Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Castello di Carte - Apocalisse

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view post Posted on 21/2/2016, 10:57
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Apocalisse
Finale

Ferriera di Lenigrast
Il primo giocatore


Il rimbombo delle rocce coprì ogni cosa, prima ancora che queste colpissero terra.
Il fragore del loro incedere, lo scorrere stridente sulla lastra di pietra che le serviva da scivolo, spaventò i presenti. Alcuni si fecero scudo con le mani, altri presero a pregare.
Alla fine, l'impatto fu tanto rapido quanto obliante. Il nulla parve divorare la grotta, entro le cui mura dilaniate dal tempo e dalle picconate parve disegnarsi un quadro astratto di polvere, ombra e dolore.
Le urla si riempirono di terriccio, strozzando in gola i propri lamenti e lasciando spazio soltanto ai pensieri. I più tentarono di navigare entro la siepe di pietre e terriccio che li investì; invero, i colpi dei presenti si spaziarono entro il centro di ciascuna roccia, nel tentativo disperato di separarle prima che colpissero i loro carrelli.
L'esito, però, fu anche peggio di quanto preventivato. Il risultato, infatti, fu che centinaia di pietre più piccole ricadde a cascata su tutti loro, ribaltando i carrelli e - entro di essi - tutti i viaggiatori.
Una valanga di terra investì tutti loro ed entro di essa si disegnarono le loro poche speranze: ciascun sogno parve infrangersi al pari di quei grossi massi, mentre le mani fragili cercarono spazio e vita tra le poche fessure che si disegnarono tra una pietra e l'altra.

Dopo qualche istante, la polvere ricadde sui corpi immobili. Lo scenario sembrava tratto da un racconto di guerra: il silenzio era piombato sui carrelli ormai distrutti, o riversi nel terreno. I corpi se ne stavano immobili, lividi e sporchi. Alcuni di essi erano ancora immersi nella terra e nei detriti, navigando nel loro dolore con piccoli sbuffi di tosse o di lamento. I meno fortunati, invece, non emettevano alcun suono.

« Ilyr --- Ilyr! »
Sergey fu il primo a riemergere. Un grosso masso appuntito gli si era piantato nella gamba destra e questa aveva assunto un angolo innaturale. Il Pipistrello, però, non si era dato per vinto; si era trascinato a mani nude entro un angolo più libero e con un secco colpo aveva raddrizzato l'arto. L'urlo se l'era tenuto in gola, trattenuto entro un pezzo di legno stretto nei denti. Aveva morso quel legno con tutta la disgrazia dei propri lamenti e le lacrime gli avevano accompagnato quel secondo di tetra passione.
Eppure, l'arto aveva riacquistato una posizione più normale. Lacerato, spezzato, ma - quantomeno - dritto.
Poi aveva chiamato l'alleato. L'unico alleato rimastogli. « Vecchio bastardo figlio di una cagna » aveva detto, piangendo sia per il dolore che per la paura.
« Non azzardarti a lasciarmi anche tu, figlio di puttana...! »

Nell'eco del silenzio in cui la grotta era piombata, un singolo colpo di tosse gli risuonò come un coro angelico.
Seguì il rantolo misto a polvere in alcune amenità all'angolo opposto della miniera. Sergey si trascinava a fatica, con la gamba colpita che gli penzolava al fianco come un ramo secco. Eppure, nonostante questo, si sforzò di muoversi velocemente, con gli occhi spauriti e prestando orecchio nient'altro che ai lamenti dei sopravvissuti.
Infine, vide una mano rugosa fare capolino tra due grosse rocce. Manica strappata e sangue raggrumato, adornavano un arto sofferente, sebbene ancora vivo.
« Ilyr!!! » Chiamò Sergey, con gli occhi che ripresero a piangere copiosamente. Si pose prono di fianco all'amico e, subito dopo, prese a tirare la mano con quanta più forza gli fosse rimasta.
Dopo qualche altro minuto, il corpo di Ilyr riemerse dalla terra. Aveva il braccio destro completamente livido, mentre entrambe le gambe sembravano dolenti e sofferenti. Nel costato, sul lato sinistro, gli si era conficcata una roccia appuntita. Ilyr se la tolse a fatica, accompagnando l'operazione con un sonoro urlo.
« Non mi avrai, dannata miniera » commentò, fasciandosi il torso. « Morirò tra le tette di una puttana di borgata, non immerso nella merda fino ai capelli. »
Sergey sorrise di gusto, tenendosi la gamba dolente. « È ironico, comunque » commentò poi, disilluso.
I due se ne stavano seduti vicini, ai margini della grotta. Nel mentre, videro i pochi sopravvissuti emergere dalla terra e ricomporsi.
Nessuno, però, sembrava realmente in condizione di proseguire.
« Cosa è ironico? » sbottò Ilyr, quasi infastidito.
Sergey gli rispose con un sorriso e, subito dopo, gli indicò un punto imprecisato verso l'alto.
« È ironico che ci dobbiamo fermare proprio ora, a un passo dal traguardo. » Alla fine del dito di Sergey, infatti, c'era un'apertura nel soffitto e, ancorata a essa, una scala di corde.
« Siamo sotto l'Edraleo » aggiunse, secco. « Ma non riusciremo ad arrivarci. »
Ilyr fece una smorfia di disappunto, mista a dolore. « Forse tu non riuscirai ad arrivarci, mezza sega » commentò, acido. « Io devo solo riposarmi qualche minut---- OH MALEDIZIONE CHE DOLORE! »
Non fece in tempo a finire la frase che il petto prese a dolergli nuovamente. Sergey fissò la scena e rise divertito.
« Non dire scemenze, vecchio idiota; ieri ho mangiato una salsiccia più viva di te. »
E scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.

Attesero poi un altro istante, fissandosi in uno sguardo misto a disperazione e sofferenza.
Nel mentre, un'eco lontana prese a risuonare nella miniera. Oltre le rocce, dal fondo della grotta, presero a risalire le voci dei soldati. Alcuni, probabilmente sopravvissuti al sacrificio di Nicolaj, avevano continuato l'inseguimento e - presto o tardi - sarebbero arrivati da loro.
« Ci arrendiamo così, dunque? » Sbottò Ilyr, fissando l'amico.
« Noi forse si, caro » rispose Sergey, quasi sorridendo. « Ma per fortuna non siamo soli. »
Dinanzi ai loro occhi, infatti, fece capolino il più vigoroso dei loro Sussurri. Quello che si era distinto di più e che - alla fine - era in condizioni migliori per proseguire.
« Tu » disse Sergey, indicandolo. « Prendi la sacca e risali la scala; troverai altri soldati ad attenderti. »
« Da loro le armi che ci sono la dentro e fate il culo a quel bastardo di Caino. »

Ilyr si stranì per un minuto, come se non fosse sicuro di ciò che aveva udito. « C-Caino è all'Edraleo? »
Segey annuì con decisione. « Così ci ha riferito Medeo; così sembra che gli abbia detto il suo informatore misterioso. »
Ilyr rimase silente per un istante. Poi fissò il Sussurro prescelto e gli diede la sua benedizione: « Va e rendici fieri di te »
« E non preoccuparti per noi » aggiunse, tirando fuori una delle sue bombe dalla sacca, « i Sussurri vendono cara la pelle. »

Quando poi l'eco delle guardie risalì con più decisione, tutti i presenti capirono che presto o tardi ci sarebbe stata battaglia.
« Sei pronto per l'ultima battaglia, amico mio? » Chiese Ilyr, fissando Sergey.
« Un Sussurro è sempre pronto » ribatté, sorridendo. « In nome di Yuri, di Nicolaj... »
« ...di Ludmilla, e di Kuro... » completò la frase l'altro.
In nome vostro, Sussurri.

E la battaglia iniziò.

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L'Ambasciata
Il secondo giocatore


L'Ambasciatore ricadde in terra con un sonoro tonfo.
L'intera guarnigione di Mark Smith si era lanciata contro di lui e l'aveva bloccato giusto un attimo prima che riuscisse a fuggire. Le sue mani erano già sulle ante della finestra, pronto a darsi la spinta e a calarsi giù verso il suo carro; verso la libertà.
Eppure, quella libertà la odorò soltanto per un istante. Il suo carro lo vide allontanarsi; vide il suo corpo pesante ricadere all'indietro, bloccato da centinaia di mani che lo strattonarono con più vigore di quanto realmente necessario. Che lo sbatterono in terra quando ormai era già abbondantemente immobilizzato.
Tutti, proprio tutti gli avrebbero conficcato la lama nel petto. E l'avrebbero fatto più volte, anche una volta morto, per puro sfregio.
Meritava l'odio di tutti loro per quanto aveva fatto; meritava le mille sofferenze di Bathos per il crimine di cui si era macchiato.

Ma nessuno di loro lo trafisse a morte. Tutti si limitarono a lacerarlo con lo sguardo, ma senza seviziarlo oltre. Seguendo gli ordini che aveva dato il loro comandante e che aveva chiesto loro di seguire.
E loro seguirono gli ultimi ordini del valoroso Mark Smith, che ancora se ne stava inginocchiato, con gli occhi sbarrati. Morto, ma non caduto. Come solo un valoroso guerriero può fare.

Poi, le porte della sala si palancarono ancora.
Dall'ingresso fece capolino un intero plotone di guardie in armatura completa. Alla testa c'era un Generale con la folta capigliatura bruna e l'armatura placcata oro.
I soldati più esperti si inginocchiarono alla vista di quello che i più chiamavano "Comandante della Guardia Reale". Il ruolo che, un tempo, fu del leggendario Medoro.
« Oh maledizione » sbottò il Generale, fissando il corpo del Comandante Smith « maledizione. »
Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Il Generale si inginocchiò dinanzi al comandante e, da pari a pari, gli mise le braccia intorno al collo, piangendo la perdita.
Immediatamente dopo, mise il suo corpo disteso e gli pose la spada sul petto. Infine, gli portò una mano al volto e gli chiuse gli occhi.
« Sarai un esempio per tutti noi, per tutta l'eternità » disse il Generale, fissando il corpo. « Sarai con noi per sempre. »
Poi si rialzò, visibilmente contrariato. Si portò rapidamente dall'Ambasciatore e lo prese per il collo dell'armatura, tirandolo su con tutta la forza.
Infine, lo colpì con un vigoroso pugno, facendolo volare lontano di oltre un metro.

L'Ambasciatore emise un mugugno strozzato e, poi, tossì sangue, che riversò sul pavimento di marmo.
« È così che si tratta un prigioniero illustre? » Abbaiò, rantolando e lamentandosi.
« Sarai un prigioniero illustre da quando lo deciderò io » gli rispose il Generale, secco. « Ora parla, verme schifoso. »
« Dov'è la lista? Chi sono i traditori che faranno entrare Caino in città? »
A questa domanda l'Ambasciatore rispose con una sonora risata. La bocca piena di sangue e coi denti rotti si camuffò in una smorfia divertita e prese a ridacchiare di gusto.
Il Generale non si trattenne e, nell'ennesimo lascito di ardore, lo calciò al torso con rabbia.
« Che hai da ridere stronzo?! » Asserì, ormai fuori di se. « Dimmi dov'è la lista, prima che ti conficchi la spada in gola! »
« N-non esiste nessuna lista... » rispose l'Ambasciatore, divertito. Poi tossì ancora, sputando nuovamente sangue sul pavimento.
« È una notizia che abbiamo diffuso noi, ma non è vera... » Rise ancora, poi aggiunse: « Non esiste nessuna lista, perché non c'è bisogno di far entrare Caino in città. »
« Caino è già all'Edraleo da diverse ore » concluse e si lasciò andare a una fragorosa risata.

Il Generale sbiancò. I suoi occhi si sbarrarono in un'espressione di puro terrore; allo stesso tempo, gran parte dei soldati intervenuti al suo fianco presero a parlottare tra loro, spaventati e perplessi.
« Dannazione, era l'ennesimo inganno » commentò portandosi una mano alla bocca. « Il Re è in pericolo, maledizione! »
Poi si voltò verso i soldati della guarnigione di Smith, scrutandoli attentamente. « Tu » disse, indicando uno di loro.
Lo fissò per altri istanti, accertandosi che fosse il più valoroso, nonché quello messo meglio. « Prendi il mio cavallo, giù e fatti scortare dalla mia guardia reale. »
« Raggiungi l'Edraleo e salva sua maestà » disse, secco. « È un ordine! »

E il soldato si allontanò, tra lo sgomento e la preoccupazione generale.

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Bazar di Mahyas
Il terzo giocatore


Medeo rimase immobile per qualche istante.
Le frecce gli scorrevano di lato, come lacrime del suo animo; gli passavano oltre, lo graffiavano, ma gli dolevano molto meno di quanto non facesse il suo cuore.
Nonostante quella maschera di sberleffo e quel ritmato scandito disinteresse per il mondo intero, il suo petto sapeva riconoscere un sentimento di amicizia e calore che fosse prossimo all'affetto. Sapeva riconoscere, sopratutto, il peso di una vita che si sacrifica per un paese che non è il suo, un ideale che non gli spetta e un uomo che a stento conosce. Un dono dell'animo che tante - troppe - volte doveva scadere nel sacrificio, per quel Regno disgraziato che tante lacrime tira fuori dai suoi sudditi, più di quanto ne meriti davvero.
Vale una corona tutto questo dolore?
Vale questo regno tutti i sacrifici che si compiono per tenerlo in piedi?

« No » scandì, mentre dalle labbra il sangue si confuse con le lacrime. « Ti prego non morire anche tu. »
Eloise si teneva con una mano sola. Il braccio stentava a regge il suo corpo e il muscolo in tensione prese visibilmente a tremare; tutto il suo corpo ciondolava nel baratro, mentre sotto di se - a decine di metri più sotto - i soldati formavano un improvvisato assembramento. Si misero in formazione e presero a lanciare frecce. Senza nemmeno intimare nulla o provare a fare prigionieri.
Solo vittime.

La donna tornò su di lui, con uno sguardo di dolore e compassione. Il suo volto era tirato in una smorfia sofferente e il sangue le copriva i capelli, disegnandole curiose forme ortogonali sul volto di pelle scura. « Va Medeo e compi il tuo destino » asserì, scandendo le parole dalle labbra stanche. « Ergiti a beffardo e passionale incognita di questo mondo così disgraziato. »
« Forse quello che ci meritiamo non sono Re tirannici o saccenti nobili dal soldo facile » ribatté, stanca. « Forse ci meritiamo qualcuno che pisci in faccia ai nostri valori e ci insegni solo un poco di umiltà. »
« Umiltà e rispetto » ribatté, seria.
« Eloise, io... » balbettò Medeo, stentando. Per una volta non sapeva cosa dire.
« Va Medeo » disse ancora, per l'ultima volta. « Va e pisciagli in faccia, come sai fare tu. »
Le dita della mano lasciarono la presa volutamente. Medeo le vide aprirsi con decisione e il corpo scuro e ferito della donna lambire il cielo con la propria grazia e cadere pesante sulle teste dei soldati assemblati. Fece un tonfo sordo, rimbalzando più volte e macchiando il portico lastricato con sangue e membra.
Gli occhi grondanti di lacrime di Medeo si sdegnarono su quel cantico flebile, allo stesso modo con cui un orecchio ascolta la propria litania funebre.
Nessun valore aveva più senso. Nessun sentimento sarebbe bastato a riempire quel vuoto. Nessun sogno aveva più senso.
Tutto moriva quel giorno. E, con lei, sarebbe morto anche il Regno.
Caino, il Re e tutti quanti.
Solo buio.

Medeo si stranì in quel pensiero terribile. Poi comandò al suo corpo di far ciò che la mente non voleva.
Gli ordinò di girarsi, di puntare gli occhi verso il Laguno e di piangere durante il tragitto. Ma di piangere correndo.
Le sue gambe coprirono in un istante gli ultimi metri che lo dividevano dalla fine del tetto. Una volta giunto sul cornicione, poi, fece un lungo salto.
Non si crucciò nemmeno di cercare un punto dove atterrare; non si preoccupò quasi di capire se avrebbe raggiunto il fiume. Si limitò ad accettare il suo destino e, con esso, a comprendere il rischio che - nel peggiore dei casi - si sarebbe anch'egli spalmato sul portico lastricato. Al fianco di Eloise, come ennesima vittima sacrificale di un potere che non se li merita.

Ma il destino non volle questo.
Il destino volle l'acqua gelida del fiume che gli trapassò le membra, come mille pugnali puntati nei tendini. Il destino volle l'acqua scura e salmastra che gli riempì i polmoni, soffocandolo quasi e trascinandolo verso il basso. Verso quell'oblio ove lui, forse, avrebbe voluto rimanere. E tanta fu la disperazione che la volontà di morire quasi ebbe il sopravvento. E Medeo quasi evitò di risalire la corrente, lasciando semplicemente che la poca aria in gola gli scandisse gli ultimi rintocchi fino alla morte.

Ma, ancora una volta, il destino si ostinò.
Non volle questo e non lo volle quel giorno.
Una mano callosa gli afferrò la manica, con una forza che Medeo, inizialmente, nemmeno seppe spiegarsi.
Con un rapido gesto, infatti, fu trascinato su di una barchetta di fiume, a vele spiegate. Dinanzi a lui, se ne stava una figura incappucciata, coperta da una lunga tunica marrone fino ai piedi ed eretta a prua della barca, con un lungo remo nella mano destra.
Non vedeva nulla al di sotto della tunica marrone e lercia, ma soltanto nudi piedi rugosi che si tenevano con perizia in equilibrio su quel pezzo di legno marcescente.

« Non credevo non sapessi nuotare » commentò una voce da sotto la tunica.
Contrariamente alle apparenze, la voce non sembrò roca, né affaticata. Aveva un tono profondo, chiaro e scorrevole. Un tono gutturale che quasi penetrava l'animo.
Medeo si stranì ancora, intirizzito e ferito. Le escoriazioni gli bruciarono, ma - sopratutto - temette la fila di soldati che si pose ai margini del Lagùno, formando quasi un plotone di esecuzione. Alcuni di loro lo chiamarono a gran voce, indicando ai compagni la sua presenza sulla barca. I più, poi, incoccarono altre frecce e sparono in sua direzione.
Ben presto, poi, Medeo si rese conto che non avrebbe avuto scampo. La barca a vela non viaggiava a velocità sufficiente per evitare i soldati e questi avrebbero centrato il corpo suo, e del pescatore, prima di raggiungere i canali più lontani del fiume.
« I-io ti ringrazio per avermi trascinato su come un salmone, amico » aggiunse Medeo, visibilmente spaurito. « Ma se non fai andare più veloce questa bagnarola, non sarà servito a niente. »
Medeo non riuscì a decifrare l'espressione del pescatore sotto il cappuccio, ma gli vide scuotere il capo. « Mi spiace messere, ma temo che l'intensità a cui spira il vento non dipenda da me. »
Mentre parlava, un paio di frecce passarono a pochi centimetri dal volto di Medeo e una gli si conficco in mezzo alle gambe, vicino ai genitali. La freccia fece un buco sulla barca e un filo di acqua prese a zampillare.
« Oh porco cane » sbottò, irritato. « Stanno facendo il tiro al bersaglio; moriremo come stronzi! »
Il pescatore apparentemente lo ignorò. Subito dopo, Medeo lo vide rivolgere il capo verso di lui e scrutarlo da sotto al cappuccio con due grossi occhi bianchi, vitrei e senza pupille.
« Hai paura di queste nullità, Teslat? » Chiese il pescatore, col suo tono profondo. « Eppure non dovresti; il tuo destino è già scritto e aspira a ben altro. »
Medeo lo fissò frastornato, come se qualcuno gli avesse dato un pugno in testa. Qualcosa sembrava non convincerlo di quell'uomo.
« Come fai a conoscer---? »
L'uomo sorrise, mostrando labbra violacee e denti bianchi da sotto il cappuccio.
« Dimmi, Teslat » lo interruppe, poi, « ...hai paura dei fantasmi? »
E subito dopo una fitta nebbia coprì totalmente il fiume. Medeo vide i soldati sulla riva scomparire dietro una parete di foschia bianca. Lui stesso a stento riusciva a vedersi le mani e le frecce, che prima sembravano piombargli addosso come una raffica di pioggia, sembravano aver perso il loro bersaglio.
Da dietro la nebbia, urla inumane presero a diffondersi sulle rive del fiume. Eppure, Medeo non fu in grado di vedere nulla.

Apocalisse4

« Ora mettiti comodo, amico mio » disse il pescatore, tornando a fissare l'orizzonte. « Non ci vorrà molto. »
Disse il pescatore, ergendosi tetro tra quella traslucida opacità.
E la barca imboccò un canale laterale, diretta verso la maestosità dell'Edraleo.



QM Point
Grazie a tutti per questa quest. Spero vi abbia divertito e abbia divertito i lettori, almeno quanto ha divertito me scriverla. La finale sarà altrettanto bella, benché breve. Invito tutti a leggerla, anche - e sopratutto - chi non ha raggiunto la finale, perché mette una parola "fine" a tante trame. Di seguito ricompense e dichiarazioni dei finalisti.

Votanti

Ray~ 100 g
kremisy 100 g
Numar55 100 g
Verel 25 g
Lucious 100 g
Fatal_Tragedy 100 g
Neéro 75 g
Ashel 50 g
Ramses III 75 g
Last Century 75 g
Lill' 75 g

Partecipanti

Alb†raum 1300 g + 1 punto promozione per la fascia Rossa
Neéro 550 g
Lucious 1000 g + 1 punto promozione per la fascia Verde
Numar55 900 g
RamsesIII 1000 + 1 punto promozione per la fascia Verde
kremisy 650 g
Last Century 1300 g + 1 punto promozione per la fascia Rossa
Verel 300 g

Gestione

janz 1000 g

Giudizi e finalisti

Il Primo giocatore
La scelta del primo giocatore è stata molto difficile. In verità, si sono distinti bene sia Odette che Montu. Entrambi i giocatori hanno saputo dosare molto bene le loro energie e hanno interpretato tutte le prove alla meglio, dosando le proprie forze e sapendo adattarsi alle situazioni. Decisivi sono stati, per Lucious, la notevole capacità del suo personaggio di adattarsi a situazioni "stealth", che gli hanno concesso di entrare nella ferriera nel primo post senza essere vista / udita, ma anche senza spendere alcuna energia. Inoltre, gli è capitata a pennello l'abilità per scassinare la serratura e - in generale - ha gestito bene le energie. Eppure, spesso e volentieri ho visto dei post inferiori di lunghezza e qualità a quello cui sei realmente capace: come se tu ti sia cullato sull'adattabilità del tuo personaggio alla situazione e abbia dimenticato di dare uno spessore narrativo adeguato a tale situazione. Per converso, anche Montu ha dosato bene le sue capacità, rendendosi utile in praticamente tutti i turni (ottimo suo della passiva onniscienza). Kremisy, invece, nonostante le ottime idee e il grande impegno, paga degli errori stilistici e grammaticali sui post, nonché alcune scelte che potevano essere meglio ponderate (far crollare il ponte, per esempio, che ha fatto crollare la vostra copertura). In definitiva, allo sprint finale se la giocano Montu e Odette. Quasi alla pari su tutto, mi sento di premiare il maggior slancio di narrativa ed emotività dimostrato dal primo, ove il secondo mi è apparso talvolta sottotono. Alla fine è solo un dettaglio, un particolare insignificante cui devo attaccarmi per decidere chi passa. Ma, in definitiva, potrebbe agevolmente dirsi che avete fatto entrambi un ottimo lavoro.
Finalista Montu "l'eterno", aka Ramses III

Il Secondo giocatore
Anche qui non posso dire che ci sia stata una supremazia assoluta. Siete partiti in cinque, tutti promettenti, ma sin dall'inizio si sono distinti Last, Albtraum e Verel. Il combattimento iniziale, infatti, dai più è stato interpretato soltanto come un combattimento difensivo, quando avevo espressamente detto che il vostro compito era "sfondare" per entrare nell'Ambasciata, non rimanere fermi. Questa cosa l'hanno capita soltanto Last e Albtraum, mentre Verel si è disegnato semplicemente il ruolo adatto al suo pg. Peccato che Verel poi abbia apparentemente abbandonato la quest; la circostanza, infatti, ha avvantaggiato Last e Albtraum che hanno proceduto con un binomio tra loro alquanto ottimale, in una sinergia di background e narrazione che li ha piacevolmente accompagnati fino alla fine senza errori di sorta. Anche nel voler trovare una "differenza" tra voi, individuando magari piccoli errori, non ne ho trovati di sorta. La verità è che siete perfettamente alla pari per quanto mi riguarda, per impegno, qualità dei post e comportamento generale. L'unico criterio di differenza che ho potuto riscontrare, è quell'auspex usata al momento giusto da parte di Alb. Mi rendo conto che sia solo un dettaglio (normalmente trascurabile), ma è l'unico che ho trovato per "differenziarvi". Quindi passa Albtraum. Per consolazione, ho dato un punto promozione a entrambi. Spero, in questo modo, di farmi perdonare.
Finalista Jorge Louis Joyce, aka Alb†raum

Il Terzo giocatore
Quanto ai votanti, c'è poco da dire. La prima scelta di affrontare la guarnigione, anziché evitarla, è stata quasi un suicidio - benché, mi rendo conto, era la più badass. Sarebbe stato meglio mantenere un profilo più "basso", così com'è stato fatto con la scelta del borgo Malsana (il Tempio sarebbe stata una follia, il mercato pure). Poco comprensibile la scelta di far andare Eloise e Medeo sui tetti, posto che - in questo modo - sono diventati bersagli facili (e qui Medeo ha consumato molte energie). Sarebbe stato più logico il travestimento. La scelta finale, invece, per quando dolorosa è stata la più logica: tornare indietro per aiutare Eloise, avrebbe fatto perdere a Medeo almeno il 70%. Ho provato a buttarla sul sentimentale, per muovervi a compassione, ma senza esito. Medeo giunge da Caino col 180% di energie: basteranno a ucciderlo? Lo saprete presto!
Finalista Medeo, aka Teslat

Note
Grazie a tutti della partecipazione. Ove vogliate chiudere la narrazione con un post finale, fatelo pure. Ai finalisti, invece, vi rimando al topic che aprirò a breve, quello decisivo. Siete pronti ad affrontare Caino? Medeo è pronto, mi dice.
 
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view post Posted on 23/2/2016, 05:03
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Cavalier Fata
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Castello di Carte ~ Apocalisse.
« Chi, se non un mostro, deve lottare per fermare un altro mostro? »

« Nella morte, alla fine, siamo tutti uguali. »

Mi lasciai scivolare a terra, sedendomi al fianco del corpo senza vita di Mark Smith, troppo stanca anche solo per continuare a restare in piedi. Jorge era partito e solo Dio avrebbe potuto sapere se fosse riusciuto ad arrivare per tempo. La vita del Re era appesa ad un filo e lui, in quel contesto, rappresentava l'occasione migliore di tutte per porre rimedio alla situazione. Guardai ancora una volta il volto del comandante, adesso finalmente rilassato, intento a godersi la pace che la vita nel Dortan non gli aveva mai concesso.

« Pensi che qualcuno di questi stronzi di merda ti ricorderà tra un paio di anni? Sarai fortunato se il tuo corpo troverà degna sepoltura. »

Mi passai una mano sulle labbra, asciugando un rivolo di sangue. Parlavo a bassa voce, quasi sussurrando, ma tanto l'attenzione generale era rivolta altrove. Nessuno avrebbe fatto caso a me.

« Mark Smith finirà nel dimenticatoio, l'ennesimo nome scritto a margine di qualche registro sui caduti alla fine di questa giornata di merda. » alzai lo sguardo per un breve istante sul drappello di soldati. « Ne è valsa la pena di morire per questi stronzi che, se vedessero le mie orecchie, o se sapessero quello che sono non ci penserebbero un secondo a darmi fuoco? Magari persino tu, se non fossi solo un corpo morto, faresti altrettanto... a prescindere da quello che ho fatto. »
Sospirai, calcandomi meglio il cappello sulla testa.
« Voglio credere che tu sia... che tu sia stato un uomo diverso. »

La guerra per me, per noi, era finita. Ma l'ultima cosa che avrei fatto sarebbe stata sedermi lì ed attendere che il mondo prendesse la sua nuova piega. Avevo fatto quello che potevo, mi ero impegnata a ritagliarmi uno spazio in quella società, ma era solo un'illusione. Lì non c'era e non ci sarebbe mai stato posto per me, ci avevo messo solamente cinque anni di troppo per rendermene conto. Prima del calar del sole mi sarei lasciata alle spalle tutto quello squallore, la guerra, il dolore e la frustrazione di lottare contro i mulini a vento, prendendo la strada verso nord, sino a scomparire oltre le montagne. Forse avrei trovato abbastanza fortuna e soldi da portar mia madre via da quella terra di odio e di violenza. Sempre trovando il modo di tornare da lei e spiegarle perché la sua defunta figlia si trovava viva e vegeta nell'Edhel.

« Sai sono convinta di aver sbagliato io. A provarci, a continuare a credere che le cose sarebbero andate diversamente. »
Con la mancina chiusa a pugno picchiettai sul pavimento lordo di sangue.
« A fare la stessa cosa ancora e ancora, sperando che ci fosse un cambiamento. »

Allungai una mano verso il collo di Smith, sollevando lentamente un piccolo ciondolo. Era una piccola insegna d'argento, probabilmente una qualche onorificenza. Rimasi qualche secondo a guardarla, mentre una moltitudine di pensieri mi attraversavano la mente e, alla fine, con uno strattone la liberai dalla catenella. Avrei portato con me qualcosa di quella giornata per non dimenticare mai gli errori commessi, per non scordare mai quello che avevo visto.

« Almeno io ti ricorderò, con questa. » mi alzai lentamente, facendo scivolare la collana dentro le tasche del mio farsetto.
Un singolo istante dopo di me e della mia figura non c'era più traccia.

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« Addio, Comandante. »



Non riporto lo specchietto, ma sostanzialmente Allegra usa le sue passive per essere ignorata dagli altri soldati e fare il suo discorso sottovoce indisturbata, parlando alla salma di Smith. Infine usa l'invisibilità per scomparire e fuggire dall'Ambasciata.
Ringrazio ancora per la giocata, questo risvolto mi ha permesso di fornire ad Allegra uno stimolo per lasciare tutti i legami col Dortan - eccetto sua madre -e spingerla finalmente a visitare l'Edhel. See ya on the other side.
 
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31 replies since 4/1/2016, 22:30   1133 views
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