| Allea |
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Quando il loro compagno lascia scivolare la piuma sulle strane mani della statua tutto inizia a muoversi. La strada davanti a loro si apre, fortunatamente, permettendo loro di continuare. Hanno fatto la scelta giusta? Sembra che forse questi suoi compagni non siano così inutili come pensava, ma è un pensiero passeggero e non di particolare interesse. Sono lì per aprirgli la strada, fargli da scudo quando serve. Sono dei Portatori inconsapevoli, in un certo senso, sono qui come distrazione, pronti ad essere sacrificati in caso di necessità. Li lascia andare avanti con piacere, quindi, lasciando che il suo Portatore, quello vero, si riprenda un poco. È spaventato, è una sensazione spiacevole, ma sopportabile. Il suo cuore batte velocemente e le sue mani sono sudaticce contro la sua stoffa. Sono caldi i portatori, scomodi contro il suo corpo freddo, ma ancora, deve sopportare. Potrei lasciarti qui e tornare indietro, continua a pensare il Portatore, ma non è possibile. Ha ancora il controllo, il guinzaglio stretto. Pame, la loro guida, ha cominciato ora a camminare davanti a loro, stranamente all’erta. Deve rivalutarlo, ora che non è impegnato a parlare o guardarsi intorno spaventato, ricorda come li ha fermati prima, riesce a riconoscere la sua forza fisica (inutile, plebea). Potrebbe mandare anche lui avanti, se morissero tutti potrebbe portare via il cubo, fare finta che la missione sia fallita. Non pensa che l’Ammiraglio si ricorderà di lui, potrebbe essere una missione perfetta. Almeno per lui. Il suo Portatore non sembra contento dell’idea, ma sa che non può opporsi, che devono uscire da lì per poter tornare a casa e Berzenev gli ha promesso di lasciarlo andare una volta finito. (Non lo farà davvero, certo che no, può lasciarlo andare per un po’, ma rimarrà sempre suo almeno fino a che non crescerà, sono tutti suoi). Sembra stare andando tutto bene, fin troppo bene, ed è a quel punto che improvvisamente vedono l’uomo pesce muoversi, lasciare cadere la torcia a terra con uno scatto repentino per fermare, a mezz’aria, un’arma gigante. Il suo Portatore cade a terra, sconvolto, e lo lascia quasi andare. Berzenev si rifiuta, trattenendosi al suo braccio (il terreno è sporco, non ha voglia di farsi lavare, l’acqua non gli piace). Stavano per essere distrutti, schiacciati, e Berzenev sarebbe stato bene, ovviamente, ma…. Ma. Gli deve un favore, immagina, e non gli piace dovergli un favore. Quando conquisterà il mondo lo metterà a capo dei suoi servi, in una posizione di favore. Pensa di essere abbastanza generoso. «P-pericolo in stanza avanti. » li avverte, piegandosi, come se nulla fosse. Il suo Portatore si alza in piedi piano, tremando. Berzenev sa che non dovrebbe sentirlo così chiaramente, sa che è un brutto segno, ma non c’è nulla da fare per ora. Lasciami andare, chiede il Portatore e Berzenev riderebbe, se potesse.
Quando arrivano nella stanza successiva, scoprono cosa ha lanciato loro quell’arma, di cosa li ha avvertiti Pame, ma non lo scoprono in tempo. Nella stanza che raggiungono li aspetta quello che sembra un’altra grossa statua, ma invece di essere immobile come quella della stanza precedente li saluta quasi attaccandoli immediatamente. Berzenev vede con la coda dell’occhio la mano del golem che si avvicina verso di loro ed ha un tempo limitato per reagire. Ordina al portatore di ripararsi, ma sa che non è abbastanza. I portatori sono lenti, oltre che fragili, ma Berzenev ne ha avuti tanti nella sua vita. Sono tutti così sacrificabili, ma lui li ricorda. Quindi fa in modo di richiamarne uno alla memoria, i suoi piccoli scudi, fragili ma al tempo stesso utili. Davanti a lui appare un piccolo bambino, i suoi vestiti sono eleganti, la sua pelle bianca e candida. Il completo contrario del suo Portatore attuale, ma quando lo aveva con sé non gli serviva qualcuno di forte, ma di potente. Qualcuno che poteva influenzare e non resistere. Gli ha servito bene, lo ricorda, un peccato cosa gli è successo. Un peccato cosa gli succederà ora. Lo vede andare in mille pezzi, attenuando e rallentando il colpo abbastanza per lasciarli indenni. Ha fatto esattamente il suo lavoro, lo serve anche dopo la fine della sua vita, com’è giusto che sia. Non basta però e non sono pronti alle scaglie del rettile, non si proteggono in tempo. Il Portatore lo protegge con il suo corpo, ma non è abbastanza. Le scaglie colpiscono il Portatore, ma non sono così tanto affilate da fare dei danni ingenti, lo tagliano ma è abituato a molto peggio nei suoi campi. Una, però, colpisce il pupazzo, scalfendo la stoffa e lasciando uscire un po’ di imbottitura. Non è profonda, ma è abbastanza. Fa male. Il suo corpo è fragile, è la sua più grande debolezza, e fa male. «Dobbiamo distruggerlo» dice, piano. È la sua voce, ma non gli importa. Lo ha colpito, come ha osato. È il suo Portatore che scuote la testa e bisbiglia, piano «Il cubo» ed è allora che Berzenev lo vede. È lì, dietro il golem, quello che potrebbe portarlo finalmente al suo obiettivo. Grazie a quel cubo potrebbe distruggerli tutti. Quindi agisce in fretta, senza guardare gli altri e si lanciano in avanti, lui e il suo Portatore, mentre Berzenev lascia andare le sue cuciture, le lascia allungare, lascia che raggiungano il Golem, gli cinge le gambe, e le braccia, le stringe. Non deve muoversi, non deve essere in grado di toccarli, non ancora. Ci sono quasi arrivati, hanno quasi raggiunto il cubo, quando le gambe del costrutto si disintegrano, le cuciture che cadono stringendo solo aria. Il mostro cade, come se gli avessero tolto le energie, e devono fermarsi, ripararsi nuovamente prima di essere schiacciati. È un’esitazione che costa loro il cubo, dato che Pame li supera, lo recupera prima che loro possano muoversi. Combatterà, li ucciderà e lo riprenderà. Almeno vorrebbe, ma fa male. È ferito, non può combattere mentre il suo corpo è danneggiato. È vulnerabile ora, il suo interno esposto al mondo, è una sensazione terribile non sentirsi sicuro. (Il Portatore sembra arrabbiato da questo pensiero, ma non gli interessa, è solo un mezzo non deve starlo ad ascoltare). « T-torniamo! » dice, con un sorriso. Berzenev non ha la forza di pensare, mentre il Portatore mette una mano sul taglio nella stoffa di Berzenev per tapparlo. Non ha la forza di fare nulla se non lasciare che il Portatore lo porti.
Non sa cucire, non può lasciare che lo faccia questo Portatore con le sue mani tozze e prive di grazia. Gli è inutile ora. Lavora la notte mentre gli altri dormono, per evitare di farsi scoprire. Utilizza della stoffa che avevano comprato, per creare una pezza provvisoria. Questo viaggio non è servito a nulla, non se non riesce a mettere le mani su quel cubo. Deve pianificare, deve fare qualcosa, ma quel cubo sarà suo.
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[B: 5%; M: 10%; A: 20%; C: 40%] Corpo 7570% Mente 11090% Energia 100% CS: 0 Stato Mentale: Debilitato, non riesce sempre a separare i pensieri del bambino dai suoi.
Attive e Passive ◊ Personale 1/25, creazione di uno scudo medio davanti al coniglietto, la forma è quella di un bambino da lui controllato in passato. Consumo M. Risorsa Energia
◊ Personale 6/25, Dei fili intrappolano il nemico impedendogli di muoversi per un turno, Cercare di muoversi troppo o di liberarsi senza l'aiuto di tecniche comporterà un danno medio. Consumo M. Natura Fisica. Risorsa Energia, Risorsa Target Corpo
Note: Io continuo a scusarmi per i post all'ultimo minuto e non all'altezza, lasciamo perdere questo periodo con la mia fortuna LOL
Come da confronto ho bloccato il costrutto e parato il primo attacco, ma non il secondo. L'attacco al "corpo" di Berzenev lo lascia molto scosso semplicemente perchè è solo un peluche e non è abituato a farsi uscire l'imbottitura :V (cose personali del PG) ma non ha rinunciato al suo piano
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