Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Enchanted Recall ~ L'inverno della Crisalide

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Liath
view post Posted on 2/8/2015, 15:55






Dopo parecchi istanti il cuore iniziò a riprendere un ritmo più lento. Espirò a fondo. Senza smettere di scrutare nella direzione in cui le bestie si erano allontanate si avvicinò al luogo dove prima si trovava la donna, e dove ora rimaneva solo un mantello scuro dal colore indecifrabile a quella luce così fievole.
Con uno stridore di cuoio su metallo Adrian estrasse la spada. Sollevò cautamente un lembo del mantello con la punta della spada, pronto a scattar via al minimo accenno di trappola.
Niente.

Continuando a sondare l'orizzonte si chinò a raccoglierlo. Nel sollevarlo quello sembrò emettere un fioco bagliore argenteo. Sorpreso, Adrian lo avvicinò per osservarlo meglio. Ancora niente, forse un riflesso. Doveva esser la stanchezza.
« Perché l'hai lasciata scappare? Perché attaccare quelle creature invece che lei? E dove stava andando? »
Si voltò lentamente verso l'incappucciato, la spada ancora in pugno.
« Ho accettato questo incarico alla cieca, ma ora esigo delle risposte. »
Si sentiva esausto; l'eccitazione dell'inseguimento e della lotta lo avevano aiutato a rimanere vigile, ma ora era come se fosse stato prosciugato del tutto delle forze. Era stufo dei giochetti dello sconosciuto, se voleva che continuasse a rischiare la vita per lui gli doveva delle risposte o si poteva cercare qualcun altro.
« Non dovevano essere quelle creature a prenderla. Devo essere io. La punizione deve giungere da colui che vi è designato. »
Le vesti scure sembrarono contrarsi in quello che Adrian interpretò come una stretta di spalle, poi l'altro riprese:
« Non avrei ricevuto alcuna ricompensa se non avessi portato a termine il lavoro personalmente. »
Il giovane sentì salire l'irritazione e fece per rispondergli ma fu interrotto da un gesto secco.
« Non saremo soli a lungo. »
« E io che credevo di averti sentito dire che ti saresti accontentato della nostra vittoria. »
Replicò velenosamente. Aveva avuto una bella faccia tosta a definire il denaro il premio degli stolti. A meno che...

« Quale sarà la tua ricompensa? »
Poi, con deliberata lentezza, si voltò nella direzione indicata.
« Un altro dei tuoi sgherri o l'ennesima sorpresa di questa serata tra amici? »
Una figura ricurva su se stessa si mosse in lontananza. Dall'andatura claudicante poteva diversi una persona molto anziana, o qualcuno che si fingeva tale. Che diamine ci faceva un vecchio fuori dalla città a quell'ora?
« Denaro. E un nemico in meno per l'ordine. »
Ordine? Che ordine?
« Jy gedoen het, here? »
« Cos-»
« Che avete fatto qui, mnre?»
Un volto accartocciato dall'età emerse alla luce lunare quando il vento soffiò via le nuvole che la coprivano. Li stava osservando con un sorriso rigido che poteva andare dall' enigmatico al senile - o entrambi - a seconda di come lo si interpretasse.
« Salute a voi! »
Adrian esibì il suo miglior sorriso di convenienza, accennando intanto un gesto di saluto.
« Abbiamo avuto un incontro spiacevole con delle belve. Sono andate via ora. Brutto posto e ora anche peggiore per viaggiare soli, non dite? »
« Io ho chi mi protegge. »
Replicò il vecchio annuendo tra sé e sé, per continuare a borbottare qualcosa a bassa voce. Poi riprese:
« Ma ho visto le luci. Sentito le grida. Le bestie sono state qui e sono venuto a controllare che nessuno fosse ferito. »
Concluse con un sorriso sornione. Adrian lanciò un'occhiata di sottecchi all'incappucciato che assisteva alla scena in silenzio come se non lo riguardasse. Per ora, sogghignò tra sé.
« Io... » e lanciò un'occhiata divertita al suo improbabile compare « ...e il mio amico ci stavamo dirigendo in città. Voi invece dove siete diretto? Un po' di compagnia non dispiace mai, a quest'ora della notte. »
Poi, come ricordandosene improvvisamente:
« Ma che razza di maleducato sono! Quasi dimenticavo: il mio nome è Adrian, mercante itinerante sempre in cerca di affari. E il mio amico... »
Lasciò con un sorrisetto che la frase rimanesse in sospeso, apposta per costringere il suo "compare" a continuare.
L'incappucciato non diede il minimo segno di averlo sentito, in compenso il vecchio rispose giovialmente, abbozzando addirittura un inchino scricchiolante:
« Il mio nome è Woestyn, ma da molto tempo nessuno lo usa più. Le genti della periferia mi chiamano semplicemente Vecchio, o Vecchio Saggio. »
Quindi era uno dei locali.
« E sono venuto a controllare che le bestie non avessero ferito nessuno. Ek is gelukkig che tutto sia andato per il meglio. »
Adrian tornò serio. Quell'intermezzo gli stava quasi facendo dimenticare per quale motivo si trovava lì.
« Sapete cosa erano? »
Il vecchio socchiuse il gli occhi e rivolse lo sguardo in lontananza, come soppesando la domanda.
« Bestie della luna. Non si fanno vedere normalmente. Qualcosa... o qualcuno, deve averle richiamate. »
Poi esibì di nuovo il solito sorriso, ma stavolta pervaso da una nota di curiosità.
« Avete per caso compiuto qualche... rituale? »
Adrian ricambiò lo sguardo, esitando un poco prima di rispondere.
« No... o perlomeno non noi... C'era anche una ragazza, una maga. Ma è scomparsa. »
E gli mostrò il mantello che aveva raccolto poco prima. Il vecchio si affrettò a prenderglielo dalle mani e lo scrutò con attenzione, studiandolo da vicino e persino annusandolo. Poi, dopo parecchi istanti, riprese a parlare:
« Magia... Ma l'obiettivo non è qui. Le creature lo stavano difendendo. »
E levò la mano, indicando un punto indistinto verso l'orizzonte. Adrian lo seguì con lo sguardo, un'aria pensierosa dipinta in volto.
« Avete idea di cosa si potrebbe trattare? Anzi... Sareste disposto a guidarci? »
Il vecchio gli piantò lo sguardo dritto negli occhi con un'espressione indicibilmente seria. Poi, dopo quella che parve un'eternità, rispose:
« Non mi intendo molto delle arti della luna. Ma vi accompagnerò. »



Le prime luci dell'alba iniziavano a far capolino attraverso le nuvole basse, rischiarando di dorato le sterminate pianure che si distendevano per buona parte dell'orizzonte. Quell'immensità piatta comunicava un senso di terrificante solitudine, come se loro tre fossero rimasti gli ultimi uomini su Theras.

Prospettiva un filo inquietante, concluse Adrian lanciando un'occhiata all'incappucciato. Provava quasi una fitta di nostalgia per gli altri due sgherri assoldati insieme a lui. Chissà se erano a buon punto nello scoprire il nascondiglio della donna. Ormai era solo questione di tempo prima che abbandonasse del tutto la città, dovevano trovarla in fretta. Ma allora lui che accidenti ci faceva nel bel mezzo di quel nulla?

Il vecchio improvvisamente si arrestò. Avevano percorso un bel pezzo dal luogo dell'attacco, ed erano giunti davanti a un...
Sasso?

Adrian si avvicinò prima con curiosità, poi con cautela. C'era qualcosa che non andava. Qualcosa che gli diceva di stare ben attento a quel che faceva davanti alla roccia piatta e levigata che stava indicando Woestyn.
« Cos'è? »
Si fece ancora più vicino, sondando con lo sguardo quel pezzo di pietra apparentemente inanimata che lo fronteggiava con tanta intensità. Gli sembrava di percepire qualcosa di indistinto, come una vibrazione appena percettibile dell'aria che gli solleticava le orecchie.
« Essa è l'altare. »
Rispose seccamente.
Vedendo la sua sensazione confermata, Adrian si fece ancora più cauto. Era così vicino da poterla sfiorare, e così fece, ma con un gesto carico di rispetto. Era meglio non inimicarsi l'entità che presiedeva quel luogo, spirito o divinità che fosse.
« Altare? Dedicato a cosa? »
E, istintivamente, volse lo sguardo verso la luna che si stagliava nel cielo sempre più chiaro.
« Questa terra è piena di leggende. »
Il sorriso del vecchio si fece improvvisamente malinconico.
« Alcune sono perdute nel tempo. Una racconta che la luna, prima del crepuscolo, abbia catturato una fanciulla rendendola la propria schiava. E che ogni luna piena ella riesca a sfuggire dalle porte del cielo per palesarsi sulla terra e cercare di liberarsi. L'altare è dove ella posa i piedi ed è qui da prima che la città stessa esistesse. »
Adrian soppesò le parole in silenzio, la sensazione di poco prima che tornava a ronzargli nella testa.
« Che non fosse la donna di prima... »
Scosse il capo di scatto, con un mezzo sorriso imbarazzato, e si affrettò a cambiare argomento.
« E quindi l'altare, o qualcuno tramite di esso, avrebbe richiamato quelle creature? E perché? »
« Leggende, sempre leggende... »
E riprese a fissarlo negli occhi.
« Si dice che la luna stessa non voglia che la sua sposa fugga e quindi mandi le proprie creature per impedirle di fuggire. »






Corpo [110] - Energia [40] - Mente [110]

CS: Precisione[2] | Concentrazione[2]
Ambientazione[2] - Interazione[1] - Evento[1]
Passive:
[Talento I: Emanazione Arcana (Arcanista); Usi: 5; Nota: manipolazione telecinetica di piccoli oggetti]

 
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view post Posted on 3/8/2015, 21:59
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Il sole si faceva meno intenso, e una lieve frescura si insinuava tra i vicoli della città ovale. Le donne iniziavano ad aprire le finestre, per alleviare la temperatura delle camere da letto. I mercanti presto avrebbero chiuso le botteghe e le bancarelle. Già qualcuno iniziava a preparare il pasto serale. Tutta la città si sedeva, stanca di camminare verso il futuro, e pareva quasi attendere. Ma dentro di lei, dell'altro iniziava a svegliarsi. Particolari impercettibili, minimi movimenti sotto il grande corpo che si faceva sonnolento. Poco più che voci, simili a spifferi.
Le ragazze, che portavano grandi otri sopra la testa, si riunivano per qualche istante attorno a un pozzo a scambiarsi pettegolezzi. E tra essi si parlava di un piccolo incendio, divampato con la stessa rapidità con cui era stato domato, e di colui che era riuscito a fermarlo. Sulla casa fino ad allora ignorata, adesso si era formato un primo interesse. E le ragazze si chiedevano chi fosse l'eroe, descritto come imponente, armato di tutto punto, splendente di luce.
Nei vicoli più poveri, un uomo che aveva trascorso in quel luogo molte primavere, seduto a una sedia scalcagnata, soppesava meditabondo un mantello scuro. Il suo sguardo saggio era offuscato dalla preoccupazione e sulla sua fronte si erano formate pesanti rughe. Rifletteva sulle leggende che popolavano la città e sulle verità che esse celavano. Temeva la donna che aveva osato sfidare i segreti di Kar'Warid. Di tanto in tanto borbottava parole che solo lui poteva comprendere e che forse anche per lui avevano perso significato, ma ce avrebbero potuto avvicinarlo lentamente alla verità.
Nella campagna fuori le mura, la luna iniziava la propria corsa nel cielo, immobile e silenziosa, implacabile. Scrutava con il proprio unico occhi, candido, pieno e spalancato come un uovo privo di pulcino. Cercava forse le tracce di colei che aveva tenuto prigioniera o semplicemente trascorreva, come un petalo gettato sulle acque torbide di un fiume.
Infine, una serva sedeva davanti al focolare, lo sguardo chino sui resti della biancheria che aveva preparato, sul pavimento fuligginoso e sulla brace sparsa un po' ovunque. Le sue labbra erano piegate verso il basso, in un segno di stupore e rammarico, ma nei suoi occhi brillava la scintilla di un ricordo, di una speranza. Il sole stava per calare e forse, allora, lui sarebbe arrivato. Portando con sé il coraggio di cui lei aveva osato solamente raccontare.


Non ci serve un altro compagno”.


L'uomo con la pantera tatuata sul dorso faceva fede al proprio animale patrono. Storse la bocca, e i suoi occhi si assottigliarono in una smorfia di disprezzo.


Questa è la nostra ultima possibilità e non possiamo perderla. Non perché hai fatto la sentimentale”.


Digrignò i denti, sputando a terra. Era un disastro, un'intera giornata in cui nulla era andato per il verso giusto e lui non aveva avuto il tempo di concentrarsi.


_______________


Ainwen se ne stava in piedi davanti a uno specchio che non poteva vedere, mentre Jacala le pettinava i lungo capelli candidi. Respirava, cercando di contenere la propria impazienza. Di tanto in tanto storceva le labbra e strisciava i piedi sul pavimento di legno.


Dobbiamo essere più cauti, questa volta”.


Sulle mani portava ancora i segni del fallimento del giorno prima. Non poteva vedere le ferite, ma sentiva il bruciore sul dorso, sui palmi e sulle ginocchia. Non avrebbe mai creduto di poter arrivare a tanto. E proprio quando avevano la loro ultima occasione, ecco che l'attenzione della cittadina si era improvvisamente risvegliata. I cittadini avevano iniziato a fare domande sugli stranieri e sui visitatori.
E poi quell'incendio.


Uno stupido incendio non può rovinare tutto”.
Strinse i pugni, mordendosi con forza il labbro inferiore. Sentì il sapore acre delle prime gocce di sangue sotto la lingua. Alle sue spalle, Jacala scosse lentamente il capo.
Se qualcosa si metterà in mezzo lo fermeremo”.
Potrebbe trattarsi di qualcuno”.


La ragazza inclinò il capo all'indietro, lasciando che i capelli le scivolassero sulla spalla. Non aveva abbandonato l'idea di essere seguita, che continuava a consumarla come un tarlo. O forse una sensazione.


Nel qual caso rimpiangerà di essere nato”.


Ainwen sospirò, sperando che fosse davvero tutto così facile.




CITAZIONE
Qm Point

@Tutti: La storia prosegue dal tramonto del sole (ma se intendete fare qualcosa durante il giorno siete ovviamente liberi di dirmelo e io vi dirò che conseguenze la vostra azione porta). Liath in particolare ha maggiore libertà di movimento, poichè deve ancora regolare il rapporto con il vecchio, perciò può continuare dove era rimasto (o congedarsi e andarsene, a sua discrezione).

Come al solito, per eventuali dubbi ricorrete al topic in confronto.
Per postare vi vengono concessi 7 giorni, quindi entro lunedì 10 alle 23.59 (o martedì 11 in caso di proroga). Tale termine comprende sia il limite per il post che per qualsiasi attività vogliate svolgere in confronto.
N.B. Rimane ferma la solita questione che riguarda le vacanze mie e vostre. Il termine di una settimana è indicativo, ma vi concedo tempo per qualsiasi esigenza. Sono particolarmente contenta del proseguimento di questa quest, complimenti a tutti e buon proseguimento ^^.

 
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view post Posted on 21/9/2015, 22:12
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Il mago pose faticosamente la pietra a terra e vi tracciò un complicato pentacolo con inchiostro nero. Non appena la vernice toccava la materia assumeva un colore argenteo, quasi luminoso. Il mago la guardava e continuava a salmodiare il proprio incantesimo. Era un uomo saggio, che conosceva bene i rischi. Un uomo che non aveva più nulla da perdere. I venti gli imperversavano attorno, come se si fossero concentrati in quel preciso punto.
Le parole dell'uomo erano appena udibili, al centro di quel piccolo tifone, la sua mano si muoveva instancabile. Era una nenia dimenticata da secoli, forse millenni, una violenza che colpiva oltre il mondo visibile. I segni sulla pietra diventavano più luminosi, mentre attorno a lui la notte sembrava più buia.
Infine il mago pronunciò un'ultima parola, così terribile da far rabbrividire la natura stessa attorno alla pietra. L'erba ebbe un fremito, qualche volatile si alzò in volo, scomparendo alla vista, le nuvole si scostarono lasciando indifesa la luna. E dal disco si levò una leggera nebbia, che divenne poi un fumo argenteo e infine una figura dai tratti sfuocati. Non aveva un volto né un corpo, eppure di tanto in tanto sembrava cercare di assumere un aspetto.


Cosa vuoi, umano?


La creatura si sporse verso il mago, ma non riuscì a fare un passo al di fuori della pietra. Pur non avendo bocca emise un grido così penetrante da far tacere i venti. Il mago si coprì il volto con un braccio e pronunciò il proprio ordine. Anche quelle parole furono appena udibili, ma la creatura si contorse, schiumando, prigioniera di un vincolo troppo forte.
Il mago era un uomo saggio, sapeva cosa aveva imprigionato. Ma la creatura era furba. Sapeva che gli sarebbe sopravvissuta. Improvvisamente gli si inchinò. Non aveva fretta, perché nel mondo da cui proveniva non esisteva tempo. Sapeva che gli anni del mago sarebbero finiti prima che la pietra fosse anche solo scalfita dalle intemperie. E che alla fine qualcuno sarebbe giunto, convinto di poterla dominare.
Il mago sorrise. Era un uomo di grande potere, ma di scarsa fantasia.


_______________


La dama ammantata cadde all'indietro, confusa dal fulmine che era caduto poco vicino a lei. Si portò le mani al volto, schermandosi da un attacco che non riusciva a vedere. La sua serva le si inginocchiò al fianco, preda della confusione.
Lenta, sinuosa, la luce si elevò dalla pietra. Come una spirale si tese verso il cielo ora completamente calmo. Non aveva assunto una forma per molto tempo, ma secoli prima aveva imparato cosa piacesse alle creature come quelle. Un gatto bianco si acciambellò sulla pietra, guardandosi attorno con piccoli occhi nero pece, senza iride e senza pupilla. Guardò quelle figure deboli, confuse, e si leccò lentamente i baffi.
Poi guardò le figure che si tenevano nascoste, ma non cercò di capire. Un mago aveva sbagliato, un incanto si era rotto. Una frattura si era aperta nella sua gabbia e lui era troppo forte per non approfittarne. Con un balzo felpato, il gatto candido atterrò sull'erba. Fece qualche passo, verificando che nulla più lo imprigionava, ed emise un ringhio capace di gelare i cuori di molti eroi del passato.
Era libero, libero di andarsene. E di divertirsi un po' prima di farlo. Non con la maga che lo aveva liberato. Di lei si sarebbe occupata dopo. Ma con quelli che la inseguivano di nascosto. Parevano scaltri, forse sarebbero stati anche una sfida con cui scaldare i propri poteri prima di divorarli. Si lanciò in avanti, arricciando il naso, senza fretta. Dopo tutto da dove proveniva lui non esisteva il tempo, non era passato neppure un giorno.
Quasi nello stesso momento, una figura ammantata comparve alle spalle della maga e della sua serva. Una lama scintillò nel buio. Il gatto non se ne accorse, non in tempo. L'uomo aveva già calato la lama. Lo scontro, su entrambi i fronti, stava per iniziare.





CITAZIONE
Qm Point

La storia prosegue a forza, con una mia mossa da QM. Mi spiace ma ormai non potevo più concedere tempo. Ovviamente la prima parte del post si svolge nel passato e non vi riguarda direttamente. Ma la seconda avviene in tempo reale. Ecco la successione delle azioni:
1. Una figura in forma di gatto si materializza e attacca i presenti nascosti (resta solo liath quindi lui).
2. L'uomo che vi ha ingaggiato compare sulla scena e attacca la giovane donna ammantata

Liath mi rivolgo a te: La figura in bianco vi fronteggia. È una creatura demoniaca di altissimo potenziale, ma ovviamente essendo solo non ti chiedo di affrontarlo. Ti chiedo invece di descrivere, nel tuo post, la seguente situazione. Nel momento in cui il gatto ti guarda ti ritrovi in una realtà senza dimensioni nè tempo (una sorta di marea lattiginosa senza pavimenti o pareti) dove qualsiasi cosa tu pensi si materializza per un istante e poi sparisce. Nel tuo post descrivi come, all'interno di questa dimensione, recidi il legame tra la creatura demoniaca e il mondo materiale, dove sta combattendo i tuoi compagni.
Si tratta di una narrazione in cui non sei obbligato ad usare tecniche (ma puoi farlo) e tutto si basa su cosa sei capace di inventare. Insomma, crea un bel racconto con gli elementi a tua disposizione. Non ti chiedo altro e mi scuso anzi per averti fatto aspettare.

Come al solito, per eventuali dubbi ricorrete al topic in confronto.
Per postare vi vengono concessi 5 giorni, quindi entro sabato 26 alle 23.59 .

 
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Liath
view post Posted on 27/9/2015, 17:10





PLIC

Una goccia impattò sulla superficie cristallina infrangendola con infinite onde concentriche. Di rimando, il riverbero sonoro inseguì le onde fino perdersi in quell'orizzonte candido che invadeva e avvolgeva tutto.
In quel luogo senza un sotto né un sopra si sentiva lambire da un mare tiepido e impalpabile, bianco, sconfinato. Lo respirava e vi era immerso dentro, sentendosi protetto e nudo allo stesso tempo.

Mosse quella che doveva esser la testa, lentamente perché in quel luogo il tempo non aveva alcun senso. Là dove si sarebbero dovute trovare comparvero due mani, e poi due braccia a collegarle al torace, mentre abbassava lo sguardo, e due gambe. Si rese conto di esser nudo, e si soffermò a studiare quel corpo che doveva essere il suo ma che allo stesso tempo risultava così fuori luogo.
Con le movenze sinuose di un rampicante secolare, dei vestiti germogliarono sulle sue membra, prendendo la forma di una camicia ocra sopra dei calzoni di cuoio scuro.

Appassito l'interesse per quell'ultimo prodigio, levò lo sguardo verso l'orizzonte.
Cercò di trovare qualche punto di riferimento in quel bianco a cui appigliarsi, ma più si sforzava più si rendeva conto che era egli stesso l'unica sfumatura cromatica aliena in quel mondo. Si lasciò sfuggire un sorriso per l'ironia della situazione. Lui che aveva sempre cercato un riferimento negli altri, finiva per diventare l'effimera salvezza di se stesso.
Se solo avesse potuto, avrebbe provato a raggiungere l'orizzonte che si fondeva con quel cielo di uguale colore...

In risposta alla sua volontà il corpo smise di galleggiare senza peso e la superficie acquistò una consistenza alabastrina. I piedi nudi la sfiorarono, ma il pavimento si rivelò tiepido come il fluido che lo aveva lambito. Mosse un passo esitante, il primo dopo la sua venuta a quel mondo. Delle onde inconsistenti incresparono la superficie, sfuggendo via alla vista.
Si concesse un sorriso, il secondo, e decise di camminare.
Il movimento ritmico, meccanico, gli permise di raccogliere i pensieri e iniziò riflettere per la prima volta.

Adrian.

Quello era il suo nome. Ma cosa ci faceva lì? E cosa era ?

Sei felice?

No. Forse. Felice... era un'emozione troppo forte. Lui invece si sentiva intorpidito, come se i suoi sensi fossero immersi in quello stesso mare lattiginoso.

Adrian. Puoi avere tutto quello che desideri.

Non credeva di desiderare davvero qualcosa però. Forse voleva ricordare chi era davvero, e cosa ci faceva lì.
Davanti a lui prese forma un enorme specchio ovale, i bordi della cornice d'argento decorati di fregi e motivi floreali intricati. Nell'ovale un giovane uomo, così familiare ed estraneo allo stesso tempo. I capelli incolti che scendevano fino alle spalle a incorniciare un volto sbarbato e spigoloso, dagli occhi scuri e incerti. Il fisico longilineo a cui era abituato, un po' troppo curvo e magro per risultare bello, gli fece domandare quando era stato il suo ultimo pasto.
Come per risposta, lo stomaco sembrò risvegliarsi brontolando e lo specchio rivelò un tavolo gigantesco alle sue spalle. Si voltò.

La tovaglia di tessuto borgogna ne nascondeva le gambe, ma era talmente carico di leccornie da far dubitare che potesse reggerne il peso. Un enorme cinghiale arrosto troneggiava al centro della tavolata, circondato da decine di piccole quaglie dorate cotte nel miele. Ai lati cornucopie ritorte contenenti frutta esotica e sconosciuta, e uova enormi e dai colori sgargianti. Poco oltre una coppia di pavoni maschi riconoscibili dalle piume della coda ancora attaccate in uno sfarzoso ventaglio.
E poi dolci e cacciagione e zuppe e altri cibi cucinati in maniere strane e intriganti. Esitò, rimanendo a distanza a osservare quel tavolo che sembrava continuare ad allungarsi man mano che spostava oltre lo sguardo.

Sazia la tua fame.

Si guardò attorno, stupito per la prima volta dalla sensazione che quello fosse un pensiero a lui estraneo.
Il bianco asettico di quel mondo si affievolì e iniziò a perdere di significato, come smascherato da una crescente consapevolezza. Iniziò finalmente a rendersi conto della singolarità di quel luogo, allo stesso tempo il tavolo e il cibo che sorreggeva sbiadirono fino all'inesistenza, seguiti dallo specchio.
Era di nuovo solo.

Non sei solo.

Rumore di passi distanti che si avvicinano.
Si voltò di nuovo.
Una figura emerse dalla penombra ormai grigia.
Socchiuse gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco ma i dettagli sembravano restii a mostrarsi, come in una strana illusione ottica.
La figura sfocata si fece più vicina, i contorni vibranti e incerti.

Non sei solo.

La figura iniziò a diventare più concreta, e nei tratti che andavano via via solidificandosi gli sembrò di riconoscere volti diversi. La donna serpente gli lanciò un'occhiata malevola, ma fu sostituita dalla ragazza del bordello che coprì con studiato pudore i seni nudi, per far spazio alle vesti dell'incappucciato che sembrò sondare la sua anima con disprezzo, e poi Hikkam gli rivolse un sorriso, le vesti sfarzose frusciarono nel silenzio. E ancora altri volti conosciuti e non si fecero strada in una danza ipnotica e disgustosa di lineamenti distrutti e ricombinati fluidamente, di membra amorfe che prendevano nuove sembianze.
Infine, un ultimo volto si materializzò in quel fumo solido. Vesti semplici ma allo stesso tempo ricercate cinsero un corpo snello, rilassato. I lineamenti iniziarono a stabilizzarsi, pervasi da un'agghiacciante familiarità.
Adrian fu improvvisamente cosciente di chi fosse quell'ultima figura, e sentì uno spasmo di dolore e rimorso contorcergli lo stomaco, i brividi che iniziavano a scuoterlo.

Adrian.

Gli sorrise. Un sorriso sincero, solare. Di quelli che finivano sempre per spiazzarlo. La voce giovane ma profonda echeggiò in quel mondo senza pareti, e stranamente il suono sembrò causare un ribollimento della trama stessa di quel luogo. Il pavimento assunse consistenza diventando terra e erba fresca, sopra di loro il grigio virò verso il bianco fino all'azzurro carico di una giornata estiva e il sole li abbagliò entrambi, finché un'enorme quercia secolare non squarciò la terra in un'evoluzione spettacolare da seme ad albero.
Nell'istante in cui si chiese perché quel caldo non avesse risvegliato le cicale, un familiare frinire accompagnò il vento tra i loro capelli, da orizzonte a orizzonte in quel mare di colline erbose.

Perché sei qui?

La sua domanda ricevette come risposta un sorriso malizioso sporcato da un accenno di nota interrogativa. Inclinò il capo da un lato, gesto che insieme ai corti capelli ispidi e all'aria selvatica di chi passa tutta la vita all'aria aperta lo fece assomigliare un grosso cane lupo umanizzato.

Ti sto aspettando da giorni. Mi aveva detto che saresti arrivato.

La familiare spensieratezza del suo sorriso tornò a far capolino sul volto abbronzato, colpendo Adrian come un pugno.

Non sembri felice di vedermi. Non sarà mica per l'ultima volta, vero?

Gli occhi chiari sembrarono scandagliare nei suoi alla ricerca di una risposta, ma l'espressione iniziò lentamente a incupirsi. Adrian cercò di trovare una risposta, cercò di tornare a respirare, cercò di capire.
Lui sospirò con melodrammatica esasperazione e gli si avvicinò di qualche passo, riassumendo subito il solito sorriso. Incrociando le mani dietro la nuca si sedette ai piedi della quercia, e riprese a studiarlo con aria divertita.

Sembra quasi che tu abbia visto un fantasma. Devi dirmi qualcosa o continui a boccheggiare come un idiota?

Adrian sembrò riscuotersi dal torpore e scosse il capo più volte, tenendo gli occhi chiusi. Era tutta una finzione, un parto della sua mente sfinita.

Smettila. Tutto questo non esiste, non potrà mai più esistere.

Qualcosa di morbido e vellutato gli strusciò contro la caviglia, e quando aprì gli occhi un grosso gatto bianco dagli occhi di ossidiana lo studiava sdraiato ai suoi piedi, con la coda che ondeggiava placidamente nella penombra dell'albero.

Potrebbe essere questa la tua realtà. Per lui lo è. Perché non vuoi accettarla?

Gli occhi obliqui continuarono a scrutarlo sornioni mentre si alzava e saltava in grembo al giovane seduto, che lo guardava a sua volta senza aver perso il sorriso.

So chi sei. Tu sei il demone. Lei ti vuole uccidere. Esitò. Perché sei venuto da me?

Il gatto arricciò gli angoli della bocca in un sorriso felino e iniziò a leccare e mordicchiare pigramente il palmo dell'altro giovane, che ricambiò accarezzandogli il pelo sul dorso.

Cosa importa chi sono io? Non è questo che desideri?

Lui è finto, come lo sono io e lo sei tu. Quest'erba lo è, e questo sole. Perché mi inganni?

Per evocare un demone devi imparare il suo nome. Un tempo gli uomini l'hanno sognato, ma adesso è vero in modo diverso. Tu lo sai bene, Adrian. Accetta questo mondo e i suoi doni per quello che sono.

Il sole iniziò a tramontare e lunghe ombre furono proiettate dalle colline fino a mescolarsi con l'oscurità di una notte senza stelle.
Come rispondendo a un suo comando, il cielo iniziò brillare nuovamente di tutte le costellazioni a lui conosciute e altre ancora, che riempirono il nero in un canto notturno.

Lei sta arrivando. Questo mondo morirà insieme a te.

In qualche modo, il volto del gatto illuminato dalla luce stellare si deformò fino a mostrare quanto di più simile a una smorfia di tristezza. Si alzò sulle quattro zampe e balzò giù dal grembo dell'altro per avvicinarsi lentamente ad Adrian.

Forse hai ragione. Ma davvero mi condanneresti, solo per averti mostrato un mondo migliore?

Adrian iniziò lentamente a voltarsi, e lanciò un'ultima occhiata ai due. Le due figure stavano tornando sfocate, incerte, insieme a tutto il resto del mondo la cui trama, un frammento per volta, andava collassando.



Post strano, sicuramente il primo di questo genere che scrivo. Intanto mi scuso per la lunghezza, ma non ho potuto fare altrimenti. Spero che il demone non si discosti troppo dall'originale, e forse mi sono preso troppe licenze nel gestire il mondo illusorio che avevi descritto; spero non sia un problema.
Ho interpretato il "recidere il legame del demone" nel rifiuto di Adrian della sua proposta. Avevo qualche idea migliore, ma... wallpost :v

In generale è stato un post difficile, ma di piacevole scrittura. Sono piuttosto soddisfatto di come è venuto, anche se a posteriori cambierei un paio di cose.

Come nota finale, ho preso spunto - arrivando a citare una frase intera - da Neuromante. La situazione aveva così tante similitudini che è stato inevitabile farlo. Bel libro, lo consiglio.


Edited by Liath - 27/9/2015, 23:36
 
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view post Posted on 29/9/2015, 20:51
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Il gatto arricciò la coda in una spirale perfetta, innaturale. Spalancò i grandi occhi, mentre il suo corpo bianco mutava aspetto. Da quei buchi nel mezzo del volto scivolarono lacrime di pece e le zampe si allungarono diventando arti. Una figura femminile, dai lunghi capelli candidi, allargò le braccia verso la luna. Non aveva bocca né tratti sul volto, ma il suo gesto era quello di un'invocazione, o forse un gesto di esultanza.
Tutto quel corpo candido si disperse lentamente nell'aria, come fumo, nebbia e infine polvere. Un vento impetuoso lo scosse, spargendolo lungo tutta la pianura, spingendolo attraverso le trame dell'esistenza, verso un luogo che i mortali avevano solo potuto intravedere. Un sospiro ancestrale, più antico e profondo di qualsiasi verità, pervase la terra. Una creatura troppo grande era tornata a casa, e la sua liberazione aveva alleviato il dolore di quei luoghi. La pietra, con un suono che nessuno si curò di udire, si spezzò in quattro parti esatte.
L'ingordigia di un solo mago era stata rotta dall'unione di tre guerrieri. Il potere di un uomo sul mondo era stato sciolto dalla capacità di tre individui di dominare sé stessi. Perché la vera libertà è quella che ognuno conserva nella propria anima, la libertà da se stesso, quando infrange le proprie catene. Perché la vera forza è quella di un'anima che sa perdonare i propri desideri senza giustificarli.
La creatura candida non aveva né pulsioni né desideri, né legami. Non più. Il suo nome era ormai stato dimenticato e nessuno l'avrebbe più pronunciato. Nel prato buio come pece filamentosa, sotto la luce della luna, i guerrieri giacevano ognuno al proprio posto.
Davanti a loro, in quella realtà che ora pareva ancora più vivida nei propri stupendi, netti dettagli, un uomo incappucciato levava un braccio. Forse non ricordavano quanto preciso potesse essere il margine del suo manto, quanto sinistra la sua lama nera scintillante, che stillava solitarie gocce di sangue. E forse non avevano mai assistito a uno spettacolo come quello: dalle dita serrate dell'uomo penzolava un corpo, sollevato di quasi un palmo da terra.
Il cappuccio era calato dal capo della donna e le penzolava amaramente sulle spalle. Le labbra erano dischiuse in un gesto di stupore e gli occhi ciechi spalancati nel vuoto. Erano così miseri che non potevano neppure rappresentare tutto lo sgomento di quegli ultimi momenti. L'unica nota di colore su quei due corpi scuri, era il sangue di un vivido color ciliegia, che avvolgeva il collo della cieca come un monile prezioso. Colava vischioso, bagnandole il petto e l'abito. Probabilmente, anche se non potevano vederlo, era colato anche tra l'erba.
La serva, sgomenta, guardava quella scena di macabro trionfo senza fiatare. Lentamente, cercava di allontanarsi, continuando a guardare lo sconosciuto e forse temendo un suo attacco. Levò le mani due volte, perché lui avrebbe potuto avvicinarsi in un solo balzo, e poi fuggì correndo, senza più voltarsi indietro.
Erano soli, loro quattro e quel corpo che non si dibatteva né dava alcun segno di vita. La luce della luna illuminava i tratti cerei della sconosciuta, il bel viso dai tratti dolci, il naso lievemente all'insù e le lunghe ciglia. Doveva avere meno di vent'anni e le sue labbra piene erano ancora acerbe: forse nessuno le aveva mai baciate e il loro segreto sarebbe rimasto in boccio per sempre.
L'incappucciato si rivolse ai suoi compagni, annuendo.


Buon lavoro”.
Tacque per qualche istante, prima di raccogliere con la mano libera una scarsella da sotto il mantello.
Non cercatemi più e io non vi cercherò”.


Quando l'involtò atterrò, il tintinnio dell'oro fu chiaramente percepibile.
L'uomo li fissò ancora per qualche istante, mentre si caricava il corpo della propria vittima sulle spalle. Poi, nel tempo di un battito di ciglia, di un respiro, scomparve tra le ombre. Sebbene nessuno di loro potesse saperlo con certezza, erano certi che non lo avrebbero rivisto tanto presto.


_______________


Dieci giorni dopo.

Lord Dobrzensky e suo figlio sedevano alle spalle di una grande scrivania, intenti ad esaminare alcune lettere. Yakov aveva la fronte corrucciata e una tristezza annidata nello sguardo, come le nubi in un giorno d'estate tra le montagne. Bussarono alla porta, tre battiti rapidi.
Il Lord sorrise.


Avanti!


Sapevano entrambi che sarebbe arrivato, le guardie li avevano avvertiti non appena era comparso lungo il sentiero. Era da allora che sul viso del padre aleggiava un vago sorriso. Gli avevano detto che lo straniero portava un involto, e lui era certo che si trattasse della fine dei loro problemi. Yakov si mordicchiò il labbro. Non voleva ricordare quello che era stata per lui. Non voleva rammentare i segreti, i sotterfugi, le bugie che avevano dovuto raccontare. Le loro mani strette al chiaro di luna, i momenti in cui la sollevava tra le proprie braccia, in cui le premeva il volto contro il suo petto perché potesse piangere.
Non poteva dimenticare la loro promessa.
Eppure, nonostante tutto, l'aveva tradita. Le aveva voltato le spalle perché si era sentito abbandonato. Aveva creduto che lei si meritasse il suo rancore, la sua freddezza. E adesso, al momento della resa dei conti, si accorgeva di essere stato solo uno sciocco. Mentre la porta si apriva impallidì, reggendosi con una mano al tavolo per non doversi accasciare.
L'incappucciato entrò a passo sicuro, l'involto di traverso sulla spalla. Senza troppe cerimonie lo poggiò sulla scrivania. Emise un tonfo sordo, che fece desiderare a Yakov di poter vomitare. Si portò una mano alle labbra, trattenendo il fiato.


Siete tornato, dunque”.
Lord Dobrzensky annuì. L'altro gli rispose con un sibilo soffocato.
Io porto sempre a termine il mio compito. Io elimino i nemici del regno”.


Le mani di Yakov tremavano quando le allungò verso i legacci che chiudevano la stoffa. Era macchiata di sangue là dove lui immaginava si trovasse la testa. Si chiese se ce l'avrebbe fatta a guardarla negli occhi per un'ultima volta, senza poterle domandare perdono.
Sciolse i nodi con fatica, come se per lui fosse la prima volta. La corda gli sembrava tagliente quanto una lama, il tempo pareva non passare mai. Scostò i lembi di stoffa con decisione, socchiudendo istintivamente gli occhi.
Suo padre si sporse in avanti.
Entrambi guardarono quel volto cereo, quel corpo con le mani congiunte sul petto, quelle labbra bluastre per qualche secondo. Il freddo del nord lo aveva conservato perfettamente, tanto che vi era ancora del sangue attorno alla ferita.
Il Lord sbattè violentemente un pugno sul tavolo, il volto macchiato da un improvviso rossore. Yakov vide tante piccole luci danzargli davanti agli occhi e venne invaso da un calore intenso. Continuò a guardare quel volto, senza udire le parole di suo padre, i suoi improperi, le sue promesse di condanna. Aggrappato al legno, riuscì solo ad inspirare più volte, a pieni polmoni, e a reprimere il sorriso euforico che gli saliva alle labbra.
Non tutto era perduto.
Lei era ancora viva.


_______________


Stavano camminando rasente i muri. Jacala e lei, sole, avvolte in un mantello viola e uno blu notte, cercando di confondersi con le ombre del tramonto. Non avevano tempo di ingaggiare dei mercenari, dovevano fuggire senza por tempo in mezzo. Una serva era tornata il giorno prima, gridando che la sua padrona era stata uccisa da un potente mago e che un demone era stato liberato fuori dalle mura.
Tutti i loro piani erano stati rovinati per sempre: in quelle condizioni non sarebbe stato possibile celebrare un altro rito del risveglio né procurarsi nuove cavie su cui condurre i loro esperimenti. Era iniziata una vera e propria caccia alle streghe nei confronti degli stranieri. A quanto pareva la giovane uccisa era una maga potente e stimata nei quartieri più poveri.
Ainwen era certa che, se li avessero presi, avrebbero cercato di impiccarli. E lei non poteva permettersi di distruggere tutti quei parassiti né di spiegare loro quale fosse il suo piano. Ancora una volta, lei non poteva permettersi più niente.
Strinse i pugni, conficcandosi le unghie nella carne, incapace di reprimere la rabbia mentre le guance le si chiazzavano di scarlatto. La gente riempiva le strade principali, armata di torce. Presto avrebbero trovato la stanza che avevano affittato nel quartiere nobile. Avrebbero ricondotto il loro piccolo incendio alla sparizione di giovani e dame malati. E forse al suo nome, quello della guaritrice che aveva promesso loro la vita eterna.
Strisciò i piedi nella polvere. Quella fuga le pareva la più misera di tutte, la più umiliante. Odiava, chiunque fossero, i responsabili di quel suo ennesimo fallimento.
Jacala si portò un dito alle labbra.
Andrà tutto bene, pareva dire. Ma lei sapeva che non era vero. Che non sarebbe mai stato vero, per loro. E tutto perché non era stata capace, ancora una volta, di mantenere il controllo. Nemmeno su una cittadina come quella, piena di formiche insignificanti.
Un gruppo di bambini cenciosi le corse accanto. Uno alzò lo sguardo su di lei, che si ritrasse ancora di più contro il muro. Nello sguardo dell'altro brillò una scintilla di comprensione. Si fermò per uno, due passi, e poi ricominciò la sua corsa.
Ainwen pensò che forse l'avrebbe denunciata. Sperò che Ho Igoo recuperasse i suoi bauli, i suoi vestiti e la biancheria che aveva dovuto lasciare in quel barbaro abbandono di campo.
Fecero ancora qualche passo, imboccarono un vicolo ancora più buio. Sarebbero usciti dalla porta dei quartieri nobili, dove nessuno li avrebbe cercati. Jacala le fece cenno di avanzare.
Fu in quel momento che una mano, lieve, le si posò sulla spalla. Ainwen sussultò, reprimendo a stento un grido.


Finalmente”.


Conosceva quella voce, la conosceva molto bene. Un brivido la percorse, inducendola ad immobilizzarsi.





CITAZIONE
Qm Point

E così finisce la quest, con un colpo di scena che spero sia gradito (e trollante in egual modo) e che se è necessario posso spiegare in confronto xD.
Spero vi siate divertiti in questa giocata. Personalmente sono molto soddisfatta del suo andamento, ad eccezione dell'ultimissima parte, e di come avete gestito le risorse a vostra disposizione. Sono anche molto contenta di come i vostri pg hanno ruolato le varie situazioni non sempre di facile interpretazione. Mi avete dato modo di approfondire l'ambientazione e creare una trama interessante (spero, o comunque almeno per me) e ve ne ringrazio. Coltivare questo progetto con giocatori come voi è sempre un piacere.
Sono dispiaciuta che, al termine, due di voi non abbiano potuto postare. Mi rendo conto che è passato troppo tempo in estate, anche per colpa mia che in vacanza prima e al lavoro poi non ho avuto troppo tempo da dedicare al confronto. Me ne scuso sommamente e al tempo stesso ringrazio Liath che ha voluto concludere per tutti con un post davvero non facile eppure necessario. Spero di rivedervi tutti in future giocate con tempistiche più accettabili ^^.
Nel frattempo vi lascio con i giudizi

Shavronne: I tuoi post sono sempre ben scritti e scorrevoli. Riesci a far emergere con chiarezza l'ambiente in cui ti trovi, le azioni del personaggio e il suo modo di rapportarsi con chi lo circonda. Le descrizioni sono molto buone e in generale riesci sempre a trovare il modo di collaborare con i tuoi compagni per creare delle strategie congiunte e arrivare alla soluzione. Questo non è comune da parte di partecipanti ad una quest e l'ho molto apprezzato, vi fa onore.
Se devo farti un appunto, questo riguarda l'introspezione: è vero che il carattere del tuo personaggio emerge nei post ed è evidente quale sia il suo pattern di azioni e reazioni standard. Ma, se non fai più introspezione su ciò che Hebiko pensa e sente, su chi realmente è, rischi di appiattirla ad una macchietta, una sorta di geisha zoccoletta che non avrà altro modo di relazionsarsi se non fare la stragnocca con il prossimo e sedurlo. È sbagliato? Figuriamoci, io stessa ho ruolato per anni un pg così xD Ma penso che sia giusto nei confronti di Hebiko che tu le dia un po' di spessore, sebbene senza snaturare le sue caratteristiche o la sua natura, che se ben ruolata possono renderla un personaggio molto affascinante. Si tratta solo di uno sforzo che devi fare inserendo nel post quello che già lasci intuire per grandi linee e un po' troppo sommariamente.
Ricompensa: 800 Gold

Copper: Scrivi davvero bene, inutile negarlo. Il tuo stile ogni tanto (come nel primo post) appare un po' criptico da decifrare nel suo significato, ma è sempre molto piacevole da leggere. Sembra quasi di essere calati nel bel mezzo di una favola antica, dove dietro le frasi e le parole si celano significati non immediatamente afferrabili ma che comunque si riescono ad intravedere. A parte il primo post, che appunto mi è sembrato un po' eccessivamente contorto, il resto dei turni padroneggi perfettamente la tua tecnica di scrittura. Non fai molta introspezione, ma questa traspare da come descrivi le azioni del tuo personaggio. L'uso di parole e termini ricercati e l'uso articolato del linguaggio non risulta mai pesante e si adatta anche al modo di rapportarsi del tuo personaggio con l'ambiente circostante.
A livello strategico riesci a rapportarti efficacemente con l'ambiente circostante e fai buon uso di tecniche e punti spendibili nelle varie situazioni, riuscendo sempre a spezzare lo stallo e fare passi avanti nella trama. Dimostri creatività ed inventiva, cercando soluzioni che non sempre ti sono suggerite dagli eventi a cui assisti.
Peccato per l'abbandono finale, che avrebbe potuto essere il coronamento di una quest ottimamente gestita.
Ricompensa: 600 Gold
Essendo questa la tua prima giocata secondo il vecchio regolamento, vieni promosso ad energia Verde.

N.B. Per voi due che avete abbandonato la quest, scatta anche una piccola ma preannunciata sanzione. Entrambi i vostri pg guadagnano il seguente Malus permanente:
Malus. I vostri personaggi saranno convinti che l'assassino incappucciato potrebbe in ogni momento tornare per loro, nonostante quello che ha promesso. Lo vedranno in ogni ombra, dietro ogni angolo, nei loro incubi. Per quanto la loro vita scorra normalmente, l'ombra della figura senza volto sarà onnipresente, diventando una sorta di paura sorda e costante della loro esistenza. [Ovviamente siete liberi di romanzare la descrizione del malus come preferite, purchè la sua sostanza non cambi].



Liath: Il tuo andamento nella quest è stato in continua salita e ti sei rivelato una piacevole sorpresa. Da un primo post semplice e scorrevole, senza onta né disonore, hai proseguito con una serie di post sempre più articolati. La tua introspezione e le tue descrizioni sono da buone a molto buone, senza che tu perda mai la scorrevolezza e la semplicità della scrittura e quindi la comprensibilità dei post. Le descrizioni del tuo penultimo post, ad esempio, sono da segnalare e mi sono davvero piaciute nonostante il contenuto sia rimasto molto equilibrato.
Il tuo ultimo post è stato la mia messa alla prova, lo confesso: volevo vedere dove riuscissi ad arrivare e se saresti riuscito a migliorare ancora. Mi dico soddisfatta. Introspezione e descrizioni si sono fuse in un racconto breve ma commovente, che al tempo stesso nascondeva una soluzione ingegnosa. A un post di battaglia o aggressivo ne hai preferito uno dove hanno dominato immagini e sentimenti: i colori erano lo specchio delle emozioni, tanto che quello che hai descritto pareva quasi cinematografico.
Ti faccio solo un appunto: il tuo stile, così semplice, corre il rischio di diventare povero se perdi la tensione, il pathos e l'introspezione distraendoti per un attimo. Ti consiglio di coltivare sempre in ascesa il tuo modo di articolare la narrazione, proprio come hai fatto in questa quest, perché puoi mirare a sviluppi sempre più interessanti ed importanti per il tuo pg. Sei un giocatore che dimostra molta umiltà, ma devi renderti conto che puoi fare molto, continua così.
Una nota di merito ti spetta anche per essere l'unico che ha terminato la quest, nonostante i vari ritardi, non tutti imputabili alla sottoscritta (ma la sfida finale sì, quella è tutta colpa mia xD). Complimenti!
Ricompensa: 1200 Gold
Guadagni inoltre 1 punto promozione per l'energia Verde.

Majo_Anna, in quanto QM, guadagna 900 Gold

 
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