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| { taanach, palazzo dei beik ~ pov: jahrir }
Le visioni si affastellavano l'una sull'altra, scorci di delirio e disperazione che stavano catapultando Jahrir negli abissi della perdizione, a una profondità tale che riemergerne pareva sempre più impossibile. Vedeva Shaelan, la sua amata, vittima di torture e violenze senza sosta, il corpo martoriato dalle ferite, la mente massacrata da abusi ancora peggiori. Vedeva le forze del male affaccendarsi intorno a lei, eccitate e ribollenti al cospetto della nuova, fresca preda, che si dimenavano come in preda a un furore mistico, figure perverse assorbite nella loro folle danza orgiastica. Vedeva la sua indole generosa e benevola mutare, plasmata come argilla morbida dalle mani della Corruzione in nuove, maligne forme: ogni ulteriore sevizia, ogni squarcio nella carne e sfregio nella mente la allontanava dalla luce e sprofondava nei tenebrosi reami dell'orrore, nei meandri dell'anima umana. La vedeva infine asservita per sempre alla Tentatio, mero strumento nelle mani di un potere immenso e malvagio, pedina da manipolare per compiere gli atti più scellerati e infine sacrificare all'occorrenza. Tutto questo vedeva Jahrir, e molto altro ancora: immagini di tale atrocità da sfuggire persino alla sua capacità di comprensione, e anche alcune più fugaci e misteriose che non sapeva giustificare. Le visioni erano accompagnate da un rombo di tuono crescente, che montava come un'onda gigantesca a sommergere ogni altra percezione e sensazione, e solo dopo molto tempo il nano realizzò che quel rombo altro non era che il suo grido disperato. Il suo corpo era in fiamme, si sentiva bruciare da un fuoco inestinguibile, martoriato da mille ferite; il dolore era tutto nella sua mente - in qualche modo lo sapeva - ma era così reale! Per quanto si sforzasse non c'era modo di sfuggire al controllo del Beik: ogni suo tentativo di scacciarlo e liberarsi della sua influenza risultava vano. Era ormai rassegnato, prostrato alla volontà aliena, ma l'ultima visione lo riscosse. Shaelan lo fissò direttamente e lui potè scorgerne gli occhi: erano occhi spenti, privi di qualsiasi barlume di vita. Quegli occhi che erano stati tanto brillanti, curiosi, intelligenti, intensi, irrequieti, maliziosi, che mai cessavano di indagare il mondo, di cercare nuove sfide o soluzioni, che lo avevano ammaliato con la loro profondità nei momenti intimi, che erano uno specchio perfetto dell'anima di Shaelan, ora erano ridotti a smorte biglie grigie.
« NOOOOOOOOOO! »
Il grido gli scorticò la gola e corrose le corde vocali. Il suo cuore accelerò i battiti, rimbombando come un folle tamburo da guerra nel mezzo della battaglia, pompò rabbia liquida nelle vene e irrorò ogni estremità del suo corpo. Dietro agli occhi sentiva un pulsante dolore rosso, deflagrazioni violente serrate nella sua scatola cranica. Raggiunse il culmine, il punto massimo, e lo superò. Infine, con un sovrumano sforzo di volontà, Jahrir si liberò del controllo della Chimera. Fu come rimuovere un macigno dal torace o placare un incendio appiccato alle proprie carni. La vista si schiarì, pur ostacolata dai fumi venefici delle nere candele. Nella foschia verdognola potè scorgere Graub, o per lo meno quella cosa che ne aveva assunto le sembianze fino a poco prima, dismettendo finalmente le sue spoglie fallaci per rivelarsi in tutta la sua mostruosità. Un ghigno terribile capeggiava trionfante scavato nel teschio scarnificato della creatura, da cui si dipartivano due corna arcuate e luciferine; gli occhi non erano altro che vuote orbite nere, illuminate dalla pallida luminescenza del salone, che tracciava riflessi inquietanti sul volto cadaverico. Il corpo era anch'esso scheletrico, un'informe accozzaglia fatta di bordi frastagliati, ossa sporgenti, costole incrinate, vertebre spezzate.
Jahrir rabbrividì, mentre la verità gli si dischiudeva completamente davanti agli occhi. Una parola, un nome affiorò sulle sue labbra, poche lettere che aveva sentito sussurrare con paura, appena mormorato. Un mostro, un corrotto, un mutaforma. Uno...
« shabāha »
Come se l'avesse sentito, rispondendo all'invocazione, il fu Beik si girò con lentezza esasperante verso di lui, il cranio spaccato in due da un sorriso raggelante. Sollevò una mano, puntò con l'indice alle spalle del nano; quest'ultimo si voltò, e vide una bassa figura stagliarsi contro la cortina, indistinta all'inizio, poi sempre più chiara.
« Shaelan! »
Lo attaccò, minacciandolo con la sua ascia. Jahrir schivò a stento, colto di sorpresa dalla mossa. Provò a farfugliare una domanda, chiedere una spiegazione, ma lei non gliene diede il tempo. La lama fendette l'aria, una volta, due, ancora e ancora, sibilando sempre più vicino. Tagliava la nebbia, lasciandosi dietro una scia di sottili filamenti, inspiegabile promessa di morte. Il nano cercò il proprio martello, invano: doveva averlo lasciato cadere mentre era in preda alle visioni. Rotolò sul pavimento inciso per sfuggire all'ennesimo colpo e afferrò la spada abbandonata su di esso: con una rapida occhiata scorse a un palmo dal suo il volto pallido e catatonico di Drenthe. Si rialzò mentre Shaelan lo ingaggiava nuovamente. Le lame danzarono, si scontrarono, cozzarono, esplosero scintille d'oro nell'oscurità e urlarono i loro lamenti d'acciaio. Il ferro strideva, come le viscere della terra quand'è sconvolta da un terremoto; Jahrir gemeva, incapacitato a trovare una spiegazione. Si limitava a difendersi: non voleva ferire l'amata - o peggio - ma quella lo incalzava con sempre maggiore pressione.
« Ferma! »
Urlò disperato quando sentì il muro alle proprie spalle; lei esitò per un attimo, il tempo sufficiente perchè Jahrir le facesse volare via di mano l'arma con un rapido movimento del polso, poi gli puntò contro la propria, ad altezza del petto.
« Shaelan, che ti succede? Sono io, non mi riconosci? »
La sua voce era rotta dai singulti; ora che ce l'aveva a un passo di distanza e la fissava non poteva più negarlo, neppure a se stesso: era troppo tardi, la Tentatio si era già scavata una strada fino al cuore puro di lei, corrompendolo col proprio potere. I suoi occhi non mentivano: grigi e spenti, come quelli della visione.
« Oh, Shaelan... »
Calde lacrime gli bagnavano il volto; le sentiva scorrere, tracciando solchi chiari sulle guance annerite da sudore e sporcizia. La mano della spada gli tremò, scalfì appena la pelle dell'amata. Chinò il capo, prostrato. Era finita.
« Jahrir... »
Lo risollevò di scatto; negli occhi di lei scorse un barlume di vita, una speranza, minuscola ed effimera, sprofondata in una voragine di disperazione, ma reale! Poi qualcos'altro...
Comprensione.
« Sono perduta. »
Mormorò, e si gettò contro la sua spada. Il ferro le perforò il petto, trafisse il cuore e riemerse dalla schiena, grondante sangue. Shaelan crollò a terra, e Jahrir con lei.
_____
Di quel che successe in seguito Jahrir ne conservò solo un ricordo confuso, come di un sogno. Sconvolto e incapacitato a fare alcunchè, si limitò ad assistere in uno stato di semincoscienza al combattimento tra la creatura e i suoi compagni, che in qualche modo si erano liberati dell'incantesimo. Gandor non fu invece tanto fortunato: mentre era ancora assoggettato al controllo psichico lo shabāha gli squarciò la gola, lordandosi del rosso del suo sangue; solo nell'ultimo istante di vita l'uomo si riebbe: mentre una lacrima solitaria scendeva sul suo volto, le labbra si mossero appena a mormorare Leyla, poi dalle stesse labbra spirò il suo ultimo respiro e l'anima abbandonò il corpo. Xari e Ged invece affrontarono a viso aperto il mostro. La lotta fu cruenta: il pirata perse un occhio, sradicatogli via da uno dei corni arcuati del Beik, mentre al prete rosso venne mozzata una mano. Nonostante tutto i due riuscirono a mettere alle strette l''avversario, ma proprio quando sembrava che stessero per sopraffarlo quello si immerse nella nebbia e svanì alla vista. In seguito tutta la storia fu chiara. Quando lo shabāha si era introdotto nelle loro menti per proiettarvi un coacervo di rimorsi del passato, paure per il futuro e terrori sconosciuti, inevitabilmente anche i tre compagni avevano avuto accesso a frammenti di pensieri, emozioni e conoscenze del nemico. Confrontando le rispettive visioni Drenthe, Ged e un ancora inebetito Jahrir poterono ricostruire la vicenda. Acheiron Graub, Beik della Chimera, era un uomo potente ma ambizioso: non si accontentava mai di ciò che possedeva, cercava sempre di spingersi un gradino più su. Ma quanto maggiore l'altezza, tanto più rovinosa la caduta. Quando la sua influenza su Taanach venne messa in dubbio dall'ascesa della ricchissima famiglia Essien condusse delle indagini e venne a sapere dei misteriosi rituali che coinvolgevano gli schiavi di Kava Kan. Convinto che il loro potere derivasse da quei riti, si decise a replicarli quando la situazione nell'Akeran andò peggiorando, con la comparsa della Corruzione e soprattutto il delinearsi di una possibile elezione speciale dello Tsar, che lo avrebbe estromesso del tutto dalle posizioni che contavano. Con l'aiuto delle sue milizie personali cominciò a rapire e imprigionare poveri e delinquenti dai bassifondi della città: ladruncoli, orfani, mendicanti, gente di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza, che nessuno avrebbe cercato o rimpianto. Col favore delle tenebre, poi, a scadenze regolari li trasferiva in gruppo e segretamente in una zona periferica e poco frequentata, posta sotto il suo diretto controllo, dove poteva attuare il proprio piano: le persone rapite venivano uccise e gettate in un pozzo profondo, seguendo i dettami rituali già praticati dagli Essien. Questi sacrifici, però, non sortirono i risultati sperati, ma più il Beik perseverava nel suo misfatto scellerato - convinto di sbagliare qualcosa e di poter trovare una soluzione - più si aggravava un pericoloso effetto collaterale. La Tentatio lo trovò, gli si avvinghiò alle carni come un parassita malefico e a ogni nuovo bagno di sangue lei scavava un po' più in profondità, fino a penetrare nel suo cuore ormai corrotto. Infine, Graub e la Corruzione furono una cosa sola; il Beik morì, e al suo posto nacque lo shabāha. Non per questo desistette dai sacrifici, che anzi intensificò - ma con un obiettivo diverso: accrescere il potere della Tentatio fino a divenire tanto forte da assoggettare l'intera città al controllo dell'Ahriman. Fu a questo punto che Jahrir e i suoi compagni giunsero in città, che Gandor implorò Ged di aiutarlo a ritrovare sua figlia rapita, che tutti si recarono al palazzo del Beik poche ore dopo che l'ultimo gruppo di prigionieri era stato trasferito nel luogo designato per l'immolazione. Questi ultimi furono in seguito salvati dalla fuga del Beik e dall'intervento degli stessi Ged, Xari e Jahrir, che riuscirono a scoprire l'ubicazione del pozzo sacrificale grazie agli stralci di pensieri sfuggiti al controllo della creatura. Infine, dopo aver informato lo Tsar degli ultimi avvenimenti, la compagnia si sciolse.
Fu così che ebbe termine la tragica missione di Jahrir a Taanach. Dopo la perdita di Shaelan, ora quelli che si aprivano davanti a lui non erano nuovi orizzonti, ma baratri neri.
CITAZIONE QM POINT ~Vista la sparizione improvvisa e immotivata di Drag e Wolfo, mi vedo costretto a chiudere qui la quest con un certo anticipo, riassumendo gli ultimi 2-3 post della giocata in questo. Mi dispiace più che altro perchè fino ad ora, pur con più ritardi del dovuto (compresi i miei) l'impegno non era mancato e stavamo procedendo bene, nonostante le naturali difficoltà derivanti dagli abbandoni di Verel e Lul; e perchè eravamo arrivati proprio adesso al clou della storia, con lo scontro finale che vi avrebbe tra l'altro posti di fronte a scelte interessanti e influenti per il più generale proseguo della campagna. Invece la cosa è andata diversamente, e certo non nel migliore dei modi per Jahrir - nè per voi. Shaelan muore, uccidendosi volontariamente sulla spada impugnata dal nano dopo aver realizzato di essere ormai condannata a un destino di asservimento alla Tentatio (come conseguenza del non essere riuscita a liberarsi della malia contaminante dello shabāha). Inutile dire che le conseguenze per Jahrir sono e saranno devastanti e tale avvenimento è destinato ad avere importanti ripercussioni in futuro. Anche voi non ve la passate bene: come conseguenza dell'abbandono, e dunque da considerare malus permanenti, Ged subisce l'amputazione di una mano, Xari la perdita di un occhio. Gandor muore: non potrà più riabbracciare la sua amata Leyla; lo shabāha riesce a scappare. Molte domande trovano risposta, perchè nel momento in cui la creatura si è impossessata delle vostre menti, anche voi avete potuto carpire stralci dei suoi piani e pensieri, ricostruendo il quadro generale, già descritto nel post. Con le informazioni ottenute riuscite a individuare il luogo dove erano segregati i prigionieri ancora superstiti, e liberarli. In conclusione, la spedizione per Jahrir si è rivelata non solo un fallimento - non essendo riuscito a perseguire lo scopo originario di arruolare una forza consistente con cui contrastare l'Ahriman - ma una vera e propria disgrazia, dalla quale difficilmente si riprenderà. Il suo futuro è ora più incerto che mai. Da ultimo non rimane che assegnare le ricompense, considerevolmente decurtate per via degli abbandoni.
Verel 0 Gold e malus permanente: serberà per sempre il ricordo angosciante seguito all'incontro col Fuoco Fatuo nella foresta di Ràven Lul 0 Gold e malus permanente: il Labirinto è un luogo ostico; in uno scontro coi suoi poco raccomandabili abitanti hai perso un arto a tua scelta Wolfo 400 Gold e malus permanente: amputazione della mano sinistra Drag 500 Gold e malus permanente: perdita dell'occhio destro Non assegno inoltre il bonus in Gold previsto dalla partecipazione al ciclo dall'Abisso. Al sottoscritto assegno 500 Gold per la gestione della quest. Anche in questo caso la ricompensa è ridotta rispetto all'originaria a causa delle mie mancanze.
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