Passatempi Inopportuni - Basiledra.
Credo in un unico regno,
in un solo Re,
un solo Dio.
Forse, dopo tutto, Arthur non aveva tutti i torti riguardo al mio abbigliamento. Eppure era l'unica cosa che mi era rimasta della mia vecchia vita, di uomini e donne in armatura erano piene le strade, di sicuro non poteva dare più nell'occhio di quei capelli blu acceso che tracannavano alcolici come fossero aria. Però, sicuramente, avrei fatto tesoro di quel consiglio, seppur dettomi con un certo desiderio di scherno.
Gli altri che avevano risposto al mio invito, purtroppo, si ritrovarono a bocca asciutta a causa dell'onerosa richiesta alcolica del nostro compare muscoloso, ma questo non parve turbarli eccessivamente: immaginavo che la maggior parte di loro passasse di lì per caso, intenta a non attirare gli sguardi indiscreti degli Insonni, in particolare Viktor, che sembrava aver subito una sorte simile alla mia non appena messo piede in città. Avrei volentieri voluto continuare quella conversazione, informare anche loro che qualcosa di grosso stava per succedere, seppur con il doveroso riservo, ma quell'uomo di cui ancora ignoravo il nome mi prese di peso trascinandomi fuori dalla locanda.
Non sembrava volermi fare del male, invero, trovavo fosse più arrabbiato da quei discorsi "modestamente pacifici" che avevamo provato ad intavolare. Come dargli torto? Io venivo da un mondo pieno di lustrini e favole, ma quella gente era cresciuta in strada e per la maggior parte agiva in preda al bisogno, non all'idea. Era una specie di reazione istintiva, un qualcosa che si impossessava di loro per la necessità di adempiere ad un bisogno, qualcosa che io stavo sperimentando per la prima volta solo in quei momenti. E non si trattava semplicemente di negare o aborrare la presenza della negromanzia, era un sentimento più profondo, scavato nell'animo di chi aveva evidentemente perso qualcuno ed a cui non era stato concesso il privilegio del perdono, del dimenticare, del lasciar andare.
Grande e grosso come era, serbava dentro un qualcosa che avrebbe abbattuto anche il più maestoso dei titani, mostrandosi al tempo stesso irremovibile e vulnerabile.
Non sapevo come muovermi o cosa dire, avevo imparato a nascondere le mie emozioni e le mie debolezze al pubblico per una stupida questione di buone maniere, prediligendo il soffrire in silenzio, al buio della mia stanza... ma quell'ostentazione emotiva, quel rifiuto di accettare una verità tanto amara e disgustosa, mi fece rendere conto che il mondo, fuori dal mio castello di carte, non era fatto per chi desiderava trattenersi.
Alzai una mano, come a volergli dare una amichevole pacca sulla spalla. Cercavo di fargli capire, in un modo per me inconsueto ed inusuale come il contatto fisico, che non c'era nulla da temere nel mostrare chi si era e che io, a mie spese, lo avevo capito troppo tardi.
« Io non sono solita usare parole colloquiali con gli sconosciuti e, spesso, nemmeno con i miei amici... ma credo di poter fare una eccezione, per te. »
Mi avvicinai a lui, cercando di riportarlo verso l'ingresso della locanda senza troppe forzature.
« Sai ho perduto anche io qualcuno, più di qualcuno a dire il vero, e non ho mai pensato nemmeno per un istante di riportarlo in vita dalla morte. Ma sai perché? Perché sapevo che a quelle persone non sarebbe piaciuto, che avrebbero sofferto. So bene che ci sono dei rischi in quello che ha fatto quell'uomo, ma non puoi biasimarlo, non completamente! »
Mi portai le mani sul cuore, toccando la placca di metallo della corazza.
« Ma non vederci come un branco di stupidi seduti ad un tavolo, non oggi perlomeno. Questa città sta cadendo a pezzi e, purtroppo, quello in cui davvero credevo... » indicai con lo sguardo la grande cattedrale cittadina. « ...non mi aiuterà, perché è stato dimenticato, ripudiato per paura. »
Feci un passo verso l'ingresso della taverna, poi mi voltai a guardarlo di nuovo.
«
Guarda questa gente. Bambini, donne, anziani. Vuoi sapere perché mi piace provare a fare amicizia? Perché questa gente muore di fame, imprigionata o giustiziata senza motivo ogni giorno, non c'è alcun bisogno che una montagna di muscoli alcolizzata con i capelli blu e una ragazzina diseredata si mettano a giocare alla guerra con un drago e la sua promessa sposa cadavere! »
Mi ero un attimino alterata, non così tanto da attirare l'attenzione ma abbastanza da far comprendere al mio interlocutore quanto quel discorso fosse importante per me e quanto, anche io, soffrissi la perdita di qualcuno.
«
Tu non puoi dirmi cosa credere, no, ed io non posso dirti di fidarti di me ma, per l'amore di tutto ciò che è sacro, piangerci addosso non cambierà niente. »
Mi avvicinai a lui nuovamente, abbassando il tono della voce sino a ridurlo quasi ad un sussurro.
«
Invece aiutare questa città, defenestrare Mathias e sistemare il mondo prima che vada in frantumi, ti assicuro, farà sentire meglio entrambi. »
Lo guardai negli occhi per un lungo istante, dal basso all'alto, senza lasciarmi intimidire dall'aria feroce e rabbiosa di cui l'avevo visto capace poco prima.
« Io rientro, devo sapere se c'è qualcuno disposto a lottare con noi. »
« Non mi dispiacerebbe se ascoltassi. »
Rientrai dentro rapidamente, scusandomi con un gesto della mano e mettendomi nuovamente seduta.
Involontariamente arrossii in volto, non che ci fosse nulla di cui vergognarsi, ma sicuramente quell'uscita di scena piuttosto bizzarra aveva attirato l'attenzione e di lì a poco qualcuno avrebbe spifferato tutto alle guardie. Non che fosse una novità il venire traditi, ma speravo di non dover sempre fuggire in vita mia, e la mia occasione era proprio dietro l'angolo.
«
Abbiamo poco tempo, cose tanto vistose attirano attenzioni indesiderate. »
Mi schiarii la voce, cercando di tenerla comunque un tono sotto il vociare del resto della clientela.
«
Vi ringrazio per la gentilezza, questa città ha bisogno di persone disposte a sedersi ad un tavolo e parlare. Sarò breve, i miei movimenti devono essere chirurgici e non voglio mettere a rischio nessuno. Molti di voi hanno ricevuto dei torti dagli insonni... »
Guardai Viktor come a volerlo includere in quella discussione.
«
...immagino abbiate saputo dell'esecuzione in programma nei prossimi giorni... è importante che chiunque abbia a cuore Basiledra sia in città. »
Li guardai uno ad uno, alla ricerca di un vacillamento, di qualcosa che mi facesse scattare un campanello d'allarme. Ero arrivata al punto da non voler nemmeno pronunciare la parola "resistenza" in pubblico tanto era rischiosa e precaria la mia situazione.
«
Non biasimerò nessuno che voglia deridermi, non mi conoscete ed è giusto così, ma se rimarrete in città sappiate che il Sovrano, credenti o meno, ve ne renderà merito. »
Alzai le mani e mi strinsi nelle spalle, come a dare l'impressione di aver detto qualcosa di stupidamente banale. Non ero certo la miglior attrice del Dortan, e non pretendevo di esserlo, ma nulla mi avrebbe impedito di cercare in tutti i modi di mascherare quell'importante discorso agli occhi curiosi del popolino.