Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Every single Night and Day, Quest di Mentoraggio

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Stella Alpina
view post Posted on 5/8/2015, 12:42









Quattro Regni, Contea di Ardeal, tempo attuale


Gabriel la osservava quasi senza emozioni, era talmente stanco che non riusciva a pensare a nulla. Era parecchio ormai che non faticava così tanto e forse la vita sedentaria da conte l'aveva rammollito. Si era adagiato su quella comoda poltrona e tanto gli era bastato. Non gli serviva più faticare, aveva i suoi servi che faticavano per lui. Ormai non cacciava quasi più, lasciava che le sue creature gli portassero la preda già bella e pronta. Non era più in forma come una volta, come quando cacciava costantemente in mezzo alla natura selvaggia e ogni giorno era buono per essere l'ultimo, se soltanto fosse potuto morire.
Isabella ansimava a terra, il sangue che le tingeva di rosso le vesti, il volto tornato normale, la trasformazione l'aveva abbandonata. Tutt'attorno giacevano i cadaveri sparsi dei suoi servi e macchie scure si allargavano lentamente sotto i corpi scomposti. L'odore pungente abbracciava l'aria pulita corrompendola e trasformandola in una ventata di tanfo fastidioso.
Il conte si piegò sulle gambe, un po' per avvicinarsi alla donna e un po' per stanchezza. Mentre riprendeva fiato la osservava in silenzio. Sentiva la tensione salire man mano che riprendeva il controllo. Non era solo la sua, tutti i presenti tendevano i muscoli in attesa della domanda che pendeva da tutte le bocche.


« Dimmi dove si trova. »


Un soffio veloce buttato là, il respiro trattenuto di tutti i presenti, la speranza che lottava per restare fino all'ultimo. Tutti intorno a quel corpo accasciato aspettando quelle parole in grado di risollevare gli animi o di gettarli all'inferno. Il cuore di Gabriel prese a battere velocemente. Quanto si era legato a quella ragazza cieca? Come aveva potuto in così poco tempo affezionarsi a tal punto da ridare vita alle sue emozioni perse ormai da tempo? Una parola ripudiata dal suo mondo tornava ora a battere il suo dolce ritmo ad una cadenza delicata, quasi un sussurro ripetuto. Come se potesse disciogliersi nell'aria alla prima nota più forte del dovuto. E al tempo stesso, parallelamente, viaggiava il terrore più nero. Un'emozione altrettanto pura e altrettanto rara. Il terrore di perdere nuovamente quella parola già fuggita violentemente da lui un tempo. Una flebile fiammella in grado di illuminare la stanza più buia, ma così delicata da poter lasciare il mondo al primo alito di vento.
Aveva passato gli ultimi duecento anni nel buio più assoluto, nel nero più nero. Ora sapeva che aveva bisogno dei colori, di illuminare di nuovo il suo cammino.


« Chiedilo...gentilmente. »


Se la tirava la cagna, sapeva quanto importante fosse quella risposta per tutti quegli spettatori e per Gabriel in particolare. Un sussulto scosse il vampiro, sorprendendolo nei suoi pensieri contrastanti. La voglia di tagliarle la gola si alternava a quella di ottenere quella tanto agognata risposta. La mano del conte prese ad accarezzare quasi dolcemente la nuca della donna, un gesto decisamente in contrasto con gli eventi appena passati. Si tratteneva dallo stringere la presa sui capelli e lasciava che i suoi pensieri buoni per Ainwen fluissero in quel gesto apparentemente vero.


« Ti ho chiesto le cose gentilmente per una vita intera. Credo sia ora di ricambiare il favore, non trovi? Dov'è Ainwen? »


Quant'erano vere quelle parole. Non c'era sarcasmo. La sua voce era calma, sicuro che avrebbe ottenuto quella risposta in un modo o in un altro. Il movimento della mano continuava ad un ritmo e con una delicatezza concessa solo agli amanti.
Un sorriso comparve sul volto della donna.


« Non è mai uscita dalla mia casa, mio diletto. »


Gli occhi di Gabriel si spostarono su Ho Igoo cercando risposte. La casa era stata perquisita poco prima da i compagni dell'oracolo senza successo. Un dubbio prese a crescergli dentro. La sua casa? Che si riferisse al castello?


« Quale... casa? »


La contessa sorrise nuovamente, forse aveva colto il suo dubbio.


« Quella di fronte a te. »


Con un breve cenno del capo indicò la struttura dietro di lei, dalla quale era uscita. Un sospiro silenzioso uscì dalle labbra del conte nell'udire quelle parole. Forse Ho Igoo aveva cercato male, nella fretta della situazione si era lasciato sfuggire dei dettagli importanti. Non poteva che entrare lui stesso a verificare. Doveva trovarla e lui solo poteva farlo. Sentiva dentro di sé il peso di quella decisione. Tentò un ultima domanda, per quanto sapeva che non avrebbe attecchito.


« Bene... e dove sarebbe di preciso, all'interno della casa? »


La mano si spostò sul collo sfiorandole la pelle in punti che avrebbero provocato in lei brividi piacevoli. Sapeva cosa la faceva vibrare. Un nuovo sorriso della contessa.


« Non vorrai che faccia io tutto il lavoro. Scoprilo. »


Un colpo di tosse fra una frase ed un'altra. Non era ridotta bene, ma a lui non dispiaceva. Avrebbe avuto un'altra domanda da porgerle, avrebbe voluto chiederle di Jacala. Era sparita ormai da tempo e non se ne avevano notizie. Avrebbe voluto domandarle se avesse catturato anche lei, ma qualcosa gli impedì di farlo. Forse la speranza che fosse riuscita ad infiltrarsi nella casa già da tempo e salvare la sua padrona. Una speranza flebile, ma pur sempre possibile.
Attese un istante carezzando quel collo una volta di più, poi si rialzò e senza aggiungere altro entrò nella casa, lasciandosi alle spalle la contessa e i suoi compagni a controllarla.





 
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view post Posted on 1/9/2015, 15:56
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Attorno a lei c’era solo oscurità, dove il suo corpo pareva galleggiare come immerso. I suoi occhi precipitavano nel vuoto che non riusciva a sfiorare. Le sue mani erano poggiate contro qualcosa eppure parevano fluttuare nell’aria. La rabbia e il dolore si rigiravano nel suo petto come serpi impazzite, creando l’unico legame che restasse tra la sua coscienza e la carne martoriata e affamata che lentamente moriva. Sapeva che in quel buio avrebbe potuto perdersi, che la sua anima era talmente leggera da potersene volare via.
Non c’era nulla, in quel luogo, a trattenerla. Nulla che la invitasse a restare. Ogni respiro era faticoso come se un macigno le gravasse sulle spalle, ogni rantolo era pieno di dolore. Era certa di avere del sangue, il proprio sangue, tra le labbra. Non sentiva più la punta del naso e le piante dei piedi. La notte perenne che la avvolgeva attirava verso un fondo inesistente tutto ciò che faceva parte di lei. Le sarebbe bastato rilassarsi per perdersi definitivamente.
Ad impedirle di addormentarsi era solamente Jacala. La scuoteva, la schiaffeggiava di tanto in tanto, la smuoveva. Il contatto con lei era la sua unica certezza in tutto quel silenzio. Ogni tanto aveva delle visioni deliranti, delle immagini che non avrebbe mai potuto realmente vedere. Uomini e donne si muovevano attorno a lei, perfino i suoi servi. Guardavano verso di lei senza vederla e lei era troppo debole per sollevarsi, non aveva più il controllo del corpo. Protendeva la punta delle dita cercando di richiamarli a sé, senza risultato.
Passavano i sogni di un tempo passato, i suoi fratelli dallo sguardo sprezzante. Passava suo padre, nel giorno in cui l'aveva rinnegata per l'ultima volta. Le lacrime offuscavano gli occhi della follia, gli unici con cui potesse ancora vedere e ricordare.
E poi passò anche lui. come un brivido freddo lungo la schiena. Come un respiro sulla guancia. Familiare, doloroso più delle ferite e delle percosse. Gabriel. Il nome di lui le morì tra le labbra. Tutto il suo corpo fragile ebbe uno spasmo, sussultò senza riuscire a spostarsi. Il braccio scattò di poche dita avanti, le labbra si dischiusero. Voleva gridare ma lui non avrebbe sentito.
La sua anima sofferente si precipitò dentro il corpo, cercando di calzarlo come un guanto, di farlo agire. Ma non c’era nulla con cui potesse spezzare la propria prigione. Solo lui avrebbe potuto farlo. E allora il terrore si impossessò di lei. Un freddo tanto intenso da farle battere i denti. Non sentì il rumore secco, perché era sorda a qualsiasi impulso provenisse dall’esterno. Mentre la sua mente confusa cercava di spezzare il delirio, improvvisamente le tornò in mente un dettaglio. Insignificante.
Sorrise. O forse si illuse solo di farlo. Strinse gli occhi, mentre ogni nervo si contorceva di dolore. Le parve che le tempie stessero per esplodere mentre cercava di compiere il tutto e per tutto. La sua serva le stava accanto, digrignando i denti per comunicarle parte della propria forza. Per sussurrarle che sarebbero riuscite ad andarsene. Ogni tanto scattava avanti, senza riuscire a trovare un varco. E poi riappariva di nuovo nella propria posizione, come una bestia prigioniera di un padrone capriccioso.

Nella casa che era stata della contessa regnavano ancora il suo profumo e un pesante silenzio. Le stanze conservavano parte della grandezza decaduta nei giorni di prigionia. Il cibo era ancora sulla tavola, il sangue ancora sui tappeti, le pesanti tende appena scostate. I letti disfatti raccontavano di lei e del modo in cui sapeva sfiorare l’anima e il corpo dei suoi nobili. Negli armadi i suoi abiti sontuosi, che sempre si abbinavano ai colori della sua pelle. Quel luogo era il bozzolo ove lei si era ritirata, splendida farfalla, e non lasciava il posto a nessun’altra presenza.
Eppure, mentre il vampiro camminava tra i corridoi, qualcosa di insolito violò la calma delle sale sconfitte. Piangevano ancora la fine di una signora immortale, antica quanto il tempo. Le loro lacrime avrebbero potuto durare dei secoli di polvere e attesa trepidante.
Ma la visione ruppe l’incanto molto prima. Si materializzò davanti a Gabriel come un soffio di vento. Così debole, appena una brezza. Aveva un corpo sinuoso, vestito di blu. Il corpo di una fanciulla, con gli occhi azzurri come il cielo e i capelli di fuoco. Non era bella, ma aveva un fascino selvaggio, indomito. Le mani davanti alla bocca, come a nascondere un sussurro segreto. E poi la corsa sfrenata per le sale, dalle quali ogni tanto spariva, sfumava come un’ombra, tornava di nuovo. Instancabile.
Si bagnava nella luce, danzando in mezzo al pulviscolo. L’aria ferma le gonfiava la gonna e i suoi piedi scivolavano senza lasciare tracce. Poche decine di secondi, come una cerbiatta che il cacciatore riesca ad intravedere nella foresta, come l’ultimo scampolo di un sogno.
Si voltò per un’ultima volta, le labbra socchiuse, i grandi occhi scintillanti di preoccupazione, una lacrima lungo la guancia costellata di lentiggini. Il suo sguardo cercò il contatto con quello di lui. Il canto di un cigno che si dissolse in un battito di palpebre.




CITAZIONE
Qm Point

Ultimo giro ultima corsa. Di nuovo in confronto èwè. Mi scuso per il ritardo dovuto al fatto che mi sono dovuta assentare per motivi lavorativi (immagino non l'avresti mai e poi mai immaginato xP).
Come puoi intuire, mentre entri nella villa dove la contessa si era rifugiata, ti appare la visione descritta nella seconda parte del mio post. Non è nulla più che una tecnica media di illusione, quindi se volessi facilmente dispellabile con tecniche apposite.

 
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Stella Alpina
view post Posted on 30/9/2015, 19:21









Quattro Regni, Contea di Ardeal, tempo attuale


La verità era che non aveva la minima idea di dove cercarla. Non conosceva quella tenuta e per di più aveva l'impressione che non gli restasse ancora molto tempo. Non era nemmeno sicuro che si trovasse ancora lì, Ainwen l'oracolo. Provato dallo scontro appena concluso, Gabriel vagava senza realmente un piano ben preciso nella sua mente. Forse avrebbe dovuto cercare nello scantinato o forse vicino al salone principale, forse qualche stanza segreta o entrata nascosta alla vista. Ho Igoo non aveva trovato traccia di lei, era davvero ancora lì? O stava soltanto cavalcando una vana speranza?
Nell'indecisione più totale, qualcosa attirò la sua attenzione. Una figura incorporea, evanescente, comparve davanti a lui. La figura di una ragazza che gli ricordava moltissimo quella di Ainwen. La vide precipitarsi fuori dalla sala svanendo di tanto in tanto.
Il cuore del vampiro prese a pompare sangue ad un ritmo incontrollato. Che fosse davvero qualcosa che riguardasse lei? Senza porsi altre domande si mise all'inseguimento della figura, superando sale dopo sale nonostante il corpo gli dolesse non poco. La ragazza si fermò e si dissolse in un salotto spoglio: qualche poltrona, un camino, un quadro a parete e ciò che più attirò la sua attenzione, uno specchio a figura intera. Gabriel lo fissò per qualche istante poi riprese a guardarsi intorno. Non c'era nulla che potesse giustificare la presenza di Ainwen, se non due bicchieri poggiati su un tavolino. Allungò la mano e ne prese uno portandolo vicino al volto. L'odore della contessa lo travolse violentemente, procurandogli un forte senso di disgusto. Ormai non poteva più sopportarlo, non dopo tutto quello che era successo.
Nel bicchiere vi era qualche goccia rimanente di sangue che probabilmente aveva dato piacere alla contessa durante i vari svaghi. Sul tavolino c'erano i segni che indicavano la frequente presenza di bicchieri di quel genere. Il vampiro poggiò il bicchiere dove l'aveva trovato e si diresse verso lo specchio. Un'enorme ed elaborata cornice lo circondava, quasi tenendolo in un abbraccio. Varie incisioni e riproduzioni di corpi nudi avvinghiati nelle più varie attività si susseguivano sulla superficie dorata. Aveva già visto quello specchio, nelle stanze della contessa, molti anni prima. Come poteva dimenticarlo dopo che quello specchio aveva riflesso i suoi più intensi e dannati momenti intimi? E se non bastava quello, le iniziali della contessa luccicavano in bella vista in cima alla cornice.
Per un brevissimo istante la superficie liscia dello specchio vibrò, attirando l'attenzione del conte. Ora che lo fissava bene sembrava un normalissimo specchio, nulla di più ordinario. Incuriosito, Gabriel poggiò le dita sulla superficie e con suo stupore si accorse di poter avanzare leggermente oltre, in una sorta di materiale elastico che però gli impediva di spingere oltre. Per quell'istante, lo specchio vibrò nuovamente e al conte sembrò di scorgere qualcosa al suo interno. Riprovò, ma questa volta prese a battere con le dita sul vetro provocando le vibrazioni, ma il suo corpo invadeva parte del riflesso impedendogli di scorgere cosa vi fosse dietro. Si spostò di lato e ritentò. Questa volta riuscì a vedere meglio. Dall'altra parte sembravano esserci due figure femminili, una inginocchiata affianco all'altra che invece era seduta, con le gambe accovacciate al petto e piene di lividi e tagli. Un sussulto percorse il corpo del vampiro a quella vista. Poteva davvero essere lei? L'aveva trovata? Il cuore gli salì in gola e le dita ripresero a ticchettare freneticamente sulla superficie per mantenere quella vista. Dov'era? Come poteva raggiungerla? Gli venne un dubbio. Lasciò che lo specchio riprendesse la sua immagine normale e vide riflesso l'enorme quadro alle sue spalle. Senza pensarci un attimo si fiondò all'altra parete e provò a spostarlo di peso. Fece molta fatica ma alla fine vi riuscì. Dietro, contro ogni sua speranza, c'era il muro intonso e privo di segni che indicassero la presenza di un'entrata nascosta. Con un sospiro deluso rimise il quadro al muro e tornò allo specchio. Questa volta inclinò lo specchio in modo da metterlo perfettamente verticale e riprovò a passare, niente. Al di là dello specchio però riuscì a scorgere meglio il volto di una delle due figure: Jacala. Il cuore impazzì, dunque l'altra doveva per forza essere Ainwen! L'aveva trovata! Aveva solo bisogno di capire come poterla raggiungere.
Gli occhi presero a vagare freneticamente intorno alla cornice osservandone ogni dettaglio con attenzione in cerca di indizi. Alcuni corpi sembravano bere qualcosa. Tornò al tavolo e prese il bicchiere che aveva raccolto prima. Vi passò l'indice all'interno raccogliendo qualche goccia di sangue e tornò allo specchio. Vi passò sopra il dito cercando di passare ma sembrò penetrare la superficie solamente la goccia di sangue. Gabriel strinse i denti cercando di trattenere la tensione e riprese a battere sullo specchio. Forse il rumore, forse la goccia di sangue, riuscì ad attirare l'attenzione di Jacala. L'aveva notato! Continuò a battere sul vetro fino a che la ragazza non si posizionò di fronte a lui. Con suo immenso disappunto però, si accorse che lei non poteva vederlo. Fissava stupita la macchia di sangue. La chiamò a voce alta ma lei non rispose, al contrario iniziò a lanciare il suo richiamo. Gabriel le lesse il labiale e capì che stava chiedendo aiuto a chiunque ci fosse al di là.
Aveva bisogno di comunicare con lei, doveva trovare un modo. Fissando la goccia di sangue si decise. Con un'unghia si tagliò l'avambraccio lasciando uscire il liquido rosso in quantità. Lo raccolse nel bicchiere per poi gettarlo sulla superficie dello specchio. Il sangue penetrò dall'altra parte cominciando a creare qualche idea nella mente del conte. Poco dopo, una scritta insanguinata apparve sullo specchio: "Aiuto".
Non era certo di quello che stava per fare, ma doveva provare, lo doveva ad Ainwen. Era colpa sua se lei si era ritrovata in quel casino. Corse fuori dalla stanza e ripercorse al contrario tutto il tragitto fino a raggiungere il gruppo fuori a guardia della donna. La contessa giaceva ancora svenuta e questo facilitava quel che stava per fare. Si inginocchiò al suo fianco fino a sentirne l'odore fastidioso, trattenne il respiro. Dentro di lui una parte nascosta lo chiamava a compiere quell'atto, ma ciò che restava della sua anima, se ancora l'aveva, gli implorava di non farlo. Non si domandò oltre e mise da parte la morale, aveva bisogno di ben altro in quel momento, il suo cuore lo sapeva. Si gettò in avanti spalancando la bocca e raggiungendo con la lingua il sangue che colava dalle sue ferite. Ne succhiò quanto poté, poi senza aggiungere nulla si rialzò, indicò ad Ho Igoo di seguirlo e rientrò alla ricerca della stanza. Quando i due entrarono nulla era cambiato. Senza preoccuparsi di spiegare nulla all'altro, tentò di nuovo di entrare nello specchio. Nuovamente fallì, ma questa volta percepì qualcosa di diverso, lo specchio reagiva in maniera leggermente differente. Mentre la sua mente si sforzava di raggiungere una soluzione, accadde l'impensabile. Un braccio completamente ricoperto di sangue trapassò lo specchio dall'altra parte. Gabriel toccò lo specchio per avere una visione dell'altra stanza e vide Jacala fissarsi la mano stupita. Quando finalmente si rese conto della sua presenza cercò di afferrarlo. Sul suo viso si poteva leggere la disperazione. Il conte indietreggiò di un passo involontariamente, mentre nella sua mente si intrecciavano idee su idee. Ma doveva scegliere quella giusta, non poteva continuare a fallire. Attese qualche istante, poi si rivolse ad Ho Igoo.


« Ho bisogno del vostro sangue. »


Gli occhi dell'uomo si spalancarono a quella frase. Era ovvio che non si aspettava una simile richiesta.


« Di quanto del mio sangue, di grazia? »


Gabriel si stranì non poco a quella domanda. Quanto era fedele alla sua padrona? Avrebbe dato la vita per lei, come era giusto, o avrebbe semplicemente seguito i suoi ordini fino a che la sua incolumità rimaneva appagata?


« Quanto basta per farmi passare di là. »


La spia continuava ad essere diffidente e il suo sguardo continuava a vagare avanti e indietro tra il braccio di Jacala e il volto del conte. Alla fine però si convinse.


« Non ve ne lascerò prendere abbastanza da uccidermi. »


Gabriel mostrò i denti in una smorfia ma evitò di commentare. Sporse il bicchiere in avanti e attese che il sangue colasse dal braccio dell'uomo. Ne bevve un po', sentendosi rinvigorire sorso dopo sorso. Tentò nuovamente di passare per lo specchio ma ancora una volta rimase dalla parte sbagliata. Si spostò dallo specchio e un istante più tardi dal vetro passò il corpo di Jacala, completamente nudo ma ricoperto di sangue e tagli. Gli occhi del conte seguirono le linee del suo corpo e la videro tornare normale per via di una qualche auto-rigenerazione. La vista di quel corpo nudo ben fatto e ricoperto di sangue in un'altra situazione l'avrebbe eccitato oltremodo, ma non poteva davvero permettersi distrazioni in quel momento.


« Vai a prenderla. »


Seguendo l'esempio della donna, Gabriel si tagliò l'avambraccio e lo portò in avanti per provare. Al tocco del sangue con lo specchio però, accadde qualcosa di diverso. Lo specchio si aprì a formare un ingresso libero. Senza attendere oltre, Gabriel camminò in avanti facendo il suo ingresso in quella stanza buia. A terra giaceva il corpo di Ainwen, ricoperto da un lenzuolo sporco di sangue. Respirava ancora ma il suo stato era più che pietoso. Una morsa strinse il cuore del conte nel vederla in quello stato. Era colpa sua se lei aveva dovuto passare tutta quella sofferenza. Non se lo meritava. Non avrebbe dovuto vivere quell'esperienza.
Dall'altra parte dello specchio arrivò la voce di Jacala.


« Dopo averla portata dentro l'ha asciugata. Non c'è abbastanza sangue per portarla fuori di nuovo. »


Gabriel prese in braccio Ainwen, tenendola stretta nel suo abbraccio. Non pesava nulla. Non diede segni di vita nonostante lo spostamento. Avrebbe voluto stringerla ancora più a sé ma la paura di farle ancora più male, in quello stato, glielo impedì. Avanzò cautamente verso l'ingresso ma si rese conto ben presto che lo specchio non gli lasciava il passo. Sospirò sconsolato costringendosi a tentare anche con lei quello che aveva fatto lui stesso. Spostò l'avambraccio in modo da appoggiarci le labbra della ragazza sopra e aspettò che qualche goccia passasse nella sua bocca. Per sicurezza la imbrattò leggermente con il suo sangue e ritentò. Finalmente il passaggio si riaprì e i due furono di nuovo nella stanza in compagnia degli altri.
Gabriel avrebbe voluto portarla via da lì immediatamente, salvarla da quella sofferenza che l'aveva tormentata per tutti quei giorni passati, ma qualcosa gli diceva che non doveva avere fretta. Si sedette sulla poltrona con Ainwen in braccio e mentre la coccolava si rivolse a Jacala, cercando di capire quale fosse lo stato dell'oracolo. Capì che in quello stato non sarebbe andata troppo lontano, aveva perso molto sangue ed era troppo debole per muoversi di lì, anche se trasportata.
Si rivolse allora ad Ho Igoo, questa volta chiedendogli di recuperare, da qualche parte nella tenuta, qualsiasi cosa potesse servire per una trasfusione. La spia si dileguò per compiere l'incarico. Gabriel osservò il volto pallido della ragazza che teneva tra le braccia. Nonostante tutto aveva dentro di sé un senso di sollievo, non pensava di poterla realmente ritrovare nonostante il suo cuore non aveva mai smesso di sperarlo. Le diede un bacio dolce sulla fronte piegandosi leggermente su di lei e rimanendo poi in quella posizione. Appena Ho Igoo fosse tornato con gli strumenti, le avrebbe donato il suo sangue, sperando che potesse servire a farla riprendere. Poi avrebbe pensato a cosa fare.




 
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view post Posted on 3/10/2015, 20:14
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Il suo mondo era buio, piccolo eppure sconfinato, racchiuso nel fremito tra un respiro e il dolore che le stritolava il petto. Il suo mondo era condensato nello spazio tra le palpebre troppo pesanti per essere sollevate. Lei aspettava sulla soglia delle labbra, desiderando di fuggire alla sofferenza verso un cielo che avrebbe potuto non esistere. Ogni sforzo del suo corpo era per rimanere, ma fuori dal suo piccolo universo la stavano chiamando e lei sapeva che sarebbe dovuta andare. Docile, cercava una porta attraverso la quale sfuggire.


Non importa quanto a lungo
ti avrò aspettato, nel buio della notte
o mentre la luce del giorno illumina impietosa
i miei fallimenti.
Non importa quanto a lungo avrò gridato
il tuo nome
anche se non avessi più voce.


Qualcosa la sollevava, qualcosa la teneva contro di sé, come una bambola di porcellana. Con la delicatezza che si riserverebbe a un animale ferito. Qualcuno poggiava le labbra contro di lei, che non aveva più la forza di rabbrividire. E lei avrebbe voluto provare della gioia, ma ogni muscolo gridava di paura, strideva per avere energia, forza di sopravvivere.
Il suo mondo era stranamente gelido e bollente, macchie di rossore caldo tra gli occhi, dove le labbra altrui l'avevano sfiorata. Come un'ancora che la tratteneva a terra, come un sigillo che impediva di aprire la missiva verso l'infinito. Lo sapeva, come se avesse lasciato su di lei una firma. Sapeva il suo nome.
Avrebbe voluto pronunciarlo, ma se solo avesse aperto le labbra la sua anima sarebbe fuggita. Avrebbe voluto gridarlo, stringendosi a lui, ma se solo lo avesse fatto il demonio che aveva dentro, una creatura fatta di terrore e rancore, si sarebbe liberato. Strinse le dita, quelle estremità che parevano lontane una vita, cercò la stoffa dei suoi abiti, il tepore del suo corpo.
Cercò quel poco contatto che aveva la forza di raggiungere. Poteva sentire il suo respiro contro di sé come un'onda sul muro eroso dalle intemperie di una capanna. Come la brezza estiva che si infrange contro le tende. Non l'aveva mai provata, lei, una brezza estiva. Ma sapeva immaginare.


Non importa quanta strada avrò percorso
quando ti guarderò negli occhi.
Non importa quanti avrò abbandonato
quanto avrò sofferto.
Non importa a cosa avrò rinunciato
e cosa sarà divenuto mio,
quanto le mie mani si saranno ferite per trattenere l'impossibile.


Inspirò. C'era ancora dolore, tanto dolore. E c'erano le mani di lui, che si prendevano cura delle promesse infrante contro le sue ferite. Le curavano con il balsamo della certezza. Avrebbe voluto farsi più piccola, ma il mondo dentro di lei era troppo grande. Avrebbe voluto farsi più bella, solo per lui, bella come una principessa delle fiabe. Perché lui poggiasse le labbra contro le sue, chiedendole di risvegliarsi. Perché lui abbandonasse quel desiderio su di lei che non voleva più desiderare, solo sentirsi desiderata.
Lo vedeva, con i propri occhi ciechi. Lo vedeva compiere quel gesto che esisteva solo nelle sue fantasie. E cercava di sorridere, ma troppi tagli le rigavano le guance. Ci sarebbe voluto del tempo. Intanto poteva aspettare.


Non importa se avrò mai chiuso
gli occhi
o se nella notte avrò regalato i miei incubi
al tuo ricordo.
Non importa con cosa avrò pugnalato il mio cuore
e in quanti pezzi
avrò infranto la mia anima.


Contro di lui. Con il battito del suo cuore che rimbombava come un tamburo prima della carica. Con l'alzarsi e l'abbassarsi del suo petto, calmo. Lei aveva il respiro accelerato, un respiro da uccellino precipitato dal nido. Che lentamente si placava, perché il suo nido le stava attorno, era un nido di carne e di sangue.
Attirò le ginocchia a sé, scoprendo di poterlo fare, di poter aderire ancora di più contro di lui, come se non ci fosse altro che loro nel mondo. Come se quella stanza, quelle prigioni, quei giorni non fossero mai esistiti.


Non importa,
quando arriverò.
Non importa,
quando sarai davanti a me.
Non importa quanta fatica avrò speso per cercarti
o quante parole dirai per spiegarti.
Non importa il valore
del sangue e della poesia
quando non avrò più parole.


Se ne era andata da Ardeal in catene, quando ancora credeva di voler fuggire. Se ne era andata con la melodia del suo violino ancora nelle orecchie, con l'incapacità di chiedergli aiuto. Con tutta la propria vanità.
E sarebbe tornata. Perché non aveva più senso mentire, non a se stessa. Il gelo dell'inverno dentro di lei si stava sciogliendo lentamente. O forse semplicemente un fuoco era divampato d'improvviso.
Il dolore la faceva tremare. Ma non era solo quello. Era qualcosa di più grande, che era sorto come un pugno nel petto, come un grande fiore dentro la gola. Lei sapeva di cosa si trattasse.
Sapeva cosa voleva significare. Ma non era pronta ad ammetterlo. Poteva solo sfiorare delicatamente quel pensiero, cercando di non infrangerlo.
Non aveva voglia di svegliarsi e spezzare quel momento. Non aveva voglia di sollevare le palpebre in un patetico tentativo di essere forte. Lei non era forte. Non davanti a lui. Lei voleva essere debole, e restare in quell'abbraccio ancora per molto tempo.


Perché tu saprai.
Perché io so.
Che ogni singola notte
e giorno
Ogni singolo secondo
e sempre
Ogni alba
fino al tramonto
Ogni passo
e ostacolo
Ogni lacrima
in cambio di un sorriso
è stato per te.


Per sempre.




CITAZIONE
Qm Point

Qui si conclude la quest, complimenti *_*/ Passo ad una valutazione (rapida, perché ormai nemmeno questo genere di quest esistono più).
Hai dimostrato una buona capacità tattica e strategica, riuscendo quasi sempre a risolvere gli enigmi che ti sono stati posti davanti e a gestire gli scontri, sebbene non tutti avessero delle dinamiche usuali. Anche alla fine, nonostante un momento di perplessità, sei riuscito a salvare Ainwen con un basso numero di tentativi (anche se ci sarebbero state soluzioni più “pirotecniche” per arrivarci).
Hai sfruttato bene l’ambientazione, che d’altro canto conosci, e non ti sei lasciato intimorire troppo dai paletti posti a quello che potevi fare.
Dal punto di vista della scrittura, i tuoi post sono lineari, sempre comprensibili e ben scritti. Si nota, di tanto in tanto, un’oscillazione nello stile, come se alcuni fossero più partecipati di altri, ma lo trovo abbastanza normale. Usi uno stile abbastanza ricco, anche a livello di metafore ed immagini, riuscendo quasi sempre a far emergere cosa sente il tuo personaggio calato nelle varie situazioni (che ho creato appositamente per farti confrontare con varie sfaccettature di Gabriel). Sullo stile ho poco da dirti, posso solo consigliarti di continuare ad affinarlo ma non trovo sostanziali correzioni da fare.
Circa lo sviluppo del personaggio, invece, metto per iscritto un consiglio che ti ho dato più di una volta a voce. Gabriel è un personaggio che può e potrebbe dare molto, ma che si trova di fronte ad un rischio enorme: quello di diventare un personaggio stereotipato. Il fatto che sia un vampiro, bello forte e tormentato rischia (purtroppo viviamo nell’epoca dei mostri con i complessi che luccicano) di farlo diventare una macchietta da romanzetto. Fortunatamente non sta accadendo, ma cerca sempre di dare un occhio a questo aspetto. E al tempo stesso, so di ribadire cose già dette, continua a svilupparlo puntando molto sull’introspezione coniugata a descrizioni, immagini, colori, sensazioni. Fai di lui una figura originale (non nel senso che deve vomitare arcobaleni, ma nel senso che abbia qualcosa di particolarmente distintivo). Fai di lui un essere sempre più vivo, più umano, con forze, debolezze, rigidità, luci ed ombre. Lo stai già facendo, naturalmente, e ti consiglio di proseguire su questa strada in maniera ancora più decisa. Fai in modo che si possa dire che questo personaggio non è semplicemente “un vampiro”, ma è Gabriel Voltura.
Questo è il mio lascito, il messaggio che voglio darti con la mia quest di mentoraggio. Che, in fondo, non è stata la quest di un vampiro, ma quella di un personaggio, Gabriel. Per questo motivo la ricompensa non sarà costituita da soli gold, ma anche da un Malus: non è una punizione, bensì uno spunto di caratterizzazione e il marchio di questa giocata.

Nota bene, sganciata da tutto il resto: il ritmo dei post! È vero che la quest partiva come rilassata e senza limiti di tempo, ma ti consiglio di cercare di fare sempre di più i conti con tempistiche strette.

Ricompensa: 800 Gold
Malus: nel sangue di Gabriel Voltura, per sua stessa incauta scelta, scorre anche quello della Contessa, una creatura vecchia quasi quanto i continenti. Egli non potrà liberarsi facilmente di questo contatto tra loro, di questo legame che rappresenta il loro passato e il loro futuro. Ogni volta che Gabriel si guarderà in uno specchio, fosse questo di vetro o di acqua limpidissima, egli vedrà riflessa, come se si trovasse pochi passi alle proprie spalle, anche la figura della Contessa. Evanescente, poco più che un ricordo, eppure presente, come un monito, a ricordargli il modo in cui ha osato sfidarla.



Come QM, mi autoassegno 600 Gold.

 
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