Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Castello di Carte - Apocalisse

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view post Posted on 27/1/2016, 21:32

Lamer
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L'interno delle ferriera era avvolta nella penombra più totale, fu questo la prima cosa che Laurent notò. In quel clima arido causato dalla combustione di enormi quantità di carbone e legna per far divampare le varie fornaci che fondevano continuamente metalli di ogni genere regnava un rumore persistente e continuo. Era incredibile come, nonostante vivesse a Ladeca da quasi un anno, non sapesse ancora nulla di quella città.

Si era sempre immaginato quel posto illuminato da splendenti fiamme che rischiaravano il soffitto di granito scavato accuratamente dagli operai che avevano lavorato giorno e notte per aprire quei tunnel dove ora si trovava. Ironico come la sua mente si era immaginata quel posto invece avvolta dall'oscurità e ciò non lo preoccupava minimamente.

Era nella penombra che le sue doti davano i migliori frutti. Il fatto di poter sviare l'attenzione di altri su cose che potevano anche esistere solo nella loro mente, abbinato a quella perenne penombra poteva giovare molto a suo vantaggio sopratutto visto il danno causato dal vecchietto poco prima che il gruppo di fosse riunito.

Ilyr, forse per sbadatezza o forse semplicemente per la sua età troppo avanzata per quel genere di azioni aveva attirato con un colpo di tosse l'attenzione di alcune guardie. Velocemente il gruppo si era andato a rifugiare al sicuro nel livello sottostante attraversando un percorso sterrato pieno di oggetti di scarto che portava a un ponte metallico, probabilmente formato da ottone, alluminio e ferro, messo su alla bene in meglio che permetteva di superare un burrone naturale all'interno di quella strana roccaforte di pietra.

Quando giunsero velocemente dall'altra parte del ponte, si ritrovarono in un antro molto più piccolo rispetto a quelli precedenti dove probabilmente venivano riposti i rifiuti della fusione dei vari minerali visto la quantità enorme di oggetti metallici disseminati in quel piccolo lembo di terra.

Immediatamente Sergey si mise a cercare una via di uscita da quel vicolo ceco. In quel momento Laurent concentrò la sua attenzione su Montu. Anche se non lo conosceva per niente, sentiva di potersi fidare di lui e dato che , come i tre membri della mano, anche lui era un Silenzioso Sussurro forse poteva chiedergli il motivo per cui, nonostante l'età, il gruppo si era portato dietro Ilyr.

"Perchè i sussurri si portano ancora dietro il vecchietto Montu?"
Chiese Laurent con un tono tranquillo per non farsi sentire dall'anziano sussurro. "Non sarebbe meglio far entrare in azione persone un pochino più giovani?"

Probabilmente Montu essendo un Sussurro non avrebbe gradito la domanda. Anche lui era a conoscenza dell'ingegno di Ilyr e di ciò che aveva fatto durante la guerra contro la Guardia Insonne, ma l'età era un dato di fatto e ciò che era successo al piano superiore ne era la prova come Sergey aveva detto al suo compagno di avventure.

"È grazie al Pipistrello che i Sussurri possono comunicare per mezzo di quel foglio che hai anche tu." Disse il suo interlocutore in tono abbastanza tranquillo. " E sempre grazie a lui il nostro esercito è riuscito ad entrare a Basiledra quando Mathias Lorch era al potere. Non sottovalutare Ilyr, tirerà fuori qualche asso dalla manica e ne rimarrai sorpreso"

Fidarsi delle ultime parole dette da Montu? Si, sapeva che nonostante tutto quel simpatico vecchietto aveva sempre un'ultima carta da giocare, ma non era quello il punto. Molti altri sussurri probabilmente potevano vantare conoscenze simili a quelle di Ilyr ed avere almeno vent'anni in meno rispetto a lui.

"Ho sentito delle sue gesta, ma l'età avanza." Disse Laurent aumentando leggermente il tono di voce per farsi capire meglio visto il sottofondo rumoroso delle ferriera. "Lui è come i veterani che abbiamo visto all'ingresso, il suo tempo di essere in prima linea è passato."

Ed era probabilmente vero. Un vecchietto senza un braccio non era adatto a combattere e rischiare le penne. Per il suo regno aveva già fatto abbastanza e tutti coloro che seguivano Julien gli dovevano gratitudine per averli salvati dalla tirannia di Mathias e dei Lorch.

Quel pensiero gli fece tornare in mente quell'anno vissuto sotto il dominio dei Lorch, quei cani randagi che avevano usurpato un trono non loro, uccidendo migliaia di persone innocenti solo per provocare terrore nei loro nuovi sudditi. Si ricordò della rabbia che aveva provato allora, dell'odio e della disperazione nel vedere suoi conoscenti venire torturati o uccisi per un nulla. Era per questo che ora si trovava lì ad aiutare la Mano.

In quel momento Sergey esclamò qualcosa che per via del rumore non distinse chiaramente, ma lo sguercio stava indicando una pesante botola metallica chiusa a chiave precedentemente sotterrata dai rifiuti depositati lì in precedenza. In quel momento Laurent tornò a parlare con Montu che ricominciò a parlare.

"Non disperare, saprà cavarsela. Potrebbe anche riuscire a tirare fuori dai guai noi... giovani... con qualche suo aggeggio"

Disperare? Perchè avrebbe dovuto? Per lui l'unica cosa importante era aiutare Ladeca a vincere quell'assedio e per ora non erano in una condizione così tragica da quello che sapeva e che suo fratello gli aveva riferito, e neanche loro alla fine erano messi poi così male non avendo ancora spade o lance puntate sulla trachea.

"Speriamo, perchè sinceramente non ho idea di come aprire la botola."

"La bimba sembra sicura di riuscire a scassinare la serratura, ma non possiamo correre il rischio che fallisca..." Disse il possente uomo mentre scrutava minuziosamente la bambina. " E io non vedo l'ora di usare un nuovo trucchetto che potrebbe tornare utile. Tu piuttosto, pensi di poter distrarre le guardie?"

In realtà aveva già un piano. Da quello che aveva c'erano ottime possibilità di fermare o distrarre le guardie. La penombra gli permetteva di agire liberamente, soprattutto per via del suo abbigliamento nero che si mimetizzava perfettamente con quel posto.

"Credo di si, Montu." Disse Laurent fiducioso delle sue capacità. "Questo posto è pieno di oggetti pesanti che vengono trasportati tramite carrucole. credo proprio che tagliando uno di quei fili potrò creare scompiglio, sopratutto se le guardie non potranno vedermi per un pò."

Finita la frase rise di gusto. Già pensava a cosa avrebbero pensato le guardie se ciò che aveva in mente fosse andato a buon fine, probabilmente non si sarebbero neanche accorti che la colpa era di mano umana e non di un incidente causato dall'usura di quel posto in continuo sfruttamento.

"Sai, nel mio campo mi considero il migliore."

"Quale sarebbe il tuo campo di preciso?"

Era una strana domanda. In realtà neanche lui aveva una risposta. Dire che era un asso nello sparire alla vista altrui era probabilmente la cosa più veritiera, ma dirlo in quel modo probabilmente avrebbe fatto pensare a Montu che lui era un ladro cosa che non era per niente vera.

"Il mio campo? Be, ne ho diversi. Diciamo che però fare casino è un talento naturale. Un'altra delle mie svariate capacità è non farmi vedere mentre li faccio"


Alla fine aveva optato per dirgli la verità, sperando che il suo compagno di avventura non fraintendesse. Sapeva che le sue capacità molto spesso venivano abbinate a quelle di ladri e assassini, ma lui non aveva mai rubato e aveva ucciso solo in caso di necessità estrema.

Non gli piaceva togliere la vita alle altre persone, anzi, credeva non ci fosse cosa peggiore al mondo. ma quando sei davanti alla scelta io o lui per tutti la risposta più ragionevole è salvaguardare la propria vita ad ogni costo anche a costo di sottrarne un'altra per riuscirci.

"Due abilità che vanno necessariamente a braccetto." Disse Montu scoppiando in una risata che gli sembrò leggermente forzata. "Beh, allora buona fortuna. Credo che ora bisogna sbrigarsi, Sergey sembra impaziente."

A quel punto l'uomo di allontanò mentre Ilyr lo spronava ad avanzare verso il ponte. Laurent guardò quella struttura che sembrava decentemente solida ma che con il metodo giusto sarebbe potuta crollare senza problemi. I vari fili di ottone non sembrano troppo spessi e potevano essere tranciati da un colpo ben assestato ed erano palesemente forzati da quasi un anno dalla loro probabile nascita dai metalli grezzi.

Poi lo sguardo del Majoral puntò in alto dove un sistema di carrucole e contenitori viaggiava verso l'interno da un'apertura situata una ventina di metri sopra di loro. Osservò attentamente i vari carrelli distanziati uno dall'altro circa un metro e mezzo e fissati a una robusta corda trasportare quello che gli parve fosse ferro verso l'interno della ferriera a un livello ancora sotto a quello dove si trovavano loro.

Probabilmente quel sistema serviva a portare il metallo grezzo all'interno della montagna dall'esterno dove i metalli estratti arrivavano dalle miniere della Roesfalda, terra ricca di minerali e ottima fonte di risorse per la città in piano sviluppo.

Solo in un secondo momento Laurent si accorse di un dettaglio fondamentale e un sorriso si dipinse sulla bocca del ragazzo dagli occhi azzurri. Il sistema passava esattamente sopra il ponte e visto come era costruito quest'ultimo il peso di tutto quel metallo lo avrebbe fatto cadere sicuramente.

Velocemente si avvicinò alla parete esterna iniziando a scalare quella ventina di metri che lo separavano dal suo obbiettivo. Sentì il gelido granito sulle sue dita ruvido per via dei pochi agenti climatici all'interno della ferriera, percepì la mente rilassarsi e ricordargli di come aveva imparato ad arrampicarsi dovunque senza problemi.

Quando scalava qualcosa, sentiva una specie di serenità interiore perchè dove si trovava quasi nessuno poteva disturbarlo. I rumori proveniente dai martelli e gli incudini della ferriera si fecero silenziosi mentre la sua mente immaginava il suono delle rondini in primavere, le dita che si aggrappavano ai vari appigli di roccia percepivano su polpastrelli la stessa sensazione di quando si arrampicava sugli alberi durante la sua infanzia.

Eppure erano cambiate tante cose da allora. A quei tempi era molto più giocherellone e spensierato, senza problemi o tormenti e senza emozioni che gli dessero l'adrenalina che stava provando in quel momento. Erano cambiate tante cose, vero, ma non rimpiangeva i tempi passati. Doveva pensare al presente e in quel momento il presente era fare in modo che le guardie non li potessero raggiungere.

Arrivato vicino alla carrucola confermò il fatto che i vari recipienti metallici fossero pieni di ferro. Ogni contenitore era ricolmo di quel minerale e già senza che lui avesse toccato nulla si vedeva chiaramente quanto il filo, nonostante fosse molto robusto, fosse sotto uno sforzo eccessivo. Probabilmente per aumentare la produzione di ferro durante l'ampliamento di Ladeca avevano sforzato troppo il sintema e ciò giocava a suo vantaggio.

Lentamente estrasse il suo personale fioretto dal fodero. Nonostante la forma e le dimensioni fossero normali la lama era molto più rigida, fatta per affondare la punta con potenza e precisione nel corpo degli stolti che provavano a mettersi contro di lui.

Aspettò qualche secondo e in quei pochi attimi si sentì fuori dal mondo. Sentì i battiti rallentare mentre si preparava ad agire. Inspirò lentamente concentrandosi al massimo poi espirò e salto aggrappandosi con la mano sinistra alla corda mentre con la destra affondava il fioretto dentro essa.

In qualche frazione di secondo percepì l'aria sfrecciarli sulla faccia mentre il sistema crollava verso il basso, ma nonostante questo non poteva rischiare che il ponte rimanesse in piedi. Con un riflesso ormai naturale rinfoderò il fioretto estraendo invece uno dei suoi coltelli e mentre si lasciava cadere sul terrazzo vicino a Ilyr lancio con forza e precisione il coltello verso uno dei filamenti di ottone che aiutavano il ponte a reggere la sua struttura.

Non sapeva se il suo piano avrebbe funzionato, ma se fosse fallito tutti loro avrebbero rischiato per causa della sua previsione sbagliata, ma ciò aveva fatto era fatto e mentre appoggiava i piedi sulla roccia e rotolava per attutire la caduta si girò per guardare il risultato del suo piano da cui dipendevano le sorti dei suoi compagni.





Laurent:

Corpo : 90%
Mente :90 %
Energia : 85%


Costi: Basso = 5% | Medio = 10% | Alto = 20% | Critico = 40%




Passive :

» Scalatore: ci sono persone su Theras per cui il cielo è tanto lontano quanto desiderabile. Purtroppo per queste stesse persone però, esso è irraggiungibile senza poter accedere alle magie più potenti. Costretti quindi a osservare il loro desiderio da lontano, queste persone hanno imparato ad arrampicarsi per avvicinarsi alla volta celeste, a poco a poco avvicinandosi all'oggetto del desiderio. Consumando un utilizzo di questa passiva, il possessore del talento sarà in grado di arrampicarsi senza alcuno sforzo su pareti verticali o sui soffitti anche senza appigli visibili. (Numero di utilizzi: 6-1)

» Caduta lenta: abituati fin dalla più tenera età ad arrampicarsi, i possessori del talento hanno sperimentato spesso i dolori di una caduta. Con il tempo e l'esperienza hanno quindi sviluppato un sistema per riuscire a cadere, anche da altezze virtualmente letali, senza subire danni apprezzabili. Che sia per la loro straordinaria agilità, per delle funi o per la loro incredibile fortuna, per i possessori del talento basta consumare un utilizzo di questa passiva per poter salvare il collo e la vita. (Numero di utilizzi: 6-1)

Ritorno (XV)
passiva (8-1 utilizzi)
le armi da lancio di Laurent torneranno sempre nelle loro custodie dopo un'attacco

Attive:


Scatto fulmineo(X)
medio di natura fisica consumo tra energie e mente, provoca danni fisici
Laurent grazie alla sua agilità potrà compiere uno scatto fulmineo colpendo un punto scoperto del suo avversario

Lancio perfetto (XI)
alto di natura fisica, consumo tra corpo ed energie, provoca danni fisici
Laurent potrà compiere qualsiasi attacco a distanza con una precisione tale da mirare perfettamente il bersaglio anche da notevoli distanze o da posizioni scomode.




Oggetti usati:



Riassunto:
Uso scatto fulmineo per tagliare il sistema di carrucole e lancio perfetto per tagliare una dei fili di sostegno del ponte sperando che la caduta del sistema basti ad abbattere il ponte. le passive le uso per arrampicarmi, saltare e recuperare il coltello lanciato



Note:
I dialoghi tra Laurent e Montu sono stati concordati in privato,

 
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view post Posted on 28/1/2016, 01:57
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Studioso
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CASTELLO DI CARTE
II

Raoh si getta sulla guardia che lo ha ferito pochi istanti prima, guidato dall'unico, insano desiderio di divorarla - un effetto collaterale dell'essere parte del branco maledetto, gli avevano detto, quello di voler consumare la propria preda; il soldato, d'altra parte, incapace di gestire una bestia selvaggia come un werewolf, non riesce a far altro che provare a sollevare la sua arma di fronte a sé, sperando che ciò basti a salvargli la vita -
peccato sia solo una speranza vuota quella del ragazzo. Prima ancora che riesca ad impugnare correttamente la sua spada infatti, l'uomo lupo ha già affondato gli artigli nelle sue braccia e l'ha scaraventato al suolo con
una forza tale da fargli perdere i sensi. Gli strappa quindi la giugulare con un singolo morso ed il sangue, che esce a fiotti dalla ferita appena aperta, macchia i vestiti del werewolf già fradici del proprio.

Raoh si nutre della sua preda senza rivolgere la minima attenzione a tutto ciò che lo circonda: la sua mente, del resto, è ancora annebbiata dall'enorme piacere causatogli da tutte le ferite ricevute precedentemente, ora guarite, e non gli consente di riprendere il controllo di sé. Tuttavia, un urlo soltanto, riesce a farlo rinsavire.

« AVANZIAMO! »

I soldati della Guardia, che sembravano quasi esser stati rinvigoriti da quella singola parola, riescono a far
indietreggiare quelli al servizio dell'Ambasciatore e, Mark Smith, approfittando del vantaggio, incita gli uomini a caricare il portone. L'uomo lupo abbandona quindi ciò che resta della sua cena - ormai priva della faccia - a marcire sulla strada e decide invece di seguire il Comandante, e quello che vede lo impressiona decisamente: con una ginocchiata il guerriero sfonda un'anta del portone e, subito dopo, nonostante sia ferito gravemente, affronta tre soldati uccidendone due - persino un werewolf come Raoh non può che rimanerne stupito.

Respinta la seconda ondata, tutti gli uomini entrano nell'Ambasciata e si dirigono verso un capanno al centro del cortile, lì Mark Smith dà una serie di ordini: bloccare il portone in modo da impedire l'arrivo di eventuali rinforzi, eliminare gli arcieri su di un passatoio, occuparsi di due gruppi di soldati che si trovano all'interno delle scalinate; dopodiché, avrebbero dovuto dividersi tra salone di rappresentanza, dispensa, dormitori e mensa per cercare l'Ambasciatore, il primo a trovarlo avrebbe dovuto avvertirlo.

Raoh, che di solito tende a seguire esclusivamente il proprio istinto, ritiene che sia arrivato il momento di prestare tutta la sua attenzione alle parole del Comandante ed eseguire i suoi ordini. Del resto, è convinto che se non l'avesse fatto, ci avrebbe rimesso la pelle; il werewolf infatti, sebbene sia un guerriero di natura, è consapevole del fatto di non essere in grado di uccidere tutti gli uomini dell'Ambasciatore - e si trova troppo invischiato in quella situazione per potersene andare come se la cosa non gli riguardasse affatto. Per questa ragione, per uscirne vivo, decide di mettere da parte l'orgoglio e fare quanto gli viene detto: uno può essere pure un masochista perverso, ma non è detto che sia necessariamente uno stupido.

In ogni caso, l'uomo lupo non sta nemmeno troppo a pensarci, e si lancia verso le scalinate al lato destro del cortile: se c'è una cosa che sa fare bene - e che, sopratutto, ama fare - è uccidere. Approfitta del fatto che le scale siano a chiocciola per tendere un'imboscata alle guardie; si appiattisce quindi contro la colonna centrale ed aspetta che siano vicine abbastanza da potersi assicurare, almeno, una prima uccisione facile. Non appena uno stivale entra nel suo campo visivo, Raoh esce allo scoperto e con un'artigliata squarcia il viso di uno dei soldati; schiva poi il fendente tiratogli dal secondo piegando rapidamente il busto verso destra, a cui risponde con i suoi artigli, che vanno ad affondare nella parte sinistra del collo dell'avversario. Il terzo, a differenza del suo compagno che ha attaccato alla ceca, resta in posizione di guardia; esamina la situazione prima di agire, e il werewolf fa lo stesso. Entrambi restano immobili, i loro muscoli sono tesi, sembrano aspettare che l'altro faccia la prima mossa. Improvvisamente, l'affondo dell'uomo spezza la tensione: Raoh deflette l'arma con la mano nuda, colpendo col palmo il piatto della lama, che finisce comunque per ferirgli leggermente la spalla, ed in seguito si getta contro la guardia e spinge gli artigli nel suo cranio.

Il lavoro pare essere concluso ed il ragazzo, quasi a malincuore, si volta per ritornare di nuovo al fianco del Comandante, lasciando indietro quei corpi che gli parevano essere tanto appetitosi. Mentre si dirige verso il cortile, scuote le mani per cercare di pulirle anche soltanto un po' dal sangue e ritrae gli artigli.
Magari han un altro compito divertente da assegnargli.



R a o h
¤ Energia : 130% - 20% = 110%.
¤ Corpo : 75% - 5% = 70% - ferita lieve alla spalla.
¤ Mente : 75%.

¤ Abilità passive :
Passiva razziale dei pelleverde, durezza (5/6): Raoh può rendere il proprio corpo resistente quanto un'armatura d'acciaio - ne tolgo un utilizzo perché conto che Raoh l'abbia usata per deflettere l'arma del soldato.

¤ Abilità attive :

¤ Armi :
Zanne e artigli.

¤ Note :
Il danno basso l'ho descritto come subito a causa di un attacco di una delle guardie che Raoh ha fatto fuori, spero non sia un problema. :sisi:

Chiedo venia per il ritardo. :sigh:


 
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view post Posted on 30/1/2016, 23:20
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Maestro
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Un volto che non doveva esistere.
Due occhi che non dovevano vedere. Una sagoma che non doveva camminare.
Il dubbio lo corrose, fino a quando non si decise.
"È una maschera" gli disse, sicuro. La fissò per qualche istante: era di fattura semplice, legno di faggio dipinto di bianco.
Pochi dettagli. Solo due aperture all'altezza degli occhi; senza bocca, né espressione.
"La indosserai e nessuno ti riconoscerà."
Lui la tenne tra le mani, incerto. "Cosa rappresenta?"
"Un Corvo" rispose. "Rappresenta un Corvo".
Sospirò, perplesso. "Va bene", rispose solo.
Dopodiché la indossò.
E fu Corvo per sempre.




Quando la tunica gli ricadde da dietro le spalle, credeva già di non averne più bisogno.
Il corpo dell'altro si sfilò dalla lama lentamente, quasi con dolcezza. Le carni scivolarono lungo il filo per interminabili secondi, lasciando un rigo rosso a disegnare il perimetro dello stiletto.
Di conseguenza, la tunica dell'altro si macchiava del suo stesso sangue: le estremità attorno al foro di ingresso si impregnarono di un rosso porpora, disegnando venature ramificate intorno a esso. E, poi, ancora di più verso l'esterno.
Infine, il suo corpo scivolò sul pavimento di marmo. Il tessuto rosso del tappeto attutì la caduta, lasciando echeggiare soltanto un sordo rumore di urto, ovattato e appena udibile; allo stesso tempo, il sangue si riversò di lato sul pavimento, ma venne confuso e quasi nascosto dal velluto dei paramenti.
Poi, scivolò lungo gli scalini, in un ritmico rumore cadenzato che lo accompagnò fino alla base di quel seggio rialzato.
Distante e lontano dal punto in cui era stato trafitto.

L'altro uomo sospirò ancora una volta.
La lama se ne stava ancora obliqua, verso il basso. La teneva con difficoltà, quasi come se ne reggesse a stento il peso dopo quel colpo vibrato con così tanto ardore. Dolore e sentimento, riverso in un unico sempiterno affondo che richiudeva in se tutta la rabbia accumulata negli anni. Tutta la frustrazione e i lamenti che si era lasciato indietro nel tempo.
Che aveva custodito e strozzato, soltanto per quell'unico momento.
Il giorno in cui avrebbe ucciso Caino.

Rimase interminabili secondi a pensare. Meditando, sulla grazia e la giustizia.
Su come aveva professato l'armonia e la serenità tra gli uomini, fino a qualche giorno prima. Su come avesse fatto della preghiera e della pace la sua unica ragione di vita.
E ora, quasi miscredente dei suoi stessi dogmi, si era lasciato andare alla sua indole effimera. Quella che - infondo - non aveva mai dimenticato.
Sorrise amaro, poi, sbuffando come fosse esausto..
Rivide il corpo del Priore accasciato su di un lato. Il foro all'altezza del cuore era appena visibile, ma il sangue sgorgava copioso. Era sicuro di averlo colpito al cuore; era certo.
Eppure, un rapido gioco di luci lo confuse per un secondo. In un attimo, infatti, fu convinto di vedere quel buco più piccolo di quanto lo ricordasse.
Sbatté le palpebre più volte. Poi, si accompagnò di qualche passo più vicino alla sua vittima: fece un passo e si abbassò di un gradino, per vederlo meglio.
Quel foro gli sembrò ancora più piccolo e finanche il sangue sgorgato sembrava fuoriuscire con più indecisione. Quasi a tratti, per poi limitarsi a poche gocce.
Ben presto non fuoriusciva più sangue e del foro all'altezza del cuore rimaneva soltanto il tessuto della tunica, ancora strappato e bagnato.
Ma sotto di esso, ora, regnava la pelle nuda.
Nuda e integra.

« Cosa...? »
Si lasciò andare a un'espressione ingenua, interdetta.
Un brivido di debolezza, vibrato tra le palpebre di un guerriero che si era dimenticato come si combatte. E come si nasconde al nemico ogni emozione.
« Ah ~ » sbottò l'altro, in uno sbuffo di soddisfazione.
Il corpo del Priore si smosse. Il braccio sinistro cercò il sostegno del pavimento, rigirando il torso in una posizione più comoda.
Dunque si mise di pancia all'aria e, poco dopo, curvò le spalle, tornando seduto.
« Ci hai davvero preso alla sprovvista » commentò Caino, apparentemente sano.
Il torso si rigirò nuovamente, inarcandosi e ponendosi in posizione seduta. Immediatamente dopo, il Priore si rialzò in posizione eretta, scostandosi la polvere dai pantaloni, con indifferenza.
« T-tu come...? » Chiese l'altro, malcelando sconforto.
« Non fare certe domande » rispose lui, secco. « La conosci la risposta, no? » Rispose, sornione.

Poi Caino fece pochi passi, girandogli sul fianco, ma mantenendo una ragguardevole distanza. « Vuoi iniziare tu, dunque? » Chiese, beffardo.
L'altro rimase immobile, apparentemente non cogliendo. « Le spiegazioni, dico » ribatté Caino, incalzandolo. « Potremmo essere l'ultima persona con cui parlerai, lo capisci? »
L'altro sbuffò ancora, questa volta con un pizzico di disillusione. A quel rimbrotto secco si accompagnò uno sguardo ironico, tendente al basso e svirgolato da un sorriso di nervosismo.
« Non gli assomigli per niente, alla fine » ribatté soltanto. « Vuoi essere superiore a tutti, ma ti manca qualcosa di lui. »
« La sua classe, per esempio. »

L'altro allargò le braccia e Caino assunse un aria interrogativa. Poi parve cogliere e rispose a tono.
« Lui? » Chiese, secco. « Ti riferisci... a Rainier? »

L'altro annuì, quasi divertito. « Ovviamente. »
Abbassò la lama piano, sicuro che l'altro l'avrebbe lasciato parlare. Infondo, non aveva tutti i torti. Anche lui sapeva perfettamente che non aspettava altro, ormai.
Non aspettava che di raccontare quella storia. Quasi per togliersi un peso, dopo tanto sconforto.
E perché non farlo, d'altronde, un attimo prima di morire?
« I suoi figli » aggiunse, serafico. « O i suoi eredi. »
« Ci chiamava in molti modi » ribatté fissando gli arazzi sulle pareti. « D'altronde, come me ce n'erano tanti. »
« Sosia? » Ribatté Caino, incuriosito.
« Chiamaci come vuoi » gli fece eco l'altro. « Controfigure, illusioni, cloni... gli facevamo molto comodo. »
« Non che fosse mai davvero in pericolo, in verità » aggiunse, scuotendo il capo. « Ma quando tieni mezzo mondo sotto scacco, essere in più posti contemporaneamente è molto utile. »

Attese in silenzio il finire della sua stessa frase, mentre negli occhi aveva ancora il brivido incantato degli antichi fasti.
Gli brillava l'animo, a ripensarci. Era un passato fosco e turpe nei significati, ma così trionfante da rinfrancare il cuore. Era malvagio, ma sapeva esserlo con classe.
« Per qualche motivo io ero il suo preferito » aggiunse ancora, subito dopo. « Non dovette trasformarmi più di tanto, in quanto ero già naturalmente di mio incredibilmente simile a lui. »
Guardò Caino negli occhi. « La sua copia perfetta. »
Subito dopo, un raggio di sole fece capolino tra le nubi fosche e sgusciò nel salone, superando finanche le tende spesse in panno rosso. Il sole gli illuminò il volto e il Priore poté ammirare, finalmente, i tratti distintivi di quello che poteva senza dubbio considerare come la copia esatta di Rainer Chevalier, il Re che non perde mai.
Giovane e vigoroso, esattamente come lo ricalcavano i pochi dipinti rimasti di lui.

« Mi diede anche un nome, in verità » disse ancora. « Non era davvero necessario e non tutti l'avevano. »
« Ma diceva di sentirmi un po' più suo in questo modo » sbottò, sereno. « Come fossi uno di famiglia... »
« Un nome? » Chiese Caino, serio.
« Charles Faust Chevalier » rispose lui, immediatamente.
« O, più semplicemente... Faust. »

Il sole scomparve nuovamente dietro le nubi e una nuova penombra calò nel salone.
Gli occhi di Faust si fecero più pesanti e per un attimo Caino fu convinto di vederlo piangere. Piangere i giorni andati e chiunque era stato.
« E poi? » Chiese, incuriosito.
« Poi venne il Crepuscolo » disse, torvo. « E tutto cambiò; lui scomparve e il suo regno anche. »
Fissò il Priore negli occhi, con sdegno. « Non credo debba dirti io quanto fosse poco conveniente andare in giro con un volto come il mio. »
« Possiamo immaginare » rispose Caino, divertito. « È per questo che... »
Faust annuì. « Dovevo nascondere il mio volto e il mio corpo, per proteggermi. »
« Presi una maschera bianca e un abito scuro » sentenziò, serio. « Mi aiutarono a credermi qualcun'altro; qualcuno senza storia, né autorità. »
« Un Corvo come tanti » proseguì Caino, con aria beffarda. « E il nome? »
Faust sorrise. « Già, il nome... »
« Non potevo usare il mio » aggiunse, serio. « Quindi ne scelsi uno qualunque, che non significasse nulla in particolare. »
« Uno come...? »
Faust sorrise amaro, ancora una volta. « Uno come... Zeno. »

Caino lo fissò, con arroganza. « Zeno... » gli fece eco, con un pizzico di arroganza.
Poi fece pochi passi avanti, più serio. « E il ragazzo? » Chiese, secco. « È figlio tuo, no? »
« Per questo gli somiglia così tanto... »

Faust annuì nuovamente.
« Lo nascosi lontano dalla capitale, sperando potesse vivere sereno lontano da qui. »
Poi guardò il Priore, con sguardo di odio. « Poi però tu lo trovasti, e lo rendesti quello che è oggi»
« Julien » aggiunse Caino, serio.
« Un Re che non ha mai chiesto di esserlo » lo corresse Faust.
« Un Re che oggi mi nominerà suo successore, o morirà » lo corresse Caino, a sua volta.
Faust lo fissò, ormai fuori di se. « Tu non lo toccherai, maledetto! »
« Facciamola finita, Zeno » urlò Caino, anch'egli furioso. « Dimmi dove l'hai nascosto e ti lascerò in vita. »
Faust scosse ancora la testa, stringendo il pugno attorno all'elsa dello stocco. « Non lo troverai mai; non ti permetterò di trovarlo. »
« Ti ci vorrà tutta la vita per ucciderci, idiota » gli rispose il Priore, beffardo.

Apocalisse2

« Allora vuol dire che combatterò fino a quando ne avrò una. »
E immediatamente dopo Faust scomparve dal suo posto, lasciando Caino impreparato.
La sua figura vibrò nell'aria, come un lamento di cui non si conosce la posizione. Svirgolo un paio di fendenti e - infine - si ricompose soltanto qualche istante dopo, alle spalle di Caino.
Vibrò l'ennesimo affondo, mirando nuovamente al cuore del suo nemico. Questa volta, però, Caino non si lasciò sorprendere e fece un passo di lato, schivando il colpo e rispondendo con un taglio obliquo dei suoi artigli.
Zeno si scostò, venendo colpito solo di striscio. Poi, allungò il braccio e una pressione invisibile scaturì dalle sue mani, scagliando il corpo del Priore lontano di un metro.
« Come vuoi Zeno » commentò Caino, rialzandosi dopo poco. « Tra poco lascerai questo mondo e, con esso, tutti i tuoi rimpianti. »
E si scagliò nuovamente contro il suo avversario.

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Apocalisse
III Turno

Ferriera di Lenigrast
Il primo giocatore


« Sergey non c'è più tempo » sbottò Nicolaj sbattendo i piedi e guardandosi in giro circospetto.
Sergey, nel mentre, era semi nascosto da una pila di rottami e pezzi di ferro, navigandoci in mezzo con la furia di un orso che guada il fiume per raccogliere un poco di pesce.
Dopo poco riemerse soltanto il capo, mostrando il volto di un colore misto tra il rosso della rabbia e il nero del carbone.
« Sergey non c'è più tempo » lo scimmiottò, con un tono di voce distorto e beffardo. « Potresti anche darmi una mano, sai! »
I due, però, furono interrotti da un rombo di metallo e roccia che invase gran parte della galleria. Su come un boato, quasi al pari di un'esplosione, che rimbombò nella sala con incredibile potenza e - subito dopo - gli fecero seguito altri boati più leggeri.
« Co-cosa cazzo è stato? » fece Sergey, il cui volto assunse anche delle tonalità di blu.
« Dite che si è sentito? » domandò Ilyr, facendo capolino dall'ingresso della galleria. « Direi che l'hanno sentito anche le pietre » gli rispose Sergey.
« Va bene, allora ho una buona notizia e una brutta notizia » disse, sforzandosi di assumere un tono più diplomatico.
« La buona notizia è che le guardie ci metteranno un poco per raggiungerci » aggiunse, serafico. « La brutta è che ora tutta la stramaledetta ferriera sa che siamo qui. »
Nicolaj mantenne un tono freddo e distaccato. Si limitò a guardare Sergey e a commentare con un pragmatico: « Allora, questa chiave? »
« Oh --- porco bisonte non la trovo quella stramaledettissima chiave...! » urlò Sergey, ormai incurante del fatto che lo sentissero o meno.
« Non importa » commentò Nicolaj, affrettandosi verso la botola. « Sembra che una delle reclute l'abbia aperta senza la chiave. »
Ilyr gli andò dietro come un cagnolino. « Eh Sergey, a quanto pare non sono l'unico a invecchiare! » Commentò, passando accanto all'amico.

I tre fecero scorrere una corda nella botola.
La stessa conduceva a una grossa galleria, ricavata sotto la roccia; i filamenti di acqua scendevano gocciolando lungo le venature delle pareti. La fioca luce della botola era appena rinfrancata da alcune lampade a olio appese alle pareti, che i più presero a illuminare. Lo spiazzo iniziale vedeva carbone e altro materiale di risulta accatastato apparentemente da molti anni. Sul fondo, nessuno era capace di vedere altro che il buio più totale. Non era possibile capire per quanto la galleria proseguisse. La stessa, infatti, aveva un diametro di diverse decine di metri e i numerosi binari incastrati nel pavimento, sembravano scomparire nel buio della profondità.

« Oh per tutti i demoni » commentò Ilyr, fissando la volta « ...che roba è? »
« È una vecchia miniera di carbone » commentò Nicolaj, spingendo un carrello lungo i binari. « I nostri contatti l'hanno trovata mentre scavavano e hanno fatto in modo che potessimo usarla. »
« Porta direttamente sotto l'Edraleo » aggiunse, secco.
« Forza, dentro » intimò Sergey, rivolto alle reclute, « non più di due per carrello o non arriveremo mai. »
« Qualcuno porti il sacco, mi raccomando. »

Nel mentre, un rumore di passi rimbombò dall'ingresso della botola.
Alcune guardie fecero capolino dal fondo del tunnel e lanciarono alcune frecce direttamente verso il gruppo.
« Presto, in fretta » intimò Sergey « presto avremo parecchia compagnia! »
E i tre spinsero altrettanti carrelli, lanciandosi verso le profondità della terra.

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L'Ambasciata
Il secondo giocatore


Quando le porte dell'ambasciata furono sigillate, Mark Smith tirò un sospiro di sollievo.
« Ora dobbiamo trovare quel traditore » sbottò, furioso. Si levò dolorante; la battaglia aveva messo a dura prova la sua resistenza e la carne sotto alla maglia ferrata, all'altezza del collo, gli doleva ancora. Un rivolo di sangue gli scese lungo il petto; ma il comandante si limitò a ignorarlo.
« Ora dividiamoci come detto » ordinò, stringendo il pugno intorno all'elsa « il primo che trova l'Ambasciatore, fa un fischio. »
Poi guardò i suoi soldati uno a uno, infondendo loro coraggio e speranza. « Servite lealmente e combattete da eroi. »
« Tre di voi con me » aggiunse poi, secco. « Andremo nel salone di rappresentanza. »

La dispensa era un ammasso di sacchi e legname. Casse erano accatastate un po' ovunque, sparse sul dorso dei muri ormai rovinati dal tempo e dall'incuria.
Sul pavimento erano dispiegati cassi di cibo, farina e altre vettovaglie, la maggior parte delle quali avevano subito le intemperie ed erano marcite da tempo; un puzzo di muffa, invero, si spargeva nella stanza, mentre gran parte delle otri di acqua e vino facevano da sfondo a un grosso stanzone per lo più desolato e dimenticato.
« Non può essere qui l'ambasciatore » disse una delle reclute che si accompagnava, insieme alle altre, fin nelle profondità della fortezza.
Qualcuno dei presenti, però, notò un movimento sospetto. Uno dei pacchi parve inclinarsi apparentemente senza ragione, fino a rotolare goffamente in terra e sollevare una nuvola di vapore.
Seguì immediatamente dopo un violento starnuto.
« I-il sacco ha starnutito » osservò uno dei più scaltri.
In verità, non ci volle molto perché un soldato nemico mezzo nascosto dietro le casse fosse scoperto e catturato. Una volta legato, il suo volto parve contrarsi dalla paura e due gocce di sudore scesero da ambo i lati del volto. « P-presto » balbettò solo, « d-dobbiamo scappare! »

Nella mensa la situazione non fu migliore.
Lunghe tavolate erano accatastate sui fianchi della sala, quasi a disegnare un abbozzo di trincea - nel caso in cui la battaglia si fosse spinta fino a li.
I tavoli erano di legno chiaro, accompagnati da panche abbastanza lunghe da servire da seggio per tutte. Sopra di esse un tempo c'erano stoviglie di ottone, piatti di ceramica scadente, otri di vino, tovaglie e altri utensili di vario tipo, tutte accatastate ai margini.
Più indietro c'era un muretto che, costruito ad angolo, asserviva alla stanza a mo di bancone. Dietro di esso vi erano accatastate alcune casse piene di pane ormai marcio e uova, anch'esse marce.
Oltre a questo, però, non v'era altro che un odore stantio, che aumentava di intensità lentamente.
« Cos'è questa puzza? » Chiese qualcuno.

Nemmeno nei dormitori la situazione era diversa.
Il lungo stanzone era arredato con infiniti letti a castello di legno di mogano, con materassi di piume e lenzuola bianche e opache.
Alcuni erano caduti o erano stati ammassati lungo le porte, per impedire l'ingresso. I soldati del comandante Smith trovarono soltanto poche guardie nemiche rintanate in un angolo, presumibilmente spaurite. Si tenevano il capo, piangendo. « No-noi non volevamo » dicevano, spaventate, « c-ci hanno costretto! »
Poi una di esse tirò su col naso, come se un odore violento le stesse pizzicando il naso.
« M-ma la sentite anche voi questa puzza? »

Soltanto nel salone la situazione era diversa.
Mark Smith si era fasciato collo e spalla, strappandosi un lembo della maglia sotto l'armatura. Aveva in pugno la sua spada fidata e ai lati tre soldati, fidati anch'essi.
Il salone lo trovò sull'ultimo piano del palazzo, ove sapeva l'Ambasciatore usava portare i nobili degli altri regni, di modo da far ammirare loro la grandezza del Regno. Lo stesso, infatti, era un lungo corridoio con tappeti preziosi e arazzi inestimabili. Il pavimento era piastrellato di marmo lucido bianco, mentre il soffitto adorno di lampadari di cristallo e lampade ad olio.
Gli arazzi mostravano le battaglie del passato, le vittorie e i panorami più imponenti. Una raffigurazione del leggendario Bianco Maniero svettava al centro della sala, mentre tutto intorno a esso erano state erette armature complete delle varie epoche storiche.
Erano riproduzioni a grandezza naturale, schierate come nelle occasioni solenne, ma impreziosite da dettagli di pregiata fattura, quali finimenti in oro, intagliature fatte a mano e fregi dipinti da grandi maestri.
« Qui non c'è nessuno, comandante » disse una delle tre guardie, accompagnando Smith dinanzi al dipinto del Bianco Maniero.
« Si » commentò Smith « così sembra. »
Mentre lo diceva, però, qualcosa lo infastidiva. Una sensazione, probabilmente. Un sesto senso che gli solleticava l'intuito e che, per qualche ragione, gli suggeriva che nessuna di quelle guardie potesse essere davvero solo un manichino. Sopratutto quella centrale, che sembrava fissarlo, con l'elmo in direzione del suo sguardo.
La fissò per qualche istante e - per un attimo - credette di vederci un occhio dietro di essa.
« Attenti! » Urlò Smith.

Ma non fece in tempo. Cinque delle armature laterali si mossero immediatamente.
Nelle mani tenevano balestre corte, mascherate sotto le corazze pesanti. Le armarono in un attimo e lanciarono dardi ai tre soldati che accompagnarono Mark Smith.
I tre rimasero colti di sorpresa; avevano abbassato la guardia, ritenendo che non ci fossero nemici da cui difendersi. In questo modo, i dardi li trafissero nella carne scoperta, centrando tutti i punti delle loro corazze rimasti inermi.
Ricaddero in terra in pochi istanti.

« Mi spiace Comandante » ridacchiò una voce, da dentro l'armatura centrale.
L'Ambasciatore aveva lunghi capelli biondi, occhi chiari e un fisico asciutto e mingherlino. Si tolse velocemente la corazza di rappresentanza, che gli stava anche larga.
« Oddio, stavo soffocando li sotto » si lamentò, liberando al vento i suoi capelli pettinati a boccoli.
« Tu, dannato traditore! » Disse Smith, tenendo l'arma in pugno. Di risposta, i cinque soldati si armarono a loro volta.
« Questo è un gioco di parti, Comandante » disse l'Ambasciatore, indossando nuovamente i suoi guanti di raso bianco. « Io ho semplicemente deciso di stare dalla parte vincente. »
Smith parve ringhiare, mentre stringeva l'arma al petto. « Non la farai franca » sbottò, rabbioso. « Presto i miei uomini saranno qui per arrestarti. »
« Ah già, i tuoi uomini » rispose a tono l'ambasciatore. « Quasi dimenticavo! »
A quel punto diede fuoco a una torcia, rivolgendosela in un punto imprecisato vicino ai suoi piedi. Solo in quel momento Smith notava quei lunghi pezzi di corda scura. Erano parzialmente nascosti dai tappeti, ma iniziavano proprio sotto i piedi dell'Ambasciatore e finivano in vari buchi nel pavimento. Presumibilmente, diretti nelle altre stanze.
« Ti piacciono i fuochi di artificio, comandante? » Disse l'Ambasciatore, ridendo.

Poi guardò i suoi soldati e diede l'ordine. « Uccidetelo. »
Smith fissò i nemici uno per uno. Erano giovani, inesperti; ma erano quattro più di lui.
« Fatevi sotto, pulcini » gli rispose, serio « fatevi dare una lezione. »
Ed emise un lungo fischio, prima di iniziare a combattere.

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Bazar di Mahyas
Il terzo giocatore


Malsana era un ghetto, più che un quartiere.
Nebbie fosche sembravano sovrastare tutto l'agglomerato, già di per se ovattato da alti palazzi e stretti vicoli, che comprimevano l'aria e - insieme a essa - le possibilità di chi vi si insinuava.
Aveva le sue leggi e - apparentemente - i suoi equilibri, instabili e fragili come le emozioni di coloro che li dettavano. Erano equilibri fatti di sguardi, di occhiate sfuggenti, di piccole frasi pronunciate a mezza bocca, oltre che di porte chiuse e porte aperte, anzi apertissime.
Insinuarsi tra i vicoli di Malsana significava prender fiato dal mercato e immergersi in un buio senz'aria.
Un buio fatto di profumi intensi e piccoli balsami rarefatti finanche nell'acqua gocciolante dai balconi inumiditi dalla pioggia del primo mattino.

Eloise prese per mano Medeo, tenendo la stretta con vigore sin da subito.
Era un bianconiglio che tendeva l'orecchio alla sperduta Alice, girovagando tra le trame del Paese delle Meraviglie, con il piglio di un bruco nella mela. Schivava vicoli e ne imboccava altri; si fermava a contare le strade, gestendo la tentacolare mappa di quel sottoborgo con la padronanza di chi v'aveva vissuto fin dagli albori.
« Perdinci, potrei quasi dire che l'abbia disegnato tu questo posto » asserì Medeo, divertito. « Non posso davvero negare che quel bel culetto abbia vissuto tante avventure da queste part--- »
« Smettila » sbottò lei, repentina.
« Sei divertente fino a un certo punto » aggiunse poi, visibilmente contrariata. « Ma poi basta. »
Gli occhi gli si riempirono di un umida sofferenza, mentre lo sguardo si abbassava e diveniva torvo. Nel mentre, la mano rigirava con nervosismo il coltello nelle mani e i nervi si tendevano, pronti a scattare al primo pericolo di cui si fosse avveduta.
« È vero, ho fatto la puttana » aggiunse, secca. « Perché un'elfa dalla pelle scura in un Regno di maschilisti xenofobi non può far altro che farsi scopare da vecchi porci, pur di tirare a campare. »
Medeo tese le orecchie. La discussione lo divertiva, ma - in un certo senso - lo rasserenava anche.
Quella che aveva di fronte non era probabilmente una ladruncola da quattro soldi; né una puttanella di borgata.
Era una donna che non aveva dimenticato il suo onore, nonostante la vita l'avesse messa alla prova tante, troppe volte.
« Ho fatto una vita di merda in queste strade » aggiunse, serafico. « Ma l'ho fatto per bisogno, non per vocazione. »
« E comunque si da il caso che questa sia una fortuna, per te. »

Medeo sorrise più lievemente. Un sorriso più magnanimo, meno di scherno.
Si inchinò, abbozzando un baciamano tenero; le scioccò un sonoro bacio tra l'indice e il medio.
« Avete ragione, Eloise » asserì, secco. « Il mio è un tentativo di sdrammatizzare; d'altronde vado a morire e potrei non avere più occasione di farlo. »
Poi la guardò, serio. « Ma se vi ho offeso, me ne rammarico. »
Eloise lo guardò, a metà tra l'incantato e lo stupito.
Non disse nulla, tranne: « Siamo arrivati. »

E i loro sguardi si posarono su di una porta di legno di mogano, dipinta di un tenue verde pastello per confondersi tra i mattoni circostanti.
Aveva pochi segni distintivi, se non una bocca di donna stilizzata come maniglia, laminata in ottone e rame.
E un'insegna, appena abbozzata poco sotto lo stipite: "Volgo di Bolgia".
La donna annuì lievemente, per tenerlo pronto. Poi poggiò le nocche sulla porta e bussò rapidamente.
L'uscio cigolò appena, mentre un bagliore rosato, mischiato di effluvi di estratto di rosa e erba piperita. Fece poi capolino un donnone dalle spalle larghe, non dissimili da quelle di un soldato di fanteria; aveva lunghi capelli rossi che gli scendevano sulle spalle a boccoli e indosso un vestito rosso porpora, rattoppato alla bene e meglio con vistose toppe scure, parzialmente mascherate da finti gigli cuciti alla meglio.
La donna li squadrò più volte, tendendo i grossi occhi nocciola, truccati con un viola acceso, su entrambi. Si soffermò in particolare su Medeo.
Solo dopo qualche istante, parlò. « Desiderano? »

« Una stanza per notte e radici di balsamo per agevolare la penetrazione » esordì Eloise, mantenendo un tono serio.
Medeo rimase interdetto per un istante. « Ehm... » commentò, visibilmente imbarazzato. « Giuro che non è come sembra. »
All'udire quella frase, la donna spalancò la porta e con un rapido gesto della testa indicò a entrambi l'interno.
« Dentro » disse, secca. « Veloci. »

L'ingresso era un salotto con poltrone in pelle rossiccia e pareti tappezzate di quadri esotici.
Sui divani erano appoggiate donne di tutti i tipi, ma per lo più smagrite, di una bellezza sfiorita e ormai decadente. Alcune anche piuttosto anziane.
« Dorotea, grazie » aggiunse Eloise, prendendo fiato.
Dorotea richiuse la porta immediatamente dopo, sprangandola con un pezzo di legno e alcuni chiavistelli.
« Che diavolo succede, piccolo fiore nero? » disse, girandosi verso di loro. « Il quartiere è in subbuglio. »
« I soldati? » Chiese Eloise. « Ci stanno ancora cercando? »
« Non vi stanno solo cercando, piccola cara » sbottò lei, con un pizzico di rabbia. « Stanno letteralmente mettendo a soqquadro la zona. »
Si avvicinò rapidamente a una delle finestre più laterali, scostando una tenda di panno nero. Oltre il vetro opaco, si scorgevano pattuglie di soldati che trascinavano donne in strada e picchiavano con vigore altrettante altre.
« Si dannano l'anima per trovarvi. »

La conversazione fu interrotta immediatamente da un brusco rumore.
Qualcuno bussò vigorosamente alla porta. « Aprite, guardia cittadina! »
« Dorotea! Ti prego! » Disse Eloise, preparandosi al peggio. Medeo si guardò intorno, scorgendo gli sguardi spauriti e rabbiosi delle donne presenti. Alcune balbettavano frasi sconnesse, altri parlottavano di soppiatto, fissando i due nuovi arrivati con sguardo torvo. Non ci volle molto per capire che quasi nessuno di loro avrebbe esitato troppo a venderli per un poco di tranquillità.
Dorotea, però, sembrava una donna risoluta. Teneva le spalle dritte e le mani sui fianchi, con aria di sfida. Nessuno le avrebbe detto cosa fare in casa sua, probabilmente.
« La stanza cinque » disse poi, secca. « Sulle scale, veloci! »
Eloise prese nuovamente la mano di Medeo e lo trascinò su di una ripida scala a chiocciola.
Percorsero gli scalini rapidamente, senza badare più al rumore o al pericolo.
Dorotea diede ordini alle donne presenti e, subito dopo, li seguì su per le scale.

La stanza cinque era quella più in alto e più in fondo.
Posizionata all'estremità più remota dell'ultimo piano, era una piccola insenatura ricavata sotto il tetto. Un letto a una piazza e mezzo ci stava appena ai margini della stanza, mentre di fianco regnavano un grosso armadio di legno scuro e una piccola bacinella di acqua sporca di sangue.
« Cosa cazzo dovremmo fare qui? » esordì Medeo, preoccupato.
« Non quello che speri tu, amore » disse Dorotea, con scherno. « Non oggi almeno » e gli schioccò un bacio sulla fronte.
Poi si diresse sulla piccola finestra, spalancandola. Sotto di essa c'era il corso principale del quartiere, abbastanza grande da farci passare carrozze e cavalli; abbastanza lungo da stancare qualunque fuggiasco.
« Guarda in fondo, tesoro » disse poi la donna, indicando l'orizzonte. Oltre il ditone smalato, infatti, c'era un grosso molo, posto alla fine del corso. E, sotto di esso, il fiume Laguno.
« Percorrete tutto il corso e sarete in salvo. »

« Ci servono dei vestiti, qualcosa per mascherarci! » Chiese Eloise, con aria preoccupata.
« Tutto quello che vuoi piccolo fiore nero » aggiunse Dorotea, seria. « Ma ritengo che sia più sicuro che passiate per i tetti. »
Nel mentre, Medeo scorse sotto di se e con orrore fissò gli squadroni dei soldati che ormai setacciavano ogni angolo della zona. Presto o tardi, li avrebbero trovati comunque.
« Potremmo anche rubare dei cavalli » disse, serio.
« Va bene, ma fate in fretta » disse Dorotea, mentre dal fondo della casa si levavano le grida dei soldati.
« E mi raccomando, date a quel figlio di puttana di Caino quello che si merita! »



CITAZIONE
QM Point
Siamo al penultimo turno di questa fase, forza.

Il primo giocatore. Le azioni di Lucious consentono di aprire la botola e quelle di Kremisy di guadagnare il tempo per scendere tutti giù per il tunnel. Eppure, il frastuono causato dalla caduta del ponte convince definitivamente le guardie che siete dentro la Ferriera e dopo poco le avete praticamente tutte alle calcagna. Questa azione vi complicherà la vita in questo turno. Nello stesso, infatti, dovrete organizzarvi in coppie: due per carrello. Durante la corsa nei carrelli, infatti, verrete inseguiti dalle guardie. Anche le guardie saranno due per carrello e vi rincorreranno coi loro per attaccarvi. La particolarità sarà semplicemente che ogni attacco o difesa ad area castata da ciascuno di voi, varrà soltanto per i due nel carrello. Quindi, sostanzialmente, dovrete organizzarvi di conseguenza.

Le guardie attaccheranno ogni carrello con questi due attacchi (per semplicità diciamo che ogni coppia di guardie attacca allo stesso modo):
Speronamento. Tecnica fisica che danneggia il fisico, di potenza alta. Il carrello avversario urterà il vostro; la tecnica causa un danno alto ad area e vi fa perdere l'equilibrio.
Colpo di spada. Le due guardie attaccano ciascuno degli occupanti con un colpo di spada, causando un danno medio per colpo di spada (quindi alto nel complesso).

Oltre a questo, sappiate che uno di voi dovrà portare il sacco. Chi porta il sacco potrà usare due slot come tutti, ma non potrà avere compagni di carrello, quindi dovrà affrontare da solo le due guardie. Se nessuno porta il sacco, la missione fallirà automaticamente. Sappiate che, ovviamente, portare il sacco non significa automaticamente "guadagnare più punti" agli occhi del qm. Significa, più probabilmente, aumentare la difficoltà del post da fare. Organizzatevi in confronto: prima vi organizzate, meno rischiate di rimanere senza partner.

Il secondo giocatore Sono abbastanza soddisfatto delle vostre azioni. Ma qui le cose si complicano.
Nessuno di voi ha indovinato dove fosse l'ambasciatore. Qualcuno di voi, in verità, nemmeno ha indicato dove si dirigeva. In questo caso, l'ho forzatamente diretto verso un posto in cui l'ambasciatore non c'era (è il caso di Neero, diretto nella mensa). Qui si scopre la trappola: l'Ambasciatore ha riempito le stanze con un gas infiammabile. Ci sono tre micce che partono dal salone e finiscono nelle stanze dove siete voi. In questo turno metterò alla prova la vostra Sportività. L'esplosione ha un effetto ipotetico di potenza "Immensa" (doppio Critico). Ciascuno di voi è colto alla sprovvista da questo evento e, quindi, non può usare più di uno slot per difendersi. Dovrete decidere semplicemente come vi difendete e quanti danni vi causa l'esplosione. Autonomamente e autoconclusivamente. L'effetto è ipotetico in quando, eccezionalmente, non solo le tecniche potrebbero difendervi dal danno, ma anche le modalità con cui il vostro pg decide di "subire" l'esplosione (es. facendosi scudo con qualcosa). Insomma, dovrete decidere quanti danni subite sforzandovi di essere "onesti" (sportivi).
Sappiate che non potete prevenire l'esplosione; potete solo abbozzare una difesa. Gli unici che potranno usare due slot a testa sono coloro che hanno accompagnato il pg di Albtraum, il quale ha usato molto intelligentemente un Auspex e, quindi, viene avvertito qualche istante prima del botto. Se i danni che vi sarete causati non saranno proporzionali alla difesa, sarete naturalmente penalizzati. Dopo l'esplosione (se sarete ancora vivi) i vostri personaggi si dirigeranno verso il Salone, udendo il fischio di Smith.

Il terzo giocatore. La scelta è efficace, in quanto l'esperienza di Eloise riesce a garantire un certo margine ai due. Medeo spende circa il 10% di energie, arrivando al 250%.
Adesso i due si trovano divisi dal Laguno soltanto dal corso principale, attualmente trafficato da carri, cavalli, mercanti, avventori e... guardie, sopratutto. Dovrete decidere come i due raggiungeranno il fiume.
Numero uno. Medeo ed Eloise si travestono e cercando di attraversare il corso a piedi, confondendosi tra la folla.
Numero due. Medeo ed Eloise passano per i tetti, raggiungendoli dalla finestra della stanza.
Numero tre. Medeo ed Eloise rubano dei cavalli e si lanciano a tutta velocità.

Chi si unisce in questo turno. Chiunque può unirsi alla quest, specificando la sua presenza in uno dei due scenari (primo o secondo giocatore). In questo caso, limitatevi a seguire le prescrizioni indicate per questo post, ma sappiate che l'assenza dei post precedenti influenzerà il voto finale (quindi, dovrete sforzarvi di fare post migliori degli altri per compensare). Come lettori, invece, chiunque può votare in ogni momento.

Tempi. Dieci giorni circa. La votazione chiuderà giovedì prossimo.
 
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view post Posted on 6/2/2016, 01:10
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Castello di Carte ~ Apocalisse.
« Chi, se non un mostro, deve lottare per fermare un altro mostro? »

Mentre camminavo per i corridoi dell'ambasciata, seguendo come retroguardia il gruppo di soldati che si era diretto verso la dispensa, avevo in testa una miriade di pensieri tra cui uno, più di altri, spingeva per emergere. Mi chiedevo, forse ingenuamente, quale fosse il motivo per cui dopo anni e anni gli uomini del Dortan non fossero riusciti a risolvere i problemi che affliggevano la loro società. Potevo capire il razzismo imperante, le fobie più becere e abiette, ma lasciare in vita quell'idiota di Caino nonostante tutte le stupidaggini fatte e presunte, le dicerie ed i fatti comprovati era una scelta che non comprendevo. Non sarebbe bastato, forse, conficcargli cinque centimetri d'acciaio nel petto per porre fine ad una faida che durava da ben prima della mia non morte? Eppure ancora, in quel giorno, ci trovavamo a strisciare per le stanze di una struttura ridotta nel pieno degrado, disperati all'idea che qualcuno potesse ancora venderci ad un uomo del genere. Inevitabilmente, quasi come se un piccolo moto di razzismo si fosse sviluppato anche dentro di me, mi sovvenne spontaneo il fatto che, forse, gli uomini meritavano di morire come cani. Non tutti, ma buona parte di loro. La verità, invero, stava nel fatto che per tutti, me compresa, era più facile accettare passivamente che il mondo arrivasse e facesse i propri comodi, piuttosto che combatterlo e cercare una strada alternativa a colpi di spada.
Del resto stavo pensando alla stessa razza che era riuscita ad annegare una ragazzina solo perché nata con le orecchie a punta, il minimo che potevo aspettarmi era vederli scannarsi a vicenda sino alla loro completa - e meritata - estinzione. Solo le persone come Smith, seppur poco e sicuramente con numerosi difetti, meritavano fiducia. La mia, almeno.

La dispensa era un luogo disgustoso e umido: nonostante il prestigio dell'edificio gli interni sembravano abbandonati da decenni, macilenti e trascurati. Entrando mi portai una mano al naso per coprire la puzza, senza successo. Chiaramente il traditore non era lì, altrimenti ci avrebbe accolti con una salva di proiettili, ma qualcosa di ben peggiore era stato allestito in previsione del nostro arrivo. Sulle prime non sembrava esserci nulla di sospetto, ma prima che potessimo fare marcia indietro e ricongiungerci con un altro gruppo, una delle reclute udì un rumore provenire da dietro alcuni sacchi, simile ad uno starnuto: era un soldato nemico che, probabilmente scampato al massacro alla porta, aveva deciso di rintanarsi lì dentro nel tentativo di salvarsi. I nostri gli furono subito addosso e, nel giro di pochi istanti, lo immobilizzarono. Nemmeno il tempo di porgli una domanda che sul volto gli comparve un'espressione spaventata, sudava ed era palesemente in ansia per qualcosa. Istintivamente portai la mano sulla spada, guardandomi attorno come se, da un momento all'altro, un esercito dovesse fare irruzione in quel luogo uscendo dalle pareti. Non ero paranoica, ma il mio desiderio era ben lontano dal farmi catturare o scannare in quella topaia. Non si muoveva niente attorno a noi, solamente grossi barili impolverati e sacchi immobili. Guardai nuovamente i miei compagni alla ricerca di un segnale di pericolo, di uno sguardo affermativo.
Jorge, per primo, si rese conto di quanto stava per accadere.

« Alla porta, svelti! »

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Successe tutto molto in fretta e all'inizio non riuscii nemmeno a capire di cosa si trattasse. Solo dopo qualche istante mi resi conto che quella era una trappola, architettata in maniera magistrale dall'ambasciatore o dal suo entourage, per farci fare la fine del topo. Tutti i soldati presero a scappare verso l'uscita, me compresa, cercando di raggiungere l'esterno prima che la trappola scattasse. Tra me e la porta, tuttavia, si erano accalcate le reclute del drappello e a causa della mia corporatura non sarei mai riuscita a sgomitare per aprirmi la strada. Imprecai mentalmente, correndo verso gli otri lungo le pareti in cerca di riparo. Con la spada vibrai un colpo piuttosto grezzo contro il coperchio di una delle giare, rivelandone l'odore pungente e acido del vino che riposava all'interno. Prima che riuscissi a rifugiarmi dentro, tuttavia, la trappola scattò. L'aria della stanza prese fuoco, espandendosi in una bolla di fiamme che inghiottiva ogni cosa si trovasse davanti. Cercai di schermarmi il volto con l'avambraccio, mentre saltavo nell'otre con un balzo disperato, ma il calore bruciò il farsetto e si portò via buona parte della pelle del braccio. L'impatto con il vino, freddo, fu una sensazione persino peggiore, al punto da togliermi quasi il respiro.

Tutto avvenne con una velocità tale che i miei pensieri a stento riuscivano a recepire in maniera chiara tutti gli stimoli esterni, dalle urla dei miei compagni intrappolati sino al ruggito delle fiamme che, alimentate dalle farine e dal legname presente, non facevano che ingrossarsi e aggredire selvaggiamente le mura della dispensa. Mi rannicchiai su me stessa per difendermi, sperando che bastasse. Qualcosa di molto grosso impattò contro la giara, forse una cassa o forse qualche altro utensile abbandonato, abbastanza forte da mandarla in mille pezzi. Una miriade di frammenti ceramici, schegge di legno e qualsiasi altra cosa fosse andata distrutta durante lo scoppio mi investirono come una gragnola: alcuni mi trapassarono senza causare danno, ma i primi, che mi avevano colta alla sprovvista, si conficcarono in profondità nella carne riuscendo facilmente a trapassare l'imbottitura della corazza. Il vino si sparse tutto a terra al contrario del mio corpo che, a causa dell'onda d'urto, impattò sul muro facendomi quasi perdere i sensi. Ricaddi sul fianco, moribonda, incapace persino di sbattere gli occhi senza provare un immenso bruciore.

I miei pensieri erano governati dal caos. L'ultima cosa che riuscivo a ricordare distintamente erano le parole di Jorge che ci intimava di metterci in salvo fuori dalla stanza, tutto il resto era una amalgama confusa e distorta di sensazioni. L'olezzo di muffa e di stantio doveva aver coperto, sfortunatamente, l'odore del gas infiammabile racchiuso nella stanza e se, per sfortuna, Jorge non fosse riuscito ad avvisarci in tempo nessuno di noi, me inclusa, avrebbe potuto scamparla. Era una vera e propria trappola mortale, architettata sin nei minimi dettagli e sotto il naso delle guardie cittadine da chissà quanto tempo... era un miracolo che il palazzo non fosse venuto giù assieme a quella detonazione.
Mi sforzai di mettermi seduta contro la parete, avevo un dolore diffuso a tutta la parte destra del corpo, il farsetto bruciato in più punti e la pelle sottostante arrossata e ricoperta di piccole vesciche. Passandomi una mano sul volto mi resi conto che dovevo avere svariate ferite da taglio sulla fronte o sulle guance, dato che stavo sanguinando copiosamente, inoltre avevo frammenti conficcati sotto pelle sul ventre e vicino al seno. Un disastro. Come se non bastasse il vino mi aveva inzuppata dalla testa ai piedi, rendendo molto più pesante l'imbottitura - oltre ad averle donato un odore insopportabile di aceto -. Respiravo affannosamente, avevo il cuore che batteva all'impazzata e la polvere alzata dallo scoppio mi impediva di vedere che fine avessero fatto i miei compagni, uno scenario da incubo per chiunque. Cercai di tirarmi in piedi aggrappandomi con le mani a quello che restava di una delle impalcature che reggevano le casse, ma il braccio sinistro cedette, facendomi rovinare di nuovo a terra con un gemito sofferente e una nuova imprecazione.
Probabilmente avevo la spalla sinistra lussata, mi faceva molto male e non riuscivo a muoverla bene, immaginai fosse successo con l'impatto contro il muro e che, dopo tutto, mi era persino andata incredibilmente bene visto che, se mi fossi messa in salvo mezzo secondo dopo di me non sarebbe rimasto nient'altro che polvere. Piano piano tornai a vedere chiaramente la dispensa in modo chiaro, con le mura annerite e quasi tutti gli oggetti disintegrati nell'esplosione. L'aria era pesante, fuligginosa, su tutte le pareti si erano conficcati frammenti di ogni tipo, persino bottiglie e schegge di vetro fusi per calore si erano trasformati in armi micidiali. Dovevo alzarmi e raggiungere gli altri prima che le guardie dell'ambasciatore decidessero di controllare quanti topi la loro trappola aveva ucciso, non ero nelle condizioni di respingere un assalto da sola. Barcollai a fatica verso l'uscita, zoppicando e tenendomi appoggiata al muro per non cadere. Lo stordimento stava passando, seppur molto lentamente, ma da qui a poter combattere il passo era assai lungo.
Le guardie, quelle rimaste indietro, non erano riuscite a mettersi in salvo, alcuni avevano persino perso gli arti, davanti agli occhi avevo uno spettacolo raccapricciante, disgustoso a vari livelli, anche per una persona come me; l'unica mia speranza era che Jorge fosse sopravvissuto, perché non avrei potuto uscir da quel posto da sola. Incespicai sul corpo di uno dei miei compagni, quasi rischiando di cadere, rendendomi conto solo in quel momento che avevo perso la mia arma ed il mio cappello. Per terra c'era uno strato di lordura indecente, misto di sangue, vino, olio, acqua e cenere... era uno stramaledetto incubo.

A quel punto lo vidi, Jorge, gravemente ferito, buttato contro un muro. Quel suo macchinario strampalato sembrava aver subito parecchi danni a causa dello scoppio, al punto che, vedendo quel groviglio di metalli, tubi e tubetti, a stento mi sembrava di star guardando un essere umano. Non che mi importasse, in quel momento preciso, dato che dovevamo uscire da lì e raggrupparci con Smith. Con non poca fatica si tirò in piedi iniziando a camminare e, a quel punto, mi avvicinai per accertarmi che stesse davvero bene. E lo ammetto, senza falsi pretesti, la mia unica preoccupazione era che riuscisse a combattere e a guardarmi le spalle in quel delirio.

« Pensi di riuscire a combattere? »
Non saprei dire se fosse felice della mia presenza o meno, sotto la maschera e con gli occhi ancora irritati del vino e dal fumo, non riuscivo a vedere ancora molto bene, per non dire dei colpi di tosse insistenti che continuavo a fare ogni mezzo passo.
Cercò di togliersi la maschera, ma perse l'equilibrio rischiando di ferirsi ulteriormente. Non avevo idea di cosa fare, era la prima volta che vedevo un dispositivo del genere, a stento sapevo dove mettere le mani, quello che compresi di dover fare era liberargli il volto in modo che riuscisse a respirare meglio.
« Puoi darmi del tu per favore? » mi sentivo profondamente a disagio a usare quel tono formale in mezzo al disastro, mi faceva sentire ancora più isolata e spaventata, ma quell'uomo sembrava completamente refrattario a qualsiasi forma di avvicinamento, a prescindere da quello che ci stava capitando.
« Credo che poche cose possano unire come uno... » un colpo di tosse mi interruppe, costringendomi a coprirmi la bocca con la mancina. « ...scoppio del genere. »
Riuscii a togliergli la maschera, ma quando questa venne via le cose parvero peggiorare drasticamente.
« Cosa... sta mai vaneggiando, Allegra...? » rantolò, piegandosi in preda a forti dolori. « Il meccanismo... Non posso respirare. Morirò. »

Alzai le mani, incredula. Non avevo idea di come reagire ad una situazione del genere, non sapevo niente di medicina o guarigioni, agendo potevo anche peggiorare le cose. Pensai persino di aver agito male a liberargli il volto, non stavo letteralmente capendo niente dello stato del mio compagno. Tutto quello che riuscivo a pensare era "non morire", continuavo a ripetermelo mentalmente pregando tutte le divinità, esistenti e non esistenti, di farlo sopravvivere. Evidentemente qualcuno, dall'alto dei cieli, ascoltò le mie preghiere e quell'arnese infernale che lo teneva in vita riprese a funzionare in maniera consona, permettendogli di respirare quasi normalmente. Questo, tuttavia, non gli impedì di comportarsi come uno stronzo nei miei confronti.

« Io non desidero esserle amico. Non tengo a cuore gentaglia della sua fatta... quindi continui a trattarmi come un collega, o un commilitone, se preferisce; ma non insista in questa maniera infantile. »

Non capivo perché mi odiasse, ma in quel momento avrei davvero tanto voluto piantagli un coltello in mezzo gli occhi fingendo che l'esplosione se lo fosse portato via. Perché maledizione mi trattava in quella maniera? Non avevo fatto niente di male, anzi, avevo provato persino a salvarlo e aiutarlo nel limite delle mie, ammetto, limitate possibilità, non meritavo di sentirmi dire quella sequela di cattiverie gratuita, né di essere considerata come una nullità, quasi come se trattarsi in maniera umana per lui fosse fonte di fastidio. D'improvviso rimpiansi che fosse sopravvissuto all'esplosione.

« Ma che diavolo!? » strillai, indispettita. « Quelli della mia fatta!? Non sei nemmeno un essere umano! »

Barcollai, allontanandomi da lui e guardando a destra e manca nella speranza di ritrovare il mio cappello. Lo intravidi pochi istanti dopo, raccogliendolo e calcandomelo sulla testa, mezzo bruciato e lordo, ma preferivo quello schifo sulla testa che mostrare a qualcun'altro i miei occhi, tanto più se la reazione media era come quella di Jorge. Lui, come tanti, non aveva nemmeno idea di come stare la mondo, era solo uno dei migliaia e migliaia di cialtroni razzisti responsabili della morte, dell'omicidio e della ghettizzazione di decine di minoranze... per la sola paura dell'ignoto. Non importava che stessi rischiando la vita per il suo stesso obiettivo, per i suoi stessi - credevo - ideali, il solo fatto di non essere umana, normale, bastava e avanzava per trattarmi a quel modo.

« Va bene. Non parliamone più, cercavo solo di aiutare. Fanculo, non sono un soldato, sono una musicista! Se non vuoi trattarmi in maniera degna va bene, ho capito, non mi interessa di cosa sei fatto, per quanto mi riguarda potresti essere composto persino di fango compresso, mi basta che usciamo da qui. »

Ansimavo vistosamente, la voce resa roca dall'aria fuligginosa. Gli vomitai addosso parte di quel veleno, di quel rancore che mi portavo dentro. Non era colpa sua, non completamente, certo si era comportato come se fossi una untrice, ma non potevo biasimarlo. Decisi di lasciar correre e di non parlarne più. Se non gli importava altro che avere un automa privo di emozioni al fianco, anziché una persona, erano gusti suoi. Se non voleva trattarmi in una determinata maniera andava bene, non era né il tempo né il luogo di fargli una lezione sul concetto di gentilezza, l'importante era ritrovare il Comandante e uscire da quell'inferno.

« Riesci a camminare? Se sì muoviamoci, Smith ci aspetta. »

Zoppicando mi inginocchiai al fianco di uno dei caduti, stringendo i denti per il dolore che quel gesto mi causava, recuperando la sua arma prima di avviarmi nuovamente lungo i corridoi, sperando che gli altri gruppi non avessero subito la nostra stessa sorte.


B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%



Capacità Speciali: 0
Riserva Fisica: 35% -30% (danni generalizzati da esplosione) = 5%
Riserva Energetica: 85% - 40% = 45%
Riserva Mentale: 135% - 10% - 125%
Stato Emotivo: Demoralizzata.
Equipaggiamento:

• Spada da Fanteria.
• Farsetto imbottito bruciato.

Passive Utilizzate:
Inafferrabile: Peso meno del mio stesso vestito, mi avrebbe detto qualche anziana signora, preoccupata per la mia eccessiva magrezza. Di fatto posso compiere salti molto lunghi, piroette a mezz'aria e quante altre prodezze circensi senza quasi alcuno sforzo. Muoversi nel vento e danzare al ritmo delle correnti d'aria diventa il tuo naturale movimento quando ti abitui. All'inizio è come gattonare, inciampando e cadendo di continuo, ma dopo un poco diventa la tua normalità.
[Passiva livello I del Talento Acrobata "Funambolo" - Capacità di assumere pose innaturali e fare movimenti estremamente agili e rapidi per colpire il nemico o muoversi nell'ambiente.] (Utilizzi: 6-1=5)

Sfuggente: Il mio corpo non risponde più a certi limiti, come un tempo. Posso disarticolare le ossa, piegarmi in modi che ucciderebbero chiunque, torcere gli arti sin quasi a farli girare su se stessi e infilarmi in spazi tanto piccoli da pormi ospitare solo per intercessione di non so quale miracolo. Eppure ci riesco, istintivamente, e mi va bene così. Non mi serve farmi domande sul perché di queste mie capacità, so solo che senza non potrei più vivere. Vivere...
[Passiva livello II del Talento Acrobata "Contorsionista" - Capacità di superare i limiti imposti dal corpo umano, dalle articolazioni e dai muscoli per un singolo turno] (Utilizzi: 6-1=5)

Attive Utilizzate:
Agitato ♪: Quello che è chiaro è che il corpo sia il mio punto debole. Chiunque, con un pugno ben messo, potrebbe causare gravissimi danni a quello che rimane della mia flebile ossatura e delicata pelle. Per mia fortuna non ho più certe limitazioni fisiche di cui dover rendere conto. Una volta, lo ricordo distintamente, un predone di qualche tipo cercò di afferrarmi alle spalle mentre costeggiavo le montagne vicino a Biancocolle. Senza pensarci due volte mi spostai velocemente verso il basso sgusciandogli letteralmente dalle mani, lasciando piuttosto perplesso. Contorcermi e fare movimenti molto rapidi è l'unica difesa, oltre alla magia, che possiedo. E devo metterla a frutto in ogni modo possibile.
[Personale 5/25 - Consumo Variabile Critico, natura Fisica, consuma Energia e difende Fisico. Si tratta di un veloce movimento o di una particolare posa, anche innaturale, che permetta di evitare ed eludere le offensive materiali dirette al fisico di Irene]

Allegro ♪: Sono un fantasma. Corporeo e tangibile, il più delle volte, ma pur sempre un fantasma. Se mi concentro abbastanza posso traslare il mio corpo nell'aldilà, renderlo intangibile alla maggior parte dei colpi e degli assalti. I coltelli mi trapassano ferendo l'aria e spostando la mia immagine come se avessero ferito uno specchio d'acqua, nessun danno e nessuna ferita. Certo, ogni volta ho il terrore di non riuscire a tornare completamente nel mondo dei vivi, ma non posso farne a meno, è questa la mia vita.
[Personale 10/25 - Consumo Medio, natura Magica, consuma Mente e difende Fisico. Si tratta di una immunità ai colpi fisici per due turni, il corpo diventerà intangibile e verrà trapassato dai colpi non tecnica]

Note: Brucomela, eccomi. Allora devo dire che questo post mi ha richiesto non poca fatica (e la scheda nuova non ha aiutato ç_ç) ma spero che, se non altro, sia piacevole. Allegra cerca riparo dallo scoppio correndo fuori, ma la porta è "bloccata" dagli altri uomini che tentano la fuga, quindi è costretta a correre verso gli otri nella speranza di potervisi rifugiare. Ne apre uno che contiene del vino e vi si getta all'interno con una tecnica di schivata, per riuscire a battere sul tempo la fiammata. Ovviamente rimane ferita ma riesce a rifugiarsi all'interno e a rannicchiarsi nel liquido, anche grazie alle sue due passive che gli permettono di compiere movimenti estremamente complessi e assumere pose da contorsionista (ossia entrare al volo nell'otre e rannicchiarvisi all'interno). In questo modo evita i danni da calore dell'esplosione iniziale. Lo scoppio ovviamente genera una pioggia di schegge e altri oggetti che spaccano l'otre di argilla investendola con una sequela di colpi. Qui ho usato la tecnica che mi rende immune ai colpi fisici considerando come se queste schegge trapassassero il corpo senza causare danno. Immediatamente dopo viene sbalzata contro il muro e subisce ulteriori danni da impatto. Complessivamente ho subito il 30% dei danni, visto che avevo solo il 35% a inizio post, ma ho dimezzato le mie energie per resistere ai danni. Complessivamente Allegra è più morta che viva, zoppica e ha un braccio fuori uso, oltre che gravi ferite su tutto il corpo. #PrayForSmith.
 
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Alb†raum
view post Posted on 7/2/2016, 18:17




Quando Jorge e Allegra imboccarono il corridoio verso la dispensa, alle loro spalle si muoveva un seguito di due o tre soldati che si erano uniti a loro confluendo nella medesima direzione; altrettanti li aspettavano all'entrata. Nell'attraversare quelle sale umili adibite a cortigiani e sguatteri, con il pavimento di pietra e le porte di stanzini poste ordinatamente in fila, a Jorge sovvenne l'Accademia che aveva frequentato quarant'anni prima. Gli parve di star camminando in quegli androni come un tempo aveva cercato le aule e si era affaccendato a comprendere dove quegli idioti dei professori avessero spostato le lezioni; successivamente, una volta divenuto professore, li aveva attraversati disperandosi per qualche sgabuzzino libero dove avrebbe potuto istruire i giovani. Non era durato molto, quell'impiego. “Questa volta non è per studiare o insegnare” pensò, trovandosi di fronte all'uscio.

La dispensa era un locale povero, disseminato di casse e sacchi sporchi di polvere e farina filtrata dalla tela; non vi era nessuno all'interno. Jorge avanzò con disappunto, scostando gli ostacoli a calci. Aveva sperato che il traditore avesse scelto di asserragliarsi lì, dove avrebbe potuto aspettare che Caino entrasse in città e lo liberasse. A quanto pareva, l'Ambasciatore o non era stato tanto cauto, o non prevedeva affatto di perdere la propria difesa. Cosa lo rendeva tanto sicuro di sé? La stupidità, la forza del suo signore o la presunta incompetenza di Smith?
Qualcosa si mosse fra le casse. Jorge lo avvertì e in silenzio fece cenno a due guardie, che si gettarono sul punto indicato. Scostarono la pila di vettovaglie e tirarono su l'individuo che si nascondeva in essa, una guardia bardata nella stessa maniera di quelle che avevano combattuto per entrare. La resistenza di quei disperati si stava rivelando proverbiale. Jorge le si avvicinò per fare domande; ma non ce ne fu bisogno, perché essa sussurrò:
“Dobbiamo fuggire”.

Se l'intuito di Jorge non gli avesse fatto togliere la maschera, se le sue rune di individuazione non avessero individuato qualcosa che non andava; e se, infine, non avesse solo tre anni prima lavorato alla costruzione di un ordigno esplosivo per le miniere di Shirazamar, probabilmente il tossicologo sarebbe morto qualche istante più tardi. Tuttavia, colto da un'inquietudine che gli assalì il petto, Jorge si sfilò il proprio respiratore un istante, e riconobbe l'odore aspro del gas infiammabile che impregnava l'aria.
«Alla porta, svelti!» urlò, ricoprendosi il volto. Sferrò un pugno alla propria cintura, dove erano incise le rune di protezione. Uno sfrigolio intenso gli fece capire che le aveva sovraccaricate, e subito un forte calore si espanse dallo stomaco fino alla punta dei piedi; l'istante dopo era fuori dalla porta, dietro al muro che dava alla dispensa. Allegra, quella ragazza che più di una musicista pareva un'agile assassina, lo raggiunse con una capriola.
Fece appena in tempo a stringersi in petto le ginocchia prima che avvertisse la parete dietro di lui gonfiarsi e infine andare a pezzi.
Jorge venne proiettato contro il muro di fronte con unicamente il rumore dell'esplosione che gli rimbombava nelle orecchie. Dalla maschera fuoriuscì una patina di metallo che andò a ricoprirlo per proteggerlo, ma pezzi interi di pietra, casse e sacchi saettarono contro di lui, e fu come uno di quei sogni violenti, dove chiudendo gli occhi si avverte di essere gettati da un'altezza infinita. Qualcosa di ruvido impattò sulla schiena di Jorge, una cassa lo prese sul fianco, un frammento gli scalfì la testa. La forza lo scaraventò strisciando per il corridoio, gli fece colpire il terreno come una palla di cannone. Jorge aveva gli occhi serrati e avvertiva solo gli urti, che come mazzate violente gli si propagavano in corpo, facendogli tremare le ossa e i denti.

Non seppe distinguere bene quando l'esplosione finì il proprio cammino distruttivo. Erano passati pochi secondi, eppure Jorge, con gli occhi serrati e schiacciato contro un muro, avvertiva ancora le botte, il dolore sordo sulle ginocchia che strisciavano, quello dei calcinacci che gli strappavano le vesti. La testa gli girava, e capiva che non era più in pericolo solo perché l'aria sospinta dalla detonazione non gli agitava più le vesti. L'odore dei gas nella maschera gli parve nauseante; portò una mano per sfilarsela, ma questa rifiutò di obbedire con uno spasmo accecante, e grugnendo Jorge la lasciò dov'era.
Dei passi si avvicinarono. Era Allegra? Chiunque ma non lei, per Dio! Cos'era quella ragazza, cosa gli stava nascondendo? La paura gli fece aprire gli occhi. Sospirò di sollievo nel vedere che era solamente un'altra guardia. Era china su un ferito e ne stava controllando le condizioni; a Jorge non servì che un'occhiata per capire che il disgraziato aveva un buco sanguinoso da cui fuoriuscivano i filacci delle budella misti ai vasi sanguigni scoperchiati, e che probabilmente nemmeno un sacerdote avrebbe potuto richiudere prontamente la ferita.
Jorge decise di interrogarsi su quali fossero le proprie, di condizioni. Provò a muovere le dita delle mani, e un dolore sordo gli prese i muscoli del braccio. Si morse il labbro. Danno ai tendini? Forse un osso spezzandosi gli aveva trapassato un muscolo; o un'emoraggia interna lo stava invadendo. Si piegò in avanti per rialzarsi, e immediatamente un gridò di dolore gli salì dalla gola. Ricadde contro il muro. Cosa diavolo...?
Dal respiratore sporgeva un tubo metallico che gli premeva sulla cassa toracica. Un rivolo di sangue usciva dove esso si era conficcato, anche se il tessuto non rendeva visibile che uno scampo di carne viva arrossata e l'osso biancheggiante in mezzo.
Sollevò il braccio sinistro e un formicolio sgradevole gli si propagò dalla spalla al collo. Afferrò il tubo e strattonò; questo si staccò con relativa facilita, già indebolito dagli urti, e lo lasciò conficcato nella ferita per evitare di aprire qualche arteria. Afferrò il bastone dalla cintura con gesti lenti, per non affaticare i muscoli dolenti, poi si aiutò con questo e con il muro alle spalle per rialzarsi.
Ci fu un clangore di metallo. Pezzi di respiratore, viti staccate e il telaio si frammentarono e precipitarono a terra. Le gambe tremarono, e Jorge per un istante fu sul punto di cadere di nuovo. Si gonfiò i polmoni come se volesse urlare, poi, accompagnato dall'intenso sibilare del marchingegno, si alzò completamente in piedi.
Un istante dopo camminava, per quanto le fitte dei muscoli di gambe e schiena rendevano quella passeggiata simile a una tortura coi ferri roventi. Allegra, questa volta era lei, ne era sicuro, gli era venuta in contro. Jorge non la degnò di uno sguardo.

“La magia è uno strumento come un altro, Jorge” gli aveva detto Dantes, trent'anni prima. “Non devi averne più paura di quella che provi per una pistola carica o un coltello ben affilato”.
Dantes era morto, e corpo e anima del disgraziato erano andati ad alimentare una fornace di disgrazie senza fine. Perché, se la magia fosse davvero una pistola, sarebbe peggio di quegli archibugi che, esplodendo, portano via mano o occhi al proprio utilizzatore.
No, la verità era che se Allegra fosse un essere sovrannaturale, allora tenersene in guardia era il minimo che potesse fare.

«Pensi di riuscire a combattere?» disse lei, facendosi vicina. Il tossicologo le gettò allora un'occhiata per allontanarsela. Notò in quel momento che lei aveva perso il gran cappello che le aveva coperto gli occhi. Aveva le pupille malformate, bianche, come se aggredite da una cataratta violenta. Da cos'era causata? Un incantesimo, veleno, sacrificio? O era la razza di quella già bizzarra creatura a dotarla di tale caratteristica?
Sospirò. Al momento di uscire l'aria gli si bloccò nei polmoni meccanici, come se trattenuta da un bolo. Spinse con quello che gli rimaneva della muscolatura, tossì. La gola gli fu invasa fa un fiotto di sangue che fuoriuscì sprizzando dai pori della maschera, e il petto gli bruciò come in preda alle fiamme.
«Mi... aiuti... un istante...» gracchiò. Si piegò in due reggendosi il petto, spingendolo, ma il meccanismo doveva essere invaso di sangue. Barcollò e quasi cadde a terra, e dovette appoggiarsi con entrambe le mani al bastone per non precipitare.
Altri colpi di tosse. Schizzi di sangue macchiarono il muro.
«La maschera... non respiro...». Il meccanismo cominciò a stridere e le valvole soffiarono impazzite, incapaci di assorbire aria. Era quella la maniera in cui stava morendo, allora? Soffocato dal proprio stesso sangue e saliva come un bruto ubriaco dopo una rissa? Il terrore lo prese, e forse sarebbe impazzito se in quel momento allegra non si fosse avvicinata per sfilargli la maschera.

«Puoi darmi del tu per favore? Credo che poche cose possano unire come uno... scoppio del genere» disse lei, ma Jorge in quel momento era troppo occupato a non morire per udire quelle sciocchezze. La maschera scivolò via. In quell'istante, qualcosa dentro il suo petto si spezzò e premette come una lancia conficcata nel cuore. Dalle labbra chiuse gli colarono rivoli di saliva sanguinosa, e in un gesto impulsivo spinse via Allegra e si genuflesse, avendo solo nelle orecchie il suono selvaggio del proprio organo meccanico.

«Cosa... sta mai vaneggiando, Allegra...?» rantola, piegandosi a terra. Poi, a voce alta, un pensiero: «Il meccanismo... Non posso respirare. Morirò» l'aria usciva ed entrava a tratti, ed era come respirare acqua salata. Ora era a terra, e la vista gli si colorò di nero. Strinse gli occhi e con le ultime forze strisciò fino ad appoggiarsi contro il muro. Rimase immobile. Il freddo gli si allargava dal petto e gli raggiunse le braccia. Botte e fratture non erano niente in confronto a tutto quello.
Elize... non poteva dire addio nemmeno a Elise? Non avrebbe potuto vedere in faccia il traditore, non avrebbe potuto salvare la città da Caino? No, nessun pensiero era tanto doloroso quanto: “io sto per morire”.

Se Jorge non avesse con gli anni trasformato il proprio cuore in un'unica, putrescente cicatrice, forse si sarebbe potuto rendere conto che tutto ciò che vi era di sbagliato in lui poteva essere riassunto in quel concetto.

Eppure quella disperazione gli gonfiò il petto di aria. Allora il polmone meccanico emise un sonoro clangore, una valvola cominciò a sputare fumo che puzzava di gomma fusa e un tubo tranciato del liquame nero. Una bolla scura si gonfiò ed esplose, e dei frammenti d'osso caddero fuori. Tintinnio di ingranaggi che riprendono, un raschiare sottile.
Jorge respirava di nuovo.

Si sollevò schiacciandosi contro il muro. Allegra lo osservava con apprensione. Lui tossì. «Ben vedete... a quale miserabile individuo volete unirvi in amicizia. E... d'altro canto». La squadrò con severità. «Io non desidero esserle amico. Non tengo a cuore gentaglia della sua fatta... quindi continui a trattarmi come un collega, o un commilitone, se preferisce; ma non insista in questa maniera infantile».
“Perché lei non è umana” avrebbe voluto aggiungere. “Perché lei non vuole dirmi con quale potere scala colonne, uccide uomini e si salva da litri di gas esplosivo”.

Allegra lo fissò con sconcerto. C'era una certa delicatezza nei suoi tratti e nei suoi gesti. Era bella. Bella? Quel tipo di bellezza che si addiceva di più ai cadaveri delle vergini, così immoti, eternamente puri; la bellezza di Valentine, che quella domenica, sdraiata nella piccola bara con le guance rosate dal trucco e il vestitino che sarebbe dovuto essere quello per le feste, pareva addormentata.

L'idea fu rotta quando la ragazza aprì la bocca. «Va bene. Non parliamone più, cercavo solo di aiutare. Fanculo, non sono un soldato, sono una musicista! Se non vuoi trattarmi in maniera degna va bene, ho capito, non mi interessa di cosa sei fatto, per quanto mi riguarda potresti essere composto persino di fango compresso, mi basta che usciamo da qui».

Lo sguardo di Jorge si indurì. Si avviò a fianco della donna pensando che forse no, lei non meritava quel paragone con Valentine, che quella bimba così buona e tranquilla non si sarebbe mai espressa in quel gergo volgare e maleducato.
«Non sarei un essere umano? Questa poi...!» sbottò in un riso che sarebbe voluto essere un ruggito; il petto, tuttavia, gli doleva ancora per lo sforzo. «Non ne farò un mistero. Sto morendo. I miei polmoni sono stati recisi, portati via dal male che mi affligge, che giù nell'Akeran chiamano carne cannibale e qui con il nome antico di cancro. Ed è per questo che il mio corpo e ridotto a questa condizione miserabile». Sorrise con disprezzo. «Ma io non desidero la sua pietà, solo il suo silenzio: le sue parole mi hanno chiarito che forse lei è davvero pericolosa come io intendevo».

Indossò di nuovo la maschera, esitò. Se fosse soffocato di nuovo? Se il sangue gli avesse intasato le bocche e le valvole e non ci fosse stato qualcuno a liberarlo? No, era stupido, era un'eventualità così rara che qualcosa del meccanismo si rompesse... eppure era appena accaduta.
I vapori che fuoriuscivano alla maschera, dolci e simili a un nettare, lo tentarono. No, non poteva farne a meno: aveva troppi dolori, troppe preoccupazioni, e non voleva certo mostrare il proprio volto raggrinzito da vecchio, con gli occhi infossati e la pelle tirata a causa della malattia.
Indossò il respiratore. Inspirò profondamente, tentennando per il bruciore che ancora sentiva al petto e agli arti feriti, poi si sforzò di trascinarsi avanti.

«Andiamo. Stiamo perdendo tempo»

Energia: 40% (-20% tecnica difensiva dell'artefatto [senza nome])
Corpo: 30% (-40% ESPLOSIONE)
Mente: 100%
CS: 2CS Forza fisica (errore nello scorso turno; avevo contato 2 CS in velocità in più)
Passive attivate:

[Passiva del secondo livello del talento eremita; capacità di sopportare qualsiasi condizione atmosferica e ambientale (5/6)]
[Amuleto dell'auspex; auspex passivo (4/6)]


Attive:

03.
[Fisica alta; consumo alto energetico; patina di metallo che difende da un attacco di potenza alta]

Defensive Rune
[difesa assoluta magica (4/25): difesa assoluta a costo nullo sotto forma di teletrasporto a breve raggio]



Note:
Jorge usa la difesa assoluta per portarsi dietro al muro della stanza (che conto come una difesa di livello alto contro detriti e schegge), dopodiché utilizza una difesa alta per proteggersi dagli sballottamenti e quella di sopportazione per proteggersi da ustioni, accusando quindi un critico fisico totale. Il danno grave ricevuto al meccanismo gli causa una crisi respiratoria passeggera, dopo la quale si dirige con allegra verso il salone, usando ancora una volta l'auspex per non rischiare di essere sorpreso.

Enjoy it :8):
 
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view post Posted on 9/2/2016, 02:18
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Regni del Leviatano - Miniere Abbandonate
«Moronic youth»

Uno scatto, ancora niente, con il frastuono incessante della ferriera non è semplice sentire la serratura, sentire quando una lamella scorre nel posto giusto è prioritario per la buona riuscita di uno scasso. Se non altro lavoro bene sotto pressione, non che uno scassinatore non si senta mai sotto pressione nel fare il suo lavoro. Avevo una fobia, quando ho imparato il mestiere nella vecchia Tanaach. Temevo sempre che qualcuno avrebbe bruscamente aperto la porta dall'altro lato, cogliendomi completamente alla sprovvista, lasciandomi balbettante poco prima di girare i tacchi e correre lontana da li. Ovviamente questo non può succedere qui, a meno che i sussurri non abbiano rinchiuso qualcuno li sotto e poi se lo siano scordato. Due scatti, la situazione dietro si sta facendo tesa, lo stoccafisso si guarda intorno come quei drogati del ghetto nanico, non so che genere di allucinazioni lo stiano tormentando ma spero vivamente che si svegli prima che le guardie riescano a raggiungerci o, peggio, a chiamare rinforzi. Tre scatti, l'adolescente con l'aria da galletto usa una magia d'illusione e sparisce nel nulla, dice che ci penserà lui a distrarre le guardie. Quarto scatto, il lucchetto salta rapidamente verso la mia mano, un attimo per sfilarlo e la botola è aperta. Ora non bisogna fare altro che scendere e chiu-... Rumore pesante, come di svariati quintali di ferro che si schiantano violentemente al suolo. Per un attimo la ferriera cala nel silenzio più assoluto, poi un grido a squarciagola, vecchio e rauco, di un veterano. Molteplici passi scanditi ritmicamente dal suono delle placche metalliche poste a protezione delle gambe, si avvicinano rapidamente, formazione serrata. Il marmocchio ha fallito, pur se sigillato dai rottami è solo questione di minuti prima che le guardie riescano a far breccia per attaccarci. Inspiro profondamente e salto nel buco, tengo il lucchetto, non si sa mai ce ne sia bisogno in seguito. Una galleria larga, trovata e riadattata, i binari in particolare sono stati controllati in modo da garantire il facile scorrimento dei vagoncini. Uno ad uno i sussurri scendono le scale, seguiti dallo stangone e da... dal deficiente. Forse possiamo seminarli se ci sbrighiamo a raggiungere i carrelli!



« Bene, meglio sbrigarci prima ch-... EEEEK! » Freccia composita in legno di pino, fornitura regolare dell'esercito, una piccola salva mal sincronizzata e resa inefficace dal buio. Questo non toglie che sia passata abbastanza vicina da farmi urlare come una bambina, non che abbia altri urli a disposizione, comunque. Alla fine i carrelli si rivelano la nostra unica via di salvezza. Ma ci sono ancora le armi da tenere al sicuro, e credo proprio di sapere chi avrà il grande onore di caricarsele sul suo carrello. Mentre si effettuano gli ultimi preparativi mi avvicino con nonchalance all'elemento giovane del gruppo, abbracciandomi candidamente alla sua gamba sinistra. Mi rivolgo a lui con un tono di voce amorevole, gentile, anche se ciò che gli dico e tutto fuorché cortese. « Se toppi anche questa volta te le stacco. »



Lo so che non sta bene rivolgersi a questo modo ai propri compagni, ma dopo un'attenta valutazione sono giunta alla conclusione che il danno causato superi di gran lunga la mia pazienza. probabilmente non ci pensano, ma qui non stiamo affrontando dei mercenari, o dei reietti della guardia insonne. Quei soldati sono tutti uomini di Ladeca, padri e figli, impegnati nell'eseguire gli ordini in nome del loro Regno. Evitarli era essenziali per un motivo ben più alto della semplice segretezza, adesso saremo costretti ad attaccarli e nel peggiore dei casi ad ucciderli se ciò sarà beneficiario al completamento della missione. Incastrato com'è su quel carrello posso almeno contare sul fatto che il ragazzino non crei altri problemi e si impegni pienamente nel mantenere la sicurezza del carico. Noi d'altro canto dovremmo tenere a bada il resto degli inseguitori. Gli altri sussurri si sono lanciati nella fuga insieme a noi, i carrelli scorrono rapidi e rumorosi contro i binari arrugginiti, lo stridere delle ruote che minacciano di deragliare ad ogni curva o difetto degli stessi, una parte di me trovato tutto questo profondamente ironico. Di certo non la parte di me che è stata appena speronata da un altro carrello, con un bel carico di due guardie ponte ad acciuffare le brutte spie senza nome. Il limitato spazio metallico minaccia di farmi cadere, ma nella vita ho problemi ben più grossi di una breve mancanza d'equilibrio. ma le guardie non demordono, incuranti dell'efficienza dello speronamento si gettano su di noi brandendo le loro lame, fortunatamente il mio compagno di carrello possiede una conoscenza rudimentale della magie ed erge uno scudo composto con i rimasugli metallici della ferriera, Rozzo ma efficace, nulla da ridire. Ora però viene la parte difficile, quella che spetta a me, la necessità di liberarmi delle guardie senza ferirle gravemente. Nulla che qualche allucinazione cognitiva non possa risolvere. Il buoi della miniera, suoni di uno scontro, un buon inizio.



« Pietà, smettetela! Non abbiamo fatto niente! » La guerra è una brutta bestia, anche se non ci si rende colpevoli di certi crimini questo non significa che non vi si assista. Ed il più delle volte non si fa niente, semplicemente rimangono li, a guardare. Non puoi rivolgere la tua spada contro un tuo commilitone, alto tradimento, meglio uno stupro o una razzia. Ed anche se il tempo fa sbiadire i ricordi e rende la memoria fallace, il senso di colpa permane. Da li poi basta così poco, e tutto d'un tratto non c'è più una miniera, ma la memoria lontana di fuoco e rovina. Il clangore delle lame, le grida strazianti di una bambina che non si capacita di capire perché quelle persone dall'armatura scintillante le stiano facendo del male. Ed il senso di colpa si tramuta in dolore, rimpianto, un rammarico talmente profonda da far male. « Lasciateci in pace... per favore... »






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {85%} ~ Mente {85%} ~ Energie {90%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (5/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (5/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (5/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (5/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (5/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (5/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (5/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (5/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (5/6)
» Passiva Personale - Grazia del Duellante: (5/6)


Attive & Oggetti:

Ed insomma, se tutti vanno in giro con un bel fucile, non vedo perché non dovrei farlo anche io! Imparare a bloccare le influenze mentali non è difficile, ma usare la tua contro gli altri ha richiesto svariati mesi di allenamento! Alla fine ogni vampiro sviluppa un'emozione specifica del suo anima che, quando richiesto, può instillare nella mente dei suoi nemici. La mia sembra essere l'empatia, un aumento della comprensione emotiva altrui che sembra spingere i miei nemici in una sorta di pausa riflessiva, facendogli riconsiderare le proprie azioni con quella che si può definire come la sensibilizzazione del proprio animo, intrappolandoli nei propri sensi di colpa a tal punto dal desiderare di essere feriti come una sorta di giusto castigo. Inoltre, con un piccolo aiuto da parte della mamma, sono in grado di raccontare anche la più grande delle fandonie e farla passare per la verità più assoluta. Chi potrebbe dire di no ad una povera bambina, in fondo?
Pagando un prezzo equi-diviso fra Energia e Mente di entità variabile, Odette sarà in grado di colpire la risorsa Mente degli avversari intorno a lei, cagionando danno pari al consumo e causando in essi un desiderio di punizione che li spinga a non difendersi dagli attacchi del nemico, consumando l'Energia in caso di consumo Basso. A consumo Nullo Odette sarà in grado di mentire spudoratamente e con naturalezza eccelsa, riuscendo a far passare anche la più assurda delle baggianate come verità assoluta.

[Consumo Alto]





Come d'accordo col Ramone ci pensa lui a bloccare le spadate, ed incasso il Medio ad area. Poi attacco con consumo pari ad alto entrambe le guardie, tecnica mentale, rievocazione di brutti ricordi. uso la passiva per far danno pari al consumo, obviously :sisi:


 
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view post Posted on 10/2/2016, 17:05
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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La chiave era lì ad un passo da loro, Sergey non era troppo lontano dal trovarla ma Non potevano più aspettare. Nicolaj in piedi incitava il compagno a trovare il piccolo oggetto di metallo, quando un boato esplose nella Ferriera: quintali di ferro catapultati su lamiere e altro ferro, metallo su metallo, un suono assordante che gettò nel silenzio la fabbrica. Nessuno batteva più l’incudine, nessuno tirava più le cigolanti carrucole, l’unico suono che sopravvisse al frastuono fu l’urlo rauco di un soldato: erano stati scoperti.
Ilyr li raggiunse nuovamente con il fiato corto.
-Va bene, allora ho una buona notizia e una brutta notizia.-
Tutti gli occhi erano fissi su di lui mentre la bambina continuava a trafficare con la serratura.
-La buona notizia è che le guardie ci metteranno un poco per raggiungerci. La brutta è che ora tutta la stramaledetta ferriera sa che siamo qui.-
Ottimo. Non era brutta quella notizia, era pessima! Cos’avevano combinato quei due?
-Aperta.-
La botola si spalancò, la bambina aveva forzato il lucchetto. La sua bravura per ora compensava l’errore che aveva messo loro alle calcagna tutte quelle guardie che avevano evitato per un soffio poco prima.
Si gettarono tutti nell’oscurità del tunnel che li avrebbe condotti sotto l’Edraleo, e li accolse una galleria enorme; la botola gettava un fascio di luce nell’oscurità più totale, intaccata solamente da qualche lampada a olio appena accesa. Sulle pareti di roccia si sentivano gocciolare i rigagnoli d’acqua, e l’unica cosa che si riusciva a vedere -oltre le enormi cataste di carbone apparentemente abbandonate da anni- erano numerosi binari che portavano dritti nel buio più totale.
Le ombre di alcune teste si proiettarono sul pavimento della vecchia miniera quando alcune guardie fecero capolino dalla botola, e un istante dopo arrivò la prima freccia che passò ad un soffio dalla piccola.
Corse verso Laurent afferrandogli una gamba e gli sussurrò qualcosa, aveva forse paura? Comprensibile, ma allora perché era lì con loro? Certo una vita nei bassifondi di Basiledra prima e Ladeca poi poteva averle dato ottime abilità da ladra, ma quel giorno loro avrebbero rischiato la vita.
I Sussurri spinsero alcuni carrelli nell’oscurità e poi saltarono dentro mentre le guardie iniziavano a calarsi nella grotta. Laurent si caricò sulle spalle il sacco delle armi e lo gettò dentro un altro carrello mentre la bambina correva verso Montu.
Salì sul carrello mentre il Demone lo spingeva per poi saltare dentro anche lui; correvano sulle rotaie deformate dal tempo, le ruote metalliche cigolavano e gettavano scintille ogni volta che il carrello si inclinava pericolosamente.
Dopo decine di metri in cui il carrello schizzava nell’oscurità arrivò il pesante colpo, il mezzo del Demone e della bambina si mosse pericolosamente sulle rotaie e per un istante una ruota abbandonò la sua corretta posizione raschiando la roccia. Montu sbattè violentemente la testa contro una delle pareti di spesso metallo, si ritrovò disteso sul fondo del carrello a fissare il soffitto confuso, vide la piccola compagna in piedi davanti a lui, mentre fissava le guardie che li inseguivano e che li avevano appena speronati.
Un colpo di spada si stava per abbattere sulla fanciulla ma l’Eterno riuscì ad erigere una barriera di lamiere e carbone prima che questa venisse colpita. Gli scarti della Ferriera e della miniera l’avevano salvata, e avevano rallentato di poco il carrello dei nemici, che non fecero passare troppo tempo prima di farsi nuovamente sotto.
Montu era riuscito ad alzarsi e di nuovo un soldato stava per colpire la bambina. Maledetti! Non lo vedevano chi stavano cercando di uccidere? Sarebbe potuta essere loro figlia, o la loro sorella minore!
Il Demone si frappose tra il colpo e il suo bersaglio, dando le spalle ai soldati e cercando gli occhi della piccola sotto la maschera che ne nascondeva i lineamenti per rassicurarla con uno sguardo. La spada si abbatté sulla schiena di Montu senza che questi venisse ferito, si udì invece un forte clangore come di metallo contro metallo.
Un sorriso beffardo era disegnato sul suo viso quando si voltò, era ora di farla finita, era ora di distruggere quei due insetti. I Silenziosi Sussurri non avrebbero fallito per colpa di quei due.
Non fece in tempo a rispondere all’offensiva, sentì chiara la voce della bambina rivolgersi ai soldati.
-Lasciateci in pace... per favore…-
Povera, non era impietosendoli che l’avrebbero scampata.
Però… No, era una mentalista, Montu lo sapeva bene, l’aveva capito osservandola quando ancora erano nella Ferriera. Forse stava facendo qualcosa di più di ciò che sembrava.
Il Demone sperò che funzionasse, almeno non avrebbe dovuto massacrarli davanti ai suoi occhi.



Energia: 130 -10 -10 =110%
Fisico: 75 -10 =65%
Mente: 75%
Riserva CS: 8 [+2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza; +3 Mira; +1 Maestria nell'uso delle Armi]

Equipaggiamento:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
[10/25] Muro d'Ossa. Consumo Energetico: Medio (10%)
Il negromante richiama davanti a sé una barriera invalicabile composta dalle ossa dei suoi nemici, bloccando gli attacchi che gli sarebbero rivolti contro.
La tecnica ha natura magica. Il caster richiamerà un muro di ossa dal terreno per bloccare le offensive rivolte contro il suo Fisico; a seconda della personalizzazione, la barriera potrà essere composta da ossa, carne, lame o qualsiasi altro materiale solido che possa essere utilizzato per la stessa funzione. La tecnica ha potenziale difensivo pari a Medio e nessun potenziale offensivo. Le dimensioni coperte dal muro potranno essere particolarmente grandi, permettendo di generare una difesa non solo potente, ma anche di grande portata.

[7/25] Tempra di Ferro. Consumo Energetico: Medio (10%)
il guerriero rende una parte del proprio corpo resistente come il ferro, in modo da poter parare i colpi.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero rende il proprio corpo o una parte dello stesso, che sia essa il petto, la testa, un arto, o anche solo un dito, resistente quanto il ferro. Questo potrà provocare un parziale mutamento del suo aspetto fisico, ma non al punto tale da renderlo irriconoscibile. In questo modo la parte mutata sarà in grado di parare un colpo rivolto al Fisico per un totale di forza pari a Medio o inferiore. Riacquisterà le proprie naturali sembianze subito dopo l'urto.


Passive Usate:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

Intuito: Passiva (Numero di utilizzi: 4)
Abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza.

Onniscienza: Passiva (Numero di utilizzi: 2)
Le capacità investigative dell'Eterno vanno oltre le umane possibilità: il suo essere Demone gli consente di analizzare indizi che altri trascurerebbero per riuscire quasi a vedere cos'è successo in un determinato ambiente. Anche se ciò che Montu cerca di scoprire è avvenuto non recentemente e gli indizi sono quindi perduti, ogni evento lascia una potente aura che supera i limiti temporali; grazie alla lettura di questa aura il Demone riesce quasi a vedere cose anche molto lontane nel tempo.

Note: Subisco il danno Medio, poi uso la Personale 10/25 per difendere Lucious e la Personale 7/25 per difendere me stesso dai due colpi di spada. Perdonate l'immenso ritardo
 
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view post Posted on 10/2/2016, 22:56

Lamer
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Il tonfo fu tanto assordante che quasi gli venne un infarto. Il pesante ponte fatto di ottone e ferro era caduto nel baratro collassando su se stesso per via del peso dei contenitori pieni dello stesso materiale di cui era costruito. La via più veloce per raggiungerli era stata distrutta, ma l'effetto collaterale della sua mossa non compensò affatto quel vantaggio.

Nonostante il tempo guadagnato, il frastuono causato dalla caduta del ponte aveva fatto capire a tutti, o almeno a coloro avessero un minimo di buon senso, che loro erano all'interno della ferriera. Velocemente lui e Ilyr tornarono dal resto del gruppo, ma appena arrivarono le facce dei suoi compagni gli fecero capire che ciò che aveva fatto non era stato apprezzato.

Dentro di sè sapeva che era solo sua la colpa se ora avrebbero dovuto correre con lance e frecce che miravano alle loro teste o alle loro chiappe, ma un grazie per averli fatto guadagnare del tempo prezioso non sarebbe guastato. Dentro di se, nonostante gli sguardi di accusa, non si sentiva minimamente in colpa e anzi, da un certo punto di vista andava fiero di quello che aveva fatto.

Laurent aveva sempre desiderato vivere e narrare un'avventura tutta sua e come ogni storia che si rispetti i pericoli e gli errori erano una parte fondamentale del racconto. Se tutto filava liscio come faceva a diventare una storia interessante da raccontare? Quel pensiero lo fece sorridere mentre osserva gli altri scendere velocemente nella botola che la bambina aveva appena aperto.

Velocemente il Majoral prese il sacco pieno di armi e lo portò con se giù nello stretto passaggio appena dopo la botola. Le scalette di ferro che permettevano una discesa non troppo difficoltosa facevano notare da quanto tempo quella botola non fosse stata aperta. Su ogni gradino i piccoli residui rocciosi si erano depositati sul metallo rovinando la lucentezza che aveva avuto appena uscito dalla forgia.

Quando finirono tutti di discendere nel tunnel, Nicolaj spiegò velocemente a tutti loro che quel passaggio sotterraneo collegava direttamente la ferriera al parlamento e che potevano usare i binari e i vagoni per raggiungere velocemente il loro obbiettivo.

Dentro di se, a quella notizia, Laurent iniziò a dubitare della missione. Perchè i sussurri volevano andare all'Edraleo quando i loro nemici si trovavano fuori dalle mura? Perchè li stavano portando al cuore di Ladeca? Il pensiero del tradimento fu escluso a priori dalla mente di Laurent, erano i Silenziosi Sussurri, dopo tutto loro proteggevano il regno ed ogni loro mossa era ben programmata per uno scopo o un obbiettivo da raggiungere.

Lentamente si avvicinò a Nicolaj per domandargli quale fosse lo scopo finale di quella missione, ma il sibilo di una freccia e l'urlo della bambina fecero spostare l'attenzione di Laurent verso un gruppo di guardie che si stavano avvicinando. Incredibile come delle semplici guardie di una ferriera fossero così pronte a difendere quel posto, ma visto l'esercito stanziato fuori le mura era il minimo che quella guardie dovessero fare ed fiero che fossero così vigili per difendere la loro città.

Velocemente Laurent prese il sacco pieno di armi e lo lanciò nel vagone più vicino, ma prima di riuscire a salire la bambina che era con loro si aggrappo alla sua gamba in modo tenero. Per un istante il Majoral rimase immobile cercando di capire se fosse la paura o la voglia di stare vicino a qualcuno per darsi forza che aveva fatto compiere quell'atto alla piccola che lentamente inizio a parlargli.

"Se toppi anche questa volta te la stacco."

Dire che in quel momento il ragazzo rimase basito era troppo riduttivo. Rimanere a bocca aperta per lui fu l'unica reazione possibile e che riuscì a esprimere mentre nella sua mente cercava qualcosa di razionale che portasse una bambina a pensare soltanto di staccare una gamba a un uomo praticamente adulto. Dopo qualche secondo che la ragazza si fu girata per salire con Montu anche lui montò sul suo destriero di latta insieme al sacco pieno d'armi già riposto prima del breve colloquio con la bimba.

"Se ci sono cose strane a questo mondo." Disse Laurent cercando di dare velocità al suo mezzo di trasporto mentre ripensava alle parole appena udite. "Spero che quella piccola stia scherzando o se no potrei iniziare veramente ad inquietarmi."

Appena il vagone iniziò a muoversi il Majoral coprì il suo volto con il cappuccio per evitare di farsi riconoscere. Lui era un nobile ed essendo suo fratello nell'esercito c'era la possibilità che qualcuno potesse riconoscerlo e ciò doveva essere assolutamente evitato.

Fu mentre pensava a suo fratello che sentì l'urto di un'altro vagone spingerlo in avanti facendogli sbattere la testa contro l'interno metallico del suo mezzo di trasporto facendolo imprecare per la forte botta. Fu quell'impatto che però che lo avvertì che le guardie gli erano ormai alle calcagna e velocemente estrasse il fioretto, ma appena si alzò vide su di lui due spade puntare al suo torace.

"Vogliamo scherzare!"

Velocemente Laurent si spinse usando il solido fioretto come bastone all'indietro cadendo sul duro sacco di metallo. Immediatamente però si accorse che all'altezza del petto era apparso un taglio orizzontale da cui zampillava lentamente sangue. Il dolore non era così forte ma innescò dentro di lui una reazione che non riuscì a controllare.

Immediatamente percepì la sua mente uscire dai confini del suo corpo e percepì la solita sensazione che a breve i suoi bersagli avrebbero provato a livelli molto maggiori; paura. All'inizio provò a controllarsi per non rovinare a quelle guardie la loro mente, ma piuttosto che ucciderle fargliela fare sotto dalla paura era sicuramente una via migliore.

Lentamente sentì la sua mente cercare di penetrare dentro quella della guardia alla sua destra. Sapeva che l'effetto della sua pressione pscionica, se fosse riuscito ad invadere quella del suo bersaglio, gli avrebbe provocato paura e terrore e probabilmente il suo corpo sarebbe sembrato fatto di pura tenebra, o almeno ciò era quello che gli aveva descritto suo fratello quando da piccoli aveva scoperto quel potere che scaturiva dal suo dolore.

Eppure dentro di se sapeva che spaventare una delle due guardie non sarebbe bastato, non voleva ferire i loro corpi, ma non poteva fare altrimenti per la guardia che ancora non aveva preso di mira. A quel punto nonostante il rammarico per ciò che stava facendo si alzò lanciando tre pugnali in rapida sequenza verso il l'addome della guardia a sinistra.

Sperava vivamente che la paura che aveva suscitato nell'altro fosse abbastanza forte da fargli convincere anche il suo compagno bersagliato dai suoi coltelli da lancio a non inseguirlo, ma ne dubitava altamente e mentre si riparava ancora dietro le mura metalliche del suo destriero inanimato sperò con tutto il suo cuore di non giungere al punto di ucciderle.





Laurent:

Corpo : 70%
Mente :75 %
Energia : 70%


Costi: Basso = 5% | Medio = 10% | Alto = 20% | Critico = 40%




Passive :

Paura (XVIII)
passiva (6-1 utilizzi)
Attivando questa passiva tutte le persone ostili a Laurent proveranno paura nei confronti del caster e saranno scoraggiati dall'attaccarlo o sfidarlo.

Ritorno (XV)
passiva (7-1 utilizzi)
le armi da lancio di Laurent torneranno sempre nelle loro custodie dopo un'attacco

Tattiche di combattimento (IX)
Passiva (6-1 utilizzi)
In uno scontro Laurent acquisirà l'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro

Attive:

Paranoia (V)
Alta di natura psionica consumo tra energie e mente, danni pscionici
Laurent comparirà al bersaglio come un essere fatto di tenebra confondendolo e spaventandolo


Evitare (VII)
Medio di natura fisica consumo tra mente ed energia, difende da tecniche fisiche il corpo
Con estrema agilità Laurent potrà schivare un'attacco di potenza media.


Oggetti usati:



Riassunto:
subisco lo speronamento mentre mi paro da una degli attacchi con spada con evitare subisco l'altro ( danno totale alto), poi passo al contrattacco attivando la passiva paura, prendendo di mira una guardia con Paranoia e attaccando l'altra con 3 attacchi a 0 cs sfruttando la passiva tattiche di combattimento


Note:
e nel mio viaggio da solo spero di non dovere uccidere le guardie XD, spero che la paura le faccia desistere dall'attaccarmi ancora, ma so che Janz ci farà combattere almeno per un'altro turno quindi pace e amen, tanto il mio pg non ne ha idea.

Chiedo scusa a Janz per il ritardo, ma mi ha no aumentato i giorni di lavoro e non ho ancora finito la sessione di esami.

 
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Numar55
view post Posted on 11/2/2016, 03:47




In fondo il mio girare a casaccio aveva funzionato: dopo qualche minuto mi ero imbattuto in un paio di soldati (fortunatamente dalla parte di Smith) che si stavano dirigendo verso i dormitori. La possibilità che l'Ambasciatore si fosse rintanato tra i sudici letti dei soldati mi sembrava molto flebile ma l'ordine era di cercare dappertutto, e comunque era sempre meglio che vagare senza meta, perciò li seguii.
Durante il tragitto in quei freddi corridoi mi ritrovai a pensare a Nyssa. Chissà se ce l'aveva fatta...
Come potevo essere stato così idiota da essermene separato?! Era lei il motivo per cui ero andato nel ben mezzo di quella maledetta guerra civile, avevo promesso al padre di proteggerla. E invece di ritirarmi e seguirla, ero andato avanti in una missione non mia: trovare un uomo che non conosco che sta aiutando un altro uomo che non conosco tradendo così della gente che conosco a malapena. Già...dovrei davvero riflettere un po' di più sulle mie azioni prima di compierle.
Il rumore della porta aperta dal calcio del soldato mi fece capire che eravamo arrivati. I dormitori non erano altro che un lungo stanzone pieno di letti a castello, come mi sarei potuto aspettare ma devo ammettere che i letti posti davanti alla porta mi sembravano una pessima scelta di gestione dello spazio. Se non altro ecco spiegato perché il soldato avesse sfondato la porta a calci piuttosto che accompagnarla gentilmente.
Altra nota di colore che non mi sarei aspettato erano il gruppetto di guardie in fondo ai dormitori che tremavano come pecorelle. Erano così spauriti che sembravano appena aver visto un fantasma. Mi grattai la nuca, abbastanza confuso.

"Quindi abbiamo vinto? Beh è stato...facile."

Mi sarei aspettato perlomeno un briciolo di resistenza, vista il caloroso benvenuto che ci avevano dato all'entrata. Eppure quei tipi se ne stavano immobili continuando a ripetere sull'orlo delle lacrime come li avessero costretti a fare qualcosa. Probabilmente si riferivano al tiro al bersaglio di pochi minuti prima. Lasciai ai miei compagni l'onere di interrogarli maggiormente, non ero mai stato bravo a parlare con chi non sta per morire. Mi diressi verso la porta a passo spedito, in questo modo se non altro non avremmo avuto sgradite sorprese dai padroni di casa; nel mentre mi guardai attorno alla ricerca del benché minimo indizio ci potesse rivelare cosa stava succedendo.

"M-ma la sentite anche voi questa puzza?"

"Eh?!"

Fu una questione di pochi attimi.
Mi voltai verso i soldati a quella curiosa affermazione. Ciò che vidi fu un gruppo di uomini ed una piccola scintilla; ciò che sentii fu la confusione di alcuni e il terrore di altri. Quella sensazione di forte paura mi travolse con la potenza di una tempesta, impedendomi di ragionare con lucidità: avrei voluto avvisare gli altri ma la voce non usciva dalla mie labbra e le gambe si stavano già muovendo da sole. Senza nemmeno accorgermente cominciai a scappare verso la porta.
BOOOOM!
Il frastuono alle mie spalle mi spinse a correre ancora più forte. Ero arrivato alla porta, ma sentivo il calore dell'esplosione farsi sempre più vicino ad una velocità allarmante. Uscii e feci per chiuderla sperando di usarla come ulteriore barriera ma non fui abbastanza veloce. Fortunatamente ci pensò l'esplosione a chiuderla del tutto per me; sfortunatamente la sua potenza travolse sia quel pezzo di legno che me. Sentii un forte bruciore pervadermi tutto il corpo mentre il mio corpo veniva sbalzato all'indietro andando a sbattere contro il muro di pietra alle mie spalle. Senza emettere un suono ricaddi scompostamente a terra, la faccia premuta contro il freddo pavimento. Se avessi potuto probabilmente mi sarei messo a gridare per il dolore ma la violenza dell'esplosione e dello schianto contro la parete mi avevano tolto il fiato, e se anche fossi riuscito a farlo, non mi sarei nemmeno sentito data la momentanea sordità in cui parevano trovarsi le mie orecchie. Le numerose ustioni che mi ero procurato mi costrinsero ad abbandonare la posizione supina appoggiandomi sulla schiena; anche lì tuttavia mi resi che qualcosa non andava dato il costante dolore che provavo in quel punto al contatto col terreno. Probabilmente nello schianto mi ero fratturato qualche osso.
Avrei voluto rimettermi in piedi ma lo trovai particolarmente difficile. Raramente mi ero trovato in una situazione simile nell'arco della mia lunga vita, prima fra tutta il giorno in cui ero morto. Ah ma non sarebbe morto quel giorno! La Signora ci aveva reso più resistenti dei comuni mortali. O forse solo più fortunati, non l'avevo mai capito...
Comunque non me ne sarei andato tanto facilmente, dovevo solo riposare un attimo. Piegai la testa di lato per vedere cosa rimaneva dei dormitori e la visione naturlamente era tutt'atro che confortante: oltre ai frammenti di legno di quella che un tempo era una porta, si poteva vedere una folta coltre di fumo, costellata qua e là dalle luci di letti in fiamme. Dall'interno nessun gemito, lamento o la benché minima sensazione di dolore. Solo il silenzio.
Distolsi lo sguardo con un sospiro passandomi una mano sul volto. Quando un anima non viene salvata ed abbandonata al Vuoto, viene sempre considerata una tragedia da un Nekrari. Se poi il tutto accade a pochi passi da te...
Non che fuori da quel palazzo andasse tanto meglio. Quante anime erano svanite dall'inizio dei combattimenti? Quante ne stavano svanendo in quel singolo istante? Anche quella di Nyssa aveva subito lo stesso destino?
D'improvviso mi ritrovai ad odiare Caino. Non l'avevo mai conosciuto, avevo sentito qualche storia ma mai quell'uomo mi aveva fatto un torto dal mio arrivo su Theras. Eppure lui e il suo stramaledetto desiderio di potere stavano mietendo innumerevoli vite, troppe anime innocenti disperse per l'avidità di un singolo idiota. Un singolo idiota ed i suoi sgherri.
Mi girai di nuovo supino appoggiandomi ad un gomito e fissando furioso il corridoio. Quel maledetto ambasciatore aveva contribuito a sfamare il Vuoto! Probabilmente era opera sua la trappola esplosiva. Ne aveva piazzate altre per il palazzo? Altri morti nella ricerca di quel bastardo?!
Allungai la mano ad afferrare il mio bastone e con qualche gemito mi rimisi lentamente in piedi. Conciato com'ero, con i vestiti bruciacchiati ed appoggiato ad un bastone da passeggio, non doveva apparire molto minaccioso. Ma l'artefica di tutto quel macello si sarebbe presto pentito delle sue azioni. Forse non poteva mettere le mani su Caino in persona, ma mi sarei rifatto con i suoi servi.
Scuro in volto e col cuore colmo d'ira avanzai zoppicando per quei lunghi corridoi, accompagnato solo dal ticchettio metallico del bastone a contatto con la pietra.




Axel


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 70%-50%= 20%

Mente: 75%

Energia: 110%-10%= 100%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa alla luce del sole (6)
- Comprendere stato d'animo di qualcuno e condividerne le emozioni (5)
- Ispirare fiducia e senso di protezione negli altri (6)
- Castare tecniche difensive istantaneamente (4)

Attive:

Gli Eletti Della Signora
Noi Nekrari siamo gli emissari della Gentile Signora, portavoce della sua magnanimità, estensioni della sua potenza. Oscuri sono i motivi per cui scelse di reclamare proprio le nostre anime dagli abissi del Vuoto, tutto ciò che sappiamo è che per lei siamo preziosi. E ce lo dimostra in molteplici modi: sia dalle barriere che siamo in grado di creare sia dalla velocità che ci contraddistingue.
Siamo i suoi figli prediletti e incontreremo la morte solo alla fine dei tempi.
Passiva di Talento "Accortezza": Castare tecniche difensive istantaneamente (Utilizzi: 6) - Abilità Personale 3: Natura Magica, Consumo Medio di Energia, Difesa Media da Tecniche Magiche - Abilità Personale 4: Natura Fisica, Consumo Medio di Energia, Difesa Media da Tecniche Fisiche


Note:

Prima di tutto scusate per il ritardo! Dopodiché: nel post uso la difesa media per difendermi dall'esplosione e sfruttando la passiva per difendermi istantaneamente e quella per percepire le emozioni altrui (sento quindi il terrore delle guardie dell'ambasciatore) mi muovo fuori dalla stanza sfruttando la porta come parziale barriera.

 
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view post Posted on 11/2/2016, 12:21
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Apocalisse3


Lacrime sparse nel sangue.
Un pallore tendente al ceruleo si spargeva sul viso bianco, disgregato in alcuni punti da filamenti rossicci che discendevano dai capelli e dai vestiti, confondendosi nella polvere del terreno.
Zeno si abbassò dopo l'ennesimo colpo, senza dir nulla. Il loro duello si fermò, quasi per rispetto di chi cedeva dinanzi all'evidenza o - più probabilmente - alla stanchezza. Un uomo era solo un uomo dinanzi all'imperiosità di un demonio che giganteggia forte di una potenza che non si meritava. O che non aveva mai guadagnato.
E questa consapevolezza ardeva con ancor più vigore la rabbia nello sterno dell'uomo, che piangeva più per l'amarezza, che per la sconfitta.

Provò ad alzare un ginocchio e a riportarsi in posizione eretta. Eppure, la fitta dell'ennesimo colpo lo piegò nuovamente, come una lama verticale che gli imponeva la posizione prona.
Il costato era frammentato in infiniti lembi di tessuto e manto, confusi tra la pelle tumefatta e corrosa dai colpi vibrati dal Priore. I suoi artigli, infatti, l'avevano lambito e penetrato a più riprese, scalfendo que suo coraggio passo dopo passo, sussulto dopo sussulto. Nel mentre, i colpi di stiletto che si erano insinuati nella bieca perfezione del Priore, avevano generato ferite da puntaspilli memori solo di pochi, labili, istanti.
Di esse rimanevano solo le storpiature nella tunica del suo avversario, graffiata e sporca anch'essa di sangue rosso scuro.
Eppure, sotto di essa la pelle se ne stava immacolata ancora una volta, come se nulla fosse realmente accaduto.

« Alzati, Zeno » chiosò il Priore, provvido di sberleffo. « Dicci che ne hai ancora. »
Zeno inclinò la bocca in una smorfia di odio. Erano anni che non aveva provato tanta rabbia in corpo; reprimendo se stesso e i propri istinti, aveva imparato a uniformarsi ai principi del credo quasi con laconico distacco. Una parte interpretata tante e troppe volte che, alla fine, gli si era cucita indosso come una seconda pelle. E, alla fine, aveva faticato a riscoprire il suo vero io.
Fino a quel momento, almeno. Fino a quando il puzzo della guerra non gli aveva ripercorso le narici, fino ai polmoni. O fino a quando quella sua maschera bianca era ricaduta nel suo stesso sangue, nella sua stessa rabbia e aveva ceduto all'ardore incamerato per anni e anni.
E aveva levato la mano con l'ultima delle sue paure.

Ora riscopriva l'odio e l'orgoglio.
La passione di un lamento che gli urlava nel cuore e gridava giustizia. Ma che si scontrava con un urto atono contro un muro di gomma capace di piegarsi e deformarsi, ma non di rompersi.
Un'immacolata atrocità dinanzi alla quale non riusciva a far altro che urlare e piangere. O dimenarsi, prendendosela soltanto con se stesso.
Eppure, qualcosa gli chiedeva di non cedere. Di non morire lambito dal vizio e dallo sconforto; ma di farlo nel tentativo di trafiggere il proprio nemico.
O di provarci, quantomeno.

« Ne ho ancora » bisbigliò, ingoiando un rivolo di sangue dalle labbra rosse. « E non ti darò la soddisfazione di vedermi piegato senza vibrare un altro colpo. »
Parlò, per poi puntare lo stiletto sul pavimento. Fece leva sulla lama, sfruttandola come un bastone, e si riportò in posizione eretta. La gamba destra vibrò più del normale, contorcendosi nel dolore per le ferite riportate all'altezza del polpaccio. Zeno, però, strinse i denti e rimase in piedi.
Poi si lanciò con disperazione, cercando di ignorare le fitte di male. Scorse i metri che lo separavano dal Priore con quanta più velocità gli fosse possibile, e buttò in avanti la lama in un improbabile affondo.

Lento, troppo lento.
Perfino lui si rese conto di quanto i suoi colpi fossero diventati prevedibili.
E il Priore accolse quell'attacco quasi con paternale compassione. Non si prese il disturbo nemmeno di difendersi, ma si limitò a fare un passo di lato e a far scorrere il proprio avversario dinanzi a se, senza farsi toccare.
Subito dopo, vibrò un pugno all'altezza del collo e Zeno ricadde in terra con un sonoro tonfo.

Il suo volto si sparse di lacrime ancora una volta, soffiando nella polvere del terreno. La spada, invece, rimbalzò lontano dai due, confusa nelle ombre dei seggi.
« È finita, Zeno » commentò Caino, serio. « Credici, siamo sinceramente dispiaciuti »
Poi lo guardò, con aria quasi commossa. « Avresti potuto essere il nostro più grande alleato. »
Passarono poi interminabili minuti, mentre il Priore si sgranchiva le nocche della mano destra, preparandosi all'ultimo - fatale - colpo. Zeno rimase immobile, respirando a fatica nel suo stesso sangue.
« Fottiti » gli rispose poi, secco. « Il mio cuore risponde a un solo padrone; e tu non sarai mai alla sua altezza. »
Caino accusò l'offesa con più difficoltà del passato. Fece una smorfia di disappunto e si limitò a non rispondere affatto.
Trattenne il respiro e affondò il colpo all'altezza del cuore.

...

« Fermo...! »
Poco prima che la mano scavasse la carne, qualcuno fermò il Priore.
Dal fianco dell'aula apparvero due figure, illuminate dalla luce dei corridoi esterni.
Una di queste, al centro, aveva il volto scavato dalla rabbia, oltre che un fisico magro e asciutto, con lunghi capelli neri che gli scendevano sulle spalle. Se non fosse stato per l'aria più giovane, Caino avrebbe giurato di vedere una copia di Rainier parlargli per la seconda volta nello stesso giorno.
« Sono io quello che vuoi » disse l'uomo, con tono fermo. « Risparmialo, quindi. »
Caino sorrise, sornione. Si levò dal suo avversario, ormai vinto e immobile sul terreno. Poi abbozzò un timido inchino, quasi di scherno. « Maestà » commento, sorridente. « Finalmente ci incontriamo. »
Accanto a Julien, poi, fece capolino una figura femminile, dai capelli rossicci sparsi su di una tunica bianca. La maschera se la teneva sulla mano destra, mentre nel volto impaurito si distorcevano infinite lacrime e occhi rossi di angoscia.
« Sapphire » disse Julien, immediatamente, « ti prego, prenditi cura di lui. »
Sapphire non se lo fece ripetere due volte. La maschera bianca gli scivolò dalle mani, ruzzolando sul pavimento di marmo. Subito dopo, la donna si lanciò sul corpo immobile di Zeno. Gli prese la testa e se la pose sulle ginocchia, pulendogli il sangue rosso col lembo della manica bianca.
« Cosa vuoi da me? » Chiese Julien, serio.
Caino si guardò intorno, spostando lo sguardo da Sapphire a Zeno, per poi tornare a Julien.
« Non qui » commentò, con disgusto « non ci sembra il caso. »
« Vorremmo un posto dove poter parlare da soli, per una volta. »
Sapphire fissò Julien, con apprensione. Il Re, dal canto suo, gonfiò il petto, sforzandosi di non mostrare alcuna emozione.
« Il terrazzo » commentò, infine. « Andremo sul terrazzo. »
« Dopo di lei, allora » rispose Caino, sorridendo.

E mentre i due si allontanarono verso il terrazzo dell'Edraleo, Sapphire continuava con minuzia a ripulire il volto pallido di Zeno.
Abbracciandolo e versando lacrime di amarezza.


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CCheader4
Apocalisse
IV Turno

Ferriera di Lenigrast
Il primo giocatore


Il rumore del ferro cigolante rimbombava in tutta la miniera.
I carrelli scivolavano sui binari ormai quasi fuori controllo; nel mentre, il rimbombo dei colpi accompagnava il cigolio come un tamburo che ritmicamente scandisce la metrica di una strofa greve.
Ogni singolo carrello si sfidava con un suo gemello opposto, in una distorta riproposizione di un cavalleresco torneo medievale.
Lo scopo, però, non era vincere, ma rimanere vivi.

Alcuni sussurri incassarono i colpi più duramente di altri; un paio scivolarono giù dal carrello. Altri, invece, incassavano gli affondi, semplicemente accovacciandosi sul fondo.
« Porco mondo » sbottava Ilyr, tenendo a bada un soldato che gli era saltato in groppa. « Ma che razza di modo di fare... 'sti giovani. »
« Non dovreste semplicemente arrestarci o bloccarci in qualche modo? »
Il soldato sopra Ilyr sorrise con una smorfia del volto e in un tono bieco, quasi camuffato dallo sforzo, disse laconicamente: « Non arriverete vivi da Caino. »
Ilyr strabuzzò gli occhi: « Aspetta un momento... come diavolo...? »

« È una trappola. »
Nicolaj commentò con tono fermo; l'eco della caverna, però, fece modo che tutti lo sentissero.
Nel mentre, un soldato era saltato sul suo carrello. La foglia, però, non si era scomposto: con un vibrante eco della sua mente l'aveva tenuto fermo, accompagnandolo semplicemente giù per la rupe.
« Erano organizzati e sapevano che stavamo arrivando » aggiunse, fermo. « Probabilmente non sapevano soltanto quando questo sarebbe accaduto. »
Segey se ne stava prono nel carrello con Nicolaj. Tendeva il cannocchiale oltre il bordo, fissando un punto imprecisato dietro di loro.
« Ne arrivano altri » aggiunse, palesemente preoccupato. « E noi siamo quasi allo stremo. »
Non ce la faremo.

« Sergey! » Chiamò Ilyr, dal carrello di fianco. « Questi stronzi sanno di Caino, e vogliono... »
La frase non si completò. Improvvisamente, infatti, dal fondo della caverna fecero capolino altri carrelli, con altrettante guardie. Alcune di esse impugnavano grosse balestre e caricarono dardi a più riprese, facendo piovere sui Sussurri un nugolo di frecce. Un paio di queste vibrarono nelle vicinanze di Sergey e Nicolaj. Ilyr, invece, vide con orrore un dardo svirgolare sul bordo del carrello e conficcarsi nella sua spalla destra, con un sonoro rumore tozzo.
« Argh... maledizione...! » Urlò il Pipistrello, contraendosi in una smorfia di dolore.
« Ilyr...! » Lo chiamò il Torchio, visibilmente preoccupato.
« Vogliono ucciderci » commentò di seguito Nicolaj, fissando la scena con orrore.
« Stanno chiaramente cercando di ucciderci » disse ancora, riflettendo con se stesso. « Probabilmente sono uomini di Caino. »
All'udire quella frase, alcuni soldati dai carrelli vicini, ormai vicini, si lasciarono andare a un sorriso becero e una risatina sommessa. Poi tirarono fuori le spade, preparandosi a un ulteriore assalto.
Come se non bastasse, dal fondo dei carrelli una delle guardie incoccò l'ennesimo dardo della balestra, ma puntando verso un bersaglio imprecisato sul soffitto della caverna.
Il dardo sfrecciò nel vento, superando tutti i sussurri che presero a fissarlo con un misto di curiosità e stupore.
« E adesso cosa diavolo...? » Sergey rimase immobile, stordito dall'evento. Poi, con orrore vide il dardo colpire una fune sul fondo della caverna e lasciar cadere una grossa rete di ferro.
Contemporaneamente, un brontolio sordo prese a echeggiare nella caverna, aumentando di intensità con l'incedere del tempo. Ben presto, da alcuni corridoi laterali i sussurri videro con orrore grossi massi di diversi metri di diametro rotolare di fianco ai binari. Sul finire del loro percorso, tutti i corridoi sfociavano sui binari stessi, col risultato che - molto presto - gli sarebbero piovuti direttamente in testa.
E la loro corsa sarebbe terminata prima del traguardo.

« N-nicolaj » balbettò Sergey, bianco come un cencio. « S-siamo spacciati! »
Disse, indicando all'amico i massi che rotolavano giù per il corridoio. Nicolaj fissò la scena e - per la prima volta dall'inizio della missione - Sergey vide i suoi occhi riempirsi di paura.
« Ragazzi » disse Ilyr, rialzandosi a fatica sul proprio carrello. Nelle mani teneva due grosse sfere, larghe più o meno una ventina di centimetri di diametro.
« Queste dovrebbero fare esplodere i massi, sono abbastanza potenti » disse, serio. « Ma con questa spalla non potrei mai lanciarle. »
« Senza contare che ci sarebbero le guardie ancora... » aggiunse Sergey, tremando.
Nicolaj si sforzò di tornare lucido, fermo nel proprio raziocinio. Si pose una mano alla bocca, grattandosi nervosamente.
« Passamele » sbottò poi, rivolgendosi a Ilyr. « Ci penso io a lanciarle. »
Ilyr non se lo fece ripetere due volte. Tese il braccio e allungò le due sfere alla foglia, che ne raccolse una per mano.

Sergey, nel mentre, fissava con preoccupazione i massi che rotolavano giù per il corridoio laterale. Pericolosamente sempre più vicini.
« Nicolaj dovrai fare un bel lancio per prenderli tutti » aggiunse, continuando a fissare i massi. « Sei sicuro di riuscire a farcela....? »
Chiese, ma nessuno gli rispose.
Senza che potesse accorgersene, infatti, Nicolaj era scivolato giù dal carrello. Se ne stava immobile sui binari, al centro della strada, con tutti i carrelli nemici in corsa dinanzi a lui e che, presto o tardi, l'avrebbero investito.
« Nicolaj... » chiamò Sergey, ancor più pallido in volto. « Nicolaj cosa CAZZO hai intenzione di fare? »

Nicolaj si voltò per l'ultima volta, sorridendo ai propri compagni.
« Sussurro fino alla morte » disse, placido, « sussurro oltre la morte! »
« Fate un ottimo lavoro, ragazzi » concluse, girandosi nuovamente verso i soldati.

« Non farlo Nicolaj...! » Chiamò Ilyr, con gli occhi pieni di lacrime. « SONO I VECCHI COME ME CHE DEVONO MORIRE NON--- »
Ma non fece in tempo a concludere. Nicolaj fece esplodere entrambe le sfere nelle sue mani, provocando una esplosione che investì tutti i carrelli nemici e i soldati sopra di essi.
L'onda d'urto fu così intensa da far vibrare i carrelli dei sussurri, che - però - rimasero in corsa.
Nonostante questo, i massi rimasero integri e presto avrebbero investito i Sussurri.
« Nicolaj, no... » commentava Sergey, sconvolto.
« Rialzati stronzo! » Chiamava Ilyr, invece. « Non permetterò che Nicolaj si sia sacrificato invano! »
« Distruggiamo quei massi e andiamo a fare il culo a quello stronzo di Caino! »

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L'Ambasciata
Il secondo giocatore


Mentre le esplosioni sventravano il palazzo dell'Ambasciata, Mark Smith vibrava l'arma.
Quasi a sua insaputa, ogni colpo era un boato. Ogni affondo era un muro che si spargeva in mille pezzi; ogni parata era un cumulo di macerie che calava sulla testa dei propri soldati.
Eppure, forse ingenuità o concentrazione, Mark Smith non si curò di ciò che sentiva. Il suo passo vibrava a causa del pavimento, che a ogni rimbombo si scuoteva pericolosamente. Ma, nonostante questo, Mark Smith non smise nemmeno un minuto di combattere. Non esitò.

Aveva fiducia, probabilmente. Aveva addestrato i suoi uomini per il pericolo, e con coraggio li aveva proiettati in una missione suicida.
Ma l'onore non prende la forma del pentimento, nemmeno dinanzi alla morte. E, anche per questo, sapeva che i suoi uomini avrebbero venduto la pelle a caro prezzo.
Allo stesso modo, poi, avrebbe fatto lui. E mentre due affondi provavano a scardinargli la corazza all'altezza del petto, Mark Smith con una capriola li superava, portandosi alle spalle dei due malcapitati e vibrando due colpi orizzontale dietro la schiena di entrambi.
Una terza guardia, poi, tentò di trafiggergli una gamba, mentre la quarta gli affondava una spalla. Lui non esitò; parò in quarta il colpo della prima e rispose con un affondo al costato.
Poi si girò verso la seconda e rispose con un taglio netto sotto la cintola, ma non prima di aver incassato una spadata all'altezza del collo e una all'altra gamba.
Nel mentre, uno dei due soldati che aveva colpito per primi si rialzo e tentò un secondo affondo. Mark Smith, impegnato nel duello contro l'altro soldato, si scostò di lato, incassando l'affondo alla destra del cuore. In un punto non vitale, benché doloroso.
Sputò sangue in faccia al nemico, ma strinse la mano bagnata attorno all'elsa con ancor più vigore. E la rialzò con forza, nonostante ormai gli pesasse più del doppio.
E seguì una nuova parata e un nuovo affondo.

Dopo qualche istante, anche l'ultimo dei soldati nemici stramazzò a terra.
Mark Smith, invece, non era ancora caduto. La gamba sinistra era ormai ceduta, mentre la destra si reggeva a fatica. Se ne stava inginocchiato, tenendosi con la propria arma e respirando, a fatica, aria e sangue. Rimase fermo interminabili istanti, domandandosi sul perché la corazza iniziasse a pesargli tanto o sulla ragione per cui ogni boccata d'aria sembrasse non saziarlo mai. Fu costretto a boccate più ampie e ansanti molto presto.
Nel mentre, spostò la vista oltre il proprio naso. La sala si era riempita di lacrime e nebbia, e a fatica ormai riusciva a distinguere le ombre. Avrebbe attaccato tutte le corazze ai margini della stanza, se non si fosse ricordato che erano solo fantocci vuoti.

L'unico vivo, in verità, era proprio l'Ambasciatore, che lo fissava con una punta di disgusto e perplessità.
« Santo cielo » ammise, portandosi una mano al petto, « non si può dire che tu non meriti il tuo titolo Comandante. »
Poi fissò i soldati morti a terra. « Avevano famiglia, sai? » Disse, indicandoli. « Erano ragazzi giovani, ma capaci. »
« Erano cani » ringhiò Mark Smith, pulsando di dolore lancinante a ogni sillaba. « E sono morti come tali. »
L'Ambasciatore rimase stupito dalle sue parole. O dal fatto che riuscisse ancora a pronunciarle.
« Scappa, bastardo » lo ammonì poi il Comandante. « Scappa finché sei in tempo: molto presto non avrai più le gambe per farlo. »
L'Ambasciatore sorrise divertito. « Sei coraggioso, Comandante; ma il tuo coraggio non ti eviterà di morire. »
« Io muoio oggi, da eroe » commentò Mark Smith, con le ultime forze. « Tu sei morto da tempo, come codardo. »
Immediatamente dopo, l'Ambasciatore raccolse la spada di un soldato e la puntò sul petto del Comandante. Questi si scosse appena, sforzandosi di muovere una mano, di spostarsi o di reagire. Nonostante i tentativi, però, il suo coraggio non bastava; il suo corpo aveva smesso di rispondergli e ogni impulso inviato alle membra era nient'altro che un urlo disperato in una casa in fiamme.
« Addio Mark Smith » disse l'Ambasciatore, serio. « Salutami la tua cara Fanie Elberim. »
E premette con forza. La spada trapassò il Comandante da parte a parte; la lama entrò nel petto e fuoriuscì dalla schiena, portandosi dietro carne e membra.
Mark Smith non emise un fiato; non disse nulla. Sbarrò solo gli occhi, per poi perdere i sensi.
Il suo corpo rimase immobile. Fermo in una specie di magia, o di uno scherzo del destino, non stramazzò al suolo nemmeno da morto.
Rimase inginocchiato, fermo. Ma non ricadde mai sul pavimento.

Immediatamente dopo, infatti, la porta della sala si spalancò e i soldati di Mark Smith fecero capolino.
L'Ambasciatore emise un gemito di paura. I lunghi riccioli biondi, imbevuti di sangue, si scossero di paura mentre tutto il corpo si precipitava verso una finestra vicina.
Per scappare. Per fuggire.

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Bazar di Mahyas
Il terzo giocatore


Quando la porta della stanza si spalancò, i due erano già fuggiti.
A nulla valsero le scuse di Dorotea, che si finse una povera puttana indifesa. Con la coda dell'occhio, Medeo la vide strillare qualcosa ai soldati che avevano invaso la stanza, fingendo imbarazzo e disgusto. Di tutta risposta, un soldato le tirò uno schiaffo a mano aperta, facendo cadere quel robusto donnone sul pavimento.
Poi qualcuno si sporse verso il basso, fissando la strada, il carro o qualunque altro vicolo in cui potessero essersi calati.
Ma niente. Nessuno vide niente.

I due, infatti, si erano inerpicati per una grondaia arrugginita. Il tempo e i ratti avevano morso il rivestimento di ottone in più punti, creando delle precarie sporgenze da utilizzare come appigli. Non diversamente dai tanti gatti randagi di Malsana, infatti, Medeo ed Eloise si aggrapparono con rapidità e vigore su quelle sporgenze, raggiungendo in breve tempo il tetto del palazzo.
« Sei sicuro sia un'ottima idea? » Chiese Eloise, fissando il corso sotto di loro. Tutto il mercato sembrava in tumulto, quasi come lo stomaco tentacolare di un cammello improvvisamente invaso da un qualche verme del deserto. Ovunque, infatti, i soldati sollevavano teli, rivoltavano tavoli e perquisivano persone. Cercavano disperatamente i due fuggitivi, preoccupandosi di farlo sopratutto sotto i cappucci degli avventori solitari della strada.
« Scherzi? » Ribatté Medeo, divertito. « È la migliore idea che ho avuto negli ultimi due minuti, credimi. »
Poi esitò, incerto. « Beh... credo che ormai tu possa fidarti di me, no? »
« No » ribatté la donna, sicura. « Assolutamente no. »
E si lasciarono andare a una sonora risata.

Dopo qualche altro minuto, la situazione giù nel corso sembrava essersi placata. Le ricerche dei soldati non avevano dato alcun frutto e questi avevano smesso di rivoltare ogni angolo della piazza, limitandosi a girare di ronda per tutto il tempo e a distribuire occhiatacce a chiunque attirasse la loro attenzione.
« Andiamo » disse Eloise, facendo segno all'altro di seguirla. Il corso principale di Mahyas era circondato da alti palazzotti che lo cingevano quasi come una muraglia. La maggior parte erano magazzini usati solo di notte, oppure dormitori per i mercanti che lavoravano al crepuscolo. Nessuno di essi, comunque, sembrava particolarmente scomodo. I due, dunque, si limitarono a passeggiare con tono dimesso, accovacciandosi di tanto in tanto lungo il tragitto.

« Perché fai questo? » Chiese Medeo a un certo punto. « Perché mi aiuti? »
Eloise sbatté le ciglia, interdetta. « Intendi oltre ai soldi? » E sorrise, divertita.
« Andiamo, non mi freghi » ribatté Medeo. « Questo lavoro è troppo pericoloso perché ci siano in ballo solo i soldi. »
Eloise sospirò, pensierosa. E Medeo capì di aver fatto centro.
« Potrei raccontarti la storia di una giovane elfa scesa dall'Edhel con la propria tribù » disse, seria. « Abbandonata dai propri simili nel posto più disgustoso del mondo e costretta a rubare per vivere. »
Poi lo fissò, con occhi lucidi. « Sai che vuol dire per una come me vivere nel Dortan? »
« Dover affrontare i pregiudizi delle persone; dover spiegare a tutti quelli che incontri che non danzerò sui loro cadaveri solo perché sono elfa e - peraltro - scura di carnagione? »
Medeo rimase fermo nei propri pensieri. Poi rispose, serio. « Ed è di Caino la colpa di tutto questo? »
Eloise scosse la testa, con decisione. « No, non solo sua. » Poi sospirò ancora, quasi commossa. « Ma è per gente come lui che questo posto si è rovinato. »
« Vorrei un mondo privo di religioni, di dettami, di signori o regnanti » asserì, secca. « Vorrei un posto in cui tutti avessero delle possibilità e fossero privi di pregiudizi. »
« Vorrei un posto in cui poter convivere civilmente, senza sentirmi in colpa per il colore della mia pelle. » Poi lo fissò, stranita. « Vorrei un posto in cui non ci siano persone come Caino a pensare al posto del popolo. »
Una lacrima le bagnò il viso, rigando le guance scure che presero a brillare di un soave scintillio bruno. « Uccidere Caino non è la soluzione. »
« Ma è un ottimo inizio. » Disse e non riuscì a trattenere un breve pianto.
Medeo si allungò una manica e le asciugò gli occhi. Poi si avvicinò al suo volto e la baciò con tenerezza sulle labbra.
« Bene » disse poi. « Allora sarà meglio non farlo aspettare. »

Qualcosa però li interruppe.
« ECCOLI! SONO LI! » Urlò qualcuno dalla strada.

Medeo ed Eloise fecero appena in tempo a guardare giù, che una manciata di frecce vibrarono in loro direzione. Altrettanti soldati, infatti, ormai li fissavano dal corso con aria torva, caricando le balestre.
« Corriamo, il fiume è vicino! » Disse Eloise. E prese a correre con grazia e rapidità, spingendo le sue lunghe gambe snelle oltre ogni mattonella. Nella sua mano sinistra teneva quella destra di Medeo, che la seguiva. Ben presto videro il fiume avvicinarsi sempre di più e, al centro di esso, una grossa barca a vela che li aspettava. Su di essa, un figuro con una pallida tunica li incitava a sbrigarsi.
Durante la corsa le frecce vibravano non distanti dalle loro orecchie, con sibili sonori che svirgolavano in prossimità delle loro carni. Poco dopo, un paio di queste sfreggiarono Medeo al volto e alla gamba e una terza si insaccò nella sua spalla. Altrettanto accadde anche Eloise, che dovette staccarsi una freccia dal gluteo sinistro.

Una di esse, però, non sibilò affatto, ma urtò rozzamente la sua corsa. Fu un momento che Medeo avvertì chiaramente; il tempo parve fermarsi e - per qualche ragione - seppe immediatamente che quella freccia non l'avrebbe mai dimenticata.
Eloise emise un rantolo sordo e Medeo si voltò a fissarla. La freccia l'aveva colpita alla caviglia e la donna era scivolata ai bordi del tetto, aggrappandosi a una grondaia. Le braccia nude si tendevano con sforzo, mentre il sangue prese a gocciolarle dalle ferite, copiosamente Soffriva evidentemente e si reggeva a fatica con la mano destra, mentre il volto si contraeva di dolore.
« E-Eloise... » balbettò Medeo, con orrore. « No... »
« Vattene » commentò lei, tentando invano di tirarsi su. « Lasciami qui e vai; la tua missione è più importante di me. »
Medeo esitò, rimanendo immobile. Sotto di lui il fiume zampillava con vigore e il marinaio teneva a stento la barca, pronta a sfrecciare al suo comando. Lo chiamava a gran voce.
« Ti prego, prima che me ne penta... » prese a implorarlo Eloise, piangendo. « Fa quello che devi, e fallo anche al posto mio. »




CITAZIONE
QM Point
Chiunque abbia invocato sangue in passato non potrà dire di non essere stato accontentato è_é
Ultimo turno!

Il primo giocatore. Col sacrificio di Nicolaj, le guardie vengono uccise prima che possano raggiungervi. Un ultimo ostacolo, però, si pone tra voi e il traguardo: i massi. Ciascun masso ha una potenza potenzialmente (scusate il gioco di parole) Immensa. Il vostro turno non sarà diverso da quanto accaduto per l'altro gruppo l'ultima volta. Dovrete elaborare una strategia per salvarvi dal masso; potete distruggerlo, schivarlo, lasciare che vi colpisca. Fate quello che volete; usate tecniche a vostra disposizione, e i due che condividono il carrello potranno collaborare. All'esito, dovrete anche decidere quanti danni incassate. Ovviamente le vostre decisione influenzeranno il voto in sportività. Chi è da solo (col sacco) non può collaborare con nessuno, invece. A voi; vi ricordo che è l'ultimo turno.

Il secondo giocatore Devo dire che vi siete comportati molto bene, sono soddisfatto. Questo turno è relativamente semplice. Mark Smith ha fatto fuori tutte le guardie; ma, stremato, cede dinanzi all'Ambasciatore che purtroppo... lo uccide (una carneficina 'sto turno n.d.r.). Quando voi arrivate, è troppo tardi. Elaborate il lutto e, insieme a esso, anche una strategia per bloccare l'Ambasciatore che cerca di fuggire dalla finestra. L'ultimo turno, forza!

Il terzo giocatore. La decisione non è delle più felici. Medeo ed Eloise raggiungono velocemente la fine della strada, avvicinandosi al Lagùno. Eppure, il fatto di essere sui tetti li rende abbastanza visibili e facile bersaglio delle frecce dei soldati. Tra energie spese e ferite riportate, Medeo perde 50% delle energie, scendendo a 200%. È moderatamente ferito / stanco.
Ora, l'ultima scelta. Poco prima di arrivare a destinazione, il nostro buon Medeo si accorge che Eloise è stata ferita e sta scivolando giù dal tetto. La scelta, dunque, questa volta prevede solo due possibilità... ed è l'ultima che farete. Medeo salva o no Eloise?

Numero uno. Medeo torna indietro per salvare Eloise.
Numero due. Medeo ignora Eloise e salta nel Lagùno senza di lei.

Chi ha saltato i turni precedenti. È ormai evidente che nessuno possa unirsi all'ultimo turno; ma se qualcuno ha saltato qualche turno, può partecipare a questo ultimo turno facendo un riassunto narrativo delle fasi saltate. Insomma, riprendendo da dove lasciato; se il post sarà più che sufficiente, potrebbero comunque qualificarsi per la finale.

Tempi. Entro mercoledì le scelte. Entro dieci giorni la chiusura di questa fase.


Edited by janz - 11/2/2016, 20:22
 
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view post Posted on 14/2/2016, 06:18
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Castello di Carte ~ Apocalisse.
« Chi, se non un mostro, deve lottare per fermare un altro mostro? »

I corridoi dell'ambasciata erano vuoti. Dopo l'esplosione delle trappole, probabilmente, molti nostri compagni avevano trovato la morte o, nella migliore delle ipotesi, erano gravemente feriti ed impossibilitati a muoversi. Rimanevamo davvero in pochi -e malconci - ad affrontare l'Ambasciatore e la sua ultima resistenza. Pur non essendo una patriota, mentre arrancavo per tenere un passo sostenuto, mi scoprii a pensare a ciò che sarebbe potuto succedere nel caso in cui avessimo fallito. La sola idea che Caino e i suoi seguaci potessero far piombare il Dortan in un nuovo regno del terrore mi metteva i brividi, non tanto per il fatto che tutte le - misere - conquiste sociali fatte sarebbero state distrutte, quanto per ciò che sarebbe successo alle decine di uomini e donne che si erano battuti contro la tirannia e contro lo strapotere degli arconti nel recente passato. Semplicemente, che piacesse o meno, l'Ambasciatore e tutti i suoi associati dovevano morire.
Guardai Jorge di traverso, con la coda dell'occhio. Magari lo avevo giudicato male e, forse, ero stata anche troppo severa nel prendere sul personale quel suo modo di fare. Ero sicura che, come tanti, fosse cresciuto in un mondo nel quale l'ignoto - o ciò che la propria mente non riusciva a comprendere - avesse un ruolo cardine nel mantenere l'ordine costituito... ed io, ai suoi occhi, ero tutto fuorché la normalità. Sospirai, incespicando nell'incedere.
Cercai di concentrarmi sull'obiettivo e lasciare in secondo piano quelle questioni che, sebbene importanti, mi avrebbero solamente distratto dal fare ciò che era necessario. Per me e per gli altri.

Al rendez-vous davanti alle porte della sala principale io e Jorge non eravamo gli unici due ad essere scampati all'agguato. Sebbene anche gli altri fossero stati colpiti da qualche tipo di trappola simile a quella in cui eravamo incappati noi, a giudicare dalle loro condizioni, almeno sarebbe stato più facile sbaragliare le difese dell'ambasciatore. A preoccuparmi, però, era il clangore della lotta che da, qualche istante a quella parte, aveva smesso di riecheggiare oltre le porte. Lentamente il portone si aprì sotto la nostra spinta, rivelando il salone e quanto vi era avvenuto sino a quel momento: a terra giacevano i corpi di numerosi uomini, immersi in una pozza di sangue che andava ingrandendosi, mentre da una parte, mortalmente ferito, stava il corpo di Mark Smith, ricoperto di ferite scarlatte. Il traditore, l'unico ad essere scampato a quella carneficina, sembrò spaventarsi per il nostro ingresso e prese a muoversi verso una delle finestre. Probabilmente quel bastardo pensava che lo stratagemma avesse funzionato e che Smith avesse perso tutti i suoi uomini nelle esplosioni... sfortunatamente per lui le cose erano andate diversamente. Mi gettai oltre la porta ignorando la gamba ferita che, a causa dello sforzo, mi obbligò a stringere i denti per il dolore.
In quell'istante avevo in mente solo di fermare quel cane ad ogni costo, non mi importava di null'altro. Serrai la mano sull'impugnatura della spada strillando a pieni polmoni.

« Prendiamo quel vigliacco! »

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Per quanto mi fossi sforzata, anche sopportando il dolore, la gamba ferita non mi avrebbe permesso di raggiungerlo in tempo e atterrarlo. L'unica cosa sensata che potevo fare era impedirgli di arrivare alla finestra o, quantomeno, rendergli il compito il più difficile e doloroso possibile. Mossi velocemente la mano libera come a creare un'onda invisibile e, immediatamente, l'aria prese a muoversi e compattarsi, diventando traslucida. Proseguì la sua corsa attraversando come il vento la distanza che mi separava dall'Ambasciatore, intercettandolo lateralmente nel tentativo di travolgerlo. Non lo avrebbe ucciso, non così facilmente perlomeno, ma se non altro ne avrebbe rallentato la corsa verso l'uscita. Come se non bastasse, dato che non volevo correre rischi, direzionai la mano contro la finestra, lasciando che una lingua di fuoco raggiungesse i drappeggi e gli infissi, nella speranza di appiccarvi fuoco e spaventare il fuggiasco. Sarebbe stato incredibilmente più facile cancellarlo dalla storia e lasciare che di lui venissero ritrovate solamente le ceneri, ma ci serviva vivo per trovare tutti coloro che erano invischiati in quella pantomima. I miei compagni, dal loro canto, si adoperarono immediatamente - ognuno a suo modo - per fermare una volta per tutte quella fuga. Non mi interessava granché di aver dimostrato a Jorge di essere realmente pericolosa come mi aveva definito, a quel punto della storia non c'era più spazio per le mezze verità o per le titubanze: vincere o essere vinti, nient'altro.

« [ ... ] Solo le persone come Smith, seppur poco e sicuramente con numerosi difetti, meritavano fiducia. La mia, almeno. »
Solamente le mie stesse parole potevano, in qualche modo, esprimere quanto profondamente quella perdita mi turbasse.

Barcollai di lato, per la fatica e l'enorme dispendio di energie che il mio corpo, in quelle condizioni, non poteva permettersi. Rimasi in piedi usando alla spada come sostegno e, con non poca fatica, tentai di raggiungere Smith. Pur non avendo alcuna conoscenza anatomica o medica era chiaro come il sole a mezzogiorno che per lui non ci fosse più niente da fare, ma dovevo fare almeno un tentativo, dovevo sentire il suo polso immobile con le mie stesse mani.
Arrancai sino alla sua posizione, arrivando pochi istanti dopo uno dei sopravvissuti che, al pari mio, cercava di sincerarsi delle condizioni del Comandante. Non ritenevo giusto che quel lurido bastardo si fosse permesso di ammazzare uno dei pochi uomini degni rimasti nel Dortan. Non in quel modo, servendosi di tutte le sue guardie solo per riuscire a uccidere un uomo che, da solo, mai e poi mai sarebbe riuscito a sopraffare. Non era tanto la morte di un eroe a bruciarmi dentro, quanto l'ingiustizia che da quella morte sarebbe scaturita. Nessuno di noi era degno di prendere il posto del Comandante, Ladeca non sarebbe mai riuscita a riprendersi da quella perdita, non sotto assedio e con una congiura in grembo. Allungai una mano toccando il polso insanguinato, ma nessun battito ne scaturì. Smith non c'era più... e con lui anche parte della mia fiducia e speranza in quel conflitto.

« Andato...
Mi spiace, Theraniano. Sono arrivato tardi...
»

Le parole dell'uomo accanto a me, sibilate in quella lingua a me terribilmente nota, mi obbligarono ad accettare la realtà.
Non trovai la forza di alzare lo sguardo mentre, con la coda dell'occhio, mi voltavo verso la finestra.
Aveva maledettamente ragione, eravamo arrivati tardi e, col senno di poi, sarebbe stato opportuno restare tutti uniti invece di dividerci e finire, come topi, intrappolati in quel modo ridicolo. Eravamo stati stupidi e, come tali, ne pagavamo il prezzo. Mark Smith, più di tutti, aveva pagato anche per noialtri.

« Siamo arrivati tardi. » calcai la prima parola, con tono colpevole. Poi, quasi digrignando i denti, aggiunsi.
« Gli strappo i denti uno ad uno a quel porco. »
E, non senza fatica, iniziai a muovermi verso l'ambasciatore al massimo della velocità che le mie ferite riuscivano a permettermi.
L'uomo, per tutta risposta, continuò.
« Esistono cose peggiori... »

A quel punto mi fermai un istante, voltandomi per guardarlo dritto negli occhi. A prescindere da quello che mi ero ripromessa, dal disperato tentativo di rimanere attaccata alla mia umanità, in quei momenti tutto ciò che desideravo era vedere il terrore negli occhi di quel vigliacco, di sentirlo urlare e chiedere una pietà che non sarebbe giunta da nessuno. Per la prima volta in cinque anni avrei lasciato che il mostro prendesse il sopravvento su di me.

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« Non sarò io a fermarti. »
Sibilai, continuando a muovermi.
Se prima lottavo per una causa che mi sembrava giusta, per la povera gente, adesso avrei lottato per la vendetta.
E avrei presentato il conto a Caino e a tutti i suoi sottoposti bastardi.



B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%



Capacità Speciali: 0
Riserva Fisica: 5%
Riserva Energetica: 45% - 5% = 40%
Riserva Mentale: 125% - 20% - 5% = 100%
Stato Emotivo: Furibonda per la morte di Smith.
Equipaggiamento:

• Spada da Fanteria.
• Farsetto imbottito bruciato.

Passive Utilizzate:
• ///

Attive Utilizzate:
Posato ♪: A volte mi è capitato di riuscire a manipolare anche l'aria. Non sono brava come con il fuoco o con la negromanzia, ma posso migliorare. Non riuscirei a spiegare a parole quello che succede, ma è come se un muro d'aria venisse lanciato in avanti con estrema violenza travolgendo qualsiasi cosa nel suo passaggio. Non ho mai ucciso nessuno in questo modo, al massimo l'ho buttato a terra o sbalzato contro un muro, ma c'è una prima volta per tutto. Credo.
[Personale 7/25 - Consumo Alto, natura Magica, consuma Mente e colpisce Fisico. Si tratta di una zona di aria compressa che colpisce l'avversario con le stesse proprietà di un danno contundente]

Maestoso ♪: Dentro di me c'è ancora tanto potenziale magico e la non morte non ha fatto che acuirlo. Un tempo riuscivo a controllare scarsamente le fiamme di qualche candela o le scintille del camino, ma oggi riesco a piegare e creare il fuoco dalle mie stesse mani. Non ne sento affatto il calore, non potrei anche volendo, ma chi mi sta vicino può avvertirlo e, talvolta apprezzarlo. Non ho mai incenerito qualcuno completamente, ma non esiterei a farlo se fossi costretta. Finché posso suonare il mio violino e cantare le mie canzoni nessuno dovrà bruciare vivo.
[Personale 4/25 - Consumo Variabile Medio, natura Magica, consumo suddiviso Mente/Energia e colpisce Fisico. Si tratta di una fiamma estremamente calda che si dirama dal corpo di Irene e cerca di lambire gli avversari. A consumo nullo, come effetto scenico, può essere usata per trasmettere una sensazione di calore alle persone circostanti]

Note: Eccomi qua. Post diretto, dritto al punto. Allegra lancia un muro d'aria per sbilanciare l'ambasciatore ad Alto, poi cerca di dar fuoco alla finestra (infissi e tende) per spaventarlo in modo che non ci corra incontro troppo volentieri. Chiaramente non vuole ucciderlo, quindi non colpisce volutamente in modo significativo, ma cerca solo di facilitare il compito ai suoi compagni. Inoltre, essendo gravemente ferita (5%) di fisico, si muove molto male e non potrebbe mai inseguire il fuggitivo. La morte di Smith, che nel post subito sopra lei stessa aveva commentato "un uomo di cui fidarsi" le fa perdere leggermente il fragile controllo che ha con la sua parte "mostruosa". Che dire, mi è piaciuto giocare la quest e con questo ultimo post mi sono anche divertito a scrivere di una Allegra che vede i suoi ultimi baluardi di fiducia nel Dortan esplodere once for all e vede il suo agire passare da un mero "lo faccio perché mi sembra giusto" a "lo faccio perché voglio la testa di chiunque abbia fatto questo". Grazie a tutti!
PS: Il pg di Numar parla nel gergo delle ombre, che Allegra comprende, nel suo parlato corsivo. u_u
 
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Alb†raum
view post Posted on 14/2/2016, 18:28




Allegra era di fronte a lui nella corsa, se questa si fosse potuta definire tale: l'andatura di Jorge era zoppicante, e ogni passo era chiedere al suo corpo di cedere un poco di vita in quel movimento. Stringendo i denti per il bruciore soffocante che gli risaliva i nervi, il tossicologo si trascinava lungo i quartieri della servitù pregando di crollare a terra per la perdita di sangue. Quanti uomini ci sarebbero potuti essere là dentro? Mezzo centinaio? Non si sentiva in grado di affrontarne uno, nemmeno se questi si fosse scoperto il collo e indicato il punto dove avesse voluto veder sporgere la lama. Allora perché non si fermava e non si lasciava cadere lì, contro un muro, implorando gli altri di abbandonarlo a sanguinare o di portarlo fuori? Ma cosa c'era fuori, d'altronde? Altri soldati nemici? No, non poteva lasciarsi morire o correre in contro alla morte. Non era stato il senso di tutto quel viaggio? Da Shirazamar era arrivato a Masut, da Masut a Merakh e da lì a Ladeca. Erano passati due mesi, ormai, da quando aveva avuto il primo attacco epilettico causato dalla malattia. Non avrebbe accettato di morire in quella maniera dopo quei due mesi di vita buttati; non quando era certo che non gliene rimanessero più di altri otto.


Un piede gli cedette, scivolò. Cadde con una spalla contro il muro, ma prima che Allegra si potesse accorgere dell'inciampo si era già rimesso a camminare. Non sentiva nulla dalle ginocchia in giù, ed era come appoggiarsi a pezzi di legno, similmente ai capitani di guerra quando viene loro amputato un arto. Una scheggia gli aveva forato l'arteria femorale? Pezzi d'osso gli stavano bloccando le arterie, le vene? Un gorgoglio ansioso scoppiò nel respiratore, richiamandolo. Un'altra bolla scura, simile a quella di pochi minuti prima, scoppiò espellendo altri frammenti di costole che dovevano aver bloccato il flusso d'aria. Avrebbe dato tutto l'oro che teneva nella borsa per una sacerdotessa un decimo capace come quella che aveva rimarginato l'incisione che aveva fatto a sua figlia; avrebbe dato altrettanto a qualcuno che avesse potuto distrarlo da quei pensieri angosciosi di morte che gli rendevano difficile realizzare dove stesse andando.
«Andiamo, andiamo!» implorò a sé stesso.

Salirono scale, attraversarono spiazzi vuoti aspettandosi imboscate a ogni angolo e non incappando in nessuna. Alle porte del salone incontrarono i pochi sfuggiti alle esplosioni, una manciata di uomini che accorreva verso il comandante Smith, la cui voce aveva smesso di risuonare nei corridoi da qualche secondo.
Quando furono dentro, non fu difficile comprendere il perché.
Sulla morte di Smith, trafitto dalla spada del traditore, vegliavano arazzi d'oriente e storie di guerre d'occidente; la sua lapide era il dipinto del Bianco Maniero che si stagliava in fondo alla stanza, grande, bellissimo come un ricordo; sulle sue torri pareva che vorticassero aquile e corvi che avevano avvistato i cadaveri di cui era disseminata la stanza. Il sangue sul pavimento di marmo per un istante incantò Jorge. Smith cos'era? Una figura che si era mossa nel teatro, e che lui non aveva mai avuto interesse nel guardar recitare; eppure non era una morte bellissima quella? Una morte degna, la parola fine ricamata al termine di un racconto. Forse era un qualcosa che anche Jorge avrebbe potuto affrontare, un sonno non così minaccioso come quello doloroso e demente che gli prospettava la woromhabes, o quello indegno del veleno o dell'acciaio.

“Ma è comunque morto!” gridò qualcosa dentro di lui, facendolo sobbalzare. Una figura in armatura, dopo averli avvistati, si stava lanciando sulla porta d'uscita nella parte opposta del corridoio. Jorge strinse un pugno come se avesse voluto trattenere la propria vita al suo interno. I muscoli della mano si contrassero in un unico spasmo di dolore.
Sferrò il colpo contro le rune della cintura, e vide rosso mentre le ossa gli parevano ballare nella carne. L'istante successivo era di fronte al fuggitivo.
«No» mormorò. Allargò le braccia, e la giacca già stracciata dalle esplosioni scivolò via, mostrando i tubi che gli risalivano lungo gli arti e si attaccavano ai meccanismi, ai bracciali, ai diffusori bucherellati appesi a metà braccio. La camicia, stracciata e macchiata di rosso per il sangue, mostrava il petto in cui era incassato il polmone metallico e da cui si dipartiva l'intrico di vasi sanguigni artificiali. Un liquido marroncino risalì una vena di gomma, dopodiché uno spruzzo di gas trasparente sibilò nell'aria.
Sollevò il bastone e mirò a una tempia del malcapitato per tramortirlo, o ucciderlo. Si sarebbe gettato poi su di lui per placcarlo e impedirgli di continuare a muoversi. Questo era il piano, sì, e poco importava se quel maledetto fosse morto, dopo avergli fatto esplodere in faccia una stanza, dopo aver messo a repentaglio la vita di sua figlia e suo nipote; l'unico pensiero che gli impediva di infilare tre spanne di acciaio nella sua gola era il pensiero di cosa avrebbero fatto di lui carcerieri e torturatori. Sperò con tutto il cuore che gli chiedessero aiuto nel loro compito, perché il tossicologo non avrebbe faticato a trovare una qualche sostanza terribile per far confessare quell'imbecille.

Energia: 20% (-20% mass confusion)
Corpo: 30%
Mente: 100%
CS: 2CS Forza fisica - Usate 2 CS
Passive attivate:

[Amuleto dell'auspex; auspex passivo (3/6)]
[Personale passiva (13/25): le tecniche offensive ad area diventano di potenza pari a consumo (4/6)]

Attive:

Mass Confusion

[Psionica Alta personale (21/25). Attacco ad area. Tutti i bersagli ostili attorno al caster dovranno difendersi o ritrovarsi in preda ad allucinazioni e difficoltà motorie per la durata di due turni (non infligge danni). Sarà per loro difficile inquadrare un bersaglio, le parole che pronunceranno risulteranno biascichi confusi e i loro movimenti scoordinati. Ha potenza bassa ogni turno.]

Defensive Rune
[difesa assoluta magica (4/25): difesa assoluta a costo nullo sotto forma di teletrasporto a breve raggio]



Note: Continuo a tenere attivato l'auspex, Just in case.

Jorge si teletrasporta di fronte all'Ambasciatore, utilizza Mass Confusion per renderlo inoffensivo e poi lo attacca con una bastonata sulla tempia con 2 CS in forza fisica per metterlo fuori combattimento e impedire mezzucci magici o altro. Non molto dialogo questo turno, ma l'azione è stata molto veloce.


Enjoy it :8):
 
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view post Posted on 15/2/2016, 03:34
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Regni del Leviatano - Miniere Abbandonate
«End of the line»

Da quanto tempo stiamo percorrendo queste lugubri gallerie? Il puzzo di carbone e di aria stantia la fa da padrona, ogni respiro profondo e rapido preso tra un sussulto del carrello e il timore del deragliamento servono solo a farmi detestare ancora di più quel luogo quel passaggio che di segreto non aveva più un bel niente. Fino a quel momento ci siamo trattenuti, astenendoci dal ferire i nostri inseguitori, convinti di dare salva la vita a semplici guardie che ci credevano nemici solo per un tragico errore. Ma ci sbagliavamo, la realtà dei fatti e ben peggiore. Siamo stati traditi, tutti quanti, dal primo all'ultimo. Queste gallerie non sono una via verso la salvezza, ma solo la nostra tomba, o quantomeno questo è il loro piano. Un dardo vola oltre i carrelli, sparisce nell'oscurità, seguito da un suono secco come di uno schiocco di frusta. Una corda, recisa, visto il rumoroso schiocco doveva essere ben tesa. Il suolo trema, diversi impatti fanno eco lungo la galleria, un inquietante brusio comincia a farsi sempre più forte, più vicino. Massi, ben scolpiti, si dirigono verso di noi senza che nessun ostacolo possa impedirne l'avanzata. Alle nostre spalle gli sgherri di Caino si fanno sempre più numerosi, le grida di ordini atte a mantenere la loro mascherata ora rimpiazzate da risate, sadiche, di chi prova gusto nell'uccidere. In trappola, nessuna via di fuga. Se ci fermiamo siamo morti, se avanziamo siamo morti. Potrei scappare, dissolvermi tra le ombre, nessuno si ricorderà di me. Ma qui non si tratta solo di me, non più, qualunque cosa sia contenuta in quel sacco deve significare molto. Nessuno farebbe tutta questa fatica solo per trasportare una manciata di spade. Poi accade, come le altre volte, in un attimo. Un oggetto sferico in ogni mano, bombe di ottima fattura, stava li nel mezzo dei binari. I carrelli si avvicinavano, spade sguainate erano pronte a ghermirlo, ignoravano ciò che stava per fare.



« Sussurro fino alla morte, sussurro oltre la morte! » Era tutto così familiare, troppo familiare, sembrava quasi di essere in un incubo. Per un attimo ogni altro suono sembra morire, mi sembra quasi che il cuore cerchi di palpitare, di sfuggire alla sua prigionia di non-vita. Quando si volta verso di noi, sorridendo con fare sincero, con quell'espressione che sembra quasi dire "Andrà tutto bene", per un attimo mi sembra quasi di vederla. Prima della fine. Prima dell'ultimo sacrificio. Ed ancora una volta tutto quello che posso fare è voltarmi, impotente, senza poter essere in grado di fare nulla per impedirlo. L'unico dono che mi è concesso è la possibilità di tener fede alle sue ultime volontà. Dovrei ritenermi fortunata, ad alcuni non è concesso nemmeno questo. « Fate un ottimo lavoro, ragazzi. »



Il lampo distrugge violentemente quel muro ovattato di ricordi e rimpianti, il tuono mi scuote fino alle ossa, riportandomi faccia a faccia con la realtà. Gli inseguitori, la Foglia, la galleria... ormai non è rimasto più nulla. Davanti a noi i massi continuano inesorabili la loro folle corsa verso i carrelli, se riusciranno a raggiungerci allora la nostra missione fallirà, e Ladeca potrà dirsi condannata ad essere la capitale di un tiranno. Inspiro profondamente, metto mano al mio tonico sanguigno, lo ingerisco. I muscoli si irrigidiscono, il suono del masso che cozza contro il pavimento della galleria si fa più intenso, quasi cristallino. L'assalto è rapido e conciso, svanisco dal carrello e riappaio sul masso. Colpisco, sparisco, riappaio e ripeto il processo. In una manciata di pochi secondi ho assestato abbastanza colpi dal riuscire a destabilizzare la struttura del masso. Inizia a sgretolarsi, a perdere i pezzi, ma non era stato abbastanza. Riappaio sul carrello, accasciandomi sul fondo dello stesso, affaticata, debilitata dallo sforzo. Smussato più che a sufficienza, indebolito nei punti giusti, un colpo ben piazzato dovrebbe essere in grado di fermarlo definitivamente. Il che mi lascia il tempo di pensare lucidamente, oltre la morte della Foglia, per poter affrontare la realtà dei fatti. Non erano in molti a sapere di questo passaggio, noi stessi ne siamo venuti a conoscenza solo una volta giunti a destinazione. Avevano assegnato qualcuno per scavare e riadattare l'interezza della miniera, ma questo non cambia quanto è trasparito qui. Qualcuno si è venduto a Caino. Adesso che la Foglia è perita, restano solo due candidati. Il vecchio Ilyr... è stato lui ad allertare le guardie. Ma Sergey non è stato in grado di trovare la chiave, nonostante dovesse sapere esattamente dove fosse. Posso ancora fidarmi di loro? Difficile a dirsi, se le spie di Caino si sono infiltrate persino tra i Sussurri, allora quante speranze ci sono che il re sarà ancora vivo al nostro arrivo? Quante sono le possibilità che qualcuno non abbia spalancato le porte della città per far entrare gli assalitori e condannare tutti?



« Dobbiamo sbrigarci. » Mi rivolgo al mio compagno di carrello, a tutti gli altri, più ci penso e più penso che qualcosa ci stia tuttora sfuggendo da sotto al naso. Ho paura. Mi viene quasi da tremare, l'insicurezza di cosa ci aspetterò una volta giunti all'Erdaleo... loro sapevano di questo passaggio. Che cosa può avergli impedito di usarlo prima di noi? magari la chiave non c'era, magari è stata usata e poi gettata via. Da qualcuno che aveva l'interesse e la volontà di raggiungere il re, anche da solo se necessario. Qualcuno abbastanza arrogante, o pazzo. Oddio! « Spingi questa vecchia tinozza arrugginita, non abbiamo tutto lo stramaledetto giorno! »






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 2 Forza; 2 Velocità }

Fisico {65%} ~ Mente {85%} ~ Energie {70%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (5/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (5/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (5/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (5/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (5/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (5/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (5/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (5/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (5/6)
» Passiva Personale - Grazia del Duellante: (4/6)


Attive & Oggetti:


La prima cosa che salta subito all'occhio quando si diviene un vampiro è. senza ombra di dubbio, la tremenda forza bruta di cui si dispone. Pensavo che con la mia statura questo non fosse altrettanto vero, finché il giorno del mio settantaseiesimo compleanno non ho scaraventato un Paladino della Legione fuori dalla finestra della villa come fosse fatto di paglia. Se a questo si aggiunge un pizzico di magia e una conoscenza basilare dell'anatomia nemica, ecco che si crea una cosuccia che mi piace chiamare Mille in Uno. In breve si tratta di un incantesimo di teletrasporto mescolato con degli affondi ben piazzati, grazie a questo trucchetto una volta sono persino riuscita a sbarazzarmi di un battaglione di Samurai Cavendish. Arrabbiarsi tanto per aver rubato una spada, valli a capire quelli.
Pagando un prezzo equi-diviso fra Energia e Fisico pari al danno inflitto, Odette sarà in grado di materializzarsi rapidamente alle spalle di un grande numero d'avversari per piazzare un colpo a tradimento alle loro spalle, consumando l'Energia in caso di consumo Basso. A consumo nullo Odette sarà in grado di mostrare una forza fuori dal comune, riuscendo a compiere prontezze fisiche di natura semplicemente sovrumana.

[Consumo Critico]

Corallo





Do una bella scolpita al macigno con un danno Critico ad Area, che lo sasso è bello ciccione. Mastico pure un corallo, non si sa mai :sisi:


 
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view post Posted on 20/2/2016, 17:59
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Sussurro fino alla morte.
Essere Silenziosi Sussurri non era solamente un ruolo, una sorta di titolo. Essere Silenziosi Sussurri era uno stile di vita, un occhio diverso sul mondo; Nicolaj Luciano, reclutatore per la Mano prima dell’avvento della Guardia Insonne, su questo era chiaro con ogni uomo che entrava nella rete di spie.
Lo scopo di ogni singolo Sussurro era il Bene del Regno. Quale bene? Qualunque potesse sembrarlo al Sussurro che lo difendeva. Un concetto difficile da comprendere subito, ma era semplicemente l’abbandono di un Bene universale, quindi di finti moralismi e perbenismi inutili.
Uccidere cento innocenti poteva essere considerato Bene? Forse, se serviva a salvarne mille.
Essere Sussurro era un fardello. Quando Kuro e Ludmilla avrebbero dovuto mettere da parte l’amore, ma hanno ritenuto non ci fosse Bene più grande che difenderlo, anche con la consapevolezza di ciò che il Regno stava subendo. E forse quel Grazie pronunciato dal Primo Sussurro a Winterdorf aveva pesato sul suo cuore più di quanto chiunque avesse potuto immaginare, perché i cinque Sussurri spintisi fin lì affrontando molti pericoli l’avevano, di fatto, compreso e perdonato. Kuro li aveva ringraziati per quello, il fatto che avessero liberato la Mano dalle prigioni di ghiaccio era solo una conseguenza.
Essere Sussurro era un fardello. Su ogni passo, ogni decisione, ogni pensiero di un Sussurro potevano gravare ripercussioni inimmaginabili sul Dortan. Ogni scelta che avevano fatto Ludmilla, Kirin e Montu li aveva portati a ritrovare il Re perduto. Il Re che ora sedeva sul trono ed era forse, finalmente, pronto ad affrontare Caino da uomo. In fondo poche colpe potevano attribuirsi al giovane Julien, fuorviato dalla fine mente del Priore, ora però poteva riscattare anche quelle poche; ora il Corvo marciava su Ladeca con il suo esercito per usurpare quel trono che non gli spettava, ora Caino affrontava a carte scoperte Re Julien e i suoi alleati. Era l’atto finale di una guerra iniziata anni prima.
Essere Sussurro era un fardello. Quando la Foglia aveva dovuto scegliere Sigrund Lorch piuttosto che i suoi fratelli, perché solo lui poteva sopportare il dolore che bisognava provare per condurre il Regno verso il Bene. E quella volta nessuno, oltre Nicolaj, era riuscito a distinguere il Bene dal Male, le azioni giuste da quelle sbagliate. Nicolaj Luciano aveva sacrificato sé stesso, il suo nome, la fiducia che la Mano riponeva ciecamente in lui per non dare loro dolori maggiori. Stavano sbagliando e lui poteva aprire loro gli occhi.
Ma quanto era stato difficile? Cosa poteva essere passato per la mente di quell’uomo nel momento in cui aveva consegnato i compagni di una vita ai nemici che volevano Basiledra? Quanti uomini sarebbero riusciti a farlo? Sicuramente non Kuro e Ludmilla. La Foglia non lo sapeva ma l’avrebbero dimostrato mesi dopo, e ora si sarebbe meritato del tempo per ricevere i ringraziamenti di tutti; avesse sbagliato a scegliere l’uomo per quel duro compito ora, forse, la libertà sarebbe stata solamente un lontano ricordo nel Dortan.
Tutto questo veniva ripagato con la Verità. E per ogni Silenzioso Sussurro il gioco valeva la candela.

Sussurro oltre la morte.
Parole ancor più difficili da comprendere. Nessun fantastico paradiso attendeva i Silenziosi Sussurri oltre la morte, nessuna esclusiva ricompensa ultraterrena. Non c’era l’accezione religiosa che i predicatori davano ai loro sermoni spingendo i fedeli a seguire le vie dei Daimon, c’era la consapevolezza che tutto è possibile per chi ci è accanto.
Quell’-oltre- poteva essere facilmente frainteso, ma vivendo da Sussurro si escludeva immediatamente il significato temporale. Significava essere Sussurri oltre la paura della morte; significava essere pronti a tutto come aveva dimostrato Nicolaj ormai anni prima; significava essere pronti a sacrificare la propria vita… così come aveva fatto Yuri, l’Occhio, ragazzo convinto che la sua vita era insignificante se paragonata al Bene del Regno, che spesso rischiava più del dovuto e che proprio con la vita -strappatagli da Caino- aveva pagato la sua dedizione.
E ora la Foglia lo dimostrava a tutti nuovamente. Era forse veramente importante che quel carico d’armi arrivasse dentro Ladeca? No, una volta lì si sarebbero comunque inventati qualcosa. Era forse importante che la loro missione rimanesse segreta? No, era una precauzione che sceglievano di prendersi, ma non inficiava sul loro successo. Era forse importante che tutti raggiungessero l’Edraleo? Assolutamente no, l’obiettivo era solo ed esclusivamente Caino: doveva morire.

Nicolaj era saltato giù dal suo carrello. Dimostrava ancora una volta che gli ideali dei Sussurri erano più importanti di qualsiasi altra cosa e che questi sarebbero sopravvissuti a tutti loro, perché un’idea, il Bene, non può morire.
Stringeva in mano gli esplosivi stagliandosi fiero contro i nemici del Regno. Le sue parole erano dedicate ai Silenziosi Sussurri, la sua voce non tremava, il suo sguardo non si abbassava.
Probabilmente tenne gli occhi aperti fino all’ultimo, per guardare l’espressione degli uomini che tentavano di spezzarli ma che si schiantavano inermi contro quel muro di ideali che si propagava in un’esplosione.
Era l’atto finale dell’uomo che da solo aveva guidato il Dortan verso un futuro che lui credeva migliore.
Il calore investì i carrelli che sfrecciarono più velocemente sui binari d’acciaio spinti dall’onda d’urto. Rischiarono di deragliare ma il Demone fissava immobile la sfera di fuoco espandersi e poi ritrarsi, la nuvola di polvere alzarsi e inseguirli inghiottendo i loro inseguitori e Nicolaj Luciano. I suoni gli arrivavano ovattati, la bambina lo strattonava, cosa gli stava dicendo?
L’Eterno si voltò e vide un grosso masso che si stava per schiantare contro il loro carrello, ancora pochi istanti e poi sarebbero morti anche loro.
La piccola compagna si teletrasportò più volte sul masso colpendolo e facendo schizzare via pezzi di roccia ogni volta, ma non era abbastanza e il macigno ancora procedeva rotolando irregolarmente verso di loro.
Era sul carrello immobile, si era arresa alla fine che stavano per fare?
Che senso aveva abbandonare tutto e rinunciare al sogno di una Ladeca libera? Valeva veramente la pena rimanere su quel carrello e condannare l’intero Dortan ad un nuovo tiranno, forse perfino peggiore di quello che l’aveva preceduto?
Montu si spinse verso l’alto poggiando le mani sui bordi freddi del carrello, il suo corpo levitò e quasi senza pensarci si ritrovò a superare la sua compagna guardandola da poco più in alto. Il masso era sempre più vicino. Avrebbe voluto dire qualcosa anche lui ma le frasi da eroe non gli appartenevano, era più bravo ad agire che a filosofeggiare.
Ripensò a Kayris, lui si che faceva bei discorsi sulla vita e sulla morte. Forse il giovane Sacerdote avrebbe trovato le parole giuste da far dire al Demone.
In fondo sarebbe stato ipocrita, lui era immortale, magari ci sarebbero voluti mesi prima di riprendersi ma prima o poi sarebbe successo. Lasciarli dicendo qualcosa per poi ricomparire tempo dopo sarebbe stato ridicolo, nemmeno era un vero sacrificio il suo. Avrebbe insultato la memoria di Nicolaj Luciano aprendo la bocca.
Pensò anche a lui scattando ora più velocemente verso la roccia: forse era riuscito a salvarsi? L’intera Mano era stata creduta morta dopo Basiledra e invece erano tutti sopravvissuti, forse di nuovo la Foglia era riuscita a salvarsi e sarebbe ricomparsa davanti a Caino, al fianco di Kuro e Ludmilla. Si, sicuramente sarebbe andata così. Di nuovo tutti uniti, combattendo contro il Priore per il Regno e per quel buco nei loro cuori lasciato dalla morte di Yuri. Si, stavano andando tutti all’Edraleo. La Mano avrebbe vinto ancora.

Poi l’impatto. Il buio.
Il masso deviato che evita di un soffio il carrello dov’è ancora la bambina.
Lo sferragliare di ruote che si allontana e la roccia che accoglie il Demone come un figlio.



Energia: 110 -20 =90%
Fisico: 65 -20 =45%
Mente: 75%
Riserva CS: 8 [+2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza; +3 Mira; +1 Maestria nell'uso delle Armi]

Equipaggiamento:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
Travolgere (3/25) - tecnica fisica di potenza Alta; danneggia il Fisico.
Il Capitano ci ha tolto le spade, ha detto che non sempre possiamo contare sul nostro equipaggiamento: potrebbe spezzarsi la lama o peggio potremmo venir catturati. Abbiamo fatto lezioni di lotta; il Capitano sembra eccellere in ogni disciplina bellica. Dopo nove giorni di duri allenamenti posso -con un consumo Energetico Alto- scagliare lontano o respingere violentemente il mio nemico, sia travolgendolo che eseguendo una delle prese che ho imparato.
(È cambiata la descrizione della tecnica in scheda, ma è sempre la vecchia pergamena Contraccolpo)

Passive Usate:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

Intuito: Passiva (Numero di utilizzi: 4)
Abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza.

Onniscienza: Passiva (Numero di utilizzi: 2)
Le capacità investigative dell'Eterno vanno oltre le umane possibilità: il suo essere Demone gli consente di analizzare indizi che altri trascurerebbero per riuscire quasi a vedere cos'è successo in un determinato ambiente. Anche se ciò che Montu cerca di scoprire è avvenuto non recentemente e gli indizi sono quindi perduti, ogni evento lascia una potente aura che supera i limiti temporali; grazie alla lettura di questa aura il Demone riesce quasi a vedere cose anche molto lontane nel tempo.

Volo: Passiva (Numero di utilizzi: 54)
La naturale capacità del Demone di volare grazie alle sue ali è permeata nella sua forma umana, permettendo così a Montu di levitare anche quando non appare con il suo vero aspetto.

Note: Dopo la morte di Nicolaj mi alzo in volo dal carrello e mi muovo verso il masso. Poco prima dell'impatto uso Travolgere infliggendo un danno Alto al macigno e subendo al Fisico l'Alto rimanente, sommando il Critico inferto da Lucious la minaccia dovrebbe essere completamente neutralizzata. In game l'impatto ha deviato il masso facendo sì che evitasse il carrello, lasciando quest'ultimo, quindi, illeso.
 
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Numar55
view post Posted on 20/2/2016, 18:00




Il bastone ticchettava sempre più velocemente sul pavimento mentre facevo quella che inizialmente doveva essere una corsa. Dopo qualche metro tuttavia il buon senso ed una forte fitta al costato mi fecero rendere conto che avrei sputato sangue se avessi continuato con quell'andatura. Mi costrinsi quindi ad una nervosa camminata a passo medio-svelto in quei freddi corridoi maledicendomi per il mio scarso senso dell'orientamento. Fortunatamente la fortuna sfacciata venne in soccorso della mia mancanza: allo svoltare di un angolo individuai alcuni dei compagni che Smith aveva inviato per il palazzo alla ricerca del traditore erano lì a pochi passi da me, diretti verso un portone.
Li raggiunsi più in fretta che potevo salutandoli con un breve cenno del capo. Non c'era bisogno di molte parole; le ferite che presentavano facevano intendere che anche loro si erano trovati in situazioni esplosive quanto la mia, e il fatto che ci fosse solo quel gruppo mi fece anche intuire cosa ne fosse stato degli altri.
Il grumo di rabbia che avevo nel cuore non fece che crescere ma mi imposi un certo auotocontrollo limitandomi a stringere il bastone fino a farmi sbiancare le nocche mentre altri aprivano le pesanti porte. Avevo visto molte cose nei secoli, avevo visitato molti mondi ed ormai non mi stupisco più ormai, ma ammetto che rimasi sorpreso di ciò che si parò davanti ai nostri occhi. In mezzo ad un mucchio di cadaveri stava in ginocchio Mark Smith ed un uomo dai capelli biondi, coperto di sangue, stava estraendo una lama dal suo petto. Ci misi qualche attimo pe realizzare ciò che avevo appena visto, e così dovette essere per i miei compagni perché quel miserabile ebbe il tempo di voltarsi a fissarci terrorizzati per poi darsi alla fuga. Fu la voce di un ragazza vicina a me a dar voce alle emozioni di tutti.

"Prendiamo quel vigliacco!"

Come un sol uomo ci gettammo in avanti come predatori feroci che avevano finalmente davanti agli occhi la preda che da tanto braccavano. Concentrandomi unicamente sull'Ambasciatore presi un profondo respiro e per qualche istante i suoni, gli odori e le emozioni di tutti divennero distanti mentre mi astraevo verso l'Oneiron. Mossi la mano verso il fuggiasco schioccando le dita mentre un forte suono riempì la sala. Se gli altri avessero potuto sentirlo, avrebbero potuto paragonarlo ad un vetro infranto, ma io naturalmente sapevo che era solo la mente del bastardo che veniva scheggiata. Subito dopo il mondo materiale mi sommerse di nuovo con la sua caoticità ma non mi feci distrarre; uno del gruppo pareva aver raggiunto l'Ambasciatore e stava cercando di bloccarlo.
Un paio di mani in più avrebbero fatto comodo...o forse anche quattro...
Spinsi il bastone in avanti tenendolo parellelo al terreno e subito un paio dei cadaveri che arredavano la sala si mosse mettendosi in piedi in maniera scomposta. Un guizzo degli occhi e li diressi verso il loro obiettivo, sperando che le fredde mani di quelli che aveva contribuito ad uccidere bastassero a fermarlo. Da lì in poi non diedi più alcuna attenzione agli sviluppi sulla cattura del traditore, un compito più urgente richiedeva la mia attenzione.
Mi inginocchiai nella pozza di sangue che si era formata attorno a Smith osservando con occhio clinico il comandante. Occhi spenti, respiro assente, corpo freddo ed intorpidito. Mark Smith era definitivamente morto.
Sospirai passandomi una mano sul volto. In mezzo a quella stanza piena di cadaveri una depressione sincera, non condizionata dagli altri attorno a me, si fece largo nel mio petto. Quell'uomo e tutti i soldati morti con lui volevano solo fare la cosa giusta per il loro paese, erano disposti persino a morire pur di farlo. Il minimo che meritassero era la pace dopo la morte, ma lui aveva fallito, non li salvati, e i loro spiriti sarebbero stati consumati dal Vuoto.

"Andato...
Mi spiace, Theraniano. Sono arrivato tardi..."


"Siamo arrivati tardi."

Al mio fianco si era aggiunta una ragazza piuttosto giovane e magra, riconobbi la sua voce come quella che ci aveva lanciati contro l'Ambasciatore. In un piccolo anfratto del mio animo si accese la curiosità di come avesse fatto quella Theraniana a comprendere il linguaggio dei Figli dell'Oneiron, ma le emozioni di un Nekrari sono spesso flebili e temporanee: quella piccola luce non era abbastanza intensa da rischiarare le nubi di depressione e rabbia che riempivano la mia mente.
La ragazza si rimise in piedi fissando con odio l'assassino di Smith ed avvicinandosi a lui.

"Gli strappo i denti uno ad uno a quel porco."

Corrugai la fronte fissando cupamente il sangue sparso sul pavimento. Sarei davvero potuto arrivare a tanto?

"Esistono cose peggiori..."

Mi ero rimesso in piedi tenendo il bastone con entrambe le mani mentre lo fissavo dubbioso. Il potere che la Signora mi aveva concesso mi permetteva di far cadere una persona in una profonda illusione nei suoi istanti ed io cercavo di usarlo unicamente a fin di bene, era vero. Era anche vero tuttavia che allo stesso modo in cui evocavo piacevoli ricordi, potevo creare terrificanti immagini e sensazioni spingedo la mente della malaugurata vittima a limiti che il corpo non avrebbe mai potuto raggiungere neanche con la più crudele delle torture. Se avessi usato i miei poteri, gli ultimi attimi dell'Ambasciatore sarebbero stati l'incubo peggiore che gli sarebbe mai potuto capitare.
Eppure quello non lo consideravo un dono della Signora a caso: usandolo avrei assicurato a quel bastardo la pace nell'aldilà, una fortuna che Smith e tutti gli uomini morti in quella maledetta guerra non aveva ottenuto. Lasciare quindi che la ragazza e i miei compagni lo macellassero per poi consegnarlo al Vuoto era un'altra tentazione assai ghiotta.
Io stesso avevo sperimentato in prima persona quella terribile esperienza...
Cosa fare quindi?
La ragazza nel frattempo si era voltata all'udire delle mie parole. Solo in quel momento notai quanto i suoi occhi fossero innaturalmente opachi e vitrei.

"Non sarò io a fermarti."



Axel


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 20%

Mente: 75%

Energia: 100%-5%-10%= 85%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa alla luce del sole (6)
- Comprendere stato d'animo di qualcuno e condividerne le emozioni (5)
- Ispirare fiducia e senso di protezione negli altri (6)
- Castare tecniche difensive istantaneamente (4)

Attive:

Le Mani Dell'Oneiron
Poche sono le volte in cui il mondo immateriale si mescola a quello materiale, noi Nekrari siamo uno di quei casi.
Sebbene ci muoviamo per la maggior parte in mondi fisici il nostro potere deriva dall'Oneiron e, soprattutto, dal reame della nostra Signora. Attingendo da questo potere possiamo sfruttare la nostra etereità per scopi difensivi o per ferire i nostri avversari ben al di là del semplice fisico.
Basta un'occhiata o un semplice tocco per arrivare a sfiorare l'anima di una persona.
Abilità Personale 5: Consumo Nullo, Difesa Assolutà, Divenire Etereo - Abilità Personale 6: Natura Magica, Consumo Basso di Energia, Danno Basso a Energia - Abilità Personale 7: Natura Magica, Consumo Alto di Energia, Danno Alto a Energia - Abilità Personale 8: Natura Psionica, Consumo Basso di Energia, Danno Basso a Mente

Il Dominio Sulla Carne
Dopo la morte l'anima, sia che venga salvata sia che finisca nel Vuoto, lascia delle tracce di sé nel corpo che un tempo abitava. Entrando in contatto con le anime noi Nekrari siamo in grado di manipolare questi residui, e di conseguenza possiamo controllare i cadaveri.
Non è una pratica che molti sembrano apprezzare, probabilmente a causa di stupide superstizioni, ma non vi è nulla di sbagliato in ciò. Tolto lo spirito i corpi sono solo ammassi di carne senza importanza, strumenti da utilizzare; alla pari di un fabbro che incudine e martello per creare armi ed armature, noi usiamo i cadaveri per creare utili costrutti atti a difenderci.
E in tutti questi secoli non abbiamo mai ricevuto lamentele dai loro proprietari.
Pergamena "Richiamo Comune": Natura Magica, Consumo Medio, 2 CS Forza - Pergamena "Richiamo Supremo": Natura Magica, Consumo Critico, 4 CS Forza\ 2 CS Velocità\ 2 CS Resistenza


Armi:

- Bastone da passeggio di ferro
- Coppia di tirapugni, nascosti sotto i guanti


Note:

Sfrutto la tecnica psionica a consumo basso per infliggere un danno basso alla mente dell'Ambasciatore, poi evoco due non morti (uso per narrazione un paio di cadaveri tra quelli a terra) che usando le loro 2 Cs in Forza per bloccare l'Ambasciatore dopo l'attacco di Alb.
Rimango poi un po' indietro, indeciso se usare la nulla di pk (il dono a cui si riferisce Axel) sull'Ambasciatore.
La frase in corsivo è Gergo delle Ombre.

 
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31 replies since 4/1/2016, 22:30   1133 views
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