʤɛna

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view post Posted on 30/12/2014, 15:13
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ʤɛna; XXI giorno

« FERMI! »
« Le illusioni che proteggono questa città non ci colpiranno oltre. Andiamo avanti, su! »

O almeno così sperava.
Non aveva la più pallida idea di come funzionassero le protezioni della città, né di quante altre trappole avrebbero dovuto attraversare. Mehmet Şahin poteva solamente essere grato di non essersi trovato in mezzo ai suoi sottoposti quando questi avevano iniziato ad attaccarsi gli uni con gli altri, poiché in caso contrario non sarebbe sopravvissuto. Aveva assistito a quella scena con ira e stupore in parti uguali: senza gli avventurieri, nulla gli garantiva che sarebbe persino riuscito a tornare a Qashra tutto d'un pezzo, figurarsi a racimolare qualsiasi tesoro. I quattro compagni avevano iniziato a combattersi al centro della radura, come se si trovassero da tutt'altra parte, blaterando frasi senza senso e incapaci di rendersi conto che nulla era cambiato rispetto a un attimo prima. Era stato a quel punto che il nano aveva iniziato a sbraitare, nel tentativo di svegliarli; non aveva smesso finché non aveva ottenuto la loro attenzione, seppur guardandosi bene dall'avvicinarglisi.
Non sapeva se erano state effettivamente le sue urla a sciogliere l'incanto, oppure se l'illusione era terminata da sola. Ciò nonostante, si sentì in dovere di rassicurare i suoi compagni.

« La nostra ricerca è finita! Ciò che avete visto è solo il patetico residuo di un'antica trappola Maegon. Forse ne troveremo altre, ma significa solamente una cosa... »
e mentre parlava fece loro cenno d'avvicinarsi, scostando alcune felci che impedivano di vedere oltre i confini della radura, dove lui era scappato qualche istante prima.
« ...abbiamo trovato ʤɛna. »

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Nella direzione indicata da Mehmet potevano intravedersi le rovine di un'antica città avvolta nella vegetazione. Le vecchie mura e i bastioni erano strangolati dalle radici degli alberi più grandi, che si aggrappavano disperatamente a loro come corpi in procinto di cadere da un precipizio. Le rovine erano formate da pietre di una strana colorazione arancione e l'architettura degli edifici era particolarmente simile a quella di Taanach: selvaggia, verticalizzata e articolata. Quelle prime propaggini della città si perdevano in maniera labirintica all'interno della giungla, rendendo impossibile capire quanto effettivamente potesse essere ampia la capitale Maegon. Ciò che li colpì più di ogni altra cosa, però, fu l'innaturale silenzio in cui quella porzione di giungla sembrava giacere. Tutti gli animali sembravano essersi improvvisamente ammutoliti e persino le foglie avevano cessato il loro inquietante fruscio.
Mehmet, però, era sin troppo eccitato per notare questi minimi particolari.

« Presto, montiamo il campo! » esclamò squillante, con uno spirito completamente rinnovato « Iniziamo le nostre ricerche. »

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cieli di ʤɛna

Il massiccio corpo di Venatrix nella sua forma draconica galleggiava con aliena naturalezza sull'oceano di vegetazione sottostante. Era partito ormai da qualche giorno alla volta di ʤɛna, senza alcuna reale indicazione da seguire; sperava che dall'alto la città sarebbe stata semplice da identificare - soprattutto considerate le sue dimensioni - ma non aveva fatto i conti con i secoli e secoli di crescita incontrollata che la giungla si era permessa. Ogni angolo della Plaakar era completamente rivestito dal verde, impedendo di scorgere qualunque cosa vi fosse celata; erano infatti diverse ore che il drago volteggiava senza meta, attratto dalle più vaghe impressioni.

« Di questo passo, non la troverò mai... »

Stava proprio per arrendersi, quando la sua mente fu solleticata da un ricordo non suo.
Fu un'esperienza confusa. Un attimo prima Venatrix si trovava fra le nuvole, scalzato dal freddo e confortevole abbraccio della brezza, mentre l'attimo dopo gli parve di trovarsi nell'opprimente caldo di una grotta, debole e indifeso. Udì la voce di una donna in lontananza, che chiamava il suo nome con fare materno, poi tutto si interruppe. La visione non durò più che un battito di ciglia e avrebbe potuto essere confusa con un momento di malinconico solipsismo, eppure bastò a far fermare il drago, che iniziò a scendere in ampi cerchi verso la foresta sottostante.

« Pare che qui il confine tra Oneiron e Theras sia stato reso più labile. »

Prima di partire aveva fatto in modo di informarsi il più possibile sulla città di ʤɛna, e ciò che aveva scoperto non era stato rassicurante. Pareva infatti che la capitale Maegon non fosse una semplice città di governo, quanto più un vero e proprio centro religioso. Gli antichi figli dei draghi l'avevano eretta in modo che non fosse soltanto il cuore del loro impero, ma anche - e soprattutto - il cuore del mondo stesso. In molti ricercatori sostenevano che a ʤɛna il passaggio fra Theras, Baathos e Oneiron fosse più semplice, e che la città nemmeno si trovasse sul continente, ma che giacesse in uno spazio ricavato fra queste tre dimensioni, irraggiungibile per chiunque non ne conoscesse la posizione; ancora non era chiaro come i Maegon fossero riusciti in tutto ciò, né perché fossero talmente ossessionati dall'elaborata finalità della città. A rigor di logica, ormai di ʤɛna non avrebbero dovuto rimanere che rovine, ma il drago non credeva che tali deviazioni dell'ordine naturale potessero essere cancellate dal tempo senza lasciare alcuna traccia. Per lui quella breve visione fu l'indizio definitivo sulla posizione di ʤɛna.
Era tempo di scoprire quanto sapevano su quella città, e quanto in realtà c'era ancora da scoprire.

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ʤɛna; antichità

« Sveglia! SVEGLIA! »
Mehmet si riscosse bruscamente dal suo torpore, scoprendo curiosamente di trovarsi su un pavimento di lucida pietra arancione. Si guardò confusamente intorno e scoprì altre tre pareti dello stesso materiale, più una quarta composta da solide sbarre di ferro nero. I suoi quattro compagni erano stesi addormentati a poca distanza da lui, ma quando cercò di raggiungerli per riscuoterli, venne trattenuto da delle grosse catene scure che lo legavano sia ai polsi che alle caviglie. Anche gli altri erano legati allo stesso modo.
Erano stati fatti prigionieri? Ma quando? L'ultima cosa che ricordava era che avevano speso l'intera giornata a esaminare infruttuosamente le rovine di ʤɛna, per poi ritirarsi nelle loro tende. Non avevano scoperto nulla di prezioso o interessante, benché gli edifici abbandonati avessero il loro fascino.
Cercò più volte di fare mente locale, ma nessuna risposta lo riusciva a soddisfare. L'unica spiegazione plausibile era che durante la notte fossero caduti nell'ennesima trappola Maegon, e che tutto quello che stavano vivendo non fosse nient'altro che un sogno, o un'illusione.
Esaminò la struttura intorno a lui. Era evidente che si trovavano in una qualche sorta di prigione: erano tutti incatenati e l'unico arredo della loro cella era costituito da cinque pagliericci sporchi; erano stati privati del loro equipaggiamento e indossavano tutti una tunica color sabbia. Ciascuno di loro aveva al collo cinque anelli d'oro dal significato ignoto. Il corridoio oltre le sbarre era illuminato da uno strano riverbero verde, dalla provenienza sconosciuta.
Fu proprio da lì che provenne la voce.

« Ben svegliati, schiavi. »
Lo sentì arrivare prima di vederlo. L'uomo era agghindato da catene, gioielli, decorazioni e pendenti che tintinnavano ad ogni passo, annunciandone l'arrivo. L'esagerato numero di chincaglierie rendeva opulenta la semplice tunica viola che portava al di sotto, dandogli un'aria sfacciata e fastosa oltre ogni misura. Dallo stretto collo d'oro spuntava una piccola testa calva e sbarbata, dalla pelle grigia e rugosa, che faceva da cornice a due profondi occhi scuri. Sul suo viso era stampato un patetico sorriso di convenienza.
« Spero che siate in gran forma. Oggi i Feziali verranno a scegliere i servi per l'incontro con la Sognatrice. » li fissò tutti e cinque con pigro piacere « e voi siete i miei prodotti migliori. Non deludetemi! »

KyqZ5n9

Mentre l'uomo parlava, Mehmet si rese conto che i suoi quattro compagni si erano svegliati tutti anche loro. Si rivolse a loro in un sussurro, cercando di metterli a pari con la situazione. « siamo caduti in un'altra illusione. Restate al gioco e non scannatevi a vicenda, questa volta. » disse loro a labbra strette, facendo in modo che l'uomo oltre le sbarre non se ne accorgesse.
Lo schiavista ignorò quel gesto, continuando a parlare con voce stentorea e acuta.
« Non siate timidi! » esclamò con falsa allegria, allargando le braccia « Sapete bene che io, mastro Taigam, auspico un futuro fruttuoso come il mio a tutti i senzascaglie. Tenetevi pronti a dimostrare il vostro valore e sarete senz'altro ricompensati. »



CITAZIONE
WUT. Confusi? Bene. È giusto che lo siate :v:

Direi che il post è sufficientemente esplicativo. I vostri personaggi vanno a dormire dopo la prima giornata di esplorazione delle rovine (sulla quale vi lascio totale libertà di descrizione - anche se come specificato da Mehmet, non trovate nulla di effettivamente rilevante) e quando vi svegliate siete da tutt'altra parte. Non siete più nella giungla, né nel vostro campo; vi trovate in una cella di pietra arancione (la stessa che componeva le rovine) e venite accolti dalla voce velenosa di mastro Taigam. Siete stati privati di tutto il vostro equipaggiamento (ma non delle vostre capacità intrinseche) e siete vestiti allo stesso modo: un saio color sabbia e cinque anelli d'oro al collo. Potete agire come meglio preferite! Il prossimo post è da svolgersi in confronto, secondo le regole normali del botta e risposta; sarò io a darvi lo STOP lì e a dirvi quando potete postare (aggiungendo un'ultima postilla che vi specificherò direttamente in confronto al termine delle vostre domande e azioni).

Enjoy :DD
 
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Drag.
view post Posted on 3/1/2015, 14:24




Xari boccheggiò violentemente, afferrando con le dita il perfino giogo dorato che gli serrava la gola.
« Esta es una memoria, no es una ilusión. Estamos realmente aquí. »

Il panico che lo aveva colto al risveglio era stato scacciato dalla febbrile necessità di analizzare la situazione in cui si trovava; il dolore che l'anello al collo gli aveva provocato soffocandolo era reale, così come il peso delle catene ai polsi e la fredda sensazione di umidità che si insinuava sotto la misera tunica ocra. Era sufficientemente arrogante da considerare quasi impossibile il venir catturato nel sonno e svegliarsi ore dopo privo di indumenti ed equipaggiamento, soprattutto perchè ciò sarebbe dovuto accadere nelle rovine inaccessibili di una città dimenticata da millenni. Il pirata aguzzò la vista, cercando dettagli ed informazioni nella sala che li circondava: il suo cuore batteva più rapidamente di quanto amasse ammettere, ma fece del suo meglio per sembrare cautamente indifeso. La maschera che stava indossando era di pura sorpresa: il fatto che non stesse neppure fingendo quasi gli strappò un sorriso dalle labbra.

Mastro Taigam. Quell'uomo si era presentato così, un individuo abbastanza sfarzoso ed unto da non lasciar dubbi sulla sua natura. Era uno schiavista, come tanti ne aveva visti a Dorhamat. Sapeva come prendere quel genere di personaggi perchè spesso aveva trattato con loro - soprattutto se, come sembrava, gli era toccato il ruolo del servo... della merce.
« Padrone? », domandò umilmente, avvicinandosi alle sbarre di ferro della gabbia con fare dimesso e miserabile. « Come possiamo onorare il vostro nome e i nostri signori? Vi chiedo consiglio. »
La deferenza mostrata sembrò compiacere Taigam; Xari si congratulò intimamente con se stesso per essere riuscito a costruire quel misero ponte. Vagun l'aveva adirato con quella sua lingua tagliente, ma la sagacia non era la risorsa di cui avevano bisogno in quel momento. Quello era un mosaico da ricostruire, ed aveva involontariamente già ottenuto alcuni tasselli: assodato che si trovavano ancora a ʤɛna, Taigam aveva descritto una marcia che nessuno di loro ricordava di aver compiuto e che verosimilmente non era mai avvenuta - non a loro. Drenthe non era pratico di magia, ma Jericho - il mago della Prigione e suo ex-vicecapitano - lo aveva spesso messo in guardia sugli strappi della Trama - il tessuto incantato di cui si servivano i maghi. Era come se i confini tra i mondi fossero labili in certe zone, e non gli pareva difficile immaginare come ʤɛna potesse essere uno di quelli; il dolore che aveva subìto per via della costrizione al collo escludeva qualsiasi incubo normalmente indotto mentre la sua mente negava alcuna illusione. Quelle circostanze erano vere e reali, ma forse frutto di un traslamento temporaneo - forse verso altre ere. Cercando di non balzare a conclusioni affretate - che francamente lo spaventavano -, si prosime di indagare più a fondo.
« Ecco, dovreste prendere tutti esempio dal vostro compagno! In ogni caso, vi basterà semplicemente dimostrare ciò di cui siete capaci. A breve arriverà un Feziale a esaminarvi e io sarei molto contento se veniste tutti presi come servi per l'incontro con la Sognatrice. »
Feziali. Sognatrice.
Nessuno di quei titoli suonò alcuna campana nella sua memoria. Doveva andare più a fondo.
« La mia ignoranza è infinita, padrone. », continuò, tenendo lo sguardo basso per non dare l'impressione di sfidare lo schiavista guardandolo negli occhi. Vagun si era accertato di quale fosse la fine degli scartati, e non sembrava affatto promettente. D'altro canto, non poteva sapere quali danni vissuti "in quel luogo" sarebbero stati effettivamente subìti nel loro tempo - ammesso che la sua ipotesi fosse corretta. « Chi sono i Feziali? »
« Chi è la Sognatrice? », rincarò Lamrael.
« A volte mi chiedo sulla base di quali criteri vi ho scelto! », rispose Taigam spazientito « Credevo di avervelo spiegato abbastanza volte da farlo entrare in quel minuscolo cervellino, ma la vostra stupidità non finisce mai di sorprendermi. Ve lo dirò un'altra volta, poiché non voglio che mi facciate fare brutte figure, ma non fatemelo ripetere! », continuò, con tono annoiato. « I Feziali rappresentano la casta più alta della società Maegon, sono i profeti che interpretano la volontà della Tentatio; essere al loro servizio è il più grande onore che un servo possa chiedere. Intet, la Sognatrice, invece, è la guida immortale di ʤɛna. La città non esisterebbe senza di lei, né buona parte dell'impero Maegon, probabilmente. Sapete bene che i draghi non si mostrano spesso ai mortali, quindi quello di oggi è un evento particolarmente importante. »
Tentatio. Intet. Maegon.
... Maegon. Se avesse potuto, Xari sarebbe genuinamente scoppiato a ridere. Le sue domande avevano ora una tragica, magnifica risposta.
Si trovavano nella ʤɛna dell'impero Maegon, millenni prima il loro tempo. Per un attimo la nozione gli colpì la ragione con la forza di un martello da guerra; avrebbe barcollato e probabilmente perso l'equilibrio se le sue dita non fossero aggrappate alle sbarre della loro prigione; il contatto fisico con il freddo metallo lo aiutò a calmarsi e ritrovare quella fredda compostezza che lo aveva sempre aiutato a sopravvivere e prosperare.
« La vostra guida è illuminante, saggio padrone. », concluse, inchinandosi profondamente.
« Maegon?? Ma non si erano estinti? In quale era siamo?? », esplose Lamrael, esterrefatto dalla risposta dello schiavista. Oh, Loec, ti prego..., trasecolò il pirata, maledicendo l'avventatezza del leggendario guerriero. Lamrael era un soldato inscalfibile (una pedina che lui non era riuscito ad abbattere con la scusa dell'illusione, ricordò), ma in quel frangente avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
« La stretta del collare ha momentaneamente tolto l'ossigeno dalla mente del vostro servo, padrone.
Perdonatelo.
»
« Magari lo fossero. », chiosò lo schiavista con tono greve.

A quel punto, i Maegon fecero la loro apparizione.
Xari avrebbe dovuto sentirsi onorato: stava osservando dei cadaveri ambulanti di ere antiche, esseri resi immortali dalla storia e tramandati solo dagli studiosi. La loro lingua era vetusta e solenne come il loro aspetto, persino più imponente delle vecchie descrizioni giunte sino ai suoi giorni. Osservarli era puro piacere: Xari stava cercando in tutti i modi di non apparire sfacciato, ma i suoi occhi non erano in grado di allontanarsi dai due; l'angolo della bocca si piegò in un sorriso appena abbozzato, come la naturale reazione di un bambino cui viene promesso un grande regalo per il compleanno. La curiosità aveva avuto la meglio sul raziocinio: realizzare che probabilmente non esisteva essere vivente sull'intero Theras che potesse vantare la sua stessa conoscenza dei Maegon lo fece quasi saltare di gioia. Più dell'oro, la conoscenza era vero potere... e lui aveva intenzione di sfruttare quella bizzarrìa temporale fino in fondo - come un avvoltoio che spolpa la preda sino all'osso. Lui desiderava di più - desiderava tutto.

« Mio signore Saator, » A parlare era stata la Maegon più piccola. Entrambi indossavano più oro che tessuti, e lo sfarzo che palesavano pareva in grado di trasformare i gioielli di Taigam in stupide chincaglierie di ghisa. Inizialmente aveva pensato che il bestiale Maegon che scortava la rettile fosse un soldato - una guardia del corpo - e quest'ultima fosse la Feziale, ma dovette ricredersi. Era davvero difficile distinguere il sesso di quegli esseri, e ancor di più capirne le emozioni dai volti mostruosi. « questo senzascaglie vorrebbe glorificarti facendoti dono di alcuni fra i suoi migliori servitori, in modo che tu possa usufruirne in vista dell'incontro con la Somniator. »
Dunque non era lei Intet, la Sognatrice. Se lo fosse stata, non si sarebbe rivolta con naturale deferenza verso Saator - evidentemente il Feziale (forse un qualche genere di sacerdote?) che stavano aspettando. Quest'ultimo non palesava molto interesse verso i magnifici doni di Taigam: il Maegon emanava un'aura distante e pericolosa, come se si trattasse di un dio ben lontano dagli infimi problemi di coloro che calcano il suolo, nella polvere. Fisicamente, gli ricordava molto Vaalirunah, un progenie dei draghi di Dorhamat.
« Viriliter agite. Quid sperat consequi? »
« Le tue mire arrivistiche disturbano il mio signore, senzascaglie. Dovrebbe essere tua premura quella di terminare in breve il compito che ti sei preposto. »

Perchè aveva la sottile sensazione di trovarsi appeso ad un filo, con un affilato, invisibile coltello alla gola...?

« Signori del mondo, », esordì con fare teatrale, sperando che l'appellativo fosse corretto. « quest'umile servo vi dona il vento. »

Era un rischio: senza il guanto sinistro, Xari non aveva alcun potere magico. Aveva ipotizzato fossero stati traslati e stessero vivendo un ricordo, od una distopia. Lui credeva che fisicamente il suo corpo fosse ancora alla ʤɛna del loro tempo, ma in stasi - addormentati, e con tutto il suo equipaggiamento al suo posto.
L'atteggiamento spettacolare del pirata accompagnò l'alzarsi delle sue braccia, costrette nei movimenti dalle catene: un vento sostenuto irruppe improvvisamente nella prigione, roteando attorno all'uomo che l'aveva evocato. Il potere del guanto rispondeva al suo padrone nonostante non fosse davvero indossato, e ciò garantiva a Xari un certo margine di sicurezza. Avrebbe potuto mostrare molte cose ai Maegon, ma preferiva tenere le sue abilità nascoste agli occhi dei suoi compagni - e potenziali avversari.
La forte brezza lo circondò per qualche istante, spazzando via la polvere dai suoi piedi e ben attenta a non lambire quelli degli imponenti rettili.
Così com'era giunta, poi, essa scomparve istantaneamente: un profondo inchino del pirata concluse la sua manifestazione.


Status: danno basso da malnutrizione, danno basso da soffocamento (totale Medio), mana 55% (-10% Medio). CS: 6 4. 3 Astuzia - 1 Determinazione - 1 Destrezza - 1 Maestria nelle Armi
Equipaggiamento:
coltello: una kagamaki (nel fodero)
litigio: una elegante wakizashi (sfoderata).
pistola: una semplice pistola a pietra focaia. 5 colpi per giocata (4 rimanenti)
armatura: una strana armatura composta da varie parti diverse e scombinate, che protegge principalmente gli arti, i fianchi ed il cuore.
trucchi del mestiere: biglie-bombe di varia natura, assicurate ad un braccialetto (2 deflagranti, 1 fumogena, 1 accecante, 1 dissonante, 1 stordente, 1 tossica)
Passive da considerare:
NATURAL BORN LEADER - passiva di natura psionica di carisma (pergamena Comune Guerriero "Aura di coraggio"), passiva di natura fisica di abilità tattica (pergamena Comune Guerriero "Tattiche di combattimento")
MAESTRO DELL'INTRIGO - tomo infido, passiva di natura psionica di allineamento imperscrutabile (abilità passiva personale I), passiva di difesa psionica (passiva di secondo livello del Talento Stratega), passiva di natura fisica di individuazione della razza anche al di là di travestimenti (passiva razziale Umano "Diffidenza"), passiva di natura fisica di scurovisione e vista attraverso cortine fumogene (pergamena Comune Mentalista "Scrutare le tenebre")
A BEAUTIFUL MIND - passiva di natura psionica di discernimento delle illusioni, passiva di immunità al dolore ed agli effetti collaterali derivanti dalle tecniche psioniche (passive di primo e terzo livello del Talento Stratega)
SWORD DANCER (part two) - abilità personale passiva di istant-casting tech difensive (abilità passiva personale IV), abilità personale passiva di difese inconsce basate sull'istinto (abilità passiva personale V)
EXPLORER - passiva di natura psionica di orientamento (abilità passiva personale VIII)
Tecniche utilizzate:
Wind Rider: Il guanto d'arme sinistro della scombussolata armatura di Xari ha un segreto: permette al suo proprietario di controllare il vento. All'apparenza elegante ma privo di particolari qualità, questo pezzo d'armatura (costituito dal bracciale e dalla cubitiera che raggiunge il polso dal gomito, difendendo tutto l'avambraccio) è in realtà un manufatto molto particolare. Senza particolari gesti evocativi (ma necessitando di qualche istante di concentrazione), il guanto sprigionerà il proprio potere attorno al pirata: il controllo sul vento è quasi totale, spaziando da un singolo, semplice soffio per spegnere una candela ad una leggera brezza. Ai livelli più estremi, il guanto permette a Xari di scatenare persino un devastante tornado. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione e può essere utilizzata solo ad area (conseguentemente perdendo un livello di potenza). [tecnica di natura magica offensiva, variabile - utilizzato Medio]
Note: Xari non rimane troppo sorpreso dall'aspetto dei Maegon: il pg di Fatal Tragedy, Vaalirunah, è un progenie dei draghi con sembianze quasi del tutto simili, seppur più minute.
 
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Lenny.
view post Posted on 3/1/2015, 15:24




Fetiales~
ʤɛna


Vagun continuò a giacere sul ventre, come estraniato dal resto del mondo. In trappola, di nuovo. Chissà come, chissà quando, la sua mente era solo un cerchio confusionario, dolorante. Non era solo, poteva avvertire a presenza degli altri, a poche spanne da lui. Tra loro, solamente un mucchio di paglia lurida.
Polvere esile si sollevava al ritmo del suo respiro. Nient'altro sembrava avere senso in quel momento, tranne degli ambigui fruscii, nella paglia. Ammiccò nella semioscurità colore del piombo. Sollevò una mano tra le ombre. Lo scarafaggio zampettò fuori dal labirinto degli steli. Più grosso del pollice di un uomo, più vermiglio di uno zampillo di sangue arterioso. Spostò la mano lentamente, cautamente. Lo scarafaggio si fermò sul confine ineguale tra paglia e pietra. Le lunghe antenne esplorarono, percepirono. Riprese a muoversi. Fu allora che Vagun colpì.
Plack!
Impatto. Paglia e polvere volarono via. Vagun sollevò la mano. Niente sul palmo. Solo l'umido della cella, e lo stordimento generale, ad avvolgerlo come coperte. Si contorse sul pavimento, mentre lo scarafaggio schizzava a perdersi nel nero. Il goblin restò con un ginocchio al suolo, un filo di bava acida a colargli dalla bocca. Strinse gli occhi. Perso nel pantano dell'inazione trovò per compagne una sfilza di domande, sempre le stesse.

« Chi..cosa..dove ci troviamo..? »

Qualcosa, nella cella, gli rispose. Non paglia, non polvere, non un altro scarafaggio. Una sagoma luminescente tutta agghindata in oro, un orrido figuro calvo e impomatato, più che mai simile a un candelabro vivente, le cui fattezze umane dovevano essere solo un osceno inganno. Vagun si protese, fronte aggrottata, cercando di dare ordine alle terribili novità. Da una parte lo stramaledetto nano parlava di un'altra -l'ennesima- illusione ingannatrice frutto della capitale Maegon. Dalla parte opposta mastro Taigam -così si presentò il candelabro umano- cianciava di Feziali, sognatori, valori, senzascaglie. Roba che non stava né in cielo né in terra. Erano stati catturati, nel corpo o nella mente - questo era l'unico elemento certo. Tutto il resto era un gocciolare di dubbi in grado solo di aprire un tale buco nel cervello del goblin da farlo sbottare, d'impulso, quando si accorse d'avere al collo quattro anelli dorati stretti come un collare.

« Beh..grazie per i bei gioiellini, maestro. Magari qualcuno mi invita al ballo. »

Commentò acido, stropicciandosi gli occhi ancora incrostati dal sonno. Poi piegò il cranio di lato, lasciando scrocchiare le vertebre cervicali. Neanche il tempo di rilassare i muscoli del collo che il cappio dorato si strinse su di lui, soffocandolo. Boccheggiò alla disperata ricerca d'aria, sotto il sadico sorrisetto del maestro. Una trovata originale e pittoresca per bacchettare tutti e quattro i prigionieri senza alzare un dito. Fu allora che Xari intervenne in modo ben più diplomatico -dimostrando una sorprendente elasticità mentale- per chiedere al figlio di baldracca pelato cosa avesse intenzione di fare con loro. Non che Vagun stesso non fosse un tipetto amabile, ma starsene rinchiuso in gabbia buia e fetida di orina stagnante, senza un buon motivo, non era mai stato il suo sogno.

« Ecco, dovreste prendere tutti esempio dal vostro compagno! » esclamò Taigam, soddisfatto dalla deferenza di Xari « In ogni caso, vi basterà semplicemente dimostrare ciò di cui siete capaci. A breve arriverà un Feziale a esaminarvi e io sarei molto contento se veniste tutti presi come servi per l'incontro con la Sognatrice. »

Si era ripromesso di tacere, era abbastanza sveglio da aver compreso l'antifona: meglio starsi zitti e sembrare dei completi idioti che aprire bocca e venire poi umiliati come tali. Non era abituato a essere trattato come un cane bastonato.. Eppure quelle ultime parole non riuscirono a reprimere un dubbio quanto mai fondamentale. Dato che riguardava la sua vita, e il sempre meno plausibile proseguimento di essa.

« Certo, certo, servire all'incontro con la Sognatrice sarebbe fantastico..mia madre sarebbe così fiera di me. »

Borbottò in tono sommesso, cercando di assumere un tono diplomatico per celare l'evidente scetticismo. Sembrava che sproloquiare con tanti fronzoli e pochi contenuti bastasse a tenere buono il maledetto pelato.

« Ma se uno a caso di noi non fosse ritenuto degno ...ecco, una stretta di mano e tanti saluti, si torna a casa a tasche vuote e cuore gonfio di vergogna, si? »

Le speranze di Vagun si infransero contro il gelido sorrisetto di Taigam, bastardo fino al midollo, che pur di guadagnare qualche spicciolo con i suoi quattro prigionieri non si sarebbe fatto scrupoli nel venderli come senzacarne a un qualche mercato dei fantomatici Feziali. In sostanza: meglio servire come onorabili baciapile leccaculi che come..come..

« Senzacarne...non suona bene, non suona per niente bene, eccheccazzo.»

Vagun inghiottì duro, per poi ritirarsi in silenzio in un angolo della cella per raccogliere i pensieri. La brutta piega che avevano preso gli eventi iniziava a fargli temere per il suo futuro a breve termine. Aveva iniziato quel viaggio proprio in nome della romantica passione per l'avventura, per la scoperta di tesori nascosti, per la libertà di fare quel che voleva. Terminarla in una cella in cui aleggiava un vago sentore di piscio sarebbe stato un vero peccato.

L'arrivo dei due Feziali -anche loro agghindati e ingioiellati a regola d'arte- contribuì a inasprire ulteriormente l'umore del pelleverde. Aveva leggiucchiato qualcosina riguardo i Maegon nella biblioteca di Castelgretto, assieme a mastro Ozkan -leggende popolari, storie di una civiltà morta e sepolta da generazioni- ma trovarseli di fronte fu davvero un brutto colpo. Dunque quello era l'aspetto dei fantomatici Maegon: lucertoloni troppo cresciuti in grado di terrorizzare mastro Taigam con il solo sguardo. Il primo era un armadio di muscoli rigonfi, in procinto di esplodere dentro una gabbia di collane, orecchini, bracciali e gioielli. Avrebbe potuto tranquillamente ingoiare Vagun in un solo boccone, senza neanche lasciare rimasugli verdastri tra i denti. La seconda invece era più piccola e sinuosa, i tratti serpenteschi forse più raffinati e aristocratici rispetto al bruto che si portava appresso.

Dopo un breve colloquio con Taigam, i Feziali si appostarono al lato opposto della sala, in attesa di vedere di cosa i quattro prigionieri fossero capaci, o più precisamente quale fosse il modo migliore per sfruttarli. Mehmet si presentò per primo, mostrando di sapersi comportare -come Taigam e Xari- alla stregua di qualsiasi pierculo di corte. Un ossequioso, viscido verme sottomesso l cospetto di chi era più potente. Xari mostrò un trucchetto niente male, cercò di stupirli evocando attorno a sé una corrente di vento evocata dal nulla. Roba senz'altro interessante. Più passava il tempo, più quello spadaccino dimostrava di possedere ben più di quanto non avesse mostrato al gruppo, incluso il goblin.

Vagun dal canto suo aveva trascorso l'intera vita a odiare e disprezzare ricchi e nobilastri, signori e cavalieri dalle tasche piene e il puzzo di merda sotto il naso, e quei due lucertoloni non avevano un'aria tanto differente da quella dei soliti altezzosi bastardi di Basiledra. Ma se in quel momento non poteva combatterli -come faceva da sempre- poteva almeno tentare di sedurli, per poi piantarglielo in quel posto nel momento più opportuno. E quale modo migliore per incuriosire un riccone annoiato dalla vita se non quello di sbeffeggiarlo? Parlare schietto -cosa che gli era sempre uscita bene- mostrarsi un buffone, un tipetto troppo idiota, troppo allegro, troppo originale per essere scartato. Non aveva alcuna intenzione di marcire chissà dove come senzacarne, né di leccare vistosamente il fondoschiena dei due lucertoloni come gli altri, non sapeva evocare il vento...in effetti non era bravo a far quasi nulla di legalmente o moralmente accettabile.
Quindi meglio preparare una pièce teatrale quanto mai memorabile. E giocarsi tutto con l'ultima carta rimasta: quella dell'oltraggio.

« Che fortuna per il buon Vagun essere al vostro cospetto, sapete.. »
esordì altisonante, esibendosi in un inchino storto al cospetto dei due Maegon.
« ..iniziavo a temere di sprecare il resto dei miei giorni assieme a un qualsiasi idiota senzascaglie. »

La sottile occhiata che seguì, come anche il sorrisetto mellifluo, furono tutte per Taigam. Un piccolo modo per vendicarsi, sfruttando l'evidente disprezzo che i Feziali provavano verso il loro sottoposto. Poi il goblin tornò in posizione eretta, si schiarì la gola, e si rivolse al Maegon più grosso e inquietante, augurandosi che non fosse una semplice guardia del corpo dell'altra.

« Signori, modestamente io so giostrare, so cantare e so dire cose divertenti. Posso chiavarmi vostra moglie e farla urlare di piacere. Oppure se preferite, chiavarmi la moglie del vostro nemico..immaginate un modo peggiore per coprirlo di vergogna? »
Sogghignò, levando in alto le mani e agitando le dita.
« Sono infallibile con coltelli e ogni tipo di serratura, e uomini grossi il triplo di me se la fanno sotto e si mettono a tremare quando devono confrontarsi col sottoscritto a carte o a scacchi. Sono anche noto come alchimista, di tanto in tanto, e cuoco niente male.

Valgo ben più di pochi chili di carne verde, signori, io offro me stesso e la mia arte a voi Maegon.
»

Una breve pausa. Una stasi studiata, premeditata.
Poi si limitò a fare spallucce, e terminò con indifferenza, come se la decisione dei Feziali fosse oramai ovvia.

« Dopotutto, un abile servo merita un abile padrone. »

1-1

Astuzia~ 1 CS Tenacia~ 0 CS


Energia residua: 85%
Status Fisico: Ferita da contusione alla nuca (Medio), ecchimosi e escoriazioni superficiali sparse su tutto il corpo (Basso) Danno da soffocamento (Basso)
Status Psicologico: Stordito ma ancora in forze

Passive del personaggio

Ferocia - passiva razziale dei pelleverde, "stomaco di ferro"
Giochi mentali - passiva di I e II livello del talento "Stratega"


Note:
Alchimista per Vagun = saper creare veleni
Cuoco per Vagun = saper avvelenare il cibi e bevande
Sopravvivenza per Vagun = ???

NOTA POCO PIU' SERIA: nello scorso post mi sono dimenticato di segnare i malus seguiti al primo giro tranne il danno basso al fisico, quindi ho rimediato qui. in ogni caso il post in sé non ne sarebbe stato influenzato...spero non sia un problema é_è



Edited by Lenny. - 3/1/2015, 15:54
 
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view post Posted on 8/1/2015, 01:18

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Fetiales; ʤɛna

Lamrael si risvegliò nel freddo di una cella, la mente confusa dagli avvenimenti del giorno faticava a ricollegare i pezzi di quel mosaico. Avevano camminato per tutto il giorno in cerca di qualche cimelio in giro per ʤɛna, ma alla fine della serata si erano ritrovati con un mucchio di polvere tra la mani. Ora, il risveglio era stato dei più strani: la sua armatura era stata sostituita da un saio color sabbia, mentre una stretta gelida, costituita da cinque anelli, premeva contro il suo collo. Le catene ai suoi polsi non riuscivano a colmare la sensazione di nudità che l’assenza dello spadone gli portava; senza esso si sentiva diverso, spaurito e indifeso. Era confuso, la sua mente cercava freneticamente possibili spiegazioni, il suo cervello s’affaticava cercando di ricostruire i ricordi, eppure nulla parve avere una risposta certa e sicura. Nemmeno la supposizione di Mehemet parve suscitare in lui abbastanza certezze. Si toccò d’istinto la barba, come a voler supporre dalla sua lunghezza quanti giorni fossero passati, seppur non riuscì a dare un giorno esatto, ebbe quasi la sensazione, intrinseca nel suo cuore, che tutto quello fosse dannatamente reale. V’erano aspetti, di quel momento, che cozzavano totalmente con ciò che era successo all’interno della foresta: sensazioni, odori, colori, e materiali erano diversi rispetto a quell’esperienza, tutto ciò che c’era intorno a lui era reale. Difficile dirlo con certezza, eppure per Lamrael era così.
Tutti, al cospetto del pelato in viola agghindato quanto una prostituta divenuta improvvisamente arricchita, decisero di sottomettersi e assecondare quell’assurda situazione, soprattutto dopo che gli anelli si strinsero intorno ai loro colli, minacciando di strangolarli. Tuttavia Lamrael, che d’orgoglio viveva e che difficilmente in vita sua aveva chinato il capo a qualcuno, sentiva nel suo petto qualcosa prudere, una fastidiosa sensazione di irrequietezza. Una cosa pareva abbastanza certa, Lamrael non avrebbe assecondato quel delirio ancora a lungo.

« Perdonate la mia insolenza, mio signore - disse Lamrael fingendo sulla falsa riga di Xari - chi è la Sognatrice? »

Chinò il capo una volta, chinò il capo una seconda, parlò dosando le parole e cercando di non irritare l’uomo, ma nella sua testa sabbia immaginaria stava iniziando a cadere verso il fondo della clessidra, svuotandosi pian piano.

« A volte mi chiedo sulla base di quali criteri vi ho scelto! » rispose l’uomo spazientito « Credevo di avervelo spiegato abbastanza volte da farlo entrare in quel minuscolo cervellino, ma la vostra stupidità non finisce mai di sorprendermi. Ve lo dirò un'altra volta, poiché non voglio che mi facciate fare brutte figure, ma non fatemelo ripetere! » disse, annoiato « I Feziali rappresentano la casta più alta della società Maegon, sono i profeti che interpretano la volontà della Tentatio; essere al loro servizio è il più grande onore che un servo possa chiedere. Intet, la Sognatrice, invece, è la guida immortale di ʤɛna. La città non esisterebbe senza di lei, né buona parte dell'impero Maegon, probabilmente. Sapete bene che i draghi non si mostrano spesso ai mortali, quindi quello di oggi è un evento particolarmente importante. »

Per Lamrael non furono altro che parole, vuote parole. Le sue conoscenze erano scarse, la sua cultura sulla storia di quel mondo si fermava alla minima conoscenza delle tre ere, ma su una cosa era abbastanza certo: i Maegon avevano da tempo lasciato i territori di Theras. Certo, erano comparsi fugacemente a Taanach qualche anno prima, ma da qui a parlare di impero Maegon ce ne passava.

« Maegon?!?! - disse Lamrael tra l'attonito e lo stupito - ma non si erano estinti? In quale era siamo? »

La seconda domanda venne quasi spontanea, e Lamrael si morse la lingua il secondo dopo averla pronunciata, s’era scordato per un attimo della situazione e di tutto ciò che ruotava intorno, per fortuna il pirata gli venne in soccorso e il tutto si concluse nel migliore dei modi.

« Magari lo fossero. » Mormorò Taigam, chiudendo ogni spiraglio di conversazione.
Quello che accadde dopo fu storia, nel vero senso della parola. Raramente Lamrael fu così colpito da qualcosa come per l’apparizione dei Maegon. I loro passi rimbombavano poderosi sul pavimento, il loro corpo, ricoperto di scaglie, era qualcosa di antico e tremendamente fuori dall’ordinario, il loro vestiario – seppur cozzava totalmente con ciò che Lamrael aveva sempre immaginato – esaltava il loro essere sopraelevandoli a uno status che nessun umano avrebbe mai potuto eguagliare. Erano pacchiani, enormi, paurosi, quasi Divinità. Loro erano tutto ciò che l’ego di Lamrael cercavano. Non erano altro che una sfida, l’ennesima per il guerriero che avrebbe accolto a braccia aperte. Il caso, il concatenarsi degli eventi, gli avevano donato due mostri sacri di Theras, due tra gli esseri più forti che avessero calcato quelle terre. In lui crebbe il desiderio molesto e morboso del combattimento, nel suo petto ringhiò il leone feroce, il re sopito degli animali che voleva agguantare la propria preda. La prossima sfida. Perché si, tutta quella situazione era un enorme punto interrogativo che aleggiava nella mente del guerriero, ma una cosa era pur certa, Lamrael non se ne sarebbe andato da ʤɛna senza aver affrontato i due lucertoloni. Parlarono ma in lui non subentrò la paura, altresì crebbe l’eccitazione, il fermento, crebbe la voglia di attaccarli, di gettarsi a capofitto in quella battaglia suicida. Il desiderio di avere con sé la sua spada divenne ancor più forte, con lei al suo fianco, brandita con facilità, avrebbe potuto fronteggiarli entrambi, o per lo meno così credeva, avrebbe, per l’ennesima volta, costata la sua forza, oltrepassato ogni limite. Perché Lamrael era un guerriero, e nient’altro. Per lui la battaglia era l’unica cosa che contava e la ricerca dell’avversario che si elevasse oltre lui, spingendolo oltre ogni umano limite, era una delle ragioni – e forse l’unica – che muovevano il suo corpo.
Il mercenario alzò lo sguardo, fiero, per nulla intimorito.
« Io sono Lamrael Redskin, l’Ammazademoni. » Lo puntualizzò, con la voce carica di sfida, con un pizzico d’insana follia. « Di venti e più senzascaglie ho la forza, della guerra e del combattimento il mio corpo si ciba. »
Guardò i Maegon con sguardo scintillante.
« Il mio sogno è cercare l’avversario in grado di abbattermi. »
Attenzione a ciò che desideri, urlò qualcosa nella sua testa, ma Lamrael non gli diede retta.
Voleva quello scontro, e lo avrebbe ottenuto in un modo o nell’altro.
Portò la mano agli anelli d’oro, cingendoli con le dita, poi provò a tirare forte, sperando in cuor suo che sarebbero venuti via, solo tramite l’ausilio della sua forza.

« Al vostro servizio. »

Avrebbe detto poi, da uomo libero.









Lamrael Redskin



7 cs Forza

Energia: 65%
Status Fisico: 110% Tumefazioni da danno Alto su tutto il corpo; danno basso al pettorale sinistro; danno basso al braccio destro; danno basso generale. danno Basso da strangolamento.
Status mentale: 50% momentaneamente stordito.
Armi: Spadone;



Abilità Attive:

~ Increase
La rabbia, il dolore, l'allenamento, lo sforzo, tutte componenti che hanno portato Lamrael a sviluppare una forza superiore a quella degli altri, tuttavia in alcune situazioni questa forza potrebbe non essere sufficiente, potrebbe non bastare contro avversario molto più forti di lui, per questo Lamrael ha imparato a spingersi oltre ogni suo limite, oltre ogni umana comprensione. Tuttavia, a volte, questo sforzo porterà danni stessi al corpo di Lamrael e la perdita di razionalità portando Lamrael ad attaccare indistintivamente amici e nemici a guadagno di un maggiore incremento della propria forza. In termini di gdr Lamrael, spendendo un consumo a scelta tra medio, alto e critico, può rispettivamente aumentare i propri CS in forza di 4, 8 e 16 unità. Inoltre, spendendo un consumo pari a critico, il guerriero per un turno di gioco vedrà aumentati i propri CS in forza di 32 unità, tuttavia la sua furia renderà impossibile riconoscere alleati o nemici attaccando tutti indistintamente. Al termine del turno Lamrael subirà un contraccolpo al fisico pari a critico [I-II-III Talento Avanguardia + Pergamena Furia Omicida]. Usato medio.


~ Destroy
Nessun'arma temibile, nessun'armatura indistruttibile potrebbe fermare Lamrael dal perseguire il suo obiettivo. Lamrael possiede una forza tale che anche a mani nude è in grado di distruggere qualsiasi arma dell'avversario. La tecnica ha natura fisica. Lamrael fortifica il colpo seguente riuscendo, anche con le sole mani nude, a distruggere le armi, le armature o qualsiasi altro oggetto sia in possesso dell'avversario. La tecnica infligge un danno Basso all'oggetto divenuto bersaglio della tecnica, risultando inutilizzabile fino al termine della giocata [Pergamena Infrangere].

Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akeran, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno delle madri. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare un mortale più un critico prima di morire, ma la sua mente, altresì, non potrà reggere uno sforzo maggiore di critico. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2]. La sua innata dote, i suoi duri allenamenti e le ore sfiancanti di lavoro, gli hanno permesso di elevarsi rispetto gli altri guerrieri, di essere sempre un passo avanti rispetto ai pari di livello e, altresì, questa dote gli permette di specializzarsi in altri modi di combattere. Lamrael sblocca il livello successivo di dominio e acquisisce la classe campione [Cristallo del Talento + Tomo Sacro].


Note: Scusate il ritardo, ho acuto problemi che mi hanno portato distante dalla maggior parte dei mezzi tecnologici. Comunque uso Destroy in maniera (illegale?!) per tentare di liberarmi dagli anelli. Penso si possa fare o no boh, ci ho provato. L'ultima parte viene pronunciata solo qualora mi riuscissi a liberare.

 
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view post Posted on 10/1/2015, 12:22
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ʤɛna; antichità

Saator non sembrava interessato a ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi; il suo sguardo annegava sul fondo di un profondo disinteresse e ciò non sfuggì alla sua portavoce. Quando Xari fece il suo giochetto col vento, il grosso Maegon si limitò a voltare il capo, senza cambiare espressione (se mai gli era possibile assumere delle smorfie umane); quando Lamrael spezzò l'anello che gli tratteneva il collo, invece, addirittura parlò, rivolgendosi alla sua accompagnatrice.
« Primum ultimumque illud videri posset, alia vero non habeat fiduciam. » disse col suo tono cavernoso, tenendo il volume della voce insolitamente basso. « Quisque conatur inducere fures apud nos. »
La Maegon donna sorrise e chinò il capo ossequiosamente, evidentemente condividendo l'affermazione criptica di Saator. Si voltò e si rivolse direttamente a Taigam, comunicandogli le decisioni prese dal Feziale. « Il mio signore non è soddisfatto, senzascaglie. » disse con la stessa gentilezza con cui una pianta carnivora attira la sua preda. « Prenderemo i due schiavi umani, ma tutti gli altri verranno mandati a lavorare nei foramina. »
« No, vi prego! » disse Taigam, improvvisamente spaventato « Io... posso portarvi altri schiavi! Posso trovarne altri! »
« Et non audistis. » intervenne Saator, sempre rivolto alla sua portavoce. Ormai era evidente che il grosso Feziale comprendeva perfettamente la lingua comune e forse era persino in grado di parlarla; la sua scelta di portare con sé un'interprete non era dovuta a una mancata capacità di comunicazione, quanto più a una pura manifestazione di superbia. Saator utilizzava la piccola Maegon come tramite per non essere costretto a parlare direttamente con Taigam. « Et ut afferremus alios latrones. Nihil est quod liberum. »
La Maegon donna scosse la testa osservando Taigam e sorrise ampiamente. « Il mio signore è molto offeso, senzascaglie. » continuò con terribile compiacenza. « Sostiene che tu stia tentando di introdurre dei ladri in casa sua, donandoglieli come servi. »
« No, io...! » cercò di intervenire lo schiavista senza successo, poiché la portavoce continuò imperterrita con le sue accuse. « Due dei tuoi schiavi hanno tentato di abbindolarci a parole, come fanno i ciarlatani; la quinta invece non ha dimostrato nulla, pur avendone la possibilità. I valori dell'impero... » « Vis. Utilitas. Quantitate. » la interruppe Taigam, sempre più spaventato. « Li conosco bene e credevo sinceramente che questi schiavi vi avrebbero soddisfatto! Datemi un'altra possibilità! »
La portavoce sorrise velenosa. « Hai offeso un Feziale, senzascaglie. » concluse con tono funereo. « Come se farlo scomodare non fosse già un peccato sufficientemente grave. »
« Volevo solamente farvi un'offerta! »
« Hai dimostrato la tua inutilità in quanto uomo libero. »
« No... io... »
« Raggiungerai i tuoi schiavi peggiori nei foramina. »

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ʤɛna; presente

Quando Venatrix atterrò, si ritrovò al centro di un complesso di rovine ingoiato dalla vegetazione. Le difese della città continuavano ad assediare la sua mente da ogni direzione, ma per qualche ragione parevano ritirarsi prima di intrappolarlo definitivamente all'interno di un'illusione: tutte le volte che si sentiva sull'orlo di una visione, quelle impressioni sparivano improvvisamente, ritirandosi come bambini spaventati. Qualunque fosse la ragione, sembrava che i meccanismi difensivi di ʤɛna non riuscissero ad affondare nella sua mente, fermandosi invece a distrazioni superficiali. Ciò gli permise di esplorare le rovine con più sicurezza di quanto non fosse accaduto al gruppo di Mehmet, vagando con interesse fra i mattoni disordinati di pietra arancione.
Era alla ricerca di risposte; tutto ciò che aveva trovato negli archivi di Qashra sembrava condurre a quella città e alla società dei Maegon più in genere. Vi era una qualche sorta di legame indissolubile fra le antiche progenie dei draghi e le armate dei caduti comandati dall'Ahriman ed era sua precisa intenzione comprendere in che cosa consistesse. Le rovine, però, sembravano negargli qualsiasi risposta: non soltanto erano prive di reperti interessanti, ma erano perlopiù fagocitate dalla giungla circostante, che ne rendeva difficile l'esplorazione.
Come se tutto ciò non bastasse, il drago ebbe più volte la sensazione che qualcuno lo stesse osservando. Inizialmente confuse quell'impressione con gli attacchi che le difese di ʤɛna compivano alla sua mente, ma dopo qualche tempo gli fu chiaro di non essere solo nelle rovine. Alla spiacevole sensazione di essere seguito si sommarono l'inconfondibile fruscio del fogliame mosso bruscamente e il suono di passi pesanti.
« Chi è là? » chiamò Venatrix, con tono calmo e pacato. « Chiunque tu sia, fatti avanti. Non sono un nemico. »
Nessuna risposta.
A quel punto il drago si fermò e fece appello alle sue capacità per scoprire le presenze indesiderate. Le difese di ʤɛna gli impedivano di fidarsi ciecamente di ciò che sentiva intorno a sé, ma non di intimidire i suoi inseguitori perché venissero allo scoperto.
Si concentrò sulla zona circostante e immediatamente percepì la presenza di una decina di creature intelligenti intorno a lui; si muovevano non visti fra il fogliame della foresta, seguendolo attentamente e tenendosi a distanza di sicurezza. Sembravano più attente e potenti di un qualsiasi essere umano, nonché a proprio agio nel verdeggiante labirinto del Plaakar. « So che siete lì. » disse Venatrix in tono pacifico, sperando di spingerle a rivelarsi spontaneamente. « Non avete nulla da temere. »

Passò qualche minuto senza che accadde nulla. Il drago si guardò bene dal continuare la sua esplorazione e rimase fermo in paziente attesa di una reazione, che finalmente avvenne: una figura uscì lentamente dal bordo della giungla, mostrandosi a Venatrix in tutta la sua imponenza. Era un essere a metà fra un umano e una lucertola, alto quasi tre metri. La sua pelle era ricoperta da spesse scaglie verdi, le sue mani e le sue zampe erano provviste di lunghi artigli, possedeva una coda muscolosa e il suo muso era simile a quello di un dinosauro carnivoro. Indossava numerosi strati di pellicce di vario colore, forma e dimensione, che davano l'idea di essere una grossa tunica da Arlecchino; insieme a esse, portava diverse chincaglierie e orpelli che rendevano la sua figura alquanto bizzarra: piume colorate appese alle corna, piccole ossa che pendevano dalla cintura, collane di pietre colorate e così via. La prima impressione che ebbe Venatrix vedendolo, fu quella di trovarsi innanzi al capo di una qualche tribù primitiva.
« Maegon... » disse con un filo di voce, perfettamente cosciente di ciò che gli stava davanti.
Subito dopo la prima, anche le altre figure nascoste si fecero avanti. Erano di dimensioni e forme nettamente diverse dalla prima che si era mostrata, rendendo ciascuno di loro un individuo unico. Inoltre, erano vestiti tutti in maniera completamente diversa, ma tutti sfacciatamente opulenti ed esuberanti; alcuni avevano usato cortecce, foglie e resine come bigiotteria; altri ossa e denti di animali; alcuni indossavano addirittura dei rari pezzi d'oro.

Venatrix restò immobile, mentre la prima figura gli si avvicinava con passo pesante. Era molto più grande di lui e gli trasmetteva un'impressione di antica imponenza. Poi, quando fu a pochi metri di distanza dal drago, ebbe una reazione imprevista.
Si inchinò.
« Primogenitus » disse con tono solenne, genuflettendosi e chinando il capo. Tutti gli altri Maegon compirono lo stesso gesto, ripetendo quella parola, che Venatrix non ebbe difficoltà a comprendere.
"Primogenito"

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ʤɛna; antichità

Il sogno non finì. Perché ormai era evidente che di sogno si trattava, o di qualche diavoleria del genere. Il tempo scorreva in maniera strana attorno al gruppo d'avventurieri, facendo loro ricordare perfettamente alcuni eventi, ma poi saltando velocemente nel futuro senza che nemmeno se ne accorgessero. A volte gli sembrava di vivere alcuni episodi con grande intensità, come era accaduto nelle celle degli schiavi quando era iniziata la visione, mentre altre volte gli avvenimenti si susseguivano troppo rapidamente intorno a loro, senza che potessero coglierne alcuna sfumatura. Le ferite sul loro corpo si ostinavano a non guarire, aiutandoli a rimanere ancorati alla realtà: quello che stavano vivendo era una qualche sorta di sogno collettivo e ne parevano imprigionati.
Non tutto il male venne per nuocere, però, poiché il gruppo ebbe la possibilità di osservare la città di ʤɛna per come doveva essere stata centinaia di anni prima.

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Ovunque si ergevano pinnacoli elaborati e intarsiati, di colore arancione. Gli edifici erano per la maggior parte verticalizzati e ricchi di guglie a forma di artiglio; le finestre erano triangolari e la vegetazione faceva parte integrante della città già in origine, abbracciando elegantemente gli edifici più sfarzosi e sviluppandosi coerentemente nel mezzo delle strade. Centinaia di anni di incuria avevano fatto sì che la ʤɛna del presente fosse ingoiata dalla vegetazione, ma vederla nel suo stato originale era una gioia per gli occhi: giardini pensili a ogni angolo, canali di acqua limpida che correvano a fianco delle strade, giganteschi alberi che svettavano sul resto degli edifici al centro delle piazze e così via.
La maggior parte dell'architettura era aliena e dissimile a qualsiasi cosa gli avventurieri avessero mai visto. La città dei Maegon era composta per lo più da torri, minareti, pinnacoli e piramidi; erano pochissimi gli edifici a portata d'uomo e ciascuno di questi torrioni era delimitato da spesse e alte mura, che spezzavano la città con forma geometrica. Attraversare ʤɛna significava passare sotto decine e decine di cinte murarie, ognuna più imponente della precedente.
Per le strade si incontravano pochissime persone e perlopiù senzascaglie. Di tanto in tanto si riusciva a intravedere un servo affaccendato che correva da una parte all'altra, o un gruppo di schiavi che trasportava qualche oggetto pesante, ma poco altro. I Maegon, in effetti, erano una vista rarissima: alzando lo sguardo si poteva incrociare il cipiglio severo di qualcuno di loro che faceva la guardia ai bastioni, ma la maggior parte delle antiche progenie dei draghi sembrava non abbandonare mai le proprie abitazioni, rimanendo chiusa all'interno delle proprie torri e piramidi. Nei rari casi in cui un Maegon attraversava le strade della città, queste si svuotavano immediatamente di qualsiasi altra forma di vita: i senzascaglie non osavano mettersi sulla loro strada, né addirittura farsi vedere, spaventati di essere accusati ingiustamente di qualche peccato. Capitava che alcune progenie dei draghi portassero i figli a giocare presso gli alberi o le fontane al centro delle piazze e in quelle occasioni il centro della città si svuotava completamente, senza che nessuno avesse necessità di ordinarlo.
Insomma, per essere una città Maegon, ʤɛna era abitata perlopiù da umani e nani, seppur occupanti la casta più bassa della società.

Il gruppo venne diviso. Xari e Lamrael poterono seguire Saator e la sua portavoce - che in seguito scoprirono chiamarsi Isaura - fino all'abitazione del Feziale: una gigantesca piramide a gradoni situata ai margini della città. L'edificio svettava su tutte le strutture circostanti, superandole di almeno venti metri d'altezza e occupando in maniera ingombrante una grande parte del centro abitato. L'interno era labirintico e strutturato su numerosi livelli; vi erano almeno dieci piani, tutti simili tra loro, e orientarsi all'interno della costruzione era particolarmente difficile.
L'opulenza e la ricchezza dimostrati all'interno della piramide erano impressionanti: buona parte della mobilia era di marmo arancione bordato d'oro; le stanze erano avvolte in broccati di seta finissimi, tendaggi porporini e tappeti sottili come la tela di un ragno. I soprammobili erano in gran parte sculture mostruose ornate da pietre preziose, scintillanti e pacchiane. Gli interni della piramide erano illuminati da torce d'ossidiana ancorate alle pareti e il baluginio delle fiamme rendeva ancora più accecante tutto quello sfavillare.
Saator passava la maggior parte della sua giornata in una stanza particolarmente ampia, sdraiato su una poltrona simile a un letto e delegando a Isaura tutti i compiti mondani di cui avrebbe dovuto occuparsi. Sembrava che passasse la maggior parte del suo tempo a pensare, mangiare e camminare senza pace per la stanza; avvicinarlo, però, era fuori discussione: la portavoce si era premurata di avvisare sin da subito i due nuovi servi che non avrebbero mai dovuto disturbare il Feziale.
Xari e Lamrael vennero decorati in maniera conforme alla piramide: in quanto servi di un Feziale venne loro permesso di lavarsi e ricomporsi, vennero loro donati vestiti raffinatissimi secondo i loro gusti, equipaggiamento di pregiata fattura e oro. Tantissimo oro. Capirono in breve che i Maegon utilizzavano i propri servi per sfoggiare le loro ricchezze; i due vennero dunque addobbati con orecchini, collane, anelli, bracciali e cavigliere in grande quantità, tutte composte dal prezioso metallo. I loro compiti giornalieri consistevano perlopiù nel preparare da mangiare, pulire, tenere le torce accese e simili.
Nella piramide incontrarono numerosi altri servi di tutte le razze, che sembravano pienamente soddisfatti della posizione che occupavano. Isaura si dimostrò inoltre presente e compiacente, disponibile a spiegare loro qualsiasi cosa di cui avessero bisogno.

Mehmet, Vagun, Arsona e Taigam - spogliato di tutto il suo oro e vestito come quelli che precedentemente erano stati i suoi schiavi - vennero invece portati nei Foramina. In breve capirono che questo era il luogo dove stava la maggior parte degli schiavi Maegon, intenti a lavorare indefinitamente per l'impero.
I Foramina si scoprirono essere delle gigantesche cave situate al centro della città, da dove veniva estratta il marmo arancione che componeva tutti gli edifici della città. Nell'effettivo, erano tre grossi buchi del diametro di centinaia di metri e profondi persino di più, sopra i quali erano stati costruiti dei ponti di marmo e legna perché gli abitanti della città non ne fossero ostacolati nell'attraversare la città. Lungo le pareti di queste fosse lavoravano migliaia di schiavi, tutti vestiti con il consueto saio color sabbia e con al collo il loro anello d'oro. I loro compiti consistevano nell'estrazione e nel trasporto del marmo, che veniva condotto in superficie attraverso dei lunghi percorsi a spirale che correvano lungo il bordo interno dello scavo.
La vista più inquietante, però, era il fondo della fossa, dove si trovavano i senzacarne. Il punto più basso dei Foramina era occupato da centinaia di migliaia di creature non morte, evidentemente schiavi che avevano terminato la loro utilità ed erano stati rianimati perché continuassero a lavorare anche nella morte. I loro corpi erano decorati da una quantità oltraggiosa di anelli d'oro, collane, gioielli e bracciali, quasi come se tutta quell'opulenza potesse cancellare la vista della carne marcescente e l'odore del fetore pestilenziale che emanavano.
In superficie, alcune guardie Maegon pesantemente armate vegliavano sulla situazione sottostante, accertandosi che nessuno cercasse di fuggire dalla cava.



CITAZIONE
TMI! TMI!

Il sogno non si interrompe e, come ho esplicitato in uno dei paragrafi soprastanti, i vostri personaggi si rendono conto di stare vivendo un sogno (o comunque qualcosa di molto molto simile). Il tempo inizia a scorrere in maniera strana e vi ricordate solamente di alcuni eventi, piuttosto che di altri; le ferite sul vostro corpo tuttavia non guariscono, né voi recuperate le energie. È proprio come se steste vivendo un lungo sogno, di cui ricordate solamente alcuni momenti particolari.

Xari e Lamrael vengono accettati come servi del Feziale e avranno la vita molto più semplice: i Maegon privilegiano la forza, l'utilità e le capacità in senso stretto. Parlare non sarebbe stato in grado di convincerli. Di conseguenza Vagun, Arsona, Mehmet e persino Taigam (che ha deluso il Feziale) vengono tutti mandati a lavorare nei Foramina, una gigantesca cava per l'estrazione del marmo arancione con cui è costruita la città.

La prossima fase è completamente in confronto. Succede tutto come descritto in questo post, al che i vostri personaggi possono compiere ciò che desiderano: raccogliere informazioni, ribellarsi, stare al gioco, tentare di scappare, ecc. scegliete una linea d'azione e seguitela! Il tutto sarà gestito ampiamente in confronto, con le mie risposte e il mio STOP quando ritengo abbiate fatto abbastanza. Siete totalmente liberi: io ho bene in mente gli equilibri di ʤɛna, quindi non abbiate timore e sentitevi liberi di esplorarla, sulla base del vostro personaggio :zxc:
 
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Drag.
view post Posted on 14/1/2015, 16:05




Cambiò pagina con estrema cautela, attento a non rovinare le pagine del tomo.
La biblioteca era immersa nell'oscurità, scacciata soltanto da alcune candele minute che aveva acceso quando aveva iniziato le sue ricerche. Non sapeva quanto tempo era trascorso: lo scorrere dei minuti procedeva secondo regole sconosciute all'interno del sogno che stavano vivendo; dopo gli eventi alla prigione, aveva smesso di domandarsi come controllare quegli strappi di consapevolezza, lasciandoli semplicemente fluire come un placido fiume alla foce. Poichè non possedeva le redini del tempo, Xari viveva con ansia crescente il suo servizio presso il Feziale Saator. Le mansioni non erano dure, e molti schiavi del colossale Maegon erano addirittura lieti della loro sorte - vivendo dell'opulenza riflessa del progenie dei draghi.
Non lui.
Il pirata era irrequieto, quasi collerico: sentiva ogni secondo scivolargli via tra le dita senza che lui potesse fare alcunchè per fermarlo; ciò che temeva non era rimanere imprigionato nella memoria, ma venirne strappato prima di apprendere di più.
Di giorno, tutto ciò che ponderava erano le ore che lo separavano dalla notte - unico momento durante il quale era consentito ad un senzascaglie come lui di avventurarsi nella pozza di sapere dei Maegon. Ignorava la sorte dei suoi compagni spediti nei foramina, ed onestamente non se ne curò mai. Tutto ciò che concerneva Xari era la conoscenza.

...ed è proprio a somiglianza delle loro immense dimore che gli eccelsi Maegon hanno strutturato la loro gerarchia sociale: la piramide che costituisce le caste ha alla propria sommità i Feziali, i Kaizari e le Materi. Sono il gradino più alto; sopra vi sono soltanto i draghi, che sono considerati come divinità viventi: la loro parola è legge.
La casta dei Kaizari è quella dei comandanti militari e amministratori dell'impero. Risiedono a Taanach e il loro compito è quello di dirigere la politica estera e espansionista Maegon, definirne i confini, combatterne i nemici, organizzarne le forze ed esserne generalmente gli esecutori. Incarnano il valore "vis" dell'impero, la forza.
La casta delle Materi è quella dei comandanti civili dell'impero. È composta solamente da donne (mentre le altre due sono composte esclusivamente da esponenti maschili) e si preoccupa di amministrare le necessità e i bisogni materiali dell'impero: distribuisce le risorse, organizza gli interventi, il tesoro e - più nello specifico - il governo e la politica interna dell'impero. Incarnano il valore "utilitas" dell'impero, l'utilità.
I Feziali sono la terza e ultima casta, e risiedono a ʤɛna. Sono i sacerdoti e si preoccupano di amministrare l'aspetto spirituale e religioso della vita degli abitanti dell'impero. Sono sempre e soltanto venti individui e sono gli unici con il diritto di conversare direttamente con i draghi: il loro compito è interpretare la volontà degli Déi (draghi e tentatio, quindi) e comunicarla ai Kaizari e alle Materi perché la mettano in atto. Gli altri loro compiti consistono nell'organizzare le funzioni sacerdotali e i sacrifici rituali per soddisfare i bisogni religiosi e spirituali della popolazione. Incarnano il valore "quantitate" dell'impero, l'abilità.
Questa rigida gerarchia ha solide basi storiche...


Xari, sospirando appena, segnò alcuni passi salienti su una pergamena; non era certo essa sarebbe rimasta con lui quando fosse tornato nella sua era, ma valeva la pena tentare. La biblioteca non era affatto avara di informazioni, ma l'ignoranza della lingua Maegon aveva ristretto ampiamente le sue ricerche. Di tanto in tanto si imbatteva in alcuni libri vergati in lingua comune, scritti da qualche schiavo volenteroso o tradotti dagli originali.
Lentamente, il pirata intinse la penna nel calamaio ingioiellato: i suoi occhi azzurri non poterono fare a meno di notare l'incredibile quantità di preziosi che ornava i bordi di quel semplicissimo oggetto da scrivano; Drenthe sorrise appena, spostando appena lo sguardo sul suo stesso braccio destro e contando i bracciali d'oro che lo cingevano. Il valore di ognuno di quei monili era immenso, e lui ne indossava mezza dozzina per braccio - senza contare le collane, le vesti di seta impreziosita con perle, le cavigliere. Persino gli anelli che raccoglievano i suoi capelli verde slavato erano stati rimpiazzati con dei preziosi. I tomi stessi che consultava, notte dopo notte, erano intarsiati con pietre brillanti. L'ostentazione era così sfacciata da nausearlo: solo con quello che indossava avrebbe potuto ordinare la costruzione di un brigantino.
La nota positiva era la conferma che esisteva dell'oro - eccome - all'interno di ʤɛna. Non restava che scoprire se esso fosse sopravvissuto ai loro giorni - se questo fosse stato l'obiettivo di Xari.

« Soñador... »
La sete di conoscenza ed informazioni di Xari era spasmodica, febbrile. Il suo interesse per i Maegon si era decuplicato, come il magico rapimento di un bimbo per la prima volta dinanzi alla danza del fuoco: più di una volta il pensiero di star diventando il più grande esperto sulla progenie dei draghi di Theras lo aveva fatto sorridere; la sua avidità aveva raggiunto tutto un nuovo livello. Voleva spogliarli completamente di tutti i loro segreti, impadronirsi dei loro poteri, sbandierare i loro misteri. Ogni volta che voltava pagina sentiva l'eccitazione aumentare i battiti del suo cuore, quasi stesse nuovamente giocando ai dadi con Vagun. Era qualcosa di più di semplice sete d'avventura: era diventata vera e propria ingordigia.
Rapidamente, il pirata scrisse nuovi appunti; tutto ciò che annotava veniva fatto nella lingua del mare, abbastanza fiducioso del fatto che essa non fosse stata ancora creata ai tempi dei Maegon; per un istante, l'idea ridicola di essere lui il creatore del dialetto della Costa lo fece reclinare all'indietro sul prezioso scranno, ridacchiando allegramente: era un pensiero divertente - un paradosso temporale intrigante. Intimamente, Xari pensava che niente di ciò che stavano facendo lui ed i suoi compagni naufraghi potesse effettivamente alterare il corso temporale degli eventi; pensare tuttavia che fosse stato lui - ed i suoi appunti - a dare origine alla lingua del mare era una barzelletta davvero simpatica.

...Intet, la Sognatrice è uno degli Déi viventi dei Maegon, nonché uno dei più influenti nella loro storia. È il drago che ha voluto la costruzione di ʤɛna e che comunica più spesso con i Feziali. Ella è potentissima e antichissima, e ha fatto diʤɛna il gioiello della sua corona: la sua città perfetta; il suo sogno realizzato. Governa su di essa senza mai mostrarsi al popolo, comunicando solo con i Feziali e rimanendo chiusa nella sua piramide. Chi ha avuto il privilegio di vederla di persona ne è rimasto immediatamente incantato, sia che l'avesse incontrata nella sua forma assunta o draconica. Si dice di lei che sia saggia, lungimirante e misteriosa, e che i suoi piani siano incomprensibili per le menti mortali: nessuno sa perché abbia fatto costruire ʤɛna, né quali siano i suoi obiettivi a lungo termine. Molti sostengono che le piaccia semplicemente farsi adorare...

Quello era un dettaglio estremamente interessante: se mai fosse avvenuto un incontro, egli aveva tutta l'intenzione di prendervi parte.
Taigam aveva citato vis, utilitas e quantitate quando si era rivolto ai Maegon, ma aveva pronunciato anche un'altra parola: tentatio. Su di essa, Xari trovò numerosissime informazioni - alcune delle quali non riuscì a comprendere appieno. Riservandosi studi futuri, appuntò anche quelle.

Le tre caste agiscono in un sistema di rotazione che si basa sul flusso della Tentatio. Quando la Tentatio cresce, i Kaizari sono più importanti delle altre due, che assumono funzioni principalmente di controllo. Quando la Tentatio è al culmine i più potenti sono i Feziali. Quando inizia a decrescere i più potenti sono le Materi. Questo sistema rotatorio permette ai tre organi di controllare periodicamente a vicenda il proprio operato, in modo che nessuno prevalga sugli altri due.
... essendo i Feziali in diretto contatto con la Tentatio, sono quelli che più ne subiscono le lusinghe; non ne restano corrotti, ma diventano un'incarnazione del vizio.


Bè, questo spiegherebbe l'indolenza di Saator, riflettè.
C'erano alcuni passi estremamente oscuri: pareva che la tentatio possedesse un effetto corrompente, malvagio - una sorta di sottile influenza mentale globale che si modificava nel corso dei secoli, a volte acuendosi, a volte chetandosi. Apparentemente, essa era così regolare da costituire un vero e proprio calendario per i Maegon, funzionando come le maree dello Zar per i marinai del sud. I Maegon stessi si riferivano ad essa soltando come "volontà divina", e Drenthe non aveva scovato alcuna spiegazione approfondita su quel fenomeno. Leggere del suo effetto corrompente lo turbò: sembrava molti simile al crescente, inspiegabile rancore che avevano tutti provato avvicinandosi a ʤɛna. Il calendario affermava che il culmine della terza marea era imminente: che fosse questo apogeo la causa dello sfasamento temporale? La tentatio era sopravvissuta al collasso della società Maegon ed influenzava ancora gli abitanti dell'Akeran del futuro...?

La Tentatio corrompe e trasforma le persone in demoni solamente quando tocca il suo apice. Ciò avviene, tuttavia, quando le persone cedono spontaneamente alla Tentatio; di fatto quando cedono spontaneamente al vizio. Persone di grande integrità morale o particolarmente resilienti a tale richiamo per natura (come i Maegon) rischiano di trasformarsi molto meno dell'uomo comune. La Tentatio attacca, gonfia e incrementa i sentimenti negativi delle persone e quando queste ultime vi cedono completamente, anche il loro corpo inizia a trasformarsi.

Tutto ciò era illuminante e nebuloso allo stesso tempo.
Il pirata sentiva le palpebre pesanti, la mente piena e poco lucida. Era notte fonda, e avrebbe dovuto rimandare ulteriori indagini alla notte successiva.
Diligentemente, Drenthe ripose i libri che aveva consultato e spense ogni candela, cancellando ogni traccia del suo passaggio nonostante si fosse premurato di chiedere ogni permesso ad Isaura.
A volte, Xari li adocchiava di sfuggita - di nascosto, come i ladri. Erano potentissimi, fieri, dominatori. Ognuno di loro era imperatore del mondo; come poteva una civiltà del genere essere sparita completamente? Conosceva così poco di loro, e già li detestava.
In un modo o nell'altro, tutto ciò che era loro sarebbe diventato suo.

« Sei molto lontano da Dorhamat, Xari. »
Molto, molto lontano.


Senza mai voltarsi, il pirata chiuse dietro di sè i magnifici portoni della biblioteca.


Status: danno basso da malnutrizione, danno basso da soffocamento (totale Medio), mana 55%. CS: 6 4. 3 Astuzia - 1 Determinazione - 1 Destrezza - 1 Maestria nelle Armi
Equipaggiamento:
coltello: una kagamaki.
litigio: una elegante wakizashi.
pistola: una semplice pistola a pietra focaia. 5 colpi per giocata (4 rimanenti)
armatura: una strana armatura composta da varie parti diverse e scombinate, che protegge principalmente gli arti, i fianchi ed il cuore.
trucchi del mestiere: biglie-bombe di varia natura, assicurate ad un braccialetto (2 deflagranti, 1 fumogena, 1 accecante, 1 dissonante, 1 stordente, 1 tossica)
Passive da considerare:
NATURAL BORN LEADER - passiva di natura psionica di carisma (pergamena Comune Guerriero "Aura di coraggio"), passiva di natura fisica di abilità tattica (pergamena Comune Guerriero "Tattiche di combattimento")
MAESTRO DELL'INTRIGO - tomo infido, passiva di natura psionica di allineamento imperscrutabile (abilità passiva personale I), passiva di difesa psionica (passiva di secondo livello del Talento Stratega), passiva di natura fisica di individuazione della razza anche al di là di travestimenti (passiva razziale Umano "Diffidenza"), passiva di natura fisica di scurovisione e vista attraverso cortine fumogene (pergamena Comune Mentalista "Scrutare le tenebre")
A BEAUTIFUL MIND - passiva di natura psionica di discernimento delle illusioni, passiva di immunità al dolore ed agli effetti collaterali derivanti dalle tecniche psioniche (passive di primo e terzo livello del Talento Stratega)
SWORD DANCER (part two) - abilità personale passiva di istant-casting tech difensive (abilità passiva personale IV), abilità personale passiva di difese inconsce basate sull'istinto (abilità passiva personale V)
EXPLORER - passiva di natura psionica di orientamento (abilità passiva personale VIII)
Tecniche utilizzate: //
Note: //
 
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Lenny.
view post Posted on 15/1/2015, 19:05




Fetiales~
ʤɛna


Furono condotti in una vasta area posta nel centro della città, ampia decine e decine di metri, circondata da pinnacoli così alti da perdersi tra le nubi. Attorno a loro non vi erano altro che strutture lussureggianti invase da una folta vegetazione, la capitale di Dɛna, segreto gioiello nascosto nel Plakaar. Eppure poco lontano dalle mura, sotto gli occhi di tutti v'era lo sfacelo della schiavitù. Lo sguardo di Vagun si perse in quella caotica immensità di corpi ingobbiti, curvi sulle pareti, un carnaio di schiavi piegati sotto il peso di rocce trasportate di peso sulle schiene, erano come tante formiche tutte uguali, avrebbe potuto giurarlo, quei poveracci si somigliavano in ogni particolare, volti ridotti a teschi, labbra esangui, orbite scavate, espressioni vacue, pura e semplice rassegnazione. Resa totale e incondizionata a una razza superiore, totale sottomissione in cambio di quell'oscena pantomima di una vita.

Non riuscì a reprimere un moto di repulsione per quella caterva di cadaveri ambulanti. Da una parte aveva sempre creduto che chi si lascia frustare meriti di essere frustato, chi non ha abbastanza fegato da ribellarsi -o quantomeno tentare una fuga disperata- sia costretto a piegarsi di fronte al più forte. Ecco la fine di chi si piegava ai Maegon, di chi non veniva giudicato degno di servirli in reggie e palazzi. Carne da macello da sfruttare il più possibile, anche se marcia. Ecco la sua punizione, il prezzo da pagare per non aver mai posseduto poteri come quelli che avevano mostrato Xari o Lamrael.Lui, Vagun, era stato considerato alla stregua di uno di quegli straccioni. Questo perché aveva puntato tutto sull'oltraggio.
E aveva miseramente fallito.
Forse i Maegon non dovevano avere molto senso dell'umorismo.

Passò così i primi minuti, a vagare senza meta, spettro perduto in una landa di spettri, ma determinato a trovare un modo per uscire da quell'inferno il prima possibile. La sorveglianza fortunatamente non sembrava essere molta, una decina di lucertoloni armati di spade per ciascuna delle tre cave. Occhi vigili, sguardi attenti, ma una nullità in confronto alla marea di schiavi dai quali erano circondati. Se si fosse trovato nei Quattro Regni, avvezzo a usi e costumi di ogni regione dell'Impero, avrebbe tentato di organizzare una rivolta...ma nella misteriosa capitale Maegon era uno straniero in terra straniera. Avrebbe avuto bisogno di molto tempo...decisamente troppo per i suoi gusti. Passò lo sguardo sulle passerelle ove venivano condotti i blocchi di marmo dagli schiavi. Vere e proprie incanalature scavate nella roccia, lungo le pareti interne di ogni cava. E una mezza idea su come tirarsi fuori di lì pian piano prendeva forma..
Con un sorriso strafottente stampato in faccia trotterellò da Taigam e gli batté una pacca sulla spalla, come se i due fossero amici fraterni da una vita. Sapeva che comportarsi in quel modo avrebbe irritato ulteriormente il baciapile dei Feziali. E la cosa non poteva che dargli piacere.

« Suvvia, poteva finire peggio. Meglio questo che leccare il culo di un lucertolone ogni dannato giorno, per come la vedo io. »

« Maledetto, non permetterti di fare l'amicone con me. Ho lavorato per anni per cercare di salire di ceto ed è colpa vostra se non ci sono riuscito. Anzi, sono finito esattamente dove non avrei voluto. Mi avrebbero ricoperto d'oro per pulirgli il culo, invece sono qui a spaccare le pietre come uno schiavo qualsiasi. »

Alla parola "oro", Mehmet parve ridestarsi.

« Oh, quindi...Tu credi che questi Maegon posseggano tanto oro? »

Taigam lo guardò furibondo.

« Ma dove diamine avete vissuto fino a oggi, voi due? Ogni tanto mi sembrate persino più stupidi degli altri schiavi. »

« Può darsi, Taigam, ma ben presto sarò uno stupido libero. »

Commentò Vagun con ostentata aria di superiorità, e per enfatizzare l'affermazione si puntellò il petto con entrambi i pollici. In realtà il piano che gli era balenato in testa era solo abbozzato e sin troppo soggetto al favore della dea bendata, ma mostrarsi sicuro di sé di fronte a Mehmet e Arsona era fondamentale. Il loro supporto gli avrebbe fatto comodo. Due nani al proprio fianco non erano proprio il massimo per un goblin -nessun'ombra lo avrebbe coperto- ma sempre meglio di nulla.

« Non so voi, ma a me questa vacanza non va proprio a genio, signori. Il posto sarà anche caruccio, ma la gente è davvero insopportabile. Ho già un mezzo piano per tornare a casa..» Sogghignò, strizzando l'occhio verso Mehmet. Entrambi condividevano una profonda devozione per lo stesso dio. Il dio oro. « ..e se siamo fortunati, riusciamo anche a portare con noi qualche ricordino. »

« Sono tutt'orecchi, amico mio. »

Il goblin prese il nano in disparte e gli confidò il piano, stando ben attento a non farsi udire da orecchie indiscrete.

« Ormai mi conosci, Mehmet, sai che se c'è una cosa che so fare bene è attirare attenzione. Io creerò un diversivo che possa tenere le guardie indaffarate un po' di tempo. Tu intanto fatti dire da quel figlio di baldracca di Taigam dove abitano i due lucertoloni, che io non sembro stargli molto simpatico. Andremo a dare un'occhiata alle loro casseforti, magari in compagnia degli altri nostri compari...tra l'altro Lamrael sembra in grado di strappare via quest'affare. Per fortuna io, te e la signorina siam piccini...vedrai che non ci noterà nessuno. »

« D'accordo. »

__ _ __

Vagun stentava a credere che tutti quei pomeriggi passati nella biblioteca di Castelgretto, in compagnia di quel bastardo di mastro Ozkan, un giorno gli avrebbero addirittura salvato la vita. Rammentava infatti che in uno di quei tomi rilegati venivano descritte le proprietà delle pietre piromache, rocce calcaree dal colorito rossatro, tra le quali era annoverato anche il marmo. Ma al di là della pura passione per quelli che tutto sommato erano pezzi di terra, Vagun ricordava che quel genere di roccia in particolare era in grado di generare scintille se sfregata intensamente o sottoposta a urto. Una sorta di pietra focaia, buona per allestire un falò.
O far divampare un incendio.

Si appostarono entrambi dove veniva organizzata la lizzatura dei blocchi di marmo. Un lavoro rischioso e pesante per ogni schiavo, e un ulteriore fattore a favore di Vagun, che poté agire totalmente indisturbato. Prese a sfregare un pezzo di ferro raccattato in giro e una pietra di marmo uno contro l'altro, tenendole accostate all'esca primaria -un mucchio di erba rinsecchita dal sole, e stracci di funi di canapa utilizzate per rilegare i blocchi di marmo- e a quella secondaria -una catasta di assi di legno sui quali veniva depositato e trasportato il marmo. Diede alla pietra una serie di colpi rapidi e obliqui sotto lo sguardo sorpreso degli altri schiavi, sin quando schizzarono scintille. Alcuni li indicavano spaventati, altri lo fissavano incuriositi, molti addirittura lo incitarono a mettere sottosopra l'intera cava. Vagun si limitò a ignorarli. Soffiò sull'esca dove erano cadute le scintille, sino a farle strisciare sull'intero mucchio d'erba. Presto la fiamma strisciò lungo le funi di canapa secca, trovando altro cibo. Da lì le fiamme corsero lungo le assi di legno, avide serpi di fuoco che, questione di tempo, avrebbero avvolto l'intera struttura. Si allontanò solo quando avvamparono le assi, respirando a pieni polmoni l'aria torrida, frutto del suo sudato lavoro. Per una volta la sorte sembrava girare a suo favore: il bagliore del sole avrebbe coperto la loro fuga e alimentato l'incendio, unito al vento secco che soffiava in quelle terre. Mehmet sembrava condividere il suo entusiasmo.

« Complimenti. Sembra proprio che ci ho visto giusto, a Basiledra. »

Commentò, mentre alle loro spalle quello che pareva il rigurgito di una fornace seminava già il panico tra gli schiavi. Grida, schiamazzi, allarmi, chiunque nelle vicinanze smise di lavorare per ammassarsi attorno all'incendio. Solo l'arrivo delle guardie Maegon riuscì a stento a sedare il disordine, ma il piccolo goblin piromane di cui parlarono un paio di testimoni si era già dileguato nel nulla.

Vagun, Arsona e Mehmet risalirono i condotti del marmo in fila indiana, quanto quanto più in fretta le loro piccole gambe potessero permettere, coperti dal sole del primo pomeriggio, e dal caos di un incendio ormai lontano. I primi due riuscivano a inerpicarsi tra le incanalature senza problemi, mentre il fiato corto di Mehmet si faceva udire più dei loro passi. Il goblin imprecò tra i denti. Quelle creature basse e tozze gli stavano simpatiche..ma quel nano in particolare era una vera e propria calamità per la malasorte. Possedeva un dono, bisognava rendergliene merito. Lo straordinario potere di trasformare ogni evento -già di per sé sfortunato- in una completa merda. E anche durante la loro fuga -così meticolosamente premeditata- non mancò occasione per il nano di dimostrare al mondo il proprio dominio su ogni tipo di iattura.
Vagun udì un tonfo sordo alle spalle e sapeva già con assoluta, cristallina purezza chi doveva essere inciampato.

«AAACK! La caviglia, accidenti..Mi sono slogato la caviglia! »

Vagun alzò gli occhi al cielo, esasperato, e si voltò verso Mehmet, la collera che gli ribolliva nelle viscere. Lo strillo di dolore del nano aveva attirato l'attenzione delle uniche due guardie Maegon rimaste di ronda in superficie. I lucertoloni indicarono i tre fuggitivi e, dopo aver confabulato tra loro, si fecero avanti a spade sguainate. Vagun cercò Arsona con lo sguardo, lesse nei suoi occhi la stessa preoccupazione. A quel punto, fare cosa? Abbandonare Mehmet al proprio destino? La scena vissuta in un luogo e in un tempo incredibilmente diversi gli tornò alla mente. Il nano che lottava contro un membro della spedizione, e tra i due un goblin mai nato per fare l'eroe.
Cerca di non essere avventato se finiamo nei guai. Quando si è nel mezzo di una mano di carte, o sul campo, tutto dev'essere fatto per portare a casa il successo.
No, non di nuovo. Questa volta Vagun non avrebbe rischiato la pelle in un modo così idiota. Mehmet si era messo d'impegno per trascinarlo in rovina, che diamine, se lo meritava di passare il resto della propria esistenza in catene, tra i senzacarne. Ma lui non poteva crepare in una maledetta miniera, meritava molto di più, eccheccazzo. Quindi, la cosa più ragionevole da fare in quel preciso istante sarebbe stata dare l'addio a Mehmet, girare i tacchi e..

«Voi andate. Ci penso io a loro. »

Sancì, tombale, con una voce che non poteva essere la sua. Un cenno d'intesa rivolto ad Arsona. La nana colse al volo. Aiutò Mehmet a tornare in piedi, zoppicante, il braccio di quest'ultimo che le cingeva il collo per tenersi in equilibrio. Vagun continuava a fissare i due lucertoloni avanzare a passo svelto, mentre i due compagni si allontanavano verso la libertà. Tutto risuonava lontano, le grida, l'incendio, il passo claudicante di Mehmet.
Inghiottì duro.
Gran modo di morire come uno stronzo, "ci penso io a loro", proprio bello come epitaffio per la sua tomba. Tutto perché -e questa era forse la cosa più difficile da ammettere- il suo insulso, insignificante cuore da pelleverde si era un po' affezionato a Mehmet, a Xari, ad Arsona, e anche a quel lugubre bruto di Lamrael. Troppo tempo speso assieme a loro, che diamine, troppe disavventure che avevano finito con legarlo a tutti loro, in un modo che non poteva ignorare. Ma non era certo il momento per meditare su banali sentimentalismi. Se due guardie armate avessero acciuffato un goblin disarmato, il goblin disarmato sarebbe stato spacciato.
Abbassò lo sguardo, quasi rassegnato a un nobile sacrificio che solo un mesetto prima non avrebbe mai ritenuto credibile. Nulla. Roccia, Marmo, pietra.
Se lo avessero acciuffato..
Pietra..
Strinse i denti in un sorriso largo da un orecchio all'altro. Portò un ginocchio a terra, e accumulò ai propri piedi un mucchio di quelle pietre, tutte grosse più o meno quanto il palmo della sua mano. Si..poteva funzionare.
Chiuse gli occhi, strinse forte le palpebre, concentrato e teso al massimo. Sentì il potere dell'Ambra fluire in lui, scorrere nelle sue vene, dilatarsi dalla mente al corpo, e da lì ancora oltre, sino ad avvolgere ciascuna delle pietre che stringeva in pugno. Respirò a fondo e, quando finalmente fu pronto, riaprì gli occhi sul mondo che come sempre si ostinava a essergli ostile. Ma questa volta, che diamine, avrebbe vinto lui.

Fu un suono sordo, un tonfo secco, uno solo, che centrò il Maegon in piena faccia e fece volare una pioggia di denti. La guardia -colta totalmente alla sprovvista- andò giù come un sacco vuoto, senza un gemito, sputando grumi di sangue. L'altro Maegon si fermò sorpreso, come colto da una fresca brezza primaverile. Possibile che non l'avessero neanche vista arrivare?
Fu allora che Vagun li tempestò scagliando pietre con una rapidità di lancio e una precisione a dir poco incredibili, le braccia che roteavano come furie incontrollabili. Le pietre schizzavano una dietro l'altra, proiettili implacabili, colpirono crani, gambe, schiene, membra, neanche una fuori tiro, dardi celesti di un dio che i Maegon avevano fatto incazzare a morte. Continuò sino a quando finirono tutte le pietre, chissà quante ne aveva lanciate, dieci, cento, che ne poteva sapere. Un'occhiata sul campo di battaglia: uh, sbuffò soddisfatto, stesi tutti e due. Un Maegon tramortito, l'altro piegato a leccarsi le ferite, lo sguardo sui coglioni. Si voltò, pronto a raggiungere i suoi due compagni, ma non prima d'essersi tolto un piccolo sfizio. Portò le mani a coppa sulle labbra e lanciò un grido rivolto ai due lucertoloni.

« E dite grazie che non portavo con me i miei coltelli signori! »

1-1

Astuzia~ 1 CS Tenacia~ 0 CS


Energia residua: 65%
Status Fisico: Ferita da contusione alla nuca (Medio), ecchimosi e escoriazioni superficiali sparse su tutto il corpo (Basso) Danno da soffocamento (Basso)
Status Psicologico: Stordito ma ancora in forze

Passive del personaggio

Ferocia - passiva razziale dei pelleverde, "stomaco di ferro"
Giochi mentali - passiva di I e II livello del talento "Stratega"


Attive

• Colpo da Cecchino__ _“Un buon cecchino deve avere un'ottima mira. Un po' come la sfiga.”

Dopo un breve tempo di concentrazione Vagun è in grado di avvolgere i suoi coltelli da lancio con il potere dell'Ambra: una sorta di incanto che rende le lame avvolte da una lieve aura incolore visibile come un riverbero energetico. Per due turni (compreso quello di attivazione) il Ventaglio di Lame risulterà potenziato e ogni attacco portato con tali coltelli risulterà di potenza media, capace di infliggere danni medi nel punto colpito, che sarà sempre uno. La tecnica può in realtà essere sfruttata su una qualsiasi arma o un oggetto e, se sfruttata con una certa destrezza, sarà in grado di far tornare in mano a Vagun l'oggetto scagliato, senza che esso vada peduto.
{Pergamena Assalto mirato - Consumo Alto}



 
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view post Posted on 16/1/2015, 21:31

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Fetiales; ʤɛna

La vita, in quella strana illusione, scorreva velocemente e a pezzi, come se d’un libro si fossero letti solo i capitoli più importanti, saltando a piè pari tutti gli altri. Che tutta quella vicissitudine fosse un sogno – o qualcosa di simile – Lamrael ormai non aveva più dubbio alcuno. Era intrappolato in quella città bellissima e divina; gli edifici enormi e ricchi di decorazioni, portarono il buon soldato ad arzigogolare su aspetti di una cittadina su cui mai si era soffermato. Era idealmente perso in quel mondo troppo lontano e troppo complesso per essere compreso a pieno. L’uomo osservava quel mondo con occhi puri di chi non era corrotto, di chi riusciva a vedere direttamente l’essenza stessa delle cose, poiché la propria vista non era obnubilata dai fumi del malessere e dalle sensazioni. Era un viaggio onirico alla scoperta di un mondo antico e maestoso, grandioso e primitivo, in cui ogni ingranaggio pareva essere al proprio posto, perfettamente. Tutta la società, l’impero, pareva basato su una sorta di “dittatura” meritocratica, i Maegon in cima a questa piramide, per diritto divino, davano ai senzascaglie (e toglievano con altrettanta rapidità in caso di fallimento) privilegi rilevanti che portavano a vivere una vita più che dignitosa. Lamrael era uno schiavo a tutti gli effetti, puliva e cucinava, serviva e rassettava, eppure godeva di una certa libertà d’azione e, scoprì, che quei Maegon in fondo non erano poi così tremendi come li si dipingeva. Bastava stare al proprio posto e non commettere errori. Certo, quella, per un tipo come Lamrael, non sarebbe mai potuta essere felicità, seppur ricoperto d’oro dalla testa ai piedi era uno schiavo privo di libertà. Però, dietro a quella società, Lamrael ci vedeva una logica, una costruzione ferrea. Inoltre Isaura, la Maegon portavoce di Saator, parve sempre disponibile e compiacente, incline inoltre a soddisfare le curiosità degli schiavi. Xari, che di certo era un tipo molto più colto di quanto Lamrael potesse mai essere, sfruttò la benevolenza dei Maegon per apprendere quanto più possibile sulla loro storia. Il mercenario, che di queste cose non aveva mai cibato il proprio Io, voleva a tutti i costi mettersi alla prova, poiché la sua bestia interiore nutriva e richiedeva soltanto l’amaro piatto della lotta. Dall’era da cui proveniva, circolavano voci sui Maegon, su questi combattenti straordinari in grado di tenere testa a venti umani; figli prediletti dei draghi, rettili giganteschi e antichi, le storie su di loro – intrinseche di paura e rispetto – li dipingevano come soldati inarrestabili, dotati di una forza sovraumana e di armi naturali temibilissime. Lamrael era tutto un fremito, desiderava ardentemente aver la possibilità di saggiare la loro forza, di combattere contro di loro e uscirne non necessariamente vincitore, ma vivo. Non per raccontarlo, l’ammirazione degli altri non era una sua priorità, ma per uscirne più forte, più consapevole, per esasperare ancora quei limiti umani che, in lui, non parevano avere mai una linea ben marcata. Per diventare semplicemente il più grande di tutti.

Giunse nel cortile d’addestramento con le raccomandazioni degli altri schiavi e i moniti di Isaura, Lamrael semplicemente se ne fregò di tutti. Non si sarebbe tirato indietro, la sua natura richiamava in maniera troppo vigorosa quell’esperienza, ogni fibra del suo essere desiderava addestrarsi e combattere contro altri Maegon, non gliene importava nulla di libri e storia, raramente nozioni del genere favoriscono la sopravvivenza, mentre l’allenamento continuo, la sfida, la lotta, potevano renderlo sempre più forte. Lamrael era un ragazzo che credeva molto nei propri mezzi, uno di quei combattenti che si, forse si sopravvalutava, ma che in ogni combattimento non s’arrendeva fintanto che il suo ultimo respiro non fosse cessato. Ciò, questa sua caratteristica, gli permetteva sempre di uscire vivo da ogni scontro.

“La fortuna aiuta gli audaci, Lamrael.”

Gli dissero una volta, come a voler sottolineare la sua fortuna di sopravvivere sempre a ogni battaglia, eppure lui non riusciva a vederla proprio così. Non c’era fortuna nelle sue gesta, non poteva esserci semplicemente perché non poteva essere così fortunato, soprattutto dopo che il caso lo aveva privato di ogni cosa gli appartenesse. Quella era la forza di un eroe forgiato dal caso malevolo, dalle circostanze sfortunate, dalla sopravvivenza ottenuta volgendo oltre i propri limiti. Non aveva chiesto nulla di tutto ciò alla fortuna, semplicemente si era adeguato a ciò che il caso gli aveva riservato. S’era evoluto, volgendo oltre il concetto stesso di uomo, guardando la sua esistenza, il suo dolore, senza più provarne.

Divenendo non più uomo, ma qualcosa di molto più.
Divenendo Lamrael Redskin.
Era semplice evoluzione. Istinto di sopravvivenza. Selezione naturale.


Il cortile era spoglio, il centro era in terra battuta rossa, mentre ai lati spiccavano enormi scaffali in legno con moltitudine di armi, per lo più strane ed esotiche, altre più usuali. In quel frangente Lamrael desiderò ardentemente che la sua ammazadraghi fosse lì con lui e, stranamente, pensò che anche lei avrebbe desiderato esserci. Era un rapporto di simbiosi unico, non era una semplice spada o un blocco di pietra, era un arto, un cuore, era parte stessa del suo corpo, era Lamrael riversato all’interno del metallo. Non era viva, né in grado di provare sentimenti ed emozioni, eppure era la cosa più vicina a un amico che il guerriero avesse. Dinanzi ai suoi occhi, tre Maegon, molto più grandi e spaventosi di Saator, s’allenavano utilizzando una violenza unica. Non erano solo forti, o incredibilmente resistenti al dolore, ma riuscivano a cambiare arma rapidamente, tant’è che potevi aspettarti davvero di tutto, da un colpo di lama a un artiglio, passando dai morsi ai colpi di coda.

Erano imprevedibili, temibili.
Erano ciò che Lamrael desiderava.

Li scrutò per qualche secondo, prima che essi si accorsero di lui interrompendo così l’allenamento. Lo guardarono accigliato, ironici, quasi ridendo sotto quelle scaglie informe e orride, il loro viso pareva una maschera mal riuscita di un sorriso.

« Quid hic agis hic omittere? »

Disse uno di loro, il più piccolo, in una lingua che per Lamrael era sconosciuta, eppure il tono non poteva che essere irridente. La voce del Maegon era profonda, cavernosa, bassa, terribilmente affascinante.

« Numquid insanitis? »

Lamrael non capiva un cazzo, e la cosa iniziava a dargli fastidio. Era lì fermo ad aspettare chissà cosa, mentre quei tre lo irridevano. Ma si convinse a rimanere calmò, lasciò che i rettili lo squadrassero, lo studiassero e lo presero per il culo. Lì lascio fare, come conveniva fare a uno schiavo.

« Io sono Lamrael Redskin, servo di Saator. »

Disse in Comune, non sapendo nemmeno se l’avessero capito.

« Get a telo servus – disse sempre il più piccolo, indicando gli scaffali pieni di armi – pugnabit contra Ephraim. »

La seconda la disse indicando prima se stesso e successivamente lui. Lamrael, nonostante non fosse un pozzo di genio, riuscì lo stesso a intuire ciò che intendeva dire il Maegon: COMBATTERE. Ed era ciò che Lamrael voleva, l’unica ragione per cui si era spinto fin lì. Sorrise, innocentemente, come un bambino dinanzi a tanti doni. Osservò le armi, c’erano strani pugnali, spade ricurve, scimitarre, e tante altre cose che non sapeva nemmeno se si potessero definire armi. C’era veramente l’imbarazzo della scelta. Il soldato optò per l’arma che più conosceva: la scimitarra. Né afferrò due, girandosele tra le mani saggiandone l’equilibrio e la maneggiabilità. Per lui erano fin troppo leggere, due stocchi che non avrebbe fatto fatica a maneggiare. Il Maegon più piccolo si fece avanti solcando a passi pesanti i metri che li dividevano. Probabilmente i Maegon erano troppo orgogliosi per mandare avanti il più forte, anche il più piccolo di loro – che era molto più grosso di Lamrael – sarebbe bastato per sconfiggere un senzascaglie. Per loro non aveva senso farsi avanti. I due, al centro del cortile in terra rossa, si guardarono per qualche secondo, come a volersi studiare. Alla fine fu proprio Lamreal a dare il via alle danze. Il corpo del guerriero si gonfiò oltremodo, la sua muscolatura crebbe istantaneamente come la sua forza. Il Maegon non parve sorprendersi, ma Lamrael s’auguro che presto si sarebbe pentito di quell’irriverenza. Fu veloce e rapido, giocò d’astuzia. Con la mano sinistra il guerriero afferrò un pugno di sabbia rossa e la lanciò rapidamente agli occhi dell’avversario, successivamente avanzò rotolando di lato, scansando il primo fendente del mostro tirato alla cieca – come lui brandiva due scimitarre – e, con rapidità e forza, colpì il mostro alla zampa destra.

« Più sono grossi, e più fanno rumore quando cadono. »

Tuttavia la reazione dell’avversario fu veemente e troppo ravvicinata per evitare il danno: il mostro, appena subito l’attacco, vibrò immediatamente un fendente verso la testa di Lamrael. Come a volergliela tagliare di netto. Lamrael si mosse d’istinto, evitando il peggio, ma la lama penetrò nel braccio destro, scavando nella pelle. Lamrael sorrise, consapevole d’aver trovato ciò che cercava.

Arretrò, portandosi a distanza di sicurezza. I due si guardarono per un secondo negli occhi, entrambi quasi estasiati per la battaglia che, già dal primo assalto, aveva inondato i loro animi di ferocia voglia di combattere. All’unisono partirono, immergendosi nuovamente in quella danza letale, un tenzone alla pari.
Combatterono, come se intorno a loro non ci fosse nient’altro.










Lamrael Redskin



7 cs Forza

Energia: 55%
Status Fisico: 100% Tumefazioni da danno Alto su tutto il corpo; danno basso al pettorale sinistro; danno basso al braccio destro; danno basso generale. danno Basso da strangolamento. Danno Medio al braccio destro da lacerazione
Status mentale: 50% momentaneamente stordito.
Armi: 2 scimitarre;



Abilità Attive:

~ Increase
La rabbia, il dolore, l'allenamento, lo sforzo, tutte componenti che hanno portato Lamrael a sviluppare una forza superiore a quella degli altri, tuttavia in alcune situazioni questa forza potrebbe non essere sufficiente, potrebbe non bastare contro avversario molto più forti di lui, per questo Lamrael ha imparato a spingersi oltre ogni suo limite, oltre ogni umana comprensione. Tuttavia, a volte, questo sforzo porterà danni stessi al corpo di Lamrael e la perdita di razionalità portando Lamrael ad attaccare indistintivamente amici e nemici a guadagno di un maggiore incremento della propria forza. In termini di gdr Lamrael, spendendo un consumo a scelta tra medio, alto e critico, può rispettivamente aumentare i propri CS in forza di 4, 8 e 16 unità. Inoltre, spendendo un consumo pari a critico, il guerriero per un turno di gioco vedrà aumentati i propri CS in forza di 32 unità, tuttavia la sua furia renderà impossibile riconoscere alleati o nemici attaccando tutti indistintamente. Al termine del turno Lamrael subirà un contraccolpo al fisico pari a critico [I-II-III Talento Avanguardia + Pergamena Furia Omicida]. Usato medio.

Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akeran, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno delle madri. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare un mortale più un critico prima di morire, ma la sua mente, altresì, non potrà reggere uno sforzo maggiore di critico. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2]. La sua innata dote, i suoi duri allenamenti e le ore sfiancanti di lavoro, gli hanno permesso di elevarsi rispetto gli altri guerrieri, di essere sempre un passo avanti rispetto ai pari di livello e, altresì, questa dote gli permette di specializzarsi in altri modi di combattere. Lamrael sblocca il livello successivo di dominio e acquisisce la classe campione [Cristallo del Talento + Tomo Sacro].


Note: Sono parzialmente convinto da questo post, ci ho provato a mettere dentro di tutto. Comunque prendo un medio alla spalla e un medio alle energie. Ho provato a sfumare il finale, poiché non avevo intenzione di fare un combat autoconclusivo.



Edited by Lud† - 17/1/2015, 05:22
 
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view post Posted on 17/1/2015, 18:42
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ʤɛna; nel profondo

Follia, mia grande giovane nemica,
un tempo ti portavo come un velo
sopra i miei occhi e mi scoprivo appena.
Mi vide in lontananza il tuo bersaglio
e hai pensato che fossi la tua musa;
quando mi venne quel calar di denti
che ancora mi addolora tra le spoglie,
comprasti quella mela del futuro
per darmi il frutto della tua fragranza.


cPCCuvv

Il silenzio aveva una forma, per Intet. Era come un morbido letto di fogli bianchi; uno stagno calmo in cui il suo corpo restava freddamente adagiato. Era un sudario nel quale il suo ricordo avrebbe dovuto morire, senza che le pietre scagliate dagli accidenti ne turbassero le acque; senza che le parole pensate dagli sciocchi rimanessero impresse su quelle pagine. Era una gelida nevicata d'inverno, destinata a seppellirla dove nessuno avrebbe mai più potuto trovarla, nel freddo e muto tormento della solitudine.
Eppure, così non fu.
Pensieri e parole; insieme prendevano l'aspetto di terribili sciami di insetti che ronzavano intorno al suo corpo, che succhiavano il suo sangue, che mordevano la sua carne, che incidevano la sua pelle, che la distraevano come luci che si susseguivano aldilà delle sue palpebre chiuse, o come inquietanti ombre sulle pareti della sua coscienza. Fu questo insieme di sensazioni a toccarne la mente come una lacrima gelata che gocciola all'interno di una caverna, riscuotendola dalla ragnatela di pensieri e ricordi che la teneva sospesa.
Il mondo intorno a lei era cambiato. Lei stessa era cambiata. Il futuro era giunto con la forza travolgente di un uragano, sparpagliando tutto ciò che era stato di lei.

« Cinque piccole luci che baluginano nell'oscurità, » disse aprendo gli occhi e bagnando il capo nelle acque della comprensione. « senza alcuna corrente d'aria che le conduca al di fuori del baratro. »
Avrebbe dovuto sentirsi in colpa? Dispiaciuta?
« Curioso » respirò forte. « e triste. »
Come se un principe avesse appena spezzato l'incantesimo che la tratteneva, si svegliò.

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ʤɛna; cella dei Maegon

« Tutto questo è incredibile. »
Dopo il suo primo incontro coi Maegon, Venatrix si era limitato a seguirne pedissequamente le istruzioni. Gli antichi abitanti di ʤɛna l'avevano condotto rispettosamente verso l'interno delle rovine, mostrandogli ciò che restava della città. Curiosamente il drago non riusciva a ricordare che percorso avessero fatto per raggiungere la stanza in cui si trovavano in quel momento, né da quanto tempo fossero in cammino; restava convinto di essere sotto la pesante influenza delle antiche difese del luogo, ma gli venne spontaneo chiedersi perché i Maegon presenti non le avessero disattivate dopo il loro incontro. La sorpresa di ciò che gli apparve innanzi agli occhi, però, fu tale da cancellare immediatamente qualsiasi dubbio dalla sua mente.
Si trovava all'interno di un edificio, in una camera rettangolare chiusa, lunga almeno un centinaio di metri, senza porte né finestre. Intorno a lui, Maegon di tutte le forme, aspetto e dimensione si prostravano e si genuflettevano per portargli rispetto, chiamandolo continuamente "Primogenitus" e intonando brevi cori di preghiera. Lui a malapena riusciva a capire che cosa stessero dicendo, poiché il loro linguaggio era primitivo e le loro voci erano talmente tante da confondersi tra loro.
Davanti a lui prendeva vita l'antichità; il passato. Creature che avrebbero dovuto essere scomparse dalla faccia di Theras da secoli parlavano e respiravano a pochi metri di distanza da lui, miracolosamente vive. Il peso che una tale rivelazione avrebbe avuto sulle società dei mortali era incalcolabile e le reazioni imprevedibili.
I Maegon gli si presentavano come una società vagamente primitiva, ma inorgoglita dalle proprie tradizioni: indossavano abiti tanto consunti quanto elaborati, accompagnati da una grande quantità di orpelli barbari e selvaggi, dove altri avrebbero indossato del semplice oro. Parlavano in una lingua antica simile a quella dei draghi e discutevano tra loro con stupore e saggezza. Sui loro visi era dipinta un'espressione di speranza che il drago non seppe comprendere, limitandosi a osservare il susseguirsi degli eventi.

Dopo qualche minuto, un Maegon più grosso degli altri si avvicinò a lui. Aveva il corpo avvolto in una sontuosa pelliccia di Ayilar e sulla testa portava un grande copricapo di piume colorate; alle orecchie indossava numerosi orecchini fatti d'osso, e bracciali e cavigliere dello stesso materiale tintinnavano a ogni suo movimento. Lo superava in altezza di un intero metro, ma comunque si inchinò al suo cospetto.
Quando parlò, lo fece in lingua comune.
« Benvenuto, primogenito. Ti aspettavamo. » Disse con voce cavernosa. La confusione sul volto degli altri Maegon rese evidente a Venatrix che non comprendevano quella lingua. Ciò lo rassicurò e lo indusse a rispondere più spontaneamente.
« È sorprendente. » disse il drago con genuino stupore. « Ero convinto che la vostra razza fosse estinta. In effetti, tutta Theras lo è. »
« Perché ciò corrisponde al vero, Primogenito. » rispose l'altro in maniera criptica. « I Maegon non esistono più. Noi siamo solamente i cocci sparpagliati di ciò che ha rappresentato il nostro impero. Non siamo niente più che fantasmi. »
« Eppure, vivete. »
« Eppure, viviamo. »
Venatrix attese qualche secondo, ma il Maegon non sembrava voler aggiungere nulla a quelle affermazioni, dunque decise lui di condurre la discussione. « Avete detto di starmi aspettando. » affermò con curiosità, velatamente tentato dalle risposte. « Come potevate sapere che sarei arrivato qui? »
« La profezia. » fu la risposta, non meno criptica delle altre. « "Le ali dei draghi caduti si rifiutano di lasciare il cielo; roteando, si ripetono eternamente." Sapevamo che un nuovo Dio sarebbe tornato a ʤɛna, prima o poi. Quanto tempo sarebbe servito, non ha mai avuto importanza. »

Fu in quell'istante che tutte le informazioni raccolte da Venatrix fino a quel momento iniziarono a incastrarsi insieme, componendo i pezzi di un complesso mosaico. Iniziò a guardarsi intorno con confusione, constatando la mancanza di uscite da quella stanza e capendo lentamente tutto ciò che gli era successo.
« Questo posto... » sussurrò con indecisione « ...non esiste. »
Il grosso Maegon sorrise condiscendente.
« Per questo la città è introvabile per i mortali... nemmeno le difese esistono realmente, quindi. Dove ci troviamo? Nell'Oneiron? In un sogno? »
Il suo interlocutore scosse la testa in un evidente cenno di diniego.
« In una memoria. » affermò con decisione. « O, per meglio dire, nei frammenti di memoria che rimangono di ʤɛna, cristallizzatisi e fatti reali grazie al potere della Sognatrice. La nostra città non esiste più da lungo tempo su Theras, e camminare vicino al luogo dove si erigeva è pericoloso per i mortali: rischiano di rimanere ingarbugliati nella ragnatela dei ricordi e di non poterne uscire. »
« Ma com'è possibile? » chiese Venatrix, sempre più stupito. « Come possono delle semplici memorie divenire delle realtà distinte e concrete? »
Il Maegon sospirò lungamente e si preparò a una complessa spiegazione.
« A causa della Sognatrice. »
Si allontanò e fece cenno al drago di seguirlo, che si mise placidamente dietro di lui. Il Maegon lo condusse verso i margini della stanza, dove ordinò ad altri suoi simili di illuminare le pareti: queste erano interamente ricoperte da incisioni, bassorilievi e raffigurazioni che rappresentavano la città di ʤɛna e la società dei Maegon, fin dalla sua origine. Erano spigolose e difficili da interpretare, ma in alcune di esse si distinguevano nitidamente le creature lucertoloidi che si inchinavano innanzi alla figura maestosa di un drago, schiavi umani che lavoravano e tesori a non finire.
« Fu la sognatrice a volere la costruzione di ʤɛna. » disse il Maegon, mentre mostrava a Venatrix le rispettive rappresentazioni. « Ella si mostrò a noi quando l'impero era al culmine della sua potenza, esponendoci il grande progetto di quella che sarebbe divenuta la capitale spirituale del nostro mondo. »
« Noi abbiamo costruito secondo le sue precise indicazioni, senza mai chiedercene il motivo. » "abbiamo fatto costruire" avrebbe voluto correggerlo il drago, ma non intervenne. « Fino a quando non fu troppo tardi. »
« La Sognatrice aveva un interesse. Ci utilizzò per i suoi scopi. Benché nessuno se ne fosse accorto, ella era stata sedotta dalla Tentatio - o forse era sempre stata sua schiava - e stava tentando di ottenere il tesoro più grande conosciuto all'uomo. Alle nostre spalle, progettava di usarci per entrare nella dimora dell'eterno e mutare il mondo, tessendo l'intreccio dell'intera esistenza. »
« L'Asgradel... » sussurrò Venatrix, in un barlume di comprensione.
« Così come voi lo chiamate. » continuò l'altro, imperterrito. « Ma fallì. »
« ʤɛna avrebbe dovuto essere la soglia, ma la Sognatrice fu frettolosa e rovinò la sua stessa opera. Forse fu la Tentatio a renderla tale, corrompendola definitivamente quando si trovava a un passo dalla realizzazione del suo obiettivo e cedette al vizio. »
« Le conseguenze furono catastrofiche. Solamente alcune memorie sparpagliate della città sopravvissero, mentre tutto il resto sparì nel vortice caotico dello spazio e del tempo. Queste memorie presero una forma ben definita nello spazio fra Theras e l'Oneiron e ci permettono di condurre una labile esistenza ai limiti dell'assurdo. Sono come isole inesistenti, che a malapena noi Maegon riusciamo a capire come attraversare e manipolare, dopo secoli di tentativi. »
« Ma com'è possibile che nessuno l'abbia scoperto fino a oggi? » chiese Venatrix, dubbioso. « Che nessuno vi ci sia imbattuto prima? »
L'altro gli rispose sempre più criptico. « i demoni emergono; divorano il mondo; squarciato è il velo; il ciclo ha inizio nuovamente. »
« Noi siamo i Feziali. » continuò l'altro con solennità. « Il nostro sacro dovere è quello di assicurarci che la profezia trovi compimento e, con essa, la nostra vendetta contro la Sognatrice. Per farlo abbiamo dovuto permettere a uno di noi - il più potente fra noi - di uscire da ʤɛna e raggiungere Theras. Questo semplice processo ci ha indebolito enormemente, rendendo più labile il confine fra i due mondi. »
« Solo così Intet potrà pagare per i torti inflitti al nostro popolo. »

Quella serie di rivelazioni fu scioccante. In pochi minuti Venatrix era venuto a conoscenza di uno dei segreti più arcani celati su Theras: alcuni frammenti dell'impero Maegon che ancora vivevano al confine fra il sogno e la realtà, intrappolati fra i ricordi di ciò che era stata la città di ʤɛna. E uno di loro, a quanto sembrava, era riuscito a liberarsene per tornare a calcare i piedi sulle sabbie presenti dell'Akeran.
Tuttavia, solamente una parola di quelle pronunciate rimase impressa nella mente del drago.
« Intet? » chiese, visibilmente stranito. « Intet de Ferre Aer et Verum Memoriae von Draconis? »
Il Maegon fece un cenno di assenso.
« Mia madre? »

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ʤɛna; Xari Drenthe

i0oUb8z
« Un tempo, un uomo mi raccontò una storia. »
Xari sarebbe senza dubbio balzato di paura quando la donna gli apparve alle spalle. Niente pareva capace di spiegare da dove fosse venuta, né che cosa ci facesse lì in quel momento, negli angusti e bui corridoi della piramide di Saator a notte fonda.
Era una donna di sconvolgente bellezza, dai tratti vagamente orientali e con una lunga chioma di capelli neri trattenuti da un copricapo esotico. Vestiva di rosso e oro, e indossava tanti gioielli quanti ne portava un Feziale; aveva il vago aspetto di essere una danzatrice o un'odalisca, impressione accentuata dal suo modo grazioso di muoversi e camminare. In quel momento reggeva tra le mani una candela accesa e si rivolgeva a Xari con voce dolce, come se l'avesse accompagnato sino a quell'istante. Continuò a parlare con tono misterioso, senza temere di sorprenderlo.
« Disse che una volta c'era un serpente brutto e debole, che il massimo che poteva fare per affrontare la vita era tentare di spaventare i suoi nemici con il veleno che non aveva, soffiandogli contro e poi nascondendosi sotto la sabbia. » sorrise comprensiva. « Non servì molto tempo perché tutti scoprissero il suo gioco e il serpente, stanco delle vessazioni delle creature più grandi di lui, decise di avventurarsi verso la cima di una montagna. »
« Durante il viaggio crebbe e divenne più forte. » amiccò seducente. « Incontrò un'aquila che tentò di mangiarlo, ma riuscì a spaventarla, poiché ella non sapeva che lui non possedeva veleno. Affrontò una donnola altrettanto minacciosa e scoprì che il fischio prodotto dal suo soffiare era insopportabile per le orecchie del predatore. Infine riuscì persino a superare un minaccioso elefante, strisciando sotto la sabbia e scavando sotto le sue zampe. »
« Quando arrivò sulla cima della montagna, il serpente scoprì di non essere un serpente. » terminò, solenne. « Scoprì di essere un drago. »
Sorrise e quasi si mise a ridere, ma contenne educatamente quella reazione portando una mano alla bocca, in maniera elegante. Infine tornò a guardare più seriamente Xari, tentando di coglierne qualche reazione preventiva alla risposta.
« Quell'uomo mi disse che non avrei dovuto calpestare i serpenti; che ogni creatura vivente merita la possibilità di scalare le montagne, non importa quanto difficile possa essere per loro. » Il suo sguardo si fece improvvisamente severo. « Eppure, io credo che se l'eterno avesse voluto che i serpenti toccassero il cielo, avrebbe dato loro delle zampe, o delle ali. »
Chiuse gli occhi, in un gesto di inconcepibile differenza.
« Io e quell'uomo litigammo senza raggiungere una risposta. » sussurrò, visibilmente addolorata da quel ricordo. « Credi che uno schiavo curioso come te possa aiutarmi nel comprendere la morale di una favola così bieca? »

ʤɛna; Lamrael Redskin



SaypieS
Il combattimento tra Lamrael e il Maegon continuò per diversi minuti, scatenando le ire delle antiche progenie dei draghi lì presenti. I lucertoloidi infatti parevano oltraggiati dal modo in cui un semplice schiavo riusciva a tenere testa a uno di loro e persino a ferirlo. Arrivarono persino a impugnare le armi e a prepararsi a intervenire nel caso in cui la situazione fosse volta verso il peggio per il loro compagno, che tuttavia stava chiaramente facendo loro cenno di tenersi in disparte.
Lamrael sarebbe infine riuscito a prevalere, se non fosse stato per un avvenimento che interruppe del tutto il combattimento. Una donna apparve ai margini del cortile, apparsa come dal nulla. Era una bellezza esotica dagli occhi vagamente a mandorla, avvolta in uno strascico di seta rosa che nascondeva a malapena le curve eleganti del suo corpo. Fra i capelli portava degli elaborati fermagli d'oro a forma di fiore e si muoveva senza provocare alcun rumore.
Nel vederla, i Maegon presenti interruppero immediatamente le loro attività e si inchinarono tutti ossequiosamente. Lei tuttavia ci fece poco caso, dirigendosi verso Lamrael e notandoli a malapena.
« Ho visto qualcosa di raro. » affermò la donna dolcemente, con tono seducente. « Un semplice schiavo che riesce a tenere testa a un membro delle guardie armate di Saator. »
La donna girò intorno a Lamrael con lentezza, visibilmente colpita dal suo corpo tonico e muscoloso e ammirandone la struttura.
« Dunque mi sono chiesta: » continuò, distaccata e gentile come sempre. « "Chi mai potrebbe essere capace di tale impresa?" »
Si fermò, osservando enigmaticamente Lamrael negli occhi, fissamente e senza sbattere le palpebre.
« Sei in grado di darmi tale risposta? »
I Maegon lì presenti ringhiarono, come se fossero gelosi del fatto che la donna si rivolgesse direttamente a uno schiavo invece che a loro. Solo in quel momento lei li guardò e, con movimenti eleganti, li raggiunse senza permettere loro di alzarsi. Quando si trovò in mezzo ai soldati, prese ad accarezzarne i corpi e le scaglie come se fossero i loro amanti, ammirandone le figure massicce e sorridendo alle loro reazioni: le antiche progenie dei draghi si ritiravano spaventate al suo tocco, come fa un cane che abbassa la testa vedendo la mano di un padrone violento, anche quando questi vuole solamente coccolarlo. Dalle loro fauci serrate provenivano lamenti sommessi e piagnistei acuti: suoni che fino a quel momento Lamrael non avrebbe neppure mai pensato un Maegon potesse produrre.
Innanzi a lei, non erano che animali di compagnia. Tutt'al più schiavi.
Era evidente, però, che se la donna avesse fatto intendere loro che Lamrael costituiva una minaccia, nessuno di loro avrebbe esitato nel gettarsi sullo schiavo e massacrarlo con tutte le proprie forze, in difesa della propria padrona.
« Dunque chi sei in realtà? » ripeté lei, lanciandogli un'occhiata di velata minaccia « E come sei arrivato qui? »

ʤɛna; Vagun, Arsona Jahan, Mehmet Şahin



Il trionfo di Vagun venne sfatato velocemente. Non appena il goblin terminò di parlare, un eco roboante risuonò per le strade di ʤɛna, simile al suono di un grosso corno. Gli abitanti della città si ritirarono immediatamente all'interno dell'abitazione e, come le formiche quando il loro formicaio viene disturbato, i Maegon iniziarono a fuoriuscire a decine dalle loro piramidi, arrampicandosi sulle pareti e sui gradoni con la stessa semplicità con cui una lucertola si muove su di una superficie verticale.
Un allarme.
« Presto! » urlò Mehmet, accalorato dalla situazione e tentando di indurre nei suoi compagni un senso di pericolo grave tanto quanto il suo. « Dobbiamo trovare un luogo dove nasconderci! »
Il trio si fiondò per le strade di ʤɛna con la stessa abilità di un ladro inseguito, come se le conoscessero a menadito, infilandosi in ogni vicolo e cambiando velocemente strada quando sentivano le parole dei Maegon che li braccavano. Ben presto capirono che quella fuga senza meta non li avrebbe condotti da nessuna parte, ma ciò nonostante non avevano altra alternativa che cercare di seminare le guardie che li volevano acciuffare.
Dopo qualche tempo, si ritrovarono al centro di un vicolo. Da entrambe le estremità provenivano le voci delle guardie che li avevano accerchiati. Tutto sembrava perduto, quando la porta di una piccola abitazione che si affacciava su quella stradina si socchiuse leggermente; dall'interno provenne la voce di una donna.
« Qui dentro. Oppure vi scopriranno. »
I tre non se lo fecero ripetere due volte e si catapultarono all'interno della baracca, lasciando il vicolo alle loro spalle completamente vuoto.
L'interno dell'edificio era spoglio e spartano; evidentemente l'abitazione di un senzascaglie. I pochi mobili erano di legno vecchio e brutto e l'unico materasso presente era steso per terra, senza alcun sostegno. L'aspetto della donna che li accolse, dunque, fu in terribile contrasto con quella visione: era bellissima, seducente ed esotica, abbigliata come un'odalisca e ricoperta d'oro e gioielli. Tratteneva i lunghi capelli neri in due fermagli a forma di fiore e li osservava con curiosa ingenuità, come un bambino che vede la neve per la prima volta.
« Vi ho salvato la vita. » disse con voce fanciullesca e giocosa. « Sono certa che avrete la cortesia di ricambiarmi il favore. »

JtXM2ww



CITAZIONE
Questo
post
è stato
un parto.

Detto questo, BOOM REVELATIONS. Se non altro ora una delle ragioni della caduta dell'impero Maegon è più chiara: non dev'essere bello quando una delle capitali del tuo regno sparisce nel nulla, di punto in bianco e si frammenta nello spazio e nel tempo. Tutto merito della bellissima madre di Venatrix che presento per la prima volta in questo post e che ci fa capire immediatamente due cose:

1. Venatrix ha preso la sua bellezza da lei, visto che è una MILF della madonna.
2. Venatrix si è innamorato di Eitinel probabilmente perché somigliava a sua madre. Sotto diversi aspetti.

Il prossimo post è una fase in confronto (l'ultima della quest, lo giuro). La situazione è come vi si presenta nel paragrafo dedicato; non sapete che la donna che vi trovate davanti è Intet, ma avete la possibilità di instaurare un dialogo. A voi la penna, e spero che tutte queste informazioni non vi scombussolino troppo! :v:
 
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Lenny.
view post Posted on 22/1/2015, 18:07




Fetiales~
ʤɛna


Quasi alla cieca.
Le strade della capitale Maegon gli correvano sotto i piedi una dietro l'altra, vicoli confusi, uno uguale all'altro, e lui in fuga a perdifiato, via, polvere di sangue e sudore a chiudergli la gola, a capofitto, Mehmet e Arsona dietro, le grida dei lucertoloni alle loro spalle, la tosse lo squarciava dentro, ma non si poteva fermare, mettersi in salvo, ecco quel che doveva fare, meglio crepare da fuggiasco che finire di nuovo nei foramina, e almeno in quello sapeva d'essere il migliore, una vita intera passata a fuggire, e forse così doveva andare, nascere e morire in fuga, gli sarebbe quasi venuto da ridere, non fosse per il terrore.
Un vicolo a destra. Quasi alla cieca, di corsa, come sempre. Quello che doveva fare: le porte. La prima, la seconda, la terza, si aprì dall'interno. Una voce li chiamò, fece loro segno di entrare. Un battito di ciglia, e furono dentro.

« Vi ho salvato la vita. Sono certa che avrete la cortesia di ricambiarmi il favore. »

Vagun si accasciò di schiena contro la parete, ancora ansante, sfinito dalla corsa. A salvargli la vita era stata una donna giovane e -secondo i criteri umani- a dir poco splendida, di quelle che riuscivano a catturare la maggior parte degli uomini col solo sguardo, a colpirli nel loro punto più debole, a metà strada tra l'uccello e il cuore. E per fortuna Vagun non era un essere umano. Conosceva bene i punti di forza delle donne, e per questo le rispettava, perché come lui -in un mondo dominato dall'uomo- riuscivano a farsi strada sfruttando le armi che la natura le aveva donato. Ma quella donna in particolare, la sconosciuta che li aveva accolta in casa, aveva qualcosa d'altro nello sguardo, una luce che Vagun non aveva mai incrociato negli occhi di nessuna donna. Qualcosa di spaventoso, di antico quanto il mondo, e che in un modo totalmente irragionevole e assolutamente inspiegabile lo inquietava.

« Hue! La bontà incondizionata degli umani non finirà mai di stupirmi. Purtroppo al momento noi eroi siamo un tantino spossati, signorina. Mica avete qualcosa da farci mettere sotto i denti per recuperare le forze? »

Commentò con sarcasmo, abbassando lo sguardo. Se quella splendida creatura aveva intenzione di fare il gioco delle maschere con lui, avrebbe scoperto nel goblin un avversario più che valido. Senza creare alcuna ostilità, perché inimicarsi anche la loro salvatrice sarebbe stata la ciliegina su una torta di catastrofi. Ma in ogni caso avrebbe tenuto mente e orecchie ben aperte, perché ogni angolo di quella stramaledetta città nascondeva un agguato.

« Oh, potete chiamarmi Vagun. Al vostro servizio, naturalmente. »

La donna rise. Una risata innocente, da bambina, di quelle che avrebbero portato chiunque a fare qualsiasi cosa, a commettere il crimine più efferato e gratuito come se fosse l'azione più insulsa del mondo. Era una femmina che non avrebbe mai pianto, che niente avrebbe mai potuto sconvolgere, dietro la maschera da ragazzina ignorante e inconsapevole della sua carne bianca, e per questo ancor piú temibile nel momento in cui si fosse mostrata a Vagun per ciò che realmente era. Una veste discinta, che lasciava appena intravedere il corpo perfetto, il seno turgido, ambito premio di ogni uomo, una risata cristallina e della focaccia calda, appena sfornata. Tanto sarebbe bastato a fottere chiunque, ma non lui.

« Apprezzo sia le buone maniere che chi è in grado di strapparmi un sorriso. Non avete nulla da temere da parte mia. Siete degli schiavi ben strani. Coraggiosi e vivaci come pochi se ne vedono. Immagino che abbiate una storia interessante alle spalle, da raccontare. »

Vagun addentava il naan con voracità ma la sua attenzione era tutta per la misteriosa fanciulla. Preferì restare sulla difensiva, perché quegli occhi a mandorla gli incutevano terrore fin nelle ossa, i peli ritti come spilli, il cuore che batteva a tamburo. Nello sguardo di quella donna tutto ciò che vedeva era una catasta di cadaveri: visione di ciò che poteva succedere di lì a poco, l'abisso spalancato da un sorriso dolce e una risata pacata.

« Ci siamo finiti per caso in mezzo a quel bordello. E non sono uno schiavo. Questo è stato il nostro primo e ultimo giorno di lavoro, parola mia. »

Replicò seccamente mentre si leccava le dita, scrutandola ancora con la coda dell'occhio. Poi si guardò attorno. Meglio essere schietti sin da subito, e non girare troppo attorno a ciò che più gli premeva sapere.

« Invece mi stavo proprio chiedendo dove sono capitato. Una bella casa, dell'ottimo naan, una pupa niente male, anche se troppo poco verde per i miei gusti...dov'è la fregatura? »

Lei rise ancora una volta, compiaciuta.

« Avrei, in effetti, una richiesta che solamente un uomo libero avrebbe il coraggio di soddisfare. Sto cercando qualcuno che vada a consegnare un messaggio agli schiavi trattenuti nei foramina. Convenientemente voi siete in tre, esattamente come le cave. Se farete questo favore per me, allora nella giornata di domani, a ʤɛna, ci saranno molti meno schiavi. »

Vagun sgranò gli occhi, visibilmente sorpreso. Si aspettava una fregatura, questo si, ma non così grossa.

« Cioè..vorresti farci tornare nel posto da cui siamo appena fuggiti? Ma..ma..Un momento: prima di condannare a morte questi tre poveracci potresti avere la cortesia di spiegare cosa sta succedendo? »

« Proprio perché siete riusciti a fuggire dai foramina, ammetterete di essere la scelta più ragionevole fra coloro che possono rientrarvi. Per quanto riguarda le mie ragioni... non credi anche tu che tutti gli schiavi debbano avere l'opportunità di tornare a essere liberi esattamente come avete fatto voi? A molti di loro manca soltanto il giusto incoraggiamento per ribellarsi. »

A questo punto intervenne Mehmet, sbucando come dal nulla.

« Sì, ma parliamoci chiaro. Non abbiamo nemmeno intenzione di considerare di fare questa cosa se in cambio otterremmo soltanto la gratitudine di un pugno di schiavi. Iniziamo a discutere di un compenso più concreto. »

« Se tutto andrà come deve i Maegon saranno troppo impegnati a combattere gli schiavi ribelli per fare la guardia alle loro piramidi, o a tutto ciò che contengono. »

« Tutto ciò che contengono..»

Ripeté Vagun come imbambolato, soppesando le parole della donna mentre fissava un punto vuoto di fronte a sé. Non faceva una piega. Malgrado l'asfissiante sensazione di trovarsi incastrato in un progetto premeditato da chissà chi e per chissà quale scopo, non gli andava per nulla giù l'idea di tornare a Basiledra a mani vuote. L'idea di fare una figura così meschina gli stringeva lo stomaco. Tirò un lungo sospiro, rassegnato a dover rischiare la pelle ancora una volta. Ma questa volta -per scaramanzia- sperò che Mehmet seguisse Arsona anziché lui.

« Senti..come hai detto che ti chiami? Avresti anche qualcosa da bere? Qualcosa di forte magari, ecco quel che mi servirebbe adesso..»

« Il mio nome non ha importanza; rivelartelo mi metterebbe solo in pericolo, non credi? Molto più importanti sono le parole che dovrete comunicare agli schiavi: "il filatterio è andato distrutto. »

Pausa. Il tempo di assorbire il colpo, di comprendere che una vera scelta. dopotutto, non esisteva. Non era mai esistita. Vagun accettò una bottiglia di rosso presente sul tavolo -benché non se ne fosse accorto prima- e ingollò un paio di sorsi direttamente dalla canna, poi si ripulì le labbra col dorso della mano e la offrì a Mehmet.

« Ricapitolando, amico mio: dobbiamo soltanto liberare un esercito di schiavi, fiondarci a casa dei Feziali, ritrovare i nostri compagni, svuotare qualche cassaforte, e se avanza tempo ritornare a casa tutti interi...Che fortuna, iniziavo ad annoiarmi dopo questi ultimi due minuti di riposo. »

Elencò man mano sulla punta delle dita. Poi tornò serio, e si rivolse alla sconosciuta.

« E di grazia, potremmo almeno sapere che roba è questo filatterio? »

« Se tutto questo è veramente un sogno, come minimo voglio terminarlo con più oro di quanto il Sultanato ne abbia mai visto. E anche se non lo fosse, scoprire dove i Maegon tenevano il loro oro nel passato ci aiuterà a scoprire che fine ha fatto nel presente. »

« Non vi chiedo certo di partire ora. Prendetevi pure tutto il tempo necessario a riposarvi. Anzi, sarebbe inopportuno muoversi prima di domani, con tutte le guardie che vi stanno ancora cercando. Il filatterio è l'artefatto che tiene legati tutti gli anelli degli schiavi e permette ai padroni di controllarli. Distrutto quello, gli schiavi non potranno più essere soppressi e, se le mie previsioni sono corrette, troveranno il coraggio di ribellarsi contro il potere che li tiene soggiogati. Naturalmente ciò vale anche per gli anelli che portate al collo voi stessi. Un'altra persona si sta occupando della distruzione del filatterio; un vostro amico, se non vado errata. »

Vagun si rilassò sullo schienale della sedia, tirò un lungo sospiro e si concesse un mezzo sorriso. Poter finalmente prendere un po' di respiro, sapere di non poter finire più strozzati dai collari, e che Xari o Lamrael non erano rimasti con le mani in mano lo rinfrancò. Quantomeno, non era l'unico a darsi da fare per tornare a casa.

« Ei, vacci piano con le buone notizie..non siamo abituati. »

Ma bastò pensare a ciò che lo aspettava -tornare in quell'inferno di creature straziate, svaligiare una reggia piena di lucertoloni, incamminarsi per miglia e miglia alla volta di Basiledra- per fargli salire di nuovo il malumore. Ma per il momento si sarebbe limitato a seguire il corso di quegli eventi, ragionando allo stesso modo di Mehmet. Se tutto ciò che stavano vivendo era davvero un sogno, come minimo voleva terminarlo tornando a casa come il goblin più ricco dei Quattro Regni. E finalmente, per una volta nella vita, sarebbe stato lui a guardare gli uomini dall'alto in basso.

« Sarà meglio muoversi di notte. »

1-1

Astuzia~ 1 CS Tenacia~ 0 CS


Energia residua: 65%
Status Fisico: Ferita da contusione alla nuca (Medio), ecchimosi e escoriazioni superficiali sparse su tutto il corpo (Basso) Danno da soffocamento (Basso)
Status Psicologico: Stordito ma ancora in forze

Passive del personaggio

Ferocia - passiva razziale dei pelleverde, "stomaco di ferro"
Giochi mentali - passiva di I e II livello del talento "Stratega"





 
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view post Posted on 24/1/2015, 23:00




La sensazione di soffocamento lo colse nuovamente impreparato, come se Taigam avesse stretto l'anello al collo un'ultima volta.
Xari era stato a letto con molte donne: ne aveva accarezzato la pelle, assaggiato il sapore, assaporato il respiro. Nella sua vita, tuttavia, non aveva mai incrociato lo sguardo con una dama come quella che gli stava parlando. Era molto più che bella: era una dea. Il suo fascino era ultraterreno, la voce garbata e soave; non esisteva alcun tratto in lei che fosse fuori posto, od eccessivo. Se gli dèi avevano mai calcato il suolo di Theras, quello doveva essere l'aspetto prediletto da Yffrie.

Il pensiero lo preoccupò.
C'era qualcosa di intimaemente strano in quella dama - una sensazione istintiva che lo metteva in guardia, come se tante qualità fossero soltanto un sottile velo per celare centinaia di lame.
Poteva colpevolizzare la stanchezza, o la natura volubile della memoria... ma qualcosa gli diceva che ella non era umana, e che stava giocando con lui come il gatto fa con il topo.

"Loec, vedi di dare una mano", pregò mentalmente, nonostante probabilmente il dio si trovasse piuttosto fuori portata in quell'era.
« L'imperatore una volta scrisse: come dovresti essere? Sii come un promontorio roccioso contro il quale si abbatte continuamente l'instancabile marea. Resta saldo sino a quando le acque s'addormenteranno ai suoi piedi. Sento dire: "Che sventura che questo sia capitato proprio a me!", ma non è così. Si dovrebbe invece dire "che fortuna che io non sia stato spezzato da ciò che è accaduto, e non tema ciò che deve ancora succedere." Perchè lo stesso colpo avrebbe potuto sconfiggere molti, ma non chi lo ha accettato senza cedere alla rassegnazione ed al lamento. »
Xari sorrise cortesemente, lusingato dall'attenzione della donna. I versi che aveva appena recitato appartenevano ad un filosofo le cui letture aveva sempre trovato piacevoli; era notevole pensare come, in futuro come adesso, certe novelle potessero calzare perfettamente alla situazione occorrente.
« Se il serpente fosse stato sconfitto dai suoi limiti, sarebbe stato travolto dalla marea; sono però stati quei limiti a convincerlo a scalare la montagna ed aiutarlo a superare le avversità. Forse il serpente non ha conquistato il cielo: forse ha solo vinto se stesso. Ha scoperto chi è. »

La sensazione di disagio non si sciolse; la serafica maschera che aveva indossato - facciata che normalmente adottava con totale disinvoltura e malizia - gli pareva ora grottesca, artificiale. Lo sguardo magico della dama misteriosa sembrava in grado di disgregare ogni finzione, osservando ben al di là di ciò che la sua abilità potesse imbastire per proteggersi.
Senza dimenticare il sottile sospetto che lo sfortunato serpente potesse essere lui.

« Ciò nonostante, come tutti i serpenti, resterà l'incarnazione della bugia e dell'arroganza. », rispose lei, sospirando. « C'è della crudeltà nel concedere un'opportunità che non potrà mai essere colta; forse persino più che nell'impedirla maternamente sin dall'inizio. Tuttavia ti dimostri coerente nel tuo comportamento. Lo apprezzo. »

Il timore di soffocare si tramutò nella rassegnata realizzazione di star lentamente affondando in una malsana palude. La premurosa cautela che la dama palesava, guardandosi attorno per sincerarsi di non essere stati origliati, pareva falsa almeno tanto quanto la cortese arguzia di Drenthe. Xari non riusciva a capire chi fosse, nè quale ruolo avesse quel particolare personaggio all'interno della memoria, ma sembrava in grado di rivolgersi a lui come nessun altro aveva fatto sinora nell'antica ʤɛna. I gesti della donna gli diedero tempo di raccogliere i propri pensieri, cercando di focalizzare la propria attenzione su colei che gli stava innanzi.
"Non porta alcun anello costrittivo al collo", notò. Non aveva visto alcun senzascaglie privo di contrassegno: poteva soltanto ipotizzare che ella fosse molto più di quanto appariva.

« Dimmi quindi, velenoso amico: provi gioia nell'illuderti di riuscire a toccare la vetta, o sei semplicemente alla ricerca di te stesso?
Quasi nessuno schiavo crede realmente di poter conquistare il cielo.
»
« Ciononostante ci prova. » Xari ridacchiò, osservando con discrezione la donna. La sua ilarità era sorprendentemente genuina: che risposta si aspettava di trovare? Era una domanda che poteva porre sia a se stesso che a quella dama. « E' curioso: un amico mi ha posto la stessa domanda recentemente, », eppure in tempi così remoti, « e gli ho fornito una risposta evasiva. Un cambio di prospettive; eppure, non è così. Il serpente striscia, ma è irrequieto: forse ha solo paura di ammettere a voce alta la sua ignoranza - ammettere che gli manca qualcosa. Deve rimanere saldo, altrimenti verrà schiacciato. La sua sete di risposte è così blasfema ai vostri occhi? »
Quasi non riconobbe la sua voce: aveva voluto rispondere con sincerità, ma il trasporto aveva condotto molto altro nel tono della sua domanda; v'era un pizzico di irritazione, di sconforto - di malinconia? Xari non era forse pronto a conoscere la risposta a quel delicato quesito?

« Mia signora, questa favola non è bieca: è soltanto triste. », sentenziò.
« In cima alla montagna il serpente ha scoperto la sua vera natura, non come possa raggiungere il cielo. »

« Non blasfema, no. Se mai ti ho fatto credere di disprezzare un tale comportamento, me ne scuso. Essere fraintesa è una maledizione che mi porto dietro ovunque io vada, pare. Più che altro "intrigante", direi. »
Forse per la prima volta dall'inizio del loro incontro, la dama gli offrì un sorriso vero - sincero, reale. Un tacito segno di pace.
« C'è qualcosa di famigliare in te. Anche l'uomo a cui ero legata intraprese un viaggio alla ricerca della propria natura, illudendosi di stare procedendo nella conquista dei cieli. », commentò enigmatica. « In effetti, non ho idea di quali traguardi abbia raggiunto nel frattempo. »
« Uno schiavo educato che sa stare al suo posto potrebbe tornarmi utile. » aggiunse infine. « Saresti disposto ad aiutarmi? »
« Sempre, mia signora. »
V'erano molteplici ragioni per cui era disposto ad accettare quella richiesta: prima di tutto, sarebbe stato difficile negare alcunchè a quella donna. Per quanto potesse essere serpente, o potenzialmente drago, Xari era ancora un semplice essere umano. Velenoso, astuto ed infido - ma pur sempre umano. Ma non si trattava soltanto di debolezza: Drenthe non aveva alcun controllo sulla memoria, sul diseguale corso temporale, o generalmente sulla sua stessa sorte. Quel contatto era la prima, palese mano che quel vortice magico gli offriva per consentire agli eventi di procedere - e magari a lui di rompere il ciclo. Anche volendo, non avrebbe rifiutato un'occasione simile.
« Se vorrai soddisfare la mia richiesta, allora dovrai compiere obbediente il tuo ultimo atto da schiavo e distruggere per me il filatterio. Vale a dirsi l'artefatto che collega tra loro tutti gli anelli di voi schiavi. Una volta distrutto, nessuno potrà più utilizzarli contro di voi. Eseguirai questo ultimo compito per me? »
« Certamente, », affermò pronto il pirata. « ma voi non portate al collo alcun anello; per quale motivo vi interessa la distruzione di questo manufatto? Chi siete davvero, mia signora? »
Quella lo squadrò cripticamente, offrendogli nuovamente un sorriso enigmatico ed indecifrabile.
« Tanto coraggio nell'obbedire e gettarsi contro il pericolo va ammirato o compatito? Troverò la risposta a questa domanda solamente quando tu troverai la risposta alle tue. In fondo, sappiamo entrambi che le conosci già, come io la mia. »

"Loec, vecchio bugiardo," pensò Drenthe rassegnato "questa è opera tua."
Ricevute le ultime istruzioni, Xari si accomiatò dalla signora inchinandosi leggermente. Aveva una missione, e un piano stava già iniziando a prendere forma nella sua mente - lucida come non lo era stata da tanto tempo. Le labbra dell'avventuriero si curvarono nel ghigno che lo squalo offriva alla preda: poichè non aveva scelta, poteva soltanto assecondare il corso degli eventi... gettando un'indelebile macchia sul pregiato arazzo intessuto dai Maegon.
Detestava la loro onnipotenza; la loro arroganza; il loro splendore.
L'ordine della loro città.

"Ordini di una dea", giustificò, dirigendosi con passo tranquillo verso la sua meta.


Status: danno basso da malnutrizione, danno basso da soffocamento (totale Medio), mana 55%. CS: 6 4. 3 Astuzia - 1 Determinazione - 1 Destrezza - 1 Maestria nelle Armi
Equipaggiamento:
coltello: una kagamaki.
litigio: una elegante wakizashi.
pistola: una semplice pistola a pietra focaia. 5 colpi per giocata (4 rimanenti)
armatura: una strana armatura composta da varie parti diverse e scombinate, che protegge principalmente gli arti, i fianchi ed il cuore.
trucchi del mestiere: biglie-bombe di varia natura, assicurate ad un braccialetto (2 deflagranti, 1 fumogena, 1 accecante, 1 dissonante, 1 stordente, 1 tossica)
Passive da considerare:
NATURAL BORN LEADER - passiva di natura psionica di carisma (pergamena Comune Guerriero "Aura di coraggio"), passiva di natura fisica di abilità tattica (pergamena Comune Guerriero "Tattiche di combattimento")
MAESTRO DELL'INTRIGO - tomo infido, passiva di natura psionica di allineamento imperscrutabile (abilità passiva personale I), passiva di difesa psionica (passiva di secondo livello del Talento Stratega), passiva di natura fisica di individuazione della razza anche al di là di travestimenti (passiva razziale Umano "Diffidenza"), passiva di natura fisica di scurovisione e vista attraverso cortine fumogene (pergamena Comune Mentalista "Scrutare le tenebre")
A BEAUTIFUL MIND - passiva di natura psionica di discernimento delle illusioni, passiva di immunità al dolore ed agli effetti collaterali derivanti dalle tecniche psioniche (passive di primo e terzo livello del Talento Stratega)
SWORD DANCER (part two) - abilità personale passiva di istant-casting tech difensive (abilità passiva personale IV), abilità personale passiva di difese inconsce basate sull'istinto (abilità passiva personale V)
EXPLORER - passiva di natura psionica di orientamento (abilità passiva personale VIII)
Tecniche utilizzate: //
Note: //
 
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view post Posted on 25/1/2015, 19:30

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Fetiales; ʤɛna

Per un’istante ci furono solo loro.
Sole le lame, gli arti, la sabbia, l’arena, dzena, l’Akeran e Theras.
Tutt’intorno a loro era sfocato, obliato da una coltre di nebbia, oscurato dalla foga della battaglia. Per Lamrael non esisteva null’altro che il suo avversario, il respiro via via sempre più affannoso, i movimenti più lenti e meno precisi, la forza che scemava. In fondo, e lo notò con un pizzico di rammarico, erano molto più umani di quanto pensasse. Lamrael, al contrario, non provava dolore, né la fatica tangeva il suo spirito. La sua danza era sempre fluida e precisa, sempre brutale e letale, senza l’ammazadraghi pareva quasi leggiadro nel suo modo di combattere. Pur sempre furioso e rabbioso, sempre intrinseco di quel folle menare a casaccio, abbattere e abbattere come il suo mantra recitava, tuttavia più bello da vedere, quasi sublime agli occhi di un osservatore. Poi lo scontro fu interrotto da un avvenimento che Lamrael non aveva messo in conto, una di quelle variabili del caso che cambiano le sorti del mondo. Nell’arena comparve una donna, dalle forme sviluppate e dal viso sensuale, una bella donna che, in un altro momento, in un altro tempo, e lontano da uno scontro, avrebbe attirato l’attenzione del guerriero. I maegon non la pensarono così, i rettili chinarono il capo e si prostrarono servili e impauriti. Lamrael sbiascicò un’imprecazione a mezza voce, e immediatamente capì cosa stava accadendo.
Quella donna non poteva che essere Intet la sognatrice, drago e divinità di dzena. Lamrael non ne fu impressionato, né onorato, al più era infastidito. Qualcosa aveva interrotto il suo scontro, nemmeno un Dio poteva osare tanto.
« Ho visto qualcosa di raro. » affermò lei con tono seducente. « Un semplice schiavo che riesce a tenere testa a un membro delle guardie armate di Saator. »
La rabbia del soldato parve scemare, la donna iniziò a girargli intorno osservandolo con interesse.
« Dunque mi sono chiesta: "Chi mai potrebbe essere capace di tale impresa?" »
Lo Osservò negli occhi, senza sbattere le palpebre.
« Sei in grado di darmi tale risposta? Dunque chi sei in realtà? » Lanciandogli un’occhiata minacciosa. « E come sei arrivato qui? »

Ah, bella domanda.
Pensò Lamrael, immediatamente, sorpreso forse quasi quanto lei.

« Un uomo che non è più un uomo, semplicemente. » Rispose in modo enigmatico alla prima domanda, nella sua voce una velata traccia di malinconia. « Non sono nient'altro che un contadino forgiato dal caso in una bestia. Errante guerriero dell'Akeran, peregrino di Theras: io sono Lamrael Redskin. » Lamrael la fissò negli occhi senza distogliere lo sguardo « Invero, non appartengo a questo luogo, né rammento di essere mai giunto qui. Pare tutto un sogno. Come se il confine tra sogno e realtà fosse molto labile, lei cosa ne pensa, Intet la Sognatrice? »
Intet, con un gesto della mano e senza proferir parola, allontanò i Maegon dal cortile.
« Ma se questo fosse un sogno, chi lo starebbe partorendo? » Chiese incuriosita. « Tu? Qualcuno dei tuoi amici? Io? » sorride enigmatica. « e soprattutto, è possibile uscirne? Per davvero l'incubo terminerà quando giungerà il termine del racconto? Per grazia di quale fortunato Dio voi intrusi dovreste avere la fortuna di assistere a ciò che il tempo ha seppellito con così tanta cura? » Lamrael rimase a pensarci qualche secondo, si sentiva piccolo in confronto a lei, privo di quella saggezza caratteristica dei draghi. Si sentiva, ignorante.
« Casualità? L'intera mia esistenza è stata guidata da eventi fuori dal mio controllo. Questo potrebbe non essere differente. » Disse alzando le spalle, come se per lui fosse ormai qualcosa di normale. « Tutte ottime domande Intet, a cui molte non so dare risposta. » Disse serenamente, ammettendo la sua ignoranza. « ʤɛna è una città antica e ormai decaduta, ma ancora pregna di magia, non mi è difficile pensare che qualcosa sotto o dentro di essa sia rimasto sopito abbastanza a lungo da arrivare fino alla nostra era. Un drago, ridestato dal torpore, potrebbe essere la risposta. » La punzecchiò. « La risposta più ovvia alla tua domanda è che sei tu, Intet, a manipolare le nostre menti e che tu, hai la risposta per uscire da quest'incubo. Io d'altronde sono solo uomo, un intruso non voluto. Quindi lo chiedo a te, qual è la falla che ci ha spinti qui? » Sorrise, in maniera genuina.
« Se dovessi indovinare, risponderei nient'altro che la vostra arroganza. » sorride anche lei. « C'era una volta un uomo che credeva di sapere tutto, e tale supponenza lo spingeva a trattare da pari con chiunque incontrasse; fossero essi animali, altri uomini o dèi. » inizia a raccontare, con un'espressione di distaccata lucidità stampata sul viso. « Egli era tutti e nessuno, e nella sua infinita superbia era incapace di elaborare l'unica nozione che per lui avrebbe avuto reale importanza: »
« "tutti lo deridevano." »
Lamrael la guardò, con il suo fare quasi fanciullino, senza capire dove stesse andando a parare la donna.
« La risposta più ovvia non è sempre la più corretta.Ma se dovessi indicarti la strada per uscire da qui, tu la seguiresti? »
La risposta più scontata era no, semplicemente perché Lamrael non si era mai fidato di nessuno in vita sua e aveva imparato sulle sue spalle che la strada più semplice, la soluzione servita su un piatto d'argento, non era mai quella giusta.
« Dipende, tu cosa ci guadagni? » sospira « Tanta generosità non può essere mai gratuita. »
« Ha davvero importanza? »
Ti racconterò la storia del leone e delle tre zebre. » Lamrael sorrise, continuando a tenere lo sguardo di Intet « C'erano tre zebre, deboli e indifese, che ogni giorno dovevano svegliarsi presto per scappare dalle iene affamate. Stufe di questa vita, le zebre chiesero aiuto al re degli animali, il leone. » Raccontò con naturalezza, giocando con le parole. Immergendosi in qualcosa che non era, cercando di elevarsi al pari del suo interlocutore, fallendo. Probabilmente. « Il leone, magnanimo, spaventò a morte le iene, raccomandando loro di non torcere un sol pelo alle zebre. Così, il leone e le tre zebre vissero per qualche periodo in pace, fin quando al leone non venne fame, così fu lui a mangiarsi le zebre. » Terminò la storia, con un grande sorriso. « Quindi Intet, cosa ci guadagneresti nell'aiutarmi? »
Intet sorrisee educatamente ma annoiata.
« Meno di quanto un leone affamato sia disposto a tollerare, temo. » disse perentoria. « Ma ormai non ha più importanza, giusto? » Lamrael la guardò uscire dal cortile, dal suo mondo. La osservò andare via, leggiadra e bellissima, con la consapevolezza che, forse, era stato un vero coglione.





Lamrael Redskin



3 cs Forza

Energia: 55%
Status Fisico: 100% Tumefazioni da danno Alto su tutto il corpo; danno basso al pettorale sinistro; danno basso al braccio destro; danno basso generale. danno Basso da strangolamento. Danno Medio al braccio destro da lacerazione
Status mentale: 50% momentaneamente stordito.
Armi: 2 scimitarre;



Abilità Attive:


Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akeran, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno delle madri. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare un mortale più un critico prima di morire, ma la sua mente, altresì, non potrà reggere uno sforzo maggiore di critico. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2]. La sua innata dote, i suoi duri allenamenti e le ore sfiancanti di lavoro, gli hanno permesso di elevarsi rispetto gli altri guerrieri, di essere sempre un passo avanti rispetto ai pari di livello e, altresì, questa dote gli permette di specializzarsi in altri modi di combattere. Lamrael sblocca il livello successivo di dominio e acquisisce la classe campione [Cristallo del Talento + Tomo Sacro].


Note:Che schfio di post, un mero copia e incolla.

 
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view post Posted on 29/1/2015, 15:45
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ʤɛna; Rubietentia

« Intet è dunque la causa di tutto questo? » nonostante la precedente esclamazione, Venatrix faticava a chiamarla "madre". Di lei aveva solamente qualche ricordo fugace e i resoconti tratteggiati da chi l'aveva conosciuta. Suo padre gliel'aveva sempre descritta con dolce malinconia, evitando elegantemente di approfondire troppo l'argomento e mantenendo un velo di comprensivo mistero sulle ragioni che li avevano spinti a separarsi. Altri, però, non erano stati così cortesi, attribuendole epiteti che avrebbero potuto uscire solo dalle bocche più volgari.
« Cercare di raggiungere l'Asgradel, al costo di sacrificare un'intera civiltà per un proprio errore... » rimuginò infastidito, ricordando inevitabilmente le azioni compiute dal "Re che non perde mai" solamente qualche anno prima. Anche Rainier Chevalier aveva tentato di fronteggiare l'Asgradel sacrificando il proprio regno, e anche lui ne aveva pagate le conseguenze: del sovrano non era rimasto nulla; la sua anima si era accartocciata e bruciata come una foglia innanzi alla fiamma, scomparendo nel nulla. « ...perché? »
Il Feziale Maegon sollevò le spalle e scosse la testa, abbattuto. Intet non si era nemmeno sprecata a spiegare le proprie ambizioni a chi ne aveva pagato il pegno.
Il drago corrugò la fronte e sbuffò sonoramente. Non apprezzava l'ombra che era appena calata sulla sua esistenza, né il pensiero di portare sulle proprie spalle l'eredità di un crimine storico tanto blasfemo. Se c'era qualcosa che la sua lunga vita gli aveva insegnato, era che andare alla ricerca dell'Asgradel con troppa arroganza si rivelava spesso in un fallimento. Un insegnamento di cui avrebbe fatto tesoro negli anni a venire.
« Ero giunto fin qui per ottenere delle risposte, » affermò quindi con aria abbattuta, tra sé e sé « ma a quanto pare questo viaggio è destinato a lasciarmi più dubbi di quanti ne avessi. »
Il Maegon lo studiò con rispetto, per nulla stranito dalla sua impreparazione. I Feziali sapevano che se un nuovo drago fosse giunto a ʤɛna, allora il loro compito sarebbe stato quello di aiutarlo ad ascendere al ruolo di divinità. Nessuno di loro aveva osato sperare che il primogenito fosse già pronto al ruolo a cui la storia l'avrebbe chiamato. Perciò, quando riprese a parlare, il Feziale lo fece con attitudine paterna e accomodante.
« Le risposte che cerchi sono qui; solamente noi non abbiamo il potere di interpretarle. » affermò con fermezza riferendosi al suo popolo. « Ma per te, che sei il primogenito, potrebbero essere luminose come il sole. »
Nel frattempo, tutti i Maegon presenti si erano avvicinati e circondavano i due interlocutori. Tutti erano seduti in una posizione inconsueta, con le ginocchia a terra, la schiena rigida e la coda posta in cerchio intorno alla loro figura. Osservavano la scena in profondo silenzio e con zelante devozione e, benché il buio nascondesse la figura di molti di loro, il loro respiro sibilante risuonava per l'antro, riempiendo le orecchie del drago.
« Il popolo dei Maegon è una vittima scaraventata nel vortice caotico del tempo. La maggior parte di noi non si rende neppure conto dell'assurdità della propria esistenza, e ripercorre infinitamente i momenti che hanno portato alla distruzione della nostra civiltà. » continuò il Feziale con tono solenne e triste al tempo stesso. « Abbiamo necessità di secoli d'esperienza per muoverci fra i frammenti di ʤɛna. Per permettere a Ιανός di calcare la superficie di Theras abbiamo sacrificato quasi tutto il potere che avevamo a disposizione. » "e chissà dov'è ora" pensò il Maegon, senza lasciare che quel dubbio trapelasse dalla sua espressione. « Ma per te è diverso. »
« Ci è necessario un tale sforzo poiché ci appoggiamo a un potere che non è il nostro e che sorregge la ragnatela di ricordi in cui siamo intrappolati. » spiegò eloquente, con parole lente e gesti chiarificatori. « Quello della Sognatrice. » poi indicò Venatrix « Lo stesso potere che scorre nel tuo sangue. »
Il drago iniziò a mettere insieme i pezzi di quel rebus complicato e il suo sguardo recuperò parte della propria determinazione.
« Essere il primogenito di Intet ti conferisce la capacità di muoverti liberamente fra le isole di ʤɛna, scavalcando tempo e spazio, dando nuova vita ai ricordi partoriti dall'assurdo e spezzando l'abominevole distorsione creata dalle ambizioni della Sognatrice. »
« Ma se compissi una tale impresa voi non sparireste nel nulla? »
« Non se prima riuscissi a darci un corpo e portarci su Theras, come noi abbiamo fatto con Ιανός. Un'operazione che a noi richiederebbe centinaia di anni, ma che per te potrebbe essere semplice come battere le palpebre. »
Tutte quelle informazioni vennero ammortizzate sensibilmente dal buon senso di Venatrix, onnipresente dentro di lui. Se un altro avrebbe potuto sentirsi esaltato ed eccitato alla prospettiva di maneggiare poteri degni di una divinità, lui iniziò subito a porsi sul capo le responsabilità che gli venivano conferite da una tale capacità. Sua era la decisione di riportare i Maegon nel mondo, con tutto ciò che esso avrebbe comportato: studi frenetici, rivendicazioni, lotte per il territorio, schiavismo, integrazione e quant'altro. Non era pronto a fare una decisione del genere.
« Se questo potere mi permette di navigare liberamente nei frammenti di ʤɛna, » continuò lui, colto da un improvviso dubbio. « significa che posso anche raggiungere Intet e conferire direttamente con il suo ricordo? »
Per la prima volta, dallo sguardo del Feziale trasparì una severa sfumatura di preoccupazione. Ci fu una lunga attesa, poi il Maegon rispose.
« Se lo desideri, sì. » affermò con severità. « Ma in questo caso dovresti sapere che il ricordo della Sognatrice si muove all'interno di ʤɛna con molta più consapevolezza e potere di quanto chiunque potrebbe sperare di fare. Ella si comporta come una divinità capricciosa, prendendosi gioco degli intrusi e dei Maegon inconsci della propria condizione per intrappolarli per sempre nel suo regno di ricordi. »
Un mormorio preoccupato si diffuse velocemente fra i Maegon che osservavano la scena, prima che il Feziale concludesse quell'ammonimento.
« Ella è pericolosa. »

Lo sguardo di Venatrix, però, non lasciava alcun dubbio. Ormai aveva riacquistato tutta la propria determinazione.
« Non ha importanza » rispose con un sorriso gentile, conscio del rischio a cui stava andando incontro. « poiché solamente lei ha le risposte che cerco. »
Il Maegon rimase colpito da tale coraggio e abbassò il capo in un cenno di devoto accordo.
« Dunque, cominciamo. »

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ʤɛna; Xari Drenthe

I corridoi della piramide erano sorprendentemente vuoti, probabilmente poiché l'incontro con la Sognatrice stava per iniziare. Tutte le guardie dovevano essersi raccolte intorno ai Feziali e a Intet, lasciando Xari libero di avvicinarsi alla volta dove era contenuto il filatterio senza troppe difficoltà.
In quel momento, si trovava nelle vicinanze dell'entrata della stanza, ben conscio del fatto che almeno un paio di guardie sarebbero rimaste a guardia dell'artefatto, anche in quell'occasione. La sala era gigantesca, strutturata in maniera simile alla pianta di una cattedrale a tre navate; le colonne che sorreggevano la volta a cupola erano d'oro massiccio e sul soffitto si poteva ammirare un intricato mosaico composto da migliaia di gemme preziose; esso rappresentava una fila di schiavi che si stringevano dolorosamente il collare intorno al collo. Tra le colonne e il soffitto vi era una resistente impalcatura di legno che arrivava fin sopra il filatterio, posta senza dubbio a sostenere la volta.
Il filatterio era posto dove avrebbe dovuto trovarsi l'altare. Era una sfera dorata delle dimensioni di una testa, che fluttuava misteriosamente a qualche centimetro di altezza da un piedistallo di marmo bianco sottostante, alto un metro e mezzo. La sua superficie era intagliata da una fitta ragnatela di rune che la faceva apparire come ruvida al tatto. Nonostante apparisse come particolarmente pesante, l'artefatto roteava pigramente su se stesso, apparentemente ignaro delle leggi di gravità.
A sua guardia vi erano due Maegon armati di tutto punto, particolarmente grossi. I loro musi erano schiacciati e i loro corpi raggiungevano e superavano i tre metri d'altezza, probabilmente per almeno mezza tonnellata di peso a testa. Impugnavano delle lame a forma di mezzaluna, con l'impugnatura situata al centro e dall'altra parte rispetto al filo e alla curvatura, lunghe circa due metri. Erano visibilmente sull'attenti e pronte ad attaccare chiunque mettesse piede nella stanza senza permesso.
Fuori dalla sala del filatterio i corridoi erano angusti e privi di vita: la sala più vicina era a più di cento metri di distanza ed era costituita dagli alloggi privati di Saator, in quel momento vuoti. Nessuno sembrava essere interessato a pattugliare quella parte della piramide.
Il compito di Xari si presentava come il più complesso fra tutti quelli proposti da Intet agli avventurieri, soprattutto in relazione alle insidie nascoste che non poteva vedere: il filatterio era infatti protetto da un'invisibile aura magica che lo rendeva indistruttibile fintanto che si trovava nella sua posizione sul piedistallo; toccarlo con mani non Maegon (senzascaglie nel vero senso della parola) avrebbe poi provocato una reazione dall'artefatto, che avrebbe generato una potente scarica elettrica in difesa di sé stesso, contro l'incauto ladro.

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ʤɛna; Vagun

Tre foramina per tre schiavi. Vagun, Mehmet e Arsona si divisero per portare a compimento ciò che era stato loro assegnato contemporaneamente. Da soli, poi, si sarebbero mossi molto più facilmente che in gruppo.
Il foramina a cui si era diretto Vagun si presentava identico in tutto e per tutto a quello dove erano stati imprigionati nei giorni precedenti; una cava circolare profonda centinaia di metri, sulla cui superficie interna correva una passerella scavata nella pietra arancione che scendeva a spirale sino al fondo. Lì decine e decine di zombie scavavano senza sosta verso il basso, ampliando il buco di giorno in giorno. Gli schiavi vivi lavoravano invece sulla passerella, spostando grossi carichi di marmo arancione e scavando alcuni condotti più piccoli che si addentravano nelle pareti della cava.
I Maegon pattugliavano instancabilmente la superficie, in non meno di una decina. Erano disposti l'uno lontano dall'altro, in modo da controllare equamente ogni bordo della cava. Dopo la fuga di quella mattina, sembravano essere persino più in allerta di quanto non fossero in precedenza.
Una piccola struttura di marmo arancione era situata sul bordo della cava, alta e dalla pianta quadrata; una sorta di torretta d'avvistamento sul cui tetto piatto era situato un grosso corno ornato d'oro: probabilmente uno strumento utilizzato per segnalare l'allarme in caso di fughe. All'interno della struttura si trovavano probabilmente altre cinque guardie che, considerata l'ora, avrebbero dovuto essere a riposo.
I carichi di marmo arancione venivano fatti scendere e salire lungo la passerella a spirale a un ritmo regolare, ogni venti minuti circa. Il loro contenuto veniva controllato distrattamente da due Maegon, che ordinavano poi agli schiavi di riportare il vagone dove lo avevano portato.
Vagun avrebbe potuto pensare che addentrarsi nella cava sarebbe stato un compito relativamente semplice, considerando che proprio quella mattina era riuscito a uscirvi. Non avrebbe tenuto in considerazione, però, la riottosità e la reticenza di molti schiavi: molti di loro occupavano quella posizione da anni e lavoravano nei foramina da più tempo di quanto ne avessero passato da liberi. Ciò li rendeva spaventati, diffidenti e poco collaborativi. Convincerli della veridicità del proprio messaggio non sarebbe stato facile, così come indurli a prendere in mano le armi e ribellarsi.

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ʤɛna; Lamrael

Lamrael si trovava dove avrebbe dovuto stare: a difesa di Saator, in attesa che Intet si presentasse alla riunione indetta a suo nome. Si trovavano sulla cima della piramide del suo padrone, da dove era possibile ammirare la complicata struttura di ʤɛna in tutta la sua interezza. Nonostante si trovassero sul tetto di un edificio, per loro era come stare al centro di un parco pulito e raffinato: il giardino pensile voluto da Saator era infatti una gioia per gli occhi, ricco di fontane, salici, edere e erba tagliata fine.
I Feziali erano già arrivati. Ciascuno di loro era sdraiato in maniera indolente su cuscini di velluto rossi posti su panche leggermente inclinate; insieme formavano un cerchio del diametro di una decina di metri al centro del quale, presumibilmente, si sarebbe dovuta presentare Intet.
Erano molto diversi da loro, sia nella forma, che nella dimensione, che nell'aspetto. Alcuni erano grandi come Saator, se non di più; altri erano più piccoli di un uomo medio. Alcuni avevano il volto allungato come un coccodrillo, altri schiacciato come quello di una rana. Alcuni indossavano oro e pietre preziose, altri macabre raccolte di ossa e piume. Alcuni addirittura si coprivano il viso con maschere d'avorio, mentre altri si decoravano il viso con una mistura rossa dall'origine sconosciuta.
Ciascun Feziale aveva con sé una corte composta da numerosi Maegon e senzascaglie. C'era chi si era presentato con un nutrito corpo di guardie, chi con un intero stuolo di schiavi e chi invece si era accontentato della compagnia di solo un paio di attendenti.
Non tutte le trenta panche, però, erano occupate. Alcune erano vuote, ma i Feziali presenti non sembravano accorgersene: si comportavano e conversavano come se gli assenti fossero lì in mezzo a loro, e persino quelle panche vuote avevano un seguito di decine e decine di persone. Lamrael non poteva capire la lingua dei Maegon, tuttavia gli fu evidente la mondanità con cui essi conversavano fra loro: i Feziali stavano confrontando le loro rispettive corti, criticando apertamente le scelte di alcuni dei loro compagni e apprezzando invece quelle di altri. Commentavano il modo in cui si erano vestiti, la quantità di ricchezza che avevano deciso di ostentare o la falsa modestia con cui si approcciavano a quella riunione.
Per loro era l'occasione principale di mettersi in vetrina.

Quando arrivò Intet, lo fece con grande sobrietà: camminando, attraverso il parco, accompagnata solamente da due guardie Maegon alte più di tre metri ciascuna. Sorrise a tutti i presenti e, appena impercettibilmente, rivolse un cenno malizioso in direzione di Lamrael; i Feziali non si scomodarono dalle loro panche, ma si limitarono a sollevare la schiena e incrociare un braccio sul petto, calando la testa in segno di rispetto.
« Miei adorati. » disse lei, con tono genuinamente divertito. « Non scomodatevi. »
I Feziali tornarono a sdraiarsi sulle loro panche e così fece Intet, prendendo posizione su una di quelle che erano rimaste vuote. Quel giorno aveva acconciato i suoi capelli in maniera particolarmente selvaggia e vestiva più sobriamente del solito, con solamente qualche collana, orecchino e diadema d'oro a sottolinearne la bellezza.

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Nessuno parlò, nell'attesa spaventata delle parole della Sognatrice; i Feziali, da pigri mondani che apparivano poco prima, sembravano essere diventati dei bimbi in attesa di essere sgridati dalla loro madre. Osservavano Intet con occhi pieni di paura e ammirazione, pieni di quel sentimento che aveva sostituito la generale noia e malinconia con cui avevano chiacchierato tra loro.
« Il Ciclo è al suo culmine » disse lei dopo una lunga attesa, sdraiandosi comodamente sul suo cuscino. « e l'odore della pioggia nell'aria mi ricorda che lo zenit, questa volta, si intreccia con le prime giornate d'autunno. »
Timidamente le si fece vicino uno schiavo, porgendole un cesto pieno di alimenti da cui lei potesse servirsi. Intet fece finta di non vederlo.
« Ciò nonostante voi mi servite arance e mandarini, » disse con voce severa, spingendo il servitore ad allontanarsi velocemente. « e sperate che ciò basti a compensare il vuoto lasciato dalle vostre mancate promesse? Mi sembrano invece un'ammissione di colpa. »
I Feziali si agitarono sui loro scranni, prima che uno di loro intervenisse timidamente.
« Intet, quod potuit, sed in labore, » disse con tono riverente. « sed non satis servis. »
« No. » lo interruppe lei, perfettamente in grado di comprenderlo. « È la vostra indolenza che vi ha impedito di concludere ʤɛna prima dell'arrivo al culmine del Ciclo... e forse qualcosa d'altro. »
I Feziali rimasero in silenzio, combattuti fra l'imbarazzo di essere colpevoli e la curiosità di capire ciò che intendesse.
« È tempo che abbandoniate i vostri agi e portiate a termine il compito per cui vi ho adoperato. » continuò, imperiosa. « Io sono pronta già da lungo tempo, ma ho bisogno che i foramina raggiungano Baathos per procedere con il rituale. »
« sed de familiae ... »
« Il numero di schiavi non ha importanza. Non è questo a rallentarvi. »
Si allontanò quindi i capelli dal viso con eleganza, parlando con voce ipnotica.

« È un veleno che ha già iniziato a diffondersi nelle vostre vene: »
« l'amara considerazione che vi spinge a rimanere seduti; che vi ha impedito di capire fin dove il vostro impero ne fosse rimasto disgregato. »
« Voi che reclamate alla Tentatio un'attenzione che essa ha sviluppato solo per me, vi state rivelando uno strumento impreciso. Lento. Difettoso. »
« Ciò deve cambiare. »

Fu in quell'istante che accadde il putiferio.
Come se avesse risposto a un segnale ben preciso, uno dei servitori presenti estrasse un coltellaccio da sotto la propria tunica e si gettò contro il Feziale suo padrone. Riuscì a ferirlo leggermente, ma le guardie intervennero immediatamente e uccisero lo schiavo seduta stante, lacerandone profondamente il corpo e bagnando il giardino col suo sangue.
In risposta a quell'avvenimento, tutti i servitori senzascaglie presenti estrassero un'arma che tenevano celata sotto i propri vestiti e iniziarono a combattere contro i Maegon, facendo del numero la loro forza. Intet osservava la scena con finta aria stupita, senza nascondere una sfumatura divertita dietro ai suoi occhi. Nessuno sembrava intenzionato a minacciarla.
In breve fu il caos: le guardie Maegon tentavano di difendere i Feziali, che sbraitavano ordini senza nemmeno spostarsi dalla loro posizione. I senzascaglie, invece, urlavano euforici e ribelli, gettandosi a corpo morto contro i loro oppressori e combattendoli con le unghie e con i denti.

La rivoluzione aveva inizio nel suo epicentro, e Lamrael vi si trovava proprio in mezzo.



CITAZIONE
Eccomi :v:

Dunque, procediamo. L'atmosfera si scalda, come avrete capito. Siamo alle battute finali della quest e all'incipit di una delle rivoluzioni che ha causato la caduta dell'impero Maegon; ognuno di voi ha il suo ruolo all'interno della lotta, molto diversi tra loro - e tutto ciò avviene contemporaneamente alle origini supereroistiche di Venatrix :zxc:
Non ci sono indicazioni particolari da darvi, volutamente. In questo post avrei potuto mettervi dei binari più stringenti, ma voglio invece che diate il massimo di voi stessi, inventandovi completamente il modo in cui riuscite nella vostra impresa (Lud a parte, non avendo un compito: tu ti devi semplicemente limitare a reagire alla situazione). Vado nello specifico:

Xari: la situazione ti si presenta come descritta. Ci sono parecchi modi in cui puoi raggiungere il filatterio (è sufficiente un danno basso per distruggerlo) e a te sta scegliere quello più adatto al tuo personaggio. Le due guardie sono pericolosità C (complessivamente) e la scarica elettrica rilasciata dal filatterio in caso di tocco va considerata come un mero attacco fisico, dunque danni al corpo basati sulla sportività. Sii pure autoconclusivo con tutto, poste le premesse.
Vagun: anche per te credo che la situazione sia chiara; anche per te l'obiettivo finale del post è evidente: quello di convincere gli schiavi a ribellarsi. Puoi comunicare il tuo messaggio in diversi modi; ti ho suggerito molti dettagli che potrebbero aiutarti nella formulazione del post e puoi ovviamente essere autoconclusivo con tutto. Le guardie sono complessivamente una pericolosità B (sono almeno dieci in tutto) o D prese singolarmente.
Lamrael: tu non hai un compito, quindi il tuo post dovrà formularsi come uno dei più classici sulla piattaforma: semplicemente reagisci al caos che avviene intorno a te come più ritieni opportuno. Puoi essere autoconclusivo con tutto, meno che con Intet. Le guardie maegon sono pericolosità D singolarmente e sono parecchie, ma impegnate a combattere contro gli schiavi senzascaglie (pericolosità E ciascuno); va da sé che se non agisci, dopo un po' vieni attaccato da qualche guardia, semplicemente perché sei un senzascaglie (e quindi un potenziale ribelle).

Avete 6 giorni di tempo per postare.
 
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Lenny.
view post Posted on 31/1/2015, 18:57




Fetiales~
ʤɛna


« Avanti amico mio, vedrai che supereremo anche questa. Puoi fidarti di me, no? »

Vagun lasciò la domanda in sospeso tra loro, limitandosi a scostarsi dall'amichevole stretta di Mehmet. Non riusciva ancora a digerire il comportamento tenuto dal nano in presenza della donna poco prima, come se le loro vite fossero la posta in palio in un gioco troppo grande e complicato per essere compreso dai giocatori. Ma quantomeno se avessero allestito un minimo di lavoro di squadra Vagun sapeva che tutti loro avrebbero vinto il primo premio, e invece...tra Arsona sempre chiusa in se stessa e Mehmet attaccato all'oro come un marmocchio alle tette della mamma, il goblin si era trovato ad essere l'unico a dover cercare il modo per -se non uscire vincitore- quantomeno uscire vivo da quel gioco terribile. Perché i tesori di Dɛna potevano essere molti, e splendere come le stelle in cielo. Ma il suo tesoro più grande restava la vita, che poi forse non era stata un granché, e nel tempo si rivelava sempre meno sicura, ma non era mai il caso di gettarla via per una stronza dagli occhi inquietanti.

Raggiungere il foramina fu relativamente semplice. A dispetto del gran bordello combinato durante la loro fuga, nessun Maegon si sarebbe mai aspettato che qualcuno avesse il fegato di ritornare in quell'inferno, anziché di fuggire. Vagun provò la sensazione di trovarsi in cima a un gigantesco formicaio, con migliaia di formiche in fermento ai suoi piedi. La ronda in superficie era costituita dai soliti dieci lucertoloni in armi, disposti attorno l'intero perimetro della cava. Una superficie vasta, che permise al piccolo goblin di muoversi lesto e indisturbato fino al bordo del foramina, i movimenti silenziosi come quelli di un ombra, celati dall'oscurità notturna. Si guardò intorno alla ricerca di cosa, non l'avrebbe saputo dire neanche lui, eppure la trovò. La trovò in un soppalco di marmo, in una torretta d'avvistamento, e in un corno dorato grande il doppio di lui. Un idea tanto geniale quanto folle. Eppure, il modo più efficace che avesse a disposizione per riuscire nel suo intento.

ARUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUH!

Il corno riecheggiò nell'intero foramina. Affilato come il fendente della spada di un titano, un grido caldo, che fece vibrare le orecchie degli schiavi e bruciare i polmoni di Vagun. L'urlo aleggiò nell'aria assordante e terribile come un peana infernale. Tutti gli sguardi si voltarono verso la fonte di quel suono, tra la sorpresa, il timore e la curiosità. E alcuni non nascosero un certa delusione nello scorgere soltanto un piccolo goblin barcollante, che rischiò persino di cadere per la fatica, prima di tornare ritto in piedi, un verde nanerottolo dalle guance gonfie per lo sforzo, che cercava di riprendere fiato. Ma nell'improvviso silenzio generale creato del gemito monocorde del corno, la sua voce fu quella di un gigante.

« Non mi conoscete...ma una volta mi conoscevate. Quando ero il piu' umile tra voi. »

Vagun indicò il collare al collo, per far segno che non mentiva. Lo sguardo schizzava da una parte all'altra del foramina. Le guardie iniziavano già a muoversi nella sua direzione, pronte a rimettere in riga uno schiavo impazzito dal troppo lavoro. Sarebbero stare rallentate dalla calca di schiavi, forse, e dalla vasta superficie del foramina, ma per quanto?Gli restava poco tempo, quindi meglio azzardare tutto ciò che aveva a disposizione subito.

« Ora sono tornato..per dirvi che il filatterio è finalmente distrutto! E che vi offro la possibilità di essere liberi! »

L'indice teso saettò contro loro, contro tutti loro. Un esercito di schiavi.
E un ladro a liberarli.

« Mi chiamo Vagun..e voi una volta eravate uomini, uomini veri. Temuti e rispettati, come dovrebbe essere. Prima che loro vi portassero via la vostra dignità, prima che vi costringessero a vivere qui, come animali. »

Le guardie si sbracciavano tra gli schiavi, scavalcavano carichi di marmo, sempre più numerose, sempre più vicine.
Vagun inghiottì duro, e represse il naturale impulso di darsi alla fuga.
Continuò.

« C'è un posto, lassù a Basiledra, dove uomini veri possono vivere di piacere, non di lavoro. Un posto dove voi potreste essere temuti e rispettati, di nuovo. E oggi che il filatterio è finalmente rotto il filatterio, potrete riprendere in mano la vostra vita. »

Proporre a tutti loro di entrare a far parte dell'Armata dei Sonnambuli, diventare ladri come lui, compagni della Volpe Nera, fratelli della cavernosa corte di un'altra capitale. Forse qualcuno tra loro avrebbe persino preso in considerazione la cosa. Non importava, era stato il cuore di Vagun a raggiungere le labbra ben prima della testa. Vide il primo lucertolone avventarsi, spada impugnata a due mani come un randello. Carica brutale, per travolgere con inaudita ferocia.
Vagun, un piccolo verde messia venuto a riportare vita e speranza, levò le mani al cielo. Urlò, e sentì il mistico potere dell'Ambra scorrere in lui, avvolgerlo, ed esplodere assieme alle sue parole, per investire le menti e i cuori di tutti i presenti.

« SEGUITEMI. E VI MOSTRERO' COSA SIGNIFICA VIVERE! »

La falciata giunse diagonale discendente, colpo di decapitazione terminale, senza pietà. E sarebbe stato tragicamente comico se l'avesse raggiunto. Un goblin decapitato avrebbe avuto ben poche possibilità di mostrare cosa significhi vivere a un esercito di schiavi. Peccato, una manciata di secondi in più e avrebbe potuto strappare ai Maegon l'intera capitale, tesori e gioielli, tutto quanto, se solo non fosse stato così dannatamente sfortunato. Ma quantomeno, Vagun riuscì ad abbassarsi appena in tempo per evitare una fine a suo giudizio orrenda e precoce, piegandosi sulle ginocchia quel tanto che bastava a sentire il filo della lama solleticargli i peli sul cranio. Indietreggiò, improvvisamente circondato da un intero gruppo di lucertoloni armati d'acciaio, grandi e grossi il triplo di lui, e il fuoco dell'odio nello sguardo. In trappola, nessuna via di fuga.
Ma non da solo. Non più.

Li vide arrivare. Dapprima lentamente, uno dopo l'altro, ma poi sempre di più, a frotte, sciami attirati da una fonte di luce. Schiavi, armati di picconi e strumenti di lavoro, di pietre, pezzi di marmo, o semplicemente disarmati, spogli di ogni avere ma vestiti di una nuova, fulgida corazza: quella della speranza. In poco tempo le stesse guardie che avevano circondato Vagun si trovarono a loro volta circondate da una marea, un oceano di miserabili reietti. Dieci armati, da sempre esperti nel combattimento all'arma bianca...ma quanti di quei corpi sarebbero riusciti a buttare giù prima di finire sommersi? Fu quello il dubbio che Vagun lesse nei loro occhi mentre arretravano, stretti tra loro, improvvisamente esitanti sul da farsi. Sentì che il momento era arrivato. Voltare le spalle ai foramina, lasciare uomini e lucertoloni a scannarsi tra loro? Un goblin non avrebbe chiesto niente di meglio che godersi un simile spettacolo. Gli uomini lo avevano sempre trattato alla stregua di un mucchio di letame verdastro, e i Maegon non si erano certo dimostrati più gentili. Eppure, nonostante tutto questo..

« E insieme..faremo tremare ʤɛna! »

..non avrebbe mai saputo spiegare quale misteriosa forza lo portò a condurre l'assalto degli schiavi contro la guarnigione Maegon, a gettarsi contro tutti loro con un grido belluino, e la furia ardente negli occhi. Forse semplice risolutezza, forse stupido orgoglio, forse lo stronzo bisogno e la puttana voglia di essere parte di qualcosa, di trovarsi al fianco di qualcuno, di non essere più solo come era stato tra i pellerverde, prima, e tra gli uomini, poi. Quale che fosse, era lo stesso maledetto motivo che lo aveva portato ad avvicinarsi a Xari, a salvare per ben tre volte il culo di Mehmet, a perdonare Arsona e adesso a non abbandonare gli schiavi.
Se mai fosse giunta l'alba in quella notte eterna, sarebbe stata per loro.
Per tutti loro.


1-1

Astuzia~ 1 CS Tenacia~ 0 CS


Energia residua: 65%-40% = 25%
Status Fisico: Ferita da contusione alla nuca (Medio), ecchimosi e escoriazioni superficiali sparse su tutto il corpo (Basso) Danno da soffocamento (Basso)
Status Psicologico: Stordito ma ancora in forze

Passive del personaggio

Ferocia - passiva razziale dei pelleverde, "stomaco di ferro"
Giochi mentali - passiva di I e II livello del talento "Stratega"

Attive utilizzate

Tradimento__ _“Tutti hanno un prezzo. Gli gnomi, per esempio, possono essere convinti con animali di pezza e un po' di cioccolato.”

La tecnica ha natura psionica e per essere castata c'è la sola necessità che le vittime possano sentire le parole di Vagun. La sua parlantina è di fatto il mezzo della tecnica. Il potere dell'ambra ha infatti dotato non solo la mente ma anche la lingua del goblin di poteri a dir poco straordinari. Uno fra i più potenti è proprio fare in modo che le sue parole possano suonare come incredibilmente credibili e indiscutibilmente veritiere alle orecchie degli ascoltatori. Qualunque cosa egli dica, dalla più sincera e verosimile alla più ridicola. Nel momento in cui i bersagli nelle vicinanze cederanno alla tecnica, subiranno un danno da confusione alla mente di un livello inferiore al consumo speso per castare la tecnica, in modo direttamente proporzionale. Si tratta quindi di un ammaliamento temporaneo ad area su uno o più soggetti che potranno quindi reagire alla menzogna nel modo più affine alla propria psicologia.
{Abilità Personale - Consumo Variabile Critico ad area}




-Ok lo ammetto, ho rivisto il finale di una certa serie supertrash di startz prima di scrivere questo post. Però sono abbastanza soddisfatto di com'è venuto, la quest sta tirando fuori il meglio del mio nuovo pg °w°
-Critico psionico ad area per convincere tutti gli schiavi del foramina a rivoltarsi contro le guardie. poi lascerò al qm decidere se e quanti di loro seguiranno Vagun, durante il saccheggio della città e oltre. L'obiettivo del goblin resta saempre quello di ritrovarsi con gli altri compagni e saccheggiare la reggia dei Feziali (Mehmet dovrebbe sapere dove abitano) e ricongiungersi con Xari e Lamrael...ma vediamo come vanno a finire le cose qui prima °w°



Edited by Lenny. - 31/1/2015, 19:17
 
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view post Posted on 3/2/2015, 22:56

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Fetiales; ʤɛna

L’opulenza e quella sua esaltazione così estrema, laceravano le cornee dorate del guerriero. Era Tutto votato all’eccesso, nello sfarzo immorale d’un lusso sfrenato. Il tetto d’un edificio si trasformava così nell’Eden privato di un Fetiales, mentre loro eccedevano nell’ostentazione del loro sfarzo inventandosi abbigliamenti sempre più stravaganti e sempre più eccessivi. Non v’era solo l’oro e i gioielli preziosi ad esibizione del proprio estro, ma qualsiasi cosa potesse semplicemente attestarli come superiori, come diversi rispetto alla plebaglia. Lamrael li guardò, con disgusto e ammirazione, perché nei suoi occhi s’agitavano pensieri discordanti, sentimenti diversi ma che trovavano una precisa collocazione nel suo essere. Era, in fondo, deluso da loro.
Li guardava e vedeva in loro bestie con una struttura fisica imponente, con una forza al di là di ogni immaginazione, mezzi quasi divini per cui ogni uomo avrebbe tradito persino la propria genitrice.

Avevano tutto ma non aveva niente.

Abbarbicati su quegli scranni e cuscini di velluto, protetti da inetti schiavi, i Maegon si erano assuefatti alla loro ricchezza. Erano diventati deboli, erano diventati quasi umani.
Erano schiavi, propri come tanti altri a ʤɛna. Sottostavano tutti all’autorità di Intet che, da parte sua, li trattava alla stregua di cagnolini con le squame. Erano cani troppo cresciuti, servi nelle mani di una divinità.
Lamrael era in piedi, di fianco a Saator, ma d’un tratto non si sentì più un piccolo uomo come la prima volta che se lo era ritrovato davanti. Era uno schiavo, ma era uno schiavo solo in quell’epoca e in quel momento, nel suo tempo Lamrael era un uomo libero. Senza padrone.
Intet cominciò a parlare, snocciolando questioni che Lamrael non capiva, parlava di Ciclo e Tentatio, parlava di schiavi e pigrizia, parlava di qualcosa che andava fatto in tempo e in un determinato modo.
Lamrael s’era perso al principio del discorso, facendo fatica a ricollegare tutto. Ma la storia gli venne in soccorso proprio quando tutto scoppiò.
Successe tutto molto rapidamente, un momento prima Intet stava parlando, l’attimo dopo uno schiavo finiva lacerato dai Fetiales dopo aver tentato di accoltellare il suo padrone. Scoppiò il caos, il putiferio, ovunque v’era la lotta, v’era il sangue che schizzava, le lame che cozzavano.
Nel disordine e nel trambusto, in quella mescolanza d’odio riverso e rappreso per secoli, soltanto un’entità pareva al di sopra di tutto quello, da super partes Intet osservava la scena, vagamente divertita e per nulla preoccupata, come se ella sapesse tutto, e improvvisamente capì.

Quel dì non era un giorno qualunque.
Quello era il giorno della distruzione di ʤɛna.

« BASTA! FERMATEVI TUTTI QUANTI. »

Lamrael urlò, con tutto il fiato che aveva in gola, disperato.

Non sapeva se avesse la facoltà di cambiare il corso della storia, se quello fosse o meno un ricordo, o se davvero fossero tornati nel passato per rivivere quegli attimi. Eppure doveva fare qualcosa, non poteva semplicemente restare lì fermo a guardare la lenta e agonizzante distruzione di ʤɛna. Ma soprattutto non poteva far vincere lei, Intet; colei che aveva organizzato tutto. Lamrael la guardò con bramosia, ma non con la brama con cui si guarda un’amante, ma con gli occhi densi di chi desidera una preda. Un disio inconscio, nato nella profondità del suo Io. Sapeva di starsi condannando a morte certa, ma la sua brama era la sua distruzione, il suo essere la sua rovina, la sua bestia la sua morte. Sentiva il ruggito crescere, la corruzione graffiare le pareti del suo petto.

Era la vita che bussava alla sua porta, con i tremendi colpi d’una sentenza di morte.

« Non capite che state facendo solo il suo gioco? Che lei vi vuole tutti morti? Siete solo stupide pedine nelle sue mani, così finirete solo per distruggere ʤɛna e, qualunque sia il suo scopo, lei vincerà e di voi non resterà più nulla. »

Lamrael afferrò il coltello dell’uomo che aveva dato il via al tutto, come a volersi innalzare a ideale punto di fine della questione. Dopo quel gesto tutto sarebbe cambiato, nulla sarebbe rimasto più lo stesso. In un modo o nell’altro Lamrael stava osando fare qualcosa che nessuno avrebbe mai osato fare.

Sfidare Intet.

« Fermatevi dunque! » Disse Lamrael, puntando la lama contro Intet. « E unitevi a me per la salvezza di ʤɛna! »

Lamrael fu rapido, molto più di ogni uomo o Maegon fosse su quel cortile, si mosse con estrema leggiadria e rapidità, con eleganza danzava tra un corpo e un altro colmando in breve la distanza che lo separava da Intet e, quando fu abbastanza vicino, con quella stessa lama ne avrebbe penetrato il petto per reciderlo, per strappargli via il cuore.

« Vediamo se ora riesco a vedere il tuo vero volto, Sognatrice. »

Avrebbe detto, spocchioso, sicuro di sé, come un uomo che sa già di esser morto e per questo non ha più nulla da perdere. Avrebbe osservato per un’ultima volta quella sua bellezza perfetta, prima di vederla per ciò che era davvero: un mostro d'abbattere.





Lamrael Redskin



3 cs Forza

Energia: 35%
Status Fisico: 100% Tumefazioni da danno Alto su tutto il corpo; danno basso al pettorale sinistro; danno basso al braccio destro; danno basso generale. danno Basso da strangolamento. Danno Medio al braccio destro da lacerazione
Status mentale: 50% momentaneamente stordito.
Armi: coltello;



Abilità Attive:
~ Skill

Abilità, rapidità, maestria, controllo del proprio corpo e delle proprio armi. Queste sono alcune caratteristiche basilari per un buon guerriero. Capacità che, col tempo, Lamrael ha acquisito. Da grezzo contadino che combatteva solo per la vendetta e l'istinto di sopravvivenza è diventato un guerriero dei più letali e dei più esperti, un guerriero forgiato sul campo di battaglia e non dentro le caserme d'addestramento. In termini di gdr Lamrael, a seconda del consumo speso, potrà effettuare una serie di affondi, colpi, e fendenti con qualsiasi arma e anche a mani nude. La tecnica ha natura fisica e il numero dei colpi è a discrezione di chi l'utilizza poiché, il danno risultante, è sempre pari al consumo speso a prescindere da quanti colpi il guerriero porta. La tecnica avrà un unico bersaglio [Pergamena Maestria in combattimento]. MEDIO

~ The Lion's Roar

Che sia rabbia incontenibile, che sia un urlo spontaneo durante la carica, la forza del suo urlo è similare a quella di un leone che ruggisce prima di agguantare la propria preda. La paralizza, la spaventa, la fa sentire inerme. Dimostrando tutta la sua forza e la sua potenza. L'urlo si propaga per tutto il campo di battaglia colpendo tutti i presenti, stordendoli per qualche secondo, chi subisce la tecnica può liberamente scegliere quali effetti subire: da un giramento di testa a una forte emicrania. La tecnica ha natura psionica e infligge un danno Basso alle vittime. Il consumo della tecnica è di livello Medio [Pergamena Urlo di guerra].
Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akeran, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno delle madri. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare un mortale più un critico prima di morire, ma la sua mente, altresì, non potrà reggere uno sforzo maggiore di critico. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2]. La sua innata dote, i suoi duri allenamenti e le ore sfiancanti di lavoro, gli hanno permesso di elevarsi rispetto gli altri guerrieri, di essere sempre un passo avanti rispetto ai pari di livello e, altresì, questa dote gli permette di specializzarsi in altri modi di combattere. Lamrael sblocca il livello successivo di dominio e acquisisce la classe campione [Cristallo del Talento + Tomo Sacro].


Note: Non sono molto soddisfatto di questo post, purtroppo oggi ho avuto un'esame e non ho avuto abbastanza lucidità e forza per scrivere qualcosa di meglio. In ogni caso la mia idea e questa: saluti a tutti è stato un grande piacere, ho appena firmato la mia condanna a morte a parte gli scherzi, anche se no, non stavo scherzando, utilizzo l'urlo per attirare l'attenzione di tutti e fermarli poi, grazie anche alla passiva, cerco di convincerli a seguirmi e, infine, attacco Intet con un medio. Sono un folle, ma mi sono ripromesso, dopo il fallimento con Morpheus, di giocare i pg così come li ho concepiti, nel bene e nel male.


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