Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Grida dal Cielo ~ Creazione

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view post Posted on 8/5/2015, 08:14
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Like a paper airplane


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Elfo.
Una sensazione di freddo improvviso lo avvolse, immobilizzandolo al proprio posto. Non era come loro, non era costituito da un'anima sublime avvolta dal più mirabile dei contenitori. Non era imponente, maestoso, glorioso. Non aveva l'aspetto che il cosmo stesso aveva scelto di conferire ai propri figli prediletti. Aveva un orribile corpo glabro e troppo minuscolo per contenere della saggezza. E quegli organi palpitanti, rossastri, che non dovevano essere buoni nemmeno da mangiare. Inoltre appariva pesante e sgraziato, di certo non capace di nutrire un senso della bellezza o della dedizione. E poi, quelle cose che aveva sul volto. Non avrebbe saputo bene come chiamare i suoi grossi occhi acquosi, simili a quelli degli animali. E quella bocca priva di denti visibili, morbida come il resto della pelle.
Quella creatura era tutta sbagliata, niente in essa poteva essere salvato. Non era bella, non era elegante, ed era per definizione destinata a perire. Un essere come quello sarebbe scomparso in un tempo così breve da essere dimenticato. Non come tutte le altre creazioni, eterne e tese alla perfezione. Un essere come quello pareva essere nato per farsi spezzare, stritolare tra le fauci.


Questa cosa...


Riguadagnò la voce in tempo per fare il proprio proclama. Ma era quasi certo che in pochi, nella concitazione, lo avrebbero ascoltato. Il suo tono era troppo pieno di sussiego per imporsi sopra gli altri. Sperò che almeno i suoi fratelli si fidassero di lui, della sua intuizione. Che se ne stessero alla larga senza immischiarsi in queste faccende che avrebbero solo potuto rovinarli. Il loro destino non era donare vita a creature naturalmente imperfette. Qualsiasi essere vivente nato da un altro essere superiore non può mai esserne pari. Per questo loro non erano fatti per creare bestie come quello.


...È solamente un abominio”.


Già la sua sorella minore, quel piccolo sgorbio incauto, si dirigeva verso quel...l'elfo. Sospirò. Non avrebbe dovuto nemmeno sperarci. Rimase nella propria posizione, continuando a sentirsi gelare. Aveva la netta impressione che le cose non avrebbero potuto che peggiorare. Sperava solo che la creatura morisse lì, davanti a loro, liberandoli del disturbo di doverla distruggere. Conosceva la stupidità degli esseri viventi e di alcuni dei propri simili. Poteva immaginare che sarebbero stati entusiasti, avrebbero battuto le mani e si sarebbero fatti attorno come tante femminelle eccitate.
Strinse i pugni, lasciandosi scuotere da un tremito nervoso.
Doveva essere una bella giornata. E invece era solamente un trascorrere di tempo disgustoso.



 
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.Neve
view post Posted on 8/5/2015, 10:00




~ Creazione
Il vero.

E se fosse qualcos'altro a reggere queste altre membra? Se vi fosse un alito di vita a serpeggiare dall'interno? Davvero, non avevo capito, non avevo compreso. Tutto è vano adesso ai miei occhi, tutto è futile. Cosa ho mai creato fin'ora? Cosa ho mai realizzato? È stata forse infeconda questa vita di illusioni. Ma sento che, in qualche modo, potrei trarne vantaggio. Sento che il fiume della creazione scorre dentro di me. Ora guardo il prodigio compiersi innanzi ai miei occhi e ho paura.

_ ___ _

Rosso.
Il monile di carne pulsava nell'involucro d'osso. E l'intero universo si espanse entro i pensieri di Mjúkur. Una chimera di sangue, viscida e grassa. Centro di ogni alito di vita, di ogni emozione. Divorava la sua mente quell'immagine di di pura essenza, di viscere unte, di moto perpetuo e soffocante. Pompava senza sosta, senza ritegno alcuno. Lo amava, lo desiderava, lo avrebbe voluto strappare da quelle zampe artigliate. Eppure provava un moto di disgusto e desio assieme. Ne era attratto e repulso allo stesso modo. Non aveva mai visto nulla di simile da vicino, non aveva mai capito. Chissà come sarebbe stato toccarlo, sfiorarne vene e cartilagini, grattarne l'ossatura. O assaggiarlo, divorarlo per farne qualcosa di altro, di proprio. Quale sapore avrebbe mai avuto? Forse avrebbe saputo di terra e argilla, come ogni cosa che masticavano i suoi denti seghettati. Forse gli sarebbe rimasto attaccato alla lingua, lo avrebbe sentito, viscido, sfiorare l'ugola e il palato. Sarebbe stato come il ferro, sicuramente. Non credeva di aver mai assaggiato qualcosa del genere. Non credeva che avrebbe mai potuto farlo. Lo osservava ammaliato, tutto intento a non perdersi nemmeno il più piccolo dettaglio. Agognava quell'involucro duro, la carne cremisi strozzata dall'imboccatura ossea. Ne voleva tastarne la composizione, scorgerne i colori più remoti e poi tenerseli per sé. Come forse un cucciolo alla ricerca di scoperte sempre diverse e affascinanti.

E si ritrovò ancora più attonito nel vedere Fyrirliði modellare e dipingere quello strano manufatto.

"La mia prima creazione, fratelli.
L'ho chiamata
álfur.

Elfo. "


Un modello di pura perfezione. Un gioiello dei suoi, uno dei più belli in assoluto avrebbe detto. Arti lunghi alle sue estremità, un tronco tonico e snello. Biondi filamenti di cheratina. Occhi per guardare e aver meraviglia del mondo. Così sottile che quasi avrebbe potuto spezzarsi. Così fragile da non potersi dire scaglioso. Cosa era mai quel capolavoro della tecnica? Si portava ora le zampe al muso, stupefatto. E quello volgeva il capo e osservava i presenti, e quello si nascondeva, inorridiva, veniva strapazzato a destra e a sinistra. E di sopra e di sotto. Stolti! Come potersi dire artigiani non riuscendo ad omaggiare l'opera del giusto merito? Mjúkur non riusciva a capacitarsene mentre adesso più di prima osservava la creatura erigersi sulle due zampe posteriori. Possiamo creare la vita, aveva detto. E quindi fino ad allora il molle drago non era riuscito a fare abbastanza. La sua intera esistenza era stata fondata sul plasmare quelle piccole gioie per sé, sull'argilla e il fango. E adesso quei vasi e quelle costruzioni, quelle case e quelle statuette non erano altro che futili suppellettili. Grezza materia informe, inanimata. Se davvero avesse voluto creare qualcosa di alto, di unico, Mjúkur avrebbe dovuto guardare oltre al suo muso, oltre alle sue lenti spesse e puntute.

In quel momento gli balenò un'idea che in molti avrebbero definito stupida.
E se invece avesse provato a ricrearne le fattezze con la creta?

2agtge1

In fondo cosa bastava? Un po' d'acqua, le sue scaglie malleabili. Avrebbe preso quella materia informe e ne avrebbe fatto qualcosa di nuovo, di più bello. Eppure con braccia e mani, con occhi e orecchie e bocca sarebbe rimasto pur scevro di qualcosa. Cos'è che dava a quell'essere il sentore di perfezione che mancava alle sue opere di artigianato? Non riusciva a venirne a capo. Si limitò soltanto a pensare, a macchinare, con quella sua testolina oblunga, con quelle sue unghiette spigolose sul mento puntuto. In cuor suo, il molle, si era illuso di poter riuscire a replicare quell'insolito àlfur. Stavano lì, i suoi simili, tutti presi dai loro interessi personali da non pensare ad altro. C'era chi gridava, chi inveiva alla creatura, chi l'esaminava, chi alzava la voce più degli altri per farsi sentire. Lucertoloni senza cervello, pensò. E lui che davvero era interessato a quell'elfo, si fece piccolo piccolo, insignificante come mai prima di allora era stato. Cercò di portarsi avanti, con le zampe e con la coda in mezzo alla folla. Riemerse da quello stuolo di anime, di grasso e di pece. E fece per balbettare qualcosa.

"È b-b-bellissimo."
Ma nessuno l'udì.
Le viscere gli si contorsero, le dita gli si attorcigliarono.
La lingua rimase impastata nel suo palato.

Si fece più avanti, ora meno esitante, le braccia al cielo.

"È un mo-o-nile pe-e-erfetto!"
Diceva adesso con un sorrisone a centocinquanta denti.

E ora ancora più sicuro diceva:
"Sono con te, Fyrirliði."


 
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Shavronne
view post Posted on 8/5/2015, 10:46









Quando Hóseas raggiunse la Gola Nera rimase senza parole. Non aveva mai visto quel luogo così affollato e la presenza di così tanti draghi, per lo più sconosciuti, lo mise a disagio. Poi finalmente vide la creazione che tanto aveva aspettato, era vero: quell'essere era vivo! Fyrirliði lo aveva chiamato álfur, sembrava così fragile e solo; i suoi occhi incrociarono il suo sguardo per un istante che parve durare un'eternità e in essi lui si rivide. Era sotto esame come un qualsiasi oggetto, come lo erano stati tutti i suoi passati lavori rimasti poi dimenticati nell'ombra. Avrebbe voluto stargli vicino e aiutarlo, sapere cosa provava e provare a comunicare con lui. Era sicuro che da quella bellissima creatura lui e molti di loro avrebbero potuto imparare molto e in un futuro il mondo avrebbe goduto di una nuova prospettiva. Poi successe quello che più si aspettava e temeva: l'esaminazione. Alcuni la misero in discussione altri invece approvarono e altri ancora arrivarono addirittura a toccarla senza preoccuparsi di come avrebbe potuto sentirsi quella creaturina senza scaglie, così indifesa.

«Lasciatela stare...»


Avrebbe voluto urlarlo eppure dalla sua bocca non uscì un minimo rumore. Era muto come álfur, vittima della sua stessa inadeguatezza verso quell'esistenza che ogni giorno si impegnava a ricordargli quanto fosse solo. Si limitò ad ascoltare i loro discorsi in disparte con la testa che si muoveva tra un interlocutore e l'altro come una bandiera in balia del vento.
Dopo quello che aveva visto e sentito non potè che essere d'accordo con le parole di Fyrirliði: la sua creazione non poteva vivere tra i draghi, meritava un mondo suo e un luogo adatto con la quale poter vivere con i suoi simili che presto sarebbero stati creati.

«Ti auguro buona fortuna.»


Non potevano vivere le stesse vite, la realtà di álfur doveva essere differente dalla loro, era quello che sperava e cercava. Gli avrebbe lasciato tutto il tempo necessario perchè potesse crescere ed evolversi. Lui da parte sua avrebbe osservato e aspettato il momento in cui tutto fosse pronto...







 
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dra31
view post Posted on 8/5/2015, 10:52




Grida dal cielo ~ Creazione - II
Verkstæði

Hjarta e álfur

Incastrata tra le molte e variegate brynjur, le forme antropomorfe che i grandi draghi usano in varie occasioni, spicca la pesante brynja di Eirgrænn, un costrutto dai riflessi ramati dalle linee tozze e massicce che si appoggia sui grossi arti superiori per stare eretto, in una posizione leggermente defilata. Mal sopporta la folla e la corsa alle posizioni migliori durante raduni come questo.
Rimane immobile per tutto il tempo della presentazione di Fyrirliði e la successiva dimostrazione delle potenzialità di questo Hjarta, marchingegno di carne e sangue per il quale il drago adamantino ha messo in gioco l'immortalità. È giusto che abbia pagato un prezzo così esagerato, per riuscire nel proprio progetto? Eirgrænn non ha una risposta univoca alla domanda.

Álfur. Così Fyrirliði ha chiamato quel prodotto plasmato dall'Hjarta, una costruzione di carne e sangue dalle forme simili alle brynjur più delicate ed eleganti. Un artefatto vivo. Non c'erano dubbi, Fyrirliði è riuscito nel suo intento. Forse, allora, anche l'impossibile è possibile. La rigida brynja di Eirgrænn risuona di un debole gorgoglio, il drago sta ridacchiando al pensiero di succedere nei suoi progetti.

A dimostrazione finita, i draghi iniziano a manifestare il loro interesse verso l'álfur, o elfo. Tra i primi che parlano c'è chi inizia a sollevare qestioni etiche...

Fyrirliði spero tu sia consapevole di quanto possa esser pericolosa questa cosa.
Inoltre il poter creare un esser vivente non vuol dire nulla, chi ti dice che non siano gusci vuoti senz'anima, volontà o esperienza?
Chi ti dice che i tuoi non siano altro che burattini di carne?

... oltre a dubitare della reale portata di quell'esperimento.
Nessuno può dirlo con certezza. Ma...
Fyrirliði risponde tranquillo, sicuro della perfetta riuscita del suo progetto. E i fatti lo dimostrano, pensa Eirgrænn quando vede l'elfo rifugiarsi dietro una colonna.
A me sembra tutt'altro che privo d'anima.
La volontà e l'esperienza arriveranno nel momento in cui saranno liberi.

Altri sollevano curiosità di stampo prettamente tecnico, come se fossero davanti ad un'azzardata architettura.
E si regge in piedi senza una coda!

Eirgrænn fa risuonare la propria brynja di una voce roca, quando sceglie di parlare. Immobile, non accenna per il momento di avvicinarsi ad osservare meglio quella creazione, sciegliendo di rimanere ad osservare da lontano.

Da quel che vedo, l'istinto funziona a dovere, se vuole evitare il nostro collega.
Indirettamente, non vedendo il motivo di discuterci apertamente, risponde ad Óogilt e al giovane Thorsberg.
E sa muoversi anche bene. Avete i complimenti di Eirgrænn, Fyrirliði.
Ha ben compreso che l'odierno convegno ruota intorno a qualcosa che non è artificiale, sebbene attualmente ne abbia le caratteristiche. E dunque, affronta l'argomento con il giusto spirito.
Sa anche esprimersi?
Una domanda essenziale, almeno per lui. Dalla risposta è possibile fin da subito intuire se le future aspettative sono buone o meno. Per il momento, le premesse volgono a favore; la reazione alla paura è già un passo avanti.
Sviluppare il linguaggio richiederebbe del tempo.
Tempo che l'Elfo non ha ancora avuto...

Il drago adamantino non nega la possibilità e adduce ad una problematica comune ai progetti dei creatori: il tempo. Ogni creazione, viva o inanimata, ha bisogno del giusto tempo per manifestare la sua completa potenzialità. Qualcuno, però, sembra non capire un simile piccolo dettaglio.

Suvvia Eirgrænn, come tutti qui dentro sapete bene come i miei veleni abbiano salvato più vite di quante ne abbia uccise, e poi...
Esistono applicazioni che nemmeno immagini...

Óogilt, un lucido pazzo. Eirgrænn l'ha sempre considerato in tal modo, e ancora una volta gli dimostra il perché. Ah! per il nomignolo... il Verderame non ci ha fatto nemmeno caso.
Non ho dubbi...

Il drago ramato si ferma per l'intrusione di un altro sciroccato, il vecchio Arkais. Quello a cui assiste è uno scontro verbale tra forme diverse di creatori maniacali. La brynja di Eirgrænn gorgoglia; in fondo chi è che non ha una mania, tra loro?

Se questa è la luce... allora dimmi, dov'è la tenebra?
Tenebra?
La tenebra nasce e finisce nel momento in cui dubitate della vita stessa, fratello mio.

Oh, io non dubito della vita o della tua creazione.
Ma è sciocco da parte tua negare la tenebra con una frasetta prefetta.
E comunque...

Hai forse dimenticato le basi della vita a forza di fare il giardiniere? La vita porta dentro si entrambe fin dal momento della nascita e spetta solo al suo portatore quale delle due far affiorare.
Usare i doni della natura su un giardiniere di prim'ordine come me è una mossa sciocca, giovinetto intraprendente.
PROVA DI NUOVO A DISTRUGGERE LA MIA CREAZIONE E DIVENTERAI POLVERE.

Ha ragione ad arrabbiarsi, Fyrirliði. E a mettere l'accento sulla proprietà di questo álfur. I tre, loro malgrado, rappresentano uno dei tanti difetti dei draghi creatori; la continua volontà di sperimentare, l'eterna superbia della perfezione, l'avida fame di gloria. Eirgrænn gorgoglia e riprende da dove si è interrotto.

... che se gli lasciamo il tempo debito, prima o poi saprà rispondere alle nostre domande.
Eirgrænn si riferisce a quell'elemento necessario per ogni progetto accennato prima, giusto per marcare il punto, e continua spinto dalla curiosità...
Fyrirliði, quale sono le tue aspettative? Questo álfur... raccontaci qualcosa, Fyrirliði.
... che è il motore dei suoi progetti; ponendo quel genere di domande, il Verderame spera di carpire un qualsiasi indizio utile, ma...
Le mie aspettative? Io..
Voglio inaugurare il lascito dei Draghi Creatori. Voglio che il mondo evolva e che da noi nasca un nuovo popolo.
Il popolo dei "Figli del Cielo".

Ma, fratello mio, qui non è in ballo solo il mio volere.
Se voi accetterete di avanzare con me, decideremo quale sarà davvero il passo che intendiamo compiere.
Insieme.

Accorto e astuto, Fyrirliði. Evita di esporsi troppo nascondendosi dietro un velo di insicurezza, spostando abilmente la questione su un argomento piuttosto a cuore a molti loro colleghi. Il futuro. Nuove frontiere da esplorare, infiniti orizzonti da raggiungere e una varietà enorme di possibilità da scoprire. Sì, l'intelligente drago adamantino sa come parlare ai suoi simili.
Infatti la discussione si indirizza rapidamente su quelle questioni. I draghi, chiusi nelle loro brynjur si dilungano in dibattiti di vario genere: dal reclamare ipotetiche competenze tra pazzi al discutere su prezzi e produzioni; chi si diletta in questioni più infantili e chi rudemente fa equiparazioni con i rinnegati, disprezzati da molti.
Il convegno sembra essere entrato nel vivo, quando il Verderame approfitta di un momento di quiete relativa per riprende la questione introdotta da Fyrirliði.

Un popolo? Credo che allora manchi qualcosa, per poter far nascere questo popolo.
Eirgrænn allude al processo di procreazione naturale e alle sue parti in gioco. Il minimo indispensabile per poter parlare di qualcosa.
Ma è qualcosa che possiamo rimediare anche subito...
Già, volendo, Fyrirliði può crearne un altro di sesso opposto in quel preciso momento. Rimane un dubbio, che viene naturale vedendo le loro brynjur, conoscendo la loro reale forma, osservando le loro immense capacità.
Ho però l'impressione che questo álfur sia "debole". Saprebbe resistere, come noi, a questo mondo?
Con la nascita di un nuovo popolo assisteremmo alla nascita di un nuovo mondo, senz'altro.
Un mondo adatto a loro.

Un nuovo mondo. Fyrirliði sembra aver già pensato a tutto, da prima di annunciare questa riunione.
Ancora una volta i dibattiti si accavallano su sé stessi, discernendo nell'immediato di eventuali soluzioni per quella fragilità appena individuata. Non si risparmiano le rimostranze sulla correttezza di quanto fatto, dubbi etici e morali; domande legittime esposte in modo valido, peccato per la sede e il momento. E il Verderame, la cui brynja emette un sibilo basso indice di stress, s'infila ancora una volta nel flusso ininterrotto di parole.

Penso che, prima di parlare di mondi, di futuri probabili e del nostro intervento, sarà il caso di comprendere quale dovrebbe essere il nostro ruolo?
Una domanda rivolta a chi vuole sentire, nella speranza che qualcuno torni ad usare l'intelletto che li caratterizza. Inizia a peccare di boria, segno che inizia ad avere fastidio della folla e delle continue discussioni
Qual'è il compito di Eirgrænn, se vuole collaborare al tuo progetto?
Diretto e conciso. Il Verderame arriva al nocciolo della questione che gli interessa.
Voglio idee, suggerimenti, domande.
Voglio che il prossimo prodotto sia Nostro, non mio.
E che sia perfetto.

Spiccioli, briciole. Fyrirliði continua a non voler condividere nulla di veramente significativo, limitandosi ad esporre volontà e desideri. Un atteggiamento che il Verderame comprende ma che a lungo lo irrita. La brynja risuona periodicamente del basso sibilo di fastidio, rendendo Eirgrænn non diverso dalle sue fallaci macchine a vapore, fino a quando l'ennesimo riferimento a quel fantomatico "nuovo mondo" gli suggerisce di porre la domanda.

Nuovo mondo...
Eirgrænn si avvicina lentamente ai suoi colleghi e all'elfo, con passi pesanti e misurati, rimanendo in ogni caso fuori dalla calca dei curiosi.
Si continua a nominare questo "nuovo mondo". Dove sarà questo luogo? Noi, che ruolo dovremmo avere, nel loro mondo?
Saremo semplici spettatori.
Tutto ciò che non è il Regno sarà il loro nuovo mondo.

Finalmente un accenno allo sviluppo della creazione. Alla fine, i draghi rimarrano ad osservare i progressi di questo progetto, adoperando in modo diverso tutto il tempo che hanno a disposizione. Un tempo che molti vogliono accelerare tra parole e azioni sciocche e infantili. Ah... i draghi! Creature eterne senza pazienza.
Rauðvín Eirgrænn non è da meno.

Questo vostro "interesse" inizia a stancare Eirgrænn
La pesante brynja di Eirgrænn arretra con lenti cigolii dalla folla, emettendo bassi sibili di fastidio.
State già parlando delle infinite possibilità che cela il futuro, quando il presente è ancora incerto.
Un suono più acuto, come un lungo respiro, fuoriesce dalla brynja ramata mentre questa lascia il posto alla massiccia mole del drago ramato. La lingua agile saggia l'aria con nervosismo.
Fyrirliði, hai già avuto i complimenti e l'interesse di Eirgrænn. Se hai bisogno delle sue doti, sai dove trovarlo.


Eirgrænn si allontana dalla riunione, lento e goffo nella sua figura sgraziata, la lunga lingua irriquieta che indica il suo umore. Ritiene inutile continuare a rimanere lì, tra disfattisti e arrivisti, tra chi pensa poco e chi anche troppo. Quando una riunione di draghi creatori inizia a dilungarsi in infinite variazioni sul tema, il Verderame è certo che non si finirà mai in tempo per decidere quel che si voleva fare all'inizio. Abbiamo tutto il tempo di questo mondo, si dicono, perderne un po' in parole non è mai sbagliato. Vero, risponde Eirgrænn, ma è preferibile usarlo anche in tanti altri modi.
Le sue invenzioni lo attendono.

png


Note:
Si riporta, forse anche esageratamente, quanto elaborato in confronto fino all'uscita di Eirgrænn. Inoltre, si è approfittato dell'occasione per aumentare la caratterizzazione del drago chiuso nella sua brynja (brynjur è il plurale) e sperimentare delle correzioni al modo di scrivere. Si spera che non risulti pesante da leggere.

Ogni cosa nuova trova contraddizione
Rauðvín Eirgrænn

 
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view post Posted on 8/5/2015, 12:28
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“Creazione”
Nuova brezza, nuove frontiere




Fyrirliði levò il telo dalla sua opus maximum. Lo Hjarta.

L’àlfur si rannicchiava e si lasciava osservare da draghi vecchi e più giovani, alcuni lo guardavano con occhio critico, altri con una strana infatuazione.
Dreki apparteneva a questa seconda categoria.
Osservare la creazione di materia organica e di una vera e propria vita lo aveva lasciato segnato nel profondo: il vulcano che aveva accumulato pressione era esploso, dando prova di una bellezza rivoluzionaria.
Le loro forme cave di materiali più e meno nobili impallidivano di fronte a tale arte.
I gioielli di cui era così orgoglioso sembravano vecchie cianfrusaglie.
È finita! L’attesa ha portato un nuovo vento. Possiamo spazzare via il ristagno del nostro mondo! Niente più vuote creazioni…una nuova era…oh, già la vedo…oh, Fyrirliði, quale spettacolo ci hai presentato! Ed era ora in piedi, accanto alla creatura e al creatore, senza quasi accorgersene si muoveva attorno alla creatura.
La sua brynja incombeva sulla creatura neonata.
L’ombra del drago che correva nei riflessi dell’ossidiana era irrefrenabile in quel guscio vitreo, ma qualcosa dentro di lui si era spezzato.
Un senso di inadeguatezza, forse.
Una violenta invidia nei confronti di quella creatura così vulnerabile.
Ma “Hrafntinna” ora osservava con l’occhio di un creatore. Con la mente di un artista.
Alzò la testa e parlò con il tono di chi a fatica trattiene la propria emozione e con una nota incrinata in ogni parola ”Quanti può farne? Ha detto che la creazione della sua opera ha richiesto la sua immortalità…ciò rende lo Hjarta un pezzo unico. Ma fin dove possiamo spingerlo? Quanta vita può creare? Potrebbe usarlo chiunque? E a che prezzo?” E il creatore rispose con benevolenza che ”Io ho pagato il prezzo per tutti, non è necessario un costo ulteriore. Tutti noi possiamo usare lo Hjarta, senza alcuna limitazione.” e fu allora che la voce di Glambiorð rombò nella sala questionando la possibilità di dover sacrificare ”tempo” per dare vita a nuove creature. A ciò rispose il creatore, ma anche Dreki si lasciò sfuggire un commento ”Suvvia, qualche centinaio di anni in meno sarebbe poca cosa. Trovo affascinante questa novità. Avete dato vita al più splendido dei vulcani.” che gli guadagnò un inchino da parte di Fyrirliði.
Da quel punto in poi la discussione aveva preso una dominanza di consensi tra draghi vecchi e giovani, alcuni per curiosità e altri per motivi più intimi. Pochi si erano espressi chiaramente contro e qualcuno aveva preso una posizione di disinteresse.
”Dovremmo creargli una compagna. Insegnargli a parlare! Quanto potenziale! Sono ancora un’idea e già hanno il potere di muovere il mondo! Tra di noi non c’era tanto animo da secoli ormai. Pensate veramente che la loro presenza potrebbe corrompere? Che dovremmo lasciare che se la sbrighino da soli?...E se invece rimanessimo solo in disparte? Come mentori e tutori, osservando il loro sviluppo. Spartendo la nostra sapienza con i più meritevoli tra loro! Nei piccoli rozzi occhi di questo individuo vedo la bellezza di un vulcano…oh! Io sono totalmente a favore! Quando cominciamo a farne di più!?” dal principio alla fine di quel breve discorso il suo entusiasmo era esploso.
A stento poteva attendere la fine della riunione…




Note:
Non è lunghissimo, non è splendido, ma “copincollare” tutti i dialoghi mi sembrava inutile e quindi…boh :D let’s see how it goes!:D

Dialoghi:
Pensato
Parlato
Fyrirliði

 
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view post Posted on 8/5/2015, 13:01

Lamer
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Era giunto il momento. Fyrirliði, espose il suo capolavoro in modo quasi teatrale a suo parere svelando solo all'ultimo la creazione composta di carne, sangue e ossa che era riuscito a fabbricare rinunciando alla sua immortalità.

Elfo lo aveva chiamato, ma un nome era solo un nome. A Blóð però quella creazione piacque immediatamente. Ossa, nuove ossa da plasmare di un tipo mai visto e innovative. La sua arte sarebbe risorta e se mai gli altri avrebbero smesso di guardarlo in quel modo sarebbe potuto tornare dai suoi famigliari senza metterli in cattiva luce.

Velocemente il drago d'ossa avanzò verso il possente lavoratore di diamanti. Intanto che lui meditava sulle giuste parole da usare in quel nobile luogo e davanti a tutte quelle persone altri iniziarono a parlare chiedendo le più svariate cose riguardo quella piccola creatura senza squame.

Solo dopo qualche attimo venne in mente a Blóð che quella povera creatura probabilmente sarebbe morta all'istante nel mondo che lui più di tutti gli altri conosceva. All'infuori di quel regno quel piccolo essere senza armi ne difese sarebbe morto troppo facilmente contro le bestie che abitavano quei luoghi.

"La vostra abilità mi sorprende, Fyrirliði." si inchinò. "Ho visto creare molte cose, ma mai una come questa. Devo dire però che vedendo la sua creazione credo sia possibile, usando un'arte appropriata, addirittura creare forme diversificate di questa creazione. Un esempio uno con ossa più robuste o più massicce." Si guardo poi in torno riflettendo su cosa quei pomposi lavoratori di metalli avevano detto poco prima e riprese. " Inoltre fratello, nonostante la tua creazione sia stupenda dobbiamo insegnarli le basi delle nostre arti, solo così potrai avere il mio pieno appoggio sul farlo rimanere vivo e sopratutto come ha detto l'altro nostro fratello serve una femmina di questo individuo."

A quel punto aspettò la risposta. Sperava realmente che suo fratello fosse d'accordo con lui su tutti i punti, sopratutto su quello dell'accoppiamento. Più esseri come quello significa più ossa e sopratutto significava che avrebbe potute prenderle senza che nessuno se ne accorgesse quando, dopo qualche secolo, i primi individui avrebbero cominciato a crepare.

"Certo. Nasceranno nuovi esemplari e la selezione naturale farà il suo corso, formando creature sempre più "adatte". Apprenderanno le nostre arti, ma a loro tempo e loro modo."

Poteva andargli peggio pensò Blóð. Ciò che più desiderava gli era stato confermato anche se avrebbe realmente voluto che tutte le arti dei draghi fossero apprese dalla progenie di quell'unico elfo. Fu in quel momento che una dragonessa di cristalli menziono come in un futuro gli elfi avrebbero probabilmente compiuto dei fratricidi e il drago d'ossa dovette intervenire.

"Mi dispiace sorella, ma io più di tutti che trovo il materiale delle mie opere negli animali so già che impareranno a uccidersi a vicenda, sopratutto se gli insegniamo a fabbricare le nostre opere belliche" A quel punto tira fuori l'ascia di ossa e facendola scivolare sul pavimento la lancia verso l'elfo. " Prendila, creazione di mio fratello. La puoi usare in molti modi, a te scegliere."

Sperava che quell'elfo facesse qualcosa. Che prendesse l'arma e cercasse di capire cosa fosse e di che materiale fosse fatto, ma quella piccola creatura invece non pensò minimamente neanche per un secondo a prenderla e semplicemente la fissò.

"Imparerai ad usarla opera di mio fratello." A quel punto riprese l'arma guardando con sospetto quell'innocente creatura per poi posizionarsi vicino al drago di diamante. "Come intendi agire ora fratello, spero tu abbia un piano degno di te per questa creatura e non dire le solite cose che sarà lui a plasmare il suo mondo, voglio un piano dettagliato se vuoi il mio voto seduta stante."

"Non c'è un piano preciso, perché non pianifico nulla per lui. Per loro. Saranno loro a decidere come comportarsi."

Un luccichio appari negli occhi del drago d'ossa. Lasciarli allo sbando significava che molti di loro sarebbero morti e morendo, suo fratello non avrebbe potuto impedirgli di prendere ciò che gli serviva, ma doveva dissimulare per non far notare troppo la sua felicità.

"Nonostante il mio parere conti poco agli occhi di molti, lasciarli allo sbando é troppo rischioso." Fa una pausa guardandosi in torno. " A mio parere, almeno ai primi tempi, li servirà una guida."

"A mio parere è sufficiente lasciarli liberi."

Ottimo. Era convinto e ciò significava che ben presto avrebbe ottenuto ciò che voleva. A quel punto giocò la sua più grande arma, la sorpresa. Lo avrebbe spiazzato e gli avrebbe messo davanti una scelta di cui orami aveva capito quale sarebbe stata la risposta.

"Scommetti che sarà una follia? Comunque per me puoi farlo, se si uccideranno tra di loro avrò modo di plasmare anche le loro ossa"

Lo sguardo che ricevette gli diede conferma di ciò che aveva pensato. Suo fratello era rimasto spiazzato e quello poteva significare solo che a parte la sua contrarietà non avrebbe opposto resistenza per il bene della sua creazione.

" Non guardami così, se vuoi evitarlo basterà guidarli, a te scegliere."

"Correrò il rischio."

Quella frase per Blóð fu una benedizione. Suo fratello praticamente gli aveva lasciato carta bianca e ben presto avrebbe finalmente potuto utilizzare le ossa di quelle creazioni. Una nuova arte avrebbe fatto sorgere e per di più senza dover usare le ossa dei suoi simili.

"Fratello, ciò significa che riponi molta fiducia nella tua opera..." si gratta l'elmo osseo mentre fa una pausa. " E ciò significa che ho ben pochi motivi per dubitare. Quando si inizia quindi?"

"Non appena tutti avranno colmato i loro dubbi. Presto, spero."

"Ottimo, hai il mio pieno appoggio ora. Se hai bisogno di qualunque cosa basta che me lo chiedi, fratello."

Lo disse soddisfatto. Ben presto avrebbe rinnovato la sua arte e a quel punto nessuno avrebbe più messo in discussione la sua bravura. Forse, se nessuno in futuro si sarebbe accorto di cosa sarebbero state composte le sue opere, avrebbe potuto tornare dai suoi famigliari.

Fu però il drago d'oro a sorprenderlo. Andarsene in quel momento significava rinunciare ad avere una parte in quella magnifica vicenda e da quello che aveva capito del drago non gli sembrava un atteggiamento consono a lui, ma ovviamente vivere lontano da tutti probabilmente gli aveva fatto giungere informazioni sbagliate.

"Huggin, qualcosa mi dice che la pensi in modo diverso da tuo padre. Sei sicuro di voler lasciar perdere l'opera di nostro fratello?"

Lo disse mentre gli si avvicinava, ma il drago aureo semplicemente gli sorrise e se ne andò. In quello sguardo Blóð aveva intuito di aver fatto centro, ma era troppo curioso di quali fossero i piani di quel pazzo di un drago e semplicemente voleva aspettare la sua prossima mossa.

"Peggio per te drago aureo." Lo disse alzando la voce leggermente. "A forza di guardare cose luminose come quel maledetto metallo hai perso la possibilità di cogliere la vera luce."

Lo disse rimettendo a posto l'ascia bipenne che aveva ripreso dall'elfo quando quest'ultimo non aveva fatto altro che fissarla. Lo disse per coprire quella curiosità che aveva nello scoprire cosa gli frullava in quella fottuta mente.

fu a quel punto che davanti a lui si parò un piccolo drago come lui rinchiuso in un armatura ossea. Lo conosceva, alla fine il drago che aveva davanti era il figlio di sua sorella. Eppure aveva chiesto più volte alla parente di tenerglielo lontano per non far ricadere le voci anche su di lui per via del legame famigliare e del materiale che entrambi lavoravano.

“Zio! Ho ascoltato le tue parole, e le ho apprezzate. Di tutte le invenzioni di Verkstæði, credo oggi abbiamo visto quella con più possibilità.”

"Preferisco parlarti dove pochi potranno vederci. Non voglio che la mia fama influenzi il giudizio che gli altri hanno su di te, figlio di mia sorella." Indicò lentamente un angolo di quel posto e lo invitò a seguirlo riprendendo solo dopo essersi allontanati abbastanza dagli altri."Oggi è un grande giorno per Verkstæði, ma anche per noi plasmatori di ossa. Dimmi piccolo, secondo te perchè credi che io abbia appoggiato la causa di nostro fratello?"

“Perchè potremmo creare strumenti più interessanti, Zio. E magari, in futuro, quegli stessi hvolpar potranno aiutarci a fare cose ancora più grandi, credo.”

Il piccolo non era stupido. Quello che gli aveva detto era tutto vero. Aveva appoggiato suo fratello perchè avrebbe potuto creare attraverso quei piccoli esseri qualcosa di magnifico e perhcè in futuro lo avrebbero aiutato con il loro corpo.

"Vero, vero caro nipote." A quel punto cominciò a camminare avanti e indietro immaginando già le bellissime opere che avrebbe costruito "Vedi, non solo loro ci aiuteranno nelle nostre opere, ma per noi modellatori d'ossa saranno loro stessi le nostre opere. Nessuno a mai potuto lavorare lo scheletro di quell'essere. Io voglio essere il primo a farlo."

“Ma Fyrirliði ci lascerà lavorare senza remore, senza limiti d'intervento?”

Era visibilmente contento e ciò non andava bene. Doveva riuscire a smorzare quell'entusiasmo nel giovane poiché se avesse seguito le sue orme anche lui avrebbe dovuto abbandonare la sua famiglia e sua sorella lo avrebbe ucciso se avesse saputo che la colpa era stata sua.

"Che domande!" Scoppiò in una fragorosa risata che però smorzò subito capendo di essere abbastanza osservato, a quel punto si mise a sussurrare. "Non sarà mai d'accordo, ma ci basterà aspettare. Da quello che ho capito questi esseri vivono solo qualche secolo. Ci basterà aspettare che la popolazione si abbastanza grande da dimenticarsi dei loro morti e a quel punto potremmo avere ciò che ci serve senza chiedere a nessuno."

"Sai, Zio, al tempo mia madre era restio a dirmi dei tuoi lavori. Ultimamente se ne parla di più, però.”


"C'è una ragione per cui me ne sono andato, ed era farvi vivere senza che le mie opere condizionassero anche voi." Sbuffò facendo finta di essere triste per quella risposta. "Nessuno mi può capire e nessuno mi capirà mai, ma sono sicuro che ciò che farò rinnoverà l'arte delle ossa. Vedila come vuoi nipote, ma io in qualunque caso appoggerò mio fratello ed andrò fino in fondo al mio piano."

“E neanch'io mi lascerò sfuggire questa occasione per farci grandi. Cercherò di intervenire, e contribuire il più possibile alle vicissitudini dell'Elfo di Fyrirliði. ”

Si, nessuno si sarebbe tirato indietro da quella storia. Sia il drago Aureo che quella di cristallo che suo nipote. Tutti avrebbero partecipato a quel memorabile evento e lui ne avrebbe approfittato fino alla fine. Non avrebbe sprecato quest'occasione per nulla al mondo.

 
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view post Posted on 8/5/2015, 13:28
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.pov - pikeys


Davanti alla rivelazione che gli veniva proposta il drago d'Ardesia non sapeva cosa pensare.
Non riusciva a far altro che guardare l'elfo, studiandone i contorni e i lineamenti, i movimenti ancora timidi e incerti. Aveva un milione di domande da fare, domande che gli si affollavano in mente senza che riuscisse a tirarne fuori nemmeno una. Si limitò a sospirare affatato senza mai distogliere lo sguardo.
« Come... non è possibile! »

Non capì molto di ciò che avvenne in seguito e seppure gli altri si fossero curati di lui abbastanza da volerglielo spiegare, non si sarebbe dato pena di capire. Aveva sentito parole come giusto e sbagliato e qualcuno parlare di schiavitù e distruzione. Non riusciva a capire, non riusciva a comprendere come tutti stessero pensando all'utilizzo pratico o alla e occupazioni future di quell'essere quando tutto ciò che lui sentiva era uno sconfinato senso di ammirazione -più per la creatura che per il creatore. La sua primissima impressione era stata la semplice meraviglia, guardava l'elfo come se contemplasse un'opera d'arte. Non gli importava che fosse di grande valore economico o che quella creazione possedesse delle facoltà o un impiego pratico. Era semplicemente bella, oltre che stupefacente.
Questo stato d'animo gli obnubilò la mente per alcuni minuti mentre tutti gli altri si accapigliavano quasi senza ragione. Si riscosse solo quando qualcuno -non avrebbe saputo dire chi- nominò la parola sopravvivenza. A quel punto si fece strada in lui un certo scrupolo, quindi si costrinse ad attraversare la calca per giungere in prossimità dell'elfo. Lo guardò ancora una volta, studiandone incuriosito le forme tornite. Rimase piuttosto colpito dalla mancanza -almeno apparente- di scaglie e dalla fragile delicatezza che mostrava quell'essere così minuto.
Si avvicinò ancora e pungolo un seno dell'elfo, gesto totalmente privo di malizia o cattiveria.
« Mi sembra... morbido. » pronunciò con un filo di voce, non troppo sicuro di essere riuscito a farsi capire.
« Sì, in effetti è... fragile. » gli venne risposto. Fyrirliði aveva capito, almeno lui.

« Come farà a sopravvivere senza scaglie? Senza protezioni? Così... spoglio. » domandò, continuando a punzecchiare il seno con aria dubbiosa.
« Nel nuovo mondo tutto sarà a portata di questi piccoli esserini. »
Pikeys fece un passo indietro, guardandosi intorno. Un intero mondo da creare.
« E come lo vorresti creare, questo mondo? »
« Lo formeranno loro, questo mondo. A loro totale piacimento. »
Pikeys rimase inebetito. Guardò l'elfo, poi Fyrirliði, poi ancora l'elfo. Come avrebbe fatto quell'esserino a creare qualcosa, a formarla, così privo di scaglie com'era?
« Come faranno? »
« Così come hanno fatto i nostri avi, in passato. »

A quella risposta, Pikeys si rabbuiò.
Nessuno meglio di lui sapeva quanto fossero stati sconsiderati i loro antenati e quanto ancora lo fossero loro. Se i draghi erano stati capaci di così enormi atrocità e nefandezza, cosa avrebbe potuto fare quell'essere dalle strane protuberanze, fin dove sarebbe riuscito a spingersi?
Pieno di interrogativi, la maggior parte dei quali funesti, Pikeys fece un passo indietro, allontanandosi ancora.
Aveva ammirato l'elfo e lo ammirava ancora, ma con uno sguardo diverso.
Lentamente, si stava facendo strada in lui la consapevolezza.

 
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view post Posted on 8/5/2015, 14:17
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Verkstæði - Sala del Concilio

Faccio ormai fatica a rimembrare le innumerevoli volte in cui ho messo piede dentro questa grande sala. Non avrei mai detto che qualcosa di semplice come la cura della flora avrebbe avuto tanto peso per la vita politica della città, eppure eccomi qui nel mezzo del baccano di un'altra riunione di menti. Col passare dei secoli questi incontri si sono fatti incredibilmente noiosi, colpa dei soggetti di interesse frivolo e inconsistente. Statue e sculture, il più delle volte. Non mi dispiace osservare le creazioni degli altri, mi aiuta a schiarirmi la mente e a rilassarmi. Eppure nessuno di essi è meritevole di tanto clamore, questo luogo dovrebbe essere riservato a qualcosa di mirabolante, di raro e unico! Il timore che questa sia solo un'altra perdita di tempo del mio tempo perso mi annoia, ma in fondo è sempre un modo come un altro per colorare al giornata. Poi, qualcosa che non mi sarei mai aspettato, un miracolo. Non la creazione di per se, un curioso cuore di carne pulsante e viva, con un potere turbinante ed eterno situato al centro dello stesso. Il segreto dietro la creazione di quell'oggetto mi sconvolge, un sacrificio talmente grande che nessuno avrebbe mai osato compiere. Il potere di quel cuore era l'immortalità stessa del suo creatore. La sua vita, la sua esistenza, il suo dono. Un artefatto talmente potente e vigoroso dal poter creare ciò che io sono solo stato in grado di mimare nel corso dei millenni. La vita. Un gesto, un attimo di concentrazione ed un turbinare di energia rossastra. Dove prima v'era il nulla ore si trovava una strana creaturina di carne, dalle orecchie lunghe come coltelli affilati. Elfi, così li chiama lui. Un nome curioso, ma nondimeno un dettaglio di fronte a quanto mostrato. Non mi scompongo, non salto dal mio seggio come un bambino spaventato. Semplicemente mi incammino verso la figura mingherlina, osservando la sua struttura fisica, la sua reattività. I dettagli sono importanti anche se spesso passano non visti. un buon creatore questo lo sa bene.



« Sia lode ai creatori, io dico! » Mi rivolgo al buon Fyrirliði, annuendo lentamente al vero creatore di vita.. « Mi ci voleva un po di concorrenza, stavo seriamente rischiando di fare la muffa, sai? »



Quello che consegue è quantomeno prevedibile. Il concilio sembra fratturarsi in due parti rispetto alla creazione di una creatura senziente che non sia un drago. La loro paura è quantomeno comprensibile, in fondo si sta parlando di una razza diversa dalla nostra che sia comunque in grado di apprendere e creare con le proprie mani. Altri invece comprendono il benessere dietro la minaccia, il pericolo di essere così terribilmente attaccati alla tradizione. Non c'è bisogno di morire per essere morti. Se c'è una cosa che il tempo è stato in grado di insegnarmi è che noi siamo già morti da troppo tempo, ormai. Per la prima volta in tutti questi millenni riesco a sentire il familiare calore della vita rinvigorire la mia vecchia corteccia. Il pensiero che tutte le foreste, le giungle e le colline erbose che ho pazientemente manipolato e reso fertili avranno finalmente uno scopo superiore a quello di colorare il paesaggio di questo mondo. Io sono... felice. Più che felice, contento oltre ogni dire! Poche malelingue si oppongono a quanto mostrato oggi, ma una minoranza non costituisce un problema quando buona parte del concilio sembra essere più che d'accordo con quanto mostrato. Certo ci vorrà del tempo per prendere una decisione definitiva in merito a queste nuove creatura, senza contare che in molti saranno desiderosi di creare le proprie creatura. Hmmm... a pensarci. Si, si, certo. Credo che il mio contributo possa andare un po oltre alle mie capacità botaniche.

 
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view post Posted on 8/5/2015, 15:12
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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cysDWef






Era entrato nella Gola Nera senza rinunciare, come suo solito, a mostrare la sua vera forma.
Rigettava in parte l'assurda necessità che alcuni suoi simili avevano di rinchiudere il loro spirito dentro quelle fragili armature.
Ostentavano il materiale al quale erano legati, senza rendersi conto che era quello stesso vincolo, nelle loro creazioni, a renderli inferiori alle divinità alle quali tutti aspiravano.
Eyðing, da parte sua, era convinto che indagando ognuno la propria natura, avrebbero scoperto materiali e compiuto prodigi che mai nel Regno si erano visti. Alle grandi famiglie, certo, quella situazione che creava quasi una scala gerarchica tra tutti i draghi, andava più che bene: i Draghi del Diamante andavano fieri della resistenza dei loro artefatti, secondi a nessuno; i Draghi d'Oro si compiacevano di lavorare il più nobile dei metalli; solo pochi si avventuravano seppur con poco coraggio negli esperimenti che più volte all'interno della Gola Nera Eyðing avrebbe voluto proporre: fondere più materiali aveva creato nuove leghe, che però non soddisfacevano il gusto artistico degli antichi.
Se il nuovo era impossibile da raggiungere, tanto valeva modificare qualcosa che già esisteva, e i pochi esempi che si potevano portare al Consiglio sarebbero dovuti essere più che sufficienti per proseguire lungo quella strada.
L'immortalità aveva iniziato a stancare quegli esseri, così noiosamente perfetti, nelle loro lineari e prevedibili giornate, e la domanda che martellava in testa a Eyðing ben presto iniziò a rimbalzare nelle sagge menti di molti altri. Creavano quei vuoti costrutti... per quale motivo? Così come i loro falsi corpi gli artefatti erano null'altro che vuoto materiale, tempo -quale assurda concezione per un essere immortale- sprecato, per creare un qualcosa il cui unico scopo era ingombrare l'officina del creatore.
Erano immortali, conoscevano ogni segreto del Regno e della vita stessa, creavano e si beavano delle loro creazioni, potevano distruggere i paradisi del Regno per diletto, con un soffio del loro potere... cosa li rendeva inferiori ad un Dio? Cosa mancava loro affinchè fosse tutto, veramente, perfetto?
Qualcuno, forse, che li avesse adorati come tali. Qualcuno, al di fuori di loro stessi, che avesse inteso i Draghi come Divinità imperscrutabili. Creavano, ma non generavano. Costruivano, ma non donavano vita! Il più grande, forse l'unico, limite dei Draghi era quello.

Quando il muso rossastro di Eyðing si affacciò sulla Gola Nera si sorprese nel vedere un simile affollamento. Negli ultimi secoli mai una riunione del Consiglio aveva riscosso così tanto successo, e si chiese cosa, quella volta, avesse spinto cosi tanti Draghi a presentarsi.
Fyrirliði poteva essere felice, in molti, quasi tutti a dire il vero, avrebbero ascoltato le sue parole. Tutti aggrappati all'inutile speranza che in quel tedioso Regno si potesse parlare di qualcosa di nuovo, essendo Fyrirliði, della famiglia del Diamante, già noto per i suoi esperimenti sulle leghe.
Acciaio, Rame, Oro, Argilla, Gesso... Le loro armature erano strette l'una all'altra, gli spiriti non roteavano all'interno come erano soliti fare ma sembravano quasi attratti dal drago che aveva iniziato a parlare, presentando la sua creazione.
Nonostante Eyðing avesse raccolto le sua ali membranose lungo il corpo e arrotolato la coda fin quasi sotto il ventre, tenendosi ritto sulle quattro possenti zampe, l'affluenza era veramente esagerata per la capienza della Gola Nera, e non poteva rimanere un secondo di più nella sua forma draconica.
Schioccò la lingua, manifestando il suo disappunto per ciò a cui quell'assemblea lo stava costringendo, poi l'armatura di Oricalco si fece largo tra la folla.

Ascoltò per qualche minuto quelle che sembravano essere farneticazioni su una Nuova Era, su un nuovo futuro come veri creatori. E Eyðing si convinse che sotto il panno non ci fosse altro che un nuovo strano artefatto della famiglia del Diamante, nulla che poteva interessarlo veramente. Ma quando voltò le spalle all'oratore, questi pronunciò le parole che il Drago d'Oricalco avrebbe voluto ascoltare decenni prima.
-Possiamo creare la vita.-
Potevano. Come? Come poteva essere riuscito in una simile impresa? Come poteva il suo artefatto respirare, e ragionare? D'un tratto sentì, forte come fossero mille tamburi, un inaspettato battito provenire da sotto il panno. Non gli aveva prestato attenzione prima di quel momento, ma lì nascosto sembrava esserci un cuore che batteva.
Il panno venne tirato via, e calò il silenzio nell'assemblea.
-L'ho chiamata álfur. Elfo.-
Gli occhi della creatura osservavano pieni di stupore e incredibile tranquillità le armature e i giovani draghi che lo studiavano, e Eyðing vide riflessa in quelle pupille l'immagine di centinaia di dèi. L'Elfo poteva adorarli, l'Elfo poteva vivere nel Regno con la consapevolezza di non essere la più grande fra le creature, la più perfetta tra le creazioni. Poteva, con la ragione, capire che i Draghi gli avevano donato la vita, e ai Draghi sarebbe stato grato. Li avrebbe venerati, adorati, omaggiati, i suoi pensieri sarebbero andati ai suoi creatori.
Nel momento in cui nella Gola Nera si fosse deciso per la continuazione di quel "progetto", i Draghi sarebbero diventati, veramente e finalmente, divinità.

Ma a quale prezzo?
L'immortalità. Fyrirliði l'aveva sacrificata per donare la vita all'Elfo, ma poteva un Dio soffrire, ammalarsi e morire? Poteva forse la creatura adorare qualcosa a cui sarebbe sopravvissuto? La morte li avrebbe condannati tutti all'oblio, e quale Dio vuole essere dimenticato? Quale Dio -può- essere dimenticato e continuare ad essere un Dio?
Un prezzo alto, troppo alto da pagare.
Doveva esserci un'altra strada.
Fyrirliði aveva capito quali dovevano essere gli esiti dei loro lavori, ma l'artefatto richiedeva un sacrificio che avrebbe reso inutile la sua stessa creazione.
Una Nuova Era, forse era vero, grazie all'Elfo ma non -con- l'Elfo.
Loro erano i Creatori. Loro erano Immortali. Loro erano Perfetti.
Le creature dovevano rendersi conto di tutto ciò.
Loro erano Dèi.

 
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Lill'
view post Posted on 8/5/2015, 15:30




Creazione
Figli del loro tempo

La famiglia di Thorsberg era in effetti composta da vari membri, seppur non fosse tra le più numerose in quei giorni antichi. Vi erano draghi bambini e anziani, individui che avevano visto il sole sorgere tra nuvole cobalto nella gioventù del mondo e avevano scoperto e dato un nome unico alle specie piumate, a quelle con il pelo e ai primi pesci che si divincolavano nella pozzanghere. Non erano una famiglia di soli draghi bianchi, non del tutto almeno; così, quando il consiglio assistette alla nuova scoperta di Fyrirliði, uno strano senso di vertigine risalì le scaglie dorsali di Thorsberg. Erano memorie d'infanzia che aveva creduto dimenticate, affogate nell'oblio del lavoro quotidiano.
Aveva scorto il suo vecchio zio tra la folla. Pure, la creazione di carne e ossa occupò la maggior parte dei suoi pensieri.

E si regge in piedi senza una coda!” Esclamò il giovane drago d’osso con entusiamo, rivolto ai suoi compagni; fece un passo avanti “Se lo toc-
Thosrberg!
Lo richiamò indietro Glambiorð, il Mastro d’oro. L’anziano drago scrutava solenne quel fragile prodigio chiamato Elfo che il Mastro di diamante aveva disvelato, e poco traspariva dalla sua forma d’armatura. In molti erano accorsi, infatti, a vedere e consigliare Fyrirliði. Thorsberg ascoltò il ragionare di Eirgrænn, le diverse reazioni di Óogilt e del vecchio Arkais; persino la proposta concitata di Higinn lo interessò, ma fu l’intervento del suo compagno Dreki a riaccendere la sua curiosità.
…ritengo che forse i prossimi dovrebbero essere un po più giovani, se non addirittura infanti” disse Arkais, l'anziano.
Infatti! Se Mastro Fyrirliði ha deciso così la sua ævi, per farne altri allora noi-
Come Eirgrænn, anch'io onoro te e le tue capacità, Fyrirliði. ” il Mastro interruppe di nuovo.
Dunque tuo solo è il prezzo, dici? Non stai suggerendo a questo consiglio che dovremmo rinunciare ai nostri tempi in favore di questi... leikbrúða?
Vi costerebbe così tanto dispiegare le vostre forze e il vostro tempo per la creazione di un nuovo popolo?
rispose Fyrirliði. “In fondo, l'alternativa è restarsene in casa a crogiolare, non credete?

E dunque continuarono le richieste, i dubbi, i consigli. Tanti si fecero avanti tra quelli ritenuti più saggi dalla comunità e tra i meno. Eppure non tutti parevano interessati a quello che tale creazione, l’Elfo, poteva effettivamente comportare per la loro società in stallo – a come migliorarlo, e rendersi perfetti. Se c’era qualcuno che non aveva paura di intervenire e abbracciare con vigore il cambiamento, però, quello si dimostrò essere tra gli altri mastro Blóð. Lo zio di Thorsberg. Ma non tutti, davvero, furono entusiasti come i due draghi d’osso di quelle possibilità di cambiamento – tra questi Glambiorð.
Apprendere le nostre arti? Come se da soli potessero-
Che differenza fa se li istruiamo noi o vivono per conto loro?
Per quanto mi riguarda, potremmo anche lasciare a lui la scelta!

Thorsberg disse indifferente, indicando l'Elfo. Il Mastro d’oro poteva solo ascoltare questa volta.
L'importante è comprendere al più presto ciò di cui sono in grado:
così potremmo subito iniziare ad aggiustarli, come ha detto Mastro Blóð.
” ruggì il drago d'osso.


Il dibattito tirò per le lunghe. C’era chi era più interessato alla libertà stessa dell’elfo, chi aveva paura di cosa tali nuovi infanti avrebbero comportato per la vita degli himinn-konungar, i draghi, i re dei cieli. Così Thorsberg, detto ciò che aveva da dire – tra i primi a parlare, ché il tempo anche per il suo popolo correva impietoso verso una meta invisibile, nascosta tra le nuvole; forse lo stesso bianco crepuscolo per i corvi che rimaneva dei senza-scaglie, e di cui lui era innamorato nelle sue creazioni – si ritirò in disparte. Corse con l’occhio ai tanti presenti, impassibile nella sua forma d’armatura così irta di scaglie e blocchi appuntiti.
Suo zio Blóð era andato via dalla famiglia anni prima. La madre di Thorsberg aveva raccontato al giovane drago di diverse vedute e di opere inconsulte, così come di pratiche malviste da altri membri del consiglio. Ciò che Thorsberg ricordava era un’ala disabitata nella loro magione, piena di ragnatele e spazi vuoti negli enormi mobili e bauli. E dei ruggiti risentiti, di notte, dopo che era stato messo a letto. Delle tante opus in cui suo zio si era prodigato, o così gli era stato raccontato, poco il drago d’osso aveva potuto ritrovare: un coltello dal manico bianco come le nuvole, nulla più, un pegno ad affetti defunti verso la sua famiglia.
Quando chiese parola a sua zio il giorno del consiglio indetto da Fyrirliði, questi gli chiese di defilarsi.

Zio! Ho ascoltato le tue parole, e le ho apprezzate. Di tutte le invenzioni di Verkstæði, credo oggi abbiamo visto quella con più possibilità.
Oggi è un grande giorno per Verkstæði, ma anche per noi plasmatori di ossa” gli disse suo zio. E la sua voce era potente, piena di misteri di cui Thorsberg aveva solo sentito parlare, ma mai davvero esplorato. “Dimmi piccolo, secondo te perchè credi che io abbia appoggiato la causa di nostro fratello?
Thorsberg avrebbe ricordato le parole che seguirono negli anni a venire. Notò un coltello ben lavorato alla cintola di suo zio, il Mastro d’ossa, simile a quello in possesso alla sua famiglia. Il manico riluceva di un colore conosciuto. Era bianco, come i misteri che attendevano le razze dei viventi e fors’anche quella dei draghi alla fine, nascosti tra le nuvole.



SPOILER (click to view)
Interazioni concordate con Kremisy. Mi spiace per aver postato all'ultimo :arross:


Edited by Lill' - 8/5/2015, 16:58
 
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view post Posted on 8/5/2015, 15:32
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Grida dal Cielo ~ Creazione.
« Creavo, speravo
sognavo un mondo nuovo. »

Tra le tante follie, le invenzioni meravigliose e gli oggetti incredibili mai Neska aveva visto qualcosa del genere.
Non le importava da dove provenisse o con cosa fosse creato, non le importava nemmeno il motivo per cui fosse così tanto importante quel piccolo essere indifeso e dallo sguardo perso che stava in mezzo a tutti loro, silente. Incapace di parlare, di esprimere a parole il suo stato d'animo, appariva tanto vulnerabile da suscitare nella draghessa un senso di inquietudine e perplessità al tempo stesso. Cosa significava quella creatura per il futuro del mondo? Alcuni erano spaventati, altri denigravano la novità, ma tutti erano inequivocabilmente consapevoli che non sarebbe stato possibile tornare indietro. Non dopo quello che avevano visto accadere. A Neska l'idea di un mondo costruito e plasmato da quegli esseri, Elfi, non dispiaceva affatto. Che senso poteva avere continuare a creare qualcosa che già esisteva, quando si aveva a disposizione la possibilità di lasciare che fosse il caos a plasmare le sue meraviglie? I draghi avevano sempre avuto il controllo su qualsiasi cosa, dal tempo, al metallo, agli elementi più complessi e rari del mondo, eppure non erano mai riusciti a concepire niente al di là di quello che la ragionevole razionalità gli imponeva.
Neska si avvicinò di mezzo passo all'elfo, chiedendo il permesso di compiere quel gesto tanto avventato.

« Posso toccarlo? » disse, a voce bassa. « È strano. Non è qualcosa che la natura ha formato in se per se, eppure sembra così... » dondolò la coda lentamente, incuriosita. « ...così armonico. »
L'elfo si lasciò avvicinare, seppur intimidito. La sua fisionomia non era quella tipica degli animali maschili, era stato creato con connotati femminili, ma il suo essere restava privo del genere, fintanto che non avesse ricevuto un compagno.
« Non avere paura. » Neska, data la sua minuscola statura, passò dolcemente il muso sulla guancia della creazione. « Maestro di cosa si nutre questa creatura? »
« Carne, per la maggiore. Ho sperimentato la creazione di un Elfo qualche giorno fa e ho fatto in modo che mangiasse della carne di animale.
Ha apprezzato particolarmente.
»
Trovava bizzarra la propensione di quella creatura a cibarsi di suoi simili, eppur non disse nulla. Più tardi, nei suoi ultimi giorni, ricordò così quel momento:

Pareva una creatura meravigliosa, senza scaglie
e senza peluria, con grandi occhi a osserva le nostre figure
ricche di paura e incertezza. In quello sguardo ho visto
il futuro di un mondo che non ci appartiene, ma non ho detto niente.
Ho solo ammirato, sognato e sperato al tempo stesso
che essi non commettessero i nostri stessi errori.
Ora che sono vecchia e ho visto troppe lune calare,
ho compreso che il futuro è il cambiamento.
Per quanto pauroso possa essere.



Molti altri discussero. Il dibattito era furioso, alcuni alzarono la voce, altri battibeccarono come fanciulle in cerca d'attenzioni, ma tutti erano incredibilmente presi dal futuro, da ciò che sarebbe accaduto dopo. Neska rimase perplessa dal desiderio combattivo di taluni, pronti a distruggere ogni cosa solo per la paura ancestrale che il cambiamento potesse ferirli, ucciderli o modificarli. Altri spingevano per gettare via quella creatura come un marchingegno malfatto, altri ancora gridavano al miracolo invocando la risoluzione di ogni male. Ma per lei era tutto troppo inutilmente pomposo e altisonante, troppo complesso e artificioso per essere di qualche utilità. Tutto ciò di cui avevano bisogno quelle creature era apprendere il mondo dove vivevano e ispirarsi ad esso, non ai draghi. Se si fossero lasciati condizionare dalla loro esistenza, se avessero voluto provare ad imitarli, il loro sviluppo non avrebbe fatto altro che ripercorrere i fallimentari passi e finire laddove avevano già fallito.
Qualcuno, meno intento degli altri a bisticciarsi il privilegio di dire qualcosa, espresse il timore che senza protezione non sarebbero mai sopravvissute alle asperità e Neska si unì al coro.

« Allora forse sarebbe opportuno creargli delle scaglie, no? » guardò il maestro. « D'inverno potrebbe soffrire il gelo... » Neska era particolarmente preoccupata per la salute dell'elfo. « ...non ha della peluria per proteggersi? »
« La sua pelle fornirà una protezione adeguata nel nuovo mondo.
Il tuo ragionamento però è corretto: potremo ricoprirli con i tessuti del nostro mondo, affinché tramandino la nostra arte.
»
Neska annuì a quelle parole, concorde. « Perché non li istruiamo gradualmente? Forse dobbiamo partire donando loro la sensibilità per il mondo in cui vivranno... altrimenti, se non capiranno l'importanza del luogo dove vivono, rischieranno di distruggerlo! » si fece indietro, lasciando spazio agli altri e tornando vicino alle sorelle. « Gli animali tendono a voler combattere tra di loro, sarebbe opportuno che questa bella creatura non imparasse a farlo! »
« La tua osservazione è giusta, Neska.
Trasmetteremo loro i valori nobili che contraddistinguono la nostra specie, poi lasceremo a loro la guida del nuovo mondo.
»


Le piaceva quella creatura, le piaceva ciò che sarebbe potuta diventare.
Non le interessava niente dello stupido battibecco, né della votazione o di indire un concilio per approvare o meno la creazioni di altre di quelle creature. Donare la vita, raggiungere un tale livello di perfezione, a prescindere da quali fossero le circostanze: era un dono e un privilegio che solamente gli sciocchi si sarebbero arrogati il diritto di negare. Tutto avrebbe trovato un posto nel mondo, e tutto lo avrebbe fatto nel modo migliore quando i draghi avressero smesso di agire, di cercare. Avevano fatto abbastanza, persino troppo sotto certi aspetti. Neska ascoltava silenziosa le ultime diatribe, disinteressata a tutto fuorché ai suoi fratelli.

Avevamo già concluso il nostro ciclo da molto tempo,
eppure ancora ci ostinavamo a ergerci su quel mondo cercando di dominarlo,
di studiarne ogni più particolare sfaccettatura, creando cose che pur meravigliose
mai avrebbero raggiunto la perfezione. Il ciclo avrebbe trovato la sua fine,
così tutto avrebbe avuto inizio. Questo era il nostro lascito al futuro.



Immani scuse per il ritardo, ho confuso le date di psotaggio e ho letto troppo tardi l'avviso in confronto. Non riaccadrà.
 
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The Grim
view post Posted on 8/5/2015, 20:52




Grida dal Cielo - Creazione
Eyðilegj, rifiuto della società





Le campane suonano, e al drago non importa per niente.
Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ha preso parte ad una delle riunioni?
Onestamente, non lo ricorda, anzi non si è proprio posto la questione. Sprecare il suo tempo a quella maniera, rinchiuso fra quattro muro, in compagnia di arroganti che pontificano sulle inezie più metafisiche, su quale arte rappresentasse alla maniera migliore l'immortalità, o quale dei loro sentimenti sarebbe perdurato oltre la fine dei tempi; come avrebbe potuto sopportare ciò?
Loro invece avrebbero trovato Eyðilegj spassoso così com'era conciato, senza nessuna scorza a coprire le sue nude carni, col sangue che gocciolava di qua e là, le punte di ferro conficcate nel corpo, e l'affanno che l'ingobbiva.
Oh quanto si sarebbero divertiti!
E lui ne sarebbe stato umiliato.

Eppure...
eppure quella sembrava una ragione più che perfetta per andare là. Vero, ne sarebbe uscito sminuito, col fiele chiamato rabbia ad avvelenargli il cuore, ma quella cocente irritazione in qualche maniera avrebbe infangato anche gli altri, mandando in malora quella tanto declamata austerità e boriosa solennità che accompagna eventi simili. Uno storpio che s'aggira fra loro, vomitando, lamentandosi, e sanguinando ovunque sembra l'affronto perfetto. E così, con la mascella sghignazzante s'avvia nella sala, intrufolandosi fra i banchi, assicurandosi che la sua mole, non certo immensa, venisse notata. È facile a farsi quanto in parecchi preferiscono indossare quel corpo artificiale, e scorrazzare con esso e quegli strani arti anziché la propria forma naturale; gente tanto arrogante che non può convivere col pensieri di abitare qualcosa di non prodotto dalla propria persona. S'impegna a lanciare ovunque occhiate maligne tronfie di saccenza, lasciando che icore e altre schifezze colino ovunque, raschiando con gli artigli e con la coda quanto gli scorresse accanto. Nel frattempo l'oratore sciorina un discorso che la mente dello storpio cataloga come noioso ben prima di afferrarne il significato. Purtroppo, anche se non ha intenzione di coglierne nemmeno una parola, l'altro sa farsi udire, e il suo ciarlare sovrasta il chiacchiericcio diffuso degli altri draghi e gli penetra nella testa. Fu soltanto per quel motivo che s'accorge della parola vita, gettata fra le tante altre, ma con l'intenzione di darle abbastanza importanza, tanto che la testa di Eyðilegj si voltò di scatto, più per meccanica curiosità che per reale interesse. S'aspettava di cogliere l'ennesimo ammasso di materiali tenuti insieme della magia dei suoi artefici, lesto a rispondere ai suoi burattinai, propenso a danzare qualsiasi ritmo gli si propinasse, anche il più autodistruttivo, purché compiacesse i suoi padri artificiali. Se fosse stato così, sarebbe montato in tutte le furie, vedendo l'ennesima parodia del mondo vasto e vario che si estendeva in lungo e largo, proprio al di là di quella città; qualcosa di fulgido e incoerente, che nessuno di quei bacucchi avrebbe mai potuto afferrare.
Mai si era sbagliato così tanto.


« L'ho chiamata
álfur.

Elfo2_zpsuahn1qdo

Elfo.
»

Quercia frondosa, tesa al cielo ma privo di corteccia,
Pioppo molle, dalla scorza gracile eppure longevo,
Daino senza zoccoli, dalla pelliccia rada e l'occhio impaurito,
leone smussato, la cui criniera s'increspa e danza col vento,
scimmia raddrizzata, senza gobba, dalle dita agili e lunghe e affilate,
bruco frastornato, tanto misero fra giganti spaventosi, farfalla in potenziale che stupirà ognuno di loro.


Mai v'era stato nulla di simile, e presto avrebbero riempito ogni valle, foresta e montagna.

L'ardito tumulto che infuria in quell'aula non è che un ronzio innocuo se Eyðilegj lo paragona a quello che infuria sotto i suoi muscoli sanguigni. Un'opera come quell'elfa non può lasciare freddi, e infatti il drago sente un gran calore in lui, ribollisce da capo a coda, il cuore batte come il tamburo più frenetico e scatenato e il cervello sfrigola come un fornace accesa. Gli occhi suoi galoppano su quella pelle rosata davvero disgustosa, dello stesso colore delle viscere, indugiano sulla sua assenza di scaglie ancor più lieve della sua, ci affondano dentro e si perdono in qualche altro universo. Ciò che lo strugge è semplice: se quella che abbia davanti sia una semplice opera dei draghi, o qualcosa che li supera, se insomma l'arte del creare che gli aveva sempre fatto schifo o forse fosse realmente capace di oltrepassare loro stessi; e non copie prive di ogni complessità di loro stessi. Una visione lo scuote: un'immensa caverna le cui pareti sono ricoperte di alfur, le loro mani intrecciate a formare una rete indistricabile, e ognuno di loro è simile a quello accanto eppur diverso, chi ha un tocco di colibrì, chi di salice, chi di falena e chi di porcino. E mentre lo sguardo s'allontana, quella variopinta moltitudine si fa meno dettagliata e più come un grande mosaico o più una colora di funghi che divora e cresce sulle ossa dei draghi. C'è orrore e gioia in quella visione, un brio che raramente Eyðilegj ha provato, tranne che negli inconfessabili momenti in cui si fissava a vedere qualcosa spirare; nel vedere la carne disfarsi e trasmutare la propria sostanza da vivente a per i viventi. Mai però gli è balenato in mente quell'estro creativo, quella voglia di far qualcosa con le proprie mani come in quel momento; perché sapeva che la sua opera sarebbe volato con le proprie ali anziché sulle rotte del genitore. Il drago se ne rende conto, in lui tutto è cambiato, quell'immagine è stata un salto del fosso, un'epifania. Il piacere della rivelazione è però oscurato dal dolore della presa di coscienza, del sapersi fino al momento prima niente più di un cucciolo, capace soltanto di ruggire e mordere attorno a sé. È doloroso sapere come si è stati sciocchi, e quanto fossero state giuste le risate indirizzate ai suoi comportamenti, e alle proprie ambizioni ridicole. Avrebbe pianto, se avesse potuto, ma quel velenoso sapore amaro che gli bruciava le vene è subito cancellato da qualcosa di diametralmente opposto, e cento volte più potente: il dolce gusto della felicità. Eyðilegj avrebbe presto provato il piacere della creazione, e se i suoi figli avrebbero dominato sulle loro carcasse, tanto meglio; proprio come il visionario Fyrirliði avrebbe dato volentieri la vita per loro.



CITAZIONE
Credo sia tutto semplice e cristallino, scusate per la collaborazione pari a zero con tutti quanti.

 
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Pagus
view post Posted on 9/5/2015, 02:23




Álfur
Fragile, fragile Álfur



Davanti se Màr aveva qualcosa di magnifico e fragile. Una creazione plasmata e vivente con un cuore pulsante. Alla fine Fyrirliði c’era riuscito. La creazione stava ferma, inerme aliena davanti ad un concilio di buoni a nulla. Il drago d’acciaio cercò di parlare, ma la voce uscì talmente timida e strozzata che si vergognò anche solo di aver pensato di farlo. Una vita passata a creare oggetti sublimi, raffinate perle d’ingegneria, tutte senza alcuno scopo se non quello di primeggiare sugli altri. Ora il castello di carta, pardon d’acciaio, si stava piegando inesorabilmente su se stesso, come soldatino ostinato che non vuole perire. Gli scricchioli della struttura raggiungevano il cervello del povero drago, percepiti come vere e proprie fitte al cranio. La creatura gli piaceva e anche molto. Qualcosa però, pareva ancora turbarlo.

Álfur



Lo sguardo basso del drago, sembrò per la prima volta caricarsi di dolcezza. Parve che l’asfissiante vocina stridula ed egoista nella sua testa fosse stata sconfitta, sostituita da un eroico silenzio. Silenzio in cui la polifonia del dialogo poteva farsi finalmente spazio. Accantonò l’orgoglio, il dolore e l’imbarazzo. Nulla poteva dire di quel fragile essere, di quel magnifico compromesso, probabilmente

Ma, fratello mio, qui non è in ballo solo il mio volere.
Se voi accetterete di avanzare con me, decideremo quale sarà davvero il passo che intendiamo compiere.
Insieme.


Per la prima volta ascoltò sinceramente e senza riserve le parole del padre dell’elfo. Per la prima volta sentì che le sue qualità, l’abilità che tanto aveva ostentato davanti agli altri e la tenacia nel ricercare qualcosa di sempre più nuovo e perfetto, avrebbero potuto germinare, in un progetto immenso. Certo, qualcosa ancora non lo convinceva, ma la novità era così mostruosa ed incantevole che i suoi dubbi vennero riposti momentaneamente in secondo piano:

« Fyrirliði, tra noi non è mai corso buon sangue, lo ammetto. Non ho mai dimostrato entusiasmo per le tue opere. Nella vita, però, a volte bisogna ricredersi. Accettare la propria sconfitta. In questo momento non mi sento sconfitto, invero. Mi sento più che altro fiero di te. Anche solo l’idea di plasmare la vita mi faceva torcere le viscere. Davanti a questa tua creazione, però chino il capo. Furðulegur. L’idea della vita plasmata dalla mano di un altro vivente di sicuro mi spaventa. Più che le ritorsioni temo la sofferenza che simile creatura dovrà patire. Mi chiedo se la sua carenza di tempo da trascorrere possa in qualche modo renderlo … perfetto. Ed infelice. Lo chiedo a me, tanto quanto a te. L’unica risposta che in questo momento trovo, scavando nella cava dalla mia ottenebrata ragione è che, sinceramente, mi piace. Hai il mio sostegno, la mia intelligenza, le mie risorse. »


Detto questo si pose in disparte. Aveva definitivamente spezzato le catene della sua cronica insofferenza. Aveva finalmente dato un senso al suo malessere. Questo senso non poteva essere la ricerca della perfetta creazione. Niente di quello creato fino a quel giorno poteva minimamente assurgere alla perfezione. In quella creatura, però, nella sua disarmante fragilità, c’era più perfezione che nelle alte torri erte a sfidare il cielo. E se il cielo dimostrava nei nostri confronti la sua più piatta indifferenza, quale modo migliore per provocare, per tornare a stupire, se non sfidare gli dei ?

 
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view post Posted on 9/5/2015, 14:21
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Grida dal Cielo
creazione


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Era Zero
Verkstæði, Gola Nera


Le stava ascoltando tutte, una dopo l'altra, incessanti e velenose.
Le bugie che fuoriuscivano dal muso di diamante di Fyrirliði stavano abbindolando un presente dopo l'altro con estrema facilità; Andóf non aveva mai visto un tale interesse da parte dei suoi compagni circa una scoperta o un'invenzione. Molti si erano accalcati sulla creatura del suo maestro, altri invece si tenevano in disparte, disquisendo dei dettagli presenti sulla stessa. Altri ancora, stanchi di discutere con un folle idealista - o con ciò che lo stesso stava impersonando - si erano velocemente allontanati, tornando alle loro vite sterili e prive di qualsiasi spunto creativo. Spunto che, pensava Andóf, era sempre stato alla base della vita del suo popolo, un gruppo di draghi artigiani pronti a sfidarsi continuamente per il raggiungimento della creazione migliore.
Il drago di rubino era stato a contatto con il suo maestro praticamente ogni secondo, negli ultimi mesi; avevano condiviso scoperte sensazionali e con le informazioni in loro possesso erano riusciti a generare qualcosa che rasentasse la creazione della vita stessa. Poi, però, il drago di diamante si era spinto troppo oltre e per Andóf egli aveva varcato un limite che nessun creatore avrebbe mai dovuto superare: aveva creato sé stesso. Aveva rinunciato alla sua immortalità per ottenere il potere divino per eccellenza. E ci era riuscito, con successo.
Almeno questo è ciò che avevano pensato inizialmente.
Lentamente Andóf e il suo maestro si erano accorti di un particolare, poi di un altro, poi di un altro ancora, fino a raggiungere la consapevolezza che lo hjarta, il cuore della vita, era una macchina fuori controllo in grado di sterminare l'intera stirpe dei draghi creatori. Ha una propria vita, aveva affermato il suo maestro poco prima di discutere animatamente con il drago di rubino. Il primo sosteneva che seppur pericolosa, quella rimaneva la creazione che avrebbe elevato i draghi a Dèi. Il secondo, al contrario, era pronto a difendere il suo popolo e per farlo era disposto a distruggere ciò per il quale il suo mentore aveva sacrificato tutto.
E ci provò. Più volte, in più modi. Ma si rese conto di un ulteriore particolare.
Né lui né nessun altro drago poteva toccare lo hjarta.
Per giorni Andòf si era domandato cosa potesse in fondo salvare il suo popolo. Ma non trovò risposta.
Si lasciò dunque condizionare dal suo maestro, l'unico che gli era stato accanto quando aveva perso la sua mano migliore. L'unico che non lo considerava uno schiavo, ma un amico e che per tal ragione aveva creato per lui un braccio in diamante estremamente funzionale. L'unico. La persona che lo aveva salvato.
Si era detto contrario a ciò che il suo maestro stava facendo, ma allo stesso tempo riuscì a promettere di non infrangere il suo segreto. Poi, però, ascoltando le mille e più bugie che stavano riempendo l'intera Gola Nera, si decise.
E ruppe il suo giuramento. E con esso, la sua mano in diamante.

« Basta.
Basta, Fyrirliði.

Il tempo degli inganni è concluso, è ora che tutti conoscano la verità.
»
Il drago di diamante guardò con sguardo sommesso il suo migliore allievo. Sapeva che non avrebbe mai retto. Non aveva sperato nemmeno un secondo nella complicità di quest'ultimo.
« Quello che state vedendo è senza dubbio la creazione migliore dell'intero regno. Nessuno è mai riuscito ad emulare tale magnificenza. Eppure.. allo stesso tempo, questo cuore, questo hjarta, questo E l f o.
Loro sono la nostra maledizione.
Il potere di creare la vita richiede un dispendio di energie non indifferente e l'immortalità di un drago creatore non basta a saziare l'appetito dello hjarta.
Lui sta consumando l'immortalità di tutti noi.
Uno per uno, sta lentamente rosicchiando la nostra vita. Non ci resta poi molto tempo, in fondo.

Stiamo morendo.
»
Andòf guardò per un istante il suo mentore, poi abbassò lo sguardo, sconfitto. Quel segreto aveva lacerato la sua mente e la sua anima, trasformandolo in un mostro.
« Nessun drago può toccare lo hjarta, neppure il suo stesso creatore.
Se non facciamo qualcosa, il cuore risucchierà l'energia di ognuno di noi e per tale ragione ci estingueremo.

Però ho una soluzione. Non sarà indolore e comporterà in ogni caso un sacrificio da parte di ognuno di voi.
»
Gli occhi dei presenti squadrarono il drago di diamante da testa a piedi.
Pretendevano spiegazioni.
« Ciò che dice il mio allievo è vero. Tutto vero.
Voi, lui, io stesso. Stiamo tutti morendo. Potreste provare ad uccidermi, ma ne varrebbe davvero la pena? Farlo non riporterà indietro la vostra immortalità.
Utilizzare lo hjarta, però, riporterà indietro quella sensazione che tutti noi abbiamo perso ormai da molto tempo.
La sensazione della scoperta.
Non vi forzerò a seguirmi, non è ciò per il quale vi ho chiamato. Se siete qui è perché voglio che riflettiate su ciò che siete stati e su ciò che sareste grazie a lui.
»
Lo hjarta iniziò a pulsare ancor più velocemente.

« Scegliete, dunque.

Se morire come D è i
o scappare come c u c c i o l i.
»


QUEST MASTER POINT
Ok, ok, tutti calmi.
Fyrirliði ha solo.. come dire.. omesso delle piccole cose.
Quello che vi viene richiesto in questo post è ruolare al meglio il vostro personaggio in questa situazione. Fondamentalmente dovrete schierarvi con o contro l'utilizzo dell'artefatto, quindi dalla parte di Fyrirliði o da quella di Andòf. Nel secondo caso al termine del post potrete seguirlo fuori dalla Gola Nera, dove vi spiegherà il suo piano. Potete interagire in qualsiasi misura, ovviamente tutto in confronto.

Per questo giro avete sei giorni di tempo. Vi chiederei di non ritardare le vostre risposte.
A voi!
 
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Lill'
view post Posted on 9/5/2015, 19:28




Creazione
Ecpirosi

A memoria di drago le sale della Gola Nera non erano state così piene di voci da decine e decine di Lune. Thorsberg guardava nel passato mentre parlava con suo zio e vedeva la scoperta di una lega che tratteneva il potere del fulmine, oppure quell’unica ala tonda di stoffa che riparava dalla pioggia. Si rivedeva cucciolo mentre i grandi draghi si libravano fieri e pieni di novità verso il consiglio, quando ancora i suoi genitori non si erano ritirati, esaurito ogni stimolo, nei corridoi bui della loro magione. Nella sua infanzia aveva appreso molte cose. Suo padre l’aveva assistito nelle prime creazioni e aveva accompagnato i suoi primi voli, testando i loro strumenti nel cielo e tra le nuvole in cui si nascondevano gli dei. Sua madre gli aveva mostrato le vecchie creazioni del Mastro Pikeys, quando ancora il vento della saggezza gonfiava le ali delle sue idee; insieme erano volati sopra alla montagna viva a Nord di Verkstæði, dove si diceva Eldingar lavorasse senza sosta, giù in un’aula di fuoco e fiamme. Quando le prime placche ricoprirono il suo corpo, i genitori del drago d’osso gli mostrarono la bellezza dei laghi, la frescura e la pulizia dell’acqua tra le scaglie.
Ma era stato un periodo breve. Appena Thorsberg fu in grado di creare la sua brynja d’osso, molte delle ciminiere di Verkstæði non sbuffavano più fumo e scariche magiche; di misteri, tra le nuvole, non ce n’erano più.

Fu con queste memorie negl’occhi che Thorsberg accolse le novità di quel giorno a Gola Nera. Così quando, dopo aver discusso con suo zio Blóð, il servo Andóf svelò nuovi dettagli, Thorsberg ascoltò ugualmente.
E dunque è così, eh?
Non prenderò parte a questa pazzia. Sarò vecchio, ma non sarai certo tu ad ingannarmi, Fyrirliði. Te l’ho chiesto: tuo solo non è dunque il prezzo.
Ruggì Glambiorð, il Mastro d’oro. Non c’era niente di vecchio nelle sue grida. Thorsberg si diresse verso i membri della sua officina dopo essersi allontanato con Blóð, e ascoltò l’invettiva del capo artigiano. Cambiato nella sua vera forma, le scaglie di Glambiorð luccicavano come il sole, e il vibrare delle sue ali smuoveva l'aria; molti degli apprendisti gli si fecero più da presso, per non lasciar dubbi sulla loro posizione in quella faida.
Ma non Thorsberg, che tirò dritto verso il centro della sala.

Dove credi di andare? È questa la tua gratitudine, testa d’osso?
La voce del suo Mastro aggredì Thorsberg, che non si girò subito. Raggiunse il fianco di Fyrirliði, per poi dire:
Io ti sono grato, Mastro d’oro”, e c'era rispetto nella sua voce, perchè in un certo senso lo era;
ed è questo il mio modo di dimostrarlo”.
Ancora in forma di brynja, il giovane drago d’osso pareva deciso quanto il suo Mastro dietro la sua corazza bianca e appuntita. Due fiamme distanti si indovinavano nella celata dell’elmo e con un movimento ponderato, meccanicamente, Thorsberg si girò verso la creatura nata dal fuoco di Fyrirliði. Anche senza la loro vera forma, le ombre dei draghi sovrastavano le fattezze minute dell’álfur. Ma non c’era spazio per la paura in quella sala, per nessuno di loro; non in quel momento. Indugiando ancora tra la creatura e i suoi vecchi compagni d’officina, il suo amico Dreki, infine Thorsberg fermò lo sguardo su se stesso, sulle proprie fattezze grossolane e pallide. Allungò una mano in avanti.
Una mera copia dei prodigi degli anziani, dei suoi maestri.
Cosa ci rimane, Mastro?
Chiese, esitando un ultimo istante. C’erano i draghi più rispettati della comunità in quella sala, i giovani come lui; c’era Gullvindur vento dorato la figlia del suo Mastro a guardarlo, e lui aveva deciso.
Aveva appreso tanto, crescendo – e a che fine?
Io sono nato in un tempo in cui non c’è più un modo per farci fieri, per onorare i nostri avi. Ma abbiamo questa occasione, questo modo di cambiare le cose. Io dico di usarlo, e il meglio di noi verrà scolpito nell’interno stesso di queste creature.” Si fermò e guardò suo zio Blóð, il Mastro d’ossa.
Io dico di fare qualcosa per riscattarci da questo torpore: io dico di intervenire!
Vedrete, nel giro di un attimo torneremo alla gloria del tempo che fu. Prima che siano cadute le foglie dagli alberi.
E se la morte è il prezzo...” sospirò, spegnendo la sua voce.

Questo è quanto sentirò, oggi, da un giovane stolto.” Sentenziò Glambiorð.
Andiamo via”.


E mentre il suo maestro li lasciava, Thorsberg aveva bene in mente ciò che aveva appreso. Ricordava quando i suoi genitori, stanchi di una vita di progressi infranti, lo avevano affidato alle cure di una delle poche officine che ancora operavano sotto il rispettato Mastro d’oro. Al tempo Thorsberg era poco più che un cucciolo.
Qui apprenderai i misteri della creazione, e li perfezionerai; il come ogni cosa funziona ed esiste e il perché che fa marciare i tessuti stessi del mondo.” Gli era stato detto.
Apprenderò come gli dei ci hanno creato, dal mondo oltre le nuvole?” Aveva chiesto il giovane drago.
Ma i perché della vita si erano esauriti, e un solo mistero era rimasto: bianco come le nuvole, come le ossa di ogni creatura lasciate al sole che tramonta.



SPOILER (click to view)
Questa volta ho preferito fare un post più incentrato sul mio pg, anche se con l'espediente di un png. Spero sia riuscito a rendere un po' meglio la sinossi psicologica che avevo presentato nello specchietto del primo post - sopratutto i motivi del pressapochismo di Thorsberg. A voi!

EDIT: 3 errori di battitura.


Edited by Lill' - 10/5/2015, 12:56
 
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