| Lill' |
| | Si avviarono verso un banchetto che distribuiva del vino, per poi riprendere a camminare. Nella baraonda del porto la curiosa coppia fiancheggiò dei tavolacci pieni di gente che mangiava merluzzo fritto, gruppi di giovani che ballavano in cerchio e cantavano canzoni su Voljund o sul regnante di quella cittadina piccola, ma tutto sommato ordinata. Rick ricordò Salgema: aveva visto posti del genere ridotti a ruderi nei territori occidentali, non troppo tempo prima. O forse era che i posti dove andava a finire lui, in su o in giù, erano sempre brecce in mura altrimenti perfette e tabernacoli puzzanti di piscio zeppi di profughi e di soldataglia. “Ci ho passato diverso tempo, nell'Edhel. E poi, non è che non ci siano grane qui.” Rispose il nano storcendo un po’ il muso, come fosse naturale quello che diceva. Prese un'altra coppa da un banchetto lì vicino e la porse alla donna, che ringraziò. “Ho passato del tempo anche da queste parti”, fece ancora. Azzurra de Rougelaine si strinse nelle spalle. “Al contrario, ma le grane non sono per i sudditi, sono più che altro ai vertici. I demoni non guardano la scala gerarchia, temo.” Il nano inspirò giusto un attimo, il tempo per un’ombra di posarsi tra i suoi occhi neri e confondersi, irriconoscibile. Tra le pieghe e i segni del suo viso non si notò granché. “Beh, c'è chi ne ha le palle piene infatti; i Rahm che ho accompagnato sono più che altro donne, vecchi o marmocchi”, disse. L’altra portò giù la sua coppa; non disse nulla, ma sentendo dei profughi i suoi occhi brillarono. “Tu, dicevano che sei vicina ai nobili dei draghi”, riprese il vagabondo. “I Lancaster.” “Sì è vero, sono l’attendente di Ryellia Lancaster.”
Allora Rick Gultermann ci pensò un altro po’, per poi raccontargli per grossi capi la storia della carovana di elfi che aveva scortato tra i picchi gelati dell’Erydlyss. Non parlò di quelli che erano crepati per il gelo o caduti in un crepaccio, perché in fondo erano solo delle vite in più. Gli disse però di quanti sarebbero venuti ancora se il Re dei labirinti si prendeva tutto, o degli aiuti che sarebbero serviti se invece riuscivano a fermarlo prima. Gli accennò delle Llusern, le Lanterne, e la cavallerizza di Dortan rispose che aveva conosciuto il Cartaio, e Rick pensò che era buon per lei che lo conosceva perché Beleren era buono e caro, ma con quegli occhi di ghiaccio e quello che si narrava era ben meglio sapere chi era, così come si sa dove c’è una porta per il Baathos. Passeggiarono ancora, senza una meta. Quando infine parlarono delle armi, davanti a dei pescherecci messi alla fonda, la risposta della ragazza non fu una grossa sorpresa:
“Non ho accesso a potenziale bellico direttamente...” “Mh. Può interessare a qualche nobile, magari?”
Distrattamente, ma forse non del tutto, Azzurra de Rougelaine indicò nel mezzo della città, con la stessa mano con cui reggeva la coppa. “A nessun nobile del Dortan importa di quanto succede nell'Edhel e nell'Akeran, o almeno che io sappia. Io posso accogliere i profughi perché ho giurato di difendere i deboli, ma per avere delle armi dovete rivolgervi a qualcuno che vorrà qualcosa in cambio.” Assentì, quasi rivolta a se stessa. “Cosa potete offrire? Soldi? Preziosi? Informazioni?” “Qualcuno di quegli elfi sa fare molte cose. Magie, roba che non ho mai visto a Sud delle montagne. L'ultima volta, a Haistone, stavano vendendo amuleti.” Fu allora che il cielo si colorò, e pochi istanti più tardi il boato dei primi fuochi d’artificio riempì l’aria. Il viandante del Nord, che veniva da posti poveri di quei prodigi tecnici, si volse a guardare in direzione del lago. Il cielo era pulito, di un indaco che faceva pensare alla sera incipiente, e in quei luoghi il clima non era poi troppo rigido. Quando il ramingo tornò a rivolgersi alla dama del Dortan, qualcosa in lui era cambiato. Avevano più o meno la stessa altezza ora e, più di tutto, i segni duri del suo viso erano scomparsi, sostituiti da una faccia comune e dei capelli brizzolati. “Ma sanno fare molte cose”, ripeté Rick Gultermann; l’armatura di cuoio scuro che portava indosso era però sempre la stessa. Ad occhi attenti, i suoi bordi di pelle sfumavano nelle tonalità profonde del lago alle loro spalle, come se dopotutto anche quella situazione, quelle parole e quelle storie dure, valessero un po’ lo stesso che altre storie, altre parole, altre sere a cercare di cavare un ragno dal buco. Pensò che, come tanti anni prima, tra Dortan e l’Edhel la principale differenza era in fin dei conti solo il freddo.
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Il mio post conclusivo a questa scena che non mi ha annoiato, anzi, anche se l'ho notata in ritardo. Roba varia concordata con Last Seguirò le trame di Erein a questo punto! EDIT: mi ero scordato di quotare la tecnica, per quel che vale. Dall'artefatto Noloriau: QUOTE [Alta: il personaggio riplasma i propri lineamenti e il proprio aspetto per due turni, divenendo irriconoscibile . Durante quel frangente di tempo, il caster otterrà 4 CS da aggiungere alla propria riserva e i personaggi attorno a lei subiranno temporaneamente l'effetto massimo del malus prima citato. Sia aspetto che CS vanno decise all'acquisizione della tecnica e non potranno essere cambiate dopo.] [CS scelte in Intuito][Aspetto: uomo di mezza età, moro, magrolino, non molto alto; primi capelli grigi, ispidi e corti come la barba; pelle (abbastanza) olivastra (per trovarsi al Nord) e occhi grigi. In generale abbastanza anonimo, anche se evidentemente non un nobiluomo dall'aspetto. Tuttavia, privo di cicatrici o anche solo di piccoli marchi di qualsiasi tipo. Olsen, Il bastardo dell Akeran] Edited by Lill' - 10/8/2015, 17:32
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