Rispondendo soltanto ridacchiando, il corpo dell’energumeno a cui puntavo la spada semplicemente si riempì di crepe e si dissolse nell’aria, lasciando me e Montu con nient’altro che fin troppe domande. Chi erano? Da dove erano sbucati? Cosa volevano? Cercai risposte nel viso del mio muscoloso compagno, ma vidi che lui ne sapeva quanto me. Sapevo che non c’era tempo da perdere e cominciai subito a correre nella direzione dov’era corso Corvobianco, che aveva seguito la donna e l’ultimo uomo col teschio mentre noi combattevamo gli altri tre. Superai case distrutte, bancarelle divelte e saltai diverse macerie o merci gettate a terra alla rifusa, giungendo fino ad uno spiazzo che non sembrava preso meglio del resto della città. Corvobianco giaceva a terra ricoperto di tagli su tutto il corpo, con tatuaggi bianchi che risplendevano sulla pelle a testimoniare che aveva attivato chissà quale genere di poteri. Le ferite non sembravano gravi se non per quella sul braccio che gli pendeva inerte, ed arrivai proprio quando la ragazza Teschio cercava di infilzarlo con una sciabola. Fu decisivo l’intervento di un altro uomo che non avevo mai visto, che placcò Corvobianco mettendosi in mezzo alla traiettoria, subendo però una brutta ferita al fianco che venne trapassato. Ok, rapida analisi su chi è la minaccia più imminente. La donna con la sciabola o l’uomo che ha le mani puntate verso l’alto dove fluttuava un cubo traslucido dall’aspetto inquietantissimo? Vince l’uomo. Estrassi rapidamente l’arco, incoccando una freccia e tirando la corda finché il piumaggio non mi solleticò la guancia. Non tiravo con l’arco da davvero molto tempo, ma il colpo c’entrò in pieno il punto in cui stavo mirando: il cuore. Fortunatamente c’era Montu a darmi manforte, distraendo la donna mentre io facevo secco l’uomo. O almeno ci provavo. Che razza d’uomo resta in piedi come se niente fosse quando ha una cazzo di freccia conficcata nel cuore?! La tensione mi fece formicolare le braccia: qualsiasi cosa stesse caricando non sarebbe stato piacevole, e si faceva sempre più grosso. Una linea argentea apparve davanti a me, estendendosi verticale per un paio di metri per poi aprirsi come una finestra nell’aria, mentre una sua gemella appariva accanto all’uomo del cubo. Balzai in avanti e percorsi diversi metri con un solo gesto, mentre con la spada menavo furiosi fendenti a braccia e testa, cercando di amputarglieli il più in fretta possibile. Niente. La lama attraversò il corpo dell’uomo come se fosse stato di fumo, e la vista mi fece imprecare come uno scaricatore di Dorhamat. In quel momento quello strano cubo venne scagliato contro Corvobianco e l’altro uomo, che vennero entrambi inglobati dentro di esso. Si sollevò, facendoli levitare ad un metro dal suolo, dopodiché il cubo interno implose e non potei che guardare mentre i due uomini si ricoprivano di ferite mentre venivano schiacciati a terra da una forza tremenda. Guardai intimorito da quel potere il secondo cubo, quello esterno, che era ancora intatto. Decisamente nessuno poteva sopravvivere ad un secondo attacco come quello. « Hai rotto il cazzo con questo cubo! » gridai, circondando il mio corpo di scariche elettriche blu intenso. Menai un secondo fendente, volto a tagliargli la testa, tuttavia quella stronza di una donna frappose la lama. L’urto fu sufficiente a spezzarle l’arma, non adatta ad urti simili, tuttavia il mio bersaglio era ancora intatto. Fortunatamente non ero da solo, e Montu arrivò distraendo la donna con una bomba stordente e conficcando la lama sul cranio dell’uomo, che svanì come gli altri ma quantomeno ebbe la cortesia di portare all’inferno anche il suo cubo. Meno male! Immediatamente cercai di mettermi tra la donna e Corvobianco e l’altro uomo, per impedirle di finire ciò che ha cominciato il cubo, e le puntai la spada contro. « Intendi sparire come i tuoi amici oppure intendi dirmi che cosa volete fare voi stronzi qui? »
« Siete quasi teneri, voi umani. » disse la donna, rimettendosi in piedi lentamente, il volto doppiamente sfigurato dal suo sorriso e dal colpo ricevuto che non aveva lasciato una normale ferita su carne e sangue ma solo una crepa oltre cui si riuscivano a intravedere una serie di strati di un grigio via via più scuro, fino al nero delle viscere. La creatura si guardò intorno e il tempo parve fermarsi per tutti loro: la gente rimaneva con un piede a mezz'aria o con il braccio teso, sembrava che tutto si fosse fermato. Ma se Shaoran e Montu avessero osservato con attenzione, si sarebbero accorti che anche gli altri si muovevano -lentissimamente, ma lo stavano facendo. Il cielo si fece scuro e una luce livida li inondò -un nuovo sole nero sorgeva su Malombra. « Torneremo. Non potrete resistere per sempre. » La voce della donna si colorò di cadenze frastornanti, come se invece di uscire dalle sue labbra rimbombasse dall'interno. « Lui vuole tornare. » Il suo corpo si disfece, esattamente come era avvenuto a quello dei suoi compagni. Gli assassini erano sconfitti -per ora.
Malombra, il Palazzo dei Rovi; Ora Terza ― L'ULTIMO DEI LORD ―
Lord Zeryon attraversò il corridoio con lunghe falcate, procedendo fra le strette mura e cadenzato il suo passo al ritmo delle ombre ballerine proiettate dalle fiamme delle torce appese alle pareti. Raggiunse la sala delle riunioni lì, superata la terza armatura, con una mano resa tremante dalla tensione sollevò l'angolo di un vecchio arazzo, svelando una porta nascosta nel muro, un passaggio segreto per una sorta di oscuro stanzino privo di finestre o di una qualsiasi apertura o sbocco verso l'esterno. Un focolare ardeva perennemente al centro della sala circolare e dietro di esso la statua d'oro massiccio di un idolo -posata su un piedistallo- sovrastava una botola che conduceva ai sotterranei. Il Lord si mise in ginocchio, portandosi la mano destra sul cuore, come era solito fare nel dimostrare la sua deferenza al suo signore. « Mio Lord, sono arrivati. » Si interruppe per un istante, socchiudendo gli occhi. Era un uomo coraggioso ma non era mai riuscito ad abituarsi a quel metodo di comunicazione, né alle manifestazioni soprannaturali a cui il suo padrone faceva spesso e volentieri ricorso. « Il rosso ha incontrato gli assassini. Proprio come ci avevano detto, non è riuscito a rimanerne fuori. Quanto a quell'essere mostruoso... il Senzavolto... ho fatto come mi avevate detto, lasciandolo entrare a Palazzo. » Nel silenzio di tomba che si fece subito dopo, l'idolo parlò. « Saranno un problema? » « Non se il vostro informatore è attendibile, mio Lord. » « Gli affiderei la mia stessa vita, Lord Zeryon. Anzi, non mentirei dicendo di averlo già fatto. » Soffocando un moto d'invidia, il Lord continuò. « Avete altri ordini, mio Signore? »
« Lasciateli liberi. Sapremo comunque quello che hanno in animo di fare molto prima che si dispongano a farlo. Il Corvo d'Argento e i suoi degni compari saranno anche guidati da tre menti geniali, ma noi disponiamo di tutte le informazioni necessarie. » Un attimo di pausa. « Il fattore sorpresa è a nostro favore. » Lord Zeryon rabbrividì. Il Kraken non era un avversario da sottovalutare, alla pari di Horison. Non avrebbe saputo dire chi, fra i membri della compagine che faceva capo al fu Laurens de Graaf, si fosse messo agli ordini del suo Lord ma quella storia lo riempiva di inquietudine. « Per quanto riguarda il Senzavolto e gli intrusi? » « Mi sto già occupando di loro. Sono entrati nel mio regno. » « Voi, volete dire... » « ...l'ombra. »
Altroquando; Un momento qualunque ― IL CONTABILE DELLA MORTE ―
Si susseguivano tutti uguali, morti più o meno freschi che raggiungevano il suo bancone, presentavano le loro credenziali e gli consentivano di depennarli da una lista enorme che sembrava non finire mai (e in effetti non finiva mai). Si guardò intorno, Number, e vide soltanto le mura nere e livide del suo ufficio e la coda sterminata che si dipartiva dalla sua scrivania. Tirò fuori un fazzoletto da una delle tante tasche del caffettano che indossava e si deterse la fronte, preparandosi a fronteggiare l'ennesimo 'cliente' che gli stava davanti, un uomo sulla trentina -forse, difficile dirlo con sicurezza, visto che il volto era già in parte decomposto e il lato sinistro della faccia era ridotto a brandelli di tessuti, il bulbo oculare penzolava oscenamente attaccato al nervo. In quel momento, le note di uno strumento a fiato si dispersero in quell'aria greve. Spossato dal lavoro continuo, il contabile smise il suo solito contegno, dando contro al suonatore: « Allora, Jones, la finiamo con questa lagna? » Poi, tornò a svolgere la sua mansione. « Nome, prego? » Il cadavere davanti a lui tentennò per qualche istante. « Helmut Breher... mi pare. » Number sollevò un sopracciglio. « Non è un vostro parere. Ecco qui, Heimer... Heimerrich... Helaine... Helmut Breher. Quarantadue anni, portati piuttosto bene. » « Gr-grazie... » « Non era un complimento. Ucciso dalla moglie con la complicità dell'amante... una morte breve ma non troppo pulita, a quanto vedo. Sfregiato al volto e colpito ripetutamente con un attizzatoio. Il suo ultimo pensiero è stato per il figlio (che in realtà non era nemmeno suo). Commovente. Chi vi ha portato qui? » « La signorina Hope. Credo... » « Certo, certo. L'ultima speranza. Che burlona. » Il contabile della Morte fece un sorrisetto, poi accennò col capo. « Prima porta a sinistra, potete andare. » Mentre l'uomo ringraziava e si allontanava, subito rimpiazzato da un ometto calvo con una corda al collo e il segno violaceo di uno strangolamento ancora fresco, Number si affacciò oltre la spalla di quest'ultimo per vedere cosa accadeva lungo la fila, gli sembrava di udire del trambusto. E, in effetti, qualcosa di strano c'era: quattro nuovi clienti si erano venuti a trovare in mezzo alla fila, come apparsi dal nulla. Non sembravano capire bene dove si trovassero e anzi, apparivano del tutto fuori luogo. Number si alzò, fidando nella sua plurimillenaria pazienza, quindi fece per fare il giro dello scrittoio e avvicinarsi ma la verità gli apparve chiara prima ancora che quella manovra venisse portata a compimento: per almeno tre di loro avrebbe potuto giurare che puzzassero di vivi. Certamente doveva esserci stato un errore. Ignorando il fiume di lamentele che si sollevò in pochi istanti, il contabile fece segno ai quattro di venire avanti. « Nomi e motivo della visita, prego. »
« Non sei un po' troppo tranquillo? » Laurens nemmeno rispose, limitandosi a voltarsi sul fianco e a guardarla. « I nostri amici sono in pericolo. O comunque lo è la gente dell'Alcrisia. » Di nuovo, nessuna risposta. Il Kraken le sorrise, divertito. « Non riesco a capirti. » Non sei la sola, Lorelei.
[...]
Il messaggero quasi travolse la guardia dell'accampamento con il suo cavallo, ignorò qualsiasi ordine gli venisse intimato, lanciando l'animale in un galoppo sfrenato che si interruppe davanti alla tenda del comandante. Non era ancora sceso di sella che stava già gridando, annunciava la consegna di un dispaccio speciale. Attorno a lui si era subito formato un gruppetto di curiosi, tutti intenti a chiedersi cosa fosse accaduto di tanto grave. Horison venne fuori dalla tenda con indosso la solita maschera d'osso a forma di teschio, così nessuno riuscì a vedere la sua espressione mentre srotolava il messaggio, né a cogliere le sopracciglia aggrottate mentre decifrava la scrittura frettolosa del Merovingio. Avrebbe voluto urlare, invece si limitò a girare sui tacchi e rientrare nella tenda, facendo cenno al suo attendente di seguirlo.
Malombra, Palazzo dei Rovi; in quel momento ― IL SIGNORE SCOMPARSO ―
Con la stessa calma di sempre, la figura ammantata di nero percorse il cammino che lo separava dal trono posto in fondo alla sala. Era tutto come lo ricordava, tutto come nel sogno che aveva fatto. Sopra il maestoso scranno di legno massiccio incrostato d'oro a impreziosire certi dettagli delle cesellature, il più gargantuesco fra i ritratti, quello di un uomo altero, dalla fronte aperta e spaziosa, gli zigomi alti e la pelle ancora compatta e tirata nonostante l'età non più giovane testimoniata dalle tempie ingrigite e una piega poco docile delle labbra strette, sormontate da un paio di folti baffi -grigi anch'essi. La figura ammantata di nero sorrise e si tolse il cappuccio, rivelando il bel volto di un uomo sulla trentina, con lunghi capelli di un nero corvino che scendevano ai lati della mascella prominente. Le labbra piene si aprirono per un solo istante. « Eccomi, padre. Sono di nuovo a casa. » Sorrise in risposta allo sguardo del ritratto, la sola che sarebbe riuscito ad ottenere. Poi, con calma serafica, prese il suo posto sullo scranno e sospirò compiaciuto. Ce l'aveva fatta.
[...]
― TUTTI I PARTECIPANTI ―
Tutto divenne insolitamente bianco, impalpabile, come in un sogno. Il sopra si confondeva col sotto, lo spazio sembrava non esserci e avrebbero anche potuto pensarla così se non avessero avvertito la sensazione di un pavimento solido sotto di loro. In quel biancore, si ritrovarono tutti insieme: il Senzavolto, Corvobianco, Caposorcio, Montu, Shaoran, Robert, Patrick, Azzurra. Non riuscirono nemmeno a scambiare una qualche parola, perché tutto durò meno di un istante. In quel non luogo che era poi solo una frazione della loro stessa mente, risuonò una voce.
« Nessuno entra a Malombra senza il mio consenso. »
Il bianco scomparve insieme all'eco di quella voce e tutti loro si ritrovarono fuori dalle mura di Malombra, come se non fossero mai riusciti ad entrarvi. O forse non vi erano entrati affatto. Caposorcio si guardò intorno e la prima cosa che vide fu l'esercito nemico, guidato da Horison, aveva smantellato i preparativi per l'assedio e lo stesso accampamento e si allontanava in una colonna ordinata, dirigendosi a sud. Stizzito da quella perdita di tempo ed energie, Caposorcio imprecò. Nessuno gli diede retta. Solo il Senzavolto, senza nemmeno curarsi di prendere commiato dagli altri, agì: il suo corpo si trasfigurò, attraversato da fiamme e zampilli, e con un suono secco spiccò letteralmente il volo, confondendosi con la luce del sole mentre spariva all'orizzonte.
[...]
Lorelei entrò nella stanza pronta a dare battaglia. Dal suo incedere, dal fuoco che aveva negli occhi e dall'ombra pallida intorno alle labbra strette era facile intuire che fosse furiosa. « Indovina cosa mi ha detto il Senzavolto » proferì, piazzandosi di fronte a Laurens. Questi, divertito dall'approccio tentato dalla donna, scosse il capo. « Mh? Cosa? » « L'esercito del Merovingio si è ritirato da Malombra e sta tornando indietro. » Laurens sorrise e accennò graziosamente col capo. « Tu lo sapevi! Per questo non eri affatto preoccupato. » Il Kraken sorrise ancora, mettendosi a sedere con una certa grazia. « Sì, lo sapevo. Narval mi aveva avvisato. »
Perdendo del tutto le staffe, Lorelei urlò alzando le braccia al cielo. « Di cosa ti aveva avvisato?! » « Nerocriso vive, Lorelei. Il tuo Nerocriso. » Lei ebbe come un mancamento, ma Laurens non si lasciò intenerire, doveva spiegare tutto prima delle domande che lo avrebbero subissato a breve. « Narval si era sbagliato: Nerocriso non è mai veramente stato 'copiato' da suo figlio. Il tuo Nerocriso era l'originale, si era volutamente nascosto in un sogno. Quell'uomo ha più potere di quanto ne abbia mai avuto io -o lo stesso Narval, se è per questo. » Lorelei, riprendendo controllo di sé, dovette compiere uno sforzo titanico per riuscire a non pensare a Nerocriso e obbligarsi a porre l'unica domanda veramente logica. « E cosa c'entra questo con il Merovingio? » Laurens scrollò le spalle. « Lui è avaro e ambizioso, ma non stupido. Non vuole misurarsi con Nerocriso. Né tantomeno... » aggiunse con un sorriso « ...con l'amico che il tuo amato ha mandato da lui. »